Una Foresta Modello per la media valle dell’Aterno

Quindici Comuni della media valle dell’Aterno si candidano a diventare area pilota, seconda in Italia, della Foresta Modello, un progetto di pianifi cazione sostenibile dei paesaggi forestali e agricoli. Tralasciando i campanilismi, tutti i soggetti che operano nel nostro territorio sono chiamati a prendere parte attiva al processo decisionale, portando il proprio punto di vista per migliorare la qualità della vita e dell’ambiente rurale. L’idea di Foresta Modello nasce dalla rete internazionale dell’International Model Forest Network (IMFN).

Fifteen municipalities of the Aterno River valley applied to become the second Model Forest area in : a project to develop and implement a sustainable forest and rural landscape management plan. Leaving out parochialism, all the subjects operating in our territory are called to take an active part in the decision-making process, bringing their point of view in order to improve the quality of life and the rural environment. The Model Forest concept originates from the International Model Forest Network (IMFM).

Una Foresta Modello per la media valle dell’Aterno

PRESENTE, PASSATO, FUTURO Quaderni dell’Aterno DEL PATRIMONIO BOSCHIVO E RURALE

Una serie di quaderni racconta la storia, il paesaggio, gli itinerari, la natura, le tradizioni e l’armonia della valle dell’Aterno con il monte Sirente e i borghi antichi che la impreziosiscono. Una collana prova a narrare il ricatto di un mondo dimenticato, le buone pratiche attuate con successo, le diverse strade percorribili verso il futuro da parte delle aree rurali marginali. Al centro c’è sempre la voce Quaderni dell’Aterno delle donne e degli uomini che vivono questo territorio e il sapere dei ricercatori che lo amano e lo studiano. VI A passo d’uomo A passo d’uomo

Quaderni dell’Aterno Quaderni dell’Aterno

VI VI Centro di Educazione Ambientale Torre del Cornone-Ilex

Progetto Una Foresta Modello per la media valle dell’Aterno

Cof nanziato dalla regione

Educazione ambientale per i cambiamenti climatici, la sostenibilità e la resilienza e la prevenzione degli incendi boschivi Una Foresta Modello per la media valle dell’Aterno Presente, passato, futuro del patrimonio boschivo e rurale Quaderni dell’Aterno, VI

Direzione editoriale Alessio di Giulio

Coordinamento editoriale Francesca Spadolini

Impaginazione Arti Grafche Aquilane

© Copyright 2018 Ilex di Alessio di Giulio via Cantone della Terra 22, (Aq) www.ilexitaly.com [email protected] prima edizione novembre 2018

ISBN 978-88-940458-5-7

Foto: © Julian Civiero Le foto in bianco e nero sono tratte da Bruno Chiarelli, La cascata di Stiffe, a cura del Gruppo Speleologico Aquilano, L’Aquila 1995

Finito di stampare nel mese di novembre 2018 su carta FSC® presso gli stabilimenti di Arti Grafche Aquilane Via Gronchi, 14 - L’Aquila per conto di Ilex di Alessio di Giulio Andai nei boschi perché desideravo vivere con saggezza e in profondità e succhiare tutto il midollo della vita, sbaragliare tutto ciò che non era vita e non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto.

Henry David Thoreau, Walden. Vita nel bosco

Indice

La Foresta Modello 7 La biodiversità forestale Alessio di Giulio, Tiziano Arboretti della media valle dell’Aterno 31 Anna Rita Frattaroli, Valter Di Cecco Una Foresta Modello per la media valle dell’Aterno 11 Lo scenario dei cambiamenti Alessio di Giulio, Marina Paolucci climatici e il loro effetto sulle aree boschive mediterranee 39 Il paesaggio forestale Alessio di Giulio di ieri e di oggi 17 Alessio di Giulio, Marco Manilla Itinerari tra i boschi della media valle Il bosco nella valle dell’Aterno 43 dell’Aterno: testimonianze Alessio di Giulio orali e spunti storici 23 Marco Manilla

5 La Foresta Modello

1 La Foresta Modello

Il 27 ottobre 2018 la regione Abruzzo ha quindi di territori agricoli e forestali dove tut- sottoscritto un accordo con la Rete Mediter- ti i possibili confitti tra i diversi soggetti che ranea delle Foreste Modello per identifcare interagiscono fra loro (enti locali, imprese, una prima area pilota in cui attuare i principi associazioni, famiglie e singoli) sono risolti, della Foresta Modello. Quindici comuni della preferibilmente e preliminarmente, cercando media valle dell’Aterno, in provincia dell’A- soluzioni condivise. Il coinvolgimento attivo quila, si sono candidati a costituire tale area dei cittadini, uno dei principi chiave di Foresta pilota. Questo quaderno racconta dei boschi Modello, si realizza attraverso la creazione di della valle, della loro storia e del loro possibile un’associazione di territorio (nel caso nostro, futuro. Troverete qui riportate opinioni sul bo- della media valle dell’Aterno e non di singoli sco talvolta contrastanti come contrastanti paesi). Oltre ai privati cittadini, l’associazione sono, non di rado, i punti di vista delle diver- riunisce sia le organizzazioni pubbliche che se categorie che si relazionano con i boschi. quelle private: comuni, aziende agricole e zootecniche, operatori turistici, artigiani, as- sociazioni ed enti di ricerca, le componenti Che cos’è la Foresta Modello? attive e dinamiche di un territorio. Attraverso Foresta Modello è un metodo per gestire, as- il dialogo e la ricerca di soluzioni condivise, si sieme alla comunità locale, un’ampia area fo- superano l’isolamento ed i confitti – spesso restale ed agricola. Questo metodo è nato in tanto diffusi! – fra persone, imprese e comuni Canada oltre venti anni fa e da allora ha con- per cooperare verso uno sviluppo sostenibi- tinuato a promuovere la gestione sostenibile le e concreto. L’associazione, di fatto, è un e partecipata delle aree agro-forestali di tren- tavolo di confronto che non ha come obbiet- tuno nazioni del mondo con oltre 84 milioni di tivo quello di scrivere un libro dei sogni ma ettari di superfci boschive coinvolte. Si tratta quello di individuare azioni realistiche da fare

Carta 1 - Le macro-regioni che compongono la rete internazionale della Foresta Modello

7 Mediterranea (nella quale siamo inseriti anche noi), Europa Settentrionale e Russia. Essere parte di una rete internazionale è importante anche per lo sviluppo locale del territorio. Confrontarsi con esperienze già avviate con successo in altre aree, consente, infatti di trasferire, con maggior celerità, conoscen- ze e competenze già sperimentate, ma anche di concorrere ai bandi europei che richiedono ai candidati di collaborare con partner stranieri, non sempre facili da trova- re. Con la rete delle Foreste Modello, inve- ce, il partenariato è, di fatto, già costituito. Del resto, anche i fnanziamenti nazionali e regionali chiedono, sempre più spesso, che assieme, mettendole nero su bianco, in un le imprese e gli enti pubblici cooperino in- Piano strategico di sviluppo. L’associazione sieme. Anche in questo caso, con la Fore- realizza questo Piano strategico, cercando i sta Modello questa cooperazione sarebbe fnanziamenti necessari valorizzando le co- già in atto. noscenze e le capacità di tutti. Al momento, le regioni che hanno aderito a La Foresta Modello delle montagne questo progetto, formano, tutte assieme, la Rete Internazionale delle Foreste Modello o fiorentine International Model Forest Network (www. In Italia è già attiva dal 2012 una Foresta imfn.net). Modello nell’area delle montagne forentine La Rete è coordinata da una segreteria inter- - FMMF nazionale (in Canada) e da quattro segreterie (www.forestamodellomontagneforentine. di macro-regioni: Africa, Asia, Canada, Ibero- org). Si trova nella parte orientale della pro- America (Penisola Iberica e America Latina), vincia di Firenze e si estende per 548 kmq, con una popolazione di 64 mila abitanti. Il taggio dell’ambiente, dell’economia e del suo obiettivo è quello di contribuire a mi- valore aggiunto nel territorio gliorare l’integrazione e la sostenibilità dei • sviluppo e consolidamento dell’identità cul- boschi e del territorio rurale, incrementando turale e socio-economica del territorio la collaborazione e la consapevolezza di tut- • progetti di sviluppo forestale e rurale, an- ti i cittadini, delle imprese, dei turisti, delle che con forme innovative di collaborazione associazioni e degli enti locali. L’impegno imprenditoriale profuso da tutti i soci sta dando frutti impor- • promozione e qualif cazione della f liera tanti per lo sviluppo locale. Il lavoro è gestito complessiva del legno-energia (legna da da quattro commissioni tematiche che sono ardere e cippato) l’organo operativo della FMMF: sostengono • commercializzazione organizzata del pro- il consiglio direttivo, realizzano le azioni del dotto locale agricolo e forestale di qualità Piano strategico ed operano come labora- • coordinamento delle attività di ricezione tu- tori per lo sviluppo delle competenze. La ristica e di fruizione escursionistica, sporti- partecipazione ai lavori delle commissioni è va e culturale del territorio forestale aperta a tutti, siano essi soci o simpatizzan- • comunicazione, informazione, divulgazio- ti. Al momento sono attive quattro commis- ne, crescita delle conoscenze e delle com- sioni tematiche: Ambiente e società; Cultura petenze e turismo; Filiere produttive; Rapporti inter- • realizzazione di progetti internazionali. nazionali. Poi, per singole azioni o proget- ti, nascono gruppi di lavoro trasversali con specif ci obiettivi concreti.

