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Gli Under 40

Rassegna stampa di Alessandra Pierro Oblique Studio luglio 2011 Gli Under 40_rassegna_lug11_min:Layout 1 04/07/2011 17.42 Pagina 2

Gli Under 40 Rassegna stampa di Alessandra Pierro Oblique Studio, luglio 2011

Impaginazione di Isabella Zilahi de Gyurgyokai Font utilizzate Helvetica, Sabon Mt e Frutiger 47LightCn Gli Under 40_rassegna_lug11_min:Layout 1 04/07/2011 17.42 Pagina 3

Premessa

La rassegna stampa che segue ha monitorato repliche di chi mette in guardia dal facile otti- l’evoluzione della cosidetta «polemica sugli mismo – la quantità di scrittori emergenti sa- under 40». Dalla trasversalità degli interventi rebbe superiore all’effettiva qualità delle opere; emerge il dato di come la riflessione sui giovani c’è poi chi, denunciando il disinteresse verso scrittori serva da pretesto per fare il punto su scrittori non appartenenti alla schiera left orien- questioni centrali relativi al nostro panorama ted, insinua una compiacenza verso la «diarchia letterario. Einaudi-minimum fax» di cui gli esordienti sa- Esplosa nell’agosto 2010 e apparentemente rebbero ostaggio. esauritasi a fine estate (esigui i richiami nei mesi Le repliche al Sole 24 Ore proliferano soprat- seguenti) sembrava covare sotto la cenere per tutto dalle pagine di Unità, Giornale, Libero e via di alcune premesse. (la Repubblica non prende parte al dibattito), offrendo numerosi spunti di A giugno Andrea Cortellessa presenta Senza riflessione. scrittori, documentario che, denunciando la de- riva dell’editoria in industria di massa e la per- Come si sta evolvendo la produzione letteraria dita di qualità della critica letteraria, auspica un di oggi? L’asservimento alla realtà sta «depoten- ritorno alla «letterarietà». Tuttavia, stando alle ziando» la letteratura? La riduzione del ro- logiche del mercato, i canoni della letterarietà manzo a categoria merceologica di intratteni- diventano sempre meno chiari (aspro il dibattito mento è irreparabile? Da cosa dipende il in proposito nel blog di Loredana Lipperini, in «catastrofismo» sulla nostra narrativa se al- cui Cortellessa viene attaccato da Wu Ming). l’estero invece funziona? A luglio il Premio Strega assegnato a Antonio E ancora: la critica è davvero pronta ai muta- Pennacchi, classe ’50, si insinua come velato menti del panorama letterario? Quanto la tiran- tema di riflessione sulla forza della produzione nia del mercato «sforna best seller» dipende dal- letteraria under 40. l’ingenuità del pubblico? In che misura gli Ad agosto infine, sulla scia del New Yorker e di addetti ai lavori dell’editoria sono diretti re- Granta, Il Sole 24 Ore propone la sua cinquan- sponsabili della qualità letteraria? tina di under 40, facendosi il vero promotore Questioni che restano aperte ma da cui non si del dibattito. può prescindere per apportare, ciascuno per L’intento è quello di supportare con fiducia la quello gli compete, un contributo al migliora- nuova generazione, ma ben presto arrivano le mento della qualità letteraria.

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L’inganno dei giovani scrittori nelle società gerontocratiche

Filippo La Porta, Corriere della Sera 24 giugno 2010

L’insensata, martellante espressione «giovani esordì dopo i 40 ed Henry James sessantenne, scrittori», quasi solo formula di marketing (o ma si tratta di eccezioni: «Gli scrittori non sono categoria sociologica), contiene un falso clamo- come studiosi ma come atleti: dopo i 30 anni roso, come suggerisce sulla NY Review of books mettono su pancia!» (Updike). Se guardiamo Sam Tanenhaus, commentando una selezione alle patrie lettere, di fronte a un Gadda che del New Yorker di 20 «promettenti» scrittori esordì nella piena maturità, occorre ricordare under 40. Perché infatti «promettenti»? L’agget- almeno il Moravia ventunenne degli Indiffe- tivo evoca – illusoriamente – talenti solo par- renti, il Calvino ventiquattrenne dei Sentieri dei zialmente dispiegati e ulteriori fioriture espres- nidi di ragno, la Morante trentaseienne di Men- sive. Eppure nella storia della letteratura gli zogna e sortilegio. E anche recentemente spesso autori hanno dato il meglio di sé quasi sempre l’opera prima di un autore è stata la sua cosa prima dei 40 anni. Tolstoj iniziò a scrivere migliore. Guerra e pace a 34 anni, Flaubert Madame Bo- In società gerontocratiche piace pensare che vary a 29 anni (e la finì a 34), Mann pubblicò i l’epicentro della creatività si sposti in avanti. Buddenbrook a 24 anni, Joyce l’Ulisse nei suoi Ora, si può verosimilmente esordire a qualsiasi 30, Kafka la Metamorfosi a 29, Proust avviò la età, dal Tondelli di Altri libertini (ventottenne) Recherche a 37. Negli Stati Uniti Moby Dick al Bufalino della Diceria dell’untore (sessantu- uscì che Melville aveva 32 anni, Il Grande Gat- nenne). Ma senza alimentare il mito (consola- sby, Il sole sorge ancora e L’urlo e il furore torio) di potenzialità inesplose e promesse da quando, rispettivamente, Scott Fitzgerald aveva compiersi. L’etichetta «giovani scrittori» è in- 28 anni, Hemingway 27 e Faulkner 32. Mailer gannevole: infantilizza gli scrittori stessi (oltre era appena venticinquenne all’epoca de Il nudo ogni ragionevole limite d’età) e li predispone a e il morto e Roth (Goodbye Columbus) solo un considerarsi eterni apprendisti, da cui ci si anno più «vecchio». È vero, Virginia Woolf aspetta – chissà perché – capolavori futuri.

«[…] nella storia della letteratura gli autori hanno dato il meglio di sé quasi sempre prima dei 40 anni»

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Il salotto letterario distrutto a colpi di clava

Alessandro Gnocchi, il Giornale primo luglio 2010

L’antefatto è il documentario Senza scrittori del da cui vorrebbero prendere le distanze, chi in critico Andrea Cortellessa presentato lunedì un modo chi nell’altro. sera a Roma. Tesi: l’editoria si è trasformata in Il mercato è il male? Basterebbe guardarlo me- industria di massa sforna best seller, il «libro è glio per scoprire che non è così crudele. Quando divenuto il feticcio della nostra società del nar- l’industria editoriale è diventata di massa? E cisismo», i lettori sono «malcapitati spinti al quali sono state le conseguenze? Forse investi- consumo più immediato e irriflesso», il «turbo- gando si potrebbe scoprire che la corsa al be- capitalismo» ha assassinato la critica e la società stseller contribuisce ad allargare il numero dei letteraria. Vie di uscita? La «letterarietà», con- lettori e anche degli scrittori pubblicati come si cetto che rimane nel vago, forse ha a che vedere deve. Nel mercato c’è spazio per tutti e le scelte con lo sperimentalismo. E la ricerca di «falle» ideologiche troppo nette non sono praticabili. nel sistema da colmare con intelligenza. In passato non era così. Perfino Dottor Zivago, Il fatto invece è il dibattito seguente, ospitato prima di diventare un best seller, fece fatica a sul blog Lipperatura di Loredana Lipperini, trovare la strada per la libreria. E che dire della giornalista della Repubblica. Ecco quindi la versione «purgata» di Salamov, o del Fiore del pioggia di messaggi di Cortellessa stesso, verso russo con allegata introduzione demolito- Scarpa, Biondillo, Policastro e un paio di Wu ria? Come mai fino a pochi anni fa Rothbard, Ming (collettivo maoista di autori senza volto Mises, Hayek e per citare un italiano Bruno accasato presso Einaudi ma anche presso editori Leoni erano roba da carbonari mentre oggi ci «minori», trasparente sulle vendite e disposto a sono editori (a partire da Liberilibri e Rubbet- concedere le opere in copyleft; qui intervengono tino) che hanno un catalogo intero fondato su il numero 1 e il numero 4). questi autori? Perché per pubblicare l’opera Il rapporto dei nostri scrittori, della nostra omnia di Nietzsche fu necessario fondare l’Adel- cultura in generale, verso il libero mercato è phi? Senza tornare indietro, prendiamo il caso difficile, diciamo pure di disprezzo. Per que- del decennio, Gomorra. In un’altra epoca, meno sto, una discussione senza paraocchi avrebbe avvezza al marketing, il romanzo-reportage di potuto essere foriera di riflessioni interessanti. Saviano sarebbe finito in due milioni di case? E Invece si è aperta una lotta grottesca, tutt’ora non è un bene che ciò sia avvenuto vista la sua in corso, a chi è meno compromesso col si- oggettiva importanza? stema nonostante tutti i principali intervenuti La discussione in rete parte più o meno da lì: «A stiano con entrambi i piedi dentro all’industria cosa serve contrapporre alla “società letteraria”

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– prigioniera degli automatismi commerciali e a non iscriverti d’ufficio – invece – nell’ominosa mediatici – una fantomatica “letterarietà”? A categoria dei chiagneffotti…». Poi il critico se rimpiangere i bei tempi pre-industria editoriale, la prende con Wu Ming 1: «Io sono inchiodato quando a leggere erano in pochi ma buoni? al fatto che viviamo in una situazione di mer- Quando c’era qualcuno, una casta di intellet- cato iperliberista e turbocapitalista, che abbatte tuali più o meno organici, che stabiliva appunto ogni ostacolo sul suo cammino, senza uno strac- lo statuto di letterarietà?» (Wu Ming 4). Que- cio di pensiero critico a contrastarlo. Tu invece, stione ben posta. Che cede quasi subito il passo a differenza di me, sei libero di volare senza ai colpi sotto la cintola, fino allo sbracamento chiodi, alato e liberista, nel 2010 come nel 2011 totale. Altro che «letterarietà». e in tutti i futuri radiosi e le magnifiche sorti e Pronti, via: Scurati e Scarpa, protagonisti dello progressive del Mercato Ottimo Sovrano». Tra- Strega 2009 con annessa polemica, «ripudiano dotto: sei un venduto che accampa scuse, come il concedere in copyleft le proprie opere, per ri- farsi la verginità. Wu Ming 1 afferma di provare «ribrezzo» per Cortellessa. E qui scatta la con- «Il rapporto dei nostri scrittori, della troreplica col massimo insulto possibile: «Non nostra cultura in generale, verso il ho bisogno di metafore alate per dipingerti libero mercato è difficile, diciamo come un fascista, mi basta sentirti parlare». Olè. pure di disprezzo» Il maoista numero uno si scatena: «Povera vit- tima. Ti senti già sulla soglia di Bergen Belsen. Un martire del libero pensiero. È proprio questa la società letteraria dal predellino» e quindi candidatura abusiva al ruolo di vittima a susci- «sono comici» (Valter Binaghi). Risponde tare ribrezzo […]. Fai il ganassa, Leonida alle Scarpa, che rivendica di essersi «messo in Termopili della critica, gridi che ti vogliono gioco», e spara ad alzo zero sulle redazioni cul- chiudere il becco etc. Ok, tieniti pure questo turali «reazionarie» (la Repubblica in primis) ruolo, quello del macilento deportato. Orribile: che delegittimano gli scrittori. Conclusione: ti si vedono tutte le costole!». Sembra il dibat- «D’altro canto, non si tratta che di un conflitto tito interno alla sinistra italiana degli ultimi di poteri; basta esserne consapevoli e si sta se- quindici anni: incapace di spalancare le finestre reni. È chiaro che i giornalisti e i critici (e gli in- e prendere una boccata d’aria. Ecco perché «la tellettuali che hanno accesso ai mezzi di comu- società letteraria» è in declino: scimmiotta la nicazione, scrivendo sui giornali o girando cattiva politica. documentari) hanno tutto l’interesse a mante- nere saldamente in mano la gestione dell’opi- nione pubblica e la diffusione del discorso pub- blico, perciò non possono che lavorare a irridere, ridicolizzare, delegittimare». Stessa «Nel mercato c’è spazio per tutti e linea, pare di capire, per Gianni Biondillo: «In le scelte ideologiche troppo nette quanto a me io son stufo di fare l’outsider. Fosse non sono praticabili» per me vorrei essere ampliamente insider e gua- dagnare una pacca di soldi, che c’ho l’affitto da pagare». Irrompe Cortellessa che gli risponde così: «Infatti outsider proprio non sei. Attento

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Libri, la meglio gioventù

Andrea Plebe, Il Secolo XIX 20 luglio 2010

L’ultimo Premio Strega, il più influente ricono- con risultati altalenanti, ma il mestiere lo cono- scimento letterario italiano, è stato vinto da un sce. Alessandro D’Avenia, palermitano del autore sessantenne, , dopo 1977, è stato indicato come il nuovo Paolo che le precedenti tre edizioni avevano incoro- Giordano per il suo Bianca come il latte, rossa nato autori giovani: nel 2007 Niccolò Amma- come il sangue (Mondadori): una buona prova. niti, classe 1966, l’anno seguente Paolo Gior- Claudia Durastanti, 26 anni, nata a Brooklyn, dano, nato nell’82, e nel 2009 , vive a Roma: il suo esordio boom è Un giorno classe 1963. È il segnale di un’inversione di verrò a lanciare sassi alla tua finestra (Marsi- tendenza generazionale? L’Italia non è un Paese lio). Torinese del 1973, Christian Frascella, ex per giovani narratori? Forse non è il caso di operaio, ha all’attivo Mia sorella è una foca mo- trarre conseguenze così drastiche da un singolo naca e Sette piccoli sospetti (Fazi). Paolo Gior- avvenimento: anzi, può essere l’occasione per dano, torinese, dopo essersi rivelato con La so- scandagliare il patrimonio dei giovani autori litudine dei numeri primi – a settembre il film – italiani. Di recente, negli Stati Uniti, lo ha fatto sta lavorando al secondo romanzo, che sarà il New Yorker, indicando venti autori under 40 sulla crisi dei giovani alle prese con un’esistenza che potrebbero lasciare il segno nel XXI secolo. precaria. Pietro Grossi, fiorentino del 1978, ha A ruota, in Inghilterra, anche il Telegraph si è pubblicato tre libri con Sellerio: il più recente è prodotto in un esercizio analogo. E in Italia? Martini. Nicola Lagioia, nato a Bari nel 1973, Questa è la lista che propone Il Secolo XIX: i lettori, se vorranno, potranno integrarla con altri under 40. Vale la pena di partire da Silvia Avallone, 26 anni, originaria di Biella, la sconfitta dello Strega: forse era davvero presto per quel premio ma Acciaio, invita a sperare. Errico Buonanno, romano del 1979, ha esordito nel 2003 con Pic- cola serenata notturna (Marsilio), l’ultimo libro è Sarà vero. La menzogna al potere (Einaudi). Enrico Brizzi, nato a Novara nel 1974, ha esor- dito non ancora ventenne con Jack Frusciante è uscito dal gruppo, a cui sono seguite opere

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dirige la collana di letteratura italiana di mini- mum fax: è autore di La storia siamo noi (Neri Pozza). Stefano Jorio, classe 1971, è il nuovo nome su cui punta minimum fax: scommet- tiamo, aspettando di leggere Radiazione. Letizia Muratori, romana del 1972, ha esordito nel 2004: la sua ultima prova è Il giorno dell’indi- pendenza (Einaudi). , nata a Cabras nel 1972, ha sfondato con Accabadora da Einaudi: un’autrice su cui puntare. Matteo Nucci, romano del 1970, ha esordito solo que- st’anno con Sono comuni le cose degli amici (Ponte alla Grazie), entrato nella cinquina dello Strega. Valeria Parrella è nata a Torre del Greco nel 1974 e con la raccolta di racconti Mosca più balena ha vinto il Campiello Opera prima nel 2003: il suo ultimo libro è Ma quale amore (Rizzoli). , romano del 1972, ha venduto duecentomila copie del suo Con le peggiori intenzioni, oltre ad aver con- quistato il Campiello: Persecuzione, il suo se- condo libro, uscirà a ottobre, sempre da Mon- dadori. Paola Ronco, nata a Torino nel 1976, vive a Genova: di lei si segnala Corpi estranei (Perdisa Pop). Della narrativa di Roberto Sa- viano, napoletano del 1979, è difficile ipotiz- zare l’evoluzione dopo Gomorra, ma ha sicura- mente i ferri del mestiere. Licia Troisi, romana del 1980, è la più nota scrittrice italiana di fan- tasy: a quando il grande salto? Giorgio Vasta, nato a Palermo nel 1970, vive e lavora a Torino: ha pubblicato Il tempo materiale (minimum fax 2008). Simona Vinci, milanese del 1970, ha esordito nel 1997 con Dei bambini non si sa niente (Einaudi), l’ultima sua prova è Nel bianco, per Rizzoli.

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Chi sono i più promettenti scrittori italiani under 40?

Stefano Salis, Il Sole 24 Ore 31 luglio 2010

Premessa numero uno: si tratta di un gioco estivo. fa, si entrava nella società letteraria, di solito con Prendetelo come tale. Premessa numero due: un buoni od ottimi libri, fin da molto giovani. gioco estivo va preso come tale, sì, ma neanche Oggi le cose, forse, sono un po’ cambiate e può troppo, però. Abbiamo chiesto a una serie di cri- sempre capitare che si raggiunga il capolavoro tici letterari (di questo e di altri giornali) di indi- dopo anni di praticantato letterario, come è carci quali sono, secondo loro, gli autori della let- accaduto ad Antonio Pennacchi (classe 1950), teratura italiana, che hanno meno di 40 anni, più il cui ultimo romanzo, che ha meritatamente promettenti: sui quali possiamo scommettere per vinto lo Strega, è anche il suo migliore. Co- il futuro e dai quali possiamo aspettarci, noi sem- munque sia, questa è la regola che abbiamo plici lettori, opere di buona qualità. I risultati del dato ai critici. Sul numero degli autori da ci- sondaggio e le opinioni degli esperti saranno pub- tare e su quali tipi di scrittura e di scrittore blicati sul Domenicale di domani. prediligere abbiamo, invece, lasciato campo li- Il gioco non l’abbiamo inventato noi (il New Yor- bero: vedrete così autori molto affermati, vin- ker, per dire, o Granta in Inghilterra, lo fanno da citori di prestigiosi premi letterari, scrittori già anni, con humour e competenza e, spesso, tam abituati alle vette del best seller o entrati dalla tam mediatico molto superiore all’entità stessa porta principale nel circuito mediatico accanto del gioco) e le regole ce le siamo date, sì, ma con ad altri, invece, noti solo ai lettori più occhiuti. una certa elasticità. Intanto un’ovvietà. Avere Naturalmente ogni giudice è stato libero di in- meno di 40 anni non è un titolo di merito, lo sap- dicare secondo i propri gusti, le proprie idee di piamo bene, né garantisce qualità o capacità let- letteratura, e, in definitiva, le sue esperienze di terarie a priori che, poniamo, un quarantatrenne lettura, recenti e no. già non ha più. Eppure un limite dovevamo pur Ecco: la chiave che vorremmo fosse usata per metterlo: e questo, generazionale, sembra, tra i questo gioco, è proprio questa. Si tratta di «espe- possibili, uno dei più concreti. Se non altro per- rienze» di lettura, di incontri, di folgorazioni, di ché (e questo ce lo dice la storia della letteratura, promesse anche, di autori che forse diventeranno anche italiana), almeno fino a qualche decennio grandi o, a volte, non si confermeranno. Non

«Si tratta di esperienze di lettura, di incontri, di folgorazioni, di promesse anche, di autori che forse diventeranno grandi o, a volte, non si confermeranno»

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abbiamo voluto fare classifiche. Non ci interes- La carica dei magnifici sano e hanno poco senso: certo, qualche nome risulta più votato di altri, ma anche chi ha preso Under 40 un solo voto per noi è prezioso. Il quadro com- plessivo di autori e romanzi segnalati (ben 50 sono i nomi selezionati, un’autentica caterva…) Gabriele Pedullà, Il Sole 24 Ore è, per noi, confortante. Sfata, intanto, il mito ti- primo agosto 2010 pico del chiacchiericcio mondan-letterario e cioè che non ci siano scrittori e il suo mesto corolla- rio, che siano tutti uguali, curvati sui (presunti) Ebbene sì, c’è una letteratura italiana under 40 gusti medi del mercato. Non è così, per fortuna. che merita di essere letta. Non è poco. Tanto più Abbiamo buoni motivi per credere in questi au- che in questo campo non smettono di trovare tori e fondate ragioni per dire che leggeremo an- ascolto le tesi dei catastrofisti, per i quali la no- cora ottimi romanzi. E anche che potremo discu- stra narrativa sarebbe condannata a posizione tere, a lungo, la loro qualità. di secondo piano: con una censura preventiva A questo punto la parola passerà a voi, lettori. che finisce per tradursi in una pericolosa profe- Sul nostro sito potrete fare le vostre contropro- zia autoavverantesi. Negando attenzione ai poste, confermare le scelte dei critici o bocciarle. nuovi libri, li si condanna all’irrilevanza. A un patto, però, se ci è permesso un modesto Nelle ultime settimane, sull’onda del documen- consiglio: fate come i nostri esperti. Prima di giu- tario di Luca Archibugi e di Andrea Cortel- dicarli, leggete i libri dei quali parlate (e par- lessa, Senza scrittori, si è fatto un gran parlare liamo) e, più che parlare degli autori, parlate dei (a ragione) degli effetti spesso deleteri che testi. Così. È più divertente per tutti. Perché noi, un’editoria sempre più orientata verso i best lo ammettiamo, ci siamo divertiti. E speriamo seller ha sulla narrativa di qualità. Eppure, la che lo stesso valga per voi. fiducia concessa a una nuova leva di scrittori e l’analisi spietata delle storture dell’industria culturale non sono necessariamente in contrad- dizione. Tutt’altro: proprio perché una nidiata di autori promettenti sta diventando vieppiù riconoscibile, appare ancora più doloroso il progressivo restringersi degli spazi per quanti «Abbiamo buoni motivi per credere non si rassegnano a trasformarsi in semplici in- in questi autori e fondate ragioni trattenitori. La critica letteraria, oggi come ieri, per dire che leggeremo ancora serve innanzitutto a dare una possibilità sup- ottimi romanzi» plementare proprio alle voci più inclassifica- bili: nella speranza che dagli esperimenti degli ultimi arrivati possano emergere un giorno i «classici di domani». E che – magari – anche il loro incontro con il grande pubblico sia solo questione di tempo. Approdati in libreria grosso modo tra l’11 set- tembre e l’elezione di Barack Obama, gli Under 40 italiani si sono trovati a fare i conti con un

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sistema delle lettere completamente mutato ri- alla provincializzazione: l’Italia come colonia al- spetto a quello delle generazioni che li avevano loglotta e i romanzieri italiani come ascari o preceduti. Con nuovi ostacoli ma anche con ine- truppe cammellate. Ma, soprattutto, il rischio è dite opportunità per chi si affaccia ora sulla un ripiegamento opposto e simmetrico alla chiu- scena letteraria. sura sulla letteratura nazionale. I grandi roman- C’è innanzitutto la questione dell’età. «Giovane zieri americani sono spesso dei giocolieri della scrittore», come «giovane regista» e «giovane ar- penna: ma che succede se li si legge solo in tradu- tista», costituisce innanzitutto una definizione zione? La scarsa attenzione degli Under 40 alle merceologica: almeno dai tempi della Nouvelle sonorità della prosa – in netta controtendenza con vague, ma mai come in questi ultimi anni. Che un paese che sembrava disporre di un’inesausta cosa pensano i ventenni? E dopo i trenta? Che vena lirica, e dove a lungo il problema è stato cosa vuole insomma la generazione x, y, z…? piuttosto quello di contenere un’eccessiva pro- Tutti se lo chiedono. Ma per gli scrittori che pensione al «bel canto» – sembrerebbe venire hanno l’età giusta questa attenzione è al tempo anche da qui. Con il risultato che l’ultima gene- stesso una chance e una minaccia. Se essere gio- razione appare spaccata in una maggioranza di vani non è necessariamente una colpa da espiare, autori quasi del tutto sordi alle bellezze della lin- come riteneva Goethe, scrivere «da giovani» ri- gua italiana e una piccola minoranza di virtuosi schia di trasformarsi in una macchia indelebile: del ritmo: anche per reazione. soprattutto per i più bravi. Arrivati ai quaranta o Pure l’imporsi di nuove forme egemoni fa parte ai cinquanta bisogna ricominciare da capo, per- di questo sommovimento complessivo. Nella ché con la pancetta e senza più capelli la parte re- marea montante delle scritture paraletterarie – citata fino a quel momento non funziona più. noir in testa – i narratori degli anni Zero hanno Meglio allora prepararsi per tempo: anche perché puntato le loro fortune su due veri e propri ge- alla prova dei fatti solo nei casi migliori gioventù neri di confine, accomunati da un’identica pro- vuol dire sponteneità e freschezza. Per tutti gli pensione narcisistica (ma così caratteristica altri la parola giusta sarebbe ingenuità. degli anni di Facebook) e diventati a poco a In un contesto generale di ridotta curiosità per la poco maggioritari: le così dette autofiction, in letteratura dei padri, nessuna generazione italiana cui l’autore gioca con la propria identità biogra- si è mai pensata altrettanto «americana» di que- fica, mettendosi direttamente in scena ma non sta: fino al punto di non avere neanche più biso- rinunciando a rendersi protagonista di storie gno di brandire gli Stati Uniti come un vessillo mai vissute, e il memoir-reportage, come testi- (alla Vittorini o alla Pavese), tanto sembra scon- monianza e inchiesta sui mali del tempo pre- tato che gli autori da prendere a modello vivano sente. Non è detto però che non convenga piut- tutti tra New York e Los Angeles. Il rischio qui è tosto coltivare una certa inattualità: come il rapidissimo passare dal provincialismo depre- propone Giulio Ferroni, quando ricollega la cato all’inizio degli anni Sessanta dal Gruppo 63 grande vitalità del genere racconto negli ultimi

«[…] l’ultima generazione appare spaccata in una maggioranza di autori quasi del tutto sordi alle bellezze della lingua italiana e una piccola minoranza di virtuosi del ritmo: anche per reazione»

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anni alla maggiore libertà di coloro che lavo- rano sulla forma breve, a fronte di un sistema letterario che punta invece soprattutto sul ro- manzo e sulla letteratura di denuncia. Questo eclettismo appare anche dalle risposte dei critici interpellati dal Sole 24 Ore. Presi a uno a uno, i sei canoni non potrebbero essere più diversi, anche se da un punto di vista mera- mente editoriale emerge una netta diarchia Ei- naudi-minimum fax: le due sigle che, stando a queste scelte, sembrerebbero avere lavorato me- glio sugli emergenti. Quanto ai singoli autori, il sondaggio individua un gruppetto di testa for- mato da Nicola Lagioia (quattro segnalazioni), Luca Ricci e Giorgio Vasta (tre ciascuno), se- guiti da altri sette narratori fermi a quota due: Silvia Avallone, Cristiano De Majo, Pietro Grossi, Michela Murgia, Valeria Parrella, Laura Pugno e chi scrive questo articolo. Più l’over 40 Giorgio Falco. Che cosa pensare di queste caso di Bajani, che maneggia la prosa più ver- scelte? Da collega, ancor più che da critico, tra satile e più musicale dell’ultima generazione, la gli sprinter lo scrittore sul cui futuro mi sentirei sorpresa confina con il desiderio di chiedere più pronto a scommettere è Lagioia: tanto più all’arbitro di rigiocare la partita. Non credo di dopo il suo ultimo romanzo, Riportando tutto essere l’unico ammiratore del suo Se consideri a casa, che si apprezza per la sua ambizione le colpe a scommettere sul match di ritorno. Per anche quando non tutti i tasselli trovano il loro ottobre è atteso il suo prossimo libro, Ogni pro- posto e che – se Lagioia vorrà assecondarla – messa: e chissà che non sia questa l’occasione sembra annunciare una nuova vena narrativa, per cominciare a rimettere in moto la classifica. più pacata e più oggettiva, sicuramente meno euforica dei suoi primi libri. Magari anche die- tro lo schermo di una terza persona per lui an- I risultati del nostro sondaggio cora inedita. Mi colpiscono invece soprattutto certe assenze: Sono 50 i narratori (più sei poeti) che si sono nessuna segnalazione, ad esempio, per Gior- guadagnati una menzione nelle scelte dei critici dano Meacci (Tutto quello che posso, minimum a cui il Domenicale ha chiesto di scommettere fax), né per Maurizio Torchio (Piccoli animali, sui narratori under 40 più solidi. Qualcuno Einaudi). E ancora di più stupisce – e delude – (siamo stati di manica larga) ha già superato i l’unico voto per e Paolo Zanotti. 40 anni tondi: li abbiamo ammessi senza troppi Nel caso di Zanotti, autore di uno splendido ro- formalismi. manzo di formazione che si colloca idealmente I più menzionati sono tutti maschi. A partire in una linea Nievo-Stevenson-Calvino (Bambini (4 voti su 6) dal barese Nicola Lagioia (1973), bonsai), i pochi consensi si spiegano forse con i seguito da due autori con tre voti, Giorgio neanche tre mesi trascorsi dall’esordio. Ma nel Vasta (1970) e Luca Ricci (1970). Nella schiera

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di autori che hanno ricevuto due nomination, Tedoldi, Mary B. Tolusso, Caterina Venturini, finalmente anche le donne (4): Silvia Avallone Giulia Villoresi, Simona Vinci, Paolo Zanotti (la più giovane, 1984, tra i plurivotati), finali- e Chiara Zocchi. sta quest’anno al Premio Strega, Michela Mur- gia (in finale al Campiello a settembre), Laura Pugno e Valeria Parrella. Sempre con due voti Le opinioni dei nostri critici troviamo il nostro collaboratore Gabriele Pe- dullà, Cristiano De Majo, Pietro Grossi e Gior- GIOVANNI PACCHIANO gio Falco (il fuoriquota, 1967). Ancora più Realtà e verità i fari da seguire fitta la schiera degli autori che hanno ricevuto Abbiamo sete di realtà e di verità, oggi. Così, se un solo voto, tra i quali bestselleristi come Sa- vogliamo puntare su giovani talenti e promesse viano, Piperno o Giordano e autori molto under 40 della nostra narrativa, ci affascina l’io meno noti. Eccoli, comunque, tutti in ordine ma ci preme di più il mondo. In questo senso, il alfabetico: Dora Albanese, Andrea Bajani, «miglior fabbro» ci sembra , Marco Balzano, Gherardo Bortolotti, Cri- con l’ormai famoso ovunque non-fiction novel: stiano Cavina, Irene Chias, , Gomorra. E a quelli che gli negano, a torto, Ivan Cotroneo, Alessandro De Roma, Mario qualità di romanziere suggeriamo di leggere, nel Desiati, Andrea Di Consoli, Peppe Fiore, Pa- successivo La bellezza e l’inferno, i due racconti trick Fogli, Giorgio Fontana, , Ossa di cristallo e Giocarsi tutto. Potentemente Alessandro Leogrande, Annalucia Lomunno, lirici: vero è che il mondo non esclude mai l’io. Francesco Longo, Matteo Marchesini, Marco Patrick Fogli non è uno dei tanti giallisti che Missiroli, Letizia Muratori, Matteo Nucci, oggi affollano il mercato. Fogli è…Fogli, ori- Paolo Piccirillo, Alessandro Piperno, Rosella ginale nella scrittura barocca, gonfia di meta- Postorino, Christian Raimo, Veronica Raimo, fore, coinvolgente. Nelle sue pagine verità e Gianluigi Ricuperati, Roberto Saviano, Giu- verosimiglianza entrano di peso col racconto seppe Schillaci, Andrea Tarabbia, Giordano dei mali della nostra società: politici corrotti,

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«[…] piace la scommessa immediata di quando prendi fra le mani un libro attratto da un qualcosa difficile da identificare e lo scopri comunque ricco, anche se per qualche ragione, magari imperfetto»

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altolocati pedofili, venditori di organi umani, ERMANNO PACCAGNINI servizi segreti deviati, bombaroli, criminali. Il La curiosità ci sia guida thriller L’ultima estate di innocenza non pro- Ha sempre un po’ del gioco assassino della mette e basta: è un grande libro. Il tempo in- torre il giostrare tra nomi da indicare. A mag- franto – la strage di Bologna e dintorni – è di- gior ragione in una situazione quale è la let- seguale nella sua mole immensa ma tura, che è sempre e soprattutto un incontro grandiosamente epico. che, nel caso di opere prime d’un certo inte- Vive a Castellaneta (Taranto) la nostra piccola resse, ti augura possa ripetersi anche al me- Jane Austen – aggiornata e corretta –, Annalucia glio, sapendo però che le «promesse» sono Lomunno. Soavemente perfida nel descrivere con spesso fatte per non essere mantenute o anche stile spezzato vizi e virtù del suo mondo in solo rinviate (penso ad esempio ad Alessandro Rosa sospirosa (malinconico e grottesco, bel- De Roma, una delle sorprese del 2008 naufra- lissimo) e Nero Sud. gato col secondo e da verificare ora col terzo), L’esordiente Silvia Avallone, seconda al Pre- o magari momentaneamente impossibilitate a mio Strega col romanzo Acciaio, è la vera ri- essere verificate per le più varie ragioni (e velazione dell’anno. Sa congiungere con pas- penso, nel mio caso, a Nicola Lagioia, letto da sione romanzo sociale e di formazione nella sconosciuto quando edito da una minimum storia di due ragazze e di una città operaia fax, ricercato da altri oggi con la nuova ca- (Piombino). Chi pensasse a un exploit isolato sacca Einaudi). vada a leggersi il magnifico racconto Natale Tanto più che poi, quali che siano le indica- sulla strada (in fuga dalla vita), sul Corriere zioni che offri, hanno sempre il difetto del della Sera del 23 maggio scorso. Scommet- tempo (ricordi quasi sempre solo i nomi più tiamo su di lei. vicini), e soprattutto della ristrettezza degli in- E veniamo a chi, dei giovani scrittori, sembra contri rispetto ai tanti esordi, impossibili tutti dare largo spazio all’io. Ci aspettiamo da Paolo da seguire. Di qui anche la schizofrenia delle Giordano, molto lodato per La solitudine dei indicazioni (comprese le presenti). Aggiungo numeri primi, un secondo romanzo all’altezza che esistono poi anche scelte critiche precise dei due strepitosi capitoli iniziali del suo primo che optano spesso per piccole case editrici, libro. Quanto a Pietro Grossi, i racconti di come le più attente alle voci nuove e che ga- Pugni bastano a collocarlo, per la magia della rantiscono un editing più amoroso, attento scrittura, nella nostra storia letteraria; ma né il alla fattura più che al mercato. Tanto più che successivo romanzo L’acchito né il recente rac- spesso nella grande casa editrice il nome conto lungo Martini (comunque suggestivo) ci nuovo e anche interessante (un nome a caso: paiono eguagliare gli inizi. Michela Murgia di Einaudi) finisce per essere Ha insolito notevole stile cool il romanzo del- soffocato dal grande nome. Ecco perché allora l’esordiente Irene Chias, Sono ateo e ti amo: ciò che mi interessa non è tanto chi di loro indecise giovinezze di donne che si guardano sarà l’autore del domani, ma chi ha ad esem- vivere. Mentre occorre infine ricordare per pio mantenuto certe promesse, come possono molto merito almeno una «fuori quota» (ha 43 essere ad esempio i casi, assai diversi stilisti- anni), Mary B. Tolusso, eccellente poetessa che camente, d’un Pietro Grossi o un Luca Ricci entra nella narrativa con L’imbalsamatrice. (sia pur in linea orizzontale), come pure d’un Spiritoso, trasgressivo, sfrontato. Da leggere Marco Missiroli o Giorgio Falco (in costante assolutamente. crescita); il piacere di riscoprire al meglio un

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GOFFREDO FOFI Una situazione eccellente Quelli dai quali mi aspetto molto, data la so- stanza delle loro prove, anche quelli di cui pochi si sono accorti frastornati dalla pubblicità, sono sia meridionali che settentrionali. Il barese Ni- cola Lagioia è partito da connotazioni autobio- grafiche e da suggestioni di commedia di co- stume spinta al visionario e con Riportando tutto a casa (Einaudi) ci ha dato un ritratto co- rale e generazionale acutissimo della mutazione meridionale, nella fattispecie pugliese, negli anni ottanta travolti da improvvisa ricchezza. La bolognese Simona Vinci non ha più nulla da dimostrare, dopo molti romanzi di tenerezza e crudeltà su bambini adolescenti donne comu- nità e dei reportage esemplari. Il napoletano Maurizio Braucci con il suo terzo libro (Per sé e per gli altri, Mondadori) ha scritto una quête in cerca di sé e dell’immagine del padre lungo le «vie senza legge» del Messico, in una om- brosa allegoria però realistica, italiana, di oggi. La romana Letizia Muratori, che evoca infanzie difficili e una gioventù disorientata, su paesaggi insoliti e alienati. Il palermitano Giorgio Vasta Cristiano Cavina che sembrava essersi perso (un romanzo, Il tempo materiale, minimum fax, per strada; la curiosità su che fine abbia fatto e un diario di «carotaggio» antropologico sulla una Chiara Zocchi, che peraltro abitua il let- sua città, che è anche la città più berlusconiana tore a tempi lunghissimi. d’Italia, Spaesamento, Laterza) ha il necessaris- Così come, al di là del suo futuro, che per l’au- simo dono di saper narrare ma anche di saper tore e il lettore ti auguri in crescita, ti piace la vedere e pensare. Il milanese Paolo Cognetti scommessa immediata di quando prendi fra le (due libri di racconti da minimumfax) trasferi- mani un libro attratto da un qualcosa difficile sce il magistero di Carver in una lucida rappre- da identificare, e lo scopri comunque ricco, sentazione del disagio della generazione dei anche se per qualche ragione, magari imper- trentenni. fetto (penso a due diversissimi autori di Nu- Aggiungerei senz’altro Alessandro Piperno, ro- trimenti come Paolo Piccirillo o Giuseppe mano, che aspetto alla nuova prova e che sembra Schillaci), o intensamente doloroso (la Rosella più adulto di quel che non è, Valeria Parrella, na- Postorino allora di Neri Pozza o la Dora Al- poletana, se saprà crescere e resistere alle lusin- banese di Hacca), o di cui apprezzi la fre- ghe del successo, Mario Desiati, pugliese, se dalla schezza (Giulia Villoresi). Conscio comunque commedia d’ambiente e memoria andrà nella di- che sempre di incontri aperti e di curiosità per- rezione in cui potrebbe forse dare il meglio, sonale si tratta. «brancatiana», Michela Murgia, sarda, se non si

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la sindrome-Giordano: scoprire e lanciare esor- dienti sotto i quaranta, meglio ancora se venti o trentenni, e magari avvenenti (è il nostro anche il paese dell’imperante lolitismo, masche- rato, ma non troppo). Non ho mai creduto alle generazioni nella letteratura, a meno che esse stesse si proclamino come tali facendo di questo una bandiera. Le generazioni sono un effetto della leva militare, della guerra; è lì che è nata l’idea della giovinezza come forza del mondo. Dalla guerra al mercato, come dimostra il culto dei teenager, formula coniata in America nel 1943. Detto questo, provo a fare solo due nomi tra i tanti che ci sono: Paolo Zanotti e Andrea Tarabbia. Il primo del 1971, saggista e studioso di letteratura, il secondo del 1978, russofilo e collaboratore di riviste online. Due romanzi: Bambini bonsai (Ponte alle Grazie) di Zanotti e La calligrafia come arte della guerra (Transeu- ropa) di Tarabbia. Perché proprio loro in mezzo a un manipolo assai vasto di scrittori già bravi, se non bravissimi (Christian Raimo, Veronica Raimo, Nicola Lagioia, Gabriele Pedullà, Gian- luigi Ricuperati, Laura Pugno, Giorgio Vasta, Luca Ricci, Valeria Parrella eccetera)? Perché farà costringere nel folklore. E vorrei infine se- sono due autori apocalittici, visionari, capaci di gnalare due milanesi, il molto giovane Giorgio darci una lettura esasperata della nostra realtà. Fontana, se saprà liberarsi dal peso di certe mode I loro libri non saranno perfetti, ma fanno pen- un po’ cinematografiche (Marsilio), e Marco Bal- sare, accendono la fantasia e soprattutto danno zano (Il figlio del figlio, Avagliano), un pacato on un benefico senso di stordimento. the road Milano-Barletta di un nonno un padre Continuo a credere che l’età non sia indispensa- un figlio (il narratore) che devono chiudere con bile per raccontare qualcosa del mondo giovanile, il passato ma dentro un presente senza identità, su cui siamo continuamente informati da inchie- un piccolo romanzo che dice molto su chi siamo. ste giornalistiche e dal sentito dire in cui viviamo La situazione è dunque eccellente, tanto più che immersi. Non è forse vero che il romanzo più certamente dimentico molti nomi. bello e desolante sul mondo dei college americani, vero brodo di cultura di Abu Ghraib, l’abbia MARCO BELPOLITI Solo due autori ma apocalittici Strano paese l’Italia dove, da un lato, è al po- «[…] le cose migliori, da noi, tere la più vecchia gerontocrazia occidentale non si leggono in narrativa (un primo ministro di 74 anni), e dall’altro, al- bensì in poesia» meno nell’ambito editoriale, sembra dominare

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scritto non un neolaureato di Harvard, Yale o FILIPPO LA PORTA Stanford, o un brillante scrittore trentenne, bensì Inventarsi una lingua forte un settantenne di nome Tom Wolfe con Io sono La narrativa migliore è quella in cui il proprio Charlotte Simmons? Provare per credere. tempo si traduce in lingua, stile, visione critica, invenzione di personaggi (recentemente Roberto Bolaño e David Forster Wallace). A volte il «proprio tempo» può diventare una prigione, però ripropone ogni volta in una forma nuova i dilemmi eterni della condizione umana. Ed è un’impresa affascinante riuscire a mostrare quella «forma» (ovviamente ciascuno con la propria personalità, i propri modi espressivi, il genere a lui congeniale ecc.). Per quanto ri- guarda la nostra narrativa provo a fare qualche nome, con la premessa che avere meno di 40 anni non significa essere delle «grandi pro- messe», dato che tutti i maggiori autori del ca- none occidentale hanno scritto i loro capolavori prima dei 40… Cristiano De Majo e Francesco Longo si con- frontano intrepidamente con l’irrealtà liquida della Rete (Caterina Venturini in modo più lu- dico). Alessandro Leogrande, come Saviano e forse con più consapevolezza letteraria, mette in scena la cronaca per estrarne la verità meno ovvia. Silvia Avallone ha un sicuro talento af- fabulatorio, insidiato qua e là da certe leviga- tezze un po’ Scuola Holden. Sarei invece ten- tato di inserire Nicola Lagioia nel filone di quanti si affidano allo stile dell’intelligenza, il quale genera da sé racconto e idee. Il ritmo con- tratto di Giordano Tedoldi svela una cattiveria irrimediabile. Se Andrea Di Consoli ci mostra un Sud poco convenzionale e quasi luogo del- l’anima, Ivan Cotroneo riesce a raccontare con grazia e humour lieve il ventre di Napoli. Mat- teo Nucci tratta frontalmente il fantasma ita- liano per definizione, la famiglia. E se Peppe Fiore con una prosa quasi espressionista stra- volge il reale per rivelarne il nucleo intimo, da Matteo Marchesini – poeta, critico, saggista, autore di racconti – mi aspetto almeno un libro di narrativa importante nei prossimi anni.

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Dunque, diffidate di etichette effimere (tipo il narrativo: timore fugato da Lo spagnolo senza «neo-neorealismo») e di dichiarazioni di poe- sforzo (Einaudi). tica. Conta solo una cosa: sentire che la lingua Sei narratori «puri»? Senz’altro i torinesi acqui- dell’autore non si libra gratuitamente in un siti Andrea Bajani (severo e dunque commo- vuoto irrelato ma vince una resistenza che vente Se consideri le colpe, Einaudi) e Giorgio qualcos’altro le oppone (chiamatelo pure «re- Vasta (ossessivo e dunque ottimo Il tempo ma- altà», «esperienza», «opacità del mondo» o teriale, minimum fax) e il pisano Luca Ricci (mi- come volete). nuziosamente perverso L’amore e altre forme d’odio, Einaudi). Della romana Laura Pugno, ANDREA CORTELLESSA che lavora in Spagna, Sirene (Einaudi) e E io ci metto anche i poeti Quando verrai (minimum fax) mostrano come Fra gli interventi brevi ce n’è uno che associa una lingua poetica possa fare narrativa di un massimo di interesse per chi legge con un prim’ordine (il contrario si dà assai meno minimo di convinzione da parte di chi scrive: spesso). Del bresciano Gherardo Bortolotti è ec- il canone. Un solo discorso mi è più sgradito, cellente ancorché esile Tecniche di basso livello quello generazionale. Ma a torto tacciato di (Lavieri), del campano Cristiano De Majo (mes- viltade mai sarò, e allora cominciamo con sosi in luce in Italia Due, minimum fax) annun- un’ovvietà: le cose migliori, da noi, non si leg- cia il romanzo d’esordio Ponte alle Grazie. Ec- gono in narrativa bensì in poesia. Ecco dunque cezione inversa a quella dei giovani già-maestri sei poeti nati negli anni Settanta: il marchi- è costituita poi da Giorgio Falco, lombardo che giano Massimo Gezzi, che lavora in Svizzera i quaranta li ha passati (è del ’67) ma si è affer- (di limpido classicismo L’attimo dopo, Sos- mato solo nell’ultima stagione: l’autore de sella), il piemontese Federico Italiano, che la- L’ubicazione del bene (Einaudi) è quello sul cui vora in Germania (mitopoietico L’invasione futuro mi pare si possa scommettere di più. dei granchi giganti, Marietti), il toscano Paolo Maccari (duramente profilato Fuoco amico, Passigli), la romana Sara Ventroni (labirintico e insieme epico Nel gasometro, Le Lettere) e, ultima arrivata, la lucana Gilda Policastro (di lancinante fissità le poesie nell’ultimo Qua- derno italiano di marcos y marcos). Il mio pre- ferito è però il più giovane: Gian Maria An- novi, emiliano del ’78 che lavora negli Usa (quanti «cervelli in fuga»!). Appena uscita da Transeuropa è la splendida plaquette Kami- kaze (e altre persone), che fa incontrare una lingua di aguzza eleganza coi traumi più defla- granti del nostro tempo. Non più «promessa» è Elisa Biagini, fiorentina del ’70 che da tempo è una caposcuola. Alla stessa esitazione m’in- duce Gabriele Pedullà, che pur essendo del ’72 è in molti sensi già un maestro. Il che non ga- rantiva – anzi! – la riuscita del suo esordio

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I più bravi giovani scrittori? Sono sempre tutti in famiglia

Tommy Cappellini, il Giornale 3 agosto 2010

Da settimane nei salotti letterari ci si chiede l’intoccabile Einaudi. Però le mazzate non ri- chi siano i critici che si stanno facendo qua- sparmino nemmeno i Wu Ming e tutti i be- drato in difesa del documentario di Andrea stselleristi «cucinati» a Segrate, da Alessandro Cortellessa Senza scrittori (ovviamente visto Piperno a Paolo Giordano fino a Roberto Sa- da nessuno e discusso da tutti). Bene, ora una viano, parecchio snobbati. Nella loro classi- (possibile) risposta c’è. I nomi, o almeno al- fica i supercritici danno poco spazio a chi cuni, li trovate sull’inserto culturale del Sole vende o a chi è troppo estremo, ma in com- 24 Ore di domenica: sono i critici impegnati penso propongono una schiera di nomi semi- a stilare la classifica dei nuovi scrittori «under sconosciuti. Peccato che tra questi ultimi ci sia quaranta». I critici chiamati a raccolta dal anche qualche fidanzata, o fratelli, o figli, o Sole 24 Ore sono sei: si parte dallo stesso An- colleghi di università. E così nell’ambiente è drea Cortellessa e si arriva a Filippo La Porta, partita la «caccia al legame». Il primo è faci- passando per i «mostri sacri» Marco Belpoliti, lissimo. Tra i migliori «giovani» scrittori, ben Giovanni Pacchiano, Goffredo Fofi e Ermanno due dei sei critici – guarda caso – segnalano Paccagnini (forse l’unico outsider). Comun- Gabriele Pedullà, noto anche come «Pedullà que, i loro nemici sono la Mondadori (e l’edi- figlio», che per il Sole 24 Ore ci scrive pure e tor Franchini su tutti, sbeffeggiato nel docu- – sempre per puro caso – ha introdotto il tema mentario), , indicata con l’articolo di copertina dal titolo La carica come esempio di cattiva letteratura, ma non dei magnifici under 40. Magnifico.

«[…] propongono una schiera di nomi semi-sconosciuti. Peccato che tra questi ultimi ci sia anche qualche fidanzata, o fratelli, o figli, o colleghi di università»

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Scrittori troppo snob per vendere

Paolo Bianchi, Libero 3 agosto 2010

Il gioco di punta estivo dell’inserto culturale do- UNA GRAGNUOLA DI NOMI menicale del Sole 24 Ore è consistito nel racco- Il gioco dell’estate secondo Il Sole 24 Ore sa- gliere i pareri di sei critici su chi siano gli scrittori rebbe rispondere alla domanda sul perché in Ita- italiani più interessanti sotto i 40 anni. D’estate lia non ci siano abbastanza scrittori under 40. è davvero dura riempire i giornali. Il criterio di Senonché ce ne sono semmai troppi. Segue in- scelta dei critici è apparentemente oscuro. Che fatti una gragnuola di nomi. Una cinquantina. cosa fa di un critico un critico? Non si sa. Biso- Che anche solo a provare a leggerli tutti, i loro gna apparire molto in alcuni ambienti, detti elaborati, non basta una vita normale. E infatti, anche salotti, cenare con svariate persone noio- che vendano più di dieci copie non ce ne sono sissime e petulanti, omaggiare di citazioni bene- che tre o quattro, Roberto Saviano, Paolo Gior- vole gli autori delle case editrici amiche. Natu- dano, Silvia Avallone, Alessandro Piperno ralmente, bisogna recitare come un mantra il (forse), e tutti equipaggiati con il motore turbo rosario dei luoghi comuni dell’estate a Capalbio, di investimenti milionari in pubblicità. leccare i piedi ai politici della sinistra che ha po- Degli altri, Nicola Lagioia lo sentiamo nominare tere, scrivere su giornali che quasi nessuno più spesso come bravo e promettente, e certo si dà legge e tantomeno compra come il manifesto e molto da fare, altri ancora come Raimo (ce ne l’Unità, essere un po’ tromboni e citare a vanvera sono addirittura due, Christian e Veronica) o concetti oscuri come «dolorosa intensità», «lan- Giorgio Vasta o Valeria Parrella, godono del pa- cinante fissità», «lucida rappresentazione» o tentino di penne profonde soprattutto perché li anche «carotaggio antropologico». L’aggettiva- pubblica o li ha pubblicati la casa editrice mini- zione ciclica e intercambiabile è la cassetta degli mum fax, specializzata nell’arte di compiacere la attrezzi di questi critici prêt-à-porter. sinistra benpensante. Solo di sfuggita vengono Nel caso in questione abbiamo Giovanni Pac- nominati Giordano Tedoldi (reo di scrivere su chiano (che però è di casa e anche volendo non Libero) e Peppe Fiore. Neanche un pensiero a avrebbe potuto sottrarsi), Ermanno Paccagnini, Ottavio Cappellani (colpevole di collaborare a che richiederebbe un decoder, Marco Belpoliti, Libero), neanche una menzione per Enrico uno che non scherza mai, Filippo La Porta, tra Brizzi, perché se ne frega, beato lui, di queste i più attendibili e infatti spesso isolato, Andrea combriccole. Cortellessa, un esoterico presenzialista, e Gof- Inutile dire che molti nomi circolano fra le giu- fredo Fofi, che sta lì da quando siamo nati, una rie dei funesti premi letterari, per esempio Mi- vita di opinioni. chela Murgia, autrice folk buonissima per i

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palati molli del Campiello. Superfluo ricor- massimo può insegnare anche lui nell’Università dare che sono quasi tutti pubblicati da Ei- italiana, tentiamo comunque d’interpretare: naudi, casa editrice specializzata nel doppio questi scrittori non vendono una castagna secca gioco, usare i soldi del Caimano per tirarsela perché non si abbassano a raccontare storie che da fortino di democrazia liberal. interessino a qualcuno. Perché stanno tutti a bagno nella stessa brodaglia torbida e insipida, LA PROSA DI PEDULLÀ cercando di compiacere i critici e il loro bisogno Che gente noiosa. E infatti il novanta per cento di dolorosa intensità e lancinante fissità o fresca di questi autori non hanno pubblico, non bat- consapevolezza. Solo che i Pedullà padre e figlio tono chiodo e intasano inutilmente gli scaffali le cose semplici non le riescono a dire. Pedul- delle librerie finché le copie non tornano indie- lino, oltretutto a pagamento, parla di «forme tro. Sentite come si esprime Gabriele Pedullà, egemoni» e «sommovimento complessivo». che è allo stesso tempo critico e scrittore votato Mai una volta che ti consigli un libro davvero dai critici, e che, ricordiamolo, è figlio di un bello e divertente. Solo roba degli amici suoi. In- professore universitario assai temuto e che Fer- fatti, già che c’è, ci infila anche una marchetta nanda Pivano nei suoi diari definiva come un sul prossimo libro di Andrea Bajani. insopportabile rappresentante della più trita ac- E allora noi, visto che questo è solo un gioco e cademia: «Proprio perché una nidiata di autori va preso per quello che è, un divertimento, vi promettenti sta diventando vieppiù riconosci- consigliamo scherzosamente, cari lettori che bile, appare ancora più doloroso il progressivo partite per le vacanze o che già ci siete, di com- restringersi degli spazi per quanti non si rasse- prare libri di autori perlopiù non citati nell’in- gnano a trasformarsi in semplici intrattenitori». chiesta dei nostri solari amici. Anzi, se ne tro- A parte che uno che scrive così non si capisce vate di buoni, segnalateceli voi. Sempre così, come possa arrivare a pubblicare dei libri, al per gioco.

«[…] il novanta per cento di questi autori non hanno pubblico, non battono chiodo e intasano inutilmente gli scaffali delle librerie finché le copie non tornano indietro»

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Scrittori, la carica degli Under 40: creatività tra riti e ordinaria fatica

Adnkronos 4 agosto 2010

Come creano gli autori italiani della nuova gene- Tra gli scrittori emergenti sono molti quelli che razione emergente? Lo rivelano Nicola Lagioia, si percepiscono come degli «operai» della Silvia Avallone, Enrico Brizzi e Laura Pugno. penna: artisti, cioè, che lavorano come se andas- C’è chi è affezionato alla vecchia poltrona di sero in fabbrica. È il caso dell’esordiente Silvia casa tutta strappata. C’è chi, prima di «suo- Avallone, che a soli 25 anni è arrivata seconda nare» sulla sudata tastiera, mette in ordine casa allo Strega con il suo Acciaio pubblicato da Riz- facendo le pulizie. C’è anche chi, prima di lavo- zoli, dopo un testa a testa con Canale Mussolini rare, dà vita a una specie di rito magico vesten- di Antonio Pennacchi. Una giovane scrittrice dosi come se dovesse andare a fare sport. O chi che ha un’abitudine da «massaia»: pulire casa e al contrario non ha abitudini e, anzi, crede che avere tutto in ordine prima di sedersi alla scri- la scaramanzia limiti la creatività e approccia il vania e immergersi nel disordine creativo. foglio bianco come un operaio affronta un qual- «Mi sveglio ogni mattina alle sette – confessa – siasi altro lavoro. Così creano gli scrittori ita- faccio le pulizie e metto in ordine. Lavoro sem- liani della nuova generazione emergente, quella pre tra le mura domestiche otto ore al giorno degli under 40, tra «segreti», abitudini «incon- con orari fissi, come quelli di un impiegato o di fessabili» e veri e propri «riti» che accompa- un operaio. Sono metodica e regolare. Prima di gnano la scrittura. iniziare a scrivere mi “nutro” dei classici: ro- «La mia unica abitudine – spiega all’Adnkronos manzi dell’Ottocento francese e russo e della let- lo scrittore barese Nicola Lagioia, classe 1973, teratura americana. Romanzi che rappresentano autore per Einaudi nel 2009 di Riportando tutto per me la fonte principale d’ispirazione. Prima a casa – è quella di utilizzare la stessa sedia che di iniziare a scrivere lavoro sul campo – ag- troneggia nel mio studio. Non si tratta di giunge – osservando da vicino i luoghi che vo- un’abitudine ma di una mia pigrizia. Lavoro glio descrivere. Il mio interesse – conclude – è con regolarità sempre a casa mia cercando di quello di raccontare spaccati di società. Mi con- non essere distratto. Per uno scrittore giovane sidero una scrittrice popolare, lontana dai che vuole emergere, però – aggiunge – il segreto grandi romanzieri borghesi, come Moravia, che è quello di lavorare su se stessi e sulla pagina pure apprezzo molto». scritta, cercando di migliorarsi sempre. La de- Le abitudini e i ritmi consolidati sono anche la dizione e l’applicazione rappresentano, comun- parola d’ordine di Enrico Brizzi, autore di ro- que, le “carte” principali per poter scrivere un manzi di successo come Jack Frusciante è uscito romanzo originale». dal gruppo e L’inattesa piega degli eventi.

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Scrive, infatti, sempre nello stesso luogo, la dal cinema al fumetto, Brizzi dice di non pen- stanza adibita a studio, di un piccolo apparta- sare «mai a una possibile sceneggiatura o adat- mento. Brizzi è un romanziere con una partico- tamento di quanto sto scrivendo». larità in più. Per comporre deve sentirsi comodo Tra i giovani autori del Belpaese, c’è poi anche e indossare abiti «casual». chi ritiene che un eccesso di riti possa limitare «Amo scrivere – racconta – vestito come se do- l’ispirazione e la creatività. E che dichiara di vessi andare a remare, o a pesca, come se do- non avere alcun tipo di abitudine legata alla vessi fare sport. Non riuscirei mai a scrivere scrittura, avendo già un altro lavoro. Un «iden- “imprigionato” in una giacca e una cravatta. tikit» che risponde al nome della scrittrice e Scrivo – continua – sempre nello stesso posto. poetessa Laura Pugno che ha pubblicato con Fino a pochi anni fa era una stanza della casa l’Einaudi il romanzo Sirene. «Credo che un ec- poi, dopo la nascita dei miei figli, è diventata la cesso di abitudini – spiega – sia sbagliato e possa stanza di un piccolo appartamento-studio vicino compromettere la creatività. Non ho riti sui casa. Prima accompagno i miei bambini al- quali contare per stimolare la mia creatività». l’asilo, poi vado in studio a piedi, bevo un caffè «Scrivo quando mi capita: in particolare la mat- e comincio». Brizzi, inoltre, ascolta «musica di tina presto o la sera tardi, dal momento che tutti i tipi ma non italiana. Non perché non l’ap- svolgo un lavoro d’ufficio (è addetto culturale prezzi – precisa – ma perché le parole in italiano del Ministero degli Esteri in Spagna, NdR.). Ma mi distrarrebbero». anche in vacanza e nelle ore libere dal lavoro». L’autore di Tre ragazzi immaginari ammette di Nonostante sia partita dalla scrittura per il dare la priorità, durante la fase creativa, al- grande schermo, la Pugno assicura di non pen- l’ascolto di quella che definisce «la “Voce” della sare mai in termini «cinematografici» alle scene scrittura. Cerco di capire chi mi sta raccontando o ai dialoghi quando è alle prese con un ro- questa storia. Cerco di trovare la voce adatta manzo. «Credo che immaginare un adatta- per il “mio narratore”». Ma nonostante i suoi mento cinematografico di ciò che si scrive sia li- lavori siano stati oggetto di diversi adattamenti, mitante», conclude.

«Così creano gli scrittori italiani della nuova generazione emergente, quella degli under 40, tra segreti, abitudini inconfessabili e veri e propri riti che accompagnano la scrittura»

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La letteratura italiana ha perso la potenza

Franco Cordelli, Corriere della Sera 7 agosto 2010

Riflettendo sulla nuova narrativa italiana, im- letto i cinquanta autori nominati? In quanto ai possibile non considerare la critica che l’accom- responsi, si va dall’inaspettatamente euforico pagna. Ma sto parlando in qualità di lettore, né Goffredo Fofi, che deteneva un record di seve- di scrittore più anziano, né di critico, ciò che rità, al cautissimo Ermanno Paccagnini, consa- non sono. Mi immagino che il critico di una pevole che le «promesse sono spesso fatte per qualche disciplina sia colui che la pone non già non essere mantenute». Ma dovendo entrare episodicamente, ma quotidianamente, alla nel merito dei criteri di valutazione dei sei, ciò prova. È una figura, quella del critico, in via di che sconcerta non è la loro difformità, ma la sparizione. Per mille e un motivo. Principali, il loro impalpabilità, se non l’ arbitrio. Marco dispotismo del valore mercantile, la (conse- Belpoliti segnala Paolo Zanotti e Andrea Tarab- guente) diffidenza dei giornali a istituire un bia perché «sono apocalittici, visionari, capaci ruolo altamente riconoscibile, la difficoltà degli di dare una lettura esasperata della nostra re- eventuali candidati ad accettare: si scrive tanto, altà». Ci si chiede: che merito speciale è essere si pubblica troppo, la qualità media cresce e di- apocalittici? E poi: che cosa significa essere vi- minuisce la possibilità di imbattersi in opere o sionari? La Porta sostiene che quarant’anni è in persone per le quali valga la fatica di fare la un limite già alto: quanti capolavori si sono cernita e di organizzare un discorso. Insomma, scritti prima di questa età? Ha ragione. Ma un le valutazioni che negli ultimi mesi hanno mo- capolavoro è un capolavoro, né una promessa, strato vera energia sono: malinconica quella di né un’opera. Inoltre, come non accorgersi che Giulio Ferroni, nel suo libro Scritture a perdere; oggi si matura più lentamente, che per trovare e sarcastica quella di Luca Archibugi e Andrea una propria originale voce bisogna farsi largo Cortellessa, nel loro documentario Senza scrit- in una quantità di materiali, eccelsi o abietti, di tori. Ma né l’uno né gli altri sembrano disponi- gran lunga superiore a quella dei vecchi tempi? bili a illimitati atti di fede. Infine gli scrittori, le promesse, ovvero la si- In un’inchiesta del Sole 24 Ore di domenica tuazione attuale. Per rimanere ancora un at- scorsa sugli scrittori più promettenti, circo- timo tra i lettori, anzi tra i lettori lieti, come scritti ai meno che quarantenni, si rimaneva non sorridere di fronte all’entusiasmo di An- colpiti dai numeri. Quanti sono questi promet- tonio Franchini, suo editore, e di Andrea Zan- tenti scrittori? Una cifra impressionante, cin- zotto, suo concittadino astrale, per Antonio quanta. Come non chiedersi se i sei critici che Pennacchi, in quanto autore di un grande libro ne hanno proposto i nomi avessero, tutti e sei, epico? Fino a un mese fa, prima della vittoria

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allo Strega, queste esplosioni di gioia per un Un altro scrittore quarantunenne, anzi una autore (comunque sessantenne) non s’erano scrittrice, che non è stata nominata, è Silvia percepite. Sono venute ora, a giochi fatti. Gio- Ballestra. Perché ha cominciato a pubblicare chi naturalmente di mercato, assenti valuta- da tanti anni? Perché ha al suo attivo molti zioni critiche in senso stretto. Ma per quanto libri? Può darsi, ma è tra i pochi che possono ne so, volendo a queste, se possibile, rimanere vantare almeno un romanzo, Nina, che sarà fedeli, la difficoltà di indicare nomi nuovi, o letto in futuro: chi ha mai raccontato, come lei, magari meno nuovi (penso che cinquant’anni, la condizione della madre in attesa di un figlio? per le nostre capacità di crescita e di perce- Ciò che ho appena detto implica, si capisce, zione, siano un limite più ragionevole) nasce che lo stile non è tutto. L’argomento (il conte- dalla sottovalutazione dell’elemento cruciale: nuto, e poi il tema) è altrettanto decisivo per come scrive chi scrive? O, detto in altri ter- cogliere il punto sanguinoso di un immaginario mini, quali sono le sue proprietà di stile? Ni- collettivo. È la ragione che ha fatto di Saviano cola Lagioia, il nome più ricorrente, è tutt’ ciò che Saviano è, con tutti i suoi difetti di con- altro che uno stilista. Se Lagioia ha un limite trollo stilistico, con tutte le sue intemperanze. è di accumulare, di non tagliare, di non rifi- Nella sua sfera d’ influenza o di evidenza (in nire. Questo non gli impedisce di essere lo ragione, appunto, degli argomenti) mi sem- scrittore che è, così capace di vedere e di rac- brano sopravvalutatissimi Ammaniti, Melania contare. Ma la sua inclinazione è largamente Mazzucco, e anche, per ra- condivisa. Effetto del computer? Che non si gioni lievemente diverse, Valeria Parrella e scrive più a macchina, tanto meno a mano? Se Giorgio Vasta. Viceversa, valori già accreditati, si scrive a mano si fatica di più, e si è istinti- ossia autori con un profilo letterario indubbio, vamente più sorvegliati. sono i prossimi ai cinquanta Canobbio, Cor- Tra gli scrittori promettenti, che però sem- nia, Covacich, Nori, Nove, Pavolini, Pincio, brano debitori del dio dell’abbondanza, citerei Scarpa e Trevisan. e Giuseppe Genna, ma anche Ma per tornare ai più giovani: l’unico trentenne Alessandro Piperno. Stranamente, Scurati sul che abbia scritto un libro bellissimo, ricco della Sole non è stato rammentato da nessuno. Dico memoria culturale che più ci manca, è Andrea stranamente perché si è citato Giorgio Falco Bajani con Se consideri le colpe; un altro è Ga- che ha 43 anni e non Scurati, che ne ha 41, ma briele Pedullà: nel suo Lo spagnolo senza che rispetto a Falco è una figura, nel nostro pa- sforzo, un vero stilista; ma a Pedullà fa da osta- norama letterario, riconoscibile e autorevole. colo ciò con cui si è affermato, la sua qualità di

«È una figura, quella del critico, in via di sparizione. Per mille e un motivo. Principali, il dispotismo del valore mercantile, la (conseguente) diffidenza dei giornali a istituire un ruolo altamente riconoscibile, la difficoltà degli eventuali candidati ad accettare»

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«[…] la diminuzione di memoria Manifesto è causa o forse conseguenza per autori under 40 di un’altra diminuzione, più imponderabile, ma che è ciò che tutto determina: quella di potenza»

critico. È la questione di fondo: dagli anni Ot- Nicola Lagioia, Il Sole 24 Ore tanta gli scrittori hanno rinunciato ad essere ciò 8 agosto 2010 che sono sempre stati nei secoli dei secoli, dei letterati, sia pure dei letterati in maschera, tra- vestiti da canaglie alla Villon o Rimbaud; da Se c’è una cosa che accomuna i nati in Italia dandy alla Max Beerbohm o alla Horacio Qui- dopo il 1970 è l’eccezionalità del contesto, e roga; da rivoluzionari alla Voltaire o alla Brecht; cioè il fatto di essere cresciuti in quello che – ul- da contestatori alla Kerouac o alla Cabrera In- timo o penultimo invitato alla tavola delle fante. Vi hanno rinunciato per la paura d’essere grandi potenze democratiche – è diventato ne- puniti (dal mercato, nel gioco dei ruoli) mano- anche troppo lentamente un paese del secondo vrando due distinte attività, lo scrittore e il pro- mondo. Bene, l’ho detto: «secondo mondo», e fessore, o il giornalista, o il critico. Così, insisto, con questo spero di aver contribuito a rompere si è diluita la memoria letteraria. Quante volte il tabù di chi ritiene che l’uso di eufemismi quali ho detto a Scurati: la tua opinione su Bush o su «difficoltà» o «arretramento» abbia un valore Obama è facile, dunque irrilevante; perché non apotropaico, o peggio ancora di chiunque vo- ci parli dei tuoi padri o fratelli? Ma lui è come glia convincerci che seminando il vuoto a ren- non ne avesse, né padri né fratelli. dere dell’euforia fine a se stessa cresca l’albero In generale, la diminuzione di memoria è della cuccagna. causa o forse conseguenza di un’altra diminu- Capisco che sia dura da accettare per coloro che, zione, più imponderabile, ma che è ciò che sospinti dall’onda del vecchio boom sullo tutto determina: quella di potenza. Alla cul- scranno di una qualche docenza universitaria, tura, ovvero alla letteratura italiana, ciò che alta dirigenza, segreteria di partito, hanno scam- essenzialmente manca (lo sostiene un critico biato col trascorrere degli anni la propria inamo- come Raffaele Manica) è la potenza. È la vibilità per autorevolezza, e dunque la putrefa- stessa che da tempo manca al nostro Paese, zione per progresso. È per questo che proprio l’Italia. Non si tratta di imitare chi ne ha, non me la sento di dare l’onere di chiamare le l’America o, partendo da identità regionali e cose col proprio nome alla generazione dei Tom- locali, Paesi più o meno sviluppati o in via di maso Padoa-Schioppa, l’ex ministro figlio del- sviluppo, India, Irlanda, Israele. Si tratta, pro- l’amministratore delegato delle Assicurazioni Ge- prio e ahimè, del fatto che la Storia segue il nerali a cui solo un Edipo non risolto può avere suo corso e non ci sono rimedi se non surret- suggerito un giorno la parola: «bamboccioni». tizi o, al contrario, individuali, cioè geniali. In questo modo è più facile che le parole «se- condo mondo» le possa pronunciare senza troppe crisi isteriche chi, come me, non aveva avuto il tempo di ricavarsi un posto al sole

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«[…] solo una generazione talmente forte da chiamare le cose col proprio nome e abbastanza coraggiosa da provare non la vergogna, ma finalmente l’orgoglio di essere sopravvissuta emotivamente agli ultimi vent’anni, possa aiutarci a ripartire»

quando il vento ha iniziato a cambiare; chi, il tuo primo esame alluniversità non quando tanto per dirne una, ha frequentato un’univer- esplode la bomba sull’autostrada Capaci-Pa- sità che di competitivo aveva ormai solo i bidelli lermo ma 57 giorni dopo, perché se il beneficio che facevano a gara per chiederti una mancetta del dubbio poteva sopravvivere con molto di cinquantamila lire dopo averti fotografato sforzo alla morte di Falcone, la sua lapide è durante la sessione di laurea. stata scritta in via d’Amelio. Faticoso, del Nessuna università italiana tra le prime 100 resto, credere a una politica che favorisca me- secondo l’Academic Ranking of World Univer- ritocrazia e bene comune se – scontrandoti già sities. Settantatreesimo posto alla voce libertà da qualche anno col muro di gomma geronto- di stampa secondo il rapporto di Freedom cratico in campo lavorativo – hai assaporato House, dietro la repubblica presidenziale del l’insostenibile pesantezza della sospensione de- Benin e in coabitazione con Tonga. Non con- mocratica in quel di Genova durante il G8 del tinuerò con le classifiche. Troppe da elencare, 2001; e hai faticato a sostenere un déjà-vu troppo univoche, e perfino noiose: era solo per degno di Philip Dick quando il ministro del- rendere il concetto; allo stesso modo non farò l’Interno di allora, costretto a dimettersi per l’avvocato del diavolo che brandisce il vessillo aver definito «un rompicoglioni» una vittima del Pil pro-capite adeguato alla parità dei po- delle Brigate rosse, si sia ri-dimesso non tanto teri d’acquisto (un dignitoso ventisettesimo per l’incredibile circostanza di non sapere chi posto nel 2009 secondo il Fmi, dietro Belgio, gli aveva comprato casa ma per l’ancora più Francia, Spagna…) perché questi calcoli vi- incredibile circostanza di essere stato nominato vono sotto il ricatto di troppe variabili, e so- ministro un’altra volta. prattutto perché ad esempio gli Emirati Arabi Se qualcuno pensa che sto ingrossando l’otre hanno un reddito pro capite che straccia il del catastrofismo, sgombro subito il campo. Regno Unito ma basterebbe spostarsi sul ver- Nessun catastrofismo, nessuna lamentela che sante dei diritti umani per non definirli un vada oltre lo sforzo di tacitare qualche dolore paese del primo mondo. stagionale. Il contrario, piuttosto: credo cioè Credo sia invece più interessante capire come che solo una generazione talmente forte da mai per gli under 40 italiani di oggi un certo chiamare le cose col proprio nome e abba- realismo richieda pochi sforzi e, contempora- stanza coraggiosa da provare non la vergogna, neamente, sia anche la dura lezione appresa nel ma finalmente l’orgoglio di essere sopravvis- passaggio dall’adolescenza all’età adulta. La suta emotivamente agli ultimi vent’anni, possa definirei una questione di imprinting: difficile aiutarci a ripartire. pensare di non vivere in uno dei paesi più cor- Stringendo poi l’attenzione su quegli under 40 rotti dell’occidente se ti congedi dal liceo poco che cercano di raccontare il mondo attraverso le prima di Tangentopoli; così come è piuttosto lenti deformanti della letteratura, credo che i complicato credere a uno Stato sovrano se dai buoni segnali sia incapace di coglierli solo chi

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questa letteratura non ha l’abitudine di frequen- Giovani scrittori imparate tarla. Se si guarda alla recente produzione degli scrittori italiani (non solo under 40), è difficile dall’America non accorgersi di una grande vitalità; e ciò a di- spetto di ritrovarsi in un paese che ha elevato il disprezzo per la cultura quasi a punto d’onore. Cessare di vivere nel primo mondo – seppure di- mezzi le opportunità – non è la conditio sine qua non per scrivere libri che lascino il segno: il ventre Maurizio Cucchi, La Stampa della Grande depressione partorì i capolavori di 10 agosto 2010 Faulkner, dalla Colombia è venuto fuori García Márquez, e alla maschera mortifera di Pinochet si è sottratto uno come Roberto Bolaño. Per È giusto, nel vastissimo mare dei romanzi di quanto insomma soffra quotidianamente come nuovi autori che negli ultimi anni appesanti- uomo e come cittadino, vivere su un territorio in scono i banchi dei librai, cercare di fare il punto grado di offrire incredibili incesti di potere, poli- della situazione, di capirci qualcosa soprattutto tica e criminalità quali ad esempio le recenti tele- da un punto di vista letterario, in un tempo che fonate tra Gennaro Mokbel e l’ex senatore Ni- sembra privilegiare solo i numeri e le vendite. Il cola Di Girolamo... be’, tutto questo offre a noi supplemento domenicale del Sole 24 Ore ha in- scrittori un punto d’osservazione degno del mi- terpellato in questo senso vari critici, mettendo glior teatro elisabettiano aggiornato al XXI secolo. in moto un’idea di riflessione necessaria (sull’ar- Il che pone anche un problema di forme: la nostra gomento è intervenuto anche Cordelli sul Cor- non è forse più terra da neorealismo o da neoa- riere). Iniziative come queste sono utili, purché vanguardia o da post-moderno; è piuttosto una non si arrivi (come oggi si tende a fare da più sorta di incubo di Hieronymus Bosch con sotto- parti) a stilare classifiche, che sono in fondo la fondo di jingle pubblicitari, una dimensione in negazione della critica e la brutta copia delle cui prima non eravamo mai stati. Ricordate il classifiche di vendita. Ho apprezzato anche l’in- vecchio apologo di Orson Welles sulla pacifica tervento di Andrea Cortellessa, che sottolineava Svizzera produttrice di orologi a cucù, contrap- giustamente la maggiore vitalità (e direi libertà) posta agli intrighi sanguinari dei Borgia da cui sa- della poesia giovane rispetto alla narrativa rebbero venuti fuori Michelangelo e Leonardo? under 40, anche se le sue scelte coincidono solo Bene, così come prima non cercavo di essere in parte con le mie e se penso che definire la Bia- catastrofico, adesso non voglio gloriarmi delle gini caposcuola sia piuttosto improprio. nostre miserie. Sto cercando piuttosto di dire Venendo ai narratori, devo dire che la ricerca os- che solo guardando in faccia la Medusa – il sessiva della novità e del talento giovanissimo che, nel caso di uno scrittore significa riuscire ha contribuito a rendere più caotico il panorama a opporvi lo specchio di una lingua che la rac- complessivo. Tanto che oggi le motivazioni che conti senza restarne pietrificati – sarà possi- muovono un narratore non sembrano più, es- bile, anche fuor di letteratura, trovarsi a un senzialmente, quelle di praticare un’arte, ma di certo punto dall’altra parte del guado. Amare trovare il modo di pervenire a un generico suc- i propri tempi difficili tanto da volerli riscat- cesso. Molte, insomma, le presenze velleitarie o tare: mi pare un ottimo vertiginoso trampo- acerbe, molti i romanzi che sanno più di socio- lino, per i nostri secondi quarant’anni. logia spicciola che di letteratura e dunque di

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poesia e ricerca di scrittura e stile. Certo molto rapporto diretto e fisico con il reale; rapporto mi sfugge, visto che nelle tantissime uscite distri- di cui oggi sempre più siamo spossessati. C’è buite in libreria è difficile orientarsi, a meno di qualcosa di poeticamente ruvido e concreto non leggere nient’altro; e dunque sono certo di nelle sue descrizioni, nel suo modo di rappre- aver perso molto del meglio. Ma è anche vero sentare un mondo periferico e quasi astorico. che la frequente nascita di «grandi stelle» rende Un mondo, quello del cuore degli Stati Uniti, un po’ troppo funzionale il paesaggio della no- che ha dato molta grande narrativa. La Morgan stra narrativa al sistema del varietà totale nel ha certo ben presenti Carson McCullers e Flan- quale quotidianamente siamo immersi. nery O’Connor. Ma non può certo non aver Non certo per snobismo, ma per semplice curio- amato l’immenso William Faulkner, o anche il sità e per una felice combinazione, mi è capitato più vicino Cormac McCarthy. Da un lato, nel di leggere in questi giorni estivi l’opera prima di suo racconto, il contadino legatissimo alla terra, una scrittrice americana nata, se non sbaglio (la dall’altro la ragazza che ama l’arte, che si rea- notizia biografica del libro non indica l’età), nel lizza nella gioia del contatto con una tastiera di 1976. Si tratta di Catherine E. Morgan, autrice pianoforte e che troverà anche il fascino di una di Tutti i viventi (Einaudi), romanzo molto bene spinta ideale nella figura di un giovane prete di accolto e premiato negli Stati Uniti, e che pure campagna. Ma, appunto, le due diverse realtà nella semplicità della sua storia, e nella sua li- di Orren e Aloma sentono il bisogno oscuro di nearità, mi è parso un libro di qualità insolita e relazionarsi, di coesistere e sovrapporsi, alimen- di già evidente maturità espressiva. L’autrice non tandosi reciprocamente. cerca scorciatoie o astuzie persuasive. Racconta Io credo che questa scrittrice possa costituire un di due giovani nel Kentucky, che si mettono as- esempio molto interessante, non tanto come mo- sieme dopo una tragedia che ha cancellata la fa- dello possibile a cui rifarsi. Quanto per la dimo- miglia di lui, Orren, che è un ruvido contadino strazione che mi sembra dare di una ricerca che intenzionato a vivere nella fedeltà alle origini, non può non essere condivisa da un vero scrittore: nella continuità con il lascito familiare, mentre quella della paziente costruzione di un’opera nella la ragazza, Aloma, è più vibrante e sensibile, verità personale, nella forza dello stile, nella te- amante della musica e pianista. nace pratica di un’arte straordinaria come è quella Il lettore viene coinvolto da una scrittrice che del narrare. Considerando pubblicità e successo riesce a far comprendere, in ogni dettaglio, l’im- immediato come puri accidenti, come conse- portanza decisiva, nell’esperienza umana, del guenze marginali, e dunque del tutto secondarie.

«[…] oggi le motivazioni che muovono un narratore non sembrano più, essenzialmente, quelle di praticare un’arte, ma di trovare il modo di pervenire a un generico successo»

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I romanzi italiani? O brutti best seller o belli senza lettori

Fabrizio Ottaviani, il Giornale 10 agosto 2010

Da più di un mese imperversa un’aspra pole- Antonio Franchini, potente editor della Monda- mica sull’industria editoriale, innescata da un dori. Accanto a lui, i funzionari di Rcs e quelli documentario girato dal critico letterario An- degli altri grandi gruppi. Tutta gente interessata drea Cortellessa, Senza scrittori. Secondo Cor- al profitto, e solo ad esso. tellessa la grande editoria sta compiendo una Naturalmente gli editori proclamano la loro in- sorta di pulizia etnica globalizzante, al termine nocenza. Colpevole è il popolo, che ha sempre della quale agli amanti della letteratura non re- avuto il vizio di gridare «Non quell’uomo, ma sterà che fuggire in un villaggio al confine fra Barabba!». Gli editori si limitano pilatesca- l’Italia e la Slovenia, Topolò, dove si tiene il più mente ad accontentarlo, facendo in modo che piccolo festival letterario del pianeta. C’è molta nelle vetrine delle librerie vi sia sempre Marga- autoironia in Senza scrittori, e anche qualche ret Mazzantini e Erri De Luca in quantità. verità, ma qui si vorrebbe provare a capovolgere Lo scaricabarile degli editori, lo si vede bene, è la questione. Ci domanderemo come mai in Ita- inaccettabile. Che «il pubblico» abbia dei gusti lia non si riesca a far fruttare il capitale con i ro- prestabiliti è una leggenda. A un tale che le obiet- manzi che durano. Senza questo capovolgi- tava che la gente non avrebbe amato il pessimi- mento ogni discussione resta ancorata a un smo dei suoi racconti, Dorothy Parker replicò: contrasto fra buoni e cattivi, e diventa una per- «Mi meraviglio della sua ingenuità. Ciò che la dita di tempo. gente deve amare, siamo noi a stabilirlo». Evocare Il primo passo da compiere è sbarazzarsi della le ragioni del profitto, poi, è solo un gesto scara- soluzione più ovvia, e cioè che da noi sia difficile mantico. Sembra quasi di udire il Tom Budden- vendere la buona letteratura per ragioni storiche brook di Thomas Mann: «Loro sono poeti, ma e culturali. Messa così, la buona letteratura non noi, noi siamo solo commercianti…». Si sa come vende per la stessa ragione per cui l’Italia non è andata a finire. Purtroppo non basta vendere ha mandato un uomo sulla Luna. Eliminata la l’anima al diavolo per far soldi. Se fosse così, non risposta contestuale, diventa logico individuare avremmo un mercato editoriale tanto depresso. alcune figure che indubbiamente potrebbero es- sere chiamate in causa. Per molti lo scarso rilievo dato ai romanzi di «Perché in Italia i lettori migliori ca- qualità è la conseguenza di una sorta di com- dono nella trappola scavata dagli plotto filisteo ordito dagli editori. Esisterebbe scrittori peggiori?» una «Spectre» al centro della quale siederebbe

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Anche l’atteggiamento accusatorio di Cortel- aperto un abisso che nessuna middle class ha lessa, beninteso, ha i suoi vantaggi. Il critico ac- mai desiderato colmare. cademico potrà sentirsi l’esponente fin de race Altrove, fra terra e cielo ci sono i Grandi Ro- di una professione gloriosa; e pazienza se nel manzi Leggibili. Ci sono Houellebecq e Eche- caso di Senza scrittori la decisione di combattere noz, Marías e Grass, Rushdie e Eugenides. In la Resistenza a Topolò rischia di apparire come Italia c’è il regno della letteratura come truffa. un cedimento alla tentazione antitetica della C’è lo sfacciato raggiro semiologico e ideologico «casa sulla collina». Di assomigliare a una fuga dei romanzi di De Luca, Baricco, Mazzantini, verso un luogo appartato dove coltivare non il un fenomeno degenerativo impressionante che proprio volterriano giardino, ma alcune raris- non ha eguale. Perché ciò accade? Perché in Ita- sime varietà di orchidea, talmente preziose da lia i lettori migliori cadono nella trappola sca- essere fuori mercato. Ma non è questo il punto. vata dagli scrittori peggiori? Il punto è che Franchini e Cortellessa – i best Per colpa degli editori, certo, terrorizzati dal- seller di fantomatica qualità del primo e l’ol- l’idea di promuovere sul serio un romanzo che tranzismo letterario del secondo – si stringono odori anche solo di onesto artigianato. Ma involontariamente la mano e si spartiscono anche per colpa dei critici letterari che di fronte l’universo mondo. Al primo la terra, anzi il sot- al Grande Romanzo Leggibile storcono sempre tosuolo; al secondo il cielo. Plutone e Zeus. E in un po’ il naso, preferendo opere programmati- mezzo, il nulla. Soluzione classica, che vanta camente bizzarre o respingenti. E non ci rife- una tradizione secolare nella nostra penisola riamo al solito Antonio Moresco. È sempre an- dove tra arcadia e analfabetismo si è sempre tipatico fare degli esempi individuali, ma

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nell’ultima stagione le innumerevoli recensioni Ma gli esempi si possono moltiplicare. Ermanno positive destinate a un romanzo di Matteo Cavazzoni, Paolo Nori, Paolo Colagrande… Nucci, Sono comuni le cose degli amici Bravissimi, per carità, peccato che non abbiano (Guanda) – un insopportabile garbuglio, ver- mai avuto ambizioni imperialistiche. Non vo- boso e soporifero – hanno assorbito tesori di gliono conquistare l’Italia, figurarsi l’Europa o energia che sarebbe stato sensato dirigere al- il mondo. E intanto il Paese, complice la pigrizia trove. Nel medesimo arco di tempo un volume degli editor e degli uffici stampa, che non sanno straordinario per umorismo e intelligenza di fare il loro mestiere, è diventato l’habitat ideale Giulio Mozzi, Io sono l’ultimo a scendere per gli scrittori-tartufo. Ah, gli uffici stampa… (Mondadori) vendeva meno di tremila copie. Si scatenano solo quando si tratta di smerciare paccottiglia. Sono riusciti a far rimanere inven- duti sugli scaffali Fantasmi romani di Luigi Ma- «[…] il Paese, lerba, La furia del mondo di Cesare De Marchi, complice la pigrizia degli editor Il tramonto sulla pianura di Guido Conti: tre e degli uffici stampa, che non esempi di Grande Romanzo Leggibile. Va da sé sanno fare il loro mestiere, che per questo triplice scandaloso fallimento è diventato l’habitat ideale nessuno ha versato una lacrima. Tutti impegnati per gli scrittori-tartufo» a omaggiare il nuovo Pasolini o il nuovo Gadda, l’eroe civile o quello bellettristico. Chissà quando capiremo che i generali che puntano tutto sugli eroi perdono la guerra.

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Figli senza padri (scrittori)

Gabriele Pedullà, Il Sole 24 Ore 10 agosto 2010

Da tempo si annuncia in Italia un conflitto ge- del problema: sociopolitico nel caso di Lagioia, nerazionale. Da una parte i padri, con i posti di più propriamente letterario nel caso di Cordelli. lavoro garantiti, l’avvenire di una pensione, il Come che sia, un dato di fatto è difficilmente benessere di uno stato sociale tra i più generosi contestabile: il flusso di amori e odi che ha sem- dell’Occidente. Dall’altra i figli, schiacciati tra pre affratellato nella lotta autori generazional- il piccolo cabotaggio del precariato di oggi e le mente distanti sembra essersi a poco a poco in- incertezze di un domani di lacrime e sangue: con terrotto; alla contestazione dei padri, così un welfare falcidiato dai tagli e una mobilità so- edipica e così novecentesca, è subentrato il puro ciale sempre più ridotta. e semplice oblio. Mentre insomma i nati negli Tutto questo è noto. I commenti al sondaggio del anni Venti, Trenta e Quaranta hanno tutti col- Sole 24 Ore Domenica di una settimana fa sui locato la propria opera (e costruito la propria migliori narratori under 40 hanno evidenziato poetica) prendendo posizione a favore o contro però l’emergere di un nuovo campo di lotta: quanti li avevano preceduti, è sempre più raro quella tra gli scrittori dell’ultima leva e la gene- che gli scrittori che hanno esordito dagli anni razione che li ha preceduti. A un giorno di di- Novanta in poi sentano il bisogno di fare altret- stanza, Franco Cordelli sul Corriere della Sera tanto. Hanno anche loro, ovviamente, passioni (sabato 7 agosto) e Nicola Lagioia sul Sole 24 e ripulse (Pasolini, Calvino, Bianciardi, Arba- Ore di domenica 8 hanno dato voce, da fronti sino e Busi rimangono i più citati, e quasi gli opposti, al medesimo sentimento. Per Lagioia la unici); ma, al di là della deludente monotonia forza degli under 40 sta nell’essere cresciuti in un delle scelte, colpisce che queste non si solidifi- paese che sembra avere smesso di credere alla let- chino quasi mai in giudizi argomentati. teratura: vittime designate dell’egoismo e della Proprio questo silenzio, rancoroso o distratto, cecità dei padri, essi avrebbero fatto di quel merita qualche riflessione supplementare. Si trauma originario la propria forza. Per Cordelli, possono formulare quattro ipotesi al riguardo. invece, la frattura procederebbe nella direzione La prima. È avvenuta una mutazione antropo- opposta: come risultato del sostanziale disinte- logica. I romanzieri, un tempo intellettuali (al- resse dei più giovani per quanto hanno fatto gli meno i migliori di loro), sono sempre di più autori che sono venuti prima di loro. Il tradi- degli intrattenitori, preoccupati unicamente di mento, dunque, sarebbe in questo caso dei figli. raccontare delle storie accattivanti. Di conse- Non è detto che si debba scegliere tra queste due guenza non scrivono degli autori delle genera- diagnosi, anche perché toccano aspetti diversi zioni precedenti perché non ne sono capaci.

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(Dirò subito che questa è di gran lunga la rispo- hanno esordito dopo la Seconda guerra mon- sta meno convincente. L’opera saggistica di au- diale. Se così fosse, questo significherebbe che tori quali Pincio, Pascale, Scurati, Montesano, i giovani scrittori non si fingono uguali al Piperno, Zanotti, Nucci o dello stesso Lagioia grande pubblico, ma che in qualche modo lo dimostra che, volendo, sarebbero in grado di sono diventati. proseguire questa tradizione: come per altro in La quarta. I giovani scrittori, imitando con un tutti gli altri paesi occidentali avviene normal- ventennio di ritardo i giovani artisti, confidano mente. Se non lo fanno, ci sono evidentemente solo nel presente e nel grande flusso della comu- motivi diversi). nicazione (è l’ipotesi più cinica). Come dire: è La seconda. È cambiato solo lo statuto dei nar- inutile che cerchiate di ingannarci, non ci dedi- ratori. Per imporsi, nella società dello spettacolo chiamo al passato perché nessuno, tanto, farà dei mille festival della letteratura, è necessario lo stesso con noi. Chi è fuori dalla luce dei ri- non mostrarsi troppo pensosi: altrimenti si di- flettori semplicemente non esiste. Meglio dun- venta antipatici. Uno scrittore che voglia ven- que unirsi al coro che celebra i più forti e tribu- dere deve apparire quanto più simile ai propri tare, se proprio occorre, l’ennesimo battimano lettori. Benissimo dunque raccontare quanto ab- a Carver, Bernhard o Fante (che tutti già cono- biamo sofferto quando al liceo ci ha lasciato la scono), piuttosto che andare a caccia dei grandi nostra prima fidanzatina; mentre spiegare che autori di ieri meno sulla cresta dell’onda e per cosa abbiamo imparato dal modo di usare la questo tanto più bisognosi di lettori appassio- punteggiatura di Tabucchi può darci immedia- nati che li impongano di nuovo all’attenzione. tamente un’insopportabile aria da professorini. Cosa pensare? Solo una cosa è certa: dalla ri- Meglio soprassedere. sposta a questa domanda dipenderà in gran La terza. I giovani scrittori non conoscono parte l’esito del conflitto, ma soprattutto la pos- quelli delle generazioni precedenti, perché leg- sibilità di un nuovo «patto sociale» tra le gene- gono pochi autori europei e ancora meno ita- razioni di scrittori (e di lettori). Si comincia a liani, limitandosi per lo più agli statunitensi che sentirne un grande bisogno. Per ricominciare.

«Per imporsi, nella società dello spettacolo dei mille festival della letteratura, è necessario non mostrarsi troppo pensosi: altrimenti si diventa antipatici. Uno scrittore che voglia vendere deve apparire quanto più simile ai propri lettori»

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Lo ammetto, preferisco gli americani

Cristiano De Majo, Il Sole 24 Ore 11 agosto 2010

Ebbene sì, lo confesso, sono un esterofilo. E fatto di essere (o di essere stati) il centro del anzi, peggio, un americanofilo. Pare sia scon- mondo li ha messi in una posizione privilegiata veniente dirlo, mai libri messi in fila sulle lun- anche nel campo della produzione culturale e ghe mensole del mio salotto danno questo im- artistica? Non sarà che una data cultura domi- pietoso e univoco responso. Una percentuale nante in un dato tempo è in grado di produrre schiacciante. un certo numero di anticorpi (culturali) al suo Il mio primo scrittore preferito – avrò avuto sì operato politico ed economico? E a proposito e no quindici anni – è stato Ernest Hemingway. di cultura dominante, possiamo dimenticare Il donnaiolo suicida mi ha iniziato ai piaceri l’Egitto dei faraoni, l’antica Grecia, la Roma im- della lettura. Da lui e dai suoi libri è iniziata la periale? No, non possiamo dimenticarli, perché mia esplorazione nella letteratura americana i nostri programmi scolastici cercano in tutte le (moderna e contemporanea), solo a tratti inter- maniere di costringerci a imparare la storia, le rotta per momentanei sensi di colpa. «Possibile opere, i manufatti e in definitiva la produzione che mi piacciano quasi esclusivamente cose culturale di quelli che, calati col giusto spirito scritte da americani?», mi chiedevo mentre pacifista, ci dovrebbero sembrare civiltà sangui- l’esercito imperiale invadeva l’Iraq. Certe volte narie e prevaricatrici. ho anche nutrito il dubbio di essere come un in- Sono nato nel 1975. Ho trascorso una consi- diano dopo l’infusione di una bella dose di cul- stente parte della mia infanzia – non me ne tura vittoriana. Colonizzato. Vittima di un ter- vanto, è la realtà, o se vogliamo, l’irrealtà – da- rificante lavaggio del cervello. Costretto dal vanti al televisore. Ho avuto il mio primo com- potere del marketing atlantico ad andare contro puter a sette anni. Ho conosciuto le implicazioni la mia stessa natura. fisiche di una dipendenza chiamata consumi- Quando col tempo i sensi di colpa si sono affie- smo. Ho sperimentato un certo numero di dro- voliti, ho cercato di dare una spiegazione più ar- ghe. Sono borghese fino al midollo, e mi sento ticolata a questa servile predilezione che, del a tutti gli effetti coinvolto nel degrado morale resto, condivido con una parte dei miei coeta- dell’Occidente. Credo che queste siano somma- nei, semplici lettori o scrittori come me, che in- riamente le ragioni che ispirano le mie scelte let- cidentalmente sono quelli che stimo e con cui terarie. E a proposito di rapporto con il reale, condivido piaceri e cinismo. Certo, siamo d’ac- non ho ancora trovato nessuno scrittore italiano cordo, gli Stati Uniti sono l’Impero del male e che mi abbia raccontato in modo così nitido il dello stordimento collettivo, ma non sarà che il nostro fumoso (di occidentali) rapporto con la

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realtà come Bret Easton Ellis o David Foster Troppi romanzi uccidono la Wallace (un altro suicida). Ma poi non è nean- che solo questione di «zeitgeist». critica Dice che amare la letteratura americana è roba da provinciali. A me, invece, sembra molto pro- vinciale evitare di dire che l’Italia, pur avendo una solida tradizione letteraria, non ha un’al- trettanto solida tradizione romanzesca. Per que- sto uno scrittore interessato alla forma del ro- Alfonso Berardinelli, Corriere della Sera manzo, uno scrittore che vuole soddisfare la sua 11 agosto 2010 sete di tecnica, o passare in rassegna le innova- zioni strutturali degli ultimi cinquant’anni, ha una certa difficoltà, a parte alcuni pochi e soliti Se solo potessero, gli editori darebbero il nome nomi, a volgere lo sguardo al suolo patrio. Esi- di romanzo a tutti i libri che pubblicano. Sem- ste nella produzione letteraria italiana un equi- bra ormai che ogni tipo di libro spaventi il let- valente del gigantesco lavoro offerto generosa- tore: il romanzo no. I libri di storia li leggono mente da Vladimir Nabokov sul romanzo? gli storici. I libri di filosofia li sfogliano i filosofi. Esiste in Italia un simile magistrale connubio di I poeti non si leggono neppure fra loro. Le sperimentazione e potenza narrativa? Ho amato scienze sociali interessano poco: di società si Gadda, Bianciardi, Parise, ma voglio essere sin- parla sui giornali e la prosa sterilizzata dei so- cero: nessuno mi ha fatto venire voglia di essere ciologi respinge il «lettore comune». un personaggio dei loro romanzi. Dunque le librerie traboccano di nuova narra- Credo, insomma, che la nostra produzione let- tiva, ma i recensori, anche i più solerti, riescono teraria paghi ancora un deficit di immaturità, a digerirne solo una parte. I teorici della lette- anche se ho la sensazione che questo confine ratura e i narratologi sono ammutoliti da possa essere superato da un momento all’altro. tempo. Gli storiografi sono soffocati dall’«an- Un’immaturità che si traduce nella continua ri- goscia della quantità», formula ripetutamente chiesta di un messaggio. Abbiamo bisogno di ro- usata da Giulio Ferroni (si veda il suo pamphlet manzi che assomiglino a editoriali giornalistici Scritture a perdere). con tanto di spiegazioni, analisi sociologiche e Sta di fatto che il romanzo, genere oggi più edi- proposte di miglioramento. E ci comportiamo, toriale e merceologico che letterario, monopo- in fondo, come se non credessimo all’autosuffi- lizza un’opinione pubblica letteraria certo più cienza del romanzo. Abbiamo bisogno di argo- estesa, ma anche meno colta. Il romanzo, così, menti che giustifichino la sua esistenza. trionfa, ma per poco. Quale critico saprebbe Dagli americani ho imparato, invece, che il ro- fare a memoria l’elenco dei libri di narrativa manzo è una fede. Ed è blasfemo prodursi in ra- migliori usciti tre o cinque anni fa? Dopo la gionamenti logici sulla sua utilità. stagione dei premi, la nuova narrativa circola al massimo fino alla stagione seguente, quando nuove liste di candidati allo Strega e al Cam- piello cominciano a comparire sulle pagine dei giornali. Che il romanzo è un genere di consumo e di in- trattenimento «per tutti», lo si è sempre saputo

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«il romanzo […] monopolizza un’opinione pubblica letteraria certo più estesa, ma anche meno colta»

(il romanzo d’avanguardia è stato un episodio, o un controsenso). Ma il consumo è diventato più veloce e distratto e l’intrattenimento lo si trova in abbondanza altrove. Quanto a qualità artistica, valore conoscitivo e documentario, la maggior parte dei romanzi che si pubblicano non sembrano nascere da nessuna memoria lettera- ria; anche quando funzionano non provocano ri- flessioni e interpretazioni critiche, «non fanno storia». Se si eccettuano gli autori già in attività negli anni Ottanta, mi pare che recentemente sia emerso un solo narratore pienamente consape- vole della tradizione del romanzo: Walter Siti. Ma Siti è (o era) un intellettuale e un critico. pagina del primo numero – è uno spazio nel Come trappola acchiappa-lettori, comunque, il quale la giovane narrativa italiana possa co- romanzo resta la forma più efficace anche per noscersi e farsi conoscere». Ma già dieci anni diffondere informazioni e idee. L’ultimo esem- dopo, all’inizio degli anni Novanta, ricordo pio è Gomorra di Saviano. Non è un romanzo, che un protagonista dell’editoria italiana come ma «si legge come un romanzo». Quando l’in- Giulio Bollati constatava sconsolatamente che, chiesta si allea con una serie di immagini forti e «da quando gli italiani si sono messi a leggere con il mito di un personaggio (che può essere romanzi», la storia delle idee, la storia sociale anche l’autore) allora succede qualcosa che un e la migliore saggistica non riuscivano più a libro di sole idee non riesce più a provocare. La trovare un pubblico. Così, però, anche il ro- lotta alla camorra e alla criminalità organizzata manzo entrava in mutazione. Si impoveriva ha oggi il volto di Roberto Saviano. Del resto, culturalmente, perdeva consistenza intellet- notò che se la nostra lette- tuale. L’attuale sovrapproduzione di narrativa ratura non ha saputo inventare molti perso- credo che sia un segno di patologia piuttosto naggi memorabili, sono gli scrittori stessi i per- che di salute. Non ho fatto calcoli precisi, ma sonaggi più riusciti: da Cellini e Casanova fino come eventuale recensore ho l’impressione di a Malaparte e Pasolini. ricevere in omaggio uno o due nuovi romanzi Nel 1983, quando si chiudeva l’epoca della al giorno. «politica al primo posto», Goffredo Fofi Eppure qualche calcolo bisogna farlo. fondò una rivista, Linea d’ombra, che si pro- Secondo i sei critici (solo sei) consultati da Ste- poneva di accompagnare la giovane genera- fano Salis sul Sole 24 Ore, i narratori promet- zione dall’ideologia alla narrativa. «Ciò che tenti sotto i quarant’anni sono ben cinquanta. soprattutto vogliamo – si diceva nella prima Se a questo numero se ne aggiungono altri

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venti (dimenticati) e almeno altri cinquanta fra Quanti sono gli scrittori i quaranta e i settant’anni, arriviamo a cento- venti romanzieri. under quaranta? Dopo questa aritmetica, mi chiedo chi riuscirà Una folla… a conquistarsi la qualifica di esperto in narrativa italiana contemporanea. Conosco bene diversi divoratori instancabili di romanzi italiani ap- pena usciti. Leggono tutto e recensiscono bril- lantemente. Non so come facciano. Calcolando Paolo Di Paolo, l’Unità che per leggere un romanzo bisogna prevedere 11 agosto 2010 mediamente un giorno, chi segue la produzione di centoventi autori ha bisogno di altrettanti giorni, un terzo dell’anno. Vogliamo prevedere Come si racconta il paradosso di un paese un altro giorno per recensirne uno a settimana? «senza scrittori» affollato di gente che scrive? Il Siamo a centosettanta giorni. Difficile calcolare titolo del discusso (e poco visto) documentario i tempi della riflessione e del giudizio. Ma dob- di Andrea Cortellessa e Luca Archibugi – Senza biamo ipotizzare che il recensore-divoratore scrittori appunto – spingendo a interrogarsi legga i giornali, legga sia romanzi stranieri sia sull’antico rapporto tra quantità e qualità, evi- non romanzi, nonché qualche autore del pas- denzia l’attuale confusione della produzione let- sato: e soprattutto che ogni tanto pensi ad altro. teraria. Ovvero – come ha scritto lunedì su que- Cosa dedurne? Che nessuno ne sa abbastanza. ste pagine Giulio Ferroni – la «costipazione» e La quantità è soverchiante. Siamo a un bivio: la l’eccesso prodotti da tante «scritture a perdere, critica «giornaliera» come la concepiva Geno che riducono sempre più lo spazio dell’autentica Pampaloni, è o impossibile o inattendibile. scrittura, moltiplicando una letteratura inessen- La democrazia letteraria di massa, potenziata ziale». Quando si tratta perciò di fare la cernita, dall’uso del computer, vanifica l’autorità della la fatica appare titanica. Ne ha parlato Franco critica e crea una letteratura senza forma e con- Cordelli sul Corriere della Sera, a margine di fini, che nel suo insieme si sottrae a ogni defini- un’inchiesta del Sole 24 Ore sulla nuova narra- zione. Smettiamo perciò di processare i critici e tiva italiana «under 40». «Quanti sono questi di stilare piccoli canoni. Legga chi vuole quello promettenti scrittori?». Cifre impressionanti. E che vuole. Un’altra epoca si chiude: l’epoca dei se Cordelli resta perplesso dal limite dei quaran- giudizi. Ma sto anch’io per pubblicare un libro t’anni («penso che cinquant’anni, per le nostre sulla narrativa. Il suo titolo sarà: Non incorag- capacità di crescita e di percezione, siano un li- giate il romanzo. mite più ragionevole»), bisogna dire che tale è la folla di scriventi da essere costretti a porre li- miti anche più stretti. Si potrebbe insomma in- «La democrazia letteraria di dagare, volendo, perfino tra gli under 20! Serve massa, potenziata dall’uso del a qualcosa? Fatto sta che i tre autori di maggior computer, vanifica l’autorità della successo recente sono nati tra la fine degli anni critica e crea una letteratura senza 70 e l’inizio degli ’80: Roberto Saviano (1979), forma e confini» Paolo Giordano (1982) e Silvia Avallone (1984). Il periodo,cioè, a cui Cordelli fa risalire la di- smissione, da parte degli scrittori italiani, dei

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panni di letterati. «Vi hanno rinunciato per la Al tempo dei non-letterati, i romanzi sono fatti paura d’essere puniti (dal mercato, nel gioco dei non già di riconoscibili visioni del mondo o ruoli)» : ma questi – gli eventuali rinunciatari – della letteratura, ma di singole invenzioni felici, erano già cresciuti, allora. Chi è nato esatta- di intuizioni, di fotografie con la giusta luce e mente in quegli anni, si è svegliato invece già una buona messa a fuoco. Sono fatti di perso- senza panni letterari. E così, nudo, si è affac- naggi, soprattutto, e di pagine che si staccano ciato al mondo dell’editoria. Senza pensare ai dall’uniformità del contesto e si fanno ricordare. giochi di ruolo. Anzi, quanto più ingenuo è il Quasi qualunque romanzo può vantarne. ragazzo, tanto più diventa appetibile per gli edi- Come piccole monadi, questi romanzi fluttuano tori. Che, di recente, nei risvolti biografici si pre- nell’affollato universo della narrativa contem- occupano di sottolineare l’estraneità al mondo poranea. Transitano nell’immaginazione del let- letterario: fa l’ingegnere, fa il fisico nucleare, fa tore il tempo stesso della lettura. Poi, si allonta- la hostess. Meglio nascondere tracce di rapporti nano. Sostituiti da monadi nuove, ancora più illeciti con la letteratura! slegate da tutto e del tutto chiuse in sé stesse. Così, l’armata degli scrittori nati negli anni ’80 Da coetaneo di Avallone e Giordano, chi scrive si presenta – qui ha ragione Nicola Lagioia (Il non ha il diritto a nostalgie, né vuole averlo. Sole 24 Ore dell’8 agosto) – «vitale», però, ag- Però c’è una parola di cui sente la mancanza, ed giungerei, altrettanto confusa e inconsapevole. è questa: «consapevolezza». È una parola peri- Ogni libro è pensato come un organismo a sé: colosa, che produce tormenti e insoddisfazioni. non inscritto in un progetto più ampio, né in Ma non c’entra con la qualità letteraria, o non dialogo con antenati o contemporanei. Nem- completamente. C’entra con il potere (e sapere) meno inserito nei confini elastici di una qualche dire: sto facendo questo – l’intrattenimento, la tendenza (è un bene? Forse sì). Non cannibali, narrativa pura, il manierismo, la ricerca lingui- né altro: forse, i più, neo-neorealisti. Ma cia- stica, stilistica ecc. – e so perché. L’impressione scuno a suo modo. è invece che tutto scoppi nelle mani di tutti, con Vince la leggibilità, vince «la storia». Averne una inquietante casualità. E che ci si metta a una, è il punto di partenza e di arrivo. E tuttavia raccontare e a scrivere – più o meno bene, in il rischio è che le storie si dimentichino in fretta, modo più o meno fruttuoso – senza sapere per- e che le voci usate per raccontarle finiscano con ché. O semplicemente perché è capitato. In una il somigliarsi troppo. diffusa, un po’ stolida ma beata incoscienza.

«Al tempo dei non-letterati, i romanzi sono fatti non già di riconoscibili visioni del mondo o della letteratura, ma di singole invenzioni felici, di intuizioni, di fotografie con la giusta luce e una buona messa a fuoco»

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Difendo i giovani scrittori

Daniele di Gennaro, Il Sole 24 Ore 12 agosto 2010

Dopo una serie di autorevoli idee sullo stato collo. L’atto necessario dell’ascoltare oltre che della narrativa contemporanea, contenuta e de- leggere e pubblicare ha arricchito le possibilità limitata in maniera netta sulla soglia dei qua- della nostra ricerca. rant’anni, mi si chiede un parere che parta dal- Mentre la sacralità della Cultura ci aveva ba- l’esperienza di minimum fax, dalla sua stonato abbastanza a scuola, noi, profughi da prospettiva di chi lavora con continuità sul giurisprudenza, abbiamo vissuto la voglia di fronte della ricerca e della valorizzazione di maneggiare il mondo dei libri considerandoli scrittori esordienti. una grande possibilità. Averne uno in mano si- Eccomi qua. Faccio l’editore di minimum fax gnificava solo poter vivere in quantità enormi, insieme a Marco Cassini dal ’94, mentre il me- fare nostra l’esperienza e l’arte di qualcun stiere dell’editore andava cambiando radical- altro, saziare la nostra voglia di storie e cercare mente la sua natura. In quegli anni crollava la di condividerla. figura sacerdotale dell’editore che sommini- Professionalmente parlando siamo anche noi, strava dall’alto verso il basso testi necessari a editori «round 40», degli editori senza padri mondare il peccato originale dell’ignoranza, nobili, lo stato che viene oggi attribuito agli del non aver letto ancora. Veniva giù il muro autori nostri coetanei. Veniamo da un’espe- tra editori e lettori, i pareri dei lettori comin- rienza che ha avuto un percorso di certo extra ciavano a manifestarsi prima sul fax e poi su accademico, con nessuna eredità o prezioso internet e a generare su di noi una bella pres- know-how imprenditoriale. L’unica cosa sen- sione di critiche, consigli, una manifestazione sata da fare in quei primi anni è stata intra- di presenza che non ci permetteva nessun at- prendere un percorso di ricerca, attorno a un teggiamento autocompiacente, nessuna possi- gruppo di ragionamento composto dagli stessi bile «posizione» o posa. autori che hanno animato la vita della casa edi- La competenza dei lettori, in certi casi supe- trice sin dalla sua nascita. La cura della lingua, riore agli stessi editori (lettori relegati in questa uno stile innovativo che aggiungesse qualcosa analisi a una posizione un po’ troppo laterale), ai canoni preesistenti, la capacità di emozio- è ed è stata per noi una enorme risorsa. La re- nare, di far suonare la scrittura erano essen- peribilità per via tecnologica ci dava il senso zialmente le cose che avremmo cercato anche estemporaneo e chiaro della presenza di qual- da lettori, né più né meno. cun altro che dall’altra parte si faceva sentire. Ad alcuni dei critici coinvolti in questo scam- Da allora abbiamo avuto il fiato dei lettori sul bio di opinioni sugli scrittori «under 40» io

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«La cura della lingua, uno stile innovativo che aggiungesse qualcosa ai canoni preesistenti, la capacità di emozionare, di far suonare la scrittura erano essenzialmente le cose che avremmo cercato anche da lettori, né più né meno»

devo molto, per l’orientamento che mi hanno Le storie di questi e altri autori raccontano il indicato nella selva del mondo della letteratura nostro tempo con forza. Non possiamo fare e degli altri linguaggi. Nella loro diversità Be- altro che cercare di fare al meglio quel poco rardinelli, Fofi, Cordelli, fra gli altri sono stati che ci riesce, nel senso della ricerca che ce li ha e sono per me, editore senza padre, dei formi- fatti incontrare, e della protezione dei loro pro- dabili zii, dei veri e propri pusher letterari. Pa- getti, puntando sul gioco di squadra, sui pareri recchie delle opinioni da loro espresse (perdita di validi editor, e non sull’individualismo che di potenza della narrativa, presenze velleitarie nel nostro mestiere occhio e croce non porta e acerbe, sovrapproduzione, debito intellet- da nessuna parte. tuale esterofilo, forte domanda di entertain- Io credo che in ogni periodo storico ci siano ment) sono condivisibili, verissime, verosimili state generazioni percepite come discutibili on- o discutibili in un macrofenomeno oceanico date di scrittori «underqualcosa». Ma mettersi che racconta però questo panorama in modo di traverso a bollare tutto come un fenomeno indistinto. La prospettiva da cui si osserva que- pieno di un niente senza forma né possibile de- sto unicum rischia di generare solo posizioni, finizione mi insospettisce. Probabilmente siamo anche autorevoli, ma nessun movimento. Il nel campo della fisiologia dell’insofferenza paese stesso su più piani, soffre dello stesso verso il nuovo che il nostro tempo semplice- problema: solo guerre di posizione per conser- mente esprime. Se magari fra dieci anni assalirà vare qualcosa che c’è, pochissime per conqui- me, anche non potrò fare a meno di scagliarmi stare qualcosa che non c’è ancora. Un sistema contro la leva dal 1980 in su. bloccato, insomma, pieno di sospirati «quando c’era» che favorisce, questo sì, i nastri indu- striali dell’irrilevante. Minimum fax pubblica pochi narratori italiani ogni anno. Quando, per esempio, ho letto per la prima volta i manoscritti di Paolo Cognetti, «Siamo nel campo della fisiologia Nicola Lagioia, Giorgio Vasta, Carlo D’Amicis, dell’insofferenza verso il nuovo che non ho avuto dubbi sul fatto che quelle scritture il nostro tempo semplicemente lasciassero il segno e andassero pubblicate con esprime» entusiasmo. Sono scrittori diversi, bravi, non necessariamente da osservare come tronchi tra- scinati da un fiume generazionale. La stessa cosa la penso quando leggo autori come Walter Siti. Vabbè, non è un «under 40». Viva lo stesso. Punto e basta.

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Problemi di abbondanza tra romanzieri e montagne

Mario Baudino, La Stampa 13 agosto 2010

Troppa grazia. Com’è noto, Google ha contato i libri in circo- lazione al mondo, e ha raggiunto quota 129.864.880: livello di domenica scorsa, nel frattempo saranno già aumentati. Anche Al- fonso Berardinelli, sul Corriere, intervenendo nella discussione estiva inaugurata dal quoti- diano della Confindustria e dedicata ai talenti emergenti, emersi o naufraganti della nostra let- teratura, ha fatto due conti, solo per i romanzi. «Secondo i sei critici (solo sei) consultati da Ste- fano Salis sul Sole 24 Ore, i narratori promet- tenti sotto i quarant’anni sono ben cinquanta – scrive. Se a questo numero se ne aggiungono altri venti (dimenticati) e almeno altri cinquanta fra i quaranta e i settant’anni, arriviamo a cen- Safran Foer, «sempre pronto a saltare sul treno toventi romanzieri». Ora il problema è evidente: giusto», Junot Díaz (meno nota in Italia, La come fa un critico a seguire (almeno) 120 ro- breve favolosa vita di Oscar Wao è pubblicata manzieri, scriverne e farsi venire anche qualche da Mondadori), e dall’universalmente amato idea? La conclusione è ovvia: «Cosa dedurne? Michael Cunningham, «uno che produce effetti Che nessuno ne sa abbastanza». Forse nem- speciali, un piazzista». Data la situazione, forse meno i sei-critici-solo-sei? è l’unico che ha capito tutto. Con grazia. Grazie no. Qualcuno, però, ha deciso di rischiare. Magari La sovrabbondanza investe anche le manifesta- anche Anis Shivani, scrittore texano assai emer- zioni culturali. Sulle Dolomiti, Arrigo Petacco gente, da noi ancora ignoto, non ne sa abba- ha visto improvvisamente e spietatamente can- stanza; ma qualche idea ce l’ha. Ha dedicato un cellata la sua presenza a Cortina incontra per- articolo sull’Huffington Post, il giornale on-line ché era previsto anche nel programma dell’altra più di moda al momento, ai 15 scrittori ameri- manifestazione cittadina, parallela e concor- cani contemporanei secondo lui più sopravva- rente, Una montagna di libri. E dire che siamo lutati. È particolarmente disgustato da Jonathan in tempo di crisi.

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Scrittori under 40, la generazione c’è

Stefano Salis, Il Sole 24 Ore 14 agosto 2010

Non è un fantasma quello che si aggira per le pa- Proprio così. Tanto più che se il criterio dell’età trie lettere: la narrativa degli autori under 40 esi- è arbitrario ma necessario, in ambito interna- ste, è ben viva, lotta insieme e addirittura contro zionale (dal New Yorker a Granta), la pratica di noi, e c’è solo bisogno di prestare attenzione. di individuare i talenti più solidi entro un certo Non è unificata, forse non si percepisce nem- limite d’età non solo è consolidata ma ha pure meno come movimento, eppure ha forza e con- vasta eco mediatica e serve, spesso, a incorag- sapevolezza, privilegia il web come terreno di di- giare scrittori che sono alle prime opere. A mag- scussione, elegge a propri maestri gli autori esteri gior ragione ha senso farlo oggi. Una tale rico- più che i padri nobili della tradizione italiana, gnizione si impone, infatti, anche alla luce del sul mercato ha idee decisamente postmoderne: fatto che, per esempio, il premio letterario di non si scandalizza del successo e delle classifiche, maggior prestigio del nostro paese, lo Strega, è ma non ne è succube. Dalla vecchia società let- stato vinto due anni fa da Paolo Giordano, un teraria, per ora, si mantiene a debita distanza. autore esordiente e non ancora trentenne, che Nell’ampio dibattito che si è sviluppato in que- l’anno scorso se lo sono conteso due autori sti giorni fra critici, scrittori e giornalisti, in di- «giovani» sotto molti aspetti (Scarpa e Scurati) versi quotidiani e siti web, dopo il «gioco-non e che nell’ultima edizione la giovanissima esor- gioco» lanciato il primo agosto sul Domenicale diente Silvia Avallone ha perso per soli 4 voti del Sole 24 Ore, una frase sembra essere ancora dal navigato Antonio Pennacchi. decisiva e nessuno degli intervenuti ha, finora, Le risposte degli altri critici alla nostra opera- avuto il coraggio di smentire o di contrastare zione, gli articoli densi di consapevolezza cri- con i fatti. Curiosamente ma significativamente tica di alcuni autori tirati in ballo (in partico- è proprio la prima riga che il critico (e scrittore lare le riflessioni di Nicola Lagioia e Cristiano under 40) Gabriele Pedullà aveva scelto come de Majo, pubblicati dal Sole 24 Ore), gli spunti incipit del suo articolo per trarre il senso com- forniti da un editore che si è imposto in questi plessivo dell’iniziativa. Torniamo dunque a anni come battistrada su questi terreni come quella frase: «Ebbene sì. C’è una letteratura ita- minimum fax, hanno, semmai, in questi giorni liana under 40 che merita di essere letta. Non è rafforzato una convinzione che in quelle pagine poco. Tanto più che in questo campo non smet- serpeggiava: una nuova generazione di autori tono di trovare ascolto le tesi dei catastrofisti. si sta affermando, è dotata di personalità, ha […] Negando attenzione ai nuovi libri, li si con- caratteristiche nuove, di lingua e di struttura danna all’irrilevanza». narrativa, che vanno esplorate. Insomma: c’è

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lavoro per i critici letterari. E buone opportu- valutato, in piena autonomia e senza sapere nità per i lettori. l’uno dell’altro, autori che, nel corso di qual- I critici che hanno avuto l’onere della scelta sul che anno, si sono imposti alla loro attenzione Sole (tutti abituati a scrivere regolarmente di let- per la sensibilità letteraria o anche per il suc- teratura italiana contemporanea, da Pacchiano cesso di pubblico. a Belpoliti, da Paccagnini a La Porta e a Fofi, E se non si è d’accordo con i nomi fatti, nessun per non parlare di Cortellessa che ha appena di- problema. La nostra, lo abbiamo scritto dal retto un reportage in dvd sullo stato della nostra primo articolo, non era e non voleva essere una narrativa) hanno avuto carta bianca. classifica. Chi vuole aggiungere, lo faccia. Gli La produzione editoriale ampia, poi, è solo Under 40 non sono costruzioni editoriali po- un’opportunità in più. La ricchezza di voci nar- sticce. Si leggono tra di loro (è interessante, per ranti è tutt’altro che un problema, come sem- esempio, la scelta che sul sito di Internet Slow- brava paventare Alfonso Berardinelli sul Cor- book Farm, www.isbf.it, Nicola Lagioia ha riere della Sera, e i critici hanno, da sempre, il fatto di alcuni suoi coetanei), si confrontano, si compito di selezionare. Quanto agli editori che rispettano. Sono scrittori anche molto diversi e si assumono il rischio imprenditoriale della pub- spesso non hanno in comune null’altro che blicazione di un libro, siamo sicuri che faranno l’età: ma si affacciano alla nostra letteratura bene i loro conti (culturali e commerciali) prima con uno spirito nuovo. E possono diventare i di lanciare un autore. Ma sarebbe il colmo re- Calvino e i Pasolini di domani, ammesso e non criminare su una produzione che esprime talenti concesso che questi due possano essere autori che hanno solo bisogno di essere letti, coltivati ai quali fanno riferimento e che impersonino i e consigliati: la funzione della critica e dei critici, loro desideri. non può che venirne aumentata. Del resto, il catastrofismo non ci appartiene e Del resto i 50 nominati non sono sbucati come non ci piace, mentre crediamo alla funzione funghi nell’ultima settimana: i critici hanno della critica se esercitata con passione e onestà.

«[…] una nuova generazione di autori si sta affermando, è dotata di personalità, ha caratteristiche nuove, di lingua e di struttura narrativa, che vanno esplorate. Insomma: c’è lavoro per i critici letterari. E buone opportunità per i lettori»

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Il romanzo italiano torna possibile

Gianluigi Ricuperati, Il Sole 24 Ore 15 agosto 2010

Nel 1975 Brian Eno e Peter Schmidt pubblica- sulla California e sul mondo, abilissima a tra- rono un mazzo di carte esistenziali, ognuna con- smigrare dalla finzione alla non finzione. tenente una frase che sembrava un suggeri- mento, una presa in giro o il consiglio di uno «Prendi le distanze da chi non crede in quello spirito patafisico. Nei momenti difficili se ne che fa». estraevano alcune, cercando di trarne indica- Non è infrequente che i responsabili di collana zioni decenti. «Cosa farebbero i tuoi amici più in Italia non leggano i libri dei propri autori, cari?». «Rendi onore agli errori trasformandoli perché non interessati; il (poco) pubblico, di in intenzioni segrete». «Descrivi il paesaggio cui conseguenza, finisce per respirare un’aria stan- tutto questo appartiene». «Non essere terroriz- tia, avversa alle novità e refrattaria a ogni forma zato dai cliché». di eccitazione intellettuale. Crederci significa ri- Se si tratta di intervenire sulla «nuova genera- tardare la pubblicazione di un libro, costringere, zione letteraria italiana» le carte di Brian Eno implorare, terrorizzare, educare gli autori al- devi fartele da solo. l’ambizione.

«Pensa sempre di essere il nipote». «Coltiva la curiosità fino alla disperazione». scrisse un giorno che in lette- Se c’è un aspetto positivo della tradizione lette- ratura non esistono padri o figli, che le eredità raria italiana, è la maniera favolosa in cui le si passano con il salto del cavallo, da zio a ni- scritture più interessanti del ’900 si sono ibri- pote. Per diverse ragioni, questa generazione di date con le altre discipline, umanistiche o scien- scrittori ha subito in modo speciale l’influenza tifiche: Savinio, Gadda, , Emilio di un gruppo di autori americani che ha esordito Villa, Amelia Rosselli, Arbasino, Longhi, Parise, negli anni Novanta, da Rick Moody a David per citare solo alcune delle mirabili voci asso- Foster Wallace, da Jeffrey Eugenides a Jonathan lute, hanno istigato con la propria prosa l’im- Franzen. I trentenni che sono venuti dopo, negli maginazione spaziale, architettonica, musicale, Stati Uniti, non sono un granché; e molti autori artistica, pittorica. Ma oggi, quanti scrittori ita- italiani stanno pubblicando per le migliori case liani, non solo under 40, sono coscienti del fatto editrici americane. La zia fondamentale, per chi che là fuori ci sono artisti che lavorano su idee scrive, è una signora della prosa anglosassone: formidabili, e potentemente narrative? Nomi Joan Didion, autrice di frasi stupende, titolare come Gerald Byrne, Dominique Gonzalez-Foer- di uno sguardo originale e insieme rilevante ster, Tacita Dean, Karen Cytter. La prossima

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gita a Chiasso dovrà essere nei migliori musei e denaro sarà sempre più piramidale. Non im- nelle gallerie più avvincenti. porta che sia ambientata ad Albuquerque: con qualche adattamento potrebbe essere anche «Ma è necessario soprattutto, parlando di ro- Macerata. Come gli Stati Uniti, e diversamente manzieri, coltivare la religione del personaggio». dalla maggior parte dei paesi europei, l’Italia in- Quanti personaggi indimenticabili ricordiamo carna un modello di realtà «regolare», apparen- nella letteratura italiana degli ultimi trant’anni? temente quieta, ma in verità inframmezzata da Non serve fare nomi. Qualcuno c’è. Ma vo- ampie sacche selvagge; una piastra in cui si al- gliamo di più e meglio, e i più seri tra noi forse ternano abbondanza, devianza, corruzione, stanno già lavorando in questa direzione. In una aspirazione, lusso, calma, alta cultura e violenza puntata di Breaking Bad, una delle bellissime senza briglie. Il romanzo è una repubblica invi- serie tv a stelle e strisce che stanno ridefinendo sibile fondata sul vampirismo e la reinvenzione il panorama della cultura narrativa popolare, della realtà, sull’individualità della voce e del fe- c’è una scena che vale la pena di raccontare. nomeno umano. Il protagonista della serie, Walt White, è un pro- L’Italia, invece, è una repubblica ben visibil- fessore di chimica malato di cancro, che per mente fondata sul primato della casa, l’anarchia dare un futuro alla famiglia decide di fabbricare fiscale, la meraviglia del paesaggio, il benessere le migliori metamfetamine sul mercato. Dopo spiccio, le consolazioni familiari e le ingegnosità innumerevoli tensioni, rischi, difficoltà, passi individuali. Ha ragione Lagioia quando dice che falsi, riesce finalmente ad accumulare una bella che il discorso non riguarda solo gli under 40. somma: cinquecentomila dollari, in contanti, La scommessa sarà vinta solo se la nostra, la nascosti in sgabuzzino. Una sera è a casa in- precedente o la prossima generazione produrrà sieme alla neonata. Lei strilla e piange, lui si alza romanzi che non rinunciano a niente, non al- per lasciar riposare la moglie e prende in braccio l’ardimento strutturale, non alla sperimenta- la bimba: «Ti faccio vedere una cosa», le sus- zione, non alla forza delle idee: romanzi che cre- surra mentre la conduce alle pile di banconote, scano alla luce fredda di un’installazione ma girandoci intorno, vezzeggiando il capitale ac- diano la dipendenza calda di una serie tv. cumulato, facendole annusare per procura Ci sono quasi tutte, ora, le condizioni necessarie l’odore dei soldi. perché fra qualche decennio il romanzo italiano È una scena perfetta, con un personaggio antie- possa rientrare in qualcosa di simile a una cate- roico, brutale, pieno d’amore e di risorse. È una goria davvero riconosciuta, tipo «sto leggendo storia, quella di Breaking Bad, che anticipa e tutti i russi». Detto con ogni umiltà possibile: racconta un mondo a venire in cui l’accesso al dipende da noi.

«Crederci significa ritardare la pubblicazione di un libro, costringere, implorare, terrorizzare, educare gli autori all’ambizione»

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Gli autori under 40 e il senso del limite

Luca Ricci, Il Messaggero 17 agosto 2010

Lo scorso primo agosto, dopo la sciagurata in- L’effetto domino degli interventi non ha rispar- dagine del Sole 24 Ore sulla generazione lette- miato alcuni scrittori citati. Nicola Lagioia ha raria under 40, mi è successa una cosa biz- detto cose che da cittadino reputo condivisibili zarra: una gragnola di sms di congratulazioni (anzi insindacabili), ma che da autore (e che io da parte di colleghi e amici ha fatto vibrare il sia nato dopo il 1970 importa poco) m’interes- mio cellulare fino a sera. È un mondo ben sano fino a un certo punto. A meno che io non strano quello editoriale, mi dicevo, se proprio voglia diventare un virtuoso dell’instant book mentre venivo issato su un piedistallo pren- di denuncia sociale (filone partito in sordina devo atto che su Ibs, la nota libreria virtuale, i qualche anno fa, e oggi moda di successo ten- miei racconti erano ormai indisponibili, ecto- dente a fagocitare l’intero mercato/imbuto edi- plasmi in attesa di una eventuale ripubblica- toriale, sorta di neorealismo utilissimo ma zione in tascabile… In fondo alla critica si ri- d’accatto), partirò sempre dal presupposto che chiederebbe proprio questo: che facesse dei un libro di letteratura debba trascendere il pro- nomi, e ristabilisse le giuste proporzioni tra prio tempo. Lagioia dedica soltanto una man- qualità e quantità. Né al critico si potrebbe rin- ciata di righe all’effetto deformante della scrit- facciare di non leggere tutto, come lamenta Al- tura, mentre la questione è di capitale fonso Berardinelli sul Corriere della Sera: importanza. Soltanto con una buona deforma- quello che conta non è l’esaustività, ma la ca- zione letteraria (con uno stile, cioè) la denuncia pacità di costruire un percorso d’indagine at- sociale può non cadere nel dimenticatoio. Di traverso una serie di opere/autori (con la spe- più: uno scrittore dovrebbe conservare uno ranza che non diventino cricche). Se la sguardo distante dai sommovimenti della storia ricchezza delle voci diventa un problema, tanto (in realtà ben noiosi, a pensarci bene: ascesa, vale abdicare alla possibilità di una scelta, cioè prosperità, decadenza di un gruppo di potere di un’analisi, cioè di una critica. L’indagine ha militarmente organizzato e/o il conflitto tran- scatenato una serie d’interventi spesso anche snazionale di chi ha un mezzo di produzione e contrastanti tra loro, se non proprio in palese chi è solo forza lavoro). Relativizzare la storia, contraddizione. Gabriele Pedullà ha fatto no- mettere in atto una sorta di pedagogia del di- tare quanto la generazione under 40 sia in- sincanto, è talvolta molto più corroborante fluenzata dall’America, mentre Maurizio Cuc- (perfino etico?) che denunciare alla cieca. Alla chi ha invitato la stessa generazione a prendere cieca, sì. Perché la denuncia è sempre un atto esempio dagli scrittori a stelle e strisce… manicheo, divide il mondo in buoni e cattivi, e

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soprassiede volentieri sulle sfumature. La de- Scrittori over 40, i veri nuncia tiene a debita distanza l’essenziale: il trascurati nostro grado di coinvolgimento. Paradossal- mente il rischio è che tutti guardino la luna (il Re!) e nessuno il dito (se stessi). Ma quale sa- rebbe allora lo scarto decisivo, davvero rivolu- zionario, della letteratura? La comprensione che diventa compassione. Penso ad esempio a Bret Easton Ellis che in American Psycho co- Renato Barilli, Corriere della Sera stringe il lettore a sposare il punto di vista di 18 agosto 2010 un serial killer. Quanto di lui c’è in noi, di noi c’è in lui? Non a caso ho citato un autore americano. Per- Il fuocherello che sta animando la nostra ché lo si è sempre stati americani – pensate alla estate letteraria mi pare alquanto fatuo, o generazione di Fenoglio e Vittorini – e al con- quanto meno intempestivo, non credo cioè che tempo non lo si è mai stati fino in fondo. Gli ex sia il caso di andare a fare il punto sui narra- cannibali, oggi in parte già canonizzati e color tori under 40 (di cui si è molto scritto in questi seppia (il colore dei classici), erano pulp (pure giorni sui giornali), limite troppo giovanilista troppo, ironizzava un comico in tv): più che alla e provvisorio. Caso mai, il problema maggiore letteratura, si rifacevano al cinema statunitense. è che dobbiamo ancora digerire la situazione Credo che gli under 40 di oggi invece abbiano prodottasi grazie agli over 40, cioè ai narratori ritrovato il senso del limite: in una storia non che hanno superato di poco i quarant’anni può succedere di tutto, e soprattutto ciò che suc- d’età, e non ancora raggiunto i cinquanta. Per cede ha delle conseguenze narrative. Un perso- questo verso mi trovo molto d’accordo con gli naggio non può scegliere indifferentemente il interventi sul Corriere di Cordelli (7 agosto) e bene o il male (ciò che di volta in volta si decide Berardinelli (11 agosto), forse per una qualche essere il bene o il male), perché tanto alla fine solidarietà generazionale, che però si inter- un abile montaggio circolare ci riporterà al rompe subito se si viene a diagnosticare quale punto di partenza (leggi alla voce: Quentin Ta- sia la realtà rappresentata appunto dagli over rantino). Gli under 40 all’Assurdo preferiscono 40, di cui notoriamente sono un convinto so- il Senso, e lo perseguono con le armi tipiche stenitore, anzi, mi è capitato più volte di di- della letteratura: la metafora, in primis. Voglio chiarare che non si è mai vista, nella nostra citarne anch’io tre: Valeria Parrella, Giorgio narrativa di tutto il Novecento, una squadra Vasta, Paolo Cognetti. Questi di sicuro non così agguerrita e numerosa, nella quantità e sono solo buoni cittadini. nella qualità. D’altronde, se ne è avuto qualche riconosci- mento ufficiale, basti pensare ai premi Strega «[…] partirò sempre dal andati a Niccolò Ammaniti, forse l’interprete presupposto che un libro di più sostanzioso di tutta quella ondata, e a Ti- letteratura debba trascendere il ziano Scarpa, il più estroso e funambolo. Ma proprio tempo» dobbiamo subito elencare, come fa proprio Cordelli, le presenze di Covacich, Nori, Nove, Pincio, Trevisani, in buon ordine alfabetico,

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«Una volta tanto, i nostri ci sono, prementi, incisivi, pronti a dare un quadro veritiero degli attuali modi di vita, di sofferenza esistenziale, di impatto con tutti i mostri e i simulacri dell’attualità più incalzante»

cui si aggiunge la forte partecipazione femmi- mi separano tante dispute del passato, posso nile, della Ballestra, appena di 41 anni, cioè convenire con lui che non si devono affidare poco più in là della soglia esaminata dall’in- tutte le sorti della letteratura al genere ro- chiesta di Gabriele Pedullà, da cui è partita la manzo, una forma sorpassata dai tempi e dalle polemica, con accanto Rossana Campo, Isa- modalità tecnologiche di cui oggi ci serviamo. bella Santacroce, Grazia Verasani, Simona Ho appena dedicato un vasto omaggio a tutti Vinci. E ancora ce ne sarebbero tanti altri da i narratori del Settecento e dell’Ottocento, che citare, come Culicchia, Mozzi, Voltolini. procedevano alla stampa di fiumi di parole e Quando mai si sono visti tanti nomi consi- di azioni, quando la lettura avveniva nelle se- stenti nei nostri annali? grete stanze, compulsando dispense e feuille- Stranamente invece i critici sono risultati sordi ton, cosa che oggi non può più avvenire, dato nei loro confronti, non hanno registrato la che la comunicazione verbale si è velocizzata, presenza di questa sorta di valanga azzurra, imponendo un’abbreviazione dei componi- nei ranghi della narrativa, mal aiutata da un menti. Sta avvenendo un lento ma inarresta- brutto vezzo della nostra stampa, che continua bile travaso dalla pagina a stampa ai blog, ai a insistere sui romanzieri stranieri. Ci sono dei messaggini elettronici, a comunicazioni veloci supplementi culturali che aprono invariabil- che devono filtrare attraverso il buco stretto mente dedicando la pagina principale a qual- dei pixel, e del resto a che scopo avremmo so- che autore straniero. Al punto che ho incitato lennemente celebrato il centenario di Mari- i nostri validi narratori a stendere un appello netti e del Futurismo se non per coglierne una sul tipo di quello lanciato dai colleghi archi- parte di eredità? tetti, vittime anche loro di un’attenzione por- Oggi esiste una produzione che annulla le fron- tata, nei pubblici concorsi, quasi solo a van- tiere tra poesia e prosa, producendo strane for- taggio di autori stranieri. Una volta tanto, i mazioni ambigue, ma brevi, microstorie che nostri ci sono, prementi, incisivi, pronti a dare appaiono e scompaiono, brillando di luci in- un quadro veritiero degli attuali modi di vita, tense, e poi scomparendo nel nulla. Mi riferi- di sofferenza esistenziale, di impatto con tutti sco, per esempio, a tutta la sperimentazione av- i mostri e i simulacri dell’attualità più incal- viata da Marco Giovenale e dai suoi compagni zante. Gli Under 40 più interessanti, come e approdata all’antologia Prosa in prosa, edita proprio Pedullà che ha aperto l’inchiesta, o nella collana delle Lettere curata da Andrea Giorgio Vasta, o Valeria Parrella, si pongono Cortellessa, assai più valido quando appoggia nel solco di questi loro fratelli maggiori, di queste nuove frontiere della ricerca, piuttosto pochi anni, come si è visto, e per il momento che stendere amari referti sulla condizione pre- non introducono alcuna variante consistente. caria degli scrittori appoggiati alla tipografia Semmai, vittima di un buonismo che mi porta tradizionale. Insomma, se volete un’ultima sta- a solidarizzare perfino con Berardinelli, da cui gione, e magnifica, della narrativa con storia e

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Un futuro da Novecento

Andrea Bajani, Il Sole 24 Ore 19 agosto 2010

Per parlare della letteratura degli anni Duemila mi viene naturale discutere del Novecento, vol- tarmi indietro a guardare al secolo passato. Lo dico senza alcuna forma di nostalgia, ma piut- tosto per consequenzialità, o potrei meglio dire per un’esigenza di complessità. È la stessa ra- gione per cui preferisco parlare di anni Duemila, e non di anni Zero, come piace ai fanatici del personaggi, leggete Ammaniti e compagni, di- reset. È la tecnologia stessa, d’altra parte, che ci versamente abbandonatevi al piacere dei mas- induce alla cancellazione del passato. Salvare le saggi rapidi provenienti da testi brevi, come modifiche?, chiede il computer quando fac- messaggi pubblicitari, come le strisce unilineari ciamo dei cambiamenti in un testo. Se acconsen- che il grande sperimentatore D’Annunzio affi- tiamo, se accettiamo, tutto quello che prima dava ai cartigli del Notturno. c’era non ci sarà mai più. Non verrà archiviato o registrato, ma sostituito. È una sorta di ideo- logia del presente, oggi piuttosto diffusa: ciò che conta è esclusivamente ciò che c’è davanti ai no- stri occhi. Salvare le modifiche?, domanda quasi «Oggi esiste una produzione con un ossimoro il computer. Formulata in che annulla le frontiere tra poesia e un’altra maniera: salvo ciò che salvando non prosa, producendo strane salverò affatto ma perderò? formazioni ambigue» Io non ho nessuna voglia di salvare le modifi- che, né in quanto scrittore, né in quanto citta- dino. Non ho intenzione di genuflettermi alla dittatura del presente. E dunque se mi si chiede di esprimermi sulla letteratura della mia gene- razione, a me viene voglia di rispondere par- lando dal secolo passato. Ripartire da lì per poi scollinare e andare avanti. Nel suo ultimo ro- manzo, Dublinesque (in uscita in Italia a set- tembre) il grande scrittore spagnolo Enrique

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Vila-Matas ha rappresentato il Novecento da sempre è stata: il luogo delle complessità. Pa- come una parabola che si è aperta con la mo- rafrasando Vila-Matas si potrebbe dire che numentale polifonia dell’Ulisse di James Joyce come la letteratura del Novecento è partita e si è conclusa con l’afasia, monumentale dall’Odissea, così la letteratura del Duemila do- anche quella, di Samuel Beckett. La parola pro- vrebbe partire dall’Ulisse. lifica di Joyce da un lato, e quella apparente- La dittatura «del presente», o «della realtà», mente sterile di Beckett, specchio di un secolo come è stata anche definita, va in direzione op- che poco a poco si è avvizzito. Ma si è trattato posta: verso la semplificazione, verso il depo- di una letteratura, dice Vila-Matas, che fino al- tenziamento della letteratura. E noi in quanto l’ultimo ha continuato ad andare nella dire- lettori, e in quanto cittadini, non abbiamo biso- zione della complessità, anche quando poco a gno di una letteratura indebolita. Abbiamo bi- poco la parola si è sottratta dalla pagina. sogno di potenza, per citare uno degli argomenti Ecco, io credo che si debba ripartire proprio da di Franco Cordelli sul Corriere di qualche setti- lì, riconducendo la letteratura a essere ciò che mana fa. La dittatura del presente, inoltre, im- pone l’annullamento dello stile. E io credo, per concludere, che la questione dello stile (o la per- dita dello stile, come ha sostenuto Gabriele Pe- dullà su queste stesse pagine) sia il vero nodo di fondo degli anni Duemila, soprattutto per le ge- nerazioni nate con la coazione al salvataggio di tutte le modifiche. In una letteratura che pedini soltanto il presente, il cosiddetto «reale», la pa- rola sarà sempre vicaria di quel «reale», si met- terà al suo servizio, gli rimboccherà il letto, ne traccerà il perimetro. E invece noi abbiamo bi- sogno di una letteratura e di una parola che non siano al servizio di niente e di nessuno. Abbiamo bisogno di poesia, di visioni. È sol- tanto lì, nello stile, nella poesia, nella visione, che la parola si svincola dal reale, che esce dal- l’angolo, e finendo sulla pagina diventa altro, partorisce una realtà che succede soltanto den- tro le parole che la dicono.

«[…] come la letteratura del Novecento è partita dall’Odissea, così la letteratura del Duemila dovrebbe partire dall’Ulisse»

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Ma le nuove leve sono già autori

Stefano Salis, Il Sole 24 Ore 19 agosto 2010

Quando si traccerà una mappa dalle vendite e dai premi lette- della letteratura italiana di rari (Silvia Avallone e Paolo questi anni Duemila (in attesa Giordano, per esempio, pro- di leggere l’opera che alle messa l’una e solida certezza mappe letterarie è consacrata l’altro di capacità espressiva) e più di ogni altra, l’Atlante sto- altri che, più appartati dal rico della letteratura che sta punto di vista commerciale, predisponendo Einaudi sotto non hanno mancato di susci- la guida di Gabriele Pedullà e tare l’attenzione dei critici. Sergio Luzzatto), e una genealogia letteraria degli È questo il dato che va preso in considerazione autori che l’hanno animata, la generazione che in maniera principale: se nessuno si sogna di nel 2010 ha meno di 40 anni, si presenterà per scambiare il successo in classifica per un indice forza di cose frastagliata e molto diversificata. di qualità, anche lo sperimentalismo delle case Gli stessi critici che sono intervenuti dopo l’in- editrici (e molto fanno le piccole) consente l’esi- chiesta di Domenica del Sole 24 Ore (ultimi in stenza di un nucleo di narratori che possono in- ordine di tempo lo scrittore Luca Ricci sul Mes- cidere sul futuro della nostra narrativa. Se il saggero e il critico Renato Barilli sul Corriere «mainstream» rischia (come sempre) l’omolo- della Sera) hanno denunciato, nei loro interventi, gazione, le frange più esterne garantiscono il disparità di vedute e impressioni (e nomi da men- sufficiente ricambio di idee. zionare) legittimamente diverse. Ma non è questo Quello su cui occorrerà concentrarsi, da qui a il punto, in fondo. Ciò che va sottolineato è che poco, invece, è proprio quello di cui scriveva Ba- il cambio di stagione è già avvenuto e i nomi che rilli (e prima di lui Berardinelli): «Non tutte le circolano nell’agone mediatico sono già, di fatto, sorti della letteratura si devono affidare al ro- maturi per una nuova stagione di idee, sia narra- manzo». Su questo terreno, insidioso e incerto, tive sia stilistiche. E convivono, in questa sta- delle prossime forme della narrazione – che gione, autori già ampiamente consacrati, per ora, comprenderanno l’uso di stili che vadano per i

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nuovi mezzi di lettura da Twitter all’iPad agli Critica e qualità uccise dal eBook interattivi – si giocherà il futuro della let- teratura. È significativo il fatto che il già osan- mercato nato romanzo di Jonathan Franzen (intervistato lunedì sul Sole, pag. 20) sia stato visto dai critici come un romanzo che attinge molto al passato, mentre dall’America è in arrivo (uscirà da Fazi in ottobre) il saggio-romanzo di David Shields, Fame di realtà, riflessione sulle prossime forme Giulio Ferroni, Corriere della Sera del romanzo e sul diritto d’autore in una società 19 agosto 2010 che lo vede opacamente. In America ha scate- nato un dibattito notevole, in Italia lo farà. Ed è significativo che, di là dell’Oceano, quasi tutti Discutendo dell’affollata generazione dei narra- gli intervenuti, da Eggers a Zadie Smith, siano tori under quaranta, Franco Cordelli e Alfonso di quella generazione under 40 che è nata con il Berardinelli sul Corriere della Sera hanno messo libro, ma ha conosciuto subito internet e la cul- l’accento, pur se in modo diverso, sulla costipa- tura-google. La prossima direzione della lette- zione dei numeri, sulla plateale impossibilità, ratura, piaccia o no, la detteranno loro. per la critica, di fare davvero il punto della si- tuazione, di «leggere tutto» per dare giudizi mo- tivati, per stilare classifiche e definire canoni. Di fronte alla loro riflessione certe indicazioni cri- tiche (come quelle della recente inchiesta del «il cambio di stagione Sole 24 Ore) appaiono inevitabilmente inaffida- è già avvenuto e i nomi che bili, sorte da incontri, rapporti, occasioni di let- circolano nell’agone mediatico sono tura, e non certo da un’adeguata (e impossibile) già, di fatto, maturi per una nuova cognizione dell’intero panorama. Ed è vero che stagione di idee, sia l’elefantiasi della produzione uccide la critica, narrative sia stilistiche» la condanna all’«angoscia della quantità» (for- mula semplice e in fondo banale, che mi è capi- tato di proporre già in un libro del 1996, Dopo la fine, ora ripubblicato da Donzelli). La cosa però non riguarda solo la narrativa e la critica che dovrebbe occuparsene, ma l’intero si- stema della cultura e della comunicazione, l’ac- cumulo sterminato di messaggi entro cui siamo presi: tutti pretenderebbero di catturare la no- stra attenzione, ma finiscono per perdersi nel- l’evanescenza e nella velocità dei media che li veicolano, nella frenesia inarrestabile della no- stra vita quotidiana. Viene il capogiro se si pensa a tutto ciò che è scritto e detto in questo momento nel mondo, a tutti gli archivi di me- moria che attendono di essere interrogati, a

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tutta la virtualità che attende di essere attualiz- condizione si potrà avere il coraggio di discrimi- zata, a tutte le forme di comunicazione che per- nare, di cercare testardamente l’emergere di pa- corrono le reti molteplici dell’universo e che sol- role e scritture davvero essenziali. lecitano uno zapping illimitato. Per la letteratura e per la narrativa non è certo Le difficoltà in cui sono prese quasi tutte le atti- questione di generazioni: chiediamoci piuttosto vità intellettuali trovano qui una delle loro ra- come sottrarre i libri alla condizione di meri og- gioni. Ma non si tratta di cedere all’angoscia, né getti di consumo, come condurre battaglie per di ignorarla per tentare l’impossibile, né di ri- lo «stile» (che non significa «bello stile»), per nunciare alla critica e al giudizio: piuttosto c’è un linguaggio della responsabilità, capace di in- bisogno di una critica (e di una teoria della co- terrogare il nostro destino (un destino che è municazione) che sappia confrontarsi con questa anche inscritto nel nostro passato, in una tradi- costipazione, che ne scavi fino in fondo le ra- zione dell’antico e del moderno che oggi è gioni e le condizioni. Insomma si tratta di com- troppo spesso disinvoltamente dimenticata). prendere fino in fondo (pochi ci aiutano a farlo) Esiste oggi una critica capace di farlo? Non suc- la novità rappresentata dall’eccesso in cui siamo cede che i giudizi correnti (e gli stessi canoni presi: eccesso che vanifica l’esperienza, che ri- proposti) siano basati su schemi e modalità di schia di rendere vano lo stesso processo della let- gusto e di lettura spesso degnissimi, ma che non tura. Solo nella piena coscienza di questa nuova tengono più?

«[…] tutti pretenderebbero di catturare la nostra attenzione, ma finiscono per perdersi nell’evanescenza e nella velocità dei media che li veicolano, nella frenesia inarrestabile della nostra vita quotidiana»

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Scrittori senza padrino

Serena Danna, Il Sole 24 Ore 22 agosto 2010

Il giorno dell’uscita in Israele della Solitudine Palermo con i “ragazzini dialettali”, “l’eterno dei numeri primi, a intervistare Paolo Giordano berlusconiano” che riguarda tutto il paese e il nella saletta del Mishkenot She’ananim di Ge- mondo». Piacciono i nostri under 40 perché rusalemme c’era lo scrittore israeliano Ron Le- sanno raccontare ad americani e tedeschi che shem. Quando alcuni giornalisti hanno chiesto fine hanno fatto La dolce vita e Il Padrino. chi fosse il ragazzo dall’ottimo inglese e gli occhi «Danno un’immagine meno stereotipata della profondi, la risposta degli organizzatori è stata: realtà italiana», spiega l’agente letterario Marco «Il Roberto Saviano d’Israele». Vigevano, che ne porterà tre alla prossima Fiera A qualche ora di aereo dalla città santa, sulle ri- di Francoforte (Andrea Bajani, Ilaria Berardini viste letterarie parigine compare spesso il nome e l’esordiente Ester Armanino). «da un lato è di Mattia Signorini, mentre De steeneter, Il man- vantaggioso perché crea un elemento di novità giatore di pietre, di Davide Longo, è uno dei ro- per i lettori, dall’altro è molto rischioso». Fino manzi più prestati nelle università olandesi. a qualche tempo fa sulle cover dei libri da espor- Il successo degli scrittori italiani all’estero è di- tare doveva esserci sempre un elemento di «ita- ventato chiaro lo scorso anno con un’indagine lianità» perché – si ricordava tra i corridoi delle dell’Associazione nazionale editori e dell’Istituto case editrici – copertine come quelle di Conver- nazionale per il commercio estero, che ha rive- sazioni in Sicilia di Elio Vittorini o del Giardino lato un aumento del 93,9% dei libri italiani ven- dei Finzi Contini di avevano fis- duti oltre i confini nazionali tra il 2001 e il sato una fotografia del paese non meno dei film 2007. La sorpresa è che, spingendo lo sguardo dei Fellini e De Sica. Un’Italia lontana anni luce oltre il commissario Montalbano di Andrea Ca- da chi è cresciuto con Mtv, internet e il progetto milleri e il topo Geronimo Stilton, sono proprio Erasmus. i giovani autori italiani a suscitare la curiosità La globalizzazione dei consumi culturali è nel di lettori ed editori stranieri. Che hanno smesso Dna dei narratori under 40, ne influenza lo stile di cercare nuovi Giovannino Guareschi ma vo- e ne facilita la «vendibilità» all’estero: «Sono gliono sguardi in grado di raccontare l’italia di scrittori che hanno assimilato una lezione inter- oggi. Attraverso uno stile che porti addosso il nazionale: si riconoscono più nei grandi maestri sapore della città di provenienza del mondo in- americani che in quelli italiani e leggono i loro tero. «È il caso di Giorgio Vasta», racconta contemporanei stranieri», spiega Piergiorgio Koukla MacLehose, che da 25 anni vende gli Nicolazzini, responsabile del successo di Gior- autori Einaudi in 18 paesi. «Nelle sue storie c’è gio Faletti all’estero. Maestri che spiazzano da

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stato traduttore, spiega così il cambiamento della lingua: «Inglese e italiano ormai convi- vono nella quotidianità: internet, la televisione ma anche le riviste e le conversazioni quotidiane sono piene di termini anglosassoni». E continua: «Questi autori cercano modelli di scrittura che favoriscano la presenza internazionale: così di- venta difficile trovare un’identità e lo stile oscilla spesso tra il semplicistico e lo spettacolare». Ca- ratteristica degli under 40 italiani è secondo Parks non essere «scrittori puri»: «Spesso fanno altri mestieri e si muovono su un terreno dove si incontrano letteratura e divertimento». Che è per Vigevano garanzia di interesse: «Prima esi- steva la società letteraria e la letteratura come mestiere. Molti autori lavorano nel cinema e nella televisione: la scrittura oggi ha molte stanze, loro le vivono quasi tutte». Come Ivan Cotroneo che, tra un romanzo e l’altro, traduce l’americano Michael Cunningham e scrive le puntate di Tutti pazzi per amore, serie cult della Rai, o Peppe Fiore autore di La futura classe di- rigente che di giorno è autore dei programmi Ernest Hemingway a Bret Easton Ellis fino a per la Fox. Eppure gli agenti letterari che lavo- David Forster Wallace, come ricordava su que- rano all’estero sono convinti della qualità lette- ste pagine Cristiano De Majo. raria: «Dopo il boom del noir e della fanta- L’«internazionalizzazione» dei giovani autori ha scienza dei primi 2000 è ritornato il romanzo anche una ricaduta sullo stile. «C’è una forte narrato – spiega Kylee Doust – la trama forte». contaminazione anglosassone anche nella lin- Le fa eco Koukla MacLehose: «Il successo al- gua», afferma Kylee Doust che cura casi lette- l’estero di autori come Paolo Giordano e Davide rari come Niccolò Ammaniti. «Lo stile è diven- Longo si spiega col fatto che sanno raccontare tato più diretto, più semplice. Prima ricevevo storie». Vicki Satlow, l’agente che c’è dietro alla testi pieni di subordinate: oggi la lingua è visibilità internazionale del giovane Mattia Si- asciutta, essenziale, più anglosassone insomma. gnorini, spiega che la situazione italiana aiuta Anche uno scrittore colto e complesso come gli autori: «la precarietà, l’anomalia politica, Francesco Pacifico, che verrà tradotto negli Stati l’influenza di diverse culture spingono i ragazzi Uniti, ha una scrittura molto chiara. Questo fa- a confrontarsi con un paese molto diverso da cilita il lavoro di traduzione». Un sollievo che quello raccontato dai genitori». Certo, tutti gli farebbe inorridire l’editor di Calvino, che mal- agenti concordano sul fatto che un buon esordio sopportava i traduttori al punto di provare: «Un unito alla giovane età siano un trend commer- gran dolore nello sfogliare libri che non hanno ciale molto in voga in Europa e che bisogna nulla a che fare con quello che ho scritto io». Lo sfruttare il momento. Nessuno fa beneficenza scrittore inglese Tim Parks, che di Calvino è letteraria. Tanto meno nel mercato editoriale.

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Manca la buona narrativa…

Angelo Guglielmi, Corriere della Sera 23 agosto 2010

So che il titolo non è opera dell’autore dell’arti- che si stanno impratichendo in qualcosa che non colo ma della redazione che lo impagina. Ma il hanno mai saputo fare e chissà che domani titolo messo in testa all’articolo di Giulio Fer- qualche risultato vistoso lo raggiungano (spe- roni uscito sul Corriere giovedì scorso non so se riamo in un Simenon italiano o in un Littell di interpreta le intenzioni dell’articolista, ma co- casa nostra). Quanto alla critica, piuttosto che munque non rispetta la verità dell’enunciato. lamentarsi (come fa Berardinelli) che escono Non è vero che il mercato uccide e la qualità e troppi romanzi per poterli leggere tutti e con- la critica: il vero è che la qualità non c’è, senza sentire di organizzare l’ipotesi di un canone, che nessuno abbia bisogno di sopprimerla; la perché non si chiede quale è il suo attuale ruolo critica è distratta, non si interroga sul suo ruolo e quello decide di esercitare? La critica non serve e non si pone le domande giuste. più al pubblico: è finito il tempo in cui era suf- Che la qualità nella narrativa non ci sia, lo di- ficiente un articolo di Emilio Cecchi sul Corriere mostrano i prodotti che dovrebbero testimo- per determinare la fortuna di un libro. Oggi niarla; perché poi sia scomparsa è difficile dirlo sono altri i parametri che contano e tutti hanno e ci costringe a considerazioni troppo generali a che fare con la televisione, che non sa nulla del per essere sufficienti. Possiamo azzardarci a dire libro di cui parla e tutto della possibile sedutti- che è un fenomeno che riguarda in questo mo- vità dell’autore. Ma se non serve più al pubblico mento l’intera Europa, l’Italia come la Francia, a chi serve? Non scandalizzatevi: serve all’au- la Germania e perfino l’Inghilterra (nonostante tore. Gli dà la coscienza della situazione in cui vi si parli una lingua che altrove – vedi gli Usa – sta operando, confortandolo nel suo progetto qualche risultato lo ha garantito). Dunque non è stato il mercato a ucciderla: semmai il mercato ha fatto di necessità virtù, ha di fatto capitaliz- «Oggi sono altri i parametri zato la non qualità spingendola verso modelli, che contano e tutti hanno a che alla stregua delle sue possibilità, commercial- fare con la televisione, che non sa mente interessanti (il giallo, il noir, il romanzo nulla del libro di cui parla e tutto inchiesta, l’autobiografia e/o biografia. Tutti ge- della possibile seduttività neri che non sono mai stati nelle corde degli ita- dell’autore» liani, più inclinati alla lirica e alla prosa di pen- siero). Dunque, più che ucciderla, l’ha aiutata a servire a qualcosa. A servire anche agli autori

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ma anche indicandogli gli inganni in cui può ca- Gli scrittori e il racconto dere, gli smarrimenti cui è esposto. E poi chi ha detto che, non potendo leggere tutti i romanzi d’inchiesta che escono (nell’anno appena passato sembra siano stati oltre cento), il critico non sia in grado di ipotizzare un abbozzo di canone o almeno di tratteggiare una indicazione di direzione e di in- dirizzo? Del canone il romanzo è il destinatario ma per la sua elaborazione (o semplice ipotesi) Angelo Guglielmi, l’Unità vale di più la riflessione sulle caratteristiche del 24 agosto 2010 tempo, le modalità dell’attualità e, ancor più, le opportunità che la situazione culturale in quel momento offre. Il canone a posteriori è mestiere Caro Gabriele Pedullà, nobile e utile il tuo del professore, non del critico. A lui (al critico) sforzo di affermare (Il Sole 24 Ore – primo ago- si chiede di dirci non quel che siamo stati, ma sto) che la narrativa dei più giovani (autori quel che stiamo tentando di essere, senza ovvia- under 40) è ancora viva e chissà domani attra- mente la certezza del buon esito o della giu- verso uno dei cinquanta esemplari (scelti dai sei stezza della strada inforcata. critici) in grado di esprimere un classico. Nobile Così io (critico) suppongo di sapere dove il ro- e generosa: ma alcune osservazioni sono dove- manzo sta andando e so anche perché l’autofic- rose. Intanto non siamo più al tempo di Sten- tion (come la definisce Gabriele Pedullà) è oggi dhal e di Svevo e, nell’attuale apocalisse media- (e lo sarà per qualche tempo) la dimensione (o tica, non si deve più aspettare ottant’anni per la pratica) vincente: è che c’è un grande bisogno essere riconosciuti. di caricare di materialità le parole (che ci sfug- Ma non è questo il punto interessante per il no- gono da tutte le parti) e l’unico modo per fer- stro discorso. Né è interessante il contestare, marle, se pure provvisoriamente, è agganciarle come mi sento di fare che gli scrittori che tu e i a qualcosa di incontestabilmente accaduto o che sei critici interpellati sostenete hanno intanto il sta accadendo, quale è una vita umana e gli ac- merito «di non rassegnarsi e trasformarsi in cidenti in cui si sviluppa o, meglio, può svilup- semplici intrattenitori». Intanto e per intanto è parsi… E allora quando Ferroni lamenta negli un errore sottovalutare il ruolo di stimolo che scrittori di oggi la mancanza «di stile (che non nell’attuale pochezza (o avarizia) delle nostre significa bello stile)» e pretende «un linguaggio lettere hanno gli scrittori di intrattenimento (ha della responsabilità, capace di interrogare il no- del tutto torto il poeta Zeichen quando esalta il stro destino» non posso non essere d’accordo ritorno alla letteratura di genere?) e poi negli con lui, ma so che sta formulando un auspicio, scrittori indicati e scelti, anche il piccolo gruppo non offrendo una pur labile indicazione. E da te selezionato, non è evidente il tentativo di credo che di indicazione (nel più semplice senso essere insieme seriosi (spero non nella convin- di assistenza) i narratori oggi hanno bisogno. zione che la qualità della letteratura sia garan- tita dall’aplomb severo) ma anche conversevoli, seri ma anche capaci di intrattenere? Ecco questo è il punto: gli scrittori giovani o meno giovani non scrivono sulla base di un’idea, questa sì derivata dalla letteratura che

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non è altro che una nuova idea di mondo ma quantità di motivi da tutti ripetuti, viviamo sulla base di una nuova idea, questa sì derivata una congiuntura in cui le cose si sono perdute, dalla letteratura americana, che per essere inte- che non esistono più le cose ma la chiacchiera ressanti (e non mancare l’appuntamento alto sulle cose, che la realtà si è smarrita nell’appa- con la scrittura) oportet scrivere delle malefatte renza (e vai a trovarla!) e allora ti viene in di oggi o del proprio scandalo autobiografico. mente che forse un aiuto (la possibile salvezza) E questo è in qualche modo vero (e non conte- puoi trovarla aggrappandoti al modello inchie- stabile) purché, convinti di questo, ci si chieda sta giornalistica o all’autofiction, l’uno e l’altra (e si trovi la risposta) il perché oggi è il racconto affondanti in riferimenti incontestabili, in nar- d’inchiesta e documentaristico o l’autofiction razioni già accadute e in quanto tali sfuggenti (come tu la chiami) il campo privilegiato anzi a un sospetto di dubbio. E allora ecco la ca- obbligato dell’esercizio e pratica (della) narra- morra o il delitto di Erba cui nessuno è estra- tiva. E se non si chiarisce quel perché non si neo (vedi Saviano o Scurati) o la biografia e au- trova nemmeno il linguaggio con cui raccon- tobiografia (vedi Vasta o Siti e perché no tare: e si finisce per adoperare parole qualunque Lagioia e ancor prima la Ballestra o Novi), che che magari, per renderle più aspre, si tende a nella consapevolezza della loro scelta, in que- storcere, deformando e contraendo i nessi sin- sta apertura al buio (nel poker è spesso la tattici e grammaticali. mossa vincente) trovano la lima con cui arro- Ma quale è la risposta a quel perché? È difficile tare parole con le quali più che raccontare le trovarla. Ma ad essa ci si può avvicinare con- loro misere storie invero raccontano un’idea di siderando e prendendo atto delle condizioni mondo, azzardano pronunce con giudizi, lam- che mancano l’attuale contingenza (il tempo biscono un’ idea di totalità. Che poi i loro ro- che stiamo vivendo) e soprattutto se non si manzi o qualcuno di essi sia in grado domani perde di vista che il vero senso (e obiettivo) di salire alla considerazione di classico, met- della letteratura è comunque cogliere magari tendo da parte il nostro scetticismo, lasciamo solo sfiorare il punto (nascosto fino a essere in- che lo decidano i posteri. Noi fermiamoci qui, trovabile) in cui la realtà si manifesta e eviden- ma non prima (dribblando la domanda essen- zia la sua indiscutibilità. Ora si sa che, per una ziale) come forse anche tu fai.

«[…] il vero senso (e obiettivo) della letteratura è comunque cogliere magari solo sfiorare il punto (nascosto fino a essere introvabile) in cui la realtà si manifesta e evidenzia la sua indiscutibilità»

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I romanzi sono vivi, la critica è all’angolo

Ida Bozzi, Corriere della Sera 24 agosto 2010

Il dibattito culturale si accende, tra giornali, dei libri raccontati da Piperno o da Giordano. web e social network sul tema della lettera- Ma a volte trovo esempi di critica in cui pre- tura. A tener banco è il dibattito nato nelle vale l’autocompiacimento, e manca la vita che scorse settimane e approdato ieri a un inter- palpita in un libro». L’altro argomento conte- vento di Angelo Guglielmi sul Corriere della stato è l’obiezione mossa da Guglielmi, che Sera intitolato Manca la buona narrativa, inu- auspicava nell’articolo «un Simenon italiano tile incolpare il mercato. Già ieri mattina, o un Littell di casa nostra». «E dove sono i nella propria pagina web, lo scrittore Giu- “loro” Walter Siti? – domanda Genna – E i seppe Genna ha pubblicato un post che ri- loro , , sponde a Guglielmi affermando, di contro, Mario Benedetti? La nostra letteratura sta l’«inutilità» della critica («non della teoria»), producendo voci che né la Francia, né la Ger- e sostenendo che «il lavoro critico è stato mania, né l’Inghilterra hanno». Magari si può svolto (meglio) dagli stessi scrittori», da Bau- cercarle online, afferma Gianni Biondillo, tra delaire a Leopardi a Dante, «perché il critico le firme del blog Nazione Indiana: «Anch’io non è un artista». In breve, i commenti regi- sono stufo di sentire che il romanzo italiano è strano una settantina tra interventi e «mi morto, muore ormai da cinquant’anni. Sulla piace» (il gradimento su Facebook) di lettori morte della critica, però, non sono d’accordo: e scrittori. Lo stesso Genna precisa: «Sono noi abbiamo bisogno di una critica attiva… stufo di vedere la letteratura italiana trattata Ad esempio, c’è un fiorire di qualità di cultura così. È la critica che deve scomparire, sosti- poetica su Internet. Se i critici andassero a cer- tuita dalla teoria. Prima del ’700 nessun au- carli». Risponde scettico, tuttavia, Angelo Gu- tore ha mai avuto un critico, semmai veniva glielmi, a ogni obiezione: «Non posso negare citato da teorici. Forse lo scontro è generazio- certo che Baudelaire e Leopardi fossero anche nale, riguarda critici di quella generazione: ma grandi critici, ma ciò non mette in forse il mio anche i critici giovani sono impreparati, tranne discorso, che faceva riferimento alla situa- che nella loro branca specifica, lontani dalla zione di oggi. Oggi non c’è né Dante né Leo- realtà». Il dibattito si è allargato ad altri scrit- pardi. Ed è una posizione condivisibile, quella tori. Camilla Baresani: «Sono un’appassionata che riguarda la teoria, ma si risolve in una dello sguardo critico dello scrittore, per esem- fuga, una fuga per evitare un discorso un po’ pio delle Lezioni di letteratura di Nabokov o più complesso».

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Se il romanzo è un feticcio

Franco Cordelli, Corriere della Sera 30 agosto 2010

Due o tre note in margine alla discussione sullo nei confronti di veri e propri feticci. Insomma, mi stato attuale della letteratura prodotta dai sembra riduttivo credere che il tema della felicità meno che quarantenni. Penso a due articoli, sia appannaggio di alcuni romanzieri, quelli citati uno di Nicola Lagioia e uno di Alessandro Pi- da Piperno, ovviamente moderni. Di cosa parlava perno, questo secondo non già un «intervento» Platone nel Simposio? E di cosa Seneca nelle Let- ma pur sempre una più o meno deliberata di- tere a Lucilio e Rabelais nel suo Gargantua? E chiarazione di poetica. A sé e ai suoi coetanei poi: quelle che Piperno chiama «constatazioni» Lagioia rivendica il compito di restituire di- strutturali, addirittura miserabili, sono gli unici, gnità ad un’Italia politicamente e moralmente veri rilievi degni di un’analisi critica per qualsivo- devastata. Per ogni letteratura un senz’altro glia opera. Il significato (il senso, il sentimento, la nobile e auspicabile proposito, ma comunque, postura reale e inconfondibile di un autore, la nel quadro da lui delineato, una mera solleci- possibilità dell’identificazione, tanto cara ai lettori tazione nei confronti di eventuali contenuti, trentenni, infine l’emozione che scaturisce dalla ossia una gabbia. Nelle parole di Lagioia si co- comparsa in scena della felicità ma anche del ma- glie un’idea di romanzo che confina con l’in- lessere) nasce dalla forma peculiare di un testo, dagine sociologica. Allora ci si chiede: cosa di- non da ciò che esso dice, o in modo più o meno viderà, sul piano della scrittura, la sociologia diretto ritiene di dire. In questo contesto di di- dalla letteratura, ovvero dalla poesia? A questa scorso rientra la disputa politica: uno scrittore che altezza entrano in gioco due parole chiave non abbia della comunità idea o sentimento, sia corse nella discussione: letterato e stile. pure negato, che razza di scrittore è? Già san La parola letterato, ormai impronunciabile, l’ho Francesco, nel suo Cantico, prefigurava una co- introdotta io stesso, con una punta di provoca- munità – quella tra tutte le creature e Dio. Da ul- zione (quale scrittore non fu un letterato?). La ri- timo la questione dello stile. Certo, se si nutre prende Piperno con evidente insofferenza, rile- un’idea «autenticista», che quindi il letterato sia vando una moralistica demonizzazione dell’idea un individuo separato dalla vita vera, la parola di felicità da quando i «letterati hanno spostato stile apparirà come bello scrivere e non c’è dubbio la loro austera attenzione su sediziosità sociolo- che lo stile per lo stile è retorica, manierismo, ri- giche, miserabili constatazioni strutturali, facino- sibile produzione di effetti locali. Scriveva Roland rose dispute politiche». Qui siamo agli antipodi Barthes nel Grado zero della scrittura (1953): «Le di Lagioia. Ma, in modo implicitamente genera- immagini, il lessico, il periodare di uno scrittore zionale, entrambi appaiono “uniti nella lotta”, nascono dalla sua natura fisica e dal suo passato

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e diventano gradual- la sottigliezza. Sono mente le stesse compo- qualità che, io credo, si nenti automatiche vanno diluendo in ra- della sua arte […]. gione delle cattive in- Qualunque sia il suo tenzioni che le prece- grado di raffinatezza lo dono, un’altra delle stile ha sempre qual- quali, corollario ed ef- cosa di bruto, è una fetto delle prime, è la forma senza uno perdita di memoria – scopo, il prodotto di del luogo dove si è, o si una sollecitazione non vuole essere: la storia di una intenzione». Ma della letteratura e, più poco dopo aggiunge: pacatamente, il «lette- «Ogni forma è anche rario». Perché tanti Valore; per questo tra scrittori tutti insieme? lingua e stile c’è posto Perché tanti autori di per un’altra realtà for- romanzi che nella pro- male: la scrittura. In pria vita (ma anche no) qualsiasi forma lettera- si sono dedicati a tut- ria è richiesta la scelta t’altro che alle lettere? generale di un tono, di Perché, mi sembra, il un ethos se si vuole: ed romanzo da molto è appunto dove lo tempo ha esaurito il scrittore si individua suo ciclo vitale, come con chiarezza perché è dove si impegna». la sua stessa inflazione attesta. Non c’è più come Il vero stile dunque è là dove si manifesta come arte. Ne è rimasto il fantasma del prestigio so- scrittura, cioè assunzione di responsabilità – nei ciale. Ma quando tutti avranno scritto la propria confronti di se stessi e dei propri temi e contenuti. memoria o (più affascinante) il proprio romanzo, Là dove esso è congruo all’oggetto: là appare ciò quando tutti saranno stati promossi, toccati da che in un altro intervento chiamavo potenza, un quel prestigio, che ne sarà del prestigio? Dietro aspetto della quale è il suo (apparente) opposto, quale nuovo feticcio ci si mostrerà adoranti?

«Il vero stile dunque è là dove si manifesta come scrittura, cioè assunzione di responsabilità – nei confronti di se stessi e dei propri temi e contenuti»

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Gli intellettuali democratici che non trovano spazio a sinistra

Luigi Mascheroni, Il Giornale 5 ottobre 2010

Domenica l’inserto culturale del Sole 24 Ore ha e si chiede se è così impossibile dare forma a un pubblicato un intervento di Christian Raimo vero confronto culturale che «non avvenga, come dal titolo Cercando uno spazio pubblico. Il al solito, all’interno di nicchie compiaciute e au- pezzo è collocato in apertura di pagina 2, toconsolatorie». quella delle «Idee», una posizione di una certa Da un parte Raimo si dice stufo di sentire scrit- visibilità e autorevolezza. E infatti è un pezzo tori (di sinistra) lamentarsi perché non si rico- molto interessante. noscono in un partito, che scrivono controvo- Raimo, che ha 35 anni, è uno scrittore pesante- glia o soltanto per soldi su giornali di cui non mente left oriented, consulente di minimux fax condividono il progetto editoriale («figuriamoci e di Laterza, collaboratore del manifesto e di Li- la linea culturale»), che si rifugiano nei blog berazione, uno che non ha mai perdonato nulla «come forma minima di resistenza»; e dall’altra a Berlusconi, al berlusconismo, a questo go- si stupisce di trovare sul Sole 24 Ore articoli di verno e ai suoi ministri, uno che ha sempre de- gente culturalmente e politicamente a lui «af- nunciato «la marcescenza dell’incultura de- fine» come Lagioia, Pacifico, De Majo, Ricupe- strosa che ha contagiato la nostra società», rati, Pedullà, Luzzatto. come ha scritto di recente sul blog di minimum Insomma, Raimo pur senza fare nomi dice que- fax. Da questo punto di vista un intellettuale di sto: è mai possibile che noi «giovani» intellet- sinistra al di sopra di ogni sospetto. Ma che, tuali di sinistra non riusciamo a trovare spazi, proprio per questo, rende «sospetto» il pezzo sensibilità, collaborazioni, condivisioni di linee firmato sul Domenicale del Sole 24 Ore. e progetti dentro questa Sinistra? È mai possi- Raimo infatti accusa la difficoltà – da parte sua bile che noi «giovani» intellettuali di sinistra personale e da parte della sua generazione under non possiamo dire la nostra sulla Repubblica, 40 – nel trovare uno «spazio pubblico» che sap- sul manifesto, chessò sul Riformista o su qual- pia ospitare e alimentare il dibattito politico-in- siasi altro foglio di «opposizione» e di «resi- tellettuale; si chiede se «è possibile pensare di ri- stenza»? È mai possibile che per dire certe cose costruire una piccola civiltà culturale e e fare certi discorsi, noi «operai del pensiero», contrastare la diffusa convinzione che tutto quello dobbiamo aspettare che ci ospiti Il Sole 24 Ore, che si fa è ininfluente»; lamenta la sconfortante la Confindustria, il «Padrone»? Ma cosa c’è a esperienza del «vuoto» che accomuna cittadini e Sinistra? Il deserto? intellettuali come lui, parla di «deserto», immo- Non solo. Leggendo il pezzo di Raimo vengono bilismo, mancanza di riconoscimento (a sinistra), in mente critiche simili alla Sinistra «ufficiale»

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da parte di molti altri intellettuali «impegnati», I grandi non funzionano più e non solo under 40: il disagio di Francesco Pic- colo, che all’Unità sembra stare sempre più facciamo posto agli outsider stretto; tante posizioni «irregolari» dello stesso Tiziano Scarpa; la scelta di Paolo Nori di scri- vere anche su giornali di destra (perché certe cose a sinistra non gliele pubblicano?); il j’ac- cuse di Antonio Pennacchi contro Feltrinelli e la sinistra radical che lo ha «costretto» a dare il Giordano Teodoldi, Libero suo libro alla Mondadori; il malessere di Anto- 6 novembre 2010 nio Moresco a cui questa destra fa schifo ma certo anche la sinistra… eccetera eccetera. Non so. È una sensazione strana, da parte no- Sembra che i più importanti scrittori italiani si stra. Forse è la dimostrazione che «la banalità e siano dati appuntamento in libreria. Ultima- l’omologazione culturale» – come Christian mente sono usciti a pochi giorni di distanza i Raimo titolò un altro suo vecchio pezzo su Li- nuovi romanzi di (che però berazione – non è solo una problema della de- non fa testo perché per arrestarne la grafomania stra. Forse è persino l’ammissione del settarismo bisognerebbe sedarlo), Andrea De Carlo, Nic- e della supponenza della sinistra. colò Ammaniti, Alessandro Piperno, Sandro Ve- ronesi, , Walter Siti, Giancarlo De Cataldo, Chiara Gamberale, ecc. Tutti con opere ambiziose e spesso voluminose, abbondante- mente reclamizzate (la simpatica Gamberale ha beneficiato di simpatiche affissioni stradali stile «[…] è mai possibile che noi cinema e qualche moralista s’è indignignato, ma “giovani” intellettuali di sinistra non noi siamo con lei e con il marketing di Segrate: riusciamo a trovare spazi, la guerra è guerra). Un’invasione di tomi che sensibilità, collaborazioni, parrebbe confutare le geremiadi sulla minore vi- condivisioni di linee e progetti den- talità del romanzo italiano sul saggio, sul ci- tro questa Sinistra?» nema, sulla mozzarella di bufala. Ma l’impressione di un’ispirazione euforica e miracolosa che abbia contagiato gli scrittori ita- liani tutti allo stesso momento si dirada non ap- pena comincia la lettura di queste attesissime novità. Sono romanzi funebri, verbosi e ases- suati. Persecuzione di Piperno, come promette il titolo, è lento e prolisso: per citare una battuta di un film con Gene Hackman (che parlava dei film di Rohmer): è eccitante come guardare la vernice che si asciuga. Lo stimato Walter Siti con la sua Autopsia di un’ossessione è all’enne- simo appuntamento narcisistico del suo politico muscolar-omosessuale, e più che la vernice che

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si asciuga sembra di guardare per ore, bloccati dalla cervicale, una foto di Robert Mapple- torpe. Le luci nelle case degli altri di Chiara Gamberale ha la genericità e la logorrea di un vicino di scompartimento che non ti dà tregua. Io e te di Niccolò Ammaniti è una storiella suc- cinta e esile, l’equivalente editoriale del timbrare il cartellino. A farla breve, una delusione dopo l’altra. con l’unica eccezione del Cimitero di Praga di Eco, che ha scritto per la stessa volta lo stesso fe- uilleton storico-esoterico che preparava da vent’anni, ma non annoia e non spedisce mes- saggi filosofico-morali da preside di facoltà del Cepu, meglio stare alla larga da questi cam- pioni scoppiati. Che prendessero un bagno d’umiltà, invece di paragonarsi all’Antico Te- stamento e a Kafka e sproloquiare dell’eterno conflitto tra bene e male sotto lo sguardo gri- fagno della Dandini o il vuoto purtroppo non buddhista che emanano le pupille di Fabio Fazio. Che tornassero a studiare, ad appar- tarsi, a non andare a premi, convegni, comizi,

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che se ne stiano a casa a distillare meglio le «Che prendessero loro pagine domandandosi a ognuna l’aureo un bagno d’umiltà, invece di quesito dello scrittore: «Vale la pena di vivere paragonarsi all’Antico Testamento per leggere questo romanzo?». Perché se il e a Kafka» problema è solo uscire in libreria, occupare metri quadri da Feltrinelli, dimostrare che non hanno il blocco creativo, pubblicando queste giorno, chi da poche settimane, eppure sono stati opere irrisolte, aride, pedanti, fanno rimpian- immediatamente asfaltati dallo strapotere arro- gere la scelta di chi rinuncia alla letteratura gante de «l’ultimo romanzo di», anche se come per sempre. nel caso di Ammanniti si tratta di un centinaio Il guaio maggiore di questo presenzialismo dei svogliato di pagine a caratteri per ciechi al costo grandi autori è che con il battage pubblicitario di 10 euro, una cosa che si legge in mezz’ora be- e il marchettume che li accompagna, fanno vendo un caffè al bar in attesa che parta il treno ombra a altri autori assai più interessanti e vi- e dopo la lettura non rimane altro che partire tali, giovani e vecchi ancora contaminati dal per un paese dove gli editori, quando uno scrit- morbo della letteratura e schivi alla fama, alle tore dice che consegna un romanzo, pretendono blandizie televisive, alle astuzie degli uffici un romanzo, non gli scarti in fondo all’ultimo stampa che, come e più dei famigerati editor, cassetto della scrivania. stanno letteralmente sputtanando la letteratura I miei quattro moschettieri, De Majo, Severini, (anche se la guerra è guerra). Lattanzi e Cantarella, se scrivono tanto, come Ci permettiamo così di consigliarvi di lasciare in- De Majo, è perché hanno molto da dire; se scri- tonsi i capolavori annunciati dei grandi, o pren- vono poco, come Severini, è perché ogni frase è deteli e deponeteli direttamente nell’usato scon- una perla; se fanno gli snob, come Cantarella, è tato, e andate alla cassa con gli ultimi libri di perché hanno la sapienza e l’ironia per non ri- Cristiano De Majo, Gilberto Severini, Antonella sultare sussiegosi come Piperno; e se parlano di Lattanti ed Eva Cantarella. Mai sentiti? Non fa- eroina e tossicodipendenza, è l’ossessione della tevene una colpa, sono usciti chi da qualche loro vita, non un colpo basso per vendere.

«[…] l’impressione di un’ispirazione euforica e miracolosa che abbia contagiato gli scrittori italiani tutti allo stesso momento si dirada non appena comincia la lettura di queste attesissime novità. Sono romanzi funebri, verbosi e asessuati»

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Peter Pan scrive libri (per i suoi simili)

Paolo Di Stefano, Corriere della Sera 9 novembre 2010

Prima i romanzi giovanili parlavano solo ai gio- alla terza età, oggi il marketing editoriale ha ca- vani, ora anche agli adulti. pito che conviene puntare sugli scrittori under Negli anni Ottanta si parlò di giovani scrittori 40: i critici sostengono, peraltro, che hanno uno come fossero un gruppo compatto o un nuovo sguardo civile, molto acuminato, sulla nostra movimento: erano Del Giudice, De Carlo, Ta- realtà, come raramente è avvenuto in anni pas- bucchi, Busi, Benni e altri. Poi, nei primi No- sati. Franco Brevini, nel saggio La letteratura vanta, vennero Baricco, Veronesi, Onofri, Petri- degli italiani (Feltrinelli), sostiene questa tesi: gnani, Lodoli, Albinati, Mozzi e altri, e si disse che la nostra tradizione letteraria è schiava del che una generazione di giovani stava finalmente culto della forma, narcisistica, autocontempla- rinnovando le patrie lettere. Alla fine di quel de- tiva, in sostanza inadeguata a raccontare la re- cennio arrivarono i pulp a celebrare la morte altà per un difetto d’origine essenzialmente lin- della vecchia autoreferenzialità tipica della no- guistico. L’uso di una lingua artificiale come il stra letteratura: nei loro libri c’era più carne e toscano letterario ci ha privati di uno strumento c’era più mondo. I giovani scrittori ci sono sem- capace di raccontare il mondo. Per questo, la pre stati. Di recente Roberto Carnero ha scritto letteratura italiana soffre di agorafobia. Questa un interessante saggio sulla narrativa esordiente sua preoccupazione sembrerebbe dunque supe- degli ultimi trent’anni (Under 40, Bruno Mon- rata dai nuovi arrivati, che non hanno troppe dadori), da Porci con le ali alla Solitudine dei preoccupazioni stilistico-letterarie e, bypas- numeri primi. Che cosa è cambiato? Niente, in sando la tradizione, narrano il mondo così sé, i gerghi si adeguano sempre ai contesti e alle com’è (o come lo vivono)? Può darsi, ma non è epoche. Ma è cambiata visibilmente la società, necessario rallegrarsene. Come osserva Filippo è cambiato il pubblico, sono cambiati i numeri: La Porta nel suo pamphlet Meno letteratura, mentre prima i romanzi giovanili parlavano a per favore! (Bollati Boringhieri), la smania di un lettore giovane, oggi finiscono per attrarre raccontare tutto rischia di trasformare il mondo anche un pubblico di adulti, probabilmente i fa- in una immensa fiction, che è qualcosa di di- mosi Peter Pan che vi si riconoscono a dispetto verso dalla finzione letteraria. Intanto, il segui- dell’anagrafe (vedi Moccia o Volo), come si ri- tissimo sito affaritaliani.it annuncia gli esor- conoscono nelle musiche e nei comportamenti dienti del 2011: un esercito. Qualche esempio. dei figli e dei nipoti, magari imitandone i codici. C’è Donatella Di Pietrantonio, una dentista per Forse perché il pubblico «giovane» (giovanile, bambini abruzzese di 48 anni, che viene salu- similgiovane) si è esteso a macchia d’olio fino tata come l’erede (sic!) di Paolo Giordano. E c’è

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Paolo Sortino, che pur non avendo ancora con- Gli Under 40 cluso il primo libro («sto lavorando all’edi- della narrativa ting»), afferma: «Non riesco a immaginare una trasposizione cinematografica a opera di autori italiana: scrittori giovani, italiani. Non credo siano pronti per certe cose. non giovani scrittori Forse all’estero, chissà…». Chissà.

Sandra Bardotti, Wuz.it 16 novembre 2010

«Under 40»: una formula che oggi sentiamo un po’ ovunque, negli ambiti più disparati, che sa già di categorizzazione e che corre il rischio di sfociare nei soliti logori luoghi comuni. Per quanto riguarda la narrativa italiana, spesso viene detto che gli scrittori giovani non produ- cono letteratura di qualità, che non hanno un background letterario e culturale adeguato e profondo, che sono tutti sempre troppo impe- gnati nella promozione di se stessi. Si tratta di generalizzazioni che non hanno nessun valore argomentativo in una discussione sulla narra- tiva di un paese. Non è vero che in Italia non ci sono scrittori giovani che hanno talento e che producono narrativa di qualità, non è vero che sono privi di patrimonio culturale, non è vero che militano solo per se stessi. C’è chi si oppone al concetto stesso di delimita- zione anagrafica in letteratura. Effettivamente ragionare per generazioni è inconsistente per molte ragioni. Bisogna introdurre subito una di- stinzione: di cosa parliamo quando parliamo di «[…] la nostra tradizione letteraria è Under 40? Crediamo, infatti, che esista una fon- schiava del culto della forma, narci- damentale distinzione tra le espressioni «giovani sistica, autocontemplativa, scrittori» e «scrittori giovani. in sostanza inadeguata» È subito necessaria una premessa di carattere sociologico-culturale… Si parla di «giovani scrittori» da quando i gio- vani sono diventati una specifica categoria so- ciologica. La maggioranza della critica con- corda nel collocare l’affermazione di questa

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nuova categoria sociologica dopo la contesta- zione sessantottesca, ma le radici del fenomeno possono essere rintracciate già a partire dagli anni Cinquanta, con il boom che segue il se- condo dopoguerra, quando la disponibilità eco- nomica dei ragazzi diventa maggiore, il modello della famiglia tradizionale e patriarcale entra in crisi, vengono introdotti nuovi stili di vita, la struttura scolastica subisce imponenti trasfor- mazioni, nasce il concetto fondamentale di «tempo libero». Comincia così a svilupparsi tra i giovani la consapevolezza di sé, di essere una categoria che esprime una cultura radicalmente diversa da quella adulta ed è desiderosa di espri- merla all’intera società. In Italia si comincia a parlare di «giovane nar- rativa» negli anni Ottanta. Secondo Roberto Carnero, è a partire dall’estate del 1985 che le case editrici italiane cominciano a pensare a un gruppo di scrittori da presentare e lanciare alla Fiera del Libro di Francoforte. Da quel mo- mento critici e case editrici si sono dimostrati molto più attenti ai giovani esordienti. Al di là ai giorni nostri, che testimoniano la produttività del fatto commerciale, il fenomeno della gio- e la vitalità dell’iniziativa tondelliana: basti ci- vane narrativa ha sicuramente dato vita anche tare Silvia Ballestra, Romano Bulgaro, Alessan- a un importante momento di rinnovamento dro Bruschi, Claudio Camarca, Andrea Canob- della prassi letteraria, a fronte dell’illeggibilità bio, Guido Conti, Giuseppe Culicchia, Andrea della narrativa neoavanguardistica e sperimen- Demarchi. tale, dell’ovvietà della narrativa realistica co- Negli anni Novanta, poi, il nucleo forte degli munque rispolverata, della nullità della narra- esordi narrativi si colloca intorno a Ricercare. tiva di puro consumo. Laboratorio di nuove scritture, una manifesta- Figura centrale in questo processo è Pier Vitto- zione annuale concepita da Renato Barilli e rio Tondelli, che attraverso un concorso lettera- Nanni Balestrini, che si svolge a Reggio Emilia rio pubblica tre volumi di autori esordienti dal 1993. Under 25, in collaborazione con Massimo Ca- Così la letteratura ci racconta cosa vuol dire es- nalini e Transeuropa, dal 1986 al 1990. L’im- sere giovani negli anni Ottanta e Novanta, at- portanza del lavoro di Tondelli è enorme, non traverso una molteplicità di esperienze diverse tanto per il valore dei testi pubblicati, ma so- il cui segno distintivo sembra essere l’amplifica- prattutto per il suo impegno culturale militante zione delle conseguenze della globalizzazione e al servizio della letteratura. Con Tondelli si delle sue nevrosi. inaugura un nuovo modo di saggiare la realtà Nel 1996 nasce la collana Einaudi Stile Libero, giovanile attraverso l’inchiesta letteraria. Tra gli che ha da subito presentato le novità più interes- Under 25 tanti sono i nomi che sono giunti fino santi della letteratura e della cultura underground

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e pop giovanile, accogliendo in sé il maggior Ricordiamo anche i 12 racconti di Under 25. esempio di costruzione di un caso letterario col- Terzo millennio, edito da Costa & Nolan nel lettivo tramite i mass media, quello dei «canni- 2006, a vent’anni dalla prima antologia Under bali». L’antologia Gioventù cannibale è proprio 25 curata da Pier Vittorio Tondelli. A valutare del 1996, e comprende racconti di Niccolò Am- e scegliere i testi, un gruppo di giovani aspiranti maniti e Luisa Brancaccio, Alda Teodorani, Aldo «critici» coetanei degli autori, gruppo che fa Nove, Daniele Luttazzi, Andrea G. Pinketts, Mas- capo al Caffè versato, circolo letterario sorto similiano Governi, Matteo Curtoni, Matteo Ga- nell’ambito della Facoltà di Lettere dell’Univer- liazzo, Stefano Massaron, Paolo Caredda. sità Cattolica di Milano. Ricapitolando, alcune sigle editoriali sembrano Negli ultimi anni minimum fax ha pubblicato aver trainato l’affermazione del fenomeno della alcune pregevoli antologie di giovani scrittori letteratura giovanile negli anni Ottanta e No- italiani, seguendo l’esempio di Granta e del vanta: Transeuropa, con Tondelli e Canalini; pic- New Yorker: La qualità dell’aria (2004), Best cole sigle come Stampa Alternativa, Theoria, Ad- off 2005, Best off 2006, Voi siete qui (2007), dictions, minimum fax; Castelvecchi, che per Senza corpo (2009). prima pubblicò i «cannibali» Aldo Nove e Isabella Citiamo il lavoro di Roberto Carnero appena Santacroce; infine, Stile libero di Einaudi, che in uscito per la Bruno Mondadori, Under 40. I gio- pochi anni è diventata crogiuolo di nuove espe- vani nella nuova narrativa italiana, una interes- rienze sperimentali, fino a diventare lente di in- sante indagine sulla narrativa italiana degli ultimi grandimento dell’immaginario collettivo, espresso trenta anni, focalizzata sulle scritture di giovani con i modi della scrittura, delle ultime generazioni. narratori che parlano di giovani. Da Porci con le

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«[…] il fenomeno della giovane narrativa ha sicuramente dato vita anche a un importante momento di rinnovamento della prassi letteraria, a fronte dell’illeggibilità della narrativa neoavanguardistica e sperimentale, dell’ovvietà della narrativa realistica comunque rispolverata, della nullità della narrativa di puro consumo»

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«[…]a fine anni Ottanta, inizio Novanta, Tondelli selezionava i nuovi giovani scrittori tra gli Under 25, oggi lo scarto generazionale viene collocato molto più avanti. Gli Under 25 sono oggi Under 40»

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ali (1976) di Marco Lombardo Radice e Lidia Ra- un autore non giovane, anche se gioca a fare vera, considerato l’archetipo del genere «scritture il giovane». giovanili», a Boccalone (1979) di Enrico Palandri, A partire da queste premesse, la nostra indagine Altri libertini (1980) di Pier Vittorio Tondelli, intende parlare di «scrittori giovani» piuttosto Treno di panna (1981) di Andrea De Carlo, per che di «giovani scrittori», considerando che nel proseguire, negli anni novanta, con i libri di Silvia primo caso l’aggettivo «giovane» è un dato acci- Ballestra, Enrico Brizzi, Giuseppe Culicchia, fino dentale e accessorio, mentre nel secondo è ad arrivare ai casi più recenti di Melissa P., Fede- l’aspetto fondamentale. Inoltre, non ci interessa rico Moccia e Paolo Giordano, premiati da uno nemmeno obbedire a una linea che raggruppa straordinario successo di pubblico: una linea fra- casi editoriali studiati a tavolino in ossequio a stagliata e vitale, che ha per protagonisti giovani un’orrenda moda dell’esordiente. In uno scenario scrittori che parlano di giovani e dei problemi del editoriale dominato dal lolitismo e dalla sindrome loro mondo. Giordano, abbiamo indagato con curiosità nel Torniamo sui nostri passi… mondo della narrativa contemporanea, alla ri- In questo lavoro non intendiamo parlare di cerca di qualità da mettere in luce. Proponiamo «giovani scrittori» che parlano di giovani e quindi autori giovani di cui forse abbiamo sentito che mettono la condizione giovanile al centro parlare, il cui nome ci dice vagamente qualcosa,

«[…] una linea frastagliata e vitale, che ha per protagonisti giovani scrittori che parlano di giovani e dei problemi del loro mondo»

del loro lavoro. Gettando uno sguardo al pa- alcuni già promettenti, altri esordienti completa- norama editoriale del nuovo millennio, infatti, mente sconosciuti, altri impegnati anche nella ci accorgiamo che quella del «giovane scrit- veste di editori. tore» è diventata più una categoria commer- Cerchiamo di non rinchiuderci nella gabbia li- ciale che sociologica. Per Filippo La Porta, la mitante delle definizioni, e muoviamoci all’in- «giovane narrativa» non esiste più. «Dagli terno di una restrizione in cui può annidiarsi anni Ottanta, con il famigerato “riflusso”, as- una grande varietà di esperienze diverse. Pro- sistiamo a una mutazione antropologica che viamo a inserirci sulla scia del New Yorker e di continua tutt’oggi. La giovinezza in senso spe- Granta per proporre ai lettori alcuni autori che cifico tende a sparire, perché è tutta l’esi- magari non godono (o non ancora) di tutta l’at- stenza, anche quella degli adulti, ad acquistare tenzione e la promozione riservata ai casi edi- le caratteristiche che prima erano tipiche della toriali nati a tavolino. Alla fine dell’estate ap- giovinezza: fluidità, flessibilità, continua ca- pena trascorsa Il Sole 24 Ore ha aperto il pacità di adattamento. E anche in letteratura dibattito sui nuovi Under 40 italiani, interpel- è venuta meno la centralità della categoria lando alcuni critici e invitandoli a esprimere la “giovane” o “giovanilistica”. In un caso come loro opinione in proposito. Sono stati nominati quello di Paolo Giordano, infatti, il fatto che più di cinquanta scrittori: insomma, di tutto un l’autore sia giovane non è così significativo, po’. Noi invece proviamo a seguire lo schema mentre nel caso di Federico Moccia abbiamo anglo-americano e diamo una rosa di 20 nomi

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«[…] questo non è più un paese per vecchi: vivamo in una società tutta concentrata sul presente, che non accetta più di invecchiare e fa di tutto per ripudiare il pensiero della morte»

di scrittori italiani under 40 che consideriamo Nicola Lagioia, nel suo Manifesto per autori significativi nell’odierno panorama letterario. under 40 apparso sul Sole 24 Ore domenica 8 Sono premesse necessarie per capire l’intento del agosto, afferma: «Se c’è una cosa che accomuna nostro lavoro. Ci sono scrittori, anche molto i nati in Italia dopo il 1970 è l’eccezionalità del bravi, più o meno noti al pubblico, che non sa- contesto, e cioè il fatto di essere cresciuti in ranno nominati in questa sede. Ma questo è il quello che – ultimo o penultimo invitato alla ta- senso di una scelta: qualcuno deve rimanere fuori. vola delle grandi potenze democratiche – è di- Ecco gli Under 40 di Wuz: ventato neanche troppo lentamente un paese del Nicola Lagioia, Giorgio Vasta, Davide Enia, secondo mondo. […] Credo sia interessante ca- Fabio Guarnaccia, Letizia Muratori, Andrea Ba- pire come mai per gli under 40 italiani di oggi jani, Simona Vinci, Roberto Saviano, Gilda Po- un certo realismo richieda pochi sforzi e, con- licastro, Cristiano Cavina, Cristiano De Majo, temporaneamente, sia anche la dura lezione ap- Paolo Zanotti, Antonella Lattanzi, Paolo Co- presa nel passaggio dall’adolescenza all’età gnetti, Anilda Ibrahimi, Valeria Parrella, Laura adulta. La definirei una questione di imprinting: Pugno, Veronica Tomassini, Francesco Pacifico, difficile pensare di non vivere in uno dei paesi Rosella Postorino. più corrotti dell’occidente se ti congedi dal liceo Un dato su cui vale la pena di riflettere è che se poco prima di Tangentopoli; così come è piutto- a fine anni Ottanta – inizio Novanta Tondelli sto complicato credere a uno Stato sovrano se selezionava i nuovi giovani scrittori tra gli dai il tuo primo esame all’università non quando Under 25, oggi lo scarto generazionale viene esplode la bomba sull’autostrada Capaci-Pa- collocato molto più avanti negli anni. Gli Under lermo ma 57 giorni dopo, perché se il beneficio 25 sono oggi Under 40. Potremmo interrogarci del dubbio poteva sopravvivere con molto a lungo su questo dato. Come diceva il citato La sforzo alla morte di Falcone, la sua lapide è stata Porta, oggi la giovinezza in senso stretto tende scritta in via d’Amelio. Faticoso, del resto, cre- a sparire e va a comprendere una fascia di età dere a una politica che favorisca meritocrazia e molto più vasta. Del resto, questo non è più un bene comune se – scontrandoti già da qualche paese per vecchi: vivamo in una società tutta anno col muro di gomma gerontocratico in concentrata sul presente, che non accetta più di campo lavorativo – hai assaporato l’insostenibile invecchiare e fa di tutto per ripudiare il pensiero pesantezza della sospensione democratica in della morte. quel di Genova durante il G8 del 2001; e hai fa- Da un punto di vista generale, è palpabile nei ticato a sostenere un déjà-vu degno di Philip nostri under 40 una certa irrequietezza, quella Dick quando il ministro dell’Interno di allora, di chi è cresciuto in un periodo di pace pre- costretto a dimettersi per aver definito «un rom- sunta e apparente, di concreto benessere, e poi picoglioni» una vittima delle Brigate rosse, si sia ha dovuto fare i conti con la scoperta degli in- ri-dimesso non tanto per l’incredibile circostanza ganni e delle ingiustizie, rifiutando di inserirsi di non sapere chi gli aveva comprato casa ma nei meccanismi dell’omologazione con storie per l’ancora più incredibile circostanza di essere rassicuranti. stato nominato ministro un’altra volta».

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Per questo troviamo in molti Under 40, accanto Accanto al recupero del realismo e dello sguardo a una decisa impronta realistica, un certo atteg- sulla società, troviamo poi il gusto per la pura giamento apocalittico, a cui si accompagna narrazione, per la lingua letteraria e per la mu- anche il gusto per la sperimentazione e l’ibridi- sicalità della parola. Ne vengono fuori 20 ritratti smo, come se fosse impossibile dire e mostrare freschi e brillanti dell’Italia del terzo millennio. quel che si ritiene giusto con i modi mistificati «Stringendo poi l’attenzione – continua Lagioia seguiti dalla produzione culturale dominante. Il – su quegli under 40 che cercano di raccontare il caso di Gomorra, l’esempio più doloroso della mondo attraverso le lenti deformanti della lette- solitudine intellettuale italiana, è emblematico, ratura, credo che i buoni segnali sia incapace di anche per quanto riguarda la commistione di ge- coglierli solo chi questa letteratura non ha l’abi- neri e stili. A proposito di realismo, ricordiamo tudine di frequentarla. Se si guarda alla recente la discussione sul New Italian Epic portata produzione degli scrittori italiani (non solo under avanti da Wu Ming e da molti blog, i cui punti 40), è difficile non accorgersi di una grande vita- fondamentali sono riassunti nel memorandum lità; e ciò a dispetto di ritrovarsi in un paese che 1993-2008 (consultabile online e pubblicato nel ha elevato il disprezzo per la cultura quasi a 2009 da Einaudi nella raccolta New Italian Epic. punto d’onore». Concordiamo con lui, e la lista Letteratura, sguardo obliquo, ritorno al futuro). che vi proponiamo ne è la prova più convincente.

«[…] una decisa impronta realistica, un certo atteggiamento apocalittico, a cui si accompagna anche il gusto per la sperimentazione e l’ibridismo, come se fosse impossibile dire e mostrare quel che si ritiene giusto con i modi mistificati seguiti dalla produzione culturale dominante»

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Piccolo catalogo critico dei critici letterari

Massimiliano Parente, il Giornale 6 dicembre 2010

Si parla tanto di riforma universitaria, di me- Ammaniti, Avallone. Spesso a parlare di poli- ritocrazia, di risultati verificabili? E se doves- tica, perché della letteratura non frega niente simo applicare alle terze pagine i criteri meri- neppure a loro. tocratici, quali sarebbero i risultati? Se a un dottorando in letteratura si richiedono risul- DA TRENTA PAGINE tati scientifici, una volta uscito dall’università Legge solo l’inizio dei romanzi che recensisce cosa mai potrà diventare? Non certo un critico per lavoro e, se troppo voluminosi e complessi, letterario, al quale è richiesto di non sapere li stronca preventivamente, contando sulla cer- nulla e, se mai avesse saputo qualcosa, di tezza che tanto nessun altro li leggerà. Angelo dover dimenticare tutto. Così non troverete Guglielmi definì «un grande scrit- mai un critico che faccia riferimento a quelli tore che scriveva brutti libri», non significa che Harold Bloom chiama canoni in base a un nulla ma suona bene. Filippo La Porta conti- principio meritocratico universale. Quindi nua a dare dello scrittore fallito a Moresco ma perché studiare letteratura nelle scuole e al- a colazione mi rivela di non aver letto se non l’università se poi i più grandi scrittori italiani le prime trenta pagine di Canti del Caos e, in sono Camilleri, Faletti, Piperno, Saviano, per- quanto giurato allo Strega, di aver letto del- fino Veltroni e Franceschini? Chi sono i critici l’ultimo Pennacchi, il vincitore, solo le prime italiani? Li si può dividere in categorie, vo- trenta pagine, pur avendolo votato, e per mi lendo, ma ciascuno le rappresenta tutte, uno chiede «Tu l’hai letto? Com’è?». Siamo l’unico per tutti, tutti per uno. paese in cui un grande romanzo di mille pagine di Jonathan Littell non ha suscitato dibattiti L’ACCADEMICO ma stroncaturine piccate perché non era facile Non scrive sui giornali. Al massimo dà un’oc- da leggere come Aldo Nove. D’altra parte ho chiata alle pagine culturali della Repubblica, molte esperienze personali anche sui più inso- del Corriere, del manifesto o del Sole 24 Ore spettabili: Carla Benedetti, prima di scrivere per vedere se qualcuno lo nomina. Infatti non un’entusiastica recensione di un mio romanzo c’è nessuna soluzione di continuità tra le clas- su l’Espresso mi inviò decine di mail per chie- sifiche di vendita, le recensioni e gli autori vi- dermi come finiva, perché non aveva tempo di venti studiati e invitati come oratori negli ate- leggerlo. Per fortuna lo stesso romanzo fu al- nei, troverete gli stessi nomi del mainstream trettanto entusiasticamente recensito da Fi- editoriale: Pennacchi, Scarpa, Saviano, Scurati, lippo La Porta e definito «Il Fratelli d’Italia del

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recenti dibattiti sugli «under 40» apparsi negli ultimi mesi sul Sole 24Ore per avere una mappa completa delle consorterie. Li ritrovate insieme alle presentazioni, nei cenacoli, all’interno delle stesse collane dove spesso gli autori sono anche direttori di collana che offrono collaborazioni e saranno fedelmente ricambiati, e non man- cano parentele: il Pedullà critico che elogia tanto Nicola Lagioia non è il padre ma il figlio, ma il Nicola Lagioia elogiato da Pedullà figlio è anche il suo direttore di collana.

L’ABUSIVO Non essendo uno scrittore, e tantomeno un cri- tico, attacca chiunque osi scrivere un capola- voro. Spesso, non essendo neppure un critico, tende a sovvertire i generi per portare in alto il basso e l’alto in basso, sotto la sua scrivania, sotto i suoi piedi. L’esempio più noto è Antonio D’Orrico: dopo aver stroncato Joyce e Musil, dopo aver elevato Piperno a Proust italiano e 2000», e anziché sentirmene lusingato, poiché Faletti al più grande scrittore italiano vivente, con il libro di Arbasino il mio c’entrava ben oggi esalta il librino di Ammaniti Io e te come poco, ne dedussi che dovesse aver letto solo le un capolavoro. Meno è meglio è. Più i libri sono prime trenta pagine di Arbasino. Da allora insignificanti più sono immensi. Ha perfino in- smisi di contestare a un genio come Aldo Busi ventato le recensioni in venticinque parole, per di andare in televisione in contesti sciocchini e sbrigare il lavoro ancora prima. ballerini e lo compresi. Meglio avere come re- ferente Maria De Filippi che un critico italiano, IL GIORNALISTA e ormai quando mi invita Barbara D’Urso ci È sostanzialmente uguale agli altri ma è dichia- vado perché meglio andare dalla D’Urso a pa- ratamente un giornalista che scrive di romanzi gamento che a cena con un critico gratis. come scriverebbe di mozzarelle se fosse un cri- Se sei uno scrittore vero e conosci un critico lo tico gastronomico, tanto ormai non c’è bisogno eviti, se sei lesivo e autolesionista come Parente di aver scritto i saggi di Bachtin o di Steiner o lo umili o lo sputtani pubblicamente consape- di Todorov o Genette o Adorno per essere cri- vole che tanto di loro, mancando le opere, nulla tici, neppure di averle letti, anzi è d’obbligo resterà. Intanto ti faranno terra bruciata in- ignorare tutto, al massimo citare Pasolini che torno ma non ci riusciranno, l’hai già bruciata va bene sempre. Le recensioni saranno poi rac- tu. Se sei un autore qualsiasi e arrivista quanto colte in tanti pamphlet: il critico come intruso, basta lo coccoli e lui ti ricambia citandoti ap- casi critici, il critico militante, il tradimento dei pena può: il critico è il miglior amico dell’uomo, critici. Nessuno li legge ma loro se li spulciano basta accarezzarlo, tanto non legge. Così è suf- tra loro, è l’equivalente del grooming degli ficiente vedere le liste degli autori indicati nei scimpanzé.

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IL MULTICULTURALISTA andata a assistere al convegno sulla critica te- Ospite da Michele Mirabella, su Rai Tre, due nutosi alla Sapienza di Roma avrebbe tagliato settimane fa, cercavo di spiegare in tv che uno non i finanziamenti alla facoltà di Lettere e Fi- scrittore scrive delle opere e, se sono opere losofia ma direttamente le loro teste. d’arte, un critico è in funzione dell’opera, mai il contrario. Rispetto alle grandi opere: Proust o QUELLO VERO Michelangelo o Gadda sono più importanti di Non scrive sui giornali, e per quanto mi riguarda Debenedetti o Vasari o Contini, perché i secondi nonostante le belle recensioni ricevute negli anni studiano i primi e dipendono dai primi, mai il sui miei romanzi, i migliori critici li ho trovati contrario. Ma il buon Mirabella non mi capiva, nei lettori, che a differenza dei critici leggono i io ero il vecchio e il giovane era lui: «Ma perché libri. Mi sono arrivati, nel tempo, lunghi scritti questa gerarchia così rigida? È bella la contami- sui miei romanzi da chi non te li aspetteresti mai, nazione» e, contaminato anche Michele, mi ri- illuminanti perfino per me, positivi o negativi. spondeva come Jovanotti. Un cuoco abruzzese che si chiama Domenico Va- leriano Durante, un ventunenne sardo al primo L’AUTOCITAZIONISTA anno di giurisprudenza che si chiama Claudio La Porta cita Berardinelli che cita Manica che Ottonello, un barista di Torino, un impiegato cita Onofri, nella speranza che qualcosa resterà. delle poste di Palermo, un avvocato di Napoli e Emblematico il titolo dell’ultimo libro di La tanti altri. Sono loro i veri critici. Porta: Meno letteratura, per favore!, la porta aperta agli amici critici. Difficile capire quale sia VISTO DAL GENIO la differenza qualitativa tra una recensione di Witold Gombrowicz: «Come può un inferiore Giovanni Pacchiano, critico professionista, e giudicare un superiore?». Alberto Arbasino: una recensione di Loredana Lipperini, giornali- «L’affrettato feuilletton per il quotidiano o il sta, né su cosa si fondi la loro autorevolezza se settimanale è la principale attività del recensore i risultato sono identici e i curricula anche. In- – e non il sottoprodotto occasionale di impegni terpellare la Gelmini. più seri, come la saggistica o l’insegnamento – come non definire questo tipo di critico un ar- L’AUTOCRITICO chitetto che non abbia costruito né una casa né È crucciato e impegnato a interrogarsi sul una scuola, ma solo cabine da spiaggia o la cuc- ruolo della critica. Non leggono più i grandi cia del cane?». Gustave Flaubert: «Siamo invasi scrittori ma studiano i critici colleghi perfino dalla merda». Massimiliano Parente: «Non è come modello di scrittura. Se la Gelmini fosse ora di tirare lo sciacquone? Ma dov’è?».

«Se sei uno scrittore vero e conosci un critico lo eviti, se sei lesivo e autolesionista […] lo umili o lo sputtani pubblicamente con- sapevole che tanto di loro, mancando le opere, nulla resterà»

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Indice

– Premessa 3

– Filippo La Porta «L’inganno dei “giovani scrittori” nelle società gerontocratiche» Corriere della Sera, 24 giugno 2010 4

– Alessandro Gnocchi «Il salotto letterario distrutto a colpi di clava» il Giornale, primo luglio 2010 5

– Andrea Plebe Libri, la meglio gioventù» Il Secolo XIX, 20 luglio 2010 7

– Stefano Salis «Chi sono i più promettenti scrittori italiani under 40?» Il Sole 24 Ore, 31 luglio 2010 9

– Gabriele Pedullà «La carica dei magnifici under 40. E voi chi scegliereste?» Il Sole 24 Ore, primo agosto 2010 10 Giovanni Pacchiano, «Realtà e verità i fari da seguire» Ermanno Paccagnini, «La curiosità ci sia guida» Goffredo Fofi, «Una situazione eccellente» Marco Belpoliti, «Solo due autori ma apocalittici» Filippo La Porta, «Inventarsi una lingua forte» Andrea Cortellessa, «E io ci metto anche i poeti»

– Tommy Cappellini «I più bravi giovani scrittori? Sono sempre tutti “in famiglia”» il Giornale, 3 agosto 2010 21 Gli Under 40_rassegna_lug11_min:Layout 1 04/07/2011 17.42 Pagina 82

– Paolo Bianchi 22 «Scrittori troppo snob per vendere» Libero, 3 agosto 2010

– «Scrittori, la carica degli under 40: creatività tra riti e ordinaria fatica» Adnkronos, 4 agosto 2010 24

– Franco Cordelli «La letteratura italiana ha perso la potenza» Corriere della Sera, 7 agosto 2010 26

– Nicola Lagioia «Manifesto per autori under 40» Il Sole 24 Ore, 8 agosto 2010 28

– Maurizio Cucchi «Giovani scrittori imparate dall’America» La Stampa, 10 agosto 2010 30

– Fabrizio Ottaviani «I romanzi italiani? O brutti best seller o belli senza lettori» il Giornale, 10 agosto 2010 32

– Gabriele Pedullà «Figli senza padri (scrittori)» Il Sole 24 Ore, 10 agosto 2010 35

– Cristiano De Majo «Lo ammetto, preferisco gli americani» Il Sole 24 Ore, 11 agosto 2010 37

– Alfonso Berardinelli «Troppi romanzi uccidono la critica» Corriere della Sera, 11 agosro 2010 38

– Paolo Di Paolo «Quanti sono gli scrittori “under quaranta”? Una folla…» l’Unità, 11 agosto 2010 40

– Daniele di Gennaro «Difendo i giovani scrittori» Il Sole 24 Ore, 12 agosto 2010 42 Gli Under 40_rassegna_lug11_min:Layout 1 04/07/2011 17.42 Pagina 83

– Mario Baudino «Problemi di abbondanza tra romanzieri e montagne» La Stampa, 13 agosto 2010 44

– Stefano Salis «Scrittori under 40, la generazione c’è» Il Sole 24 Ore, 14 agosto 2010 45

– Gianluigi Ricuperati «Il romanzo italiano torna possibile» Il Sole 24 Ore, 15 agosto 2010 47

– Luca Ricci «Gli autori under 40 e il senso del limite» Il Messaggero, 17 agosto 2010 49

– Renato Barilli «Scrittori over 40, i veri trascurati» Corriere della Sera, 18 agosto 2010 50

– Andrea Bajani «Un futuro da Novecento» Il Sole 24 Ore, 19 agosto 2010 52

– Stefano Salis «Ma le nuove leve sono già “autori”» Il Sole 24 Ore, 19 agosto 2010 54

– Giulio Ferroni «Critica e qualità uccise dal mercato» Corriere della Sera, 19 agosto 2010 55

– Serena Danna «Scrittori senza Padrino» Il Sole 24 Ore, 22 agosto 2010 57

– Angelo Guglielmi «Manca la buona narrativa…» Corriere della Sera, 23 agosto 2010 59

– Angelo Guglielmi «Gli scrittori e il racconto d’inchiesta» l’Unità, 24 agosto 2010 60 Gli Under 40_rassegna_lug11_min:Layout 1 04/07/2011 17.42 Pagina 84

– Ida Bozzi «I romanzi sono vivi, la critica è all’angolo» Corriere della Sera, 24 agosto 2010 62

– Franco Cordelli «Se il romanzo è un feticcio» Corriere della Sera, 30 agosto 2010 63

– Luigi Mascheroni «Gli intellettuali “democratici” che non trovano spazio a sinistra» il Giornale, 5 ottobre 2010 65

– Giordano Teodoldi «I grandi non funzionano più facciamo posto agli outsiders» Libero, 6 novembre 2010 66

– Paolo Di Stefano «Peter Pan scrive libri (per i suoi simili)» Corriere della Sera, 9 novembre 2010 69

– Sandra Bardotti «Gli Under 40 della narrativa italiana: scrittori giovani, non giovani scrittori» Wuz.it, 16 novembre 2010 70

– Massimiliano Parente «Piccolo catalogo critico dei critici letterari» il Giornale, 6 dicembre 2010 78