Comune di Rosignano Marittimo Provincia di

QUADRO CONOSCITIVO DEL PIANO STRUTTURALE

“COMPONENTE GEOLOGICO - TECNICA ED IDROGEOLOGICA”

APPENDICE 1

L’ASSETTO IDROGEOLOGICO DEL TERRITORIO COMUNALE

Marzo 2002 Dr. Paolo Squarci - Geologo

1. INTRODUZIONE ...... 2 2.INQUADRAMENTO IDROGEOLOGICO GENERALE ...... 2 2.1 Definizione delle risorse...... 2 2.2 Le unità idrogeologiche ...... 5 2.2.1 Unità a permeabilità primaria ...... 7 Alternanze di sabbie, limi ed argille ricche in sostanza organica dell'Olocene...... 7 Depositi di origine alluvionale, di riempimento di valli e paleovalli...... 7 (Olocene) ...... 7 Alternanze di sabbie, arenarie, calcari arenacei, ghiaie e conglomerati con...... 9 sporadiche intercalazioni di argille (Pleistocene medio - superiore) ...... 9 Alternanze di arenarie calcaree, sabbie e argille (Pleistocene inferiore e ...... 11 Miocene superiore) ...... 11 Formazioni argillose caratterizzate da bassissima permeabilità (praticamente...... 12 impermeabili) (Pliocene inferiore e Pleistocene inferiore) ...... 12 Prevalenza di argille e marne praticamente impermeabili (AM) con intercalazioni di modesto spessore di conglomerati e sabbie che possono costituire acquiferi di importanza limitata (MS del Miocene superiore) .... 12 2.2.2 Unità a permeabilità mista ...... 13 Brecce e conglomerati ...... 14 Formazioni calcareo, marnoso, arenacee caratterizzate da permeabilità da...... 15 media a bassa ...... 15 Argilloscisti con interstrati calcarei ...... 15 2.2.3 Unità a permeabilità secondaria...... 16 Calcari e radiolariti con buona permeabilità per fratturazione...... 16 Serpentiniti, gabbri e diabasi...... 17 2.3 La circolazione idrica nel sottosuolo ...... 17 2.3.1 L'acquifero regionale profondo...... 20 2.3.2 Ipotesi sullo stato termico dell'acquifero profondo...... 22 2.4 L’acquifero nelle rocce ofiolitiche ...... 23 2.4.1 Gruppo delle sorgenti del Gabbro ...... 24 2.4.2 Gruppo del sistema idrotermale della Padula-Muraglione-Ferrata ...... 26 2.5 Considerazioni sul chimismo delle acque...... 29 2.6 L'acquifero nella Formazione del Calcare di Rosignano ...... 32 2.7 L'acquifero della pianura costiera di – Vada ...... 34 2.8. Le caratteristiche idrauliche dell'acquifero della piana costiera...... 38 2.9 Valutazione delle potenzialità idriche della pianura litoranea ...... 39 2.10 Il bilancio idrologico...... 41 3. SCHEMA DELLA CIRCOLAZIONE DELLE ACQUE NELLA PIANURA...... 45 COSTIERA...... 45 3.1 La rete piezometrica...... 45 3.2 L’assetto piezometrico...... 45 3.3 Definizione degli acquiferi e del modello di circolazione delle acque...... 48 3.4 L'acquifero nei depositi alluvionali del Fiume Fine...... 49 3.4.1Le caratteristiche idrauliche dell'acquifero...... 51 4. INQUADRAMENTO GEOCHIMICO DELLE ACQUE ...... 52 4.1 Caratteristiche generali delle acque della pianura costiera...... 52 4.2 Elementi inquinanti loro origine e provenienza...... 53 4.2.1 Cloruri...... 53 4.2.2 .Nitrati...... 54 4.3 Le acque del subalveo del Fiume Fine...... 58 4.4 Zona dell’ “Acquabona” ...... 60 5 CONCLUSIONI SUGLI ASPETTI IDROGEOLOGICI...... 60

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1. INTRODUZIONE

La mole dei dati raccolti sul territorio comunale consente di presentare un’analisi specifica sull’assetto idrogeologico del territorio comunale che tiene conto delle varie problematiche che caratterizzano questo particolare settore di cruciale importanza per un corretta programmazione dello sviluppo urbanistico e delle attività produttive .

2.INQUADRAMENTO IDROGEOLOGICO GENERALE

Lo studio sistematico del territorio del Comune di Rosignano Marittimo, per la valutazione ed un corretto uso delle sue potenzialità idriche ha avuto inizio nel'1972. L'incremento continuo dei prelievi, legato alla domanda d'acqua sempre crescente, aveva messo in crisi l'equilibrio delle falde presenti nella pianura costiera di Vada, con il richiamo massiccio entro terra di acque marine o salmastre. In quel periodo per la prima volta fu affrontato il problema dell’approvvigionamento idrico e della difesa della qualità delle acque secondo le metodologie proprie della idrogeologia, abbandonando l'empirismo di ricercatori improvvisati, talvolta guidato dalle "bacchette magiche” dei sensitivi. L'Amministrazione Comunale iniziò, con la collaborazione dello scrivente e del Geom. Roberto Giovani, lo studio della pianura costiera a Sud dell'abitato di Vada che fu successivamente esteso al resto del territorio comunale.

2.1 Definizione delle risorse Le risorse idriche sono suddivisibili in due tipi fondamentali: - le acque di scorrimento superficiale, - le acque presenti nel sottosuolo. I due tipi di acque sono strettamente connessi in quanto le prime sono in contatto idraulico più o meno diretto con le seconde e la conoscenza dei sistemi acquiferi superficiali è un elemento indispensabile per la valutazione

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della potenzialità delle acque del sottosuolo. La conoscenza del sistema idraulico superficiale non deve fermarsi alla definizione dei parametri fisici che lo caratterizzano (portata liquida e solida, dimensioni del bacino, regime ecc.) ma deve spingersi anche alla conoscenza delle caratteristiche chimiche e biologiche delle acque in quanto queste condizionano in maniera diretta le caratteristiche di potabilità di quelle del sottosuolo. Per comprendere l'importanza di questo aspetto (qualità delle acque) basta tenere presenti le cifre relative ai prelievi attualmente effettuati nell'ambito del territorio comunale di Rosignano (dati ASA - anno 2000), per uso potabile: - da acquiferi alimentati dalle acque del Fiume Fine: 1.030.000 m3/anno; -da acquiferi alimentati indirettamente da acque di circolazione superficiale della Pianura Costiera di Vada: 1.230.000 m3/anno. Entrambi questi acquiferi presentano un elevato grado di vulnerabilità dalla superficie ma devono comunque essere utilizzati essendo gli unici di importanza pratica sul territorio comunale. Considerando le altre fonti di approvvigionamento si hanno : - Pozzi della zona collinare (Acquabona – Rosignano M°) : 450.000 m3/anno. - Sorgenti della zona collinare (Bucafonda del Gabbro): 17.000 m3/anno. Si arriva ad una quantità totale di acque proveniente dal sottosuolo del territorio Comunale ed utilizzata per usi potabili di circa 2.727.000 m3/anno. Per gli usi potabili ASA riceve inoltre dalla Soc.Solvay. da territori limitrofi, altri 550.000 m3 / anno per un totale di circa 3.270.000 m3 / anno per usi potabili. Sempre nel territorio comunale dagli acquiferi della pianura costiera vengono emunti 1.500.000 m3/anno per usi irrigui, stimati in base all’uso del suolo ed alle colture in atto in quanto al momento non esiste una misura diretta degli usi in agricoltura e 720.000m3/anno per usi industriali. Riassumendo dagli acquiferi presenti nel sottosuolo del territorio comunale i prelievi maggiori effettuati sono:

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C2.700.000 m3/anno per usi potabili C1.500.000 m3/anno per usi irrigui C720.000m3/anno per usi industriali per un totale di 4.920.000 m3/anno

Acqua utilizzata nel civico acquedotto in m3

2000 3270000

1999 3361000

1998 3462000

1997 3568000

1990 4112600

1989 3888000

1988 3870000

1987 4672000

1986 4080000

1985 3648000

1984 3400000

1983 3220000

Nel grafico allegato vengono mostrate le quantità utilizzate nel tempo nel civico acquedotto a partire dai dati disponibili del 1983.

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La qualità di queste acque, specialmente per usi potabili, va difesa da ogni possibile inquinamento che si origini dalla superficie (inquinamento chimico e biologico dei corsi d'acqua, uso non corretto di pesticidi e fertilizzanti in agricoltura) o per l'ingressione di acqua salmastra nelle zone prossime alla costa. Ogni tipo di inquinamento, una volta verificatosi, è difficile e lento ad eliminarsi, risulta per lo più praticamente irreversibile e gli interventi di risanamento possibili hanno sempre costi elevati.

Acque provenienti da acquiferi presenti nel territorio comunale

3000000 2500000 2000000 nno

a 1500000 / 3

m 1000000 500000 0 Usi potabili Usi irrigui Usi industriali

2.2 Le unità idrogeologiche

Le formazioni geologiche possono essere classificate, da un punto di vista idrogeologico, tenendo conto, in maniera qualitativa, di quei caratteri delle rocce che danno una misura della capacità di contenere (porosità) e di far defluire (permeabilità, trasmissività) l'acqua . Secondo che le proprietà idrauliche sopraddette siano dovute ai caratteri primari propri della roccia o che derivino da azioni meccaniche successive alla sua formazione (come per esempio azioni tettoniche che abbiano modificato la struttura primaria della

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roccia, fratturandola) si parla di porosità e permeabilità primaria o secondaria, rispettivamente. Esistono metodologie che consentono di dare una misura delle caratteristiche idrauliche delle rocce: nel caso di quelle affioranti o presenti nel sottosuolo della zona che stiamo esaminando si conoscono le caratteristiche idrauliche principali quantitativamente (permeabilità e trasmissività) soltanto di quelle che costituiscono gli acquiferi utilizzati per usi potabili, attraverso prove di portata sui pozzi . Una valutazione qualitativa delle caratteristiche idrauliche delle varie formazioni distinte nella carta geologica consente di derivare da questa la carta idrogeologica dell'intero territorio comunale (Tav.G6). Su questo documento cartografico, oltre alla distinzione dei vari complessi idrogeologici, sono state indicate le principali sorgenti, i pozzi di maggiore portata e, nella zona della pianura costiera, è stato definito, con curve di livello, l'andamento della superficie freatica. Nella classificazione idrogeologica delle formazioni presenti nel territorio comunale è stata utilizzata la terminologia europea. Secondo questa e tenendo conto delle caratteristiche litologiche, tessiturali, dello stato di tettonizzazione (fratturazione), le varie formazioni possono essere raggruppate in tre unità idrogeologiche principali:

1. unità a permeabilità primaria 2. unità a permeabilità mista 3. unità a permeabilità secondaria. Nelle varie unità possono essere riuniti strati e gruppi di strati a permeabilità (e porosità) molto diverse tra loro: quello che contraddistingue l'unità idrogeologica è la caratteristica dominante dell'insieme. La base di riferimento per la definizione e la delimitazione cartografica delle varie unità idrogeologiche distinte nella carta idrogeologica (Tav.G6) è stata la carta geologica del territorio comunale (Tav. G2).

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2.2.1 Unità a permeabilità primaria

Appartengono a questa unità formazioni geologiche a varia permeabilità che hanno mantenuto praticamente inalterate le caratteristiche idrauliche dal momento della loro diagenesi. Ne diamo la descrizione seguendo la suddivisione operata nella carta idrogeologica nella quale le formazioni sono accorpate in vari gruppi a seconda del grado di permeabilità.

Alternanze di sabbie, limi ed argille ricche in sostanza organica dell'Olocene Affiorano e sono presenti nel sottosuolo per uno spessore massimo di alcuni metri, lungo la fascia costiera tra Punta Lillatro a Nord ed il limite sud del territorio comunale. La permeabilità di questo gruppo varia da media a bassa, a seconda della composizione litologica. Come vedremo meglio nel capitolo specifico riguardante i problemi della qualità delle acque, questi sedimenti (dunari, palustri e di ) contengono acque generalmente salmastre, non utilizzabili per alcun scopo.

