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Parte II

L’ ANALISI DEL CONTESTO AMBIENTALE

1. La componente dell’aria e dei fattori climatici

1.1 L’importanza e l’evoluzione degli studi sulla qualità dell’aria

Lo studio della qualità dell’aria ha assunto negli ultimi tempi una consistente accelerazione sia sul fronte dell’accuratezza delle analisi, ovvero nella specificazione degli inquinanti e dei loro effetti sulla salute umana, sia per la necessità dell’adeguamento alle norme europee: la crescente sensibilità ambientale e consapevolezza civica, aggiunta all’aumento dell’inquinamento atmosferico, hanno imposto di conoscere qualità, consistenza e sorgenti degli inquinanti nell’aria. Benché generalmente l’inquinamento atmosferico sia prevalentemente dovuto al traffico veicolare e agli impianti di riscaldamento, non sono da trascurare le sorgenti di tipo industriale e per la produzione di energia. E’ perciò nell’ambiente urbano, dove sono presenti le massime concentrazioni antropiche, che si verificano i maggiori fenomeni di inquinamento atmosferico, quest’ultimo, quindi, strettamente connesso al modello economico e sociale in atto. D’altro canto gli allarmi scattati nel corso degli anni, hanno portato ad un adeguamento delle normative sugli impianti di riscaldamento e sulle caratteristiche dei motori degli autoveicoli: l’adeguamento tecnologico conseguente, dettato dalle impellenti necessità, ha portato in molti casi ad un abbattimento di alcuni tipi di inquinanti (quali il biossido di zolfo, il benzene e il monossido di carbonio). Ora l’attenzione è posta più su altre componenti quali le polveri fini e su ossido e biossido di azoto che, insieme ai composti organici, segnalano il rischio di smog fotochimico. A ciò si aggiunga che le componenti climatiche quali precipitazioni, umidità relativa, pressione, temperatura, velocità e direzione del vento, insieme alla loro durata e andamento nel tempo, possono incidere anche pesantemente sulla qualità dell’aria. A livello locale, per esempio, nei casi di vento moderato o forte e/o di presenza di precipitazioni, la concentrazione degli inquinanti si abbassa notevolmente; al contrario con venti deboli, alte pressioni e siccità, l’inquinamento può raggiungere livelli elevati.

1.2 I principali inquinanti atmosferici

Per comprendere le cause dell’inquinamento atmosferico, i principali inquinanti della componente aria sono stati divisi in due categorie: gli inquinanti primari (emessi direttamente nell’atmosfera dalle sorgenti antropogeniche o naturali) gli inquinanti secondari (che si formano in atmosfera per reazione chimica tra inquinanti primari e/o secondari e l’aria). La tabella a seguire riporta il tipo di inquinante la cui presenza è riconducibile ad alcune principali sorgenti di emissione

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Sorgenti emissive dei principali inquinanti (* = Inquinante Primario, ** = Inquinante Secondario)

Inquinanti Principali caratteristiche sorgenti di emissione

Biossido di Zolfo * Gas incolore di odore Impianti riscaldamento, centrali di potenza, SO2 pungente prodotto combustione di prodotti organici di origine fossile dall’ossigenazione dello contenenti zolfo (gasolio, carbone, oli zolfo combustibili) Biossido di Azoto */** Gas di colore rosso Impianti di riscaldamento, traffico autoveicolare NO2 bruno e dall’odore forte (in particolare quello pesante), centrali di potenza, e pungente attività industriali (processi di combustione per la sintesi dell’ossigeno e dell’azoto atmosferici) Monossido di Carbonio * Gas incolore ed inodore Traffico autoveicolare (processi di combustione CO generato dalla incompleta dei combustibili fossili) motori a combustione di materiali benzina organici Ozono ** Gas altamente reattivo di Smog fotochimica che si origina nei mesi estivi in O3 odore pungente di concomitanza di intenso irraggiamento solare ed colore blu con potere elevata temperatura ossidante Particolato Fine */** Materiale non gassoso in Insieme di particelle con diametro aerodinamico PM10 sospensione nell’aria inferiore ai 10 µm, provenienti principalmente da processi di combustione e risollevamento Idrocarburi non Metanici * varie Traffico autoveicolare (processi di combustione (IPA, Benzene) incompleta, in particolare di combustibili derivati dal petrolio ), evaporazione dei carburanti, alcuni processi industriali

1.3 Gli effetti degli inquinanti sulla salute

Le risultanze di studi condotti in Europa e in U.S.A. sulla correlazione fra inquinamento atmosferico e cancro al polmone sono concordi nel valutare che per ogni 10 µg/m3 di PM 2.5 si registra nella popolazione esposta un incremento tra l’8% ed il 14% di neoplasie polmonari. Nessuno mette in discussione il ruolo del fumo di tabacco, ma non si possono continuare a sottovalutare gli effetti dell’inquinamento a cui l’intera popolazione è esposta (da catena alimentare, traffico veicolare, impianti industriali, smaltimento dei rifiuti, sostanze chimiche e farmacologiche utilizzate in agricoltura - zootecnia etc). Non è quindi trascurabile il rischio da inquinamento atmosferico ed è ormai evidente il ruolo causale dell’inquinamento dell’aria nell’aumento della frequenza di danni acuti, subacuti e cronici alla salute, nonché di effetti nocivi a lungo termine, particolarmente preoccupanti in quanto riguardano i bambini e le generazioni a venire. Lo spettro di patologie, la cui frequenza risulta aumentata in relazione al grado di inquinamento atmosferico, va dalle malattie cardiocircolatorie alle affezioni respiratorie, ai tumori (cfr.MISA-2 –Università di Firenze, Padova e Torino - indagini condotte tra il 1996 e il 2002 in 15 città italiane). Dagli studi epidemiologici emerge per esempio la responsabilità del articolato fine (polveri di diametro inferiore ai 10 µm corrispondenti alla cosiddetta frazione “respirabile”) e ultrafine (inferiori a 0,1 µm) passando per quelle intermedie di 2,5 µm (in grado di raggiungere la zona toracica). Gli effetti degli inquinanti sugli organismi viventi sono quindi diversi a seconda della loro concentrazione atmosferica, del tempo di permanenza e delle loro caratteristiche chimico-fisiche, ma dipendono anche della sensibilità dell’organismo vivente: più sono coinvolti gli apparati deputati alla respirazione e alla fotosintesi, più l’organismo subirà conseguenze. Sono infatti le sostanze

7 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale gassose e le polveri più fini che riescono a superare le ordinarie barriere protettive delle vie aeree e degli apparti fogliari per raggiungere in profondità gli apparati respiratori e fotosintetici. Gli effetti, quindi, possono essere di tipo acuto (per esposizioni brevi di ore o pochi giorni anche ad elevate concentrazioni) o di tipo cronico manifestandosi dopo anni o decenni a seguito di esposizioni continue anche se di bassa concentrazione. L’inquinamento produce, oltre che effetti diretti sulla salute dei singoli, anche un danno o quantomeno un aumento dei costi sociali: aumentando la frequenza di certe malattie, è necessario adottare forme di prevenzione e/o limitazione delle libertà individuali (condizionamenti nella vita dei singoli come il divieto di fumo, il ricorso a diete o a trattamenti farmacologici o a ricoveri ospedalieri) o collettiva (come i divieti di circolazione, la messa fuori norma di autoveicoli, modifiche nel sistema sanzionatorio) inducendo cambiamenti nelle abitudini sociali dei singoli e della collettività.

1.3.1 Biossido di Zolfo (SO2) Il biossido di zolfo, o anidride solforosa, è un gas la cui presenza in atmosfera è da ricondursi alla combustione di combustibili fossili contenenti zolfo, quali carbone, petrolio e derivati. Per quanto riguarda il traffico veicolare, che contribuisce alle emissioni solo in maniera secondaria, la principale sorgente di biossido di zolfo è costituita dai veicoli con motore diesel. Dal 1970 ad oggi la tecnologia ha reso disponibili combustibili a basso tenore di zolfo, il cui utilizzo è stato imposto dalla normativa. Le concentrazioni di biossido di zolfo sono così rientrate nei limiti legislativi previsti. In particolare in questi ultimi anni, grazie al passaggio al gas naturale, le concentrazioni si sono ulteriormente ridotte. Data l’elevata solubilità in acqua, il biossido di zolfo contribuisce al fenomeno delle piogge acide trasformandosi in anidride solforica (SO3) e, successivamente, in acido solforico (H2SO4), a causa delle reazioni con l’umidità presente in atmosfera. Gli effetti registrati ai danni della salute umana variano a seconda della concentrazione e del tempo di esposizione, e vanno da irritazioni a occhi e gola già a basse concentrazioni, a patologie dell’apparato respiratorio come bronchiti, tracheiti e malattie polmonari in caso di esposizione prolungata a concentrazioni maggiori.

1.3.2 L’Ozono (O3) L’Ozono è un inquinante secondario, che non ha sorgenti emissive dirette di rilievo. La sua formazione avviene in seguito a reazioni chimiche in atmosfera tra i suoi precursori (soprattutto ossidi di azoto e composti organici volatili), favorite dalle alte temperature e dal forte irraggiamento solare. Tali reazioni causano la formazione di un insieme di diversi composti, tra i quali, oltre all’ozono, nitrati e solfati (costituenti del particolato fine), perossiacetilnitrato (PAN), acido nitrico e altro ancora, che nell’insieme costituiscono il tipico inquinamento estivo detto smog fotochimico. A differenza degli inquinanti primari, le cui concentrazioni dipendono direttamente dalle quantità dello stesso inquinante emesse dalle sorgenti presenti nell’area, la formazione di ozono risulta quindi più complessa. La chimica dell’ozono ha come punto di partenza la presenza di ossidi di azoto, che vengono emessi in grandi quantità nelle aree urbane. Sotto l’effetto della radiazione solare (rappresentata di seguito con hν), la formazione di ozono avviene in conseguenza della fotolisi del biossido di azoto:

NO2 + hν → NO + O* (1) L’ossigeno atomico, O*, reagisce rapidamente con l’ossigeno molecolare dell’aria, in presenza di una terza molecola (M) che non entra nella reazione vera e propria ma assorbe l’eccesso di energia vibrazionale e pertanto stabilizza la molecola di ozono che si è formata:

O* + O2 + M → O3 + M (2) Una volta generato, l’ozono reagisce con l’NO, e rigenera NO2:

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NO + O3 → NO2 + O2 (3) Le tre reazioni descritte formano un ciclo chiuso che, da solo, non sarebbe sufficiente a causare gli alti livelli di ozono che possono essere misurati in condizioni favorevoli alla formazione di smog fotochimico. La presenza di altri inquinanti, quali ad esempio gli idrocarburi, fornisce una diversa via di ossidazione del monossido di azoto, che provoca una produzione di NO2 senza consumare ozono, di fatto spostando l’equilibrio del ciclo visto sopra e consentendo l’accumulo dell’O3. Le concentrazioni di ozono raggiungono i valori più elevati nelle ore pomeridiane delle giornate estive soleggiate. Inoltre, dato che l’ozono si forma durante il trasporto delle masse d’aria contenenti i suoi precursori, emessi soprattutto nelle aree urbane, le concentrazioni più alte si osservano soprattutto nelle zone extraurbane sottovento rispetto ai centri urbani principali. Nelle città, inoltre, la presenza di NO tende a far calare le concentrazioni di ozono, soprattutto in vicinanza di strade con alti volumi di traffico. Nel mondo vegetale l'ozono entra nelle foglie attraverso le aperture stomatiche e, grazie al suo forte potere ossidante dovuto al terzo atomo di ossigeno, aggredisce le membrane cellulari causando mutamenti nelle proteine, che perdono la loro integrità fisica e le loro capacità di trasporto e producono antiossidanti (metaboliti o enzimi) quale difesa. Le foglie perdono efficienza fotosintetica, a causa della chiusura di numerosi stomi e della diminuita assimilazione del carbonio, dovuta alla minore attività di enzimi coinvolti nella fotosintesi. Nel corpo umano l’ozono è in grado, per esempio, , di attaccare velocemente i tessuti biologici e le molecole biochimiche. Difficilmente solubile in acqua, non è ostacolato dal muco protettivo presente normalmente nelle vie respiratorie e penetra nelle regioni più profonde e sensibili. Circa il 91% dell’ozono inspirato viene assimilato dalle vie respiratorie e dai polmoni. Le membrane cellulari più sensibili, una volta raggiunte, vengono distrutte e si innescano reazioni progressive di tipo infiammatorio. Particolarmente esposti sono i tessuti delle vie respiratorie. Si riscontrano disagi e patologie dell’apparato respiratorio (irritazioni agli occhi, al naso e alla gola e mal di testa già a partire da esposizioni di soggetti sani a concentrazioni medie orarie di 200 µg/m3; decrementi della funzionalità respiratoria nei bambini e nei giovani a concentrazioni orarie nel range 160÷300 µg/m3).

1.3.3 Gli ossidi di Azoto (NO e NO2)

Gli ossidi di azoto in generale (NOX), vengono prodotti durante i processi di combustione a causa della reazione che, ad elevate temperature, avviene tra l’azoto e l’ossigeno contenuto nell’aria. Tali ossidi vengono emessi direttamente in atmosfera a seguito di tutti i processi di combustione ad alta temperatura (impianti di riscaldamento, motori dei veicoli, combustioni industriali, centrali di potenza, ecc.), per ossidazione dell’azoto atmosferico e, solo in piccola parte, per l’ossidazione dei composti dell’azoto contenuti nei combustibili utilizzati. Nel caso del traffico autoveicolare, le quantità più elevate di questi inquinanti si rilevano quando i veicoli sono a regime di marcia sostenuta e in fase di accelerazione, poiché la produzione di NOx aumenta all’aumentare del rapporto aria/combustibile, cioè quando è maggiore la disponibilità di ossigeno per la combustione.

L’NO2 è un inquinante per lo più secondario, che si forma in seguito all’ossidazione in atmosfera dell’NO, relativamente poco tossico. Esso svolge un ruolo fondamentale nella formazione dello smog fotochimico in quanto costituisce l’intermedio di base per la produzione di inquinanti secondari molto pericolosi come l’ozono (O3), l’acido nitrico (HNO3), l’acido nitroso (HNO2). Una volta formatisi, questi inquinanti possono depositarsi al suolo per via umida (tramite le precipitazioni) o secca, dando luogo al fenomeno delle piogge acide, con conseguenti danni alla vegetazione e agli edifici.

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Gli NOx, ed in particolare l’NO2, sono gas nocivi per la salute umana in quanto possono provocare irritazioni delle mucose, bronchiti e patologie più gravi come edemi polmonari. I soggetti più a rischio sono i bambini e le persone già affette da patologie all’apparato respiratorio.

1.3.4 Il Monossido di Carbonio (CO) Il monossido di carbonio è un gas risultante dalla combustione incompleta di gas naturali, propano (contenuto nel GPL), carburanti, benzine, carbone e legna. Le fonti di emissione di questo inquinante sono, sia di tipo naturale, sia di tipo antropico; in natura, il CO viene prodotto in seguito a incendi, eruzioni dei vulcani ed emissioni da oceani e paludi. La principale fonte di emissione da parte dell’uomo è invece costituita dal traffico autoveicolare, oltre che da alcune attività industriali come la produzione di ghisa e acciaio, la raffinazione del petrolio, la lavorazione del legno e della carta. Le sue concentrazioni in aria ambiente sono strettamente legate ai flussi di traffico locali, e gli andamenti giornalieri rispecchiano quelli del traffico, raggiungendo i massimi valori in concomitanza delle ore di punta a inizio e fine giornata, soprattutto nei giorni feriali. Durante le ore centrali della giornata i valori tendono a calare, grazie anche ad una migliore capacità dispersiva dell’atmosfera. In Lombardia, a partire dall’inizio degli anni ’90 le concentrazioni di CO sono in calo, soprattutto grazie all’introduzione delle marmitte catalitiche sui veicoli e al miglioramento della tecnologia dei motori a combustione interna (introduzione di veicoli Euro 4). Il CO può venire assunto dall’organismo umano per via inalatoria, ha la capacità di legarsi con l'emoglobina in quanto ha una maggiore affinità rispetto all’O2, e forma con essa carbossiemoglobina, riducendo così la capacità del sangue di trasportare ossigeno ai tessuti. Gli effetti nocivi sono quindi riconducibili ai danni causati dall’ipossia a carico del sistema nervoso, cardiovascolare e muscolare, comportando una diminuzione delle funzionalità di tali apparati e affaticamento, sonnolenza, emicrania e difficoltà respiratorie.

1.3.5 Gli idrocarburi non metanici (NMHC) Gli idrocarburi non metanici si originano da processi di combustione imperfetta o incompleta, in particolare di combustibili derivati dal petrolio (benzine e gasoli). Esposti all’aria passano velocemente dallo stato liquido a quello gassoso. In parte sono costituiti da idrocarburi dello stesso combustibile che non vengono bruciati (paraffine, olefine, cicloparaffine, aromatici) e, per la maggioranza, da sostanze più complesse che si formano nelle reazioni di combustione. Solitamente tali composti organici si originano nelle zone della camera di combustione dove la temperatura non raggiunge valori così elevati da favorire l'ossidazione completa dei combustibili. Le principali sorgenti dei NMHC sono il traffico autoveicolare, alcuni processi industriali (in fonderia; nei cicli di produzione di solventi e vernici e durante le fasi di lavorazione che impiegano tali sostanze, quali lo sgrassaggio e la verniciatura nelle lavorazioni metalmeccaniche; nelle lavorazioni di polimeri; nel trattamento del legno, ecc.), evaporazione dei carburanti (durante il travaso, nelle fasi di riempimento di serbatoi e cisterne o in seguito a perdite dagli stessi). Gli effetti sulla salute sono costantemente oggetto di studio, in quanto alcuni componenti degli NMHC si sono rivelati cancerogeni per l’uomo(colpito nelle prime vie aeree), per esempio il benzene e numerosi idrocarburi policiclici aromatici (IPA) come il benzo(a)pirene.

1.3.6 Il particolato atmosferico aerodisperso (PM) PM (Particulate Matter) è la definizione generale con cui si definisce una miscela di particelle solide e liquide (particolato) di diverse caratteristiche chimico-fisiche e diverse dimensioni che si trovano in sospensione nell'aria.

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Tali sostanze possono avere origine sia da fenomeni naturali (processi di erosione al suolo, incendi boschivi, dispersione di pollini etc.) sia, in gran parte, da attività antropiche, in particolar modo da traffico veicolare e processi di combustione. Inoltre, esiste un particolato di origine secondaria dovuto alla compresenza in atmosfera di altri inquinanti come l'NOX e l'SO2 che, reagendo fra loro e con altre sostanze presenti nell'aria, danno luogo alla formazione di solfati, nitrati e sali di ammonio. L’insieme delle particelle sospese in atmosfera è chiamato PTS (Polveri Totali Sospese). Al fine di valutare l’impatto del particolato sulla salute umana si possono distinguere una frazione in grado di penetrare nelle prime vie respiratorie (naso, faringe, laringe) e una frazione in grado di giungere fino alle parti inferiori dell’apparato respiratorio (trachea, bronchi, alveoli polmonari). La prima corrisponde a particelle con diametro aerodinamico inferiore a 10 µm (PM10), la seconda a particelle con diametro aerodinamico inferiore a 2.5 µm (PM2.5). Attualmente la legislazione europea e nazionale ha definito valori limite sulle concentrazioni giornaliere e sulle medie annuali per il solo PM10, mentre per il PM2.5 la comunità europea in collaborazione con gli enti nazionali sta effettuando le necessarie valutazioni. A causa della sua composizione, il particolato presenta una tossicità che non dipende solo dalla quantità in massa, ma dalle caratteristiche fisico-chimiche; la tossicità viene amplificata dalla capacità di assorbire sostanze gassose come gli IPA (idrocarburi policiclici aromatici) e i metalli pesanti, di cui alcuni sono potenti agenti cancerogeni. Inoltre, le dimensioni così ridotte (soprattutto per quanto riguarda le frazioni minori di particolato) permettono alle polveri di penetrare attraverso le vie aeree fino a raggiungere il tratto tracheo-bronchiale e gli alveoli polmonari, causando disagi, disturbi e malattie all’apparato respiratorio e indurre formazioni neoplastiche. Gli effetti sanitari delle PM10 possono essere sia a breve termine che a lungo termine. Anche recenti studi epidemiologici (ad esempio i progetti MISA 1 e 2, una metanalisi degli studi italiani sugli effetti acuti dell'inquinamento atmosferico rilevati in dodici città italiane, nonchè studi americani sugli effetti a lungo termine) hanno confermato l'esistenza di una correlazione tra presenza di polveri fini e patologie dell'apparato respiratorio e cardiovascolare.

1.4 La normativa di riferimento e il sistema di monitoraggio regionale

La normativa di riferimento è a più scale: europea, statale e, a seguito di monitoraggi e controlli delle emissioni, anche regionale e locale quali i provvedimenti per il blocco della circolazione nell’ambito di singoli comuni o aree omogenee. Le normative, generalmente sono tese a stabilire i limiti di concentrazione degli inquinanti a breve e lungo termine. Per questi ultimi il riferimento è a standard di qualità e a valori limite per la salute umana e dell’ecosistema al fine di evitare esposizioni croniche. Altre normative intervengono invece sulla definizione di soglie di allarme per gestire situazioni di inquinamento acuto e provvedere a interventi puntuali di emergenza. Sinteticamente sono qui elencate le principali norme: • D.P.C.M. del 28 marzo 1983 (modificato dall’art. 20 del D.P.R.n.203 del 24 maggio 1988) in vigore solo in fase transitoria per i valori del biossido di azoto • D. M. dell’Ambiente del 20 maggio 1991 e del 6 maggio 1992; • Direttiva 96/62/CE del 27 settembre 1996; • D.M. dell’Ambiente del 16 maggio 1996; • Direttiva 1999/30/CE del 22 aprile 1999 concernente i valori limite di qualità dell’aria ambientale per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo; • D. Lgs. n. 351 del 4 agosto 1999 (recepimento della suddetta Direttiva relativa a nuovi valori limite e di soglie di allarme per gli inquinanti nonché necessità di un Piano di Azione Regionale); • D.G.R. Lombardia n. 5661 del 20 luglio 2001 “Controllo gas di scarico degli autoveicoli, Bollino Blu – Campagna 2002”;

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• D.G.R. Lombardia n. VII/6501 del 19 ottobre 2001 (zonizzazione del territorio regionale). • D.M. dell’Ambiente e della Tutela del Territorio n. 60 del 2 aprile 2002 concernente le norme in materia di qualità dell’aria; • D.M. dell’Ambiente n. 261 del 1 ottobre 2002 “Regolamento recante le direttive tecniche per la valutazione preliminare della qualità dell’aria ambientale, i criteri per l’elaborazione del piano e dei programmi”; • D.Lgs. n.183 del 21 maggio 2004: recepimento Direttiva 2002/3/CE riguardante i valori di ozono, i valori bersaglio, da conseguirsi entro il 2010, i valori obiettivo a lungo termine, le soglie di informazione e di allarme • D. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 recante le “Norme in materia ambientale” dove si delega alle Province la funzione amministrativa relativa al rilascio delle autorizzazioni alle emissioni in atmosfera. Poiché gli inquinanti sono tutti espressione di un unico fenomeno più complesso - l’inquinamento atmosferico - essi sono correlati tra loro ed ognuno di essi è solo un indicatore degli effetti della contaminazione complessiva. L’utilità di provvedimenti tesi ad eliminare solo uno o alcuni dei componenti non è sufficiente a scongiurare le conseguenze del rischio inquinamento. A livello locale la Regione Lombardia, quindi, al fine di tenere sotto controllo il grado di qualità dell’aria, ha predisposto una rete di centraline di rilevamento di diversi inquinanti aerei composta da 137 stazioni fisse (sia di proprietà pubblica, sia di aziende private) in grado di trasmettere ad intervalli regolari (generalmente di un’ora) i dati al sistema centrale dell’ARPA che, in seguito ad elaborazioni, è in grado di evidenziare situazioni a rischio o di emergenza. In base alle statistiche raccolte in alcuni anni, la Regione Lombardia, con la D.G.R. n. VII/6501 del 19/10/01, modificata dalla d.G.R. n. VII/1863 del 28/10/02, ha quindi proceduto alla zonizzazione del territorio regionale ai fini del raggiungimento degli obiettivi di qualità dell’aria. Tale zonizzazione è stata recentemente revisionata con la D.G.R. n. 5290 del 02/08/07, che è entrata in vigore a partire da agosto 2007. Il territorio regionale è stato suddiviso in zone così denominate:

Zona A: laddove sono maggiori alcuni inquinanti (PM10 di origine primaria, NOx e COV), la situazione meteorologica è avversa (velocità del vento limitata, lunghi periodi di alta pressione)e vi è alta densità abitativa, attività industriali e traffico. A sua volta la zona A è stata suddivisa in: - zona A1:agglomerati urbani a maggiore densità abitativa - zona A2 : zona urbanizzata a minore densità abitativa ed emissiva rispetto alla A1 Zona B: zona di pianura con alte concentrazioni di PM10 prevalentemente secondarie, alta emissione (inferiore alle zone A) di PM10 e NOx, alta emissione di NH3 (da origine agricola e allevamento), situazione meteorologica avversa e densità abitativa intermedia Zona C: valori di PM10, NOx, CV antropico e NH3 inferiori, orografia montana, situazione meteorologica favorevole alla dispersione, bassa densità abitativa.

La D.G.R. n. VII/13856 del 29/07/03, al fine di dare maggiori incisività ed efficacia ai provvedimenti previsti dal proprio Piano di azione, anche dal punto di vista gestionale, ha stabilito di unificare le zone critiche di Milano, di Como e del Sempione in una zona denominata “Zona Critica Unica di Milano/Como/Sempione”, in ragione della contiguità della omogeneità di uso del territorio e dell’appartenenza ad un unico bacino aerologico delle stesse mantenendo per e provincia la stessa zona omogenea. Per ciascuna zona è stato poi definito, con l’immediata successiva DGRL 8/5291, un Piano d’azione per il contenimento e la prevenzione degli episodi acuti di inquinamento atmosferico (per il periodo ottobre 2007-aprile 2008) che prevede misure e provvedimenti relativi alla circolazione veicolare e per il contenimento dell’inquinamento da combustione, nonché azioni immediate da attuare nel caso di superamento dei livelli di ozono.

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Tra i sistemi di monitoraggio segnaliamo anche quello di tipo sperimentale che fornisce informazioni sulla qualità dell’aria tramite misure effettuate da satellite. Le immagini e le mappe riportate rappresentano medie mensili di concentrazione di NO2 in troposfera e sono fornite dal progetto TEMIS finanziato dall'ESA (l'Ente Spaziale Europeo) e precursore del progetto PROMOTE in cui ARPA Lombardia è coinvolta come core user. La misura originale, che viene effettuata con frequenza variabile sopra la Lombardia, contiene informazioni sovrapposte di concentrazioni di più inquinanti in atmosfera (NO2, SO2, BrO, O3). Sofisticati algoritmi di calcolo, elaborati da BIRA-IASB e KNMI-NASA permettono di ricavare dal complesso insieme di dati di partenza, informazioni relative alla sola concentrazione di NO2 in troposfera.