Ecco alcuni dei campi sui cui lavora l’asso- ciazione: • rivalutazione sociale ed economica del set- tore forestale per le funzioni svolte a van-

9 Una Foresta Modello per la media valle dell’Aterno 2 Una Foresta Modello per la media valle dell’Aterno

L’idea di realizzare una Foresta Modello nella media valle dell’Aterno nasce dalla necessità di collegare e far lavorare insieme i borghi, le persone e le istituzioni attive che fnora han- no agito prevalentemente per conto proprio in questo ampio territorio. Lo spopolamen- to ha drammaticamente ridotto le comunità locali: è indispensabile quindi raccordare le componenti più dinamiche per gestire, con- servare e promuovere l’area nel suo insieme. Nessuno può ottenere qualcosa da solo, nessuno, isolato, ha la forza suffciente per “fare la differenza” tra rilancio ed abbandono defnitivo. Solo un lavoro faticoso ma condi- viso può restituire una prospettiva di futuro a questi magnifci luoghi ed alle loro comunità. È questo che la Foresta Modello si propone di fare. I Comuni che ne hanno promosso la costituzione sono già quindici, con una su- Carta 1 - Territorio abruzzese aderente al progetto perfcie complessiva di circa 31 mila ettari: Foresta Modello

2 11 Carta 2 - Comuni aderenti alla Foresta Modello e conf ni del Parco regionale Sirente-Velino

Acciano, , , Fon- Abruzzi, Villa Sant’Angelo. Gran parte della tecchio, Fossa, , , Poggio media valle dell’Aterno insiste all’interno del Picenze, Prata d’Ansidonia, San Benedetto Parco regionale naturale del Sirente-Velino: in Perillis, San Demetrio ne’ Vestini, Sant’Eu- un’area estesa circa 50.250 ettari, all’inter- sanio Forconese, Secinaro, Tione degli no della quale si trova un’ampia varietà di

COMUNE SUPERFICIE (KM2) SUPERFICIE TOTALE (et ari) SUPERFICE A BOSCHI INCIDENZA % 32,22 3.222,00 1.897,00 58,88 CAPORCIANO 18,62 1.862,00 1.072,90 57,62 FAGNANO ALTO 24,64 2.464,00 1.717,60 69,71 FONTECCHIO 16,86 1.686,00 1.392,80 82,61 FOSSA 8,71 871,00 143,60 16,49 MOLINA ATERNO 12,21 1.221,00 415,90 34,06 OCRE 23,6 2.360,00 1.270,60 53,84 11,46 1.146,00 512,50 44,72 PRATA D’ANSIDONIA 19,65 1.965,00 855,30 43,53 SAN BENEDETTO IN PERILLIS 19,34 1.934,00 1.425,80 73,72 SAN DEMETRIO NE’ VESTINI 16,49 1.649,00 628,10 38,09 SANT’EUSANIO FORCONESE 7,92 792,00 333,00 42,05 SECINARO 33,34 3.334,00 2.228,60 66,84 39,66 3.966,00 3.393,30 85,56 VILLA SANT’ANGELO 5,22 522,00 248,00 47,51 TOTALE 289,94 28.994,00 17.535,00 60,48

Tabella 1 - Superf cie e incidenza dei boschi

12 specie vegetali ed animali che rappresenta- torio (pari a 9.742,40 ettari). Sono costituiti no nel loro insieme un importante spaccato al 56% da querceti di roverella, al 14% da della biodiversità ecosistemica dell’Appenni- carpino e orniello ed al 7% da faggeta. no centrale. I boschi dei suddetti Comuni, in passato governati prevalentemente a ceduo Le foreste rivestivano in passato un ruolo per la produzione di legna da ardere e car- chiave nell’economia di queste aree ma, bone, occupano, in media, il 56 % del terri- nel tempo, hanno assunto un ruolo sempre più marginale. L’odier- na espansione della superf cie forestale è più una conseguenza dell’abbandono delle antiche attività agro- silvo-pastorali che il risultato di politiche attive di gestione fo- restale. Gli interventi forestali, infatti, sono stati guidati, negli ultimi anni, prevalentemente

Graf co 1 - Tipologie dei boschi della Foresta Modello

13 da logiche basate su esigenze di conserva- incendi ed i fenomeni climatici estremi se ne zione, senza che fosse attivata una pianif ca- inf schiano dei limiti comunali! È necessario zione di dettaglio di gestione forestale (come trovare nuove forme di economia sostenibi- i piani di assestamento). La pianif cazione è le che considerino il bosco e il suo territorio uno strumento chiave per garantire sia i co- non solo oggetto di conservazione ma anche siddetti servizi ecosistemici (regolazione delle fulcro di iniziative, legate al rilancio turistico- acque, prevenzione di frane ed erosione, bio- culturale ed alla valorizzazione dei prodotti diversità, bellezza ed attrattività del paesag- agricoli, alla produzione di legname da ope- gio) sia i prodotti commerciali legati al bosco ra per uso artigianale e di biomasse per uso (tartuf , legname da opera e legna da ardere) energetico locale. La Foresta Modello deve, sia la prevenzione delle calamità naturali o di come primo passo, sviluppare e mettere in origine umana come gli incendi, oggi favoriti pratica un piano strategico che indichi nel dai cambiamenti climatici. La pianif cazione dettaglio cosa fare e dove, migliorando così forestale programma attività nel territorio a la gestione del territorio, aumentando i bene- seconda delle diverse vocazioni e delle ca- f ci (economici, sociali ed ambientali) e ridu- ratteristiche ambientali e paesaggistiche. cendo, nel contempo, i rischi (incendi, ero- Bisogna oltrepassare la logica dei conf ni co- sione, spopolamento, perdita di biodiversità munali ma considerare aree più vaste come e di terreni agricoli). Una sorta di “mosaico è appunto quella della Foresta Modello: gli rurale” le cui tessere sono decise da tutti, soprattutto dalle comunità locali chiamate Modello sviluppa nuove capacità e compe- in prima linea a rispondere alle grandi sf de tenze dei principali attori (imprese, associa- ambientali di oggi: cambiamento climatico, zioni, enti locali, singoli cittadini) favorisce conservazione della biodiversità e contrasto il restauro e la conservazione delle risorse allo spopolamento progressivo. L’attivazione naturali, diversif ca l’economia rurale ripristi- di micro attività economiche e micro-f liere nando la multi-funzionalità del paesaggio, un locali può essere, in questo senso, un punto tempo tipica di questo territorio. di partenza chiave. Un esempio già attivo è L’adesione della Foresta Modello della me- l’impianto di riscaldamento a biomassa della dia valle dell’Aterno alla Rete Internazionale scuola di Fontecchio che consente di rispar- delle Foreste Modello consentirà inoltre di miare i costi del metano avvantaggiando un promuovere collaborazioni con altri Paesi, agricoltore locale, produttore del cippato che condividere buone pratiche e soluzioni inno- alimenta la caldaia e nel contempo mantiene vative, trovare partner per realizzare progetti il bosco. europei che facciano arrivare sul territorio ri- Il Piano strategico partecipato della Foresta sorse altrimenti inaccessibili. Il paesaggio forestale di ieri e di oggi

16 3 Il paesaggio forestale di ieri e di oggi

Il paesaggio forestale del passato Il bosco è stato per secoli il fornitore unico di energia per il riscaldamento, per i processi di lavorazione dei cibi, per la produzione di calce e materiale da costruzione e per un’in- fnità di manufatti e utensili. Fin dal Medioevo, la maggior parte del ter- ritorio della valle del medio Aterno è stata interessata da sistemi di uso civico che ga- rantivano, anche ai non proprietari, il diritto di accesso ad alcuni usi minori delle risorse (legnatico, pascolo invernale, raccolta delle pietre e dell’acqua). Con la fne della feudali- tà, a inizio Ottocento, tali promiscuità è sta- ta prevalentemente risolta in una divisione netta tra proprietà private, non più gravate da alcun uso civico, ed ampie proprietà col- lettive sopravvissute fno ad oggi fra alterne vicende, soprattutto nelle aree montane più ripide e nei pascoli. La maggior parte delle superfci forestali è costituita ancora oggi da cedui abbandonati (boschi da taglio per produrre legna da ar- dere) sfruttati intensamente per secoli fno a generare, tra Ottocento e inizio Novecento, un paesaggio quasi nudo, intensamente uti- lizzato per fni agricoli fn nelle terre terrazza- pietre, al bosco, formando così un mosaico te più scomode e remote. Resta la memoria, paesaggistico di grande fascino, una sorta negli archivi e nei racconti degli anziani, di di giardino roccioso. A questa trasforma- funeste e ripetute alluvioni prodotte, nell’Ot- zione sociale e paesaggistica, contribuirono tocento, dalla mancanza pressoché totale, una serie di fattori diversi: la crescita della di una protezione forestale che governasse popolazione, l’abolizione della feudalità ma il defusso delle acque piovane sui pendii. anche l’innalzamento delle temperature. In Si è così generato il paesaggio agrario degli effetti, dal Seicento e per tutto il Settecento, altipiani abruzzesi o dei versanti vallivi ca- le cronache parlano di inverni molto rigidi e ratterizzati da declivi ondulati: un paesag- di estati umide, piovose e fresche. Gli stu- gio agrario straordinario che caratterizzava diosi l’hanno defnita “la piccola glaciazio- la montagna abruzzese con terrazzamenti, ne”. Dopo la prima metà dell’Ottocento, la macere, muretti a secco e capanne in pie- temperatura media salì. Le estati divennero tra. La terra veniva strappata alle rocce, alle più calde e secche e gli inverni, meno rigidi

17 ed anche questo contribuì alla nascita di un ti a mozzone che non sono altro che fag- nuovo paesaggio montano caratterizzato gi capitozzati a circa un metro e mezzo da dai campi che salirono sempre più in alto terra perché producano fronde nuove che soppiantando il bosco ed i pascoli. I rac- possano essere raccolte per l’alimentazione conti dei più anziani ci descrivono una valle invernale delle capre. dall’estetica giottesca, con i boschi molto Altre formazioni paesaggistiche storiche, in- più radi, pendii nudi e con i declivi della valle teressanti dal punto di vista forestale, sono i quasi completamente coltivati a vigne, frut- pascoli arborati (spesso con alberi da frutto teti e campi di cereali e legumi. e mandorli), i seminativi arborati e le cosid- L’allevamento praticato dalle comunità dette difese o defense. Erano queste delle agricole locali, era basato sulle cosiddette aree di bosco, solitamente prossime ai pae- morre, il raggruppamento in un unico greg- si, dove veniva consentito prevalentemente ge comune dei pochi capi di proprietà di il pascolo del bestiame grosso e gli alberi – ciascuna famiglia. Tali greggi erano nel pas- solitamente di grandi dimensioni – venivano sato composti prevalentemente da capre, potati in alto così da avere legna da ardere animali che ben si adattano a brucare in un e al tempo stesso impedire agli animali di paesaggio di boscaglia e di pascolo molto brucare i ricacci. In genere, venivano sele- sfruttato e in inverno a mangiare le frasche zionate specie di alberi che producevano raccolte durante l’estate. Per contenere anche frutti utili per gli animali: ghiande, fag- il forte impatto di questi animali sulle fore- giole, pere e mele selvatiche. Si aveva così ste furono introdotte, durante il Fascismo, un vantaggio multiplo: pascolo, legna da ar- misure per scoraggiare l’allevamento della dere ed ombra durante l’estate. capra che infatti, già nel dopoguerra si era All’inizio del Novecento, il ritorno di parte molto rarefatto nel territorio. degli emigrati, arricchitisi col lavoro all’e- Una formazione boschiva interessante, stero, ha provocato, una corsa all’acquisto connessa all’allevamento e tuttora visibile in delle terre delle grandi famiglie latifondiste una contrada della montagna fra Fagnano decadute, con una frammentazione della e Fontecchio, è quella con alberi governa- proprietà e la conseguente distruzione di

18 boschi, difese e di grandi alberi, isolati o in Tendenze in corso nell’evoluzione flari. Dopo l’ultima guerra, si è assistito in- vece ad un progressivo declino dello sfrut- del paesaggio agro-forestale tamento forestale a causa della massiccia La superfcie forestale si sta infatti co- emigrazione, della diminuzione drastica del- stantemente espandendo a spese delle la produzione locale di pane, di calce e di aree agricole e dei pascoli abbandonati, carbone di legna. Il recente arrivo del me- con una progressiva chiusura degli spazi tano ha ulteriormente ridotto la domanda di aperti e perdita così delle specie legate ai legna da ardere per il riscaldamento. prati-pascoli secchi, come diverse specie Nel dopoguerra e fno agli anni Settanta di orchidee. Anche la fauna forestale è, di sono state realizzate numerose opere di conseguenza, in costante aumento con rimboschimento con conifere (in genere notevoli problemi di danneggiamento delle pino nero e pino silvestre) sui pendii più brulli residue colture agrarie da parte degli ungu- con lo scopo di dare lavoro ai tanti disoccu- lati (soprattutto cinghiali e cervi). Non sem- pati, frenare l’erosione e ricostituire il suolo bra esserci, almeno nel medio termine, un forestale. La strategia dichiarata era quella reale rischio di perdita diretta dei boschi a di procedere ad un successivo graduale causa della siccità dato che, fnora, non si sfoltimento delle piante, favorendo così lo è mai giunti a registrare situazioni di sicci- sviluppo delle specie autoctone, nel suo- tà talmente prolungata o di shock termici, lo forestale rigenerato. Purtroppo questo benché non è raro che le foglie si secchino processo non è stato portato a termine e anzitempo al termine di estati siccitose. Gli troviamo oggi diversi nuclei di pineta molto incendi degli ultimi anni, però, si fanno sem- ftti e con esemplari stentati, senza una ri- pre più estesi e devastanti per la manca- presa della vegetazione autoctona. Queste ta gestione del bosco, per le siccità estive aree forestali così composte rappresentano crescenti (per durata e per intensità), per di- spesso la migliore esca per gli incendi esti- segni criminali che è diffcile comprendere. vi siano essi accidentali o dolosi che poi si Le piante, disidratate, diventano un ottimo espandono alle vicine aree spontaneamente combustibile per gli incendi come si è potu- ripopolate di ginepro o ritornate al bosco di to vedere sia nel 2007 che nel 2017 quando latifoglie. Negli ultimi quarant’anni, comun- sono stati distrutti pinete, cespuglieti e bo- que, il bosco ha riconquistato i pendii più ri- schi nei pressi di Secinaro. pidi ed il suolo forestale si sta gradualmente rigenerando. Il bosco oggi: economia e gestione Benché i boschi della media valle dell’Aterno siano in gran parte abbandonati, pure essi ricoprono un ruolo non marginale per l’eco- nomia locale in quanto, al loro interno e so- prattutto nei versanti esposti a sud, cresce il pregiato tartufo nero invernale e il più comu- ne tartufo nero estivo. Un’economia, quella del tartufo, in gran parte sommersa e gestita in modo molto individualistico. La Camera di Commercio dell’Aquila ha promosso la nascita di un Marchio Collettivo Geografco per il “Tartufo della provincia dell’Aquila”, per garantire la qualità e l’origine del prodotto ma modesto è stato, fnora il suo utilizzo da

19 parte dei produttori. All’economia, prevalen- delle famiglie che effettuano il taglio sui bo- temente “in nero”, della raccolta dei tartuf schi di uso civico o su particelle private. A selvatici, va da qualche anno aff ancandosi riprova di ciò, la non applicazione degli ultimi quella delle tartufaie artif ciali che ha provo- piani di assestamento forestale e la manca- cato una notevole diffusione di arboreti di ta redazione di nuovi piani. roverelle e noccioli, disposti in f lari regolari Altro aspetto della gestione attiva dei bo- e cintati. È questa, ad oggi, la sola forma schi è quello legato alla mancata verif ca ed di agricoltura in signif cativa espansione sul informatizzazione del patrimonio demania- territorio. le e di uso civico di diversi Comuni ed alla Altra funzione principale del bosco è quel- grande incertezza che regna sui reali diritti la estetica, legata all’economia del turismo ed all’attrattività che esso dona al paesag- gio ed ai sentieri che lo percorrono. Data la sua struttura a ceduo invecchiato e data la pendenza dei versanti, il bosco è diff cilmen- te penetrabile in molti tratti ed è in genere percorso solo lungo i sentieri ma raramente vissuto dai turisti. Cionondimeno, il bosco è l’elemento caratterizzante della valle dell’A- terno ed il suo principale elemento di pregio estetico assieme ai borghi che lo costellano. L’unico uso tradizionale del bosco soprav- vissuto alla rivoluzione industriale è quello legato al riscaldamento: rilevante f no agli anni Settanta è poi andato declinando pa- rallelamente allo spopolamento progressivo e all’arrivo dei combustibili fossili. Inoltre l’invecchiamento della popolazione residua ha ridotto notevolmente il numero

20 di proprietà degli intestatari delle particelle muli – su particelle private o sugli usi civici forestali. Ciò costringe, coloro che vogliono di alcuni Comuni. Col declino del controllo effettuare un taglio, a fare una complessa del territorio, in passato esercitato più inten- verif ca storica per dimostrare la proprietà samente dalla Guardia Forestale, si assiste ed ottenere le autorizzazioni. Il taglio è oggi oggi anche alla crescita dei tagli abusivi, fatti esercitato molto occasionalmente solo su senza criterio e senza la necessaria rimozio- particelle private e nelle porzioni raggiungi- ne delle frasche. bili con mezzi motorizzati: solo una piccola Non esiste più, poi, un pascolo nelle aree impresa esclusivamente forestale è ancora forestali né un prelievo di frasche per gli ani- attiva nel territorio per interventi – anche con mali né per le fascine per cuocere il pane, né per paleria. Resiste solo un modesto pasco- lamento nelle piane che sovrastano la valle, con bovini di razze che ben si adattano alla vita all’aperto ed a penetrare fra i cespugli. Come uso diretto del bosco resta, in molti casi, solamente la raccolta di funghi, aspa- ragi, luppolo e frutti di bosco, attività molto apprezzate da parte dei residenti. Inf ne, ruolo fondamentale delle aree fore- stali è quello legato alla conservazione della biodiversità ad esse legata. Il territorio della media valle dell’Aterno (12 dei 15 comuni aderenti alla Foresta Modello) è ricompreso nel Parco naturale regionale Sirente-Velino ed in una Zona di Protezione Speciale (ZPS) mentre la faggeta ad agrifoglio delle falde del Sirente è interessata da un SIC (Sito di Interesse Comunitario).

21 Il bosco nella valle dell’Aterno: testimonianze orali e spunti storici 22 4 Il bosco nella valle dell’Aterno: testimonianze orali e spunti storici

Abbiamo intervistato alcuni abitanti che han- ed al pascolo. Tuttavia, soprattutto nei ver- no vissuto il rapporto con il bosco in modo santi montani più impervi e comunque più intenso o che semplicemente ne hanno vi- elevati, il bosco si riprendeva il suo spazio sto l’evoluzione negli ultimi sessant’anni. Da vitale. Anche nei boschi esisteva una vita tutte le testimonianze viene fuori il racconto piena di attività e, soprattutto nella bella sta- di una grande trasformazione anche esteti- gione, si popolavano di viandanti, cercatori ca della valle. Il bosco rifette la storia popo- di piante, vetturini, taglialegna, carbonai e lare e quella climatica, si adatta, si espan- cacciatori. I boschi erano ricchi di una se- de, come sta avvenendo negli ultimi anni, rie di piante eduli molto interessanti per le oppure si ritira nei monti più inaccessibili, popolazioni contadine, ad esempio, i proge- com’era nel recente passato. Le coltivazioni nitori di molti fruttiferi come il melo, il pero, che prima si estendevano a comprendere il sorbo. anche terreni sassosi, ripidi, marginali, oggi Le cronache del passato ci dicono che nu- sono quasi soppiantate dall’espandersi del merose piante del bosco facevano parte del bosco, della macchia, degli arbusti pionieri, panteon della fora popolare. E così anche i tra le antiche pietraie e muri a secco abban- frutti del faggio, detti faggiole, venivano rac- donati. Entriamo dunque in questo mondo, colti per la produzione di olio da utilizzare in questa storia che ci parla di un passato come combustibile per le lampade, oppure, che ha molto da insegnarci e che ci potreb- addirittura, nelle annate più sfavorevoli o du- be aiutare a capire il futuro e programmare rante le carestie, le faggiole venivano ridotte un rapporto armonico con il bosco. in farina e si utilizzavano per produrre il pane, in mistura con la farina di grano. La pratica di Così racconta Luigi: “A Santa Maria del trasformare le faggiole in olio era in voga so- Ponte, la montagna attorno al paese era tut- prattutto a Secinaro per la sua vicinanza alla ta una coltivazione, mica come adesso che splendida faggeta del Sirente. c’è solo il bosco! Non si vede nemmeno più “Le piante da cui le genti di montagna estra- la chiesa di San Pancrazio, mentre prima si evano l’olio erano essenzialmente il faggio ed vedeva bene dal paese, perché non c’era il bosco ma solo vigne, mandorleti, noci, mele, campi di ceci e grano. Era tutto colti- vato e non si lasciava nessun terreno sodo. Si vedeva bene la facciata della chiesa, ora no, non si vede più niente”. Insomma, una sorta di movimento secolare tra la selva ed il giardino, il bosco ed i campi coltivati. “Non si vede nemmeno più la fac- ciata della chiesa, coperta dalle querce”.

Il bosco è stato in passato soppiantato in diverse aree dell’Appennino ed anche nella valle dell’Aterno, per dare spazio alle colture Antonio Maggi, Furio Bernabei, Enzo Bernabe il noce. I frutti del faggio venivano raccolti non altipiani selvaggi, erano ricchi di ogni sorta solo per l’alimentazione del maiale ma anche di piante utilizzate dalle popolazioni rurali per la produzione di olio, utilizzato sia sulle nella normale dieta oppure, negli anni nei tavole come condimento che per la produzio- quali i raccolti erano scarsi. Molto apprez- ne di olio per le lampade o per confezionare zato dai contadini era il bagolaro del quale saponi” conferma Aurelio Manzi, etnobotani- si raccoglievano a novembre le bacche nere co nel libro Le piante alimentari in Abruzzo che venivano essiccate e mangiate durante (Edizioni Tinari, Villamagna Ch 1999). l’inverno. In effetti questa pianta, facilmen- Anche le bacche del sorbo montano ve- nivano utilizzate per produrre una specie di farina, tanto che tale sorbo viene anche volgarmente detto farinaccio. E così pure le ghiande della quercia venivano utilizzate allo stesso scopo, anche se normalmente costi- tuivano l’alimentazione dei suini. I boschi erano poi ricchi di frutti selvatici, soprattutto il melo ed il pero selvatico era- no oggetto di una vera e propria ricerca nei mesi autunnali. I frutti erano duri, immaturi, ma dopo un lungo ammezzimento in frut- taio, potevano essere cotti e mangiati. In- somma i boschi, le radure di montagna, gli

24 te rinvenibile allo stato spontaneo in tutta I taglialegna, i vetturini e i carbonai la regione, è stata coltivata e piantata dai Alla fne dell’inverno i boschi si popolavano contadini nei pressi degli orti o delle vigne, di piccoli gruppi di uomini legati da amicizia insieme al fco ed ai mandorli. Si raccoglie- o parentela che salivano dai borghi pede- vano anche le fragoline di bosco, i ribes, montani e si immergevano nei ftti boschi di l’uva spina, il prugnolo, il corniolo ed il lam- latifoglie per produrre carbone vegetale dal- pone, frutti di cui sono ricchi i boschi della la combustione parziale della legna: erano valle. Oltre al sorbo domestico, pianta molto i carbonai. Costruivano una capanna per considerata e spesso coltivata, ed al sorbo ripararsi dalle piogge o per viverci, se il pa- montano, nei boschi si raccoglievano i frutti ese era molto lontano; anche perché si sta- del sorbo degli uccellatori e presumibilmen- va nel bosco a produrre carbone per tutta la te, del sorbo ciavardello, pianta rara ma con primavera, l’estate e sino al primo autunno. dei frutti molto gustosi. Dopo la lenta cottura delle cataste di legna ricoperte di terra ed erba, il carbone prodotto Ecco come il marchese Dragonetti de Tor- si faceva raffreddare e poi si consegnava ai res1, nel 1806, descrive la perdita dei boschi carrettieri che con i muli lo trasportavano nei e si sofferma anche nella descrizione delle mercati cittadini. Insomma, i carbonai erano inevitabili conseguenze disastrose sulla sta- dei maestri del fuoco lento e dei grandi cono- bilità dei terreni, sul crescente rischio idro- scitori del bosco e dei suoi segreti. geologico e sulle carestie che seguivano alle drammatiche trasformazioni del territorio. Il vetturino si alza presto all’alba, quando il “Eliminate le foreste che reprimevano la furia chiarore del nuovo giorno è ancora indefni- de venti, i turbini e le tempeste non trovan- to. Prepara i muli e subito si mette in viag- do chi ne arrestasse il corso, hanno raso la gio per andare a caricare la legna. Spesso si terra e seminato la miseria e lo spavento… percorrono sentieri di montagna impervi, non così la nuda povertà sospira invano presso di rado pericolosi, per la presenza di pendii l’estinto focolare, più dolente delle rigide ripidi oppure resi scivolosi da una pioggia im- membra, che del ventre digiuno e famelico. provvisa. Il vetturino monta in groppa alla sua Le circostanti montagne non presentano cavalla e dietro seguono mansueti un grup- che lo squallore e l’abbandono e la natura po di cinque o sei muli. La cavalla svolge il geme nell’incontrare in mezzo all’incantato ruolo fondamentale di tenere unito il gruppo, giardino della fertile Italia, l’aspetto minac- poiché i muli non si allontanano mai da essa. cioso e terribile di un’Alpe infeconda... i tor- Alla cavalla si appende un grosso campa- renti e le piogge sempre più trascinando la naccio che funge da richiamo e tiene lontani terra vegetale inerente alle rupi, ci tolgono eventuali animali selvatici. Il vetturino lavora per sempre la speranza di vedere su quegli sterili scogli sorgere di nuovo il faggio e la quercia”.

Ma il bosco era popolato di numerosi perso- naggi oggi quasi del tutto scomparsi, oltre ai viandanti, ai cercatori di piante, c’erano so- prattutto i cacciatori, i taglialegna, i vetturini ed i carbonai.

1 Dragonetti de Torres, Lo stato dei Boschi, Ar- chivio di Stato dell’Aquila, 1806. dalla primavera all’autunno inoltrato, sempre modo attorno al bosco. Tutti si scaldavano a trasportare legna che venderà prima che il con il bosco e tutti cucinavano con la legna nuovo inverno arrivi. Ogni mulo ha una spe- del bosco. Ora non è più così. E poi i sen- ciale ed ampia sella, denominata basto, ai cui tieri che portavano alla montagna, ma pure lati viene sistemato il carico della legna. La quelli di campagna, erano tutti aperti e puliti. solitudine, il gusto dell’avventura, la bellezza Erano tenuti bene, si faceva la manutenzione di interi mesi trascorsi tra boschi, ruscelli e ogni anno, anzi la manutenzione non serviva prati, ma anche la capacità di sopportare fa- nemmeno perché la gente ci passava tutti i tiche, il freddo o il caldo: questa era la vita giorni e così i sentieri si mantenevano aper- del vetturino, dei carbonai e dei taglialegna, ti. Si andava per sentieri per lavorare su in fgure lontane dal mondo moderno che come montagna o per lavorare nei campi e allora i spesso avveniva in passato, erano completa- sentieri rimanevano belli e puliti. mente immersi nei ritmi della natura. Ci sono ancora oggi i boscaioli? Il bosco negli ultimi sessanta anni Ci sono, certo che ci sono, ma sono rimasti in pochi. Qui a Secinaro ne è rimasto solo Ma vediamo che cosa ci possono dire i bo- uno, risponde Maggi, ed è mio nipote Ame- scaioli di un paese che vanta una grande deo. Lui ha una ditta e ci lavorano solo operai tradizione nel rapporto vitale con il bosco e romeni perché gli italiani sono diventati tutti cioè Secinaro. Il paese è posto proprio sotto signori. al massiccio del Sirente, anzi ne rappresenta la porta di ingresso principale dalla valle su- E i carbonai, ve li ricordate? bequana. È comunque il paese della valle che Macché, i carbonai non ce li ricordiamo. ha il rapporto più diretto con la grande fagge- Gli ultimi carbonai hanno smesso negli anni ta del Sirente che si estende per centinaia e Cinquanta e già negli anni Sessanta, quan- centinaia di ettari sino a e ol- do abbiamo cominciato noi, che eravamo tre. Ancora negli anni Cinquanta c’erano una dei ragazzi, i carbonai non c’erano più. Quel trentina di boscaioli. Ecco il racconto di alcuni mestiere è fnito subito perché cominciò ad degli ultimi testimoni di quell’epoca. Abbiamo arrivare il carbone dall’Europa. incontrato presso la sede comunale di Seci- naro, alla presenza del sindaco, i fratelli Furio ed Enzo Bernabei e Antonio Maggi, di età compresa tra i 75 e gli 80 anni. Il racconto è corale, tanta è la voglia di ricordare che i tre si interrompono spesso, si accavallano. Del re- sto hanno condiviso una vita di lavoro insieme per circa cinquanta anni, una vita dura, sem- pre in mezzo ai boschi a tagliare legna. Ne hanno vissute di giornate dure, eppure i loro volti sorridono, la pelle dura cotta dal sole e poi si legge anche un certo orgoglio. In fondo hanno fatto un lavoro fuori dal comune, non privo di avventura, di rapporto con le stagioni.

Ma allora come è cambiato il bosco in questi anni, qui sopra a Secinaro? No il bosco è rimasto uguale, non è cambiato nulla. L’unica cosa che è cambiata veramente è che prima al paese tutti vivevano in qualche

26 Com’era il vostro lavoro? Oggi ci sono delle correnti di pensiero Beh a noi piaceva, risponde Enzo Bernabei. che sostengono che il bosco non biso- Era un lavoro duro però riportavamo il pane gna tagliarlo, almeno le piante secolari o a casa. Abbiamo lavorato anche fuori da Se- nelle zone sottoposte a vincolo ambien- cinaro, in altri boschi. Prendevamo in appal- tale integrale. Voi cosa ne pensate? to i boschi ad uso civico. Nel 1974 abbiamo Rispondono quasi in coro: no non è vero per preso un appalto grosso a Scanno. Siamo niente e la prova sta nei boschi che abbiamo stati tutta l’estate nelle montagne vicino a tagliato. Noi abbiamo tagliato il bosco di fag- Scanno. Tagliammo 24 mila quintali di legna, gio per sessanta anni ed ora andate a vedere quasi 600 quintali al giorno. Fu un’ammaz- come sta il bosco che abbiamo tagliato. Sta zata. Ricordo che c’erano ventiquattro mu- benissimo, anzi è più bello di quello che non è lattieri che trasportavano la legna al paese. stato toccato. Andate a vedere, per esempio, Tutte le famiglie si erano prenotate e così vicino allo chalet, sopra ai prati del Sirente. Lì tutto il paese ebbe la sua quota di legna abbiamo tagliato per anni e ora il bosco è bel- per l’inverno e anche le scorte per più anni. lissimo. Noi siamo i primi a dire che il bosco Noi tagliavamo soprattutto il faggio che è la va rispettato. Noi gli vogliamo bene al bosco legna migliore perché produce una famma perché ci ha dato il pane per le nostre fami- forte e scalda subito. glie, ma il bosco va ringiovanito, va diradato. Le piante crescono troppo ftte e allora biso- Allora, il faggio è meglio della quercia? gna dare aria e luce al bosco, così si rianima Sicuramente, risponde Furio Bernabei. La pure il sottobosco. Noi lo abbiamo notato per legna del faggio è sicuramente la migliore, anni e anni. Comunque noi abbiamo sempre non c’è paragone. Pure la legna di quercia è rispettato le regole della Forestale che segna- buona ma serve soprattutto per mantenere il va le piante da tagliare. E poi il bosco ceduo fuoco, scalda di meno ma ha una durata più va tagliato, altrimenti vengono fuori tutte pian- lunga. Così nelle case si utilizzava soprattutto te storte e piccole. per mantenere il fuoco quando si usciva o du- rante la notte. Per far ardere bene la quercia, Secondo voi, ci si può vivere ancora oggi la stufa deve essere calda e allora meglio bru- con il bosco? ciare prima il faggio e poi la quercia. Certo che ci si può vivere, risponde Maggi. Mio nipote Amedeo ci vive e poi ci sono an- che altri boscaioli a Goriano Valli ed in altri paesi. Oggi molti stanno rimettendo le stufe a legna per scaldarsi o i camini termici, perché la legna è economica e scalda veramente. La legna è sempre la migliore per scaldare la casa, fa il calore più buono. Certo, sono cambiate le condizioni. Ancora negli anni Sessanta tagliavamo le piante con l’accetta ed il segone: facevamo tutto a mano. Era un lavoro veramente duro. Le prime motoseghe arrivarono alla fne degli anni Sessanta. Oggi basta un operaio per fare il lavoro di venti bo- scaioli di una volta. Ma nonostante questo, il lavoro c’è e come. Con i nostri boschi ci po- trebbero vivere ancora tanti giovani se solo lo volessero. Di legna da tagliare ce ne sta tanta ed il prezzo è buono. No, è solo una que- stione di volontà: i nostri giovani non vogliono

27 fare i boscaioli e nemmeno altri mestieri nei quali si fatica.

Salutiamo i nostri amici boscaioli e la loro bonaria simpatia al bar del paese, nella bella piazza che dà una vista sullo splendido pa- esaggio della valle subequana. Il sindaco ci dice che lui farà di tutto per non far morire il rapporto con il bosco, vuole presentare dei progetti, dei programmi. Partiamo con una sensazione di nostalgia e tristezza. Che fne faranno questi splendidi paesi… Ormai molti se ne vanno a vivere a , all’Aquila o a , soprattutto le coppie giovani. Il futuro di questi luoghi è tutto da inventare, proget- tare, riprogrammare. Cosa ricordi in particolare dei boschi? Ma vediamo come ci racconta il suo rapporto Beh, qui intorno a Opi il bosco c’è sempre con il bosco un altro protagonista del terri- stato ma prima era molto più rado e pulito. torio, in un paese ancora più piccolo, Opi di Qui non ci sono piante di faggio ma soprat- Fagnano, nel versante esposto alla solagna tutto la quercia e poi aceri. Il bosco era molto della media valle dell’Aterno. Saliamo sino frequentato. Tutti andavano per boschi a rac- alla casa del signor Rosa che ci accoglie in cogliere le ghiande, le frasche e le foglie che modo caloroso insieme alla moglie. erano usate al posto della paglia come stra- Non ha fatto mai il boscaiolo ma da una vita, me per gli animali. Le frasche servivano per o almeno da quando è tornato dal Canada, accendere il fuoco o per far scaldare il forno e aggiusta le motoseghe a tutta la valle. In le ghiande si davano da mangiare agli animali questa zona c’è un fttissimo bosco ceduo e soprattutto ai maiali. In alcuni anni nei qua- di quercia, soprattutto roverella, aceri, carpi- li il raccolto era scarso, le frasche venivano ni, ornielli, maggiociondoli e naturalmente, il usate per nutrire gli animali d’inverno. I boschi pino nero, con le pinete piantate negli anni erano puliti perché ci venivano le capre e le Cinquanta. pecore a pascolare e così il sottobosco non si infttiva mai. E poi tutti andavano a recupe- “Siamo tornati dal Canada all’inizio degli anni rare i rami secchi per fare i ceppi con i quali Settanta perché lì non ci piaceva quasi niente si faceva il fuoco per cucinare. E allora non e soprattutto il clima era pessimo. D’estate c’era legna secca in giro. I mandorli venivano faceva un caldo insopportabile con una umi- potati e non ce n’era nemmeno uno secco. Il dità molto alta e d’inverno, che lì è molto lun- bosco era così pulito che dall’alto di un col- go, faceva un freddo continuo da non poter le si poteva vedere una lepre che scappava uscire di casa. Quando siamo tornati mi sono in mezzo alle piante. La maggior parte degli subito messo a fare il pastore ma poi, dopo alberi erano piccoli ma c’erano pure delle pochi anni ho dovuto smettere perché mi era querce, le roverelle, molto grandi, vecchie di venuta una allergia al feno. E così mi sono secoli. Queste piante raramente si tagliava- messo a coltivare lo zafferano, l’orto e aggiu- no, i contadini le sfoltivano soltanto, taglian- stare le motoseghe. Mi arrangio a fare tante do alcuni rami che sembravano grandi come cose. E allora sono sempre stato in mezzo se fossero delle piante autonome. Le piante alle campagne e per boschi o a parlare di secolari erano tenute in molta considerazione piante e motoseghe”. non solo perché erano vecchie e belle ma an- che perché facevano molta ghianda.

28 ricordo delle piante di pesche dal colore gial- lo: erano profumatissime e gustose. C’erano tante mele, pere, ciliegi, albicocche. Nessuno comprava la frutta. Tutti mangiavano solo la frutta antica delle nostre terre e non esisteva nessun trattamento. La frutta veniva bella e buonissima da sola. Molti raccoglievano an- che le sorbe e le mele cotogne: non si spre- cava nulla.

E gli animali, che animali si vedevano in quegli anni? Anche gli animali sono cambiati. E chi li ave- va visti mai i cinghiali e gli istrici? No proprio non c’erano, nemmeno a pagarli. Si vede- vano molti scoiattoli, tassi, faine e lepri. Si Ma allora il bosco era una vera ricchez- vedevano anche i lupi ma erano diventati za? rari, anche se i nostri padri e nonni ci raccon- Certo che era una ricchezza. I paesi che ave- tavano che ai loro tempi i lupi erano molto vano il bosco venivano considerati come pa- numerosi. Soprattutto, c’erano tanti uccelli. esi fortunati, perché il bosco rappresentava Io avevo la passione per gli uccelli e ne cat- il fuoco e con il fuoco si faceva tutto. E tutti turavo tanti, perché allora con alcuni uccelli tenevano al bosco. C’erano molti boschi ad ci mangiava tutta la famiglia. Conoscevo tutti uso civico e quelli più fortunati avevano an- i nidi in campagna e nel bosco ci passavo che il bosco patronale. La guardia forestale le giornate intere sugli alberi. Ho notato che era molto severa e se qualcuno tagliava delle negli anni il picchio è quasi scomparso per- piante o dei rami in momenti o in luoghi sba- ché i picchi mangiano gli insetti che sono gliati, si beccava una bella multa, perché la avvelenati dai pesticidi. Infatti le ghiandaie forestale stava sempre in giro e poi c’erano sono aumentate perché mangiano soprat- anche le guardie campestri pagate dai Co- tutto ghiande. A volte riuscivo a catturare muni. Quelli della Forestale dicevano: “Se ve- anche quattro o cinque ghiandaie e allora dete una bella pianta con una chioma folta e era una festa per la famiglia. Il bosco era po- bella, lasciatela ai vostri fgli”. polato di tanti animali e soprattutto uccelli. Altro che cinghiali. Oggi questi distruggono E oggi, come stanno le cose: è cambiato tutto. Siamo arrivati al punto che non si può il rapporto con il bosco? più coltivare. Oggi, oggi è cambiato tutto. Chi ci va più al bosco? Sono diminuiti pure i boscaioli. I bo- E per il futuro, come lo vedi il futuro del schi sono talmente ftti che stanno scompa- bosco? rendo anche le cave naturali dei tartuf, che Secondo me bisogna fare come gli antichi. vogliono un bosco coltivato, tenuto bene, Bisogna coltivarlo il bosco, pulirlo, tagliarlo. non troppo ftto. E allora molti stanno pian- Oggi la legna è tornata ad essere importan- tando cave artifciali di tartuf con i contribu- te e allora per scaldarsi è meglio la legna. Il ti della regione. Oggi si piantano alberi solo bosco va bene ma bisogna ritornare pure per i tartuf, nessuno pianta più una mela o alla campagna. Io ho fatto quattro orti, uno un ciliegio. Alla valle qui, vicino, sotto casa, per ogni lato della casa e mi sono accorto negli anni Sessanta ci stavano tante vigne che con un po’ di studio e di rifessione an- piene di piante da frutta. Ora non c’è rimasto che qui la campagna può rendere con sod- quasi nulla: solo qualche pianta vecchia. Mi disfazione.

29 La biodiversità forestale della media valle dell’Aterno

30 5 La biodiversità forestale della media valle dell’Aterno

Le conoscenze sulla biodiversità foristico- innescato l’abbandono delle aree interne vegetazionale di un territorio, sulla sua con- che, nell’Appennino centrale, ha consenti- sistenza e distribuzione, costituiscono un to l’avanzare del bosco con ritmi sostenuti. indispensabile strumento per una corretta Un aspetto sicuramente positivo che com- gestione degli ambienti naturali. porta, però, la perdita dei cosiddetti spazi La media valle del fume Aterno, sotto il pro- aperti con la conseguente riduzione della flo della biodiversità vegetale presenta una biodiversità, per la progressiva perdita di straordinaria ricchezza di ambienti, di spe- specie legate ai prati-pascoli secchi, tra cui cie e di tipologie vegetazionali, dovuta alla alcune specie rare e di grande valore per la conformazione geomorfologica varia e arti- conservazione come le orchidee. colata e alla grande differenza di altitudini, Se poi sommiamo anche gli effetti del cam- comprese tra i circa 600 m s.l.m. del fume biamento climatico, si avrà, fra non molto, Aterno, fno alle aree di alta quota che cul- un mutamento del paesaggio troppo rapido minano con il Monte Sirente (2343 m s.l.m.), sia per i tempi dell’uomo che per quelli della passando attraverso i pascoli dei piani car- natura. sici e i boschi dei versanti. Le tipologie forestali principali della media In tutto il Parco Sirente-Velino ma particolar- valle dell’Aterno, date le caratteristiche del mente nella media valle dell’Aterno l’azione territorio, sono molto varie, con i querce- dell’uomo sulla natura è stata molto diluita ti e gli orno-ostrieti (boschi a prevalenza di nel tempo e nello spazio. Nel territorio s’in- carpino nero ed orniello) della fascia pede- terpretano facilmente i segni delle lente tra- montana, le faggete alle pendici del Sirente, sformazioni dovute alle attività tradizionali. le formazioni ripariali lungo il fume Aterno e Solo a tratti, come ferite, si notano i segni i nuclei di rimboschimenti di conifere. I bo- dell’antropizzazione recente del territorio. schi maggiormente rappresentati sono sicu- Per centinaia di anni, le popolazioni locali ramente i querceti a roverella. Sono invece hanno contribuito all’affermazione di quello meno diffuse le faggete, gli orno-ostrieti, ed che oggi viene defnito “eco-mosaico”, uti- lizzando il territorio in maniera diversifcata e concorrendo alla creazione degli habitat se- mi-naturali. Ad essi attualmente si riconosce un ruolo di primaria importanza per il man- tenimento di un buon livello di biodiversità, così come previsto anche dalle normative comunitarie. Nel corso della storia si possono riconosce- re fasi alterne: periodi con sfruttamento ec- cessivo delle risorse — soprattutto forestali ma anche dei pascoli — e fasi di recupero della vegetazione naturale. Sin dalla seconda metà del Novecento l’ur- banizzazione e lo sviluppo industriale hanno altre tipologie. I rimboschimenti, prevalen- sono insediati generalmente sui calcari for- temente a pino nero e pino silvestre, sono temente drenanti e sui materiali sciolti delle caratterizzati da una modesta dimensione conoidi di detriti. dei singoli individui e da un notevole densi- Il bosco di caducifoglie a dominanza di ro- tà, dovuta al mancato diradamento. Nel fon- verella, è ricco di specie vegetali a distri- dovalle, sono presenti superfci colonizzate buzione centroeuropea ed eurasiatica, che da specie invasive come la robinia e l’ailanto si affermano lungo i versanti, a prevalente che hanno conquistato spontaneamente esposizione meridionale, su suoli piuttosto aree precedentemente coltivate. poveri e sassosi. Si presentano, nella maggioranza dei casi Boschi di roverella molto degradati con la struttura a ceduo o, talora, ceduo matricinato (ceduo con al- I querceti di roverella (Quercus pubescens cune piante lasciate perché possano dare subsp. pubescens) occupano i versan- seme e rinnovare il bosco) che solo rara- ti esposti a sud nel piano collinare e sono mente raggiunge una copertura continua molto frammentati e degradati a causa delle delle chiome. Si accompagnano alla rove- intense utilizzazioni del passato: si tratta di rella (Quercus pubescens) poche altre spe- cedui (boschi da taglio per legna da ardere) cie arboree quali l’orniello (Fraxinus ornus) aperti e luminosi, favorevoli allo sviluppo di e l’acero campestre (Acer campestre). Gli un folto strato erbaceo nel quale prevalgono arbusti sono prevalentemente ginestrino le specie da pascolo ed in particolar modo il (Cytisophyllum sessilifolium), rosa canina falasco (Brachypodium rupestre), oltre che (Rosa canina), ginepro rosso (Juniperus gli arbusti amanti della luce, come bianco- oxycedrus subsp. oxycedrus), corniolo spini, citisi e rose. (Cornus mas), mentre lo strato erbaceo è Nella media valle dell’Aterno questi boschi rappresentato prevalentemente da fala-

32 sco (Brachypodium rupestre), Teucrium campestre (Acer campestre) e, più sporadi- chamaedrys (camedrio comune) e Cha- ci, la roverella (Quercus pubescens) ed il fag- maecytisus spinescens (citiso spinoso), tut- gio (Fagus sylvatica). Gli arbusti più frequenti te specie amanti della luce. La riduzione dei del sottobosco sono l’evonimo verrucoso tagli rappresenta un fenomeno positivo che (Euonymus verrucosus), la lantana (Vibur- sta dando tregua a questi boschi, i più utiliz- num lantana), il nocciolo (Corylus avellana), zati fno a pochi decenni orsono, per la loro il ginestrino (Cytisophyllum sessilifolium) e il vicinanza ai centri abitati. Di recente l’habitat caprifoglio (Lonicera caprifolium) mentre fra dei boschi di Roverella è stato inserito nella le specie erbacee, Melittis melyssophyllum, Direttiva Europea Habitat 92/43 con la sigla Primula vulgaris, Melica unifora, Hepatica 91AA – Boschi orientali di Quercia bianca. nobilis e Campanula trachelium (erba limo- na comune, primula comune, melica comu- Boschi di carpino nero (Ostrieti) ne, erba trinità, campanula selvatica). I boschi di carpino nero (Ostrya carpinifolia) s’insediano, rispetto ai boschi di roverella, Boschi di cerro sui versanti più freschi con esposizioni set- Sull’Appennino il cerro (Quercus cerris) è tentrionali o su suoli che trattengono mag- presente nella fascia submontana ma sale giormente l’acqua. Il carpino nero è inoltre di quota, nelle esposizioni soleggiate, fno a specie pioniera, per cui spesso colonizza 1200 m circa. La condizione ottimale corri- substrati anche molto primitivi, come i ghia- sponde a suoli profondi, freschi e ricchi di ioni. Fra le altre specie arboree, si annovera basi. Sull’Appennino compone boschi puri l’orniello (Fraxinus ornus subsp. ornus), la o misti con altre latifoglie (roverella, carpini, roverella (Quercus pubescens subsp. pu- aceri, ecc.) nella fascia generalmente posta bescens), l’acero campestre (Acer cam- al di sopra di quella della roverella. pestre), il sorbo montano (Sorbus aria s.l.), Nel Parco Sirente Velino le cerrete non sono quello domestico (S. domestica) ed il cerro molto diffuse e la loro composizione fori- (Quercus cerris). stica ricorda quella degli altri boschi come In base alla freschezza del substrato e al mi- quelli di carpino nero o, in qualche caso, croclima si riconoscono due aspetti. come le faggete termofle. Il primo è quello dei suoli più aridi, dove i boschi si presentano come cedui o cedui matricinati, localmente in conversione ad alto fusto. È probabile che proprio l’attività di ceduazione abbia, nel tempo, favorito il carpino nero rispetto alle altre caducifoglie in virtù della sua elevata capacità di ricac- ciare polloni dopo il taglio. Elementi foristi- ci peculiari di questi boschi sono il ginepro rosso (Juniperus oxycedrus subsp. oxyce- drus), l’asparago (Asparagus acutifolius), il terebinto (Pistacia terebinthus) e la coronilla (Emerus major subsp. emeroides). Il secondo aspetto prevale su substrati più umidi, settentrionali della valle, dove il bosco è nettamente dominato dal carpino nero, al quale si associano l’acero opalo (Acer obtu- satum), l’orniello (Fraxinus ornus), il maggio- ciondolo (Laburnum anagyroides), l’acero Boschi di faggio interessanti sotto il prof lo conservazioni- stico. Nel Parco vi sono faggete insedia- I boschi di faggio (Fagus sylvatica subsp. te nel piano basso-montano e faggete di sylvatica) occupano un intervallo altitudi- climi più freddi, legate al piano altomon- nale compreso tra i 900 e 1800-1900 metri tano. Le prime sono caratterizzate dalla circa. Si tratta nella maggior parte dei casi presenza dell’agrifoglio (Ilex aquifolium), di boschi cedui, a volte molto invecchiati e oltre che della melica comune (Melica uni- in via di conversione all’alto fusto a causa f ora), dell’anemone dell’Appennino (Ane- dell’abbandono degli ultimi decenni o vice- mone apennina) e della cicerchia veneta versa proprio per interventi mirati in que- (Lathyrus venetus). Questi aspetti sono sto senso. Le faggete del Parco sono le molto importanti in quanto ricompresi tipologie forestali meglio rappresentate, sia nell’Habitat prioritario 9210 della Direttiva per estensione che per condizioni struttu- 92/43 dell’Unione europea “Faggeti degli rali. Nella media valle dell’Aterno sono più Appennini con Taxus ed Ilex”. Le seconde localizzate ma con aspetti decisamente sono caratterizzate da alcune cardamine (Cardamine enneaphyllos, C. kitaibelii) e lo (Corylus avellana). Nello strato arbustivo felci (Polystichum aculeatum, Dryopteris sono presenti anche il sanguinello (Cornus f lix-mas), oltre che dall’epilobio montano sanguinea), la fusaggine verrucosa (Euo- (Epilobium montanum), dalla sassifraga nymus verrucosus), la lentaggine (Vibur- a foglie rotonde (Saxifraga rotundifolia) e num lantana), la rosa arvense (Rosa arven- dal cavolaccio verde (Adenostyles glabra sis), il sorbo montano (Sorbus aria), l’acero subsp. glabra). minore (Acer monspessulanum), la dafne mezereo (Daphne mezereum) e l’acero Boschi di carpino bianco campestre (Acer campestre). Negli ambienti di fondovalle, alla base degli impluvi, a volte a contatto con le boscaglie Boschi igrofili di salici e pioppi umide a salici e pioppi, si afferma un bosco Lungo i corsi d’acqua e nei fossi sono inse- a dominanza di carpino bianco (Carpinus diate boscaglie a struttura arbustiva o arbo- betulus), spesso con abbondante noccio- rea. Nei tratti a pendenza poco accentuata e su substrati limoso-sabbiosi, si affermano robinia che lungo diversi tratti del fume si boscaglie a dominanza di salice bianco (Sa- sostituisce alle specie autoctone con con- lix alba) e pioppo nero (Populus nigra). Nei seguente impoverimento della biodiversità. tratti montani, con pendenza accentuata e su substrati igrofli sabbioso-ghiaiosi, sono dominate dal salice rosso (Salix purpurea) Le siepi e i grandi alberi e da quello ripaiolo (Salix elaeagnos), spes- Nel paesaggio vegetale della valle, i bo- so accompagnati dal salice dell’Appennino schi sono insediati prevalentemente lungo (Salix apennina). Nella maggior parte dei i versanti, mentre il piano è in parte ancora casi lungo le rive restano solo flari di salici interessato dalle coltivazioni e da altri ele- e pioppi, spesso capitozzati anche in ma- menti vegetazionali di origine umana, come niera eccessiva. Localmente sono presenti le siepi. Le siepi, diffuse soprattutto ai mar- nuclei di boschetto a galleria con noccioli, gini dei campi e lungo le stradine ed i fossi, olmo campestre e salici. formano una trama arbustiva che interes- Un uso sostenibile da Foresta Modello sa tutto il fondovalle con i contigui dossi dovrà, a nostro parere, prevedere un’e- e caratterizza la fsionomia del paesaggio spansione dei boschetti lungo i fumi e un agrario. A volte le siepi hanno colonizzato contenimento delle specie invasive come la i cumuli di pietre che i contadini, con una paziente opera di spietramento, raccoglie- spino (Berberis vulgaris), il sorbo (Sorbus vano lungo i confni delle loro proprietà: domestica), l’olmo (Ulmus minor) e il mag- spazi inutilizzabili dall’agricoltura che han- giociondolo (Laburnum anagyroides). Le no svolto, nel tempo, una preziosa funzio- siepi formano preziose strutture lineari che ne quali aree di ricolonizzazione e, quindi, contribuiscono a tessere quella continuità essi stessi centri di diffusione degli arbusti ecologica così importante per la fauna. pionieri. Un ruolo diverso è rappresentato dai grandi Gli arbusti più diffusi sono il sanguinello alberi, sia isolati nel paesaggio rurale, che (Cornus sanguinea), il biancospino (Cra- all’interno dei boschi. Ci riferiamo alle pian- taegus monogyna), il rovo comune (Rubus te secolari, sopravvissute alle tante intem- ulmifolius), la vitalba (Clematis vitalba), la perie, testimoni dello scorrere del tempo, fusaggine (Euonymus europaeus), la rosa rifugio per la fauna, dispensatori di ombra selvatica (Rosa canina), il prugnolo (Prunus ai viandanti, testimoni di dispute sui conf- spinosa), il rovo tomentoso (Rubus cane- ni di proprietà che spesso segnano con la scens), l’orniello (Fraxinus ornus), il ligu- loro imponente presenza. stro (Ligustrum vulgare), il melo selvatico Nel Comune di Acciano, ma anche in al- (Malus sylvestris) e, meno frequenti, il ca- tri ambiti della valle sono presenti alcune prifoglio etrusco (Lonicera etrusca), il cre- grandi querce secolari: la Foresta Modello dovrà tenere conto della loro conservazio- ne anche a fronte di una pericolosa quanto recente tendenza di “tagliare” gli alberi in quanto ritenuti pericolosi per gli schianti e la caduta di rami dovuta ai fenomeni mete- orologici estremi.

Come affermato nel documento della Commissione Europea sul rapporto tra Rete Natura 2000 e Foreste (2003): “La rete Natura 2000 non è stata costituita per impedire tutte le attività economiche che si svolgono nei siti designati, ma impone che la gestione di ciascun sito sia commisurata alle condizioni locali e tenga conto dell’esi- genza di tutelare la natura e la produzione economica… Nel caso della selvicoltura, la partecipazio- ne di tutti i soggetti interessati (proprietari di foreste, comunità rurali e operatori forestali quali imprenditori, industrie forestali e ONG impegnate sul fronte della conservazione) alla gestione della rete Natura 2000 è par- ticolarmente importante, in quanto la con- servazione della biodiversità spesso dipen- de dalla prosecuzione delle attività umane, soprattutto se si devono tutelare formazioni vegetali non ancora stabili”.

37 Lo scenario dei cambiamenti climatici e il loro effetto sulle aree boschive mediterranee 38 6 Lo scenario dei cambiamenti climatici e il loro effetto sulle aree boschive mediterranee

Recenti ricerche ci dicono che i cambia- seguenza, soprattutto in presenza di molta menti climatici in corso potrebbero provo- biomassa secca e di pinetine f tte ed ab- care, nell’area mediterranea, un aumento bandonate, incrementerà pure il rischio più della temperatura media annuale, fra i 2,7 importante nella regione mediterranea: gli e i 4°C (4-5°C in estate e 2-3°C in inverno) incendi. La media valle dell’Aterno è una entro il 2050. Si prevedono cambiamenti delle aree a più bassa piovosità della regio- nella frequenza, intensità e la durata degli ne Abruzzo ed ha già visto una riduzione del 1 eventi estremi, con più giorni di caldi, on- 15% delle precipitazioni nel 1951-2009 . Lo date di calore, forti precipitazioni e meno spiccato carsismo di queste montagne cal- giorni di freddo. In questo quadro, la piovo- caree rende, inoltre, piuttosto aridi i terreni in superf ce giacché gran parte dell’acqua me- sità annuale potrebbe diminuire f no al 20% teorica viene drenata dal substrato roccio- (f no al 50% in estate), in tutta l’Europa me- so. In una tale contesto, la valle è esposta, ridionale; nel corso dell’inverno, invece, po- trebbe anche aumentare di un po’ in quan- 1 tità ma con fenomeni brevi e molto intensi. Di Lena B., Antenucci F., Vergni L., Analisi del- la siccità nella regione Abruzzo implicazioni per L’aumento delle temperature e la diminu- l’agricoltura, Rivista italiana di Agrometeorolo- zione delle precipitazioni, incrementerà la gia 2012. Atti Convegno Aiam 2012. Palermo frequenza dei periodi di siccità e, di con- 5-7/06/2012. soprattutto nel suo versante meridionale, ad XIX secolo, come si tramanda nei racconti un forte rischio d’incendio ed a distruzioni di degli anziani e nei materiali d’archivio, la val- vaste proporzioni come quelle già avvenute le, quasi completamente deforestata, è stato nell’estate del 2007 ed in quella del 2017. oggetto di devastanti alluvioni. Il paesaggio Il versante nord della valle —quello di mag- che esce da questi drammatici incendi per- giore pregio forestale e quello solitamente de gran parte della sua attrattiva turistica, sia meno a rischio — ha subito l’ultimo deva- nelle boscaglie di ginepro, dove una lentissi- stante incendio ben cinquanta anni fa ma ma rigenerazione lascia per anni gli scheletri propagazione e dimensione degli incendi di- biancheggianti delle piante morte, sia nelle pende, oltre che da fattori topografci anche aree a pineta dove la normativa non permet- da fattori metereologici e vegetazionali: le te la rimozione dei tronchi semi-combusti, condizioni climatiche, infatti, infuenzano net- sia, infne, nelle zone dove la roverella e le tamente lo stato del combustibile vegetale, altre latifoglie ricacciano dalle ceppaie, gene- la sua umidità e quindi la sua infammabilità. rando una boscaglia ftta e diffcilmente pe- Non è improbabile, quindi, che anche questo netrabile. Altro effetto negativo degli incendi versante divenga nei prossimi anni sempre è quello legato all’economia del tartufo dato più vulnerabile. Il degrado conseguente della che le micorrize dei tartuf crescono fra i dieci copertura boschiva potrebbe favorire feno- e i trenta centimetri di profondità e vengono meni di erosione specie sui versanti più ripidi distrutte assieme agli apparati radicali delle (come quelli del versante nord) dove al bo- latifoglie delle quali sono simbionti. sco, ritornato ad una copertura omogenea Stando alle rilevazioni di dieci stazioni di ri- dopo il sovra-sfruttamento dei secoli passati, cerca forestale, omogeneamente distribuite è stato già da tempo riconosciuto il ruolo di su tutto il territorio nazionale e specialmente “bosco di protezione” (si veda il piano fore- nel centro-sud Italia, la temperatura media stale di assestamento del Comune di Fon- dovrebbe alzarsi di 4,3 gradi, nel periodo tecchio 1989-1998). Inoltre, un pendio così 2040-2060, rispetto a quella del periodo denudato e non più governato dai sistemi di preindustriale 1850-1870. Nelle aree mon- terrazzamento con muri a secco dei secoli tane come la nostra, però, il cambiamento passati, non avrebbe più difesa rispetto ai rispetto ai valori attuali sarà più importante ri- sempre più probabili eventi climatici estremi spetto a quello delle terre basse (73% contro come quelli che si sono avuti nell’autunno il 35%). Tali aumenti di temperatura potreb- del 2018 in diverse regioni d’Italia. Già nel bero avere un forte impatto sulle specie fore- stali la cui distribuzione altitudinale è stretta- della maggiore esposizione delle piante alle mente collegata alle condizioni termiche (sia gelate primaverili e dello stress termico dei medie che estreme). È stato calcolato, infatti, periodi più caldi. Stress idrico estivo e au- che un incremento di temperatura di 4,3 gra- mentata siccità possono provocare, infatti, di potrebbe comportare una notevole risalita una riduzione di crescita e produttività delle in quota delle specie meno amanti del caldo piante. In questo contesto ambientale sfavo- che sarebbero relegate sempre più in alta revole, i rimboschimenti vedranno aumentare montagna. A causa della più lunga stagione lo sviluppo di focolai di parassiti: con l’au- vegetativa delle faggete montane e delle più mento delle temperature, infatti, un numero alte concentrazioni di CO2, è stata però ve- crescente di malattie fungine o di attacchi rif cata un’aumentata capacità di accumulo parassitari colpiscono sempre nuove specie di biomassa legnosa da parte degli alberi, arboree. La più lunga stagione calda, infatti, rispetto agli anni precedenti al 1990. Secon- favorisce la sopravvivenza invernale delle lar- do le stime, tale aumento potrebbe raggiun- ve d’insetti e l’aumento delle loro generazioni gere il 62% nel 2090 anche se l’anticipo del che si succedono durante l’estate. È il caso risveglio vegetativo delle faggete potrebbe della processionaria della quercia che, negli non corrispondere ad un proporzionale in- ultimi anni, si presenta puntualmente con i cremento della stagione vegetativa a causa suoi bruchi all’arrivo della stagione calda.

41 Itinerari tra i boschi della media valle dell’Aterno

42 7 Itinerari tra i boschi della media valle dell’Aterno

Quando si arriva nella valle del medio Ater- più cespuglioso che arboreo. Inf ne arriviamo no, ciò che colpisce immediatamente è l’o- alla croce in cima alla salita, sull’altipiano delle mogenea copertura di boschi punteggiata pagliare. Seguendo a sinistra il sentiero – ma dagli antichi borghi. Una compatta coltre bo- anche “perdendoci” in questo bel paesaggio schiva ammanta il versante nord (in dialetto – attraverseremo una serie di conchette co- ju òpaco, sul lato destro dell’Aterno) che si perte di bosco simile al precedente e, dove arrampica ripido verso le pagliare, più dolce esso si apre, belle fasce cespugliate con è il versante sud (la solagna sul versante si- cornioli, noccioli, rose canine, sanguinelle, nistro dell’Aterno) dove un tempo regnavano prugnoli, berrette del prete e altri arbusti che terrazzamenti ed agricoltura. in primavera si ammantano di straordinarie Ecco alcuni itinerari per conoscere meglio i f oriture e in autunno offrono una bellissima nostri boschi. Per visionare i percorsi, con- tavolozza di colori. sigliamo A passo d’uomo, Guida tematica della media valle dell’Aterno1 con la mappa Pagliare di Fontecchio: i mozzoni o alberi dei sentieri. da frasca Arrivati alle pagliare di Fontecchio, scendiamo I boschi del versante nord sul fondovalle e puntiamo a ovest, dove, dalla conca, si stacca l’antico sentiero che porta Dal ponte romano di Fontecchio alle pa- e Rocca di Mezzo. Lo percorriamo per circa gliare 500 metri f no ad un trivio. Prendiamo il sen- Una bella passeggiata nel bosco, un po’ im- tiero non marcato sulla sinistra che prima sale pegnativa, è quella che dal ponte romano per un brevissimo tratto, poi, dopo un doppio di Fontecchio, ci porta f no alla piana delle tornante, continua in costa (attenzione a non pagliare (con circa 500 m di dislivello). Pas- perdersi!!). Poco prima che il sentiero si esau- sando sul ponte possiamo vedere, sulle due risca nel bosco, prima di una pozza scavata sponde, le formazioni di salici e pioppi a gal- dai cinghiali, lungo il sentiero e sulla scarpata leria che formano un bel serpentone argenteo sotto di noi, s’intravedono, grandi alberi con fra il verde cupo delle querce. Salendo a zig i tronchi contorti alti solo un metro e mezzo zag lungo l’ampio sentiero, al di là della ferro- circa. Da questi tronchi antichi, si staccano via, vediamo una prima fascia di robinie che verticalmente dei ricacci più giovani che si presto lasciano il posto ad un bosco misto allungano verso l’alto. Questo strano tipo di di roverelle, carpini neri ed ornielli. Attraver- alberi, per lo più faggi, erano detti mozzoni siamo grandi terrazzamenti agricoli, abban- e sono il risultato di una continua capitozza- donati e ormai invasi dal bosco. Il pendio si tura (taglio della chioma) di vecchi alberi per fa più ripido e la roccia comincia ad aff orare tanto che il bosco si fa più stentato e le pian- te governate a ceduo (cioè soggette da molti anni ad un taglio periodico) hanno un aspetto

1 Quaderni dell’Aterno V, 2016. Disponibile an- che sul sito www.valledellaterno.it. geta si stende su tutti i rilievi sopra le piane delle pagliare. Un altro bosco di faggi merita una visita in zona. Percorrendo la carrareccia che dalle piane delle pagliare di Tione porta, lungo la val Cardora, a Rocca di Mezzo, a 1200 metri slm circa comincia un’altra faggeta con alcuni esemplari di dimensioni eccezionali.

Le faggete del Sirente Un’altra bellissima faggeta è quella della Sel- va dell’Anatella. Percorrendo la strada che da Secinaro ci porta in auto a Rocca di Mezzo, superiamo le prate del Sirente e riprendiamo a salire fno al Vado della Forcella (1469 m slm). Poco dopo a sinistra troviamo l’indica- zione per Fonte dell’Anatella. Percorriamo la carrareccia fno alla fonte e poi, oltre, lungo un recinto in disuso, fno ad attraversare, in discesa, una faggeta con maestosi patriarchi arborei. Continuando a scendere, si raggiun- gono di nuovo le Prate del Sirente e, attraver- sate queste, la strada Sirentina. Se invece, salendo da Secinaro, ci fermiamo, prima allo Chalet del Sirente, possiamo salire alle spalle del rifugio fno a incrociare la stra- indurli a produrre – ad un’altezza accessibile da forestale che porta a Fonte Canale, luogo – delle frasche nuove, raccolte ed essiccate ideale per escusioni invernali anche con le per nutrire durante l’inverno gli animali. Que- ciaspole. sto modo di gestire gli alberi era tipico di un sistema contadino nel quale gli animali dome- Una difesa, forse… stici (capre e pecore pagliarole) non venivano Da Goriano Valli, saliamo verso le pagliare portate a svernare in Puglia ma formavano un ed arriviamo al passo; dopo poche decine di gregge comune (la morra) portato a pascola- metri troviamo un bivio oltre il quale, a destra, re a turno dai proprietari. si scende verso la piana. Se invece giriamo a sinistra, seguiamo una carrareccia che, poco Le faggete dalle pagliare dopo, piega a destra. Raggiungiamo così Continuando a salire sulla strada forestale uno stagno, chiamato “lago di Tempra”. Lo che dalla conca delle pagliare di Fontecchio superiamo e sul lato opposto arriviamo ad corre verso Rocca di Mezzo, il bosco cam- una foresta con possenti faggi ed aceri. La bia: compaiono i primi faggi, ancora preva- struttura di questo bosco con grandi alberi lentemente cedui. Strada facendo il sentiero sparsi, poco sottobosco, ed un laghetto nelle lascia la strada forestale (che prosegue dritta) vicinanze, richiama quella che veniva chiama- volgendo a sinistra per arrampicarsi su una ta difesa o defensa che indicava un bosco terrazza. Qui la faggeta si fa davvero bel- in cui il taglio di alcuni grandi alberi era inter- la con una continuità di esemplari di buone detto perché usato come pascolo arborato dimensioni che accompagnano una serie di e come ricovero estivo del bestiame, soprat- piccole conche un tempo coltivate. La fag- tutto vacche. A pochi passi da lì, nei pressi

44 di un’altra piccola conca, troviamo infatti i Le tartufaie, boschi particolari resti della “casa del vaccaro”, il pastore inca- Più che una meta di escursione, segnaliamo ricato di custodirle. Se proseguiamo salendo come curiosità un particolare tipo bosco (o nella valletta che parte dalla possibile difesa, bosco futuro) che incontriamo lungo la valle: il bosco vira decisamente alla faggeta, un le tartufaie artif ciali, unica forma di agricoltura ambiente di grande suggestione con grandi redditizia ed in espansione nella zona. Note- alberi e, in stagione, tanti funghi. Arrivati al rete, viaggiando in auto o a piedi, delle aree passo, se teniamo la sinistra, usciamo su dei cintate che ospitano f lari di alberelli – in ge- vasti pascoli, dai quali si gode una splendida nere ancora giovani roverelle e noccioli – nelle vista sul Gran Sasso, pagliare e sulla mole del cui radici è stata realizzata artif cialmente la Sirente. micorriza, l’associazione in simbiosi fra le ife (il corpo del fungo) del tartufo nero (invernale sinistra; a destra, invece, inizia una stradina o anche estivo) e le radici dell’albero. Dopo cui fanno da cornice delle grandi querce. La sei-dieci anni di lavoro per pulire dalle erbacce carrareccia si riduce a sentiero per scendere e bagnare, la tartufaia comincia a dare i suoi in un canalone per poi raggiungere la chie- frutti. Si spera… setta della Madonna di Loreto, nei pressi di Succiano. Qui si gira a sinistra; in discesa f no I fi lari di querce al cimitero di Succiano dove si imbocca, a de- Lungo i sentieri e le stradine della valle, trovia- stra, una nuova carrareccia che corre sotto al mo molti f lari di querce impiantate o lasciate paese f no alla fonte vecchia e poi più avanti crescere per ombreggiare i cammini ma an- f no al borgo di San Lorenzo. che per fornire ghiande per i maiali. Ne citiamo due particolarmente belli: il primo è lungo una I nuovi boschi della solagna bella stradina acciottolata che si diparte verso La solagna è il versante della valle esposto a est da Beff , posto a monte della SR 261 e sud, più caldo e cotto dal sole. Qui regnavano termina nella via che porta a Roccapreturo. in passato le vigne, oggi quasi completamen- Un altro si diparte dalla strada che dalla SR te abbandonate e gradualmente sostituite da 261 porta alla torre di Beff : dopo poche de- ginestre, ginepri, cespuglieti e boschi nuovi, cine di metri la strada asfaltata piega secca a soprattutto di roverella. È questo il versan- te più vocato al tartufo che viene qui inten- che, passando in costa fra f tte ginestre, si samente cercato. Si ha la chiara percezione ricongiunge con un altro stradello provenien- dell’abbandono delle terre agricole che anco- te da San Pio di Fontecchio che prendiamo, ra, talvolta, si affacciano in piccoli appezza- scendendo, a destra. Il panorama, mozza- menti incolti, assediati dal bosco che va via via f ato, consente di dare un ampio sguardo su riconquistando lo spazio perduto nei secoli, tutti i boschi della valle. Quando, in fondo alla mandando in avanscoperta prugnoli, ginepri e discesa di ciottoli, si arriva ad un crocicchio rose canine. Un buon esempio di questo pae- dove arriva la strada asfaltata, se proseguia- saggio, lo abbiamo nei pressi della frazione di mo dritti, attraversiamo una pinetina. Questa Opi di Fagnano Alto, sotto la quale ancora re- dà un’idea del miserevole stato in cui versano sistono due belle conche agricole, costellate oggi questi impianti artif ciali, abbandonati, di un buon numero di alberi di antiche varietà che avrebbero dovuto preparare il terreno al di melo. Proseguendo verso Bominaco sulla ritorno dei boschi autoctoni: le piante, mai strada asfaltata, dopo circa 300 metri, si apre diradate, sono stentate mentre molte di esse a destra una larga strada in ripida salita. La sono state schiantate dai venti e dai tempo- imbocchiamo e la teniamo f no ad incontrare rali. Superata la pinetina, un breve stradello a un grande campo: lo costeggiamo a destra sinistra ci porta alla Fonte ju puzz’ (il pozzo), su due lati per poi riprendere la carrareccia dominata da grandi esemplari di pioppo. A passo d’uomo A passo d’uomo

Quaderni dell’Aterno Quaderni dell’Aterno

VI VI Una Foresta Modello per la media valle dell’Aterno

Quindici Comuni della media valle dell’Aterno si candidano a diventare area pilota, seconda in Italia, della Foresta Modello, un progetto di pianifi cazione sostenibile dei paesaggi forestali e agricoli. Tralasciando i campanilismi, tutti i soggetti che operano nel nostro territorio sono chiamati a prendere parte attiva al processo decisionale, portando il proprio punto di vista per migliorare la qualità della vita e dell’ambiente rurale. L’idea di Foresta Modello nasce dalla rete internazionale dell’International Model Forest Network (IMFN).

Fifteen municipalities of the Aterno River valley applied to become the second Model Forest area in Italy: a project to develop and implement a sustainable forest and rural landscape management plan. Leaving out parochialism, all the subjects operating in our territory are called to take an active part in the decision-making process, bringing their point of view in order to improve the quality of life and the rural environment. The Model Forest concept originates from the International Model Forest Network (IMFM).

Una Foresta Modello per la media valle dell’Aterno

PRESENTE, PASSATO, FUTURO Quaderni dell’Aterno DEL PATRIMONIO BOSCHIVO E RURALE

Una serie di quaderni racconta la storia, il paesaggio, gli itinerari, la natura, le tradizioni e l’armonia della valle dell’Aterno con il monte Sirente e i borghi antichi che la impreziosiscono. Una collana prova a narrare il ricatto di un mondo dimenticato, le buone pratiche attuate con successo, le diverse strade percorribili verso il futuro da parte delle aree rurali marginali. Al centro c’è sempre la voce Quaderni dell’Aterno delle donne e degli uomini che vivono questo territorio e il sapere dei ricercatori che lo amano e lo studiano. VI