Depositi di origine alluvionale, di riempimento di valli e paleovalli (Olocene)

Anche in questo gruppo sono riuniti strati a diversa permeabilità: bassissima in argille e limi, elevata nelle ghiaie. Si tratta di sedimenti depostisi nelle incisioni vallive dei principali corsi d'acqua: nelle parti affioranti sono in genere costituiti da argilla e limo-argilloso mentre, in orizzonti al di sotto della superficie, sono presenti più livelli discontinui di ghiaie a matrice sabbiosa. Questi ultimi costituiscono orizzonti acquiferi che, nel basso corso del Fiume Fine, possono avere notevole capacità di immagazzinamento e vengono utilizzati intensamente per scopi potabili e industriali. Nella carta idrogeologica è stata ricostruita con curve di livello la base dei depositi alluvionali in corrispondenza della Valle del Fine. La ricostruzione dell'andamento in profondità della paleovalle è stata possibile per il tratto finale

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del fiume, tra la zona delle Fabbriche ed il mare, per la disponibilità di numerosi dati stratigrafici derivanti dalle perforazioni eseguite sia per indagini geotecniche (Società Solvay) che per ricerche di acqua (Amministrazione Comunale e Società Solvay). Le altre aree di affioramento di questi depositi corrispondono alle pianure dei fondi valle più importanti, tutti tributari di destra del Fine: Botro della Sanguigna, Motorno e Torrente Savolano. Le conoscenze sulla stratigrafia dei sottosuolo di queste aree, e quindi della distribuzione della permeabilità, sono scarse mancando informazioni diretto deducibili da sondaggi. Le poche informazioni, disponibili (sondaggi geotecnici per lo Stabilimento Sarplast, presso la stazione di Santa Luce) fanno supporre l’esistenza, direttamente sopra le argille del Pliocene, di livelli di ghiaie, a matrice argilloso sabbiosa, di pochi metri di spessore verso la base dei depositi fluviali sormontati da argilla e limo e quindi acquiferi di modesta potenzialità. Lo spessore dei sedimenti fluviali del Bacino del Fine sembra rimanere modesto (10-15 m) fino alla strettoia delle Fabbriche e aumentare in maniera considerevole (30 m) da questa località verso il litorale. Come si può rilevare dalla ricostruzione dell'andamento della paleovalle, la quota della base di questa si aggira tra -10 m rispetto al livello del mare, in corrispondenza della strettoia delle Fabbriche, per arrivare a -30 m presso la linea di riva, con una pendenza media di 0.38% contro una pendenza media dell'alveo attuale di 0.24%. La strettoia a monte delle Fabbriche con ogni probabilità ha funzionato come soglia durante la fase erosiva (ultima fase glaciale del Wurm) nella quale si è scavata la valle sepolta, in quanto il substrato è qui costituito da formazioni compatte. (diabase, "Calcare di Rosignano" ed Argilloscisti con calcari ) meno erodibili di quelle presenti a valle (Sabbie ed argille ad Arctica). L'erosione è stata quindi limitata dalla soglia delle Fabbriche che ha funzionato come "livello di base" dell’asta fluviale a monte, mentre a valle il livello di base era regolato da quello marino che, all’altezza della linea di riva attuale, doveva trovarsi almeno 30 metri sotto . Tra le Fabbriche ed il mare esiste un livello basale, continuo di ghiaie a matrice sabbiosa caratterizzate da buone proprietà

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idrauliche, con spessore variabile (fino ad un massimo; di 10 metri) contenente una importante falda acquifera. Le ghiaie di base sono ricoperte da sedimenti argilloso - limosi praticamente impermeabili, nei quali sono presenti altri livelli discontinui di ghiaie a profondità variabile tra 5 e 16 metri dal piano campagna e con spessore massimo di 5 metri, anch'essi sede di falde acquifere di più modesta importanza.

Alternanze di sabbie, arenarie, calcari arenacei, ghiaie e conglomerati con sporadiche intercalazioni di argille (Pleistocene medio - superiore) In questo gruppo sono state riunite formazioni con caratteristiche litologiche piuttosto omogenee, trattandosi prevalente- niente di sedimenti clastici a granulometria medio alta compresa tra quella delle sabbie e quella delle ghiaie più o meno grossolane. Sono talvolta presenti strati a granulometria più fine (argille e limi) ma sempre in subordine rispetto ai livelli clastici grossolani. Questo gruppo è presente su tutta la pianura costiera a partire da fino al limite sud del territorio comunale. Costituisce un importante acquifero "multistrato" utilizzato per usi potabili, industriali ed irrigui. La raccolta e l'elaborazione dei numerosi dati delle perforazioni in esso eseguite; ha permesso la ricostruzione con curve di livello (in metri rispetto al livello medio del mare) dalla base di questo acquiferi .Si tratta di sedimenti continentali nella parte basale (Conglomerati di San Marco) sormontati da depositi marini e continentali appartenenti a più. episodi sedimentari del Pleistocene medio e superiore. I conglomerati presenti a più livelli rappresentano la parte iniziale dei vari episodi, passano verso l'alto a sabbie e calcareniti a cemento carbonatico (“panchina") alle quali si intercalano livelli argilloso- limosi., La presenza di strati a così diversa granulometria con variazioni di spessore ed eteropie laterali dei vari livelli rende questo acquifero non omogeneo né sulla verticale né orizzontalmente. Il variare dello spessore complessivo dei livelli a maggiore granulometria, legato anche alla morfologia del substrato dei singoli episodi, influisce in modo diretto sulle caratteristiche idrauliche degli acquiferi con variazioni di trasmissività che si manifestano in cambiamenti della produttività dei pozzi perforati, anche in zone ravvicinate.

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Come prima accennato, è stato possibile ricostruire con curve di uguale livello rispetto a quello medio marino, preso come riferimento (isobate), l'andamento del substrato impermeabile di questo acquifero ( l’operazione è stata possibile con la raccolta ed elaborazione di numerosi dati di sondaggi per ricerche d'acqua: questo scopo sono state ricostruite circa 80 stratigrafie di pozzi). Il substrato dell'acquifero in esame è costituito da argille del Pleistocene inferiore, modellato in incisioni vallive che si sono formate durante un cielo erosivo precedente la deposizione la deposizione dei conglomerati di San Marco. Queste incisioni presenti sia nella piana di Rosignano Solvay che di Vada a Sud del Fine e possono rappresentare bracci affluenti rispettivamente del paleo Fine e del paleo Cecina. Episodi sedimentari successivi ricollegabili a fenomeni di glacio-eustatismo hanno portato al colmamento delle valli (Conglomerati. di San Marco e "Panchina" di Grotti), e nel proseguire delle fasi eustatiche, alla deposizione di più livelli trasgressivi - regressivi marini tirreniani ("Panchina" di Castiglioncello) e a depositi continentali ("Sabbie rosse di Val di Gori" e "Sabbie rosso-arancio di '). Nella pianura costiera a Nord del Fine la base dell'acquifero varia tra -10, in corrispondenza del litorale (zona di Punta Lillatro), e quota + 30 al margine della zona collinare. Ha pendenza piuttosto regolare interrotta dalla paleovalle con direzione circa N-S in corrispondenza dello Stabilimento Solvay. Mediamente i livelli acquiferi raggiungono in questa area potenze comprese tra 10 e 25 metri. A Sud del Fine, la cui più recente paleovalle interrompe la continuità dell'acquifero della pianura costiera, la morfologia della base di quest’ultimo è complessa per la presenza di valli e dorsali sepolte. La dorsale più importante è quella che dal Podere Sassicaia (tra il Torrente Ricavo ed. il Fiume Fine) prosegue per il podere Macchiola fino all'abitato di Vada, in direzione ENE- OSO, per poi continuare tra la ferrovia Roma- Pisa e la Via Aurelia verso SE fino al limite sud del territorio comunale. La dorsale degrada verso mare fino a raggiungere quota -35 nei pressi del litorale nella zona della Mazzanta. Ad E e

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SE della dorsale è presente la paleovalle che raggiunge il suo minimo (quota - 30 sul livello del mare attuale) poco più a monte dello Stradone del Belvedere: in essa si innestano due incisioni sepolte secondarie con direzione quasi ortogonale a quella della paleovalle principale. La base dell'acquifero tende poi a risalire verso la Statale 206 (limite est dell'area esami- nata) per raggiungere quota +25 sul livello del mare. L'acquifero presenta la massima trasmissività in corrispondenza del minimo della paleovalle, dove raggiunge uno spessore complessivo di oltre 40 metri, e nella zona a valle della Via Aurelia, dove però, come vedremo meglio in seguito, la qualità delle acque (alto contenuto in cloruro di sodio) lo rende difficilmente utilizzabile.

Alternanze di arenarie calcaree, sabbie e argille (Pleistocene inferiore e Miocene superiore) Sono qui raggruppate due formazioni del Pleistocene inferiore: quella dei "Conglomerati di Villa Magrini" e quella dei "Calcari sabbiosi di Montescudaio" , ed una del Miocene superiore. Le formazioni dei Pleistocene affiorano entrambe sul margine nord orientale della pianura costiera di Rosignano Solvay, sulla collina del Podere Pipistrello tra il Fiume Fine ed il Botro del Gonnellino e in sponda sinistra di quest'ultimo a valle della Statale 206. I livelli sabbiosi ed arenacei presentano discrete caratteristiche di porosità e permeabilità: come acquifero questa unità è poco utilizzata e le informazioni disponibili sulle caratteristiche idrauliche dei livelli produttivi sono scarse. I dati disponibili consentono comunque di escludere in genere portate di interesse pratico per usi pubblici e industriali. Il livello del Miocene superiore, costituito in prevalenza da sabbie e in subordine da conglomerati, forma una intercalazione nelle argille della stessa epoca, affioranti tra la zona collinare di Rosignano M°. - Castelnuovo - Gabbro ed il fondo valle del Torrente Sanguigna e del Fiume Fine. Costituisce un acquifero di modesta importanza dal quale però emergono una serie di piccole sorgenti importanti in passato per l'approvvigionamento idrico delle case coloniche costruite a questo scopo nelle vicinanze.

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Formazioni argillose caratterizzate da bassissima permeabilità (praticamente impermeabili) (Pliocene inferiore e Pleistocene inferiore) In questo gruppo sono state comprese due formazioni geologiche (AP e Qa) che, pur appartenendo a due diversi episodi sedimentari, presentano praticamente le stesse caratteristiche idrauliche. Si tratta di sedimenti argillosi a granulometria finissima, costituiti prevalentemente da minerali argillosi con dimensioni molto piccole (inferiori a 1/250 di mm) e scarsi granuli clastici inferiori a 1/16 di mm. Le minime dimensioni dei componenti la "roccia" fanno si che numerosi interstizi ("pori") siano minuti e scarsamente comunicanti tra di loro. Tutto questo porta ad una elevata porosità della "roccia" e a una bassissima permeabilità d'insieme. Le argille del Pliocene di questa unità affiorano nella parte orientale dei territorio comunale, in corrispondenza del bacino idrografico del Fine. Qui costituiscono il substrato impermeabile dei depositi alluvionali di questo fiume, dei suoi affluenti e delle alluvioni terrazzate antiche. Le argille del Pleistocene inferiore (Qa) affiorano, con continuità sulla sponda destra del Fine a valle della stretta delle Fabbriche, mentre esistono piccoli affiora- menti al di sotto dei detriti recenti in sponda sinistra. Costituiscono il substrato impermeabile dell'importante acquifero presente nella pianura costiera di Rosignano Solvay e di Vada e di quello presente nella paleovalle del Fine. Dato che quest'ultima è incisa completamente in tali sedimenti impermeabili, l'acquifero di questo sistema non è in comunicazione con quello della pianura litoranea se non in prossimità della riva e anche qui solo con i livelli più prossimi alla superficie costituiti prevalentemente da sedimenti limo- argillosi a bassa permeabilità.

Prevalenza di argille e marne praticamente impermeabili (AM) con intercalazioni di modesto spessore di conglomerati e sabbie che possono costituire acquiferi di importanza limitata (MS del Miocene superiore) Questo raggruppamento comprende varie formazioni geologiche con caratteristiche litologiche diverse (Diatomiti , Sabbie e conglomerati della Villa di Poggio Piano , Sabbie e conglomerati del Rio Sanguigna ) intercalati però in un complesso omogeneo costituito da Marne e marne argillose (AM). Il primo

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gruppo di formazioni, pur essendo talvolta caratterizzato da discreta porosità e permeabilità, non è distinto con simbologia particolare nella carta idrogeologica in quanto questi livelli, sia per il modesto spessore che per la non continuità laterale, non assumono importanza pratica poiché la circolazione idrica che in essi si sviluppa è sempre limitata. La Formazione delle Marne e marne argillose (Ma) costituisce nel suo insieme un complesso pratica- mente impermeabile, con caratteristiche simili a quello delle Argille azzurre plioceniche (AP) trattato nel paragrafo precedente. Il gruppo ora descritto è presente sulla destra idrografica del Fine, immediatamente ad oriente della zona collinare di Rosignano M °. - Castelnuovo - Gabbro, al margine della fossa tettonica nella quale si sviluppa il bacino del Fine, raggiungendo uno spessore dell'ordine di alcune centinaia di metri.

2.2.2 Unità a permeabilità mista

Sono state classificate in questa unità quelle formazioni geologiche che,. pur essendo dotate di porosità primaria, a seguito di azioni tettoniche sono state interessate da una serie di fratture che hanno variato le caratteristiche idrauliche originarie. In genere la fratturazione aumenta la capacità di immagazzinamento ed in modo particolare la permeabilità, connettendo i pori già esistenti nella roccia. La descrizione che segue è in ordine di permeabilità decrescente. Calcari organogeni e conglomerati talvolta fratturati. Dal punto di vista geologico questo gruppo corri- sponde alla Formazione del "Calcare di Rosignano" del Miocene superiore. Questa é costituita da vari membri a diversa litologia (Conglomerati delle Cantine , Calcari dell'Acquabona , Conglomerati di Villa Mirabella , Calcari di Castelnuovo ) che però, dal punto di vista idrogeologico, possono essere assimilati per le caratteristiche di elevata porosità e permeabilità. Le azioni tettoniche subite in varie fasi dal momento della loro diagenesi hanno contribuito, attraverso la formazione di faglie,

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fratture e diaclasi, a migliorare le già buone caratteristiche idrauliche. In questo complesso si sviluppano circolazioni idriche importanti tanto da costituire un acquifero di un certo interesse per la possibilità di utilizzarlo per usi potabili nel Civico Acquedotto. La Formazione del Calcare di Rosignano con i vari membri costituenti affiora in una stretta fascia quasi continua al margine occidentale della zona collinare tra il Gabbro e La Maestà. Un più vasto affioramento è presente nella zona dell'Acquabona (le cave omonime vennero aperte in questa formazione) dove in sono stati perforati due pozzi di ricerca uno dei quali è ancora produttivi ed allacciati al Civico Acquedotto. Sono presenti inoltre in corrispondenza del paese di Rosignano M° e alla base di questo affioramento sono presenti piccole emergenze sorgive la più importante delle quali veniva utilizzata nei lavatoi del paese (La Fonte). Altri affioramenti compaiono più a Sud sui due lati della strettoia della valle del Fine vicino alla località Le Fabbriche. Un altro piccolo affioramento, privo però di interesse idrogeologico, è quello presente a Punta Righini sulla costa di Castiglioncello. Anche per questo gruppo saranno date ulteriori precisazioni nel capitolo riservato agli acquiferi utilizzati nel territorio comunale.

Brecce e conglomerati Si tratta delle Brecce e conglomerati di Alberelli (pe), appartenenti al Gruppo delle formazioni paleocenico - eoceniche, costituite da clasti grossolani di ofioliti, diaspri, calcari e subordinatamente da frammenti di argilloscisti. La matrice delle brecce è abbondante e prevalentemente argillosa, talvolta è invece scarsa ed i clasti sono arrotondati come veri e propri conglomerati. In questo caso la formazione presenta una buona porosità e permeabilità tanto che in essa si può sviluppare una discreta circolazione idrica. Affiora nei pressi dell'abitato di , con spessore di circa 200 metri, e dà origine ad una sorgente (un tempo utilizzata nel Civico Acquedotto) al contatto con i sottostanti Argilloscisti e calcari silicei "Palombini" (c2) praticamente impermeabili.

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Formazioni calcareo, marnoso, arenacee caratterizzate da permeabilità da media a bassa In questo gruppo sono state riunite le formazioni a bassa permeabilità d'insieme, dovuta alla componente in prevalenza argilloscistosa, nelle quali però sono presenti livelli calcareo – marnoso -arenacei che, se intensamente fratturati, possono costituire acquiferi di limitata importanza. Le formazioni geologiche che presentano questi caratteri sono le Arenarie calcarifere di Sassogrosso (pe1) con i Calcari marnosi di Carcivisoli ed il Flysch di Poggio San Quirico (pe2) del Paleocene medio - Eocene inferiore. Affiorano nella parte centrale dell'area "montana" tra Nibbiaia ed il Gabbro e nella zona di Poggio San Quirico - Poggio al Tedesco, ad Est di Monte Pelato. Da queste rocce non emergono sorgenti di un qualche interesse pratico.

Argilloscisti con interstrati calcarei Fanno parte di questo gruppo formazioni a permeabilità d'insieme molto bassa per la presenza di una componente argilloscistosa prevalente. Si tratta delle formazioni degli Argilloscisti e calcari silicei "Palombini" (C2), dei

Marnoscisti siltosi-arenacei di Poggio Dorcino (C4) e degli Argilloscisti del

Fortulla (C5), tutte del Cretaceo. Hanno una grande estensione areale nella zona "montana" del Comune e rappresentano, con le argille del Miocene superiore e del Pliocene della Valle del Fine, un elemento idrogeologico e geomorfologico abbastanza negativo nell'economia delle risorse idriche e della stabilità del territorio. Nel gruppo di formazioni che stiamo esaminando lo scorrimento delle acque in superficie predomina nettamente sulla circolazione nel sottosuolo. Solo in casi particolari, in presenza di zone alterate e fratturate, la circolazione nel sottosuolo può assumere una certa importanza. Uno di questi casi è quello reso manifesto, con le escavazioni eseguite per la realizzazione del campo sportivo di Castiglioncello, in località Le Spianate. Qui infatti. da una zona di marne nere fratturate si è avuta una emergenza di

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acqua che presenta carattere di continuità per tutto il periodo dell'anno, pur riducendosi nella stagione secca. Questo gruppo resta comunque di scarsissimo interesse per la ricerca anche di piccole quantità di acqua, pur se non del tutto privo di qualche modesta falda locale. Nelle parti più superficiali, dove l'alterazione ed i movimenti gravitativi hanno provocato accumuli di materiale detritico, talvolta possono crearsi le condizioni per la presenza di limitate falde freatiche che possono manifestarsi con la emergenza di piccole sorgenti a carattere temporaneo.

2.2.3 Unità a permeabilità secondaria In questa unità sono inseribili quelle formazioni geologiche che hanno acquisito le caratteristiche idrauliche attuali principalmente a seguito di azioni meccani- che legate a movimenti tettonici, che ne hanno variato la struttura originaria. Si tratta in genere di rocce a bassa o bassissima porosità di matrice nelle quali in origine la circolazione sarebbe stata praticamente impossibile. Le azioni tettoniche subite durante le varie fasi dell'orogenesi appenninica sia compressivi che distensive (vedi Bartoletti et al., 1985) hanno creato un reticolo di fratture di diverse dimensioni ed estensione (da microscopiche a macroscopiche), talvolta concentrate lungo direzioni e superfici preferenziali (piani di faglia e zone adiacenti), che permettono circolazioni ed accumuli di acqua nei corpi rocciosi. Causa di permeabilità secondaria è la stessa circolazione delle, acque che in alcuni casi particolari produce parziale dissoluzione delle rocce: questo accade in modo particolare nelle rocce carbonatiche (come esempio caratteristico si possono ricordare le cavità carsiche) e nei depositi evaporatici (gessi ).

Calcari e radiolariti con buona permeabilità per fratturazione Sono state riunite in questo gruppo le formazioni delle Radiolariti (Diaspri) (g) del Giurassico superiore, dei Calcari con Calpionelle ( C 1) e dei Calcari del Poggetto del Cretaceo inferiore. Tutte queste formazioni sono caratterizzate da buona permeabilità secondaria per fratturazione ma date le modeste

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dimensioni degli affioramenti presenti nel territorio comunale, non costituiscono in questa zona acquiferi di un qualche rilievo.

Serpentiniti, gabbri e diabasi Si tratta di rocce massive, di origine magmatica , interessate da fratturazione diffusa che le rende permeatili nel loro insieme e sedi di acquiferi di una certa importanza anche da un punto di vista pratico. Affiorano ampiamente nella zona collinare circostante il capoluogo, in corrispondenza della dorsale Monte Pelato - Monte Carvoli e, nella parte settentrionale dei territorio comunale, tra il Gabbro, Poggio Arco e Poggio Ginepraio. Lungo la fascia costiera sono presenti con un ampio affioramento continuo, tra la punta di Castiglioncello ed il Botro del Fortulla. Possono raggiungere alcune centinaia di metri di spessore costituendo degli acquiferi di notevole consistenza.

2.3 La circolazione idrica nel sottosuolo Nella prima parte sono state descritte le caratteristiche idrogeologiche principali delle rocce presenti in superficie o rinvenute nel sottosuolo con sondaggi meccanici e sono stati dati soltanto alcuni cenni di possibili circuiti che si possono sviluppare nelle varie formazioni. In questo capitolo tratteremo dello schema idrogeologico dell'intero territorio comunale. Per i circuiti sub- superficiali si terrà conto di tutte le conoscenze ricavate in vari anni di ricerche condotte per perfezionare lo sfruttamento delle risorse idriche utilizza per il Civico Acquedotto. Per schematizzare il modello idrogeologico della circolazione profonda si useranno invece le conoscenze ricavabili da zone prossime all'area che stiamo esaminando dove sono state condotte ricerche geofisiche e realizzati sondaggi che permettono, per similitudine, di fare ipotesi anche sul sottosuolo "profondo" della zona in esame. Tenendo conto delle definizioni riguardanti gli acquiferi, delle conoscenze della geologia di superficie, dei rapporti che si ritiene intercorrano tra le varie formazioni nel sottosuolo e delle caratteristiche idrauliche qualitative delle

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rocce che abbiamo esaminato nei paragrafi precedenti, si può delineare lo schema idrogeologico del territorio comunale. A partire, dal basso abbiamo (fig. 1): 1) - acquifero regionale caratterizzato da porosità e permeabilità secondaria, costituito da rocce dello zoccolo scistoso regionale paleozoico (o più antico) e triassico, da formazioni evaporitiche e carbonatiche mesozoiche, dalla Scaglia cretaceo-eocenica e dal Macigno oligocenico, 2) copertura praticamente impermeabile dell'acquifero regionale, costituita da formazioni a matrice prevalentemente argilloscistosa marnosa (acquicludi e acquitardi); 3) acquiferi compresi nella copertura caratterizzati da porosità e permeabilità secondaria (principalmente ofioliti fratturate e brecce); 4) acquifero di limitata estensione caratterizzato da permeabilità mista (Calcare di Rosignano), immediatamente sovrastante al complesso impermeabile 2) e alla base delle formazioni argilloso-marnose impermeabili del Miocene superiore; 5) complesso argilloso praticamente impermeabile (acquieludo) costituito da argille e marne del Miocene superiore (a), del Pliocene (b),e del Pleistocene inferiore; 6) - acquifero multistrato della pianura costiera, caratterizzato da livelli a porosità e permeabilità primaria elevata, ai quali si intercalano livelli argillosi (acquicludi). Si tratta di sedimenti pleistocenici principalmente di origine marina; 7) - acquifero nelle ghiaie alla base dei depositi fluviali che riempiono la paleovalle del Fine e dei suoi affluenti.

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Gli orizzonti 4), 6), e 7) costituiscono gli acquiferi maggiormente sfruttati con i pozzi per vari usi. Sono pure utilizzate le acque delle sorgenti che emergono dagli acquiferi 3).

Fig. 1 - Schema rappresentativo della situazione idrogeologica dei territorio comunale: 1- acquifero regionale profondo contenente fluidi termali. P- costituito da formazioni dello zoccolo cristallino paleozoico (o più antico) e da formazioni terrigene triassiche (a), da formazioni evaporitiche (b), e carbonatiche (e) mesozoiche e da arenarie oligoceniche ('Macigno") (e), l'orizzonte (d) della Scaglia è impermeabile anche se compreso nell'acquifero; 2- copertura praticamente impermeabile costituita da formazioni in prevalenza argilloscistose cretaceo-eoceniche; 3- acquifero costituito principalmente da rocce ofiolitiche fratturate, talvolta sede di acque ipoterrnali attraverso sistemi di faglie; 4- acquifero della formazione del, Calcare di Rosignano; 5- complesso praticamente impermeabile argilloso del Miocene superiore (a), del Pliocene (b) e dei Pleistocene inferiore (e); 6- acquifero multistrato nei

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sedimenti detritici pleistocenici della pianura costiera di Rosignano e Vada; 7- acquifero nei depositi olocenici ghiaiosi delle alluvioni del Fiume Fine.

2.3.1 L'acquifero regionale profondo Le conoscenze di geologia e idrogeologia regionale permettono di fare alcune ipotesi sulle strutture idrogeologiche "profonde" presenti nel sottosuolo dell'area in esame. Per acquifero regionale profondo qui ci riferiremo a quell'insieme di rocce non affioranti, ma che possiamo ragionevolmente ritenere presenti al di sotto del complesso a bassa permeabilità formato dalle Liguridi con Ofioliti. I sondaggi eseguiti per le ricerche e lo sfruttamento del vapore endogeno nell'area geotermica di Larderello (le indagini geofisiche e le perforazioni profonde eseguite in questa parte della Toscana fanno conoscere la struttura del sottosuolo fino ad una profondità di circa 4 km), i sondaggi di ricerca nella zona di Orciatico e la conoscenza della successione stratigrafica di altre zone della Toscana Marittima, permettono di avanzare alcune ipotesi sulla possibile situazione geologica ed idrogeologica profonda anche nell'area del Comune di Rosignano. Al di sotto delle Liguridi e rocce ad esse associate (Giurassico superiore- Eocene inferiore), si può ipotizzare la presenza della seguente successione di unità : - Serie Toscana: la successione è costituita da un complesso di formazioni prevalentemente carbonatiche giurassiche che termina verso l'alto con una formazione argilloso-marnosa (Scaglia del Cretaceo-Eocene) e con una arenacea (Macigno dell'Oligocene). La zona più prossima di affioramento di questa serie è quella di Calafuria, sul litorale tra e Antignano, dove è presente l’arenaria oligocenica Macigno. Alla base di questo complesso è presente una formazione costituita da alternanze di dolomie e anidriti del Trias superiore (Formazione di Burano). Questa formazione ha subìto importanti movimenti a componente prevalentemente orizzontale, con

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spostamenti dell'ordine di diversi chilometri, è fortemente tettonizzata e ridotta ad una vera e propria breccia.

- Zona a scaglie tettoniche: costituita, principalmente da formazioni detritiche terrigene del Verrucano triassico, più o meno metamorfiche, e subordinatamente da filladì paleozoiche. Fanno parte di questa zona tettonica anche lembi di formazioni carbonatiche ed anidritiche triassiche (Gianelli et al., 1979). - Zoccolo cristallino: costituito da un gruppo di formazioni filladiche (devoniano-ordoviciane) nelle parti più superficiali e da micascisti e gneiss più antichi nelle parti più profonde.

In termini generali, lo schema idrogeologico per la circolazione profonda può essere così formulato: a) un 'serbatoio confinato artesiano costituito da formazioni carbonatiche ed evaporitiche mesozoiche' e quarzitico-filladiche paleozoico-triassiche della zona a scaglie tettoniche e dello zoccolo, fratturate più o meno intensamente da vari eventi tettonici compressivi e distensivi legati principalmente all'orogenesi alpina. b) - una copertura, costituita in gran parte da formazioni argilloscistose in genere a bassa permeabilità (acquitardi e acquicludi) appartenenti al gruppo delle Liguridi cretaceo eoceniche a luoghi sormontate da depositi terrigeni prevalentemente argillosi del ciclo neoautoctono mio- pliocenico - quaternario. In termini di maggiore probabilità, per quanto riguarda il territorio esaminato in questa nota, il serbatoio profondo nella sua parte superiore può essere costituito dalla Serie Toscana nella sua forma "ridotta", della quale sono rimaste le sole formazioni calcareo- dolomitiche con anidriti del triassico cui si sovrappongono direttamente le falde liguri. Questo perché l'esperienza dell'esplorazione geotermica, sulla base di numerose perforazioni, nelle aree dello stesso dominio geologico - strutturale adiacenti a quella in studio, mostra che questa è la situazione più frequente.

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2.3.2 Ipotesi sullo stato termico dell'acquifero profondo Studi di sintesi condotti sul nazionale ed in particolare sulla Toscana Occidentale forniscono informazioni utili alla definizione dello stato termico anche dell'arca del territorio che stiamo esaminando. La valutazione dello stato termico del sottosuolo sul territorio che stiamo esaminando si basa su conoscenze di carattere, generale, derivanti dalle indagini condotte nell'area geotermica classica di Larderello e dintorni. Altri dati derivano da misure dirette delle variazioni della temperatura con la profondità (gradiente geotermico,) effettuate in tre pozzi, profondi 300 metri , perforati nella pianura costiera tra Rosignano e Vada, in sedimenti argillosi. I pozzi furono perforati dalla Società Solvay per altri scopi ed in essi furono eseguite misure di temperature e di conducibilità termica delle rocce che condussero alla definizione del flusso di calore in quest'area (Squarci et al., 1974).

Fig. 2 - Andamento delle temperature con la profondità in tre pozzi perforati dalla Soc. Solvay nei sedimenti del Pleistocene della pianura di Rosignano e Vada 1 - arenarie e conglomerati (Tirreniano), 2 - argille pleistoceniche, 3 - argille sabbiose e sabbie argillose pleistoceniche 4 - alloctono ligure del substrato?

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L'area è termicamente anomala come zona periferica dell'eccezionale duomo termico centrato su Larderello, dove si hanno temperature elevatissime a poche centinaia di metri di profondità. Altre, misure, e seguite di recente in pozzi situati presso la diga dell'invaso Solvay di Santa Luce e nel Torrente Marmolaio (ad Est dell'area che stiamo esaminando nei pressi di Pomaia), confermano la diffusa anomalia su gran parte del territorio delle provincie di Pisa e Livorno, comprendente anche il Comune di Rosignano M°. Considerando il gradiente geotermico misurato nei pressi di Rosignano e Vada (fig.2 - 60°C/km, circa il doppio del gradiente medio terrestre) si possono supporre nelle parti più alte dei serbatoio profondo, come prima definito, temperature comprese tra 80 e 100 °C, a seconda dell'ipotesi formulabile sulla profondità del serbatoio stesso. Nel territorio che stiamo esaminando esiste quindi nel sottosuolo (le profondità possono essere stimate nell'ordine degli 800-1600 m, ) un acquifero termale di un certo interesse pratico con la possibilità di rinvenire acqua a temperature utili per l’uso diretto del calore .

2.4 L’acquifero nelle rocce ofiolitiche

Sul, territorio comunale, come si è già accennato, sono presenti estesi affioramenti di rocce ofiolitiche (in prevalenza serpentiniti) permeabili per fratturazione che possono costituire acquiferi di buona potenzialità. Come posizione geometrica sono comprese nella “copertura" dell'acquifero regionale profondo e sono separate da questo da formazioni argilloscistose (formazione e, pe2). A loro volta sono coperte da una coltre praticamente impermeabile costituita da formazioni a composizione argilloscistosa prevalente. Quando affiorano, data la loro permeabilità per fratturazione' , possono assorbire acqua meteorica e costituire così "acquiferi" non confinati (freatici). In esse può svilupparsi una discreta circolazione, anche in profondità, attraverso le

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zone maggiormente fratturate ed aversi emergenze solo quando la morfologia è tale da incidere a quote inferiori del livello di saturazione della falda. Se sono ricoperte da formazioni impermeabili possono costituire un acquifero con acque in pressione (artesiano): in questo caso le acque possono essere estratte soltanto con la perforazione di pozzi o quando sono messe in comunicazione con la superficie attraverso faglie.

2.4.1 Gruppo delle sorgenti del Gabbro . Nella zona del Gabbro . dalle serpentiniti e dai gabbri emergono diverse sorgenti le più importanti delle quali, chiamate Bucafonda e Sanguigna, venivano utilizzate nel Civico Acquedotto. Sono sorgenti perenni che presentano però variazioni notevoli di portata sia durante l'anno sia tra un anno e l'altro, risentendo delle diversità della ricarica meteorica. Le sorgenti della Sanguigna, ubicate a NO della frazione, del Gabbro, nei pressi del ponte della strada provinciale sul Botro della Sanguigna, hanno portata media variabile tra 40 e 80 m3 al giorno con temperatura all'emergenza di circa 16°C, leggermente superiore alla media locale (vedi fIg. 3). L'analisi chimica (tab. 1) ha mostrato che si tratta di acque medio- minerali, bicarbonato, cloruriche-magnesiache (fig.7 e tab. 2).

Fig.3 Variazione della temperatura media annua al suolo con la quota (a) e differenze fra questa e la temperatura di emergenza delle diverse sorgenti (b)

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Tabella 1 :Analisi chimica delle acque delle sorgenti del territorio comunale di Rosignano M°.

Emergono al contatto tra le ofioliti fratturate e permeabili e la formazione degli Argilloscisti e calcari silicei "Palombini" praticamente impermeabili; assumono le proprie caratteristiche chimico-fisiche in un circuito mediamente superficiale nelle rocce ofiolitiche. Le sorgenti di Bucafonda sono localizzate lungo il Botro della Sanguigna, immediatamente a valle della frazione del Gabbro . Due sono le emergenze principali: una delle quali (quella più a valle) viene utilizzata nel Civico Acquedotto. Complessivamente hanno una portata di circa 180-190 m3/giorno. Presentano temperature decisamente superiori alla media annuale: Bucafonda1 21,4°C; Bucafonda 2 20,4°C.

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Le analisi eseguite (vedi tab.1) hanno mostrato che si tratta di acque mediominerali, bicarbonato-cloruriche magnesiache-calciche. Queste acque hanno assunto salinità e temperatura piuttosto elevata circolando abbastanza in profondità nelle rocce ofiolitiche; emergono da fratture con direzione circa N-S. Si tratta di acque mediominerali (ipotermali) che potrebbero essere suscettibili di usi di tipo idropinico e termale.

2.4.2 Gruppo del sistema idrotermale della Padula-Muraglione-Ferrata I sistemi di fratture (faglie dirette) che delimitano le masse di ofioliti della zona "montana" mettono a contatto con argilloscisti praticamente impermeabili sono caratterizzati da mineralizzazioni a magnesite, sfruttate industrialmente con escavazione a cielo aperto e gallerie dal 1914 al 1929 . Le mineralizzazioni si presentano sotto forma di filoni che seguono faglie dirette: la magnesite è attraversata da sottili vene di calcedonio bianco- azzurrino (Marinelli, 1955) ed ha plaghe cementate da opale. Sono noti anche altri minerali specialmente solfuri di ferro (FeS2) deposti in fase colloidale e successivamente cristallizzati nel sistema cubico (pirite melinklovitica; Marinelli, 1955) e sistema rombico (marcasite) (si veda Bracci &, Orlandi 1985). Di questi fu tentata la coltivazione (1938) ma le ricerche vennero abbandonate "poiché la cosidetta marcasite oltre ad essere poco abbondante, si alterava con estrema rapidità appena estratta. Inoltre la coltivazione era ostacolata dalle elevate ternperature esistenti nelle gallerie provocate dall'alterazione del solfuro" (Marinelli, 1955). Ci siamo soffermati sulle mineralizzazioni filoniane associate alla dorsale collinare perché la presenza di questi depositi ha una particolare importanza come testimone di circolazione di acque mineralizzate calde, avvenuta attraverso superfici ad alta pemeabilità. Ancora oggi esistono tracce di circolazione termale particolarmente attiva nella zona della Sorgente Padula, dove emerge acqua ipotermale (portata valutabile in 150/200 m3/giorno), ricca in C02 (anidride carbonica) con

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temperatura di circa 24 °C (8 – 9 °C, superiore alla media ambientale locale). Nei pressi della sorgente sono pure presenti depositi di travertino. Pieruccini (1949) cita in questa località vestigia di terme romane. Le acque della Padula sono minerali (1330 mg/ 1) di tipo bicarbonato, solfatico, magnesiaco - calcico (tab. 2 e fig. 7). Altra emergenza di acqua mineralizzata con abbondante C02 è quella del Muraglione (T = 19,2°C) con portata stimatile sui 100/ 150 m3/giorno. Questa sorgente è ubicata a circa 750 metri ad Est della Padula, anch'essa al contatto, per taglia tra le ofioliti e la formazione degli argilloscisti e calcari. Sono acque mediominerali (prossime a minerali, contenendo 930 mg/l) anch'esse di tipo bicarbonato, solfatico, magnesiaco, calcico. Acque con alcuni gradi superiori alla media ambiente (17,8°C) e ricche di anidride carbonica sono presenti a circa 1 km ad Est di Case Solferino, sull'affluente di sinistra dei Botro Grande, al di sotto del viadotto della Variante Aurelia (Acqua Ferrata), anche esse con elevato contenuto salino e con chimismo particolare. Si tratta infatti di acque minerali (le più mineraììzzate conosciute nel territorio comunale con 1500 mg/1) di tipo bicarbonato-clorurico-magnesiaco (tab.2, fig. 7). Segnalazioni di rinvenimento di acqua ad alto contenuto salino e temperature intorno ai 20°C si hanno per un pozzo perforato negli anni '60 dall'Amministrazione Comunale per ricerca di acqua potabile tra il Podere - Campofreno e Casa Solferino e succesivamente abbandonato per le caratteristiche chimico-fisiche delle acque. La termalità e il rilevante alto contenuto salino di queste acque può essere legato alla circolazione nelle rocce ofiolitiche che sono presenti in profondità per alcune centinaia di metri. Per l'elevato flusso di calore esistente in quest'area (più del doppio della media terrestre (in Squarci et al., 1974) le acque circolanti nelle ofioliti possono raggiungere, anche a profondità modeste, temperature mediamente elevate e mantenerle anche nella risalita verso la superficie attraverso vie ad alta permeabilità, come i sistemi di faglie che

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interessano le ofioliti stesse. In passato (fase distensiva dei Pleistocene inferiore) la circolazione di acque calde attraverso i sistemi di fratture in questione é stata particolarmente attiva tanto da permettere la deposizione dei filoni di magnesite e degli altri minerali associati. D'altra parte non si può escludere, specialmente per le acque del sistema idrotermale della Padula, la possibilità di apporti derivanti da zone ancora più profonde. L'apporto di calcio, ancora oggi abbondantemente presente nelle acque è probabilmente imputabile alla soluzione mineralizzante di origine più profonda: tale soluzione si sarebbe arricchita di bicarbonato di calcio attraversando formazioni carbonatiche . Per quanto riguarda la natura di queste ultime: "ipotesi più probabile è che si tratti delle formazioni carbonatiche della "Serie mesozoica toscana", presenti al di sotto della copertura delle "argille scagliose" (Alloctono ligure) e messe in comunicazione idraulica con le ofioliti attraverso zone intensamente fratturate (faglie diretto al margine delle masse ofiolitiche)" (Marinelli, 1955).

Fig.4 - Sezione idrogeologica nella zona dei Gabbro: 1 - ofioliti permeatili per fratturazione, 2 - argilloscisti e calcari praticamente impermeabili.

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Fig.5 - Sezione idrogeologica dei gruppo Padula-Muraglione: I - Presunte rocce carbonatiche mesozoiche permeabili per fessurazione, 2 - argilloscisti varicolori praticamente impermeabili, 3 - ofioliti permeabili per fratturazione, 4 - argilloscisti e calcari praticamente impermeabili.

Fig.6 - Sezione idrogeologica del sistema "Acqua Ferrata" (Castiglioncello): 1 - Ofioliti permeatili per fratturazione, 2 - argilloscisti e calcari praticamente impermeabili.

2.5 Considerazioni sul chimismo delle acque. Le acque in esame, con la sola eccezione di quella della Sorgente Ferrata (n° 7), sono tutte bicarbonato- magnesiache. La Sorgente Ferrata non è

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correlabile, da un punto di vista chimico, con le altre per cui la vedremo separatamente. Però anche le acque bicarbonato- magnesiache mostrano tra di loro delle differenziazioni notevoli. in tabella 2 riportiamo la classificazione idrochimica in meq %. Le sorgenti Sanguigna 1 e Sanguigna 2 (rispettivamente n° 5 e 6) sono fredde (16/ 17,1 °C alla emergenza) e le meno saline del gruppo (meno di 500 mg/l di sali disciolti). Le caratteristiche sembrano quelle di acque scarsamente interagite con le rocce, quindi di circolazione relativamente superficiale. La sorgente Padula (n° 4) è quella a massima salinità (oltre 1200 ppm) e temperatura all'emergenza (24°C), inoltre presenta il massimo contenuto in silice, e quindi ha le caratteristiche, tra quelle del gruppo, di un'acqua con circolazione più lunga e più profonda. In questo caso si ha la massima presenza di solfati e cloruri e la massima temperatura profonda, comunque non molto elevata. Le altre acque potrebbero essere generate da un mescolamento in proporzioni variabili tra acqua profonda in risalita tipo Padula e le acque superficiali tipo Sanguigna: nella Muraglione (n°3) predominerebbe il primo tipo, nella Bucafonda (n°1 e n° 2) il secondo. Questa possibilità è confermata dalla disposizione dei campioni in alcune correlazioni tra parametri chimici (Mg salinità totale; Mg - S04; Na - Cl ecc.) che sembrano evidenziare rette di miscelamento .Per quanto riguarda la Ferrata, essendo la componente anionica identica a quella di Bucafonda e Sanguigna (fig. 7 e tab.2) si può pensare che l'inversione di importanza dei cationi (sodio prevalente su magnesio) sia dovuta ad uno scambio cationico come ipotizzabile, per esempio, in una interazione acqua-montmorillonite, possibile durante la risalita al contatto con gli argilloscisti delle Liguridi. In ogni modo è interessante la discreta disponibilità di acque ipotermali minerali e medio-minerali a composizione essenzialmente bicarbonato- magnesiaca con tracce (da 6 a 16 ppb) di litio e di acqua bicarbonato- sodica, tutte di indubbie qualità terapeutiche.

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Tabella 2 - Classificazione idrochimica (in "mille-equivalenti" per cento)

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Fig. 7 - Diagramma di Piper per la classificazione idrochimica delle acque delle sorgenti: A - bicarbonato, B - magnesiache, C - sodiche, D - bicarbonato-magnesiache, E - bicarbonato-sodiche

2.6 L'acquifero nella Formazione del Calcare di Rosignano

Nei pressi delle Cave dell'Acquabona, dove la Società Solvay agli inizi del secolo estraeva il calcare per uso industriale, furono perforati due pozzi per la ricerca di acqua. I pozzi traversarono per tutto lo spessore la formazione del Calcare di Rosignano ed incontrarono livelli fratturati con buona produttività. L'area di ricarica di questo acquifero è l'affiora- mento posto a N-NE del capoluogo: date le buone caratteristiche di porosità e permeabilità la roccia presenta un elevato coefficiente di infiltrazione che consente una buona ricarica. .

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Fig. 8 Sezione idrogeologica in direzione Ovest-Est nella zona dell’Acquabona 1: Depositi alluvionali del F.Fine; 2: Argille del Miocene Superiore – impermeabili; 2 G: gessi intercalati a 2- permeabili; 3: calcari detritico organogeni – molto permeabili (acquifero); 4: brecce sedimentarie costituite da rocce ofiolitiche – mediamente permeabili.; 5: Argille scagliose – praticamente impermeabili; 6: diabase – mediamente permeabile.

Fig.9 Sezione idrogeologica nella zona dell’Acquabona in direzione Nord- Sud 33 2.7 L'acquifero della pianura costiera di Rosignano Solvay – Vada In linea di massima lo schema di quest'area è abbastanza semplice: un livello praticamente impermeabile di base costituito da argille e argille sabbiose del Pleistocene inferiore, sormontato da orizzonti a varia permeabilità appartenenti agli episodi sedimentari dei Pleistocene medio-superiore, che costituiscono nel 'loro insieme un acquifero "multistrato". Nella parte centrale di quest'area sono presenti i depositi alluvionali del Fiume, Fine che vanno a riempire una importante incisione fino diversi metri al di sotto dei livello del corso d'acqua attuale. Nella carta idrogeologica è stato rappresentato, con curve di livello e con quota di riferimento il livello medio del mare, l'orizzonte a bassissima permeabilità che costituisce la base degli acquiferi detritici grossolani quaternari. Per la costruzione di questa carta sono state utilizzate le stratigrafie di circa 80 pozzi che hanno raggiunto il livello argilloso di base. Come si può osservare dall'andamento del substrato impermeabile il Fine separa, con la sua antica incisione, gli acquiferi della piana di Rosignano Solvay, a Nord, da quelli della piana di Vada, a Sud. Nella piana di Rosignano, delimitata a N -NE dagli affioramenti delle rocce del substrato pre-quaternario, lo spessore dei livelli acquiferi è dell'ordine dei 10 m. Uno spessore maggiore (fino a 15-20 metri) questi ultimi lo raggiungono in corrispondenza di una incisione del substrato argilloso presente a monte della Via Aurelia in direzione circa N-S. Su tutta l'area della piana di Rosignano Solvay, esistono numerosi pozzi che vengono utilizzati per irrigazione, pur con modeste portate. Un censimento recente, eseguito per gli studi condotti per la localizzazione del Porto Turistico, ne ha rivelato la presenza in quasi tutti gli orti e giardini esistenti nel centro abitato. Da questo acquifero emergono alcune sorgenti di modesta portata, perenni, in corrispondenza di discontinuità morfologiche, ai piedi di scarpate di terrazzi che interessano la pianura.

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Considerando l'area in sinistra del Fine si può notare come immediatamente a Sud di questo esiste una dorsale nella morfologia del substrato impermeabile, il cui asse corre in direzione parallela alla valle attuale del Fine stesso. Più a Sud invece è presente un'importante incisione sepolta che per un tratto si allinea con la dorsale prima detta per poi cambiare direzione, un po’ a monte della ferrovia Roma - Pisa, e andare in direzione S- SO. Questa ampia incisione ha favorito la formazione di un acquifero della potenza di oltre 30 metri che, come vedremo in seguito, presenta buone caratteristiche idrauliche.

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Un'importante dorsale morfologica sepolta è poi presente a Sud di Vada nel sottosuolo della pianura della zona compresa tra la Via Aurelia e la ferrovia. Ad Ovest di essa il substrato dell'acquifero degrada verso il mare dove, nei pressi del litorale, è previsto che raggiunga profondità comprese tra 20 e 30 metri sotto il livello del mare. Come si può osservare nella sezione di fig. 10 l'acquifero della pianura costiera è costituito da più strati permeabili sovrapposti separati da sottili livelli argillosi. Nel suo insieme si possono distinguere: a - la parte prossima alla superficie costituita da un insieme di alternanze sabbioso - limose, con sporadici livelli di ghiaie intercalate, caratterizzata da permeabilità non molto elevata e nella quale si rinvengono livelli acquiferi di modesta portata; b - la zona di alternanza di strati arenaceo - sabbiosi con potenti strati di ghiaie e conglomerati caratterizzata da buona permeabilità. All'interno di questo insieme sono presenti sottili strati di argilla e limo praticamente impermeabili . Nell'insieme questi orizzonti costituiscono un acquifero multistrato, con buona capacità produttiva. Come si può ancora osservare nella sezione di fig. 10 nel settore più orientale della pianura costiera, ad Est dell'incisione sepolta individuata con i pozzi "Belvedere" lo spessore complessivo dell'acquifero diminuisce bruscamente: questa variazione si fa risentire nelle caratteristiche idrauliche dei pozzi per- forati e, come vedremo meglio in seguito, nell'andamento del livello della falda. In questo settore è presente un livello di arenaria e conglomerati nel quale la falda acquifera presenta caratteri artesiani. Essa è infatti compresa tra due livelli praticamente impermeabili (acquicludi) che impediscono una diretta comunicazione con la superficie; questo fa sì che l'acqua all'interno dei conglomerati sia in pressione e risalga verso la superficie quando è raggiunta dai pozzi. Nel resto della piana le falde sono in genere tutte comunicanti tra loro e con la superficie costituendo quindi, nel loro insieme, un acquifero freatico.

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2.8. Le caratteristiche idrauliche dell'acquifero della piana costiera Le caratteristiche idrauliche principali di un acquifero possono ottenersi con l'esecuzione di prove di por- tata sui pozzi che abbiano attraversato complessivamente gli orizzonti che lo costituiscono. Ogni singola prova consiste nella misura dell'abbassamento dei livello della falda nel tempo sia nel pozzo in emungimento (con por- tata costante) sia nei pozzi adiacenti perforati nello stesso acquifero (piezometri). Nello stesso pozzo vengono eseguite prove a portate diverse e le modalità dell'abbassamento dei livelli nei pozzi vengono seguite sia durante il pompaggio (discesa dei livelli) sia quando esso è cessato (risalita dei livelli). Generalmente le prove di portata non durano tanto da permettere al livello dell'acqua della falda nei pozzi di osservazione di raggiungere uno stato prossimo a quello di equilibrio (stato stazionario). Per questo motivo le prove di portata comunemente più usate sono quelle dette "in stato transitorio" o del "non equilibrio". Queste comunque permettono il calcolo della trasmissività (T), della permeabilità (k) e del coefficiente di immagazzinamento (S). Questi parametri, definiti nel capitolo inizia- le, sono quelli principali che permettono di valutare quantitativamente le proprietà di un acquifero consentendo confronti tra le diverse aree indagate con i pozzi. Una interpretazione più completa si ottiene quando, oltre alle misure nel pozzo di pompaggio, si hanno misure in vari piezometri, posti nelle vicinanze. In questo caso si possono ottenere, oltre al valore della trasmissività (possibile anche senza piezometro) quello della permeabilità e del coefficiente di immagazzinamento. I valori ottenuti con le prove di portata eseguite sui pozzi comunali hanno permesso la determinazione dei parametri riportati in tab. 3, che consentono di caratterizzare l'acquifero della piana sia nella parte costiera (prove nei pozzi Tardy 1 e 2) che nella parte centrale della pianura stessa (pozzi Belvedere). Nei casi esaminati è stata applicata l'equazione di Theis nella forma semplificata (metodo di approssimazione logaritmica di Jacob)

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Pozzi T m2/sec K m/sec Coeff. imm(S) Tardy 1 1,28. 102- 0,22. 10-3 -2 Tardy 2 1,16. 10 Belvedere 2 1,30. 10-2 0,8. 10-2 5,7 .10-3 3,0 .10-3 (Ví/ V)* *Vi = volume acqua estratta V = volume cono di drenaggio

Tabella 3 - Trasmissività, permeabilità e coefficiente di immagazzinamento in tre pozzi della Piana di Vada.

L'acquifero della pianura costiera presenta buone caratteristiche di trasmissività e permeabilità con un coefficiente di immagazzinamento per la zona dei pozzi Belvedere che, anche se piuttosto basso, sembra essere caratteristico di acquiferi freatici (S > 10-3). Valore del coefficiente di immagazzinamento ancora più basso è stato calcolato per la zona più prossima alla costa nei pozzi Tardy (S < 103); questo potrebbe mettere in evidenza che in quest’area è presente un acquifero confinato.

2.9 Valutazione delle potenzialità idriche della pianura litoranea

Prima di tentare la valutazione della quantità d'acqua estraibile dal sottosuolo conviene chiarire alcuni concetti fondamentali necessari per inquadrare corretta- mente il problema. Innanzi tutto si deve definire cosa si intende per riserva e risorsa (la terminologia che viene qui utilizzata è quella della letteratura idrogeologica francese (Castany, 1979). La riserva rappresenta il volume d'acqua immagazzinato in un acquifero in un determinato momento. Corrisponde alla quantità d'acqua libera contenuta in un acquifero; quantità che è determinata dal volume della struttura idrogeologica considerata, dalla porosità efficace (o dal coefficiente di immagazzinamento). Si esprime in unità di volume, generalmente m3.

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La risorsa rappresenta il volume d'acqua disponibile per lo sfruttamento. Dipende dalla riserva totale me- dia e dalla sua ricarica; questa deve essere tale da man- tenere sufficiente sia la quantità che la qualità dell'acqua. Nel caso di acquiferi posti presso il litorale e comunicanti idraulicamente con il mare è essenziale non determinare un prelievo superiore alla ricarica in quanto questo provoca una invasione da batte dell’acqua marina con inquinamento delle falde, difficilmente reversibile. La metodologia applicabile per la valutazione di alcuni parametri necessari alla stima delle risorse nel territorio compreso tra il Fine e il limite meridionale del Comune di Rosignano MI. sembra essere quella del bilancio totale. L'espressione del bilancio è la seguente: P = E+R+I dove: P è la piovosità media annua, R è il ruscellamento superficiale, E è la evapotraspirazione, I è l'infiltrazione efficace. L'infiltrazione efficace rappresenta la ricarica dell'acquifero e, in questo caso, è il limite oltre il quale non è possibile spingere i prelievi dato che verrebbe richiamata, verso l'acquifero, acqua di mare. L'infiltrazione efficace rappresenta dunque la principale incognita della espressione del bilancio. Per affrontate il problema l’area esaminata è stata suddivisa in 3 zone (vedi fig.11). Le aree 1 e 2 corrispondono ai bacini imbriferi dei torrenti Ricavo e Tripesce rispettivamente, l’area 3 è compresa tra la zona litoranea, prevalentemente impermeabile in superficie, e i precedenti bacini. Tutte queste zone costituiscono direttamente o indirettamente aree di ricarica dell'acquifero considerato.

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Fig. 11- Delimitazione dei bacini imbriferi che alimentano l'acquifero della pianura litoranea di Vada.

2.10 Il bilancio idrologico La tab. 5 riassume i dati disponibili per la valutazione del bilancio idrologico. Dalla differenza tra l'afflusso (P) e l'evapotraspirazione (E) si ricava il valore della disponibilità idrica totale (di), questo termine é comprensivo sia del deflusso superficiale (R) che dell'infiltrazione efficace (I). Per i bacini esaminati la disponibilità idrica totale (di) risulta di 6,6 milioni di 106 m3 / anno. Non esistendo alcuna stazione di misura di deflusso nei vari bacini considerati, non è possibile determinare il valore della infiltrazione efficace come differenza

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tra disponibilità idrica e deflusso superficiale (I= di - R). Pertanto, nell'intento di valutare i quantitativi idrici, mediamente assorbiti all'interno dei bacini in studio, abbiamo considerato le correlazione esistenti tra afflussi meteorici, emungimenti complessivi e variazioni della superficie freatica, disponibili per vari anni di osservazione. Il confronto della quota dei livelli della falda tra il febbraio '80 e il febbraio '81 ha mostrato la pratica coincidenza delle due superfici freatiche, con uno scarto medio di 4 mm. Ciò significa che la ricarica meteorica avvenuta nell'anno idrologico febbraio '80-81 ha praticamente compensato i prelievi effettuati nello stesso periodo, con una infiltrazione efficace pari ai prelievi.

Questi ultimi sono stati valutati (anni ’80) 1) Pozzi del Civico Acquedotto 1, 1x 106 m3 2) Pozzi per uso industriale 1,8x106 m3 3) rozzi per uso irriguo 1,5 x 106 m3

Totale 4,4 x 106 m3

I valori di portata 1) e 2) sono stati direttamente calcolati con i dati forniti dall'Amministrazione Comunale e dalla Società Solvay. I prelievi per l'agricoltura sono stati stimati in base agli ettari irrigati (circa 500 secondo l'ultimo censimento anni ‘80) ed alla quantità di acqua necessaria all'irrigazione rispetto alle condizioni climatiche ed ai tipi di colture presenti nell'area esaminata. La quantità media di acqua necessaria per ettaro (3.000 m3 /anno) è ricavata da uno studio eseguito nella Val di Cornia (Ente Maremma, 1973) che presenta caratteristiche climatiche, pedologiche e colture simili a quelle in esame. La piovosità media nel periodo febbraio'80-'81 è stata di 725 mm sull'area di ricarica del bacino considerato, che ha una superficie di circa 30 km2. La quantità di acqua piovuta é stata dunque circa 22 x 106 m3 Nel periodo

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considerato quindi l'infiltrazione efficace (pari ai prelievi di 4,4x106 m3) ha rappresentato circa il 20% della piovosità dei bacino.

Infìltrazione efficace (anno idrologico febbraio '80-febbraio '81.- pareggio tra infiltrazione e prelievi) Afflussi 22 x 106 m3 /anno Infiltrazione 4,4 x 106 m3 /anno Coefficiente di infiltrazione 0,20 Applicando questo coefficiente di infiltrazione agli afflussi dell'anno idrologico'69/'79 si ottiene una infiltrazione efficace media di 4,6X106 m3/anno che, sottratta alla disponibilità idrica totale, fa stimare il ruscellamento superficiale medio in 2x 106 m3 /anno. Il bilancio idrologico medio per l'area della pianura litoranea si può così sintetizzare anno idrologico 1969/'79 afflussi………………………23,3x106 m3 evapotraspirazione……….16,6 x 106 m3 ruscellamento ………………2.x106 x m3 infiltrazione efficace………4,6 x 106 m3 coefficiente di deflusso………..0,086

Queste considerazioni fanno valutare che la risorsa media a Sud dei Fine é dell'ordine dei 4,6x106 m3/ anno, stimata per afflussi meteorici dell'anno idrologico 1969/'79 pari a 770 mm sull'intero bacino di alimentazione. Come si può osservare dalla fig. 12 esistono molti anni con piovosità inferiore a questo valore, alcuni con piovosità superiore. Nel primo caso i prelievi avvengono anche a spese della riserva e questa viene ricostituita solo se l'andamento metereologico è tale che a periodi poco piovosi seguano periodi piovosi (per esempio 1971, 1976, 1979). Quando invece esistono periodi

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prolungati di siccità (per esempio 1972, 1975, 1980, 1983) la riserva non viene completamente ricostituita e si creano condizioni di deficit idrico lungo la fascia litoranea con richiamo di acque salmastre verso l'interno della pianura. Altri elementi da osservare sono l'elevata evapotraspirazione, che nella zona in esame raggiunge valori di circa il 70%, degli afflussi ed il basso coefficiente di deflusso (circa il 10%), in buon accordo con l'elevata permeabilità dei terreni affioranti su tutta l'area del bacino considerato.

Piovosità nel bacino di alimentazione della Piana di Vada

1200

1100

1000

900 Media del periodo 780 mm

800

m 700 m 600

500 Pioggia

400

300

200

100

0 1969 1970 1971 1972 1973 1974 1975 1976 1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001

FIG.12 Piovosità rilevata nelle stazioni rappresentative del bacino di alimentazione della pianura di Vada tra il 1969 ed il 2001

Attualmente gli emungimenti dall’acquifero della pianura costiera sono stimabili a circa 3.500.000 m3/anno rispetto a 4.400.000 stimati nel periodo ’69-‘79 per la riduzione in quest’area dei prelievi per usi industriali. Mediamente quindi,tranne i casi di prolungati periodi di siccità, non esiste un deficit tra prelievi e ricarica: questo è confermato anche dall’andamento del fronte della

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zona inquinata dai cloruri che si mantiene ormai da anni praticamente fermo all’interno della depressione della Mazzata.

3. SCHEMA DELLA CIRCOLAZIONE DELLE ACQUE NELLA PIANURA COSTIERA Le conoscenze sulla geometria e la natura degli acquiferi presenti nel territorio in esame consente, unitamente alla realizzazione di carte piezometriche, consente di formulare un modello di circolazione delle acque e di fornire indicazioni sulle aree di alimentazione degli acquiferi, sulle interazioni tra acquiferi diversi e sulla origine degli inquinanti maggiori.

3.1 La rete piezometrica. Al fine di un corretto inquadramento idrogeologico dell’area indagata sono state realizzate varie campagne di rilievi piezometrici in una rete selezionata di pozzi nella pianura costiera . Questa rete comprendente pozzi privati per usi domestici ed agricoli, pozzi industriali (messi a disposizione dalla Soc.Solvay) ed i pozzi ASA per uso idropotabile.La rete piezometrica corrisponde in gran parte a quella utilizzata in campagne precedenti dal Comune di Rosignano (R.Giovani – 1972) integrata da alcuni nuovi punti nella pianura di Vada e da tutti i pozzi della Soc.Solvay.

3.2 L’assetto piezometrico. Le carte delle Tavole relative riportano i dati di livello piezometrico relativi a vari periodi . I dati sono stati trattati con procedura di interpolazione “kriking” utilizzando il programma SURFER della Golden Software. E’ evidente la presenza in vari momenti di rilevazione di una vasta area caratterizzata da livelli al di sotto dello 0 s.l.m.. Questa è da mettere in relazione con il pronunciato sfruttamento dell’acquifero attraverso i vari campi pozzi per usi civili ed industriali e le diffuse utenze per usi agricoli. Si deve inoltre notare che la situazione di stress è ancor più rilevante nei mesi di Ottobre – Novembre quando si risente dei forti emungimenti estivi e non ancora della ricarica autunnale.

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Uno dei fattori che concorrono a tenere in depressione la zona della pianura costiera a Sud di Vada è la presenza dell’idrovora della Mazzanta che, attiva durante tutto il corso dell’anno, mantiene il livello di falda sotto livello mare. In quest’area infatti per mantenere il livello dell’acqua a quote più basse del livello campagna, che nelle zone più depresse è prossimo a quello del mare (+0,40 m) ,l’idrovora del Consorzio di Bonifica costantemente mantiene la falda freatica, comunicante direttamente con i fossi drenati, in depressione rispetto al mare, generalmente a quota –0,60 . Ciò innesca anche un meccanismo di richiamo continuo di acqua di mare, attraverso il sottosuolo permeabile , verso l’interno e l’effetto si estende fin dove si fa risentire il drenaggio della estesa rete fossi di bonifica. Nelle figure relative alla situazione piezometrica è peraltro evidente una zona di alto piezometrico localizzata, ai bordi del rilievo collinare, caratterizzata da livelli massimi intorno a circa +40 m s.l.m ,con gradienti considerevolmente pronunciati rispetto alla zona di pianura immediatamente ad ovest . Ciò è da mettere in relazione a variazioni di trasmissività dei livelli acquiferi. Nella zona est gli acquiferi presentano modesti spessori che, piuttosto repentinamente, nella parte centrale della pianura diventano consistenti con livelli di sedimenti detritici grossolani del pleistocene superiore (Tirreniano), anche come riempimento di paleovalli, creatisi con i meccanismi deposizionali descritti in precedenza . La Fig.13 mostra una sezione rappresentativa della situazione descritta, attraverso i principali pozzi studiati in quest’area (Bartoletti, Mazzanti, Squarci 1985) Le parti centrali delle paleovalli, con il loro riempimento detritico grossolano rappresentano zone ad elevata trasmissività idraulica, come messo in evidenza dalla buona produttività dei pozzi presenti. E’ stata inoltre realizzata una ricostruzione della base dell’acquifero che ne descrive i lineamenti principali . Questa ricostruzione è utile anche perché consente di stabilire quali siano le zone a maggior trasmissività e quindi di più facile comunicazione all’interno degli acquiferi .

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Fig.13 Sezione rappresentativa della situazione descritta, attraverso i principali pozzi studiati in quest’area (Bartoletti, Mazzanti, Squarci 1985)

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3.3 Definizione degli acquiferi e del modello di circolazione delle acque. Per quello che si riferisce al possibile modello di circolazione delle acque nel sottosuolo derivante delle conoscenze sulla geometria, costituzione litologica e caratteristiche idrauliche delle formazioni presenti nel sottosuolo dell’area che stiamo esaminando possiamo fare le seguenti osservazioni: 1.In genere nella pianura costiera, al di fuori della pianura alluvionale vera e propria del Fine , siamo in presenza di complessa situazione stratigrafica con sequenze detritiche che si ripetono a più livelli e che , per la particolare geometria derivante dalla complessa storia del Pleistocene locale, con numerosi cicli trasgressivi – regressivi, fa si che gli acquiferi contenuti nei livelli detritici grossolani ,vadano ad interferire tra loro . Dalle sezioni di fig.10 e 11 si ha un’idea della complessa situazione presente nel sottosuolo . Tutto questo fa si che la pianura costiera sia caratterizzata da un acquifero multistrato senza una vera e propria copertura verso la superficie e quindi generalmente freatico. Soltanto alcuni livelli del pleistocene inferiore – medio, nelle aree più prossime alla zona collinare, possono dar luogo ad acquiferi con un certo grado di artesianità essendo compresi tra acquitardi argilloso - sabbiosi. 2. La ricarica dell’acquifero della pianura costiera avviene attraverso questi meccanismi : S per infiltrazione dalla superficie delle acque di ruscellamento del bacino idrologico locale . In questo caso le acque che si infiltrano presentano caratteristiche chimiche ed isotopiche che dipendono delle aree immediatamente circostanti; S per infiltrazione di acque portate dai piccoli corsi d’acqua provenienti da bacini idrologici contermini e quindi con caratteristiche chimiche ed isotopiche diverse da quelle locali, apportando elementi estranei alle aree di assorbimento locali; S per apporto di acque che si infiltrano nella zone collinari e pedecollinari, in orizzonti permeabili connessi con quelli più profondi della pianura costiera , ed anch’esse con caratteristiche chimiche ed isotopiche diverse da quelle di infiltrazione locale;

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S oltre gli apporti sopraddetti gli acquiferi sovrasfruttati possono ricevere quelli di acqua marina o salmastra, essendo gli acquiferi, direttamente od indirettamente connessi con queste acque.

3.4 L'acquifero nei depositi alluvionali del Fiume Fine

La parte terminale della valle del Fiume Fine nella zona compresa tra le Fabbriche ed il mare costituisce con i suoi depositi alluvionali un importante sistema acquifero utilizzato principalmente per l'approvvigiona- mento del Civico Acquedotto. Essa interrompe la continuità dell'acquifero dei terreni pleistocenici fra Rosignano Solvay e Vada. I depositi alluvionali del Fiume Fine, specialmente con le ghiaie e sabbie grossolane del riempimento delle parti più profonde della paleovalle, costituiscono un importante acquifero separato dalla superficie, da livelli limo–argillosi talora di notevole spessore . Questo acquifero presenta un certo grado di artesianità in quanto la copertura argillosa sovrastante fa’ si che l’alimentazione avvenga non direttamente dal circostante alveo, ma da zone poste più a monte, dove le ghiaie vengono ad affiorare. Livelli discontinui di ghiaie si rinvengono anche nella parte più superficiale, ma non costituiscono un acquifero importante come quello profondo. 4. La ricarica degli acquiferi della pianura del F.Fine avviene ,come si è in precedenza accennato, attraverso il trasferimento delle acque di alveo agli acquiferi di subalveo, quando questi affiorano.

Qui vengono presentate le caratteristiche idrauliche dei livelli che lo costituiscono, anche in base ai risultati delle prove di portata eseguite in alcuni pozzi perforati recentemente per il potenziamento del Civico Acquedotto. Tenendo conto della sezione di fig.10 e delle stratigrafie dei sondaggi perforati nella pianura alluvionale , si possono distinguere a partire dalla superficie le seguenti unità idrologiche:

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1) acquicludo superficiale costituito da limo-argilloso ed argilla fluviale, continuo su tutta la pianura alluvionale, con spessore medio di circa 5 metri; 2) acquifero superficiale costituito da livelli di ghiaie fluviali di medie dimensioni. Questo orizzonte non è continuo, può raggiungere lo spessore di 2,5 m, con produttività piuttosto modesta; 3) acquicludo intermedio, costituito da argille e limi di origine alluvionale e fluvio- lacustre, continuo su tutta la valle tra la foce e la zona de Le Fabbriche, ha uno spessore medio di 13 m; 4) acquifero basale, formato da ghiaie ben assortite, da centimetriche a decimetriche; costituisce l'acquifero principale della pianura alluvionale del Fine. La produzione dei pozzi che raggiungono questo livello è generalmente elevata, tranne in quelle zone dove la matrice delle ghiaie ha piccola granulometria (limoso- argillosa). Nelle parti più incise della paleovalle il riempimento di queste ghiaie raggiunge lo spessore di circa 10 m. La falda contenuta in questo orizzonte è di tipo artesiano, essendo compresa tra due acquicludi: il sub strato argilloso, continuo tra la zona de Le Fabbriche ed il mare, costituito da argille marine del Pleistocene inferiore, e l'acquiciudo intermedio (orizzonte 3 di fig.14) anch'esso continuo nell'area sopradetta . Come si può osservare nella sezione di fig.14, come pure dalla ricostruzione a curve di livello della paleovalle l'acquifero principale (orizzonte 4) delle alluvioni dei Fine non è in comunicazione con gli orizzonti acquiferi esterni alla pianura alluvionale. La paleovalle nel tratto compreso tra la strettoia de Le Fabbriche ed il mare è infatti ovunque incisa nella formazione argillosa (acquicludo) del Pieistocene inferiore e gli acquiferi in essa presenti non possono avere interscambi con quelli della pianura litoranea circostante situati, nelle aree adiacenti al Fine, a quote superiori.

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Fig.14 - Sezione idrogeologica attraverso la valle dei Fiume Fine: d - detriti superficiali. substrato: q, - argille dei Pleistocene inferiore praticamente impermeabili; q, - arenarie calcaree permeabili ("Panchina di Grotti" del Pleistocene medio). q, - sabbie rosse di Vai di Gori, debolmente permeabili (Pleistocene medio)- depositi alluvionali (a): 1 - argille e limi superiori impermeabili, 2 - ghiaie della 1 falda dal piano di campagna, 3 - argille e limi intermedi, 4 - ghiaie della Il falda (acquifero principale).

3.4.1Le caratteristiche idrauliche dell'acquifero. Su alcuni pozzi perforati negli ultimi anni, a partire dal 1974, sono State eseguite

prove di portata che hanno consentito di definire le caratteristiche idrauliche del-

l'acquifero del Fiume Fine. Nella tab. 6 sono riportati tutti i valori ottenuti per i vari

pozzi talvolta con prove ripetute con tempi di emungimento anche prolungati.

L'acquifero ha caratteristiche di media trasmissività e permeabilità con coefficiente

di immagazzinamento abbastanza elevato. Pur presentando caratteristiche

idrauliche inferiori a quelle dei pozzi della pianura litoranea di Vada, questi, del

Fine hanno una buona capacità produttiva avendo una buona ricarica legata alla

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portata superficiale e subalvea del fiume stesso e dei suoi affluenti Marmolaio e

Gonnellino.

Tabella 6 - Trasmissività, permeabilità e coefficienti di immagazzinamento in quattro pozzi nelle alluvioni del Fine Pozzo Trasmissività Permeabilità Coefficiente di immagazzinamento

(T) m2/sec (K) m/ sec (S)

Migliarino I 2,3x10-3 6,7x10-4 Migliarino 2 2-2,4x10-3 1,7-2x10-4 Pietricci I 0,62x10-3 1,5 -10-4 Pietricci 3 0,6-0,76x10-3 1 ,5.10-4 6x10-3 prova breve

Mediamente la capacità produttiva complessiva può raggiungere circa 2.200.000 m3/anno.

4. INQUADRAMENTO GEOCHIMICO DELLE ACQUE

4.1 Caratteristiche generali delle acque della pianura costiera. Le Tavole relative allla conducibilità delle acque misurata in tutti i pozzi della rete piezometrica nei periodi Maggio - Giugno e Ottobre - Novembre , mettono chiaramente in evidenza che le aree con acque più diluite, che corrispondono alle zone di ricarica dei circuiti che si sviluppano poi nella pianura, si trovano a nord ed ad est della zona di studio in corrispondenza delle zone di alto piezometrico viste in precedenza. Le zone invece a conducibilità più elevata dove si superano le 7000 S/cm sono localizzate lungo la costa fra Vada ed il fiume Cecina. La conducibilità e quindi la salinità delle acque è fondamentalmente regolata dal contenuto in Cl .

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4.2 Elementi inquinanti loro origine e provenienza. Le analisi eseguite nelle varie campagne che stiamo esaminando, insieme a numerosi altri dati raccolti in precedenza sia dalla stessa ASA che da altri organismi (in special modo Soc. Solvay e Amministrazione Comunale di Rosignano M°), hanno messo in evidenza la presenza, negli acquiferi della pianura costiera, di elementi ,che qui genericamente definiamo “inquinanti”, che in determinate concentrazioni possono rendere le acque stesse non utilizzabili per scopi idropotabili. Gli elementi a cui facciamo particolare riferimento sono cloruri, nitrati .

4.2.1 Cloruri. Di questi si è parlato in precedenza e qui di seguito si fanno ulteriori precisazioni sulla loro distribuzione areale e sulla loro origine. Dalle tavole relative ai cloruri si evince che l’area di maggiore contenuto in Cl è quella della pianura costiera immediatamente a sud di Vada dove si superano largamente i limiti parametrici posti dalla legislazione per gli usi idropotabili (250mg/l). Nella zona compresa nella depressione piezometrica della Mazzanta si raggiungono valori talmente elevati che l’uso di tali acque è dannoso anche per l’irrigazione. I cloruri presenti in queste acque, sia per la situazione di basso piezometrico in prossimità della costa che qui interessa costantemente la falda, sia per i contenuti in 18O e Br , sono chiaramente di origine marina . Le cause di questa situazione sono state in precedenza messe in risalto e sono da ascriversi essenzialmente alla presenza degli impianti di bonifica presenti che richiamano verso l’interno della costa acque salmastre . A questo si deve aggiungere la presenza ,ai margini di quest’area, di numerosi pozzi per usi agricoli, industriali e civili. Naturalmente qui esistono situazioni estremamente delicate di equilibrio tra acqua dolce ed acqua salmastra che devono essere monitorate costantemente. Si deve evitare che emungimenti eccessivi possano riprodurre situazioni tipo quella verificatesi negli anni 1989-1990 dove nel campo pozzi

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di S.Pietro in Palazzi i cloruri (Cl-) avevano raggiunto valori prossimi a 500 mg/l. In quell’occasione dalla Soc. Solvay furono adottate azioni di salvaguardia in accordo con i controlli eseguiti dall’Amministrazione Comunale riducendo drasticamente le portate dei pozzi 9A,8A e 5°.

4.2.2 .Nitrati. Nelle tavole allegate viene rappresentata la distribuzione dei nitrati (NO3) nelle acque di falda della pianura costiera . Valori superiori a 50 mg/l sono presenti in un zona della pianura costiera compresa tra Vada e S.Pietro in Palazzi nei periodi di rilevazione effettuati a Giugno ed Ottobre 1998, 1999, 2000 e Giugno 2001. Dalla letteratura (Stanley E. Manahan – Environmental Chemistry) risulta che i fattori determinanti dell’inquinamento a nitrati delle acque al di fuori dei centri abitati sono da ricercarsi in genere nei fertilizzanti e nei prodotti azotati prodotti negli allevamenti di bestiame, contenuti in questo caso per più della metà nelle urine animali. Nel caso specifico la distribuzione areale dei nitrati corrisponde alle aree dove l’agricoltura è sviluppata intensamente con un massimo nella zona della pianura costiera tra Vada e S.Pietro in Palazzi. Essa presenta ancora valori anomali (però sempre inferiori a 50mg/l ) nella pianura a sud del Fiume Cecina , con tendenza ad aumentare nell’area più meridionale ,ai confini con il territorio del Comune di Bibbona. Si deve inoltre notare l’aumento sensibile registrato in falda nel Novembre 2000 (vedi tavola relativa) a seguito di un periodo di forte piovosità: questo fa supporre ad un effetto di lisciviazione di N dalla superficie verso la falda, in un periodo di stasi vegetativa. Valori molto bassi caratterizzano le acque del Fiume Cecina e la zona collinare ad est della pianura di Cecina. Per valutare le quantità di nitrati in gioco si è tentato un bilancio di massa utilizzando stime dei valori di acqua estratta dal sottosuolo ed il contenuto di N

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nelle acque . La valutazione riguarda il territorio della sola pianura costiera di Vada compresa nel Comune di Rosignano Marittimo. Nella pianura (zona 3 nella Figura 11) vengano estratti attualmente mediamente circa 3.450.000 m3 /anno di acqua comprensivi degli usi civili (1.230.000 m3 - misurati), agricoli (1.500.000 m3 – valutati) e industriali (720.000 m3 – misurati). Considerando un contenuto medio di 40 mg/l NO3 (pari a 9 mg/l di N) si ottengono 31 tonnellate/anno di N prodotto dalle acque dei pozzi. Questa quantità corrisponde grosso modo all’azoto prodotto in un anno da circa 6.000 persone adulte ( nella letteratura scientifica la produzione di azoto nelle urine umane viene data da 10 a 18 gr/giorno) o da 330 vitelli da allevamento (un vitello produce N mediamente 18 volte di più dell’uomo). Dato che attualmente nella pianura di Vada non esistono presenze di queste dimensioni (i dati raccolti per l’UTOE 1, interessata in questo settore . mostrano la presenza di circa 500 persone che complessivamente al massimo possono produrre circa 3 tonnellate di azoto /anno) , il bilancio di massa eseguito porta a dover considerare anche altre tipi di apporto di nitrati come i fertilizzanti azotati . Una stima dei quantitativi in gioco può aversi considerando che nel bacino idrologico prima definito sono presenti circa 1400 ettari di terreno coltivato con vari tipi di colture, come risulta dalla carta dell’Uso del Suolo (Branchetti 2001 - Quadro Conoscitivo). Una valutazione delle quantità di azoto in gioco, utilizzando anche i concimi ammessi in Agricoltura Biologica (Reg. CEE 2092/91 all. II A e successive modifiche) porta a valori di N pari a 0,5–0,7 q/Ha per anno solo per la presemina in colture cerealicole e a 0,3 –0,4 q/Ha anno per le ortive a pieno campo (vedi “Humoscam” della ditta SCAM e relative indicazioni per l’impiego). Valori più elevati, da 0,4 a 1,7 q/Ha anno, si hanno (o si sono avuti in un recente passato) con concimi azotati normali (contenenti dal 6% al 17% in peso di azoto totale) secondo il tipo di coltivazione e conseguente concimazione effettuata. Considerando un valore medio di

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C1 q N /Ha anno si ottengono C1400 q N /anno utilizzato nel bacino idrologico considerato; dato che con le acque di falda mediamente Csi estraggono 310 q N / anno risulta che C1090 q N/anno , pari al 78% di quello immesso, sarebbero trattenuti nei processi biologici di superficie Cmentre il rimanente 22% passerebbe in falda.

Queste percentuali sono in accordo con valori riscontrati in letteratura.1

I prodotti azotati non trattenuti nel ciclo biologico , probabilmente sotto forma di - ione nitrati (NO3 ), non si legano ai suoli superficiali prevalentemente sabbiosi e vengono trasportati nelle acque della falda che in queste zone non presenta una sufficiente protezione impermeabile ed è quindi facilmente vulnerabile. Questo non esclude la presenza di altri possibili apporti di nitrati in falda come gli scarichi di impianti fognari delle case sparse nella campagna valutabili in circa 3 tonn/anno (in alcuni casi i controlli sulle acque dei pozzi in prossimità di abitazioni hanno messo in evidenza valori fortemente anomali) o lo spargimento di liquami di stalla sulla superficie coltivabile (la così detta fertil-irrigazione). Come precedentemente osservato gli apporti di questa natura non possono però giustificare le quantità in gioco messe in evidenza dal bilancio di massa eseguito nell’area della pianura costiera di Vada. Nel caso specifico di acquiferi non protetti, sono sufficienti quantitativi relativamente modesti di prodotti azotati non trattenuti nel ciclo biologico superficiale per produrre effetti negativi sulla qualità delle acque.

1 Massantini e Caporali 1977 -in Agrochimica XXI n°6

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Centrale Acquedotto del "Pino" Pozzi Pianura di Vada

80

70

60 Requisito minimo

50 /l g m

3 40 NO 30

20

10

0 nov. nov. nov-93 giu. nov. giu. nov. giu. nov. giu. nov. giu. n giu. nov. iu nov. giu. nov. .0 o 94 95 96 97 v 9 9 9 9 9 9 98 99 01 0 .9 0 0 99 0 1 4 5 6 7 0 1 8

Fig.15 Andamento nel tempo dei nitrati nei pozzi della pianura costiera di Vada rilevato nella Centrale dell’acquedotto “Il Pino”

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Nitrati nei pozzi della pianura costiera di Vada Belv.1 150 Belv.2 140 Belv.3 130

120 Belv. 4

110 Belv.5

100 S.Rosa 1 90 Requisito minimo 50mg/l S.Rosa 2 80

mg/l S.Rosa 3 3 70 NO S.Rosa 4 60

50 Vall.1

40 9a$

30 10a$ 20 Tardy 1 10 Rapaccini $ 0 giu.97 nov.97 giu.98 nov.98 giu. 99 nov. 99 giu,00 nov.00 giu.01 nov.01

Fig.16 Nitrati nei pozzi della pianura costiera di Vada

4.3 Le acque del subalveo del Fiume Fine

Le acque presenti nel nell'acquifero subalveo del Fiume Fine sono quelle che presentano i maggiori problemi dal punto di vista dei parametri chimici. I parametri che superano i limiti ammissibili sono quelli relativi a solfati, manganese, ammoniaca, magnesio. La durezza supera i valori consigliati. L'origine della componente solfatica è nell'area di confluenza del F.Fine con il Torrente Pesciera a monte del pozzo Migliarino 1. Nel bacino Pesciera (e del Torrente Marmolaio suo affluente) affiorano estesamente gessi del Miocene Superiore, altamente solubili, che procurano una intensa mineralizzazione a solfati nelle acque di scorrimento superficiale e di falda. Il confronto tra la distribuzione del manganese e dell'ammoniaca mette tra la in evidenza una

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significativa corrispondenza nella localizzazione delle concentrazioni massime. Si ritiene che questa corrispondenza non sia casuale ma che dipenda dai processi chimico-fisici che si sviluppano nel sottosuolo in presenza di materia organica. La soluzione dei minerali contenenti manganese è spesso attribuita all'azione del CO2 nella acque di falda. La maggior parte dell'anidride carbonica si genera molto probabilmente da decomposizione batterica di sostanze organiche presenti abbondantemente nei depositi fluviali e fluvio-lacustri che riempiono il paleoalveo del F.Fine. La soluzione dei minerali contenenti manganese può avvenire in condizioni anaerobiche ed in presenza di agenti riducenti , come le sostanze organiche, capaci di ridurre gli ossidi da livelli più alti a quello manganoso. Dalla decomposizione anaerobica delle sostanze organiche può originarsi anche l'ammoniaca presente, come il manganese ed in minor misura anche il ferro , nelle acque che stiamo esaminando. Nel caso specifico dunque l'ammoniaca è di origine naturale e non rappresenta un indice di inquinamento della falda. Si deve inoltre notare che la quantità di ammoniaca presente nei vari serbatoi di distribuzione delle acque verso l’acquedotto non supera i valori massimi ammissibili in quanto probabilmente ha subito processi di ossidazione durante il trasporto in condotta o all’arrivo nei depositi stessi. Anche per il magnesio esiste una causa ben precisa per la sua presenza dovuta con ogni probabilità alla dissoluzione di minerali magnesiaci legati alle rocce ofiolitiche largamente rappresentate negli elementi ciottolosi che compongono l'acquifero principale di quest'area. Per quanto si riferisce alla durezza delle acque questa deriva dalle grandi quantità di calcio presenti nei solfati e nei carbonati ,presenti anch'essi come componente importante delle ghiaie che costituiscono il serbatoio principale delle acque di falda. Di qualità migliore risultano le acque provenienti dai pozzi detti del “Passo dei Caprioli”, alimentati in parte da quelle di subalveo del Torrente Gonnellino,povere in solfati.

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4.4 Zona dell’ “Acquabona” Le acque provenienti dall'acquifero carbonatico presente in questa zona non presentano particolari problemi in quanto tutti i parametri chimici rientrano nella norma. Soltanto la durezza raggiunge il valore massimo consigliato di 50° francesi, legata alla natura carbonatica del serbatoio. Il nuovo pozzo Acquabona 3,posto più ad oriente è piuttosto ricco in solfati, risentendo della presenza dei gessi della serie miocenica che costituisce la copertura del serbatoio carbonatico principale.

5 CONCLUSIONI SUGLI ASPETTI IDROGEOLOGICI

L’analisi idrogeochimica delle caratteristiche della pianura costiera ha messo in evidenza una serie di problematiche relative alla scadente qualità ed alla quantità delle acque presenti. Per quanto riguarda la qualità risultano particolarmente rilevanti le concentrazioni in Cloruri e Nitrati. L’origine dei primi è chiaramente marina e dipende generalmente da un sovrasfruttamento della falda in zone di per se soggette a invasione di acqua salmastra legata a cause “storiche”, come nel caso della pianura costiera della Mazzanta a Sud di Vada. Per quanto riguarda i nitrati questi derivano in gran parte dal continuo uso di fertilizzanti azotati che possono raggiungere la falda in quanto questa non presenta una sufficiente copertura protettiva impermeabile ed è quindi facilmente “vulnerabile”. Per quanto si riferisce alle quantità disponibili , si ritiene, dalla visione dell’andamento piezometrico e dalle variazioni del chimismo delle acque, che in situazioni di scarsa ricarica , durante la fase estiva si abbia uno sfruttamento della falda della pianura costiera superiore alla sua potenzialità. Tutto questo comporta una costante attenzione nell’effettuare controlli sui livelli e sul chimismo delle acque in modo da concertare al meglio con gli altri utilizzatori presenti sul territorio , lo sfruttamento della risorsa ed effettuare

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interventi atti ad evitare in modo particolare l’avanzamento del fronte salino nella parte costiera più esposta a questo fenomeno. Per quanto si riferisce al problema dei Nitrati questo va seriamente affrontato con gli operatori del settore agricolo per cercare di ottimizzare l’uso dei fertilizzanti azotati. Si ritiene comunque che la notevole estensione delle aree interessate dal fenomeno e gli elevati valori raggiunti non consentono di prevedere una inversione di tendenza in tempi brevi. Questo comporta la valutazione di utilizzare sistemi di denitrificazione nelle zone dove sono state messe in evidenza le maggiori concentrazioni dei composti azotati. Dovranno essere i previste azioni di controllo sugli scarichi domestici e degli allevamenti, ed in modo particolare l’applicazione delle norme relative alle aree di salvaguardia dei pozzi per usi potabili . A questo scopo si deve rilevare che la pianura costiera nel suo insieme La qualità e quantità delle acque attualmente disponibili impongono quindi la ricerca di soluzioni alternative a quella di ulteriore sfruttamento intensivo della risorsa presente nel settore del territorio interessato da questo studio. I progetti ARETUSA (ASA - Solvay) attualmente in procinto di attuazione per il riutilizzo delle acque dei depuratori di Cecina e Rosignano (circa 4.000.000 di m 3 /anno) vanno nella giusta direzione perché questa soluzione potrebbe consentire una diminuzione di prelievi di acque di scadente qualità e una riduzione degli emungimenti nelle aree maggiormente sensibili all’intrusione di acque clorurate . Si potrebbe inoltre avere un uso diverso delle acque che attualmente sono indispensabili per il mantenimento delle attività industriali, come quelle presenti nel subalveo profondo del Fiume Cecina, anche se purtroppo di qualità non ottimali (ma sempre nei limiti di potabilità) per la presenza di cloruri, solfati, boro ed elevata durezza, ma a basso contenuto in nitrati. Per quanto riguarda l’acquifero del Fine, le scadenti qualità chimiche delle acque caratterizzate da un forte carico in solfati, ad esclusione dei pozzi del “Passo dei Caprioli”, ne sconsigliano l’uso idropotabile. Per queste acque esiste

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un accordo di scambio tra ASA e Soc.Solvay. in modo che vengano utilizzate per usi industriali in cambio di acque di migliore qualità .

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