L'NO2 è emessa in larga parte da attività umane: traffico, riscaldamento domestico e industria rappresentano le sorgenti principali. A causa della persistenza molto breve dell'NO2, si può notare dalle mappe un'alta concentrazione laddove sono più intense le attività antropiche. E' comunque possibile osservare, in condizioni meteorologiche particolari, ampi fenomeni di trasporto. Le concentrazioni delle medie mensili, rappresentate nelle immagini, vengono espresse in 1013 2 molecole di NO2/cm presenti in troposfera (che si innalza fino a circa 10 km alle nostre latitudini) mentre i valori delle stazioni di monitoraggio a terra misurano concentrazioni in µg/m3. Le misure vengono effettuate tramite il sensore UV-VIS SCIAMACHY (SCanning Imaging Absorption spectroMeter for Atmospheric CHartographY) a bordo del satellite ESA Envisat, e tramite il sensore OMI (Ozone Monitoring Experiment) a bordo del satellite EOS-Aura; entrambi i satelliti sono in orbita polare attorno alla terra. Le aree di colore rosso presenti in alcune immagini non sono indicative di superamenti dei limiti previsti dalla normativa vigente. Per esemplificare alcuni dati riportiamo a seguire alcune immagini da satellite (sensore OMI) elaborate per alcuni mesi del 2007.

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1.5 I fattori climatici

Le variabili meteorologiche sono di fondamentale importanza rispetto ai livelli di inquinamento presenti nell’aria: regolano infatti la velocità con cui gli inquinanti vengono trasportati e si disperdono in atmosfera (es. velocità del vento, flussi turbolenti di origine termica o meccanica) o portati al suolo (es. rimozioni da parte della pioggia). Tali fattori meteorologici definiscono anche il volume in cui gli inquinanti si diffondono: l’altezza di rimescolamento, connessa alla quota della prima inversione termica, può essere identificata come la quota massima fino alla quale gli inquinanti si disperdono. Inoltre i fattori meteorologici determinano la velocità o addirittura il verificarsi di alcune reazioni chimiche che portano alla formazione in atmosfera degli inquinanti secondari quali, per semplificare l’ozono (per opera della radiazione solare).

1.5.1 Il clima nel 2006 nella provincia di Bergamo

La Provincia di Bergamo è caratterizzata da un clima di tipo continentale, con inverni freddi e nebbiosi ed estati calde ed afose. Le stagioni intermedie sono relativamente brevi e caratterizzate da una spiccata variabilità. Abbondanti precipitazioni si sono verificate nel mese di marzo, aprile, maggio agosto e settembre 2006 che sono risultati i mesi più piovosi. Nei mesi primaverili si sono concentrate le piogge più intense con periodi di bassa pressione. Nel mese di gennaio si sono verificate situazioni di alta pressione e piogge scarse. Le temperature più elevate si sono verificate nei mesi di giugno, luglio e agosto con valore massimo di 37.7 ° C, registrata nella stazione meteo di Bergamo-Garibaldi. Il mese più freddo è risultato essere marzo con una temperatura minima di – 3,8 °. La velocità media del vento è risultata più elevata nei mesi primaverili. Si segnalano dunque i seguenti periodi critici per l’inquinamento atmosferico determinati dalle condizioni meteorologiche sinottiche e dalle condizioni meteo-diffusive locali:

• Periodo invernale : nei mesi di gennaio, novembre e dicembre in condizioni di alta pressione e precipitazioni scarse si sono registrati i valori più elevati in tutti gli inquinanti (ad esclusione dell’ozono); • Periodo estivo: nei mesi di giugno, luglio, e agosto si sono verificati frequenti superamenti della soglia di attenzione dell’ozono dovuta alla forte radiazione solare, alta temperatura ed elevata pressione sinottica. • Periodo autunnale : si sono registrati valori elevati degli inquinanti nei mesi di ottobre e marzo per la presenza di inversioni termiche, piogge scarse e assenza di vento.

Le successive figure rappresentano l’andamento nel corso dell’anno 2006 dei principali parametri meteoclimatici misurati nella stazione meteo di Bergamo-Garibaldi.

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Pressione atmosferica media e precipitazioni totali giornaliere

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Temperature medie e massime giornaliere

Velocità del vento medie e massime giornaliere

Nel di Scanzorosciate sono stati monitorati i dati relativi alle precipitazioni e misurate le temperature mensili. Nel corso dell’anno 2007 il mese più piovoso è risultato agosto con 228 mm nonché i mesi primaverili e autunnali di aprile, maggio e giugno e settembre con precipitazioni medie di 158 mm. Il mese più caldo e risultato essere luglio con una media di 25,2 °C e i lpiù freddo dicembre con una temperatura media di 3,5 °C.

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Precipitazioni e temperature.

250

mm 228

200

169 173 154 150 138 120

100

45 50 42 34 32 20 6 0 gen feb mar apr mag giu lug ago set ott nov dic

grafico 3 – precipitazioni in mm mese + piovoso: mese – piovoso: giorno + piovoso: agosto (228 mm) dicembre (5,7 mm) 14 aprile (93 mm)

°C 34 32 30 28 26 24 22 20 18 16 14 12 10 8 6 4 2 0 -2 gen feb mar apr mag giu lug ago set ott nov dic

minime medie massime

rafico 4 –temperature, medie mensili mese + freddo: dicembre (media 3,5 °C) mese + caldo: luglio (media 25,2 °C) giorno + freddo: 18 dicembre (media –1,9 °C) giorno + caldo: 20 luglio (media 29,5 °C) minima + bassa: 18 dicembre (–4,4 °C) massima + alta: 20 luglio (36,9 °C)

17 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

1.6 Lo stato della qualità dell’aria nella provincia di Bergamo e nel comune di Scanzorosciate

1.6.1 Ubicazione delle centraline nella provincia di Bergamo

Nel territorio della provincia di Bergamo è presente una rete pubblica di monitoraggio della qualità dell’aria di proprietà dell’Arpa e gestita dal Dipartimento Arpa di Bergamo, costituita da n. 12 stazioni fisse, n. 1 postazione mobile e di n. 2 campionatori gravimetrici per il PM10.

Sono operanti inoltre n. 5 stazioni private di proprietà R.E.A. , Ecolombardia ed Italcementi . Per le reti private, il controllo di qualità, la manutenzione delle stazioni e la validazione dei dati è effettuato dall’Arpa Lombardia dipartimento di Bergamo.

Di seguito viene riportata una tabella riassuntiva delle centraline ubicate nel territorio provinciale.

* Nella stazione di S. Giorgio gli analizzatori degli inquinanti sono stati tolti e riposizionati in altre stazioni nel mese di giugno 2004 (sono presenti in stazione i sensori meteo e il misuratore di traffico).

** La stazione di Calusco ha iniziato il funzionamento in data 1/7/2006.

Rete: PUB= pubblica, PRIV=privata

Tipo zona Decisione 2001/752/CE Urbana: centro urbano di consistenza rilevante per le emissioni atmosferiche, con più di 3000-5000 abitanti. Suburbana: periferia di una città o area urbanizzata residenziale posta fuori dall’area urbana principale. Rurale: all’esterno di una città, ad una distanza di almeno 3 km; un piccolo centro urbano con meno di 3000- 5000 abitanti è da ritenersi tale.

18 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Tipo stazione Decisione 2001/752/CE Traffico: se la fonte principale di inquinamento è costituita dal traffico (se si trova all’interno di Zone e Traffico Limitato, è indicato tra parentesi ZTL). Industriale: se la fonte principale di inquinamento è costituita dall’industria. Fondo: misura il livello di inquinamento determinato dall’insieme delle sorgenti di emissione non localizzate nelle immediate vicinanze della stazione; può essere localizzata indifferentemente in area urbana, suburbana o rurale.

La localizzazione delle stazioni fisse di misura

19 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Riportiamo nella tabella a seguire gli inquinanti/indicatori che vengono monitorati nelle stazioni fisse sopra individuate.

Stazione CO NO O3 SO2 PTS BT PM2.5 PM10 NMH 2 X S.Giorgio (Bg)* Meucci (Bg) x x x Garibaldi (Bg) x x x Goisis (Bg) x x x x x x x x Tavernola x x x x Ponte S. Pietro x x x x x x x x x x x Marne x x Filago Centro x x x x x x x x x x Calusco ** x x x x x x x x x

* Nella stazione di S. Giorgio gli analizzatori che misuravano gli inquinanti sono stati tolti e riposizionati in altre stazioni nel mese di giugno 2004 (sono presenti in stazione i sensori meteo e il misuratore di traffico). ** La stazione di Calusco ha iniziato a funzionare in data 1/7/2006.

Nella tabella .sopra riportata abbiamo potuto notare come in tutte le centraline vengano monitorati gli ossidi di azoto (NOx) e il monossido di carbonio (CO), quali indicatori di inquinamento da traffico.

1.6.2 Ubicazione delle centraline nel Comune di Scanzorosciate

Il comune di Scanzorosciate dispone di una centralina fissa per il monitoraggio della qualità dell’aria che registra i dati 24 ore su 24, attraverso un collegamento per via telematica al computer della centralina stessa; in questo modo l’Ufficio Ecologia del Comune può controllare in qualsiasi momento i diversi parametri rilevati.

All’interno della centralina vengono misurati i seguenti indicatori:

ozono (O3) Metano Monossido di carbonio (CO) Idrocarburi non metanici Ossidi di azoto (NOx) Benzene e l’etilbenzene Biossido di zolfo (SO2) Toluene e gli xileni Polveri sottili (PM10)

Vengono inoltre rilevati i principali indicatori meteorologici quali: pressione atmosferica, temperatura, intensità e direzione del vento.

20 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

I dati registrati dalla centralina vengono sistematicamente elaborati a cura dell’Ufficio Ecologia, quindi resi disponibili c/o il sito internet del comune, nonché esposti nell’apposita bacheca di via Colleoni. Gli indicatori ai quali viene dato maggiore risalto sono:

le Polveri sottili (PM10) l’ Ozono (O3) il Benzene

Con i dati prelevati dalla centralina, viene formulato , giorno per giorno, un giudizio sintetico sulla qualità dell’aria indicando il seguente valore: scadente, mediocre, discreta, buona. Il metodo adottato per la formulazione del giudizio è basato sulla metodologia dell’U.S.EPA (Enviromental Protection Agency, ovvero l’agenzia statunitense per la protezione ambientale) che tiene conto dei dati rilevati in rapporto ai valori di soglia previsti dalle leggi. Nel caso di funzionamento anomalo di uno o due analizzatori, il giudizio di qualità dell’aria viene contrassegnato con un (*), nel caso gli analizzatori malfunzionanti siano più di due, il giudizio non viene espresso. Il comune di Scanzorosciate , con l’Assessorato all’Ecologia, fornisce tutte le informazioni e la documentazione giornaliera relativa alla qualità dell’aria e quotidianamente elabora i dati provenienti dalla misurazione della centralina di Fiobbio. Il sito internet del Comune dispone oltre che dei dati giornalieri, anche di una banca dati storica dal 2005 ad oggi. Di seguito mostriamo un esempio di rapporto analitico reso disponibile c/o il sito internet del comune di Scanzorosciate.

Scheda esempio (22 aprile 2008) rilevamento della qualità dell’aria della centralina comunale di Via Fiobbio

21 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

1.7 Lo stato delle emissioni in atmosfera: i dati sulle emissioni degli inquinanti e il confronto con i limiti di legge

A seguire si propone lo schema riassuntivo delle concentrazioni limite di legge per i vari inquinanti, utile come riferimento per la verifica delle situazioni di inquinamento.

Biossido di Valore Limite (µg/m³) Periodo di Legislazione Zolfo mediazione Valore limite protezione salute umana (da non superare più di 24 volte per anno 350 1 ora D.M. n.60 del 02/04/02 civile) Valore limite protezione salute umana (da non superare più di 3 volte per anno 125 24 ore D.M. n.60 del 02/04/02 SO 2 civile ) Valore limite protezione Anno civile e inverno 20 D.M. n.60 del 02/04/02 ecosistemi (1 ott- 31 mar) Soglia di allarme 1 ora (rilevati su 3 ore 500 D.M. n.60 del 02/04/02 consecutive) Biossido di Valore Limite (µg/m³) Periodo di Legislazione Azoto mediazione Standard di qualità 200 1 ora (98° percentile rilevato durante l’anno civile) D.P.R. 203/88 Valore limite protezione salute umana (da 200(+ 1 ora D.M. n.60 del 02/04/02 non superare più di 18 volte per anno civile) 40) NO 2 Valore limite protezione 40(+8 Anno civile D.M. n.60 del 02/04/02 Salute umana ) Soglia di allarme 1 ora (rilevati su 3 ore 400 D.M. n.60 del 02/04/02 consecutive) Ossidi di Valore Limite (µg/m³) Periodo di Legislazione Azoto mediazione NOX Valore limite protezione vegetazione 30 Anno civile D.M. n.60 del 02/04/02 Monossido Valore Limite (µg/m³) Periodo di Legislazione di Carbonio mediazione CO Valore limite protezione salute umana 10 8 ore D.M. n.60 del 02/04/02 Valore Limite (µg/m³) Periodo di Legislazione Ozono mediazione Valore bersaglio per la protezione della salute D.L.vo n.183 umana(da non superare più di 25 volte per 120 8 ore 21/05/04 anno civile) Valore bersaglio per la protezione della 18.0 AOT40 (mag-lug) D.L.vo n.183 O3 vegetazione 00 su 5 anni 21/05/04 Soglia di informazione D.L.vo n.183 180 1 ora 21/05/04 Soglia di allarme D.L.vo n.183 240 1 ora 21/05/04 Idrocarburi Valore Obiettivo (µg/m³) Periodo di Legislazione non mediazione Metanici Benzene Valore obiettivo 5(+4) Anno civile D.M. n.60 del 02/04/02 Benzo(a)piren Valore obiettivo D.M.25/11/94 e 0,001 Anno civile e Dir 107/04 CE NOTA: Gli obiettivi di qualità su base annua delle concentrazioni di IPA fanno riferimento alle concentrazioni di benzo(a) pirene. (D.M. 25/11/94) Particolato Valore Obiettivo(µg/m³) Periodo di Legislazione Fine PM10 mediazione Valore limite protezione salute umana (da 50 24 ore D.M. n.60 del 02/04/02 non superare più di 35 volte per anno civile) Valore limite protezione salute umana 40 Anno civile D.M. n.60 del 02/04/02

22 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

1.7.1 La qualità dell’aria in provincia

L’Agenzia regionale per l’ambiente ha pubblicato per la provincia di Bergamo i dati relativi all’andamento dei singoli inquinanti per la definizione dello stato della qualità dell’aria. I dati si riferiscono alle campagne di monitoraggio eseguite durante l’anno 2006.

Vediamone ora l’andamento riscontrato a livello provinciale per entrambe gli indacatori:

Nota: in grassetto i casi di non rispetto del limite + il margine di tolleranza.

Possiamo notare che il rendimento medio degli NO2 della rete di Bergamo è stato del 90.1%.

Nel grafico a seguire è possibile verificare l’andamento mensile delle concentrazioni di NO2.

23 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Concentrazioni mensili di NO2 registrate in Provincia di Bergamo nell’anno 2006.

Confrontando i lavori con la tabella precedente, le concentrazioni di NO2, non hanno mai superato lo (O%) la soglia di allarme, né lo standard di qualità dell’aria (98 ° percentile), mentre per una stazione (Dalmine) è stato superato il limite orario ed è stato superato nel 27% dei casi (4stazioni su 15) il limite annuale per la protezione della salute umana. Per quanto attiene agli NOx è stato superato in tutte le stazioni (100%) il valore limite annuale per la protezione della vegetazione.

In merito al monossido di carbonio (CO) strettamente legato al flusso di traffico veicolare locale, le informazioni di sintesi hanno evidenziato che il rendimento medio del CO nella rete di Bergamo è stato del 89,1%.

con il seguente andamento:

24 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Se confrontiamo i valori limiti con la tabella precedente, le concentrazioni di CO non hanno mai superato (O%) il valore limite sulle 8 ore per la protezione della salute umana. Vediamo ora l’andamento del particolato atmosferico aerodisperso PM ovvero l’insieme delle particelle solide e liquide di diverse caratteristiche chimico-fisiche di diverse dimensioni che si trovano sospese nell’aria.

(*) Campionatore Gravimetrico (**) TEOM (***) Raggi Beta

In grassetto sono riportati i casi di non rispetto del limite. Possiamo notare come il rendimento medio del PM10 è stato nella rete di Bergamo del 92,7% con il seguente andamento:

le concentrazioni di PM10 hanno superato in tutte le stazioni, sia il limite annuale, sia il limite sulle 24 ore per la protezione della salute umana tranne che per la stazione di Calusco (analizzatore installato in data 1/7/2006) e per il limite annuale per la stazione di Lallio.

25 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Per quanto riguarda l’ozono (O3) sappiamo che le sue concentrazioni raggiungono i valori più elevati nelle ore pomeridiane delle giornate estive soleggiate essendo un inquinante secondario, la sua formazione avviene in seguito a reazioni chimiche in atmosfera tra i suoi precursori (soprattutto ossidi di azoto e composti organici volatili). Di seguito proponiamo i valori di sintesi e il confronto dei valori misurati con la normativa

Tabella di informazioni di sintesi e confronto dei valori misurati con la normativa

Tabella di confronto con i valori di bersaglio e gli obiettivi al lungo termine definiti dal D.Lgs 183/04

Nota: in grassetto le situazioni di non rispetto del limite • analizzatore installato in data 1/7/2006

Il rendimento medio dell’O3 è stato nella rete di Bergamo del 87,3%. Nel confronto con i valori limite delle tabelle sopra riportate, la soglia di informazione e di allarme è stata superata in tutte le stazioni (100%), sono inoltre stati superati in tutte le stazioni i limiti della media sulle 8 ore. Nel 2006 il limite per l’AOT40 è stato superato in tutte le stazioni. Di seguito vengono riproposte le concentrazioni mensili di O3 registrate in Provincia di Bergamo nell’anno 2006.

26 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

La concentrazione massima si riscontra nei mesi estivi, in particolare nel mese di luglio dove a seguito delle elevate temperature l’ozono si lega con particolari reazioni chimiche come espresso nei paragrafi precedenti. Presso la stazione fissa della rete di rilevamento della qualità dell’aria di Bergamo (via Garibaldi) è stato installato un sistema di misura del Bensene e I.P.A (Idrocarburi policiclici aromatici) presente nell’aria. La postazione di misura è stata scelta in quanto il sito è soggetto ad intenso traffico e posto in zona ad elevata densità abitativa. La campagna di prelievo con campionamento attivo per il benzene ha avuto inizio il 1/1/2006 e si è conclusa il 31/12/2006 mentre il campionamento attivo di I:P:A, con riferimento alle concentrazioni di Benzo(a)Pyrene, è stato effettuato da gennaio a novembre 2006 con interruzione nel mese di settembre 2006. Nella tabella a seguire sono riportati i valori medi mensili e annuali per l’anno 2006 della concentrazione di Benzene espressa in Microgrammi/m3 mentre nel grafico seguente sono riportati i valori medi mensili e annuali della concentrazione di Benzo(a)Pyrene espressa in ng/m3.

Andamento mensile e annuale del Benzene nella stazione di Bergamo – Via Garibaldi

1.7.2 La qualità dell’aria nel comune di Scanzorosciato

Sulla base dei dati messi a disposizione dal Comune di Scanzorosciate, risulta che la qualità dell’aria rilevata nel corso dell’anno 2007 è stata : BUONA per 75 giornate l’anno DISCRETA per 245 giornate l’anno MEDIOCRE per 22 giornate l’anno SCADENTE per 17 giornate l’anno NON DETERM. per 6 giornate l’anno

A seguire viene mostrata una tabella mensile che contempla l’intero anno 2007, nella quale è possibile verificare il giudizio giornaliero complessivo.

27 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

A seguire viene proposto un grafico nel quale si evidenzia mensilmente la qualità dell’aria a seconda dei giudizi espressi dai singoli certificati analitici.

qualità dell’aria, distribuzione giudizi mese per mese

Il grafico seguente mette invece in risalto la qualità dell’aria in maniera percentuale su base annua tenendo conto dei giudizi emessi.

28 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

qualità dell’aria, distribuzione annuale e giudizi

Vediamo ora in che modo incidono alcuni indicatori quali Polveri sottili (PM10), Ozono e Benzene nel comune di Scanzorosciate.

Relativamente all’indicatore Polveri sottili (PM10), a seguito delle risultanze riscontrate è possibile sostenere che a Scanzorosciate non si raggiungono livelli di inquinamento come in altre località della Provincia e della Regione, quali: Filago, Romano, Treviglio, Osio Sotto, Bergamo via Meucci, con oltre

100 superamenti annuali del limite giornaliero di PM10 . Alcuni dati a confronto: Nel 2005 sono stati riscontrati 31 superamenti (con una media annuale di 33,4 microgrammi su metrocubo), nel 2006 sono stati riscontrati 37 superamenti (con una media annuale di 33,6 microgrammi su metrocubo) nel 2007 sono stati riscontrati 32 superamenti (con una media annuale di 29,90 microgrammi su metrocubo) Nel 2008 al 18 gennaio si era già superato per 10 volte il limite prescritto. (50 microgrammi/mc). Dal 2010 i superamenti del limite non potranno essere più di 7 l’anno .

Di seguito proponiamo una tabella riepilogativa relativa ai monitoraggi di Polveri sottili (PM10) elaborato dal comune di Scanzorosciate e il relativo grafico esplicativo, per l’anno 2007.

29 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Per quanto attiene all’indicatore dell’Ozono a Scanzorosciate, nel mese di luglio 2007, si sono registrati 6 superamenti della soglia di attenzione alla media mobile pari a 120 micron/metrocubo e 2 superamenti della soglia di attenzione della media oraria (180 micron/metrocubo). Va precisato che per monitorare l’andamento dell’ozono si considera la media oraria e il massimo delle medie dei moduli di 8 ore (media dalle 0 alle 7, media dall’1 alle 8, media dalle 2 alle 9 e così via, ovvero la così detta media mobile) da non superare per più di 25 volte nell’anno civile. Di seguito vengono riproposte due tabelle riepilogative elaborate dall’assessorato all’ambiente ed ecologia, nelle quali sono riportate: nella prima a seguire, le misure mensili complessivamente riscontrate nell’anno 2007 come media moduli di 8 ore in microgrammi/metrocubo)

30 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Nella seguente tabella viene riportata in maniera riepilogativa, la quantità massima giornaliera di ozono riscontrato.

Anche il grafico dà evidenza delle quantità massime e medie riscontrate nel corso dell’ anno 2007.

Sempre nell’anno 2007 relativamente al Benzene, a Scanzorosciate si è registrata una media annua di 0,943 microgrammi/m3 , nel 2006 e nel 2005 il valore riscontrato era di 1,7 microgrammi//m3

31 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Per il benzene si considera come valore limite, ovvero come concentrazione massima in atmosfera, la media annua, la quale deve essere inferiore a 10 microgrammi/metrocubo al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti dannosi sulla salute umana e sull’ambiente. Va ricordato che dal 01 gennaio 2010, in tutti i paesi dell’UE, il valore limite scenderà a 5 microgrammi/metrocubo. La maggior parte del benzene viene prodotto a seguito dei processi di combustione dei motori alimentati a benzina. Le emissioni di benzene degli autoveicoli dotati di marmitta catalitica sono circa 7 volte inferiori alle emissioni degli autoveicoli non catalizzati. Di seguito viene riproposto il grafico che evidenzia i valori massimi e le medie riscontrate nell’anno 2007.

1.8 Le pressioni riscontrate , deducibili dai valori degli indicatori per la componente aria

Secondo il metodo elaborato nel 1993 dall’OECD (l’organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) essenziale per determinare lo Stato dell’Ambiente è descrivere il rapporto tra Pressione- Stato e Risposta visti come le tre principali componenti atti a schematizzare la complessità di un sistema territoriale. Ovvero: le attività antropiche esercitano una pressione (nel caso della componente aria si tratta di emissioni di inquinanti) sullo stato dell’ambiente modificandone, con un rapporto di causa/effetto, la sua quantità (di risorse naturali disponibili) e qualità (impatti sull’uomo e sulle componenti ambientali). La società, nelle sue varie componenti (pubbliche e private) in risposta a ciò cerca di ridurre gli impatti negativi attraverso leggi, ordinanze, politiche ambientali, innovazioni tecnologiche, progetti di sostenibilità. Attraverso l’utilizzo di indicatori, che hanno la funzione di costituire un riferimento per “misurare” la qualità dell’ambiente, condivisi nelle sedi istituzionali, è possibile avere informazioni sintetiche e confrontabili sulle pressioni (fonti di inquinamento: traffico, industrie, riscaldamento, ecc…), sullo stato dell’ambiente (dati relativi agli inquinanti: analisi e censimenti) e sulle risposte (misure di riduzione o mitigazione degli impatti: piani, normative, ordinanze, limiti da non superare, azioni di monitoraggio degli effetti provocati dall’attuazione delle azioni antropiche, ecc…).

32 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Per la componente aria gli indicatori di pressione sono i livelli degli inquinanti misurati nelle centraline ovvero: le concentrazioni di ozono (O3), di biossido di azoto (NO2) e di zolfo (SO2), ossido di carbonio (CO), e del particolato fine (PM10) i cui dati sono raccolti nel paragrafo precedente. I dati, poi, sono anche elaborati per avere stime sull’inquinamento di tipo diffuso e lineare (è il caso delle arterie di traffico); la stima è condotta attraverso l’uso di appositi indicatori e fattori di emissione. Un metodo di stima codificato a livello europeo è quello elaborato nell’ambito del progetto CORINAIR - promosso dall’Unione Europea nella sua ultima versione denominata SNAP 97 (Selected Nomenclature for sources of Air Pollution – anno 1997-, dove le sorgenti emissive sono classificate in attività antropiche e naturali suddivise in macrosettori La raccolta dettagliata dei dati di emissione è resa disponibile attraverso l’INEMAR (INventario EMissioni ARia), che è un database progettato per realizzare l'inventario delle emissioni in atmosfera, ovvero stimare le emissioni dei diversi inquinanti, per ogni attività della classificazione Corinair e tipo di combustibile. Per la realizzazione di un inventario è infatti importante utilizzare una nomenclatura che permetta di individuare tutte le attività rilevanti per la valutazione delle emissioni atmosferiche. I macrosettori individuati sono gli 11 seguenti: 1. centrali elettriche pubbliche, cogenerazione e teleriscaldamento; 2. impianti di combustione non industriali (commercio, residenziale, agricoltura); 3. combustione nell’industria; 4. processi produttivi; 5. estrazione e distribuzione di combustibili fossili; 6. uso di solventi; 7. trasporto su strada; 8. altre sorgenti mobili e macchinari; 9. trattamento e smaltimento rifiuti; 10. agricoltura;

In base alle valutazioni statistiche estrapolate sempre dal data-base dell’IN.EM.AR. per la provincia di Bergamo nel 2005/2006 , le emissioni prodotte distinte per macrosettori e tipologia di inquinante sono visualizzate nella tabella e nei grafici a seguire. Essi consentono di porre in relazione i settori maggiormente produttori di inquinamento e le principali sostanze inquinanti prese in considerazione.

Dati reperibili da ARPA LOMBARDIA - REGIONE LOMBARDIA (2007), INEMAR, Inventario Emissioni in Atmosfera: emissioni in regione Lombardia nell'anno 2005. Dati in revisione pubblica, ARPA Lombardia Settore Aria e Agenti Fisici, Regione Lombardia DG Qualità dell'Ambiente, settembre 2007, http://www.ambiente.regione.lombardia.it/inemar/inemarhome.htm

In questa tabella sono presentate le stime delle emissioni atmosferiche per fonte e a seguire i grafici rappresentano in maniera percentuale le ripartizioni delle emissioni per macrosettori.

33 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Distribuzione percentuale delle emissioni nella provincia di Bergamo nel 2005

Da queste rappresentazioni si possono trarre una serie di considerazioni circa le fonti che contribuiscono maggiormente alle emissioni delle seguenti sostanze inquinanti:

SO2 – Biossido di zolfo – il contributo maggiore 38% è dato dalla combustione nel macrosettore industriale e per il 25% dai processi produttivi industriali. NOx –Ossido di azoto – la principale fonte di emissione è il trasporto su strada (42%), con un buon apporto anche della combustione nell’industria. COV – Composti organici volatili - l’uso di solventi e il trasporto su strada contribuiscono per il 50% e il 16% rispettivamente alle emissioni. CH4 - Metano - per questo parametro le emissioni più significative sono dovute, per il 42% all’agricoltura, per il 30% a processi di estrazione e di distribuzione dei combustibili e per il 22% al trattamento e smaltimento rifiuti. CO – Monossido di carbonio – il maggior apporto (35%) è dato dal trasporto su strada mentre la combustione non industriale contribuisce al 35% delle emissioni.

CO2 – Anidride carbonica – i contributi principali (48%) sono le combustioni, sia industriali che non industriali e per il 26%, il trasporto su strada.

N2O- Protossido di azoto - il maggior contributo percentuale (65%) è dovuto all’agricoltura. NH3 -Ammoniaca - per questo inquinante le emissioni sono dovute quasi esclusivamente (95%) all’agricoltura.

PM2.5, PM10, e PTS – le polveri, sia grossolane che fini ed ultrafini sono emesse dal trasporto su strada (dal 26 al 29%) e dalle combustioni non industriali (dal 36 al 45%).

CO2 eq – come per la CO2 i contributi principali (43%) sono le combustioni, sia industriali che non industriali e per il 22% il trasporto su strada.

Precursori O3 - per i precursori dell’ozono, le principali fonti di emissione sono il trasporto su strada (27%) e l’uso di solventi (27%). Tot Acidificanti – per gli acidificanti le fonti di emissioni principali sono il trasporto su strada (21%) e l’agricoltura (44%).

34 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Produzione energia e trasf.combustibili Combustione non industriale Combustione dell'industria Processi produttivi Estrazione e distribuzione combustibili Uso di solventi Trasporto su strada Altre sorgenti mobili e macchinari Trattamento e smaltimento rifiuti Agricoltura Altre sorgenti e assorbimenti

SO 2 - Bi ossi do di zol f o - NO X - Ossi do di azoto -

2% 1%

2% 10% 2% 9% 23% 25%

9% 33% 42%

3% 38%

Ripartizione percentuale delle emissioni di biossido di zolfo Ripartizione percentuale delle emissioni di ossido di azoto

COV -Composti or gani ci vol ati l i - CH 4 - Metano - 1%

1% 15% 1% 1% 4% 16%

5% 30% 42%

3%

1%

22% 50%

Ripartizione percentuale delle emissioni Composti organici volatili Ripartizione percentuale delle emissioni di metano

CO - Monossi do di car boni o - CO 2 - Ani dr i de car boni ca -

1% 1%

3% 3% 3% 23% 35% 26% 35%

6% 17% 25% 20%

Ripartizione percentuale delle emissioni di monossido di carbonio Ripartizione percentuale delle emissioni di anidride carbonica

35 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

N O -Pr otossi do di azoto - 2 NH 3 - Ammoniaca -

1%

1% 13%

3% 9%

5%

5% 65% 3%

95%

Ripartizione percentuale delle emissioni di protossido di azoto Ripartizione percentuale delle emissioni di ammoniaca

PM2.5 PM10

1%

3% 3% 1% 10% 2% 3% 11% 39%

45%

27% 26%

1% 2% 8%

4% 7% 7%

Ripartizione percentuale delle emissioni di polveri sottili Ripartizione percentuale delle emissioni di polveri sottili

PTS Tot.acidificanti H+

1% 3% 5% 5% 3% 9% 18% 36% 44%

4% 29%

9% 7% 21% 1% 2% 5%

Ripartizione percentuale delle emissioni di polveri sottili Ripartizione percentuale delle emissioni di totali acidificanti

CO2 eq Precurs. O3

1%

7% 3% 5% 5% 5% 14% 3% 21%

13% 27%

22% 6% 1% 22% 2% 3% 14% 27%

Ripartizione percentuale delle emissioni di anidride carbonica Ripartizione percentuale delle emissioni di ozono

36 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

2. La componente del rumore

2.1 Cos'è il rumore e come si misura

Per definire il rumore dobbiamo parlare del suono. I suoni sono oscillazioni delle particelle dell’aria che ci circonda o, meglio, variazioni di pressione dell’aria, e si propagano sotto forma di onde sonore ad una velocità di 1238 chilometri all’ora (oppure 344 metri al secondo). Se il suono, durante la sua diffusione nell’ambiente, incontra una struttura solida elastica -ad esempio una casa- e ha un’energia sufficiente, le onde sonore si possono trasmettere ad essa e metterla in vibrazione (come succede con i vetri delle finestre durante un tuono). L’uomo sente attraverso l’orecchio che è in grado di captare dall’esterno le onde sonore e convogliarle all'interno, dove queste fanno vibrare una membrana: il timpano. Queste oscillazioni meccaniche sono successivamente trasmesse da una catena di ossicini alla coclea. Qui cellule ciliate immerse in un liquido trasformano le vibrazioni in impulso neuroelettrico, affinché i suoni tramite il nervo acustico possano essere inviati al nostro cervello per essere decodificati e riconosciuti. Si dice che il suono diventa rumore quando può influire negativamente sul benessere fisico e psichico dell’individuo che lo percepisce, provocando disturbo e sofferenza. Si tenga conto che ad esso non ci si può sottrarre: l’udito non può essere né volontariamente né temporaneamente sospeso, neanche durante il sonno. L’Unione Europea definisce il rumore ambientale come “suoni indesiderati o nocivi generati dall’attività umana in ambiente esterno, compreso il rumore emesso da mezzi di trasporto e da impianti o edifici industriali”. La sensazione sonora ha una netta impronta soggettiva. E' di dominio comune come l’atteggiamento del soggetto esposto possa incidere nella discriminante tra suono e rumore: può essere insopportabile un suono molto basso come lo sgocciolio notturno del rubinetto dell’inquilino del piano di sopra, oppure piacere il rumore potente di un concerto rock. Come tutti i fenomeni fisici ondulatori, i parametri più importanti che caratterizzano un suono sono l’ampiezza e la frequenza dell’onda. Sinteticamente si può dire che mentre l’ampiezza dell’onda caratterizza il livello del suono che si percepisce, la frequenza è la tonalità (le basse frequenze sono proprie dei toni gravi, al contrario della alte che sono proprie dei toni acuti). Perché un suono sia percepito dall’orecchio deve avere caratteristiche ben definite di frequenza e pressione (ricordiamo che le onde sonore sono variazioni di pressione dell’aria). Il campo di frequenze dell’udibile è compreso tra i 20 e i 20.000 Hz (gli Hertz sono il numero di cicli dell’onda per secondo). Al di sopra dei 20.000 Hz si estende la banda degli ultrasuoni, mentre al di sotto dei 20 cicli al secondo gli infrasuoni. Tra il valore minimo di pressione percepibile dall’orecchio - detto anche soglia di udibilità - ed il valore massimo, o soglia del dolore, la pressione varia circa 1000 miliardi di volte (1013). L’escursione lineare molto ampia ha fatto sì che, per misurare il rumore, venisse introdotta una scala di tipo logaritmico che adotta come unità di riferimento il decibel (dB), dove 0 dB è la soglia dell’udibile e 140 dB la soglia del dolore. La tabella seguente riporta i valori tipici del livello di pressione sonora di alcune sorgenti di rumore.

37 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Le proprietà matematiche di una funzione di tipo logaritmico portano ad alcune interessanti considerazioni che servono a valutare al meglio i livelli di rumore rilevati in città. Dimezzare il rumore corrisponde ad una diminuzione del livello sonoro di "soli" 3 dB, viceversa raddoppiare la sorgente equivale ad un incremento di 3 dB (questo spiega come mai tra i criteri valutativi previsti dalle leggi ricorra anche il valore dei 3 dB). Al lato pratico e semplificando un po’, se 90 dB equivalgono al rumore di un treno che transita in stazione, 99 dB sono uguali al rumore di 8 treni che entrano simultaneamente in stazione e 111 dB a quello di 128 treni. Oppure, potrebbe essere che l’interposizione di una barriera antirumore lungo una tangenziale percorsa da 2000 veicoli all’ora ottenga un’attenuazione in un’abitazione di 6 dB; ciò corrisponde alla percezione in quell’abitazione del livello di rumore prodotto da 500 veicoli all’ora. Se poi la strada viene trattata con asfalti fonoassorbenti che possono attenuare ulteriori 3 dB, il rumore percepito è quello di 250 veicoli.

2.2 Gli effetti del rumore sull’uomo L'orecchio umano "seleziona" le frequenze che percepisce. Ha un alto rendimento nella fascia tra 2 e 5 KHz, che comprende parte delle frequenze del parlato e della musica, mentre ha un basso rendimento alle frequenze molto elevate o basse. Pertanto ai fini della valutazione del disturbo da rumore, il legislatore ha ritenuto di dover utilizzare il "filtro di ponderazione" denominato "A" che consente ai fonometri (strumenti che misurano il rumore) di comportarsi come l'orecchio umano "medio". Il parametro a cui fanno riferimento le leggi che regolamentano l'inquinamento acustico è il "Livello continuo equivalente ponderato A" (LeqA) . Un rumore reale non ha mai un andamento regolare in ampiezza e frequenza. Il Livello equivalente (Leq) è la media energetica dei livelli istantanei di rumore rilevati durante l'intervallo di tempo prefissato, cioè permette di caratterizzare con un solo dato un rumore variabile. Valori di rumore espressi con il Leq in dBA rappresentano pertanto l'energia sonora mediata in un determinato periodo di tempo, strettamente correlabile agli effetti che può avere sull'uomo. Gli effetti sull’uomo variano in relazione alle caratteristiche fisiche del rumore (frequenza, livello, ecc.), ai tempi ed alle modalità di esposizione del soggetto ricevente, nonché alla specifica risposta del soggetto. Ricordando che per rumore si intende un suono che incide negativamente sul benessere psicofisico dell’individuo, gli effetti sono classificati in danno, disturbo e fastidio. Per danno si intende una qualsiasi alterazione più o meno grave, ma non reversibile; mentre si definisce disturbo una modificazione temporanea delle condizioni psicofisiche. Il fastidio è descritto in letteratura come "un sentimento di scontentezza riferito al rumore che l’individuo sa o crede che possa agire su di lui in modo negativo", provocando irritazione, stanchezza, insonnia, mal di testa. Il danno, inteso come lesione permanente agli organi dell’udito, si determina quando si è esposti a livelli di rumore superiori ad 85 dB per tempi prolungati e continuati, come ad es. in ambienti di lavoro non bonificati. Esistono effetti di tipo specifico a carico degli organi dell’udito. Tra i più noti, l’innalzamento temporaneo della soglia uditiva o temporary threshold shift, corrispondente ad un’attenuazione perfettamente reversibile dell’udito e gli acufeni (ronzii o fischi nelle orecchie). Si verificano quando si è esposti a livelli sonori superiori agli 80 decibel, ad es. dopo una serata in discoteca o dopo un concerto con musica amplificata ad alto volume; di solito scompaiono dopo una notte di "riposo uditivo". Nel caso in cui l’esposizione a rumori elevati si prolunghi nel tempo, l’effetto può divenire progressivo provocando danni irreversibili come ad es. l’ipoacusia (indebolimento dell’udito) sino alla sordità. Purtroppo la maggior parte delle persone se ne accorge quando il danno è ormai grave e crea dei problemi di comunicazione. L’innalzamento temporaneo, la sordità e l’ipoacusia sono rilevabili attraverso un semplice esame non invasivo: l’audiometria. Si parla di effetti di tipo non specifico o extrauditivi, quando il rumore agisce sul resto del corpo umano: sul sistema nervoso, sulla psiche, sul sistema endocrino, circolatorio, respiratorio, muscolare e digerente con effetti psicosomatici su organi bersaglio. Praticamente il rumore è come un fattore di stress che mette in moto i meccanismi di difesa dell’organismo (accelerazioni del battito cardiaco e modifiche del ritmo respiratorio); se lo stimolo rumoroso persiste e le difese dell’organismo si abbassano, possono instaurarsi vere e proprie malattie psicosomatiche come l’innalzamento della VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale pressione, acidità di stomaco, emicranie, insonnia, con ovvie ripercussioni negative sulle relazioni sociali. Occorre però tenere presente che mentre il danno uditivo è strettamente legato all’energia sonora che colpisce l’orecchio, le patologie extrauditive non sono immediatamente correlabili con l’esposizione a rumore, dato che le crisi possono venire determinate anche da altri fattori, soprattutto in soggetti predisposti. Gli studi relativi agli effetti del rumore sulla salute mostrano gli aspetti salienti su cui si concentra la ricerca attuale. Diversi lavori1 si occupano ad esempio del comportamento dei bambini esposti al rumore e giungono alla conclusione che l’inquinamento fonico influenza negativamente la capacità di apprendimento e, in determinate condizioni, fa aumentare l’aggressività. Alcuni ricercatori britannici hanno constatato che ogni incremento di 5 decibel del livello di rumore ritarda anche di due mesi l’apprendimento della lettura da parte dei bambini (studio RANCH)2 . Analizzando la relazione tra qualità dell’aria e asma su 370 bambini, inoltre, Ising e coautori hanno osservato che i sintomi diventano più marcati se è presente anche un inquinamento fonico elevato3. Un elenco aggiornato dei 4 problemi di salute causati dal rumore nei bambini è fornito dal rapporto finale del PINCHE (2006), che formula delle raccomandazioni da attuare a livello politico per migliorare la salute dei bambini europei e l’ambiente in cui vivono. Il rapporto insiste in particolare sulla riduzione del rumore ambientale notturno. Nel quadro dello studio LARES dell’OMS è stata poi esaminata, nel 2002 e nel 2003, la relazione tra esposizione al rumore e rischio di malattie5. Il risultato è interessante, in quanto dimostra che, sebbene l’inquinamento fonico causato dal traffico stradale rappresenti la causa principale dell’esposizione al rumore, il secondo fattore per ordine d’importanza è il rumore provocato dai vicini, poco regolamentato a livello giuridico. Valori di rumorosità espressa in dBA in diverse condizioni lavorative6

1 ) Per le ricerche bibliografiche sull’argomento, si vedano i siti dell’Ufficio regionale europeo dell’OMS (www.euro.who.int/noise/), dell’UE (http://ec.europa.eu/environment/noise/home.htm) e delle Nazioni Unite http:// earthwatch. unep.net/ health/ noisepollution.php), in inglese. 2 Stephen Stansfeld et al., étude RANCH, Children's reading and memory affected by exposure to aircraft noise, 2005, The Lancet, 365, p. 1952 (in inglese). 3 Ising, Hartmut, Lange-Asschenfeldt, Henning & Eilts, Bronchitis bei Kindern unter Belastung durch Straßenverkehrslärm und Abgase, Manfred 2005, Somnologie (2), 105-110 (in tedesco). 4 PINCHE = Policy Interpretation Network for Child Health and Environment ( rete di interpretazione delle politiche sulla salute dei bambini). Il PINCHE è una rete finanziata dall’UE che ha raccolto e analizzato i risultati di studi relativi a quattro temi, tra cui il rumore (sito in inglese). 5 H. Niemann, C. Maschke, K. Hecht, rapporto finale sullo studio LARES, 2004 (www.tuberlin. de/bzph/laerm-gesundheit/ Text/ LARES- Fluglaerm-V2.pdf, in tedesco; www.euro.who.int/Document/NOH/WHO_Lares.pdf, in inglese; http://www.euro.who.int/document/hoh/fbackdoc01.pdf, in francese) 6 Dati da OMS pubblicati in L.Malaguti Aliberti,Il rumore: possibili effetti nocivi sulla salute umana Not Istituto Superiore Sanità 2003 – www.il comitato.org. 38 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

2.3 L’importanza dello studio dell’intensità del rumore L’intensità del rumore nell’ambiente influenza pertanto le condizioni di salute dei cittadini, ovvero la loro qualità di vita e, quindi, la tematica dell’inquinamento acustico è una delle componenti essenziali da esaminare per la valutazione ambientale di un intervento. Su tale componente è possibile intervenire mediante misurazioni preliminari fonometriche di analisi dello stato e, di conseguenza, provvedere a interventi opportuni per ridurre o eliminare gli impatti negativi attesi dall’attuazione di un progetto. L’OMS (comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo e al Comitato Economico e Sociale Europeo - Strategia europea per l'ambiente e la salute) sostiene che il traffico stradale rappresenti la principale e più diffusa sorgente di rumore (in particolare nell’ambito urbano) e si è calcolato che il 40% della popolazione europea è da considerare “esposta”. A seguire hanno maggiore influenza, nell’ordine, le attività industriali, artigianali, agricole, di cantiere, di spettacoli. Inoltre, più del 30% della popolazione europea è esposta a livelli acustici provenienti da varie fonti di rumore, maggiori di 55 dB(A) in periodo notturno. Insieme all’inquinamento atmosferico, il rumore viene comunemente indicato come uno dei principali "inquinanti diffusi" e fattore di disturbo della vita moderna. E’ generato da diverse sorgenti legate alle attività umane, dal traffico (veicolare, ferroviario, aereo) al comparto produttivo (artigianale-industriale), al commercio. La fonte maggiormente incisiva nell’area urbana è senz’altro il traffico veicolare. Le cause sono da ricercarsi nel progressivo ed inesorabile incremento dei veicoli circolanti e nell’incalzante espansione del territorio urbanizzato che hanno diffuso il rumore da traffico nello spazio (in aree e quartieri un tempo periferici e suburbani) e nel tempo (estendendolo anche alle ore notturne), coinvolgendo percentuali di popolazione sempre maggiori.

2.4 La normativa di riferimento La normativa di regolamentazione dell’inquinamento acustico è emanata da diversi soggetti: Europa, Stato, Regioni, Province, Comuni. In particolare sono state emanate dalla Unione Europea: • Direttiva 96/20/CE della Commissione, che adegua al progresso tecnico la direttiva 70/157/CEE del Consiglio relativa al livello sonoro ammissibile e al dispositivo di scappamento dei veicoli a motore, G.U. UE serie L 92 del 13 aprile 1996; • Direttiva 2000/14/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, dell’8 maggio 2000 sul ravvicinamento delle legislazioni degli stati membri concernenti l’emissione acustica ambientale delle macchine ed attrezzature destinate a funzionare all’aperto, G.U. UE serie L 162 del 3 luglio 2000; • Direttiva 2002/30/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 26 marzo 2002 che istituisce norme e procedure per l’introduzione di restrizioni operative ai fini del contenimento del rumore negli aeroporti della Comunità, G.U. UE serie L 85 del 28 marzo 2002; • Direttiva 2002/49/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 25 giugno 2002 relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale, G.U. UE serie L 189 del 18 luglio 2002. Le principali normative statali sono: • DPCM 1 marzo 1991 “Limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e nell’ambiente esterno”, G.U. 8 marzo 1991, serie g. n. 57. • Legge 26 ott. 1995, n. 447 “Legge quadro sull’inquinamento acustico”, G.U. 30 ottobre 1995, serie g. n. 254. Fissa i principi generali, stabilisce le competenze statali, regionali, provinciali e comunali, distingue le sorgenti sonore in due categorie (fisse e mobili), introduce i valori limite di “emissione”, “immissione” “attenzione” e “qualità”. Introduce l’obbligo della valutazione di impatto acustico per i progetti di opere che possono alterare l’ambiente dal punto di vista acustico. • DPCM 14 novembre 1997 “Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore”, G.U. 1 dicembre 1997, serie g. n. 280. Norma attuativa che determina i valori limite di emissione, immissione, attenzione e qualità delle sorgenti sonore in riferimento alle 6 classi omogenee in cui deve essere suddiviso il territorio ai sensi del DPCM 1.3.91. VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

• DPCM 5 dicembre 1997 “Determinazione dei requisiti acustici passivi degli edifici”, G.U. 22 dicembre 1997, serie g. n. 297 • D.M. 16 marzo 1998 “Tecniche di rilevamento e misurazione dell’inquinamento acustico” G.U. 1 aprile 1998, serie g. n. 76 – Stabilisce gli strumenti, i sistemi di misura, le norme tecniche per l’esecuzione delle misure del rumore stradale e ferroviario e le modalità di presentazione dei risultati. •D.P.R. 18 novembre 1998 “Regolamento recante norme di esecuzione dell’articolo 11 della legge 26 ottobre 1995, n.447, in materia di inquinamento acustico derivante da traffico ferroviario”. • D.M. 29 novembre 2000, “Criteri per la predisposizione, da parte delle società e degli enti gestori dei servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture, dei Piani degli interventi di contenimento e abbattimento del rumore”, G.U. 6-12-2000, serie g. n. 285 – Fissa le regole per abbattere le emissioni sonore provenienti dai servizi di trasporto pubblico. • DPR 30 marzo 2004 n. 142 “Disposizioni per il contenimento dell’inquinamento acustico derivante dal traffico veicolare,a norma dell’articolo 11 della legge 26 ottobre 1995, n. 447”, G.U. 1 giugno 2004, serie g. n. 127. • DLgs 17 gennaio 2005 n. 13 “Attuazione della direttiva 2002/30/CE relativa all’introduzione di restrizioni operative ai fini del contenimento del rumore negli aeroporti comunitari”, G.U. 17 febbraio 2005, serie g. n. 39. • DLgs 19 agosto 2005 n. 194 “Attuazione della direttiva 2002/49/CE relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale”, G.U. 23 settembre 2005, serie g. n. 222.

La Regione Lombardia inoltre ha emanato: • Legge regionale 10 agosto 2001 n.13 “Norme in materia di inquinamento acustico”, B.U.R.L. 13 agosto 2001, 1° Suppl. Ord. al n. 33. • DGR 16 novembre 2001 n.7/6906, Approvazione del documento “Criteri di redazione dei piani di risanamento acustico delle imprese”, B.U.R.L. serie ordinaria n. 50 del 10 dicembre 2001; • D.G.R. n.7/8313 del 08/03/02: Approvazione del documento «Modalità e criteri di redazione della documentazione di previsione di impatto acustico e di valutazione previsionale del clima acustico”. • D.G.R. n. 7/9776 del 12/07/02: Approvazione del documento "Criteri tecnici di dettaglio per la redazione della classificazione acustica del territorio comunale";

In particolare la L.R. 13/2001, emanata in attuazione della legge 26 ottobre 1995, n. 447, “Legge quadro sull'inquinamento acustico”, stabilisce criteri e termini per: − le azioni di prevenzione dell'inquinamento acustico, come la classificazione acustica del territorio comunale, la previsione d'impatto acustico da produrre per l'avvio di nuove attività o per l'inserimento nel territorio di infrastrutture di trasporto; − le azioni di risanamento dell'inquinamento acustico attraverso la predisposizione di piani da parte di soggetti pubblici e privati (piani di risanamento delle imprese, piani di risanamento delle infrastrutture di trasporto, piani di risanamento comunali, piano regionale triennale d'intervento per la bonifica dell'inquinamento acustico).

In base alla suddetta normativa i Comuni devono predisporre un Piano di zonizzazione acustica che, attraverso un’analisi del territorio e misurazioni fonometriche, esplicita una sorta di “mappatura” del territorio comunale che permette di individuare i luoghi fonte di rumore. In base a tali analisi il Piano comunale classifica il territorio in zone acustiche omogenee per destinazione d’uso nelle quali devono essere rispettati i limiti di livello sonoro stabiliti dalla normativa (D.P.C.M. 14.11.97). In base alla normativa, due aree aventi limiti di livello sonoro che si discostano più di 5 dB(A) non possono essere contigue, nemmeno nel caso in cui appartengano a due Comuni diversi. Qualora, nelle zone già urbanizzate, non sia possibile rispettare tale vincolo a causa di destinazioni d’uso ormai consolidate, si provvede all’adozione di Piani di Risanamento. Il Piano di zonizzazione acustica dà anche indicazioni per il coordinamento degli strumenti urbanistici con la zonizzazione acustica, stabilisce anche le modalità di applicazione dei limiti, dei controlli, delle deroghe, di norme speciali e delle sanzioni.

Il Comune di Scanzorosciate è dotato di Piano di zonizzazione acustica. Vedi tavola allegata a seguire. 39

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Limiti massimi espressi in dB(A) EMISSIONE IMMISSIONE

Diurno Notturno Diurno notturno

45 35 50 40 50 40 55 45 55 45 60 50

60 50 65 55 65 55 70 60

Comune di SCANZOROSCIATE

PIANO DI CLASSIFICAZIONE ACUSTICA DEL TERRITORIO COMUNALE

Redatto da: Consulenze Ambientali S.p.A.

Novembre 2006 Scala 1:15.000

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2.4.1. I valori limite di riferimento

La legge quadro sull’inquinamento acustico (L.447/95) definisce come: “inquinamento acustico” l’introduzione di rumore nell’ambiente abitativo o esterno tale da provocare fastidio o disturbo al riposo ed alle attività umane, pericolo per la salute umana, deterioramento degli ecosistemi, dei beni materiali, dei monumenti, dell’ambiente abitativo o dell’ambiente esterno o tale da interferire con le legittime fruizioni degli ambienti stessi. “valore limite di emissione” il valore massimo di rumore che può essere emesso da una sorgente sonora, misurato in prossimità della sorgente stessa. “valore limite di immissione” il valore massimo di rumore che può essere immesso da una o più sorgenti sonore nell’ambiente abitativo o esterno misurato in prossimità dei ricettori; sono distinti in: a) valori limite assoluti (determinati con riferimento al livello equivalente di rumore ambientale; b) valori limite differenziali (determinati con riferimento alla differenza tra il livello equivalente di rumore ambientale ed il rumore residuo. “valore di attenzione” è il valore del rumore che segnala la presenza di un potenziale rischio per la salute umana o per l’ambiente; “valore di qualità” è il valore del rumore da conseguire nel breve, nel medio o lungo periodo con le tecnologie disponibili per realizzare gli obiettivi di tutela previsti dalla legge; Il D.P.C.M. 14.11.97 associa poi alle diverse tipologie di aree territoriali (suddivise in 6 classi a seconda delle destinazioni d’uso, dell’intensità del traffico, della densità abitativa) i valori limite di emissione, i valori limite assoluti di immissione, i valori di qualità secondo le seguenti tabelle:

TABELLA A: classificazione del territorio comunale (art.1) CLASSE I – aree particolarmente protette: rientrano in questa classe le aree nelle quali la quiete rappresenta un elemento di base per la loro utilizzazione: aree ospedaliere, scolastiche, aree destinate al riposo ed allo svago, aree residenziali rurali, aree di particolare interesse urbanistico, parchi pubblici, ecc. CLASSE II – aree destinate ad uso prevalentemente residenziale: rientrano in questa classe le aree urbane interessate prevalentemente da traffico veicolare locale, con bassa densità di popolazione, con limitata presenza di attività commerciali ed assenza di attività industriali ed artigianali. CLASSE III – aree di tipo misto: rientrano in questa classe le aree urbane interessate da traffico veicolare locale o di attraversamento, con media densità di popolazione, con presenza di attività commerciali, uffici con limitata presenza di attività artigianali e con assenza di attività industriali; aree rurali interessate da attività che impiegano macchine operatrici. CLASSE IV – aree di intensa attività umana: rientrano in questa classe le aree urbane interessate da intenso traffico veicolare, con alta densità di popolazione, con elevata presenza di attività commerciali ed uffici , con presenza di attività artigianali, le aree in prossimità di strade di grande comunicazione e di linee ferroviarie; le aree portuali, le aree con limitata presenza di piccole industrie. CLASSE V – aree prevalentemente industriali: rientrano in questa classe le aree interessate da insediamenti industriali e con scarsità di abitazioni. CLASSE VI – aree esclusivamente industriali: rientrano in questa classe le aree esclusivamente interessate da attività industriali e prive di insediamenti abitativi.

Nel Comune di Scanzorosciate il Piano di Zonizzazione acustica ha classificato il territorio comunale secondo le prime cinque classi, non essendovi presenti nel territorio comunale aree esclusivamente industriali.

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TABELLA B : valori limite di emissione – LEQ in dB(A) (art.2) Classi di destinazione d’uso del Tempi di riferimento territorio Diurno (06.00-22.00) Notturno (22.00-06.00) I aree particolarmente protette 45 35 II aree prevalentemente residenziali 50 40 III aree di tipo misto 55 45 IV aree di intensa attività umana 60 50 V aree prevalentemente industriali 65 55 VI aree esclusivamente industriali 65 65

TABELLA C : valori limite assoluti di immissione – LEQ in dB(A) (art.3) Classi di destinazione d’uso del Tempi di riferimento territorio Diurno (06.00-22.00) Notturno (22.00-06.00) I aree particolarmente protette 50 40 II aree prevalentemente residenziali 55 45 III aree di tipo misto 60 50 IV aree di intensa attività umana 65 55 V aree prevalentemente industriali 70 60 VI aree esclusivamente industriali 70 70

TABELLA D : valori di qualità – LEQ in dB(A) (art.7) Classi di destinazione d’uso del Tempi di riferimento territorio Diurno (06.00-22.00) Notturno (22.00-06.00) I aree particolarmente protette 47 37 II aree prevalentemente residenziali 52 42 III aree di tipo misto 57 47 IV aree di intensa attività umana 62 52 V aree prevalentemente industriali 67 57 VI aree esclusivamente industriali 70 70

Inoltre per le strade valgono i limiti dettati dal D.P.R. 30 marzo 2004 n.142.

Tabella 1 (strade di nuova realizzazione) TIPI DI STRADA SOTTOTIPI A FINI Ampiezza fascia di Scuole*, ospedale, Altri Ricettori Secondo il codice ACUSTICI pertinenza acustica case di cura e di della strada (Secondo D.M. 5.11.02 (m) riposo –Norme funz. e geom. Diurno Notturn Diurn Notturn per la costruzione delle dB(A) o dB (A) o o dB (A) strade) dB(A) A- autostrada 250 50 40 65 55 B- extraurbane 250 50 40 65 55 principali C- extraurbane C1 250 50 40 65 55 secondarie C2 150 50 40 65 55 D- urbane di 100 50 40 65 55 scorrimento E- urbane di quartiere 30 Definiti dai Comuni, nel rispetto dei 30 valori riportati in tabella C allegata al D.P.C.M. in data 14 novembre 1997 e comunque in modo conforme alla F- locali zonizzazione acustica delle aree urbane, come previsto dall’art. 6, comma 1, lettera a) della legge n.447 del 1995. *per le scuole vale il solo limite diurno

40 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Tabella 2 (strade esistenti e assimilabili, ampliamenti, affiancamenti e varianti) TIPI DI STRADA SOTTOTIPI A FINI Ampiezza fascia Scuole*, ospedale, Altri Ricettori Secondo il codice ACUSTICI di pertinenza case di cura e di della strada (Secondo Norme CNR acustica (m) riposo 1980 e direttive PUT) Diurno Notturno Diurno Notturno dB(a) dB (a) dB(a) dB (a) 100 (fascia A) 70 60 A- autostrada 50 40 150 (fascia B) 65 55 B- extraurbane 100 (fascia A) 70 60 50 40 principali 150 (fascia B) 65 55 Ca 100 (fascia A) 70 60 (strade e carreggiate separate 150 (fascia B) 50 40 65 55 C- extraurbane e tipo IV CNR 980) secondarie Cb 100 (fascia A) 70 60 (tutte le strade extraurbane 50 (fascia B) 50 40 65 55 secondarie) Da 100 50 40 (strade a carreggiate separate 70 60 D- urbane di e interquartiere) scorrimento Db 100 50 40 (tutte le strade urbane di 65 55 scorrimento) E- urbane di quartiere 30 Definiti dai Comuni, nel rispetto dei F- locali 30 valori riportati in tabella C allegata al D.P.C.M. in data 14 novembre 1997 e comunque in modo conforme alla zonizzazione acustica delle aree urbane, come previsto dall’art. 6, comma 1, lettera a) della legge n.447 del 1995. * per le scuole vale il solo limite diurno

Per le ferrovie i limiti sono dettati dal D.P.R. 16 novembre 1998, n. 459.

Tabella 3 (limiti dettati dal D.P.R. 16 novembre 1998, n. 459) TIPI DI FERROVIA Ampiezza fascia Scuole*, ospedale, Altri Ricettori di pertinenza case di cura e di acustica (m) riposo Diurno Notturno Diurno Notturno dB(a) dB (a) dB(a) dB (a) Ferrovie esistenti e di nuova realizzazione con velocità 100 (fascia A) 50 40 70 60 di progetto superiore a 200 km/h 150 (fascia B) 65 55 Ferrovie di nuova realizzazione con velocità di 250 50 40 65 55 progetto superiore a 200 km/h 500 50 40 - - * per le scuole vale il solo limite diurno

2.5 Lo stato delle sorgenti di rumore esistenti e il Piano di Zonizzazione acustica comunale

Il Comune di Scanzorosciate si è dotato del Piano di Zonizzazione acustica, previsto dalle norme nazionali e regionali, con delibera di C.C. n°63 del 3.11.2006. Il territorio è stato suddiviso, come ricordato nel paragrafo precedente, in 5 classi (secondo il D.P.C.M. dalla I alla V in quanto a Scanzorosciate non vi sono zone di VI classe). Sono state quindi eseguite 62 misure fonometriche in 33 zone comunali significative dal punto di vista acustico, sia in orario notturno, sia in orario diurno, ottenendo i seguenti risultati: VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

DIURNO NOTTURNO N CLASSE Leq misurato Durata (sec) A norma Leq Durata (sec) A norma 2 I 53,7 668,5 no 39,6 672,2 si 6 I 55,6 744,5 no 54,1 946,2 no 29 I 49,1 833,2 si 44,1 727,2 no 4 II 56,5 740 no 39,4 815,7 si 7 II 52,4 912,5 si 46,7 992,2 no 13 II 44,8 734,2 si 42,2 574,2 si 14 II 52,9 924 si 46,1 644 no 16 II 55,7 687,7 no 18 II 55,2 904 no 45,2 348,7 no 19 II 50,2 901,5 si 43,2 475,9 si 19 BIS II 60,9 902 no 20 II 45 908 si 42,5 614,4 si 21 II 45,5 901,2 si 42 603,7 si 22 II 47 902 si 43 610,7 si 23 II 47,7 901,5 si 42,8 606,9 si 26 II 54,1 907 si 48,6 748,2 no 3 III 53 917,7 si 36,8 445,5 si 8 III 59,8 1039,7 si 55,2 945,2 no 10 III 38,1 735,2 si 47,7 617,5 si 24 III 57,9 1000,5 si 51,9 832,4 no 25 III 52,1 903 si 47,2 613,4 si 27 III 51,9 904,2 si 50,3 721,2 no 28 III 48,3 915,2 si 39,8 430,2 si 31 III 49,8 602,2 si 47,3 721,7 si 1 IV 58,5 933,7 si 55,2 928 no 5 IV 68 1810,2 no 54,3 988,5 si 9 IV 70,1 1810,7 no 67,2 883,5 no 11 IV 48,7 617,7 si 12 IV 46,8 664,2 si 15 IV 49,3 980,2 si 45,5 874,7 si 17 IV 58,3 1202,5 si 47,8 683,5 si 30 IV 64,5 601,7 si 60,2 648,2 no

In orario diurno, i limiti sono stati pertanto superati (ai sensi del D.P.C.M. 14.11.97 tab. C) in otto casi e riguardano zone in classe I, II e IV; in orario notturno, i superamenti sono stati 12. Per il riferimento ai luoghi monitorati si veda la planimetria allegata a pag. 36. Il Piano di zonizzazione acustica comunale contiene norme, obiettivi da raggiungere, casistica delle deroghe e sanzioni. E’ fondamentale, comunque, adeguarlo in funzione delle nuove scelte del PGT e istituire un sistema di monitoraggio periodico sull’efficacia delle azioni intraprese.

2.6 Le pressioni riscontrate e i valori dei corrispondenti indicatori per la componente rumore

Poiché una delle maggiori fonti di rumore è il traffico, che comporta l’esposizione del maggior numero di persone è utile articolare questo tipo di pressione, nel caso di Scanzorosciate, in almeno due componenti: 1) il traffico veicolare a sua volta costituito, da: a) autoveicoli dove fonti primarie sono il tipo di motore e il rotolamento dei pneumatici sulla superficie stradale. Nel caso del motore la sua rumorosità dipende dal regime di rotazione e quindi dalle accelerazioni e non dalla velocità. In tal senso la presenza di semafori, che impongono variazioni brusche della velocità, contribuisce all’aumento della pressione sonora. Il rumore emesso dalla rotazione dei pneumatici dipende invece dalla velocità e, nel caso dei mezzi pesanti, anche dal loro carico e dallo stato di manutenzione. Il tipo di fondo 41 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

stradale (regolarità e tessitura della pavimentazione, ambiente, tipo di veicolo e di pneumatico) incide sull’entità del rumore prodotto. b) Motocicli le fonti primarie sono il motore (dipendente dalle accelerazioni come negli autoveicoli) e il tipo di scarico. Poco significativo il rumore prodotto dai pneumatici. Come risulta dal Piano Urbano del Traffico (il cui estratto è riportato in apposito capitolo in questo Rapporto Ambientale) diverse sono le S.P., ex SS e strade comunali di attraversamento del Comune e di collegamento con i comuni contermini. La recente realizzazione della galleria MonteNegrone ha ridotto notevolmente il traffico (e il relativo inquinamento anche da rumore) nei centri storici. Rimangono ancora alcuni tratti critici sui quali sarà opportuno intervenire. 2) Traffico ferroviario: incide poco il rumore del motore (visto che per la maggior parte sono a trazione elettrica), al contrario di quello derivante dall’accoppiamento ruota-binario; solo nel caso di treni ad alta velocità vi è un’incidenza anche per il rumore aerodinamico. Il rumore ha un picco massimo in corrispondenza del passaggio della motrice e un andamento oscillante attorno ad un valore medio inferiore nel caso dei vagoni trascinati. Le discontinuità tra i tratti di rotaia o la presenza di rugosità, unite alla mancanza di manutenzione, incidono in modo sensibile sull’aumento del rumore. Quando il treno percorre un tratto curvo, con raggio di curvatura relativamente piccolo, non superiore ai 100 metri, si sovrappone il rumore dovuto allo scivolamento delle ruote interne. Attualmente la ferrovia non interessa il territorio di Scanzorosciate, ma, nel caso di realizzazione del tronco derivato da Albano verso il polo industriale della Polynt, se ne dovrà tener conto nella valutazione degli impatti anche dal punto di vista del rumore generato. 3) Attività produttive: la loro presenza, seppure abbastanza concentrata in alcune zone, presenta, laddove frammista a residenze, situazioni di criticità. Facilmente individuabili e controllabili intervenendo sulle prescrizioni da dare all’esercente l’attività. 4) Luoghi di svago, spettacolo, commerciali: possono causare disturbo periodico o permanente e il loro disturbo è tanto maggiore quanto più sono ubicati vicino alle aree residenziali. 5) Cantieri (assimilabili alle attività produttive nel caso di cantieri fissi) generalmente con attività limitata nel tempo e regolabile attraverso prescrizioni sugli orari di attività rumorosa 6) Attività varie quali l’agricoltura (con il transito p.e. di trattori), sorgenti rumorose occasionali quali sirene, campane e allarmi. Proprio perché occasionali e di breve durata non costituiscono pressioni consistenti.

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3. La componente geologica, idrogeologica e sismica

3.1 Premessa

Con l’entrata in vigore della “Legge per il governo del territorio” (L.R. 12/05 dell’11 marzo 2005) la Regione Lombardia ha modificato l’approccio culturale alla materia urbanistica, sostituendo il principio della pianificazione con quello del governo del territorio. Il successivo D.G.R. 8/1566 del 22 dicembre 2005 ha definito i criteri e gli indirizzi per la definizione della componente geologica, idrogeologica e sismica del Piano di Governo del Territorio, in attuazione dell’art. 57 della Legge Regionale. L’elemento tecnico di maggiore novità introdotto è rappresentato dall’elaborato della carta della pericolosità sismica con la quale sono individuate quelle parti del territorio comunale che, per litologia e/o conformazione geomorfologica del paesaggio, presentano maggiore sensibilità ad un potenziale evento sismico. Il presente lavoro è stato redatto ad integrazione e aggiornamento dello studio geologico di supporto al Piano Regolatore Generale realizzato nel 1994 dal dott. Daniele Ravagnani, al quale si rimanda per la consultazione della documentazione di analisi propedeutica agli elaborati di seguito descritti. In fase di redazione particolare attenzione è stata posta nell’analisi geomorfologica, dapprima mediante l’osservazione di fotografie aeree ed ortofoto e successivamente mediante controlli sul terreno. I dati raccolti hanno permesso l’elaborazione del modello digitale del terreno (D.T.M.), la redazione degli elaborati grafici da esso derivati (carta delle pendenze, shade relief, etc. ) e l’aggiornamento della carta idrogeologica. L'analisi dei singoli tematismi e le loro interconnessioni hanno prodotto la Carta di Sintesi e la Carta della Fattibilità Geologica, nelle quali sono distinti gli elementi di pericolosità naturale presenti sul territorio di Scanzorosciate e, per ciascuno di questi, gli approfondimenti d’indagine propedeutici alle variazioni di destinazione d’uso.

3.2 Inquadramento geologico Il comune di Scanzorosciate si sviluppa in sponda sinistra del Fiume Serio ed è inquadrato nella sezione C5c2 della Carta Tecnica Regionale della Regione Lombardia. Il territorio comunale si estende per 10,8 km2 nella zona di raccordo tra i rilievi più meridionali della Catena Alpina e l’ampio bacino alluvionale della Pianura Padana. Si tratta di un territorio morfologicamente vario, caratterizzato a nord da un paesaggio collinare tipico delle aree prealpine e a sud da morfologie pianeggianti tipiche dell’ambiente padano. Le colline che ne costituiscono i rilievi appartengono ad un ampio dominio conosciuto con il nome di Alpi Meridionali, all’interno del quale sono distinti cinque settori che presentano similitudini di associazioni tettoniche: 1. La zona del basamento orobico, compresa tra la linea Insubrica e la linea Orobica (un’altra importante superficie di sovrascorrimento che attraversa in senso est-ovest la Valle Brembana); 2. La zona delle anticlinali orobiche; delimitata tra la linea Orobica a nord e la faglia Valtorta-Valcanale e costituita da un sistema di pieghe e sovrascorrimenti nella copertura Permiana;

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3. La zona delle scaglie Valtorta-Valcanale e dell’autoctono Camuno, costituita da sovrascorrimenti prevalentemente nella copertura del Triassico medio; 4. La zona del Parautoctono e delle Unità Alloctone superiori; questo settore è collocato sia a sud delle scaglie di Valtorta-Valcanale che a diretto contatto con l’Anticlinale Orobica ed è costituito dalla duplice o triplice ripetizione delle successioni carbonatiche Triassiche; 5. La zona a pieghe e faglie delle Alpi; costituisce il settore più meridionale delle Prealpi, formato da unità prevalentemente Giurassiche e Cretacee e da uno stile a pieghe con asse est-ovest. L’assetto strutturale della catena Sudalpina è il risultato di diversi episodi tettonici: ¾ Due fasi tettono-metamorfiche principali prealpine, presenti nel basamento metamorfico; ¾ Tettonica distensiva che ha caratterizzato l’intervallo di tempo tra il Permiano e il Giurassico medio; in questa fase si aprì l’oceano ligure-piemontese e il Sudalpino ricoprì il ruolo di margine continentale passivo nel cui ambito si individuò il “Bacino Lombardo”; ¾ Tettonica compressiva iniziata nel Cretacico superiore, che causò la chiusura del Bacino Lombardo, e perdurata sino al Neogene.

Fig. 1: Carta strutturale delle Alpi e Prealpi Bergamasche. 1 Zona delle unità alloctone superiori e delle unità Grigna e Pegherolo, 2 Zona del Parautoctono e delle unità alloctone inferiori, 3 zona a pieghe-faglie delle Prealpi, 4 Zona dell’Autoctono e delle scaglie Valtorta-Valcanale, 5 Zona delle Anticlinali Orobiche, 6 Zona del basamento Orobico a faglie, sovrascorrimenti, e pieghe faglie (Semplificato e modificato da Jadoul e Gaetani, 1979).

Gli eventi che hanno maggiormente influenzato il rilievo topografico sono quelli relativi alle fasi compressive alpine, che hanno prodotto una catena a pieghe e thrust pellicolari. Un ruolo fondamentale nella determinazione delle attuali geometrie è stato svolto dalle discontinuità generate durante la fase distensiva.

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L’assetto tettonico del territorio di Scanzorosciate è caratterizzato dalla presenza di un sistema a pieghe e pieghe faglie con allineamento est-ovest (zona 3). La struttura più evidente è una sinclinale rovescia che si sviluppa lungo tutto il versante settentrionale della Valle del Gavarno. Verso sud le pieghe diventano più blande e senza dislocazioni fino ad assumere la forma di una caratteristica monoclinale immergente verso sud. Il substrato roccioso è formato da unità cretaciche che la Carta Geologica della Provincia di Bergamo distingue in (Fig. 2): • Sass de la Luna (Unità Cartografica 46, sfondo verde con quadrettarla orizzontale verde): alternanze di calcari marnosi grigio bluastri, localmente selciferi, in strati piano-paralleli da centimetrici a decimetrici, torbiditici. Superiormente si hanno calcilutiti grigio chiaro con intercalate marne rosse. Albiano superiore. • Unità Cenomaniane (U.C. 47, colore verde chiaro): successione di depositi differenti caratterizzata, dal basso verso l’alto, da marne e calcilutiti rosse seguite da due banchi calcarei ad assetto caotico con noduli di selce sostituiti verso ovest da marne e calcilutiti rosse e grigie. Tra questi orizzonti calcarei sono intercalati peliti ed arenarie fini di origine torbiditica, in strati sottili. Cenomaniano. • Peliti Nere Superiori (U.C. 48, colore verde chiaro con puntinatura verde scura): peliti grigio scuro e nere alternate ad arenarie fini micacee di origine torbiditica. Talvolta sono intercalati sottili livelli di black shales. Norico medio. • Peliti Rosse (U.C. 50, colore verde con barrato diagonale): peliti rosse massive; superiormente si ha alternanza di peliti rosse e grigie con arenarie micacee, a stratificazione da centimetrica e decimetrica, di origine torbiditica. Turoniano inferiore- medio. La carta geologica della Provincia di Bergamo distingue le alluvioni fluvioglaciali in diverse unità secondo il concetto delle cosiddette “Unità allostratigrafiche”, per il quale gli elementi distintivi sono il fattore temporale e il fattore spaziale. Secondo questo criterio sono raggruppati nella stessa unità depositi di diversa origine ma tutti attribuibili a una determinata area geografica e a uno specifico intervallo di tempo. È così possibile distinguere i depositi legati alla fase glaciale del bacino del Serio dai depositi successivi alla fase glaciale (Unità Postglaciale). Si riconoscono: • Conglomerato di Seriate (Unità Cartografica 84, colore rosso barrato verticale): è costituita da depositi fluvioglaciali formati da conglomerati con clasti prevalentemente carbonatici fortemente cementati. Pleistocene superiore - Pleistocene medio. • Unità di Valtesse (U. C. 85, colore rosa): l’unità è formata da una facies di depositi alluvionali ed una facies di depositi colluviali. I depositi alluvionali sono formati da ghiaie a supporto di matrice argillosa, pedogenizzate. Le ghiaie sono moderatamente selezionate, da medio-grossolane a grossolane; arrotondate e subarrotondate. La stratificazione non è definibile. I ciottoli sono per la maggior parte residuali di natura sia terrigena che cristallina. Gli elementi carbonatici risultano pressoché assenti, si rinvengono piccole masse argillificate e rari ciottoli totalmente decarbonatati che tuttavia conservano una consistenza propria. Pleistocene inferiore. • Complesso di Ponte della Selva – Unità di (U. C. 92b, colore rosa con simbolo ondulato): è costituita da depositi fluvioglaciali formati da ghiaie

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poligeniche a supporto di matrice pedogenizzate; la matrice è limoso argillosa; le ghiaie sono da grossolane a molto grossolane, moderatamente selezionate e da arrotondate a discoidali. Non è definibile la stratificazione. I ciottoli sono per la maggior parte elementi siliceo-quarzosi terrigeni e non: metamorfiti in generale (prevalentemente alterate), Verrucano, Collio (parzialmente alterato), quarziti, selci. Mancano totalmente gli elementi calcarei: si rinvengono solamente passerelle inconsistenti di calcari e calcari marnosi argillificati e arenarie ormai totalmente decarbonatate. Pleistocene medio. • Complesso del Serio – Unità di Cologno (Unità Cartografica 94b, colore arancione puntinato): è costituita da depositi fluvioglaciali formati da ghiaie poligeniche a supporto clastico, da arrotondate a subarrotondate e discoidali con matrice sabbiosa calcarea. Presenta una scarsa e diffusa cementazione, localmente è coperta da limi di esondazione. Il limite superiore dell’unità è caratterizzato da morfologie terrazzate ben conservate con gli orli di terrazzo evidenti che scompaiono gradualmente verso sud. Il limite inferiore dell’unità è marcato dalla presenza di un paleosuolo e localmente dai Conglomerati di Seriate. • Complesso Alteritico (U. C. 116, colore viola): depositi colluviali formati da argille limose con rari clasti residuali, in appoggio ai paleosuoli su substrato. Generalmente la morfologica di questi depositi è terrazzata. Litologicamente sono formati prevalentemente da limi argillosi e argille-limose massive, con clasti residuali molto rari. Derivano soprattutto dalla movimentazione di paleosuoli sviluppati sul substrato roccioso terrigeno o carbonatico a seconda della composizione della roccia su cui poggiano. Neogene ? - Pleistocene inferiore. • Complesso di (U. C. 117, colore viola puntinato): depositi di versante con clasti carbonatici e terrigeni delle formazioni locali, matrice derivante anche dal rimaneggiamento di suoli preesistenti. I depositi di versante sono dei diamicton massivi e stratificati a ciottoli e blocchi da spigolosi a subspigolosi, matrice sabbiosa o limoso argillosa, supporto di matrice o clastico localmente di tipo “open work”, locale cementazione. I clasti delle varie facies sono carbonatici e terrigeni appartenenti alle formazioni locali, la matrice deriva dal rimaneggiamento di suoli preesistenti. I clasti presentano alterazione estremamente variabile. La pedogenesi è variabile, il colore compreso tra 7.5YR e 2.5Y. Le morfologie sono in erosione. Pleistocene medio-superiore.

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Fig. 2: Stralcio della Carta Geologica della Provincia di Bergamo (scala 1:40.000).

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3.3 Carta idrogeologica e del sistema idrografico (tav 1)

3.3.1 Premessa La carta idrogeologica raccoglie una serie di informazioni ricavate dall’analisi della cartografia esistente e dalla documentazione disponibile presso gli uffici comunali e la Provincia di Bergamo. L’indagine è stata articolata nelle seguenti fasi: • ricerca bibliografica, • analisi della cartografia esistente; • misurazione dei livelli di falda nei pozzi; • elaborazione dei dati raccolti e valutazione dei risultati. I pozzi sono stati censiti e per ciascuno di essi è stata redatta una scheda contenente le informazioni ricavate dalla modulistica raccolta e dai sopralluoghi eseguiti (Allegato 1). I logs stratigrafici dei singoli pozzi hanno permesso di ricavare informazioni circa la stratigrafia del sottosuolo. Mediante la correlazione delle colonne stratigrafiche è infatti stato possibile ricostruire la geometria e la tessitura dei corpi idrici sotterranei e con essa esprimere alcune considerazioni circa la vulnerabilità degli acquiferi captati.

3.3.2 Idrografia superficiale

Il reticolo idrografico naturale Nel territorio comunale di Scanzorosciate il reticolo idrografico naturale è ben rappresentato. Oltre al Fiume Serio troviamo infatti il Torrente Zerra, il Torrente Gavarnia, il Fosso Gambarone e il Fosso Fiobbio. Il Fiume Serio ha un bacino imbrifero di 957 kmq e una lunghezza di 124 Km. Il fiume segna il confine amministrativo con i comuni di e Gorle e all’altezza della località La Gratta descrive una stretta ansa che si raccorda con un meandro più ampio localizzato nel territorio di , prima di proseguire decisamente verso sud con orientazione nord- nordovest sud-sudest ed andamento rettilineo. Il deciso cambio di orientazione in corrispondenza di Scanzorosciate è dovuto al cambio di pendenza allo sbocco nei territori di pianura. Il Fiume Serio confluisce nel Fiume Adda in località Bocca di Serio. Il torrente Zerra è un corso d’acqua minore, ha origine come recapito delle acque di displuvio delle colline poste alle spalle delle località Tribulina e Torre dei Roveri. Nel primo tratto si sviluppa con direzione est-ovest, fino alla confluenza con il fosso Gambarone, che, dopo aver raccolto le acque di scolo delle colline a monte della frazione Negrone, si immette nel corso d’acqua principale in destra orografica. A valle di tale confluenza il torrente Zerra prosegue il suo tracciato con direzione nord-sud fino all’immissione in sinistra del torrente Valle di Albano che raccoglie le acque dell’omonima valle, posta ad est di Torre de Roveri. Immediatamente a valle di tale confluenza il torrente Zerra si sviluppa attraverso l’abitato di Albano Sant’Alessandro, con un percorso piuttosto tortuoso, caratterizzato da diverse curve e cambi di direzione, all’interno del nucleo urbano. Nell’abitato di Albano, riceve il contributo della roggia Borgogna, che si immette nel torrente in destra con una curva secca, all’altezza dell’incrocio di via Carbonera con via C. Colombo.

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Il Torrente Zerra ha uno sviluppo lineare di circa 30 Km e si esaurisce, spagliandosi in canali minori, nelle campagne di e . Il Torrente Gavarnia nasce ad est della frazione Gavarno in località Bocche del Gavarno e raccoglie le acque degli impluvi del Costone del Gavarno e della Foppa del Laghetto. Il corso d’acqua ha orientazione sudest, nordovest e confluisce nel Fiume Serio in Comune di Nembro. L’orientazione est ovest dei torrenti Zerra e Gavarnia nei tratti collinari è fortemente voluto dall’assetto strutturale di questa parte del territorio, caratterizzato dalla presenza di un sistema a pieghe e pieghe faglie con allineamento est-ovest. Il Fosso Gambarone ed il Fosso Fiobbio non hanno questo condizionamento e dopo aver raccolto le acque della fascia collinare meridionale, sviluppandosi con direzione nord sud, confluiscono rispettivamente nel Torrente Zerra e nella Roggia Borgogna.

La rete idrografica artificiale Dal Fiume Serio derivano alcune rogge storiche che dopo aver attraversato il territorio di Scanzorosciate vanno d alimentare la rete irrigua della pianura bergamasca. Queste rogge sono gestite dal Consorzio di Bonifica della Media Pianura Bergamasca. La Roggia Borgogna rappresenta l’opera di derivazione più importante da cui si originano numerosi rami secondari che si diramano verso sud. Il canale, di cui si hanno notizie già dal 1148, ha origine in comune di e si sviluppa verso sud attraversando il comune di fino a giungere nel comune di Scanzorosciate ove, al limite nord dell’abitato si divide in due rami secondari: Ramo Ovest e Ramo Est. Le due opere consortili si sviluppano verso sud dando origine a moltissime derivazioni secondarie che distribuiscono l’acqua fino ai territori di - verso est e - verso sud.

3.3.3 Caratteri idrogeologici

Permeabilità superficiale dei terreni La presenza di depositi di origine fluvioglaciale caratterizzati dalla predominanza di ghiaie e ghiaie sabbiose con permeabilità da elevata a buona (k>10-2 cm/s) determina un’alta vulnerabilità dell’acquifero freatico, mitigata almeno in parte dall’elevata soggiacenza della falda (settore occidentale) e dalla presenza di suoli limoso argillosi derivati dall’alterazione del substrato roccioso e dei depositi quaternari (settore sud-orientale).

La superficie piezometrica La superficie piezometrica rappresentata nella Tavola 1 è stata ottenuta mediante l’elaborazione dei rilievi piezometrici effettuati nel corso dell’attività di censimento dei pozzi svolta fra il 22 ed il 29 aprile 2008. La campagna di misurazione dei livelli locali della falda e censimento delle opere di captazione (pozzi e piezometri) ha interessato 18 pozzi per un totale di 17 misure raccolte. La distribuzione non uniforme dei manufatti di captazione nel territorio di Scanzorosciate, ha reso necessario estendere la raccolta dati anche alle captazioni dei comuni limitrofi. I pozzi esaminati sono in maggioranza attivi, quasi tutti ad uso industriale e irriguo ed intercettano la falda superficiale.

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Le opere di captazione presenti nel territorio di Scanzorosciate sono in totale sette e raggiungono mediamente la profondità di 60, 70 metri. Alcune profondità dei pozzi censiti non è stato possibile accertare, è certo invece che il pozzo 6 di via XXV Aprile raggiunge i 93 metri di profondità. Quattro di questi pozzi, due ubicati in via F.lli Cervi, uno in via XXV Aprile e uno in via Manzoni, sono utilizzati per l’approvvigionamento di acqua potabile. All’interno del territorio comunale il dislivello piezometrico raggiunge i 30 metri passando da circa 256 m s.l.m. nel settore orientale a 224 m s.l.m. nel settore sud occidentale. L’andamento generale delle curve isopiezometriche concorda con quanto descritto da carte a scala maggiore per questa zona. Il flusso idrico sotterraneo è diretto nord est verso sud ovest con un gradiente idraulico compreso tra l’1 ed il 1,5 ‰. Nel settore sud-occidentale le linee isopiezometriche piegano leggermente verso sud ovest a causa del flusso in entrata al sistema idrogeologico proveniente dal Fiume Serio. La soggiacenza è compresa tra 10 metri del settore orientale, prossimo ai rilievi ed i 40-45 metri del settore occidentale prossimo al fiume Serio. Non è stato possibile, per mancanza di opere di captazione rilevare il livello della falda nelle aree prossime ai rilievi cretacici anche se è possibile ipotizzare che la soggiacenza sia bassa e che sia dovuta ad una circolazione idrica subsuperficiale all’interno dei depositi che formano la fascia colluviale. L‘eterogeneità tessiturale di questi terreni favorisce lo sviluppo di correnti sotterranee lungo direzioni preferenziali caratterizzate da una maggior permeabilità dei terreni, e caratterizzate da un regime discontinuo e fortemente connesso al regime pluviometrico.

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Fig. 3: Carta della soggiacenza della falda freatica. (scala 1:20.000).

Geometria degli acquiferi La ricerca bibliografica ha permesso di definire la struttura idrogeologica generale, relativa non solo al territorio in esame, ma anche a quello circostante. L’analisi del territorio di Scanzorosciate è stata supportata dai logs stratigrafici e dalle sezioni idrogeologiche AA’ e BB’, riportate nella tavola 2 dello studio geologico di supporto al P.R.G. redatto dal Dott. Ravagnani (1995), orientate rispettivamente nordovest sudest e nord sud ed ottenute dalla correlazione dei livelli di terreno con caratteristiche tessiturali ed idrogeologiche similari. Nelle sezioni geologiche è stato ipotizzato l’andamento del substrato cretacico elaborando i dati riportati nelle stratigrafie e quelli raccolti durante il rilevamento geologico. Nell’area a sud dei rilievi di Scanzorosciate il sottosuolo può essere distinto in tre litozone principali: • Unità ghiaiosa superficiale: è compresa tra il p.c. e la profondità di 20-30 metri ed è costituita da ghiaie e sabbie con ciottoli. E’ sede dell’acquifero freatico. • Unità conglomeratica: é formata da conglomerati, prevalenti nel settore settentrionale, e da ghiaie e sabbie in quello meridionale ed è estesa per uno spessore compreso tra

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80 e 100 m; è delimitata o da un livello conglomeratico compatto oppure da uno argilloso abbastanza consistente, di cui è difficile determinare l'estensione areale a causa dei rari sondaggi che raggiungono la normale profondità di rinvenimento. Vi sono intercalazioni argillose, ma si rinvengono con maggiore facilità strati di conglomerato permeabili per fessurazione; la mancanza di continuità laterale dei livelli argillosi permette di considerare l’acquifero superficiale un monostrato. • Unità a ghiaie e sabbie alternate a lenti argillose o conglomeratiche: questa litozona poggia direttamente sulle argille cineree villafranchiane impermeabili poggianti sul substrato cretacico. E’ sede dell’acquifero più profondo che, in prossimità dei rilievi collinari, è in comunicazione con l’acquifero superficiale non essendo presenti livelli argillosi sufficientemente spessi ed estesi. E’ quindi possibile riconoscere un acquifero di tipo freatico superficiale, sotto il quale ne esistono altri artesiani o semiartesiani, dei quali non è consentita una stima della potenza a causa della scarsità dei dati. L'alimentazione dell'acquifero principale avviene per infiltrazione dall'alto delle acque di precipitazione, per locali contributi dovuti all'irrigazione e mediante dispersioni dalle rogge, gli acquiferi della seconda litozona sono alimentati dal deflusso da monte e dagli apporti per intercomunicazione con il primo acquifero.

3.3.4 Vulnerabilità dell’acquifero superficiale

Premessa Per vulnerabilità degli acquiferi si intende la capacità dell’acquifero di sopportare gli effetti di un inquinamento. La valutazione della vulnerabilità richiede la conoscenza dettagliata di diversi elementi: le geometrie ed i parametri idraulici delle unità costituenti il sottosuolo; i meccanismi di alimentazione delle falde; i processi di interscambio tra l’inquinante, il non saturo, l’acquifero e le falde. Trattandosi di elementi non sempre di facile acquisizione e la cui importanza può essere variamente stimata, alcuni Autori hanno proposto metodologie di calcolo basate su pochi parametri significativi. Il metodo utilizzato per elaborare la carta della vulnerabilità di Scanzorosciate è stato il cosiddetto DRASTIC, acronimo derivante dalle iniziali dei sette parametri presi in esame: Parametri dinamici (in quanto mutevoli nel tempo): 1. la soggiacenza (Depth to water), che esprime la profondità della tavola d’acqua dal piano campagna 2. l’alimentazione ((Net) Recharge) dell’acquifero freatico che avviene essenzialmente per infiltrazione (efficace) delle piogge e per dispersione dalle rogge Parametri statici (legati alle caratteristiche del suolo): 3. la tessitura del saturo (Aquifer Media), 4. la tessitura del suolo (Soil Media), questi ultimi parametri - insieme al n°6 -, in base alla consistenza più o meno ghiaiosa o argillosa, determinano la maggiore o minore infiltrazione di un inquinante 5. l’acclività (Topography (Slope), o gradiente topografico che incide in modo inversamente proporzionale alla possibilità di infiltrazione di un inquinante. La restituzione grafica delle caratteristiche di questa componente sono evidenziate nella carta seguente che restituisce l’aspetto del territorio comunale:

51 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Modello digitale del terreno (D.T.M.) con evidenziate le classi di pendenza.

6. la tessitura del non saturo (Impact of the Vadose Zone), 7. la conducibilità idraulica (Conductivity (Hydraulic) of the Aquifer), prametro quantitativo complementare ai caratteri tessiturali. DRASTIC prevede poi l’assegnazione di un peso, variabile da 1 a 5, a ciascuno dei suddetti parametri in base all’importanza che può avere nella valutazione della vulnerabilità. Sono ipotizzati due casi: • quando non si fa uso di prodotti chimici in agricoltura - condizioni normali • uso di diserbanti e pesticidi – condizioni agricole.

Soggiacenza 5 soggiacenza 5 Alimentazione 4 alimentazione 4 tessitura del saturo 3 tessitura del saturo 3 tessitura del suolo 2 tessitura del suolo 5 Acclività 1 acclività 3 tessitura del non saturo 5 tessitura del non saturo 4 conducibilità idraulica 3 conducibilità idraulica 2 Tab. 3: pesi normali Tab. 4: pesi agricoli

Carta delle pendenze (scala 1:20.000). Il valore della vulnerabilità è stato quindi ottenuto sommando, in una griglia finale, i valori di ciascun parametro moltiplicati per i relativi pesi. I valori percentuali delle classi di vulnerabilità sono:

52 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

1 vulnerabilità massima 91-100% 2 vulnerabilità estremamente alta 81-90% 3 vulnerabilità molto alta 71-80% 4 vulnerabilità alta 61-70% 5 vulnerabilità mediamente alta 51-60% 6 vulnerabilità mediamente bassa 41-50% 7 vulnerabilità bassa 31-40% 8 vulnerabilità molto bassa 21-30% 9 vulnerabilità estremamente bassa 11-20% 10 vulnerabilità minima 1-10% Tab. 5: Valori percentuali delle classi di vulnerabilità.

Vulnerabilità della falda freatica nel territorio di Scanzorosciate Le classi di vulnerabilità rappresentate nel territorio di Scanzorosciate sono comprese tra molto alta (classe 3) e bassa ( classe 7). L’estrema variabilità è determinata principalmente dalla soggiacenza della falda e in minor misura dalla presenza/assenza del suolo e dalla sua tessitura. Sia nel calcolo della vulnerabilità con pesi normali e agricoli, la vulnerabilità aumenta procedendo verso il settore sud orientale del comune; Il confronto tra la carta dei pesi normali e dei pesi agricoli evidenzia come nel secondo caso le aree con vulnerabilità più elevata (valori compresi tra 61 e 80%) sono sensibilmente più estese inglobando anche ampi settori del centro abitato. L’aumento della vulnerabilità procedendo verso il confine sud orientale è fortemente influenzato dalla geometria della superficie della falda freatica e dalla soggiacenza (Vedi figure seguenti).

53 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Carta della vulnerabilità: pesi normali (quando non si fa uso di prodotti chimici in agricoltura).

Carta della vulnerabilità: pesi agricoli (nel caso di uso di diserbanti e pesticidi in agricoltura).

54 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Fig. 17: Carta della vulnerabilità (pesi agricoli) (scala 1:20.000).

3.4 Analisi della sismicita’ del territorio e carta della pericolosita’ sismica locale (tavv. 2a, 2b, 2c)

3.4.1 Introduzione L’analisi si articola in tre livelli successivi di approfondimento che sono implementati in relazione a: - la zona sismica di appartenenza del comune, come definita dall’O.P.C.M. n. 3274 del 20 marzo 2003, - gli scenari di pericolosità sismica locale - la tipologia delle costruzioni in progetto (allegato 5 alla D.G.R. 8/1566 e successive integrazioni).

Le zone sismiche sono quattro e sono così definite:

TAB. 6: ZONE SISMICHE Zona Valori di ag 1 0,35g 2 0,25g 3 0,15g 4 0,05g

dove ag è il valore dell’accelerazione orizzontale massima espresso come frazione della gravità (g). Il territorio comunale di Scanzorosciate ricade nella zona sismica 3 (sismicità medio bassa). I livelli di approfondimento e le fasi di applicazione richieste dalla normativa sono riassunti nella tabella seguente.

TAB. 7: LIVELLI DI APPROFONDIMENTO E FASI DI APPLICAZIONE DELLA NORMATIVA SULLA ZONIZZAZIONE DELLA PERICOLOSITÀ SISMICA LOCALE zona sismica livelli di approfondimento e fasi di applicazione 1° livello 2° livello 3° livello fase pianificatoria fase pianificatoria fase progettuale 4 Obbligatorio nelle zone PSL Z3 e Z4 solo per - nelle aree indagate con il 2° edifici strategici e rilevanti (elenco livello quando Fa calcolato > tipologico di cui al d.d.u.o. n. valore soglia comunale; 19904/03) - nelle zone PSL Z1, Z2 e Z5 per edifici strategici e rilevanti.

Primo livello Il primo livello di analisi prevede il riconoscimento di quelle parti del territorio dove è possibile un’amplificazione dell’effetto sismico sulla base delle caratteristiche litologiche, geotecniche e morfologiche del territorio. Si ottiene confrontando le carte di inquadramento con gli scenari previsti dalle direttive tecniche (tabella 8).

55 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

La varietà geologica del territorio di Scanzorosciate consente di suddividerlo in due classi di pericolosità sismica locale.

E’ stata attribuita la classe Z3b, che individua le aree di cresta e/o cocuzzolo, al settore ubicato sui colli e la classe Z4a al settore di pianura caratterizzato da depositi alluvionali e/o fluvioglaciali granulari e/o coesivi.

Ad entrambe le classi di sismicità è associata una pericolosità H2 che significa differenti livelli di approfondimento.

TAB. 8: SENARI DI PERICOLOSITÀ, EFFETTI E CLASSI DI PERICOLOSITÀ ASSOCIATE CLASSE DI Sigla SCENARIO PERICOLOSITA’ SISMICA LOCALE EFFETTI PERICOLOSITA’ SISMICA Z1a Zona caratterizzata da movimenti franosi attivi H3 Z1b Zona caratterizzata da movimenti franosi quiescenti Instabilità H2 - livello di Z1c Zona potenzialmente franosa o esposta a rischio di frana approfondimento 3° Zone con terreni di fondazione particolarmente Cedimenti e/o H2 - livello di Z2 scadenti (riporti poco addensati, terreni granulari fini con falda liquefazioni approfondimento 3° superficiale) Zona di ciglio H > 10 m (scarpata con parete Z3a subverticale, bordo di cava, nicchia di distacco, orlo di terrazzo H2 - livello di Amplificazioni fluviale o di natura antropica) approfondimento 2° topografiche Zona di cresta rocciosa e/o cocuzzolo: (3°) Z3b appuntite – arrotondate Zona di fondovalle con presenza di depositi alluvionali e/o Z4a fluvio-glaciali granulari e/o coesivi Zona pedemontana di falda di detrito, conoide Z4b Amplificazioni alluvionale e conoide deltizio-lacustre H2 -livello di litologiche e Zona morenica con presenza di depositi granulari e/o coesivi approfondimento 2° Z4c geometriche (compresi le coltri loessiche) Zone con presenza di argille residuali e terre rosse di origine Z4d eluvio-colluviale Zona di contatto stratigrafico e/o tettonico tra litotipi con Comportamenti H2 -livello di Z5 caratteristiche fisico-meccaniche molto diverse differenziali approfondimento 3°

A ciascuna area così individuata è attribuita una classe di pericolosità sismica ed il successivo livello di approfondimento. Le campiture che definiscono lo scenario di pericolosità sismica sono rappresentate nelle tavole 2a-2b-2c allegate allo studio geologico- sismico e che qui di seguito sono riportate.

56 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

TAV. 2A PERICOLOSITÀ SISMICA LOCALE (AI SENSI DELLA D.G.R. 8/1566 E SUCCESSIVE INTEGRAZIONI)

Classe Z3b - Pericolosità H2: zona di cresta rocciosa o cocuzzolo.Applicazione del livello 2 di approf.

sismico in fase di progettazione di edifici sensibili e/o strategici (così come definito dai d.d.u.o. 19904/ Classe Z4a - Pericolosità H2: zona di fondovalle con presenza di depositi alluvionali e/o fluvioglaciali. Applicazione del livello 2 di approf. sismico in fase di progettazione di edifici sensibili e/o strategici.

57 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

TAV. 2b Carta della pericolosità sismica locale (periodo di oscillazione compreso tra 0,1 e 0,5)

Classe Z3b - Pericolosità H2: zona di cresta rocciosa e/o cocuzzolo – Fa (fattore di amplificazione) soglia=1,6. Fa compresa tra 1,0 e 1,1 Fa compresa tra 1,1 e 1,2 Fa compresa tra 1,2 e 1,3 Fa compresa tra 1,3 e 1,4 Classe Z4a - Pericolosità H2: zona di fondovalle con presenza di depositi alluvionali e/o fluvioglaciali. Fa (fattore di amplificazione) soglia=1,6 Fa compresa tra 1,2 e 1,4 +GF1 Prospezione sismica MASW Fa=1,0 Fattore di amplificazione calcolato-Colore ciano= verificato valore soglia della normativa per i suoli di tipo B e C presenti nel territorio comunale

58 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

TAV. 2c Carta della pericolosità sismica locale (periodo di oscillazione compreso tra 0,5 e 1,5)

Classe Z4a - Pericolosità H2: zona di fondovalle con presenza di depositi alluvionali e/o fluvioglaciali. Fa (Fattore di amplificazione) soglia=1,6 Fa compresa tra 1,0 e 1,1 +GF1 Prospezione sismica MASW Fa=1,0 Fattore di amplificazione calcolato-Colore ciano= verificato valore soglia della normativa per i suoli di tipo B e C presenti nel territorio comunale

59 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Secondo livello Il secondo livello di approfondimento consente di verificare se i valori di spettro elastico previsti dal D.M. 14 settembre 2005 sono adeguati alle tipologie di opere in progetto oppure se è necessario implementare il terzo livello di analisi per la definizione di nuovi spettri. In determinati casi è obbligatorio applicare direttamente il terzo livello di approfondimento sismico in fase di progettazione. La procedura di secondo livello consiste nella valutazione semiquantitativa della risposta sismica dei terreni in termine di fattore di amplificazione (Fa) e nel loro confronto con i valori soglia del territorio comunale forniti dalla Regione Lombardia (Tab. 9). TAB. 9: VALORI DI SOGLIA DEL COMUNE DI SCANZOROSCIATE suolo tipo A suolo tipo B-C-E suolo tipo D periodo compreso tra 0,1 – 0,5 s 1,6 2,1 2,3 periodo compreso tra 0,5 – 1,5 s 2,3 3,6 5,8 L’individuazione dei fattori di amplificazione è stata ottenuta rispettando le indicazioni contenute nell’allegato 5 della D.G.R. 8/1566 e successive integrazioni. La procedura presume la conoscenza della litologia dei materiali presenti nel sito, della stratigrafia del sito e dell’andamento delle velocità di propagazione delle onde sismiche di taglio (Vs) nel primo sottosuolo. Questi dati e l’utilizzo di schede litologiche approntate dalla Regione Lombardia consentono la stima del Fa che deve essere confrontato con i valori soglia forniti dalla Regione Lombardia.

Applicazione del secondo livello Nell’applicazione del secondo livello di approfondimento sono stati individuati due diversi ambiti, collinare e di pianura, nei quali sono state applicate le procedure previste dalla normativa regionale (differenti per i due ambiti) per calcolare i fattori di amplificazione e suddividere, in funzione dei valori ricavati, il territorio comunale. All’interno dell’ambito di pianura sono state inoltre individuate due zone in funzione della natura dei depositi e delle loro caratteristiche geotecniche ricavate dalla carta geologico-tecnica dello studio geologico del Dott. Ravagnani. Zona A: area caratterizzata da terreni alluvionali recenti e attuali e fluvioglaciali costituiti da ghiaie debolmente sabbiose e limose (raggruppati nell’unità 5 nella carta geologico tecnica). Zona B: raggruppa i depositi eluvio colluviali su substrato roccioso o ghiaiosi (unità 2 nella carta geologico tecnica) e depositi fluvioglaciali fini (unità 3 nella carta geologico tecnica) costituiti da argille e limi con poca sabbia e ghiaia. Lo sviluppo della velocità delle onde S con la profondità è stato ottenuto mediante l’esecuzione di prospezioni geofisiche di tipo MASW.

3.4.2 Considerazioni finali Le prove MASW hanno fornito fattori di amplificazione inferiori ai valori di soglia stabiliti dalla Regione Lombardia. E’ stato quindi verificato che lo spettro proposto dalla normativa vigente è adeguato per la stima dell’amplificazione reale. In entrambi gli scenari sismici di Scanzorosciate (Z3b e Z4a), dovrà essere applicato il terzo livello di approfondimento sismico per analizzare i fenomeni di amplificazione geometrica e litologica nel caso di progetti di edifici sensibili e/o rilevanti che prevedano affollamenti significativi (elenco tipologico di cui al d.d.u.o. n. 19904/03) e nel caso di costruzioni con strutture flessibili e sviluppo verticale indicativamente compreso tra i 5 e 15 piani.

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L’analisi di terzo livello dovrà prevedere un approccio quantitativo per la valutazione della pericolosità sismica locale che potrà essere svolto ricorrendo a metodologie strumentali o numeriche. Le metodologie strumentali prevedono lo sviluppo di una campagna di acquisizione dati tramite prove specifiche (nell’allegato 5 alla D.G.R. 8/1566 sono indicate a titolo esemplificativo il metodo di Nakamyre (1989) ed il metodo dei rapporti spettrali (Kanai e Tanaka, 1981)). Le metodologie numeriche consistono nella ricostruzione di un modello geometrico e meccanico dell’area di studio e nell’applicazione di codici di calcolo (monodimensionali, bidimensionali o tridimensionali) per la valutazione della risposta sismica locale. La scelta del metodo utilizzabile è a discrezione del professionista che valuterà la possibilità di integrare le due metodologie per compensare gli svantaggi dei differenti approcci. Relativamente ai soli ambiti soggetti ad amplificazione litologica, potrà essere evitata l’applicazione del terzo livello di approfondimento utilizzando lo spettro di norma caratteristico della classe di suolo superiore, seguendo il seguente schema: in sostituzione dello spettro per la classe sismica B si può utilizzare quello previsto per il suolo di classe C; nel caso in cui la soglia non fosse sufficientemente cautelativa si può utilizzare lo spettro previsto per il suolo di classe D; in sostituzione dello spettro per la classe sismica C si può utilizzare quello previsto per il suolo di classe D; in sostituzione dello spettro per la classe sismica E si può utilizzare quello previsto per il suolo di classe D.

3.5 Carta dei vincoli (TAVV. 3a e 3b) Nella Carta dei Vincoli sono rappresentate le limitazioni d’uso del territorio derivanti dalle normative in vigore di contenuto prettamente idrogeologico e/o ambientale–paesaggistico. Sono riportati: • vincoli derivanti dalla pianificazione di bacino ai sensi della L. 183/89, art. 17 comma 5 e in particolare del Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI), adottato con delibera del Comitato Istituzionale dell’Autorità di Bacino del Fiume Po n° 18/2001 del 26/04/2001 e recepita dalla Regione Lombardia nella D.G.R. 7/7365 dell’11/12/2001. Nel PAI sono indicate tre fasce fluviali, definite come al punto 1 dell’allegato 3 delle N.d.A. dello stesso Piano. fascia di deflusso della piena (fascia A) costituita dalla porzione di alveo che è sede prevalente, per la piena di riferimento, del deflusso della corrente, ovvero che è costituita dall’insieme delle forme fluviali riattivabili durante la piena; fascia di esondazione (fascia B), esterna alla precedente, costituita dalla porzione di territorio interessata da inondazione al verificarsi della piena di riferimento; area di inondazione per piena catastrofica (fascia C), costituita dalla porzione di territorio esterna alla precedente, che può essere interessata da inondazione al verificarsi di eventi di piena più gravosi di quella di riferimento. • vincoli di polizia idraulica: sul reticolo idrografico consortile (individuato in base alla L. 1/2000 e successive modificazioni) ai sensi del R.D. 523/1904, del R.D. n. 368/1904 art. 96 “Testo unico delle leggi sulle opere idrauliche” e successive disposizioni regionali in materia, e su quello minore secondo le relative direttive regionali (D.G.R. 7/7868 del 2002). Il reticolo idrico e le relative fasce di rispetto riportate così come individuate nello studio redatto dalla Società EST di ; • aree di salvaguardia delle captazioni ad uso idropotabile (pozzi e sorgenti): D.L. 152/99, D.L. 258/00 e D.G.R. 7-12693/2003; • aree comprese nei limiti del Parco Locale di Interessa Sovracomunale (PLIS) del Serio Nord (L.R. 86/83, art. 34);

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• aree di rilevanza naturale e ambientale del corso superiore del Fiume Serio (L.R. 86/83, art. 1 lett. e). • Vincolo Idrogeologico, ai sensi del R.D. 3267/1923, art. 1;

3.5.1 Fasce PAI Fascia A – fascia di deflusso della piena

Nella fascia A sono vietate ai sensi dell’art. 29 delle NdA: a. Le attività di trasformazione dello stato dei luoghi, che modifichino l’assetto morfologico, idraulico, infrastrutturale, edilizio, fatte salve le prescrizioni dei successivi articoli; b. La realizzazione di nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, l’ampliamento degli stessi impianti esistenti, nonché l’esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero dei rifiuti, così come definiti dal D.Lgs. 22/97, fatto salvo quanto previsto al punto “l” delle attività consentite; c. La realizzazione di nuovi impianti di trattamento delle acque reflue, nonché l’ampliamento degli impianti esistenti di trattamento delle acque reflue, fatto salvo quanto previsto al punto “m” delle attività consentite; d. Le coltivazioni erbacee non permanenti e arboree, fatta eccezione per gli interventi di bioingegneria forestale e gli impianti di rinaturalizzazione con specie autoctone, per un’ampiezza di almeno 10 m dal ciglio di sponda, al fine di assicurare il mantenimento o il ripristino di una fascia continua di vegetazione spontanea lungo le sponde dell’alveo inciso, avente funzione di stabilizzazione delle sponde e riduzione della velocità della corrente; e. La realizzazione di complessi ricettivi all’aperto; f. Il deposito a cielo aperto, ancorché provvisorio, di materiali di qualsiasi genere. Sono invece consentiti: a. I cambi colturali, che potranno interessare esclusivamente aree attualmente coltivate; b. Gli interventi volti alla ricostruzione degli equilibri naturali alterati e all’eliminazione, per quanto possibile, dei fattori incompatibili di interferenza antropica; c. Le occupazioni temporanee se non riducono la capacità di portata dell’alveo, realizzate in modo da non arrecare danno o da risultare di pregiudizio per la pubblica incolumità in caso di piena; d. I prelievi manuali di ciottoli, senza taglio di vegetazione, per quantitativi non superiori a 150 m3 annui; e. La realizzazione di accessi per natanti alle cave di estrazione ubicate in golena, per il trasporto all’impianto di trasformazione, purché inserite in programmi individuati nell’ambito dei Piani di settore; f. I depositi temporanei conseguenti e connessi ad attività estrattiva autorizzata ed agli impianti di trattamento del materiale estratto e presente nel luogo di produzione da realizzare secondo le modalità prescritte dal dispositivo di autorizzazione; g. Il miglioramento fondiario limitato alle infrastrutture rurali compatibili con l’assetto di fascia; h. Il deposito temporaneo a cielo aperto di materiali che per le loro caratteristiche non si identificano come rifiuti, finalizzato ad interventi di recupero ambientale comportanti il ritombamento di cave; i. il deposito temporaneo di rifiuti come definito all’art. 6, comma 1, let. M) del D.Lgs. 22/97; j. l’esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero dei rifiuti già autorizzate ai sensi del D.Lgs. 22/97 (o per le quali sia stata presentata comunicazione di inizio attività, nel rispetto delle norme tecniche e dei requisiti specificati all’art. 31 dello stesso D.Lgs. 22/97) alla data di entrata in vigore del Piano, limitatamente alla durata dell’autorizzazione stessa;

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k. l’adeguamento degli impianti esistenti di trattamento delle acque reflue alle normative vigenti, anche a mezzo di eventuali ampliamenti funzionali.

Fascia B – fascia di esondazione

Ai sensi dell’art. 30 delle N.d.A. del PAI, nella fascia B sono vietati: a. gli interventi che comportino una riduzione apprezzabile o una parzializzazione della capacità di invaso, salvo che questi interventi prevedano un pari aumento delle capacità di invaso in area idraulicamente equivalente; b. la realizzazione di nuovi impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti, l’ampliamento degli stessi impianti esistenti, nonché l’esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero dei rifiuti, così come definiti dal D.Lgs. 22/97, fatto salvo quanto previsto per le operazioni consentite descritte per la fascia A alla lettera l; c. in presenza di argini, interventi e strutture che tendano a orientare la corrente verso il rilevato e scavi o abbassamenti del piano di campagna che possano compromettere la stabilità delle fondazioni dell’argine. Sono consentiti, oltre agli interventi consentiti per la fascia A (art. 29 NdA): a. gli interventi di sistemazione idraulica quali argini o casse di espansione e ogni altra misura idraulica atta ad incidere sulle dinamiche fluviali, solo se compatibili con l’assetto di progetto dell’alveo derivante dalla limitazione della fascia; b. gli impianti di trattamento delle acque reflue, qualora sia dimostrata l’impossibilità della loro localizzazione al di fuori delle fasce, nonché gli ampliamenti e messa in sicurezza di quelli esistenti; i relativi interventi sono soggetti a parere di compatibilità dell’Autorità di bacino; c. la realizzazione di complessi ricettivi all’aperto, previo studio di compatibilità dell’intervento con lo stato di dissesto esistente; d. l’accumulo temporaneo di letame per uso agronomico e la realizzazione di contenitori per il trattamento e/o stoccaggio degli effluenti zootecnici, ferme restando le disposizioni all’art. 38 del D. Lgs. 153/99 e successive modifiche e integrazioni; e. il completamento degli esistenti impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti a tecnologia complessa, quand’esso risultasse indispensabile per il raggiungimento dell’autonomia degli ambiti territoriali ottimali così come individuati dalla pianificazione regionale e provinciale; i relativi interventi sono soggetti a parere di compatibilità dell’Autorità di bacino. Gli interventi consentiti debbono inoltre assicurare il mantenimento o il miglioramento delle condizioni di drenaggio superficiale dell’area e l’assenza di interferenze negative con il regime delle falde freatiche presenti.

Fascia C – area di inondazione per piena catastrofica

Per la Fascia C il PAI non prevede l’individuazione di attività possibili o vietate, lasciando agli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica la regolamentazione delle attività consentite e vietate (art. 31, comma 4 delle NdA del PAI). Per tale ambito è definita la seguente normativa che dovrà essere applicata a tutti i settori di ciascuna classe e/o sottoclasse di fattibilità inclusi nella perimetrazione della fascia C. La norma prevede che in fascia C gli interventi non modifichino i fenomeni idraulici naturali che possono aver luogo, né costituiscano significativo ostacolo al deflusso e/o limitino in maniera significativa la capacità d’invaso. A tal fine i progetti dovranno essere corredati da una analisi di compatibilità idraulica che documenti l’assenza delle suddette interferenze o indichi i rimedi progettuali per ovviare a tale rischio quali ad esempio sopralzi, recinzioni impermeabili ed altri accorgimenti tecnici necessari a garantire la sicurezza dei locali in caso di allagamento (altezza degli impianti elettrici dalla pavimentazione).

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3.6 Carta di sintesi (TAVV. 4a e 4b) La Carta di Sintesi è costituita da una serie di poligoni ognuno dei quali definisce una porzione di territorio caratterizzata da pericolosità omogenea per la presenza di uno o più fenomeni di rischio in atto o potenziale, o da vulnerabilità idrogeologica. La sovrapposizione di più ambiti genera poligoni misti per pericolosità determinata da più fattori. La delimitazione dei poligoni è basata su valutazioni della pericolosità e sulle aree di influenza dei fenomeni. In particolare sono state individuate: Aree pericolose dal punto di vista dell’instabilità dei versanti cr1 aree soggette a prevalente distacco di blocchi di roccia; cr2 aree soggette a prevalente transito e accumulo di blocchi di roccia; fq area di frana quiescente cnq area di conoide quiescente aei area estrattiva inattiva aree a pericolosità potenziale legata alla possibilità d’innesco di scivolamenti di coperture detritiche sl1 con tessitura fine e spessore modesto, su pendii fortemente acclivi aree a pericolosità conclamata e/o potenziale legata alla possibilità d’innesco di scivolamenti di sl2 coperture detritiche con tessitura fine su pendii mediamente acclivi aree a pericolosità potenziale legata alla possibilità d’innesco di scivolamenti di coperture detritiche sl3 con tessitura fine e spessore modesto, su pendii mediamente acclivi aree a pericolosità potenziale legata alla possibilità d’innesco di scivolamenti di coperture detritiche sl4 a tessitura mista su pendii poco acclivI versanti e/o parti di pendio da mediamente a poco acclivi formati da coperture detritiche con sl5 tessitura fine con scarsa capacità di drenaggio aree di pertinenza fluvio torrentizia le cui dinamiche sono governate dallo scorrimento di acque all’interno di solchi di ruscellamento concentrato. Le criticità sono causate dall’erosione accelerata delle sponde e possibilità di innesco di scivolamenti superficiali dei depositi sia coesivi che fl incoerenti. Sono comprese le fasce perimetrali le incisioni torrentizie lungo i versanti collinari. Appartengono a questa classe anche le aree potenzialmente interessate da flussi di detrito in corrispondenza di conoidi pedemontane al raccordo versante pianura Aree vulnerabili dal punto di vista idrogeologico vul aree ad alta vulnerabilità dell’acquifero freatico area interessata dalla presenza di centri di pericolo, area di pertinenza della Polynt S.p.A.. A seguito di indagini ambientali eseguite sulle acque di falda è stata riscontrata la presenza di inquinanti legati pln al ciclo produttivo. Nel novembre 2006 è stato redatto e consegnato agli enti il Piano di Caratterizzazione ai sensi del D.Lgs. 152/2006 area interessata dalla presenza di centri di pericolo, area di via XXV Aprile a sud dello stabilimento apr Resta Officine Meccaniche S.p.A.. Sull’area insiste materiale riportato e non è stato possibile reperire alcuna informazione circa l’attività svolta in passato Aree vulnerabili dal punto di vista idrologico aree di pertinenza dell’alveo attuale e recente del Fiume Serio comprese le Fascie A e B del PAI e la in1 zona a rischio idraulico molto elevato (R4) esterna alla fascia B di progetto aree frequentemente inondabili poste in adiacenza al Fiume Serio in classe a rischio idraulico In2 elevato (R3) esterne alla fascia B di progetto aree con moderato rischio di inondazione per tracimazione compresa la fascia C del PAI e le aree trc individuate con criteri geomorfologici adiacenti i corsi d’acqua principal

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Aree che presentano scadenti caratteristiche geotecniche aree prevalentemente ghiaioso-sabbiose con buona, discreta capacità portante. Vi sono incluse le gt1 aree del livello Fondamentale della Pianura e del terrazzo superiore del Fiume Serio aree prevalentemente argilloso-limosa, con discreta scarsa capacità portante. Sono le zone gt2 pedecollinari tra Montecchio, Monte Negrone e la Roggia Borgogna aree con consistenti disomogeneità tessiturali verticali e laterali. Sono i riporti di materiale inerte gt3 presenti in diverse zone del territorio comunale

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TAVOLA 4 a

CARTA DI SINTESI (zona ovest)

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TAVOLA 4 b

CARTA DI SINTESI (zona est)

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3.7 Carta di fattibilità geologica per le azioni di piano (TAVV. 5a e 5b)

3.7.1 Premessa I dati raccolti ed elaborati nello studio geologico ed ambientale permettono, mediante l'analisi incrociata dei vari elementi che caratterizzano l'area in esame, di suddividere il territorio in settori a magiore o minore vocazione urbanistica. Questa classificazione fornisce indicazioni generali sugli studi e le indagini necessarie in caso di modifiche alle destinazioni d’uso e sulle opere di mitigazione degli eventuali rischi, al di là di ogni considerazione di carattere economico e/o amministrativo, ma esclusivamente in funzione degli elementi emersi nel corso dell’indagine.

3.7.2 Classi di fattibilità Considerando quanto proposto dalla normativa regionale in materia di pianificazione territoriale, sono state adottate le quattro classi di fattibilità di seguito descritte. Classe 1: Fattibilità senza particolari limitazioni “In questa classe ricadono le aree per le quali gli studi non hanno individuato specifiche controindicazioni di carattere geologico all'urbanizzazione o alla modifica di destinazione d'uso delle particelle”. Classe 2: Fattibilità con modeste limitazioni “In questa classe ricadono le aree in cui sono state rilevate puntuali o ridotte condizioni limitative alla modifica delle destinazioni d'uso dei terreni, per superare le quali si rende necessario realizzare approfondimenti di carattere geologico-tecnico o idrogeologico finalizzati alla realizzazione di eventuali opere di sistemazione e bonifica, le quali non dovranno incidere negativamente sulle aree limitrofe”. Classe 3: Fattibilità con consistenti limitazioni “In questa classe ricadono le zone in cui sono state riscontrate consistenti limitazioni alla modifica delle destinazioni d'uso dei terreni per l'entità e la natura dei rischi individuati nell'area di studio o nell'immediato intorno. L’utilizzo di queste zone è pertanto subordinato alla realizzazione di supplementi di indagini che consentano di acquisire una maggiore conoscenza geologico-tecnica dell’area e del suo intorno, mediante campagne geognostiche, prove in situ e di laboratorio, nonché mediante studi tematici specifici di varia natura (idrogeologici, idraulici, ambientali, pedologici ecc.). […]. Classe 4: Fattibilità con gravi limitazioni “L’alto rischio comporta gravi limitazioni per la modifica delle destinazioni d’uso delle particelle. Dovrà essere esclusa qualsiasi nuova edificazione, se non opere tese al consolidamento o alla sistemazione idrogeologica per la messa in sicurezza dei siti. […]”. La classificazione in aree a diversa fattibilità tiene conto del numero di fattori penalizzanti e dell’importanza attribuita a ciascuno di essi, vincolando, dove necessario, ciascun intervento edificatorio ad una serie di prescrizioni che consentono di definire il grado di rischio locale.

3.7.3 La fattibilità geologica nel Comune di Scanzorosciate

Classe 2 In questa classe ricadono le zone dove sono state rilevate modeste limitazioni alla modifica delle destinazioni d’uso. In relazione alle condizioni di rischio sono state individuate tre sottoclassi. - 2° La sottoclasse 2a individua le aree localizzate nel settore occidentale del Comune di Scanzorosciate formate da terreni con discrete, buone proprietà meccaniche. L’utilizzo dei terreni ricadenti in questa sottoclasse necessita di un minimo accertamento delle proprietà meccaniche ed idrogeologiche. Tali accertamenti potranno essere realizzati mediante indagini geognostiche ad hoc oppure basarsi sulla conoscenza della situazione geologica ed idrogeologica locale derivante dall’esperienza del tecnico incaricato. È previsto infatti che nel caso di costruzioni di modesto rilievo in rapporto alla stabilità dell’insieme opera terreno, che ricadono in zone già note, la caratterizzazione geotecnica del

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sottosuolo possa essere ottenuta per mezzo della raccolta di dati e notizie sui quali possa essere basata la progettazione. - 2b La sottoclasse 2b individua le aree localizzate nel settore sud orientale del territorio comunale caratterizzate da una minore soggiacenza della falda freatica e da un primo sottosuolo formato da terreni con modeste, scadenti proprietà meccaniche. L’utilizzo dei terreni ricadenti in questa sottoclasse necessita di un minimo accertamento delle proprietà meccaniche ed idrogeologiche. Tali accertamenti potranno essere realizzati mediante indagini geognostiche ad hoc oppure basarsi sulla conoscenza della situazione geologica e idrogeologica locale derivante dall’esperienza del tecnico incaricato come già previsto per la sottoclasse 2a. Le richieste di concessione dovranno inoltre contenere un’indicazione quantitativa e qualitativa degli scarichi liquidi prodotti dal fabbricato o dal complesso di cui si richiede la costruzione e un’indicazione progettuale dei sistemi di depurazione corrispondenti e/o dei sistemi adottati per l’eliminazione dei materiali residui e la salvaguardia idrogeologica e dei relativi criteri costruttivi. - 2c In questa sottoclasse sono state inserite quelle parti del territorio di Scanzorosciate caratterizzate da una modesta acclività in quanto situate al raccordo tra i versanti e l’alta pianura. L’utilizzo di queste aree è subordinato alla realizzazione di approfondimenti geognostici necessari per la caratterizzazione puntuale dei parametri meccanici del sottosuolo, nonché della situazione idrogeologica locale e di un intorno significativo al fine al fine di procedere all’analisi di stabilità del complesso pendio opera. Tali accertamenti potranno essere realizzati mediante indagini geognostiche ad hoc oppure basarsi sulla conoscenza della situazione geologica ed idrogeologica locale derivante dall’esperienza del tecnico incaricato, come già previsto per la sottoclasse 2a.

Classe 3 In questa classe ricadono le zone dove sono state riscontrate consistenti limitazioni alla modifica delle destinazioni d’uso dei terreni per l’entità e la natura dei rischi individuati sia localmente che nelle aree immediatamente limitrofe e per il superamento delle quali potrebbero rendersi necessari interventi specifici o opere di difesa. In relazione alle condizioni di rischio riscontrate sono state individuate quattro sottoclassi. - 3a La sottoclasse 3a comprende quei versanti e/o parti di pendio mediamente acclivi formati da coperture detritiche miste e/o da materiale riportato. L’utilizzo di queste aree è subordinato alla realizzazione di approfondimenti geognostici necessari per la caratterizzazione puntuale dei parametri meccanici del sottosuolo nonché della situazione idrogeologica locale e di un intorno significativo al fine di procedere all’analisi di stabilità del complesso pendio opera. - 3b La sottoclasse 3b comprende alcune aree situate al raccordo tra i versanti e l’alta pianura e/o il fondovalle caratterizzate da un sottosuolo limoso argilloso con scarsa capacità di drenaggio dove possono manifestarsi episodi di allagamento dovuti all’esondazione dei torrenti e/o all’accumulo delle acque drenate dai rilievi circostanti. L’utilizzo di queste aree è subordinato alla realizzazione di approfondimenti geognostici necessari alla caratterizzazione puntuale dei parametri meccanici del sottosuolo, nonché della situazione idrogeologica locale compresa l’analisi del rischio di allagamento al fine di poter predisporre opportuni accorgimenti mitigatori in fase progettuale. - 3c La sottoclasse 3c comprende quei versanti e/o parti di pendio acclivi con copertura detritica di modesto spessore. Le problematiche principali alle quali bisognerà fare fronte nell’impiego di queste aree sono connesse all’apertura di fronti di scavo anche in roccia. L’utilizzo di queste aree è subordinato alla realizzazione di approfondimenti geognostici necessari per la caratterizzazione puntuale dei parametri meccanici del sottosuolo, compresi quelli dell’ammasso roccioso, nonché delle condizioni idrogeologiche del sito e di un suo intorno significativo, al fine di procedere all’analisi di stabilità del complesso pendio opera.

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- 3d La sottoclasse individua quelle porzioni del territorio nelle quali sono attive le procedure di bonifica secondo quanto definito nel D.M. 471/1999 e/o nel D.Lgs. 3 Aprile 2006, n. 152 e/o le aree che possono presentare problematiche di tipo ambientale. L’utilizzo di queste aree è subordinato alla realizzazione di un’indagine ambientale necessaria per definire la qualità delle matrici ambientali (terreni, acque sotterranee) mediante l’esecuzione di accertamenti geognostici e analisi ad hoc in applicazione del D.Lgs. 3 Aprile 2006, n. 152 “Norme in materia ambientale”. Concluso l’intervento di risanamento ambientale e certificata l’avvenuta bonifica da parte degli enti di controllo (Provincia di Bergamo e Regione Lombardia) per l’utilizzo dell’area dovranno essere realizzati approfondimenti geognostici per la caratterizzazione puntuale dei parametri meccanici del sottosuolo nonché della situazione idrogeologica locale. - 3e Nella sottoclasse 3e è inserita l’area con rischio idraulico elevato (R3) così come definito nello “Studio idraulico di un tratto del Fiume Serio ai fini della valutazione delle condizioni di rischio idraulico di un’area posta nell’abitato di Scanzorosciate perimetrata dal PAI” redatto nel settembre 2004. A questa area si applica la normativa riportata nell’art. 9 comma 6 delle norme di piano del PAI. “5. Fatto salvo quanto previsto dall’art. 3 tre del D. L. 12 ottobre 2000, n. 279, convertito il L. 11 dicembre 2000, n. 362, nelle aree Ee sono esclusivamente consentiti: gli interventi di demolizione senza ricostruzione; gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di restauro e di risanamento conservativo degli edifici, così come definiti alle lettere a), b) e c) dell’art. 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457; gli interventi volti a mitigare la vulnerabilità degli edifici e degli impianti esistenti e a migliorare la tutela della pubblica incolumità, senza aumenti di superficie e volume, senza cambiamenti di destinazione d’uso che comportino aumento del carico insediativo; gli interventi necessari per la manutenzione ordinaria e straordinaria di opere pubbliche e di interesse pubblico e di restauro e di risanamento conservativo di beni di interesse culturale, compatibili con la normativa di tutela; i cambiamenti delle destinazioni colturali, purché non interessanti una fascia di ampiezza di 4 m dal ciglio della sponda ai sensi del R.D. 523/1904; gli interventi volti alla ricostruzione degli equilibri naturali alterati e alla eliminazione, per quanto possibile, dei fattori incompatibili di interferenza antropica; le opere di difesa, di sistemazione idraulica e di monitoraggio dei fenomeni; la ristrutturazione e la realizzazione di infrastrutture lineari e a rete riferite a servizi pubblici essenziali non altrimenti localizzabili e relativi impianti, previo studio di compatibilità dell’intervento con lo stato di dissesto esistente validato dall’Autorità competente. Gli interventi dovranno comunque garantire la sicurezza delle funzioni per cui sono destinati, tenuto conto delle condizioni idrauliche presenti; l’ampliamento o la ristrutturazione degli impianti di trattamento delle acque reflue; l’esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero dei rifiuti già autorizzate ai sensi del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n.22 (o per le quali sia stata presentata comunicazione di inizio attività, nel rispetto nelle norme tecniche e dei requisiti specificati all’art. 31 dello stesso D.Lgs. 22/1997) alla data di entrata in vigore del Piano, limitatamente alla durata dell’autorizzazione stessa. Tale autorizzazione può essere rinnovata fino all’esaurimento della capacità residua derivante all’autorizzazione originaria per le discariche e fino al termine della vita tecnica per gli impianti a tecnologia complessa, previo studio di compatibilità validato dall’Autorità competente. Alla scadenza devono essere effettuata le operazioni di massa in sicurezza e ripristino del sito, così come definito all’art. 6 del suddetto decreto legislativo. 6. Nelle aree Eb, oltre agli interventi di cui al comma 5, sono consentiti:

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gli interventi di ristrutturazione edilizia, così come definiti alla lettera d) dell’art. 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457, senza aumenti di superficie e volume; gli interventi di ampliamento degli edifici esistenti per adeguamento igienico-sanitario; la realizzazione di nuovi impianti di trattamento delle acque reflue; il completamento degli esistenti impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti a tecnologia complessa, quand’esso risultasse indispensabile per il raggiungimento dell’autonomia degli ambiti territoriali ottimali così come individuati dalla pianificazione regionale e provinciale; i relativi interventi di completamento sono subordinati a uno studio di compatibilità con il presente Piano validato dall’Autorità di Bacino, anche sulla base di quanto previsto dall’art. 19 bis”. - 3f La sottoclasse 3f comprende la fascia perifluviale più esterna del Fiume Serio a basso rischio di esondazione (R2), grossomodo la fascia C del Piano stralcio per l'Assetto Idrogeologico, e le aree a rischio di allagamento adiacenti i principali corsi d’acqua. Le richieste di nuova edificazione ricadenti in queste aeree sono soggette ad una valutazione del rischio effettivo di alluvionamento/allagamento finalizzato alla predisposizione di idonei accorgimenti mitigatori già in fase progettuale ed alla realizzazione di approfondimenti geognostici per la caratterizzazione puntuale dei parametri meccanici del sottosuolo nonché della situazione idrogeologica locale.

Classe 4 In classe 4 dovrà essere esclusa qualsiasi edificazione, se non opere tese al consolidamento o alla sistemazione idrogeologica per la messa in sicurezza dei siti. Per gli edifici esistenti saranno consentite esclusivamente interventi così come definito all’art. 31 lettere a), b) e c) della 457/78. In relazione alle condizioni di rischio riscontrate sono state individuate quattro sottoclassi. - 4a La sottoclasse 4a individua le aree di pertinenza dell’alveo del Fiume Serio e comprende la fascia A del PAI e l’area a rischio idraulico molto elevato (R4) come definito nello “Studio idraulico di un tratto del Fiume Serio ai fini della valutazione delle condizioni di rischio idraulico di un’area posta nell’abitato di Scanzorosciate perimetrata dal PAI” redatto nel settembre 2004. - 4b In questa sottoclasse ricadono le aree di pertinenza torrentizia con accentuato pericolo idrogeologico dovuto all’azione erosiva delle acque incanalate, i pendii con forte acclività e le scarpate comprese quella dell’ex area di cava situata al confine con il Comune di Villa di Serio. Si ricorda inoltre negli ambiti in classe 4 potranno essere realizzate opere pubbliche che non prevedano la presenza continuativa e temporanea di persone. Tuttavia, esse andranno valutate, puntualmente e qualsiasi istanza di approvazione da parte dell’autorità comunale dovrà esser accompagnata da una relazione geologica e geotecnica che attesti la compatibilità degli interventi proposti con la situazione di rischio presente.

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4. La componente della biodiversità

4.1 Premessa

Il termine biodiversità indica una misura della varietà di specie animali e vegetali nella biosfera, risultato di lunghi e complessi processi evolutivi. La biodiversità viene in genere descritta a tre diversi livelli, che corrispondono a tre livelli di organizzazione del mondo vivente: quello dei geni, quello delle specie e quello degli ecosistemi. Il numero delle specie, definito con l'espressione “ricchezza di specie”, costituisce una delle possibili misure della biodiversità di un luogo; esso può essere anche utilizzato come termine di paragone con altre zone. La ricchezza di specie viene considerata come la misura generale di biodiversità più semplice e facile da valutare, anche se non può che rappresentare una stima approssimativa e incompleta della variabilità presente tra i viventi. Oltre alla ricchezza di specie, un'altra misura della biodiversità consiste nella stima della distanza evolutiva delle specie, cioè di quanto due determinate specie abbiano seguito differenti percorsi evolutivi. Ad una scala maggiore, la biodiversità può essere stimata in termini di distribuzione globale o continentale dei diversi ecosistemi oppure in termini di diversità di specie all'interno degli ecosistemi. Questo è probabilmente il livello di biodiversità meno precisamente definito, non esistendo un unico criterio di classificazione degli ecosistemi, habitat o comunità.

Di seguito vengono individuati i fattori che influenzano, di norma negativamente, la biodiversità; quasi tutti questi fattori possono ricondursi ad un intervento diretto o indiretto dell’uomo:

• Incremento dell’urbanizzazione, con conseguente emissione di sostanze nocive, formazione di isole di calore, crescente isolamento degli spazi vitali, disturbo determinato dalla presenza dell’uomo e dalle attività ad esso legate. • Frammentazione dei biotopi, con isolamento delle popolazioni a causa di reti viarie, aree agricole, etc. • Cambiamenti climatici, acidificazione ed eutrofizzazione, che provocano un impoverimento delle specie e la variazioni dei cicli biologici. • Introduzione di specie esotiche, che entrano in competizione con le specie autoctone, spesso soppiantandole, ed influenzando lo sviluppo dell’intero ecosistema. • Eccessiva uniformità e staticità del paesaggio, con scarsa presenza di nicchie ecologiche e di popolazioni tipiche. Al contrario, generalmente determinano un incremento positivo della biodiversità le azioni che tendono alla protezione degli habitat. Fra queste l’istituzione di aree di tutela e protezione. La superficie del comune di Scanzorosciate si estende per circa 10 km2, ovvero1000 ettari, dei quali circa 8 ha ricadono in area tutelata dal PLIS del Serio nord, e per altri 390 ha circa vi è una proposta di inserimento in un costituendo PLIS della collina (Monte Bastia). Pertanto circa il 40% del territorio potrebbe essere così sottoposto a forme di tutela ambientale. Il raccordo con altre istituzioni a Parco immediatamente adiacenti (PLIS delle Valli d’Argon) o limitrofe (Oasi di Valpredina), attraverso strategie di connessioni verdi anche a carattere intercomunale, potrebbe far raggiungere obiettivi di efficace tutela ambientale, in particolare di biodiversità, grazie alla costituzione di corridoi ecologici di una certa consistenza.

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confini comunali

4.2 Normativa di settore

Normativa comunitaria ed internazionale

Decisione della Commissione Europea 2004/69/CE del 22 dicembre 2003 – recante l’adozione dell’elenco dei Siti di Importanza Comunitaria per la regione biogeografia alpina Convenzione di Firenze (ottobre 2000) - riconosce il paesaggio come una risorsa la cui qualità e diversità vanno salvaguardate e gestite attraverso una collaborazione a livello europeo

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Direttiva 92/43/CEEdel 27 maggio 1992 (Direttiva Habitat) - relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, della flora e della fauna selvatica Convenzione di Rio de Janeiro (3-14 giugno 1992) – sulla diversità biologica Convenzione di Salisburgo (7 novembre 1991) – per la Protezione delle Alpi Direttiva 79/409/CEE del 2 aprile 1979 (Direttiva Uccelli) - per la protezione dell’avifauna selvatica, successivamente modificata dalla Direttiva 85/411/CEE e dalla Direttiva 91/244 Convenzione di Berna (1979) - sulla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa Convenzione di Bonn (1979) - sulla conservazione delle specie migratrici appartenenti alla fauna selvatica Convenzione di Barcellona (16 febbraio 1976) – per la protezione del Mar Mediterraneo dall’inquinamento. Essa prevede l’attuazione di protocolli specifici tra cui quello relativo alle aree specialmente protette ed alle azioni a favore delle specie minacciate di estinzione e della conservazione degli habitat Convenzione di Washington (3 marzo 1973) – convenzione sul commercio internazionale di specie animali e vegetali minacciate di estinzione Convenzione di Parigi (23 novembre 1972) - sulla protezione dei beni culturali e del patrimonio naturale Convenzione di Ramsar (2 febbraio 1971) - sulle zone umide di importanza internazionale, specialmente come habitat di uccelli acquatici, e relativo Protocollo di Convenzione di Parigi (1982) Convenzione di Parigi (18 ottobre 1950) – sulla protezione degli uccelli allo stato selvatico

Normativa nazionale

Decreto 25 marzo 2004 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio – elenco dei Siti di Importanza Comunitaria per la regione biogeografia mediterranea e continentale in Italia, ai sensi della Direttiva 92/43/CEE Decreto 25 marzo 2004 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio – elenco dei Siti di Importanza Comunitaria per la regione biogeografia alpina in Italia, ai sensi della Direttiva 92/43/CEE DPR 120 del 12 marzo 2003 – regolamento recante modifiche ed integrazioni al DPR n. 357 del 8 settembre 1997, concernente attuazione alla Direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche DM 3 settembre 2002 – decreto con il quale il Ministero dell’Ambiente e delle Tutela del Territorio ha dettato “Linee guida per la gestione dei siti Natura 2000” Delibera CIPE 57 del 2 agosto 2002 – strategia d’azione ambientale per lo sviluppo sostenibile in Italia Legge 353 del 21 novembre 2000 – legge quadro in materia di incendi boschivi DM 3 aprile 2000 – decreto con il quale il Ministero dell’Ambiente ha reso pubblica la lista dei proposti Siti di Importanza Comunitaria (pSIC) D.lgs 490 del 29 ottobre 1999 – testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali a norma dell’art. 1 della Legge 352/97 (abrogato e sostituito dal D.lgs. 22.01.2004 n. 42 - Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge n. 137 del 2002) Legge 403 del 14 ottobre 1999 - ratifica ed esecuzione della convenzione per la protezione delle Alpi, con allegati e processo di verbale di modifica del 6 aprile 1993, fatta a Salisburgo il 7 novembre 1991 Legge 175 del 27 maggio 1999 - ratifica ed esecuzione dell'Atto finale della Conferenza dei plenipotenziari sulla Convenzione per la protezione del Mar Mediterraneo dall'inquinamento, con relativi protocolli, tenutasi a Barcellona il 9 e 10 giugno 1995 DPCM 27 settembre 1997 - modalità di esercizio delle deroghe di cui all'art. 9 della direttiva 409/79/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici DPR 357 del 8 settembre 1997 – attuazione della Direttiva 92/43/CEE sulla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, della flora e della fauna selvatica D.lgs 143 del 4 giugno 1997 – riordino delle competenze e semplificazione delle procedure in materia di tutela dei beni ambientali e dei piani paesistici DPCM 21 marzo 1997 - modificazioni dell'elenco delle specie cacciabili di cui all'atto 18, comma 1, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 Delibera CIPE 16 marzo 1994 – approvazione delle linee strategiche per l’attuazione della Convenzione di Rio de Janeiro e per la redazione del Piano nazionale sulla biodiversità

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Legge 124 del 14 febbraio 1994 – ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla biodiversità DPCM 22 novembre 1993 - variazioni all'elenco delle specie cacciabili di alcuni volatili Legge 157 del 11 febbraio 1992 – norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio (Direttiva “Uccelli” 79/409/CEE) Legge 394 del 6 dicembre 1991 - legge quadro sulle Aree Protette DM 10 maggio 1991 – istituzione del registro delle aree protette italiane Legge 183 del 18 maggio 1989 – norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo DPR 184 del 11 febbraio 1987 - esecuzione del protocollo di emendamento della convenzione internazionale di Ramsar del 2 febbraio 1971 sulle zone umide di importanza internazionale adottato a Parigi il 3 dicembre 1982. Elenco dei siti designati dall'Italia come zone umide di importanza internazionale Legge 349 del 8 luglio 1986 – istituzione del Ministero dell’Ambiente e norme in materia di danno ambientale (art. 5) Legge 431 del 8 luglio 1985 (legge Galasso) – conversione in legge, con modificazioni, del DL n. 312 del 27 giugno 1985, recante disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale DM 15 dicembre 1984 – regolamentazione delle attività consentite nelle riserve naturali dello Stato istituite su demani comunali Legge 42 del 25 gennaio 1983 - ratifica ed esecuzione della convenzione sulla conservazione delle specie migratorie appartenenti alla fauna selvatica, adottata a Bonn il 23 giugno 1979 Legge 503 del 5 agosto 1981 - ratifica ed esecuzione della convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell'ambiente naturale in Europa, adottata a Berna il 19 settembre 1979 Legge 812 del 24 novembre 1978 - adesione alla convenzione internazionale per la protezione degli uccelli, adottata a Parigi il 18 ottobre 1950, e sua esecuzione DPR 448 del 13 marzo 1976 - esecuzione della convenzione relativa alle zone umide d'importanza internazionale, soprattutto come habitat degli uccelli acquatici, firmata a Ramsar il 2 febbraio 1971 Legge 874 del 19 dicembre 1975 - ratifica ed esecuzione della convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione, firmata a Washington il 3 marzo 1973 Legge 1497/39 e Legge 431/85 – protezione del paesaggio e definizione della pianificazione paesistica o territoriale a valenza paesistico ambientale

Normativa regionale

D.G.R. 8/3798 del 13 dicembre 2006 - modifiche ed integrazioni alle dd.gg.rr. n. 14106/04 e n. 1791/06, aggiornamento della banca dati Natura 2000 ed individuazione degli enti gestori dei nuovi SIC proposti D.G.R. 8/1791 del 25 gennaio 2006 - individuazione degli enti gestori di 40 Zone di Protezione Speciale (ZPS) e delle misure di conservazione transitorie per le ZPS e definizione della procedure per l’adozione e l’approvazione dei piani di gestione dei siti D.G.R. 7/21233 del 18 aprile 2005 - delibera con la quale vengono individuate ulteriori aree di cui proporre al Ministero dell’Ambiente la classificazione quali ZPS D.G.R. 7/20557 del febbraio 2005 – LR 12/01, art. 8, adozione documento tecnico regionale per la gestione ittica DGR 7/14106 del 8 agosto 2003 - elenco dei proposti Siti di Importanza Comunitaria ai sensi della direttiva 92/43/CEE per la Lombardia, individuazione dei soggetti gestori e modalità procedurali per l'applicazione della valutazione d'incidenza LR 12 del 30 luglio 2001 - norme per l’incremento e la tutela del patrimonio ittico e l’esercizio della pesca nelle acque della Regione Lombardia LR 11 del 28 febbraio 2000 – nuove disposizioni in materia di Aree Regionali Protette. La norma rivede tra l’altro le procedure istruttorie per l’approvazione dei Piani Territoriali di Coordinamento (PTC) dei Parchi LR 11 del 4 luglio 1998 – riordino delle competenze regionali e conferimento di funzioni in materia di agricoltura

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LR 18 del 9 giugno 1997 – riordino delle competenze e semplificazione delle procedure in materia di tutela dei beni ambientali e dei piani paesistici LR 32 del 8 novembre 1996 – integrazione e modifiche alla LR 86/83. riclassificazione del Parco Spina Verde di Como come “parco forestale” LR 26 del 16 settembre 1996 – riorganizzazione dei Consorzi di gestione delle Aree Protette LR 26 del 16 agosto 1993 – norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell’equilibrio ambientale e disciplina dell’attività venatoria LR 10 del 4 marzo 1993 – istituzione del Parco Regionale denominato “Parco Spina Verde di Como (parco di cintura metropolitana)” (riclassificato con LR 32/96) LR 86 del 30 novembre 1983 – Piano Regionale delle aree regionali protette. Norme per l’istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali, nonché delle aree di particolare rilevanza naturale ed ambientale Legge 33 del 1977 - ha determinato una serie di provvedimenti in materia di tutela ambientale ed ecologica, in particolare per la tutela della fauna minore DGR 3120 del 13 aprile 1976 – costituzione dell’oasi di protezione denominata “Torbiera di Albate” (o Palude di Albate) LR 8 del 5 aprile 1976 – legge forestale regionale. Salvaguarda i valori naturali ed ambientali del bosco, la razionale utilizzazione dei terreni, le attività economiche connesse ed il potenziamento del verde

4.3 Lo stato della vegetazione

Secondo gli studi curati dagli agronomi e forestali proprio in occasione degli studi per il nuovo PGT, per quanto attiene l’uso del suolo, possiamo osservare come la percentuale relativa alla superficie boscata sia stata stimata al 32% dell’intero territorio comunale, i prati e pascoli per il 15%, arborei, oliveti, vivai e seminativi per il 5% e la superficie vitata per l’11%. In sostanza circa il 62% dell’intero territorio del comune di Scanzorosciate è interessato da quote vegetative .

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Indicatori di biodiversità della vegetazione sono certamente le estensioni degli ambiti boscati (le superfici boscate) e degli ambiti aperti (colture specializzate, vigneti, uliveti – prati , pascoli). Non sono per nulla da trascurare comunque le presenze di fasce alberate, filari e siepi considerate zone di rifugio per molti animali. Per una conoscenza approfondita sulle caratteristiche, la valenza e la varietà del patrimonio forestale del territorio di Scanzorosciate si rinvia allo studio di settore condotto dal dott. for. Enfissi di cui ampi stralci sono riportati nel capitolo13. A seguire si riporta una delle tavole che dà un colpo d’occhio sull’estensione e varietà degli spazi boscati e aperti presenti sul territorio di Scanzorosciate e Villa di Serio indagato ai fini degli studi naturalistici e paesaggistici condotti per il PLIS del Monte Bastia.

Certamente, come riporta una delle relazioni per il PLIS del Monte Bastia 1 “i corridoi ecologici, continui o discontinui, sono aree a sviluppo lineare che si differenziano dalla matrice agricola e urbana in cui si collocano, e sono costituiti da siepi, fasce boscate, filari d’alberi, corsi d’acqua del reticolo idrografico minore e così via” . La stessa cortina vegetale lungo il tratto superiore del torrente Gavarnia ne è il classico esempio. Per quanto riguarda gli aspetti più specificatamente floristici, da tempo il settore esorobico, nella cui fascia meridionale il territorio di Scanzorosciate ricade, è stato definito lo scrigno botanico della provincia bergamasca 2 nonché una delle aree a maggior interesse floristico dell’intero arco alpino3. Le indagini e la raccolta delle segnalazioni delle presenze floristiche nel PLIS, in particolare nella valle della Serradesca, hanno condotto alla stesura di un primo elenco di circa 550 specie fra le quali di estremo interesse naturalistico, perché rare nella fascia prealpina o comunque locale, nonché protette,

1 R.Ferlinghetti-E.Marchesi “ Analisi floristico vegetazionale” in studi per il PLIS del Monte Bastia , 2008 2 Claudio Brissoni Vivere con i fiori. Introduzione alla flora alpina bergamasca e delle Prealpi Lombarde, Ferrari, 1983 3S.Pignatti Ecologia vegetale , UTET, Torino, 1994. 81 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale risultano le “Orchidaceae, le Campanulaceae le Dianthus, Daphne alcune Ranuncolaceae, Liliaceae e Amarillidaceae. Significativa è pure la presenza sui versanti asciutti del rilievo, sia nei boschi che nei prati asciutti, di specie di origine mediterranea e steppica che sottolineano le miti e sub mediterranee condizioni climatiche dell’area e la termo-xerofilia dei versanti esposti verso i quadranti meridionali.”. Questo elenco potrà essere un utile riferimento per il monitoraggio della componente ambientale della biodiversità per quanto riguarda gli aspetti floristici.

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4.4 Lo stato della fauna

Sono stati presi a riferimento gli studi relativi ai due PLIS che interessano il territorio di Scanzorosciate ovvero quelli condotti per il PLIS del Serio e quelli, non ancora ufficializzati, del PLIS del Monte Bastia. In tali studi l’analisi è condotta per habitat e, per fedeltà ai testi consultati4, la proponiamo a seguire per stralci utili ai fini della VAS. Ambienti urbanizzati I giardini storici ed i parchi pubblici sono considerati aree di rifugio, in particolare per gli uccelli, in quanto in essi non si esercita la caccia. La presenza in queste zone urbane di alberature vetuste e di manufatti umani favoriscono l’insediamento di alcune specie, che necessitano delle cavità situate nei tronchi e nei muri delle case. E’ soprattutto l’ornitofauna in grado di godere di queste particolari zone, anzi alcune specie come gli irundinidi ed i ploceidi (passera d’Italia) traggono vantaggio dai manufatti umani per insediarvisi e nidificare e si trovano esclusivamente nei centri abitati. Gli uccelli sono le specie più vistose e di maggior interesse nell’ambito urbano, mentre i mammiferi sono presenti con poche specie come analogamente i rettili e gli anfibi. L’avifauna, rispetto al contesto urbano, svolge un ruolo di indicatore ambientale, rivelandoci lo stato di salute dell’ecosistema urbano. L’avifauna nidificante presente nelle aree urbanizzate non è di particolare pregio, ed è formata da passeriformi. La presenza del fiume però arricchisce quest’area: spesso compaiono specie più vistose che sostano in prossimità degli abitati come il gabbiano comune (Larus cachinnas) o la garzetta (Egretta egretta). Tra le specie nidificanti tipiche delle aree inurbate o viventi nei parchi pubblici ricordiamo: il rondone (Apus apus), il balestruccio (Delichon urbica),il merlo (Turdus merula), la capinera (Sylvia atricapilla), la cinciallegra (Parus major), il fringuello (Fringilla coelebs), il verzellino (Serinus serinus), il verdone (Carduelis chloris), la passera d’Italia (Passer domesticus italiae) e lo storno (Sturnus vulgaris). La tortora dal collare orientale (Streptopelia deacocto) assume un significato biogeografico importante. Quest’ultima originaria delle regioni dell’Europa orientale ha progressivamente invaso la penisola italiana insediandosi principalmente in prossimità dei centri abitati. Recentemente l’area urbana di Seriate è stata colonizzata da una specie originaria delle zone montuose: la rondine montana (Ptinoprogne rupestris). Questa colonizzazione è avvenuta negli ultimi anni. E’ cominciata dapprima con lo svernamento di alcuni esemplari, poi con la nidificazione degli stessi nei centri abitati di bassa quota. Tra i mammiferi possiamo osservare oltre il topo domestico (Mus musculus), il surmolotto (Rattus norvegicus), frequente in prossimità del Serio. Sporadici i chirotteri tra cui spicca il pipistrello nano (Pipistrellus pipistrellus). Tra gli anfibi e rettili compaiono il rospo smeraldino (Bufo viridis) in prossimità di parchi in cui è presente qualche laghetto pubblico per la riproduzione. Meno esigente è la lucertola muraiola (Podarcis muralis) specie frequente in prossimità dei muri dei giardini e dei parchi, purché sufficientemente soleggiati. Questo sauro è prevalentemente insettivoro nutrendosi di mosche e ragni che cattura dopo brevi scatti.

Il merlo (Turdus merula) Il surmolotto (Rattus norvegicus) Il rospo smeraldino (Bufo viridis)

4 www.parcodelserionord.it/fauna e G. Giovine La fauna del Plis – studi per il PLIS del Monte Bastia

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I coltivi, i vigneti ed i prati stabili Le zone dei coltivi, vigneti e prati stabili costituiscono delle aree seminaturali non particolarmente adatte per la nidificazione dell’avifauna, ma necessarie per il nutrimento della medesima. Esse sono infatti adoperate come zone di caccia da parte dei rapaci sia diurni che notturni. Inoltre la presenza di graminacee attira diversi uccelli granivori che si “foraggiano” nei prati stabili o tra le colture. La presenza di mammiferi (generalmente piccoli roditori e insettivori) è limitata a poche specie, non tanto per la relativa monotonia ambientale, ma per la povertà degli ambienti limitrofi (prevalentemente urbani) e l’isolamento dovuto alla presenza di strade che fungono da barriera geografica. Specie più interessanti si trovano laddove vi sono aree di transizione con le aree boscate. I cespugli, le alberature e le siepi fungono da zone rifugio, in cui gli animali nidificano o costruiscono le proprie tane. Esse inoltre sono importanti corridoi biologici che facilitano gli spostamenti tra un ambiente adiacente e l’altro. Analizzando la fauna che frequenta tali aree bisogna dare maggiore rilievo agli uccelli che riescono ad utilizzare al meglio tali ambienti. Non mancano però anfibi e rettili. Tra gli anfibi che frequentano le aree coltivate abbiamo il rospo smeraldino (Bufo viridis) e meno frequentemente la rana verde (Rana klepton esculenta), la raganella italiana (Hyla intermedia), il rospo comune (Bufo bufo) e l’affine rospo smeraldino (Pseudepidalea viridis). Tra i rettili è presente l’orbettino (Anguis fragilis). Questo sauro (non è un serpente contrariamente a quanto si creda), vive spesso all’interno del “feltro” erboso sfruttando la sua capacità di muoversi in questo microambiente per catturare gli insetti di cui si nutre.

orbettino ramarro gufo comune

Spesso compare il biacco (Hierophis viridiflavus) che però sfrutta marginalmente questo ambiente. Relativamente comune il colubro di Esculapio (Zamenis longissimus), predatore di roditori e uccelli nidiacei, che frequenta i margini di vigneti e coltivi.. Comune è anche il ramarro occidentale (Lacerta bilineata), grosso lacertide che si nutre di insetti, gasteropodi, uova di uccelli, piccoli roditori e bacche. E' preda di serpenti, rapaci, corvidi e mustelidi. è spesso vittima delle automobili anche perché si sofferma non di rado ai lati delle strade “a prendere il sole”, attività indispensabile ai rettili per la termoregolazione. Risente inoltre negativamente della presenza eccessiva dei pesticidi in agricoltura. Questa specie è protetta in base alla Convenzione di Berna ed alla Direttiva “Habitat”. Tra i mammiferi sono presenti gli immancabili roditori come il topolino domestico (Mus musculus), il surmolottto (Rattus norvegicus) quest’ultimo presente soprattutto presso i centri abitati, le cascine con pollai e presso zone degradate, il ratto comune (Rattus rattus), più raro, e il riccio europeo occidentale (Erinaceus europaeus) che soffre abbastanza la presenza di strade, dove trovano spesso la morte e che costituiscono una barriera geografica determinandone l’isolamento genetico delle popolazioni. Si prenda come esempio l’area compresa tra il fiume Serio e Gorle: da un lato il fiume è un ostacolo per i collegamenti tra le popolazioni (a dire il vero non completamente invalicabile); dall’altro l’abitato di Gorle costituisce un limite ben più marcato. In questa situazione, mancando di collegamenti con quelle limitrofe, i ricci tendono ad incrociarsi tra consanguinei, indebolendo la specie. Anche la talpa (Talpa europaea) frequenta l’ambiente dei campi e dei prati stabili, dove forma i caratteristici monticelli di terra. L’avifauna, anche in questo ambiente, è il gruppo faunistico maggiormente rappresentato. I rapaci notturni che si possono osservare sono d’inverno il gufo comune (Asio otus) e la civetta (Athene noctua), specie stanziale che frequenta i campi e i margini di essi per catturare grossi insetti e piccoli roditori di

84 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale cui si nutre. D’estate è possibile udire il canto dell’assiolo (alauda arvensis) che nidifica all’interno dei prati stabili Tipiche di questo ambiente sono anche la cutrettola (Motacilla flava) e la ballerina bianca (Motacilla alba), uccelli insettivori dai caratteristici movimenti della coda. La rondine (Hirundo rustica) è tipica delle zone coltivate dove nidifica in prossimità delle cascine e dei manufatti umani. Il pigliamosche (Muscicapa striata) ed il saltimpalo (Saxicola torquata) sono specie caratteristiche di tale ambiente. Cacciano da posatoi dove catturano insetti al volo o sul terreno. Si unisce a queste due specie, soprattutto in prossimità di cavità e muretti, il codirosso (Phoenicuros phoenicuros), specie che si osserva anche in prossimità dei centri urbani, soprattutto nei giardini. Il merlo (Turdus merula) ovviamente è una specie quasi ubiquitaria, immancabile anche nei coltivi. Tra i fringillidi oltre il verdone (Carduelis chloris) ed il verzellino (Serinus serinus) compare una specie tipica di aree aperte e semiaperte: il cardellino (Carduelis carduelis). E’ un piccolo granivoro che, muovendosi specie in inverno in piccoli gruppi, frequenta prevalentemente le zone apriche come il fringuello (Fringilla coelebs) che, però, per nidificare preferisce i complessi forestali. Immancabili e comunissimi in queste zone sono la passera d’Italia (Passer domesticus italiae) e la passera mattugia (Passer montanus). Quest’ultima specie vive prevalentemente nelle campagne dove si muove in piccoli stormi, è granivora e si nutre di semi di piante coltivate. Lo storno (Sturnus vulgaris) è una specie comunissima che frequenta i prati stabili per nutrirsi d’insetti e di larve. Utilizza le aree urbane come zone rifugio, in cui nidifica e vive indisturbato.

Queste ultime tre specie sono spesso artefici di danni anche considerevoli ai coltivi. La cornacchia grigia (Corvus corone corone) è una specie pressoché ubiquitaria, assurta a simbolo del degrado delle campagne. In realtà è una specie opportunista che in aree degradate come il corso basso del fiume Serio, trova il suo ambiente d’elezione. Lungo il fiume sono presenti numerosi esemplari che nidificano sugli alberi più alti. La capinera (Sylvia atratricapilla) vive al margine dei boschi e le zone coltivate soprattutto dove sono presenti siepi e filari. Nelle aree più calde è segnalato l’occhiocotto (Sylvia melanocephala) piccolo silvide in espansione dall’area mediterranea. Questa specie nidifica tra i cespugli e nei vigneti nel periodo tra maggio e luglio. E’ una specie insettivora.

Il bosco Per comprendere la distribuzione faunistica all’interno del bosco, occorre prendere in considerazione la sua composizione verticale, quale elemento basilare che determina la varietà del cibo e le caratteristiche dei rifugi disponibili per gli animali. Nel bosco si possono distinguere 4 stadi vegetazionali: ¾ oltre 15 metri, esiste le strato arborescente, con rami alti e la corona fogliare dei rari castagni più vetusti.

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¾ Fra i 2 e i 15 metri osserviamo lo strato arbustivo, con i giovani alberi in fase di crescita, le matricine, gli arbusti (sambuco, nocciolo...), le liane ( vitalba, edera...) e i tronchi dei castagni e delle robinie. ¾ Fra lo 0 e i 2 metri lo strato erbaceo è formato dalle plantule degli alberi e degli arbusti, dalle graminacee, dalle piante di aspetto erbaceo e dalle felci, a cui si aggiungono, a raso terra, muschi, licheni e funghi. ¾ Lo strato sotterraneo è a sua volta suddiviso in due piani: • vicino alla superficie, occupato da radici di piante erbacee e da arbusti • maggiormente in profondità, colonizzato da radici degli alberi, come il castagno. La stratificazione vegetazionale del bosco consente il distribuirsi, anche in senso verticale, della popolazione animale, sia durante gli spostamenti, nella ricerca di cibo o di rifugio, che nella delimitazione di un dominio vitale, il settore in cui un animale o un gruppo di animali, esercitano l’insieme di tutte le loro attività, durante l’intero arco dell’anno. Il vantaggio di questa distribuzione è la riduzione della competizione fra le diverse specie di animali. Il bosco é senz’altro l’ambiente naturale maggiormente diversificato dove le specie dei vertebrati presenti sono varie e legate alle stratificazioni dell’ambiente stesso. Tra gli anfibi presenti spicca la rana di Lataste (Rana latastei) tipica delle facies più umide del bosco, la salamandra pezzata (Salamandra salamandra), il rospo comune (Bufo bufo), la raganella italiana (Hyla intermedia) e la rana agile (Rana dalmatina). I rettili che vivono nelle formazioni boschive occupano perlopiù i margini e le chiarie, talvolta penetrano nelle porzioni più centrali grazie all’attività di esbosco. I sauri che è facile osservare ai margini delle formazioni boschive sono il ramarro (Lacerta bilineata) e la lucertola muraiola (Podarcis muralis). Tra i serpenti si può osservare facilmente il biacco (Hierophis viridiflavus, ), il colubro di Esculapio o saettone (Zamenis longissimus), ofidio che preferisce i settori più ricchi di cespugli e arbusti, con condizioni di moderata umidità. La specie utilizza inoltre manufatti umani, muri di sostegno dei tornanti e delle strade; per questo motivo talvolta si rinviene schiacciato presso le principali vie di comunicazione. Le specie è in attività durante l’anno tra metà marzo e metà ottobre. La specie è inclusa nell’allegato IV della Direttiva Habitat CEE, e perciò dovrebbe essere oggetto di particolare protezione. Talvolta non è difficile imbattersi nella biscia d’acqua (Natrix natrix) serpente tipico delle zone umide. Gli adulti spesso abbandonano l’acqua per cacciare gli anfibi dentro il bosco. I giovani al contrario stazionano presso i fossi e gli stagni e si nutrono in prevalenza di girini. L’avifauna è piuttosto ricca: le condizioni climatiche favorevoli e la presenza di numerose essenze forestali favoriscono la presenza della tipica comunità ornitica dei boschi di bassa quota bergamaschi. Tra le specie nidificanti in cavità degli alberi, il rappresentante tipico della fauna forestale di questi ambiti è il picchio rosso maggiore (Picoides major). Vive in tutte le tipologie forestali e scava il suo nido dentro i tronchi degli alberi che abbiano una dimensione minima sufficiente. Si nutre d’insetti xilofagi che con la sua attività contribuisce a sterminare. Il torcicollo (Jinx torquilla) è un piccolo picchio mimetico che ricorda per dimensioni un passero domestico. Rispetto agli altri picchi non scava un nido, ma utilizza cavità naturali. E’ un migratore che giunge dall’Africa ad aprile e ritorna ad agosto. Simile al picchio rosso maggiore ma, appartenente a una famiglia diversa, è il picchio muratore (Sitta europaea). Di dimensioni nettamente inferiori al precedente non scava il nido con il becco, ma utilizza cavità che trova in natura, compresi vecchi nidi del picchio rosso. In questo ultimo caso il picchio muratore provvede a ridurre il foro d’ingresso murandolo con terra argillosa. Raro è invece il rampichino (Certhia familiaris) che costruisce il nido nelle fenditure dei tronchi o in manufatti presenti nel bosco. La famiglia dei paridi è rappresentata dalla cinciallegra (Parus major) e dalla cinciarella (Parus coeruleus): diffuse anche al di fuori degli ambiti strettamente arborei, sono entrambe specie insettivore. Tra i rapaci notturni nidificanti in cavità arboree si trova comunemente l’allocco (Strix aluco): è una specie sedentaria diffusa in tutta la bergamasca. L’alimentazione è costituita prevalentemente da piccoli roditori, grossi insetti e piccoli passeriformi. E’ evidente che il mantenimento della necromassa nel bosco favorisce la presenza di queste interessanti entità forestali, soprattutto gli alberi morti in piedi costituiscono un importante rifugio per le specie sopra citate. Laddove invece il bosco è ceduato con regolarità, la scarsità di vecchi alberi non consente purtroppo la presenza dei grossi picidi. L’attività di

86 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale questi uccelli è importante per la rete ecologica del bosco. Le cavità negli alberi, frutto della loro attività, sono siti di riparo e nidi per numerosi altri animali. Civette, upupe, piccioni, cince, codirossi, tra gli uccelli, martore, faine, scoiattoli, pipistrelli, tra i mammiferi, utilizzano le cavità abbandonate dei picchi.

Nello strato arbustivo nidifica la capinera (Sylvia atricapilla) che è una delle specie più rappresentative. E’ una specie insettivora. Il codibugnolo (Aegithalos caudatus) è un parente delle cince ed è caratterizzato da una lunga coda che lo rende facilmente riconoscibile. Comune è il merlo (Turdus merula) che si nutre al suolo rivoltando foglie e terra. Nidifica collocando il nido sui rami e si nutre di invertebrati. Sugli alberi costruisce il nido anche il fringuello specie piuttosto comune nell’area interessata. Tipico corvide di queste formazioni arboree è la ghiandaia specie che colloca il nido sulla sommità dei rami. E’ una specie sedentaria che si nutre di ghiande, semi, bacche, insetti, uova e piccoli vertebrati. E’ perciò un uccello piuttosto eclettico dal punto di vista alimentare. Tra i columbidi sono presenti il colombaccio (Columba palumbus), uccello granivoro, anche se in particolare si nutre di ghiande e bacche, e la tortora (Streptopelia turtur) migratore che giunge nei boschi del Plis tra aprile e maggio proveniente dall’Africa. Si alimenta di semi e frequenta le zone più eliofile dei boschi. Nello strato erbaceo, vicino al suolo, nidificano alcune piccole specie che frequentano anche i centri abitati durante l’inverno. Lo scricciolo (Troglodytes troglodytes) costruisce un nido arrotondato tra le radici di un albero o fra l’edera che avvolge il tronco. E’ un uccello minuscolo lungo solo 9 cm che vive nelle zone con folto sottobosco. Il nido è globoso ed è costruito con foglie secche e muschio, mentre l’interno è rivestito di piume. L’usignolo (Luscinia luscinia) vive nelle zone del bosco ricche di arbusti, e fa una sola covata annua. E’ una specie insettivora e migratrice che si sposta tra aprile e maggio. Torna nei quartieri di svernamento tra agosto e settembre. Il pettirosso (Erithacus rubecola) nidifica all’inizio della primavera con due covate annue . E’ insettivoro come il luì piccolo (Phylloscopus collybita) che nidifica a terra sopra i ciuffi di piante erbacee o tra i cespugli. Il fagiano comune (Phasianus colchicus), frutto di reintroduzioni a scopo venatorio, costruisce il nido al suolo, nascosto tra gli arbusti, ai bordi del bosco. Queste specie trovano facile cibo tra la fauna invertebrata che, particolarmente abbondante, vive tra lo spesso fogliame che cade al suolo ogni autunno e che lentamente si decompone. Ai bordi del bosco nidificano il verzellino (Serinus serinus), il verdone (Carduelis chloris) ed il cardellino (Carduelis carduelis). Dal riparo delle fronde, si spingono nei vigneti e nei campi limitrofi alla ricerca di semi. Il cuculo (Cuculus canorus), le cui abitudini riproduttive parassite si rivolgono a danno di numerose specie di passeriformi. Dal punto di vista forestale, il cuculo è importante perché è l’unico a nutrirsi delle irritanti larve della processionaria della quercia. Si segnalano le presenze di siti di nidificazione della cornacchia grigia (Corvus corone) e dello storno (Sturnus vulgaris), che svolgono la loro attività in ambiti aperti e antropici, alla ricerca di cibo. I mammiferi presenti nel bosco sono vari, a causa della stratificazione verticale del bosco. La talpa europea (Talpa europaea), ad esempio, scava gallerie sotterranee alla ricerca di lombrichi e larve di insetti nei terreni più morbidi. Il topo selvatico collo giallo (Apodemus flavicollis) e l’arvicola rossastra (Clethrionomys glareolus) costruiscono nidi al suolo o scavano tane fra le radici degli alberi. Il ghiro (Glis glis) trova rifugio invece in cavità degli alberi per poi passare l’inverno, cadendo in letargo, in buchi o nidi sotterranei. Il moscardino (Muscardinus avellanarius) costruisce il nido, una palla di erba e foglie legate fra di loro, alla biforcazione di un arbusto, a meno di due metri d’altezza, lo scoiattolo (Sciurus vulgaris), invece, intreccia ramoscelli e foglie, tra i rami, a maggior altezza. Nelle cavità degli alberi trovano rifugio pure le nottole (Nyctalus noctula), pipistrelli tipicamente forestali, che di sera si avventurano negli spazi aperti alla caccia di insetti. La faina (Martes foina) trova rifugio nelle cavità degli alberi. Animale opportunista, si nutre di arvicole, topi selvatici, scoiattoli, uova d’uccelli, ma anche di frutta, in particolare ciliege e bacche di sambuco. Si segnala inoltre, tra i mustelidi il tasso (Meles meles) specie onnivora che scava imponenti tane nel bosco. La volpe (Vulpes vulpes)

87 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale utilizza spesso i sistemi di tane adoperate dalla specie precedente. La volpe è il mammifero più eclettico della nostra regione, sia per quanto riguarda l’habitat (vive nei boschi, in città, in campagna e in montagna) sia per l’alimentazione. Si nutre di arvicole, topi, ratti, uccelli, artropodi, bacche e carogne. La presenza del capriolo (Capreolus capreolus) non è certa. Nella “Carta della recettività ambientale del capriolo” pubblicata nel libro “Gli ungulati in Provincia di Bergamo” di G. Moroni, il bosco in esame figura idoneo alla presenza di questo ungulato. Non è segnalata la presenza del cinghiale (Sus scrofa). Il nucleo originario, reintrodotto nel comprensorio del monte Torrezzo, si sta rapidamente espandendo anche in altre località. Nella “Carta della recettività ambientale del cinghiale”, pubblicata nel libro sopra citato, il bosco in esame figura idoneo anche alla presenza del cinghiale.

Gli incolti ed i ghiaieti Gli incolti ed i ghiaieti costituiscono un ambiente di estensione limitata, di cui si osservano i lembi più significativi verso il tratto di scorrimento del fiume Serio nella parte occidentale del comune di Scanzorosciate. E’ un ambiente povero di avifauna nidificante, ma non per questo motivo, di scarso interesse. Sono proprio la scarsa variabilità ambientale, unita all’aridità del luogo, che selezionano le specie ivi presenti. Sono favoriti gli animali di zone apriche che costruiscono tane nelle scarpate ed utilizzano i cespugli per nidificare. Con rapida rassegna analizziamo le specie più significative osservabili in tale ambiente. Tra gli anfibi, l’unico che riesce a colonizzare questo ambiente, riproducendosi nelle pozzanghere temporanee e nei ristagni, è il rospo smeraldino (Bufo viridis). E’ una specie opportunista che riesce ad utilizzare corpi d’acqua temporanei che si formano nei periodi piovosi. E’ un insettivoro notturno che predilige ambienti aprici come i ghiaieti, le coltivazioni e, come già descritto, l’ambiente urbano. I rettili sono ben più numerosi, utilizzando come aree rifugio le scarpate presenti sul fiume. La lucertola muraiola (Podarcis muralis) ed il ramarro (Lacerta bilineata) sono certamente le specie più comuni sulle scarpate. Sono entrambe insettivore e possono diventare preda dell’unico ofide che vive in tali ambienti: il biacco (Hierophis viridiflavus). Sono specie comuni che non rivestono nessun interesse conservazionistico o biogeografico. Una specie considerata invece prioritaria nella regione Lombardia è la natrice tassellata (Natrix tessellata). E’ un serpente dai costumi acquatici che si nutre prevalentemente di pesci che cattura nel Serio. E’ importante dal punto di vista conservazionistico ed è considerata dal Gruppo fauna della Regione Lombardia specie a priorità 11 (su un massimo di14). L’avifauna nidificante presente come già affermato è scarsa, mentre la maggior parte degli uccelli osservati sono di passo L’averla piccola (Lanius collurio) è una specie non comune che predilige gli ambienti con posatoi e vegetazione bassa (dovuta a brucatura o taglio) in cui cattura gli insetti ed i piccoli vertebrati di cui si nutre. Questa specie è considerata prioritaria dalla Regione Lombardia (priorità 8). Nei roveti e nei cespuglieti densi compare la sterpazzola (Sylvia communis). Non comune è il saltimpalo (Saxicola torquata), insettivoro che cattura le prede al volo dai posatoi. Sono presenti negli incolti anche il cardellino (Carduelis carduelis) e la passera mattugia (Passer montanus), specie comuni e non esclusive di questo ambiente. Le zone degli incolti sono inoltre adoperate anche da altre specie dell’avifauna provenienti da altri ambienti e che si spingono per motivi di ordine trofico all’interno di questo habitat particolare, come la cornacchia grigia (Corvus corone) ed il gabbiano comune (Larus ridibundus). Tra i mammiferi il più importante ed esclusivo è il coniglio selvatico (Orytolagus cuniculus). Questa specie introdotta in questo ambiente si moltiplica molto velocemente in quanto non presenta predatori in grado di contrastarlo, se si eccettua sporadicamente la volpe (Vulpes vulpes). Scava la tane all’interno delle scarpate e non è noto se l’attività di scavo finisca per indebolirle. Non ha poca importanza dal punto di vista faunistico, e si auspicano attività volte al controllo.La sua azione di animale erbivoro contribuisce al mantenimento della vegetazione entro determinati limiti, favorendo la presenza di quegli uccelli che si nutrono al suolo come l’averla. La presenza di zone di accumulo di feci influisce sulle specie vegetali, ma soprattutto sulla presenza di alcuni insetti terrestri (stercorari e simili) sia di insetti volanti che poi attirano predatori come gli irundinidi e i pigliamosche.

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Il coniglio selvatico Il rospo smeraldino

Le siepi ripariali Il microambiente delle siepi ripariali presenta un estensione ancora sufficientemente rappresentativa. Esso è importante perché costituisce un corridoio biologico di estrema importanza. Gli animali terrestri infatti l’adoperano come zona di transito per passare da un ambiente all’altro, oppure come area rifugio da cui compiere incursioni negli ambienti circostanti (fiume, campi od ambiente urbanizzato). Nel comune di Scanzorosciate ritroviamo le siepi riparali lungo il percorso del fiume Serio nella parte occidentale del comune stesso nonché in modo più diffuso anche a corredo di zone coltive, prati e pascoli. In esso trovano rifugio sia uccelli, sia piccoli mammiferi, sia rettili, spesso comuni alle zone a cui le siepi fanno da corredo. Troviamo così il ramarro (Lacerta bilineata), la lucertola muraiola (Podarcis muralis) che sfruttano questi habitat termoregolandosi ai bordi del medesimo, e trovando rifugio all’interno dello stesso. Analogo discorso vale per l’orbettino (Anguis fragilis) ed il biacco (Hierophis viridiflavus), comunque in generale più rari rispetto ai due precedenti. Tra i mammiferi sono presenti non molte specie, appartenenti generalmente all’ordine dei roditori: il surmolotto (Rattus norvegicus), l’arvicola terrestre (Arvicola terrestris), soprattutto in quelle zone che confinano con il fiume, l’arvicola campestre (Microtus arvalis) che utilizza queste aree rifugio per compiere incursioni nei campi dove si nutre di vegetali. Il riccio (Erinaceus europaeus) un insettivoro molto conosciuto che trova rifugio in queste zone, che abbandona di notte per recarsi prevalentemente verso i campi, in cui svolge l’attività trofica, il toporagno (Sorex araneus). Attratta dalla presenza di roditori è la donnola (Mustela nivalis), che vive soprattutto in quelle aree che presentano un minimo di naturalità. Molte specie di uccelli già citati per gli altri ambienti utilizzano le siepi alberate per nidificare: l’averla piccola (Lanius collurio), la capinera (Sylvia atricapilla) ed il gruppo dei fringillidi come il verdone (Carduelis chloris), il verzellino (Serinus serinus) ed il cardellino (Carduelis carduelis), il fringuello (Fringilla coelebs) la cinciallegra (Parus major), la passera mattugia (Parus montanus) ed il torcicollo (Jinx torquilla) Il codibugnolo (Aegithalos caudatus) utilizza questo ambiente solo se esistono condizioni sufficienti con cespugli densi in cui nascondere il nido. Anche il luì piccolo (Philloscopus collybita) può sfruttare l’ambiente delle siepi ripariali solo se però esistono scarse condizioni di disturbo, in quanto la specie nidifica in terra. Sono presenti e nidificanti anche la ballerina bianca (Motacilla alba). Immancabile in questi ambienti è il merlo (Turdus merula).

Fasce boscate lungo la scarpata del fiume, tra Villa di Serio Gorle, Seriate, Scanzorosciate. Le sponde del Serio, a sud del depuratore di Ranica e fino all’abitato di Gorle, presentano, a tratti, un orlo boscato. Il fiume è punto di riferimento di rotte migratorie di uccelli. In primavera e in autunno, lungo le sue fasce possono trovare riparo diverse specie di uccelli migratori. La prossimità dei coltivi, inoltre, rende queste zone, al pari delle siepi interpoderali, zone ecotonali vocate ad una particolare ricchezza biologica. Lungo la scarpata del fiume nidifica, in tane profonde 90 cm circa, il martin pescatore (Alcedo atthis). Si nutre di piccoli pesci, lunghi all’incirca 7 cm, tuffandosi da un posatoio al di sopra della corrente del fiume.

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Nascosto tra la fitta vegetazione costruisce il proprio nido l’usignolo di fiume (Cettia cetti); il minuscolo scricciolo (Troglodytes troglodytes) è attratto dagli insetti e piccoli invertebrati che popolano l’umida vegetazione delle sponde, cibo anche delle instancabili ballerina gialla (Motacilla cinerea) e ballerina bianca (Motacilla alba). È stata recentemente notata, sugli alberi che costeggiano le sponde all’altezza dei prati bassi di Gorle, la presenza di cormorani (Phalocrocorax carbo); questi uccelli sono specializzati nella pesca subacquea, hanno ali non impermeabili e sono costretti ad asciugarsi al sole di tanto in tanto. Il germano reale (Anas platyrhyinchos) è l’anatide più comune, Qui presente con esemplari d’origine domestica, che trova riparo nella vegetazione ripariale. Tra i mammiferi si riscontrano il riccio europeo occidentale (Erinaceus europaeus) e roditori indesiderati come il surmolotto (Rattus norvegicus), l’arvicola agreste (Microtus agrestis) e il topo selvatico dal collo giallo (Apodemus flavicollis). I rettili sono rappresentati dai sauri, come la lucertola muraiola (Podarcis muralis) e il ramarro (Lacerta viridis) e dagli ofidi, come il biacco (Hierophis viridiflavus) e il colubro d’Esculapio (Elaphe longissima).

} Ballerina bianca Martin pescatore

L’ittiofauna nei corsi d’acqua, in torrenti, fiumi di fondovalle e fiumi di pianura. Nella suddivisione dei corsi d’acqua in torrenti, fiumi di fondovalle e fiumi di pianura, che la stessa Provincia di Bergamo persegue negli studi condotti sulle acque del proprio territorio, il tratto del fiume Serio interessato dal PLIS rientra nella categoria dei fiumi di fondovalle. Rispetto al torrente, il fiume ha in questa zona una portata d’acqua più elevata e un andamento più dolce. La diminuzione della pendenza fa sì che la velocità della corrente e le turbolenze siano minori, consentendo l’instaurasi di un substrato di fondo più fine. Le acque sono più calde e maggiormente ricche di sostanze nutrienti. La vegetazione acquatica trova le condizioni idonee allo sviluppo e, accanto ai muschi, compaiono ranuncoli d’acqua. Grazie alla vegetazione e alla morfologia dell’alveo, il fiume si articola in ambienti diversificati, consentendo la presenza di un gran numero di organismi viventi. La fauna bentonica è costituita prevalentemente da efemerotteri, plecotteri e tricotteri. In numero ridotto compaiono coleotteri, gasteropodi, bivalvi irudinei ecc., organismi che divengono più comuni via via che la velocità della corrente si riduce. Dal punto di vista della zonazione ittica, il fiume di fondovalle è il tipico ambiente del temolo e della trota marmorata. Le sponde, in genere coperte di vegetazione arborea e arbustiva, quali salici e ontani, subiscono purtroppo quasi ovunque l’intervento antropico, con arginature artificiali e la conseguente perdita di copertura arborea autoctona. I principali fattori limitanti dello sviluppo delle popolazioni ittiche fluviali che si riscontrano in questi tratti di fiume sono dovute alle captazioni idriche, alla presenza di ostacoli alla migrazione dei pesci, all’artificializzazione dell’alveo ed all’inquinamento delle acque. Le captazioni idriche sono numerose lungo il corso superiore del Serio e sono effettuate soprattutto al fine di irrigare i coltivi dell’alta pianura bergamasca. 90 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Nell’area ricadente nel parco si trovano le derivazioni della Roggia Borgogna in territorio di Villa di Serio, della Roggia Ponte perduto in territorio di Gorle e della Roggia Vecchia a valle del ponte della statale 48 a Seriate. I principali effetti negativi delle derivazioni sono: • la diminuzione della superficie dell’alveo bagnato e della profondità dell’acqua, che comportano riduzione dello spazio disponibile per la vita degli organismi; • semplificazione dell’habitat, che porta alla perdita della diversità idraulico-morfologica dell’ambiente fluviale; • la riduzione della capacità di diluizione degli inquinanti; • la variazione di repentine della temperatura, con il rischio di raggiungere temperature critiche per gli organismi acquatici; • le variazioni anomale di portata, con il rischio per gli organismi di rimanere all’asciutto, o di essere trascinati a valle. Gli sbarramenti per la derivazione della acque e le briglie, utilizzate per limitare la velocità della corrente, costituiscono ostacoli insormontabili per i pesci che risalgono il corso d’acqua, per riprodursi o nella ricerca di zone per alimentarsi. Questi ostacoli costringono i pesci a deporre uova in zone non idonee alla schiusa, con la conseguente moria degli avannotti, e li concentra alla base dell’ostacolo, con il rischio di essere facilmente predati. L’artificializzazione dell’alveo e delle sponde, per controllare piene e ridurre l’erosione, come l’intervento effettuato nel tratto ad , determina una serie di alterazioni sull’idraulica e sulla morfologia del corso d’acqua. Il manufatto rompe la connessione tra l’ecosistema terrestre e quello acquatico, causa la perdita di filtro per gli inquinanti, non fornisce riparo ai pesci ed impedisce al fiume la sua naturale divagazione durante i periodi di piena. La qualità delle acque del fiume può essere alterata dall’immissione di sostanze inquinanti di origine civile, industriale ed agricola. Gli scarichi civili contengono sostanze organiche che, una volta in acqua, vengono degradate da batteri presenti, con consumo dell’ossigeno disciolto, che può toccare livelli di concentrazioni critici per gli organismi. Gli scarichi industriali contengono spesso sostanze tossiche che possono provocare morie di pesci. La Provincia ha messo in atto una serie di iniziative, dall’attività di ricerca e di gestione del patrimonio ittico, ad immissioni di pesci per sostenere e incrementare le popolazioni presenti nelle acque provinciali.

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4.5 Le pressioni riscontrate e i valori dei corrispondenti indicatori per la componente biodiversità

Come ricordato nei paragrafi precedenti, la biodiversità rappresenta la misura della diversità della vita nella biosfera, ovvero l’insieme degli esseri viventi che popolano il pianeta. La biodiversità è l’assicurazione sulla vita del nostro pianeta, quindi la conservazione della biodiversità deve essere perseguita senza limiti poiché essa costituisce un patrimonio universale. E’ importante cercare di tutelare tale diversità a livello di ogni ecosistema. Di seguito proponiamo una tabella che esprime le criticità relative al patrimonio della biodiversità locale. Criticità relative al patrimonio della biodiversità locale

Incremento urbanizzazione Incremento vegetazione Utilizzo di materiali edilizi e forme che favoriscono nidificazione Frammentaz. Biotopi (barriere) Protezione habitat e istituzione aree tutelate Presenza di corridoi/ tunnel di attraversamento di barriere Variazioni climatiche Protezione di specie

Inquinament aria, acqua, suolo, luminoso Costituzione corridoi ecologici

Scarsità di acqua, prelievi a fini idrici POSITIVI FATTORI FATTORI NEGATIVI Uniformità paesaggi Presenza di zone con alberi vetusti e cavità per la nidificazione Artificializzazione delle sponde dei corsi d’acqua e sbarramenti Il riccio europeo occidentale e la talpa europea sono minacciati per la presenza di strade che Mammiferi ne determinano la morte per attraversamento. Alcuni tipi necessitano per nidificare di vecchi alberi, siepi ripariali, cespugli o boschi che Uccelli tendono a diminuire. Non favoriscono la riproduzione i tagli e le potature nei periodi di nidificazione Il ramarro è vittima delle barriere viabilistiche e dei pesticidi. la natrice tassellata con scarsità Rettili di pesce tende a scomparire Insufficiente portata d’acqua, scarichi inquinanti, ridotte capacità autodepuranti, artificialità Pesci dell’alveo, povertà vegetale, temperature alte dell’acqua impediscono la sopravvivenza di molte specie; sbarramenti impediscono il successo della riproduzione, Particolare attenzione va prestata alla protezione degli anfibi quali la rana latastei, Triturus italicus e la salamandra lanzai. Numerose specie corrono il pericolo di estinguersi a livello locale perché le alterazioni ambientali, l’inquinamento, le distruzioni ambientali Anfibi contribuiscono a ridurre il numero delle specie, la loro consistenza numerica e la variabilità genetica. L’investimento stradale è un fattore di estinzione delle popolazioni di anfibi, soprattutto

FAUNA MINACCIATA quelle migranti. Decolorazione e defogliazione delle piante, prodotte dall’insetto Corythuca ciliata. Sintomi di degrado a causa delle piogge acide (specie per le conifere) e degli alti livelli di concentrazione di ozono. Tutte le piante Sintomi di degrado a causa dell’impoverimento di Sali minerali e di sostanze organiche dei suoli e dell’humus. FLORA MINACCIATA

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INDICATORI Per la descrizione della componente relativa alla biodiversità, possono essere utilizzati come indicatori di stato: • estensione superficie forestale • estensione ambiti aperti (superfici viti-vinicole, uliveti, prati, pascoli) (tramite monitoraggio componente agricoltura) • estensione verde pubblico urbano • numero di specie floristiche e faunistiche presenti Ai fini di monitorare gli effetti derivanti dal recepimento del Pgt comunale, appare comunque perseguibile la rilevazione periodica dei seguenti : • Superfici viti-vinicole (tramite parametri relativi al monitoraggio agricoltura) • Superfici aree verdi pubbliche Per quanto attiene allo schema di monitoraggio, si rimandano al capitolo conclusivo gli obiettivi, le misurazioni da effettuare, i tempi previsti e le eventuali misure da intraprendere.

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5 La componente delle radiazioni: radon, luminose e ionizzanti

5.1 Il gas radon: premesse

5.1.1 Lo stato naturale del radon Il Radon è un gas radioattivo, incolore ed estremamente volatile, prodotto dal decadimento di tre nuclidi capostipiti, il Thorio 232, l'Uranio 235 e l'Uranio 238, che danno luogo a tre diverse famiglie radioattive; la sua disintegrazione, a sua volta, dà luogo ad altri elementi radioattivi ed infine al piombo, non radioattivo. Parecchi suoli contengono naturalmente quantità variabili di uranio, che regola la quantità di radon rilasciata. Il radon si diffonde attraverso i pori e le spaccature del suolo, trasportato dall'aria o dall'acqua, nella quale è solubile. Dato un certo contenuto di radon nel suolo, la quantità di gas rilasciata varia in dipendenza della permeabilità del suolo (densità, porosità, granulometria), del suo stato (secco, impregnato d'acqua, gelato o coperto di neve) e dalle condizioni meteorologiche (temperature del suolo e dell'aria, pressione barometrica, velocità e direzione del vento). Inoltre, la concentrazione di radon decresce rapidamente con l'altitudine. L'acqua sotterranea, i gas naturali, il carbone e gli oceani sono altre fonti minori di radiazioni. Il fattore che più influenza il rilascio di radon è la geologia; è più facile che contengano radon i terreni granitici e vulcanici, in particolare lave, tufi, pozzolane e alcuni graniti, così come le argille contenenti alluminio, ma spesso si riscontrano elevati tenori di radionuclidi anche in rocce sedimentarie come marne, flysch, etc. La maggior parte del radon presente in una casa proviene dal suolo sul quale essa è costruita. Se il basamento ha un pavimento di fango, il radon può penetrare facilmente. Se il pavimento è di cemento, il radon penetra attraverso le spaccature che si formano con il tempo, lungo le tubature o attraverso le giunture tra i muri. Il radon può anche provenire, in misura minore, dai muri, se essi sono stati edificati utilizzando materiali radioattivi (ad esempio tufi vulcanici) o dai rubinetti, se l'acqua contiene del radon disciolto. Nella successiva tabella sono sintetizzate le caratteristiche geologiche e dei suoli che contribuiscono alla potenziale presenza di radon. Tab. 6.1 – Fattori che contribuiscono alla potenziale presenza di radon nelle abitazioni.

1. Clasti di litotipi ricchi di Uranio e Thorio nei suoli

2. Elevata permeabilità dei suoli

3. Suoli ben drenati o asciutti per lunghi periodi dell'anno

4. Presenza di profonde fratture di trazione nei mesi estivi

5. Collocazione di pendio o versante

6. Sottili coltri di copertura sulle rocce superficiali

7. Basamento roccioso fratturato

8. Basamento roccioso ricco di cavità

9. Elevati livelli di Radon in abitazioni vicine

10. Basamento roccioso costituito da rocce ignee

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In spazi aperti il radon è diluito dalle correnti d'aria e raggiunge solo basse concentrazioni; in ambienti chiusi, al contrario, può accumularsi e raggiungere alte concentrazioni (la pressione all'interno di una casa, infatti, è leggermente più bassa che all'esterno, quindi l'aria interna tende a stagnare piuttosto che a rinnovarsi). Dunque, per una data conformazione geologica ed indipendentemente dal tempo, la concentrazione finale di radon in una casa dipende dal tipo di costruzione e, in larga misura, anche dalla sua ventilazione, sia passiva che attiva. Il ruolo ricoperto dalle condizioni meteorologiche (vento, pressione barometrica, umidità), infine, spiega le variazioni stagionali della concentrazione di radon in una casa, oltre che le differenze tra i livelli diurni e notturni.

5.1.2 I rischi prodotti dall’esposizione al radon Alcuni studi nell'ultimo decennio hanno dimostrato che l'inalazione di radon ad alte concentrazioni aumenta notevolmente il rischio di tumore polmonare. Infatti i prodotti del decadimento, derivati del Radon, sono in prevalenza Po218, Pb214, Bi214; legandosi con i pulviscolo o liberi vengono inalati e di conseguenza le superfici dell’apparato respiratorio vengono irraggiate. I fumatori sono maggiormente esposti ai rischi da Radon in quanto l’emoglobina responsabile del trasporto dell’ossigeno nel sangue è percentualmente meno “disponibile” e il particolato aspirato durante il fumo si lega con le particelle attive ed irradia i polmoni in misura significativa; creando danni biologici maggiori. Infatti, studi sugli effetti combinati dell'esposizione al radon e al fumo delle sigarette hanno mostrato che l'effetto totale di tali esposizioni è molto maggiore della somma dei due effetti, ovvero il fumo aumenta considerevolmente il rischio di tumore ai polmoni correlato al radon, e viceversa. Il radon e’ la seconda causa, in ordine di importanza dopo il fumo, del cancro ai polmoni. Si stima che il radon sia la causa di morte per oltre 20.000 persone ogni anno nella sola Unione Europea ed oltre 3.000 in Italia. In Francia, dove la concentrazione media di radon è a un livello intermedio rispetto agli altri paesi europei, si stima che tra 1.000 e 6.000 decessi ogni anno, pari al 10% dei decessi per cancro ai polmoni, sia dovuto al radon. Anche le autorità britanniche stimano che nel Regno Unito ogni anno circa 2.000 decessi per cancro ai polmoni siano dovuti al radon.

5.1.3 La normativa di settore In Italia non esiste ancora una normativa per quanto riguarda il limite massimo di concentrazione di radon all'interno delle abitazioni private. Si possono tuttavia assumere come riferimento i valori raccomandati dalla Comunità Europea, pari a 200 Bq/m3 (Becquerel su metro cubo) per le nuove abitazioni e 400 Bq/m3 per quelle già esistenti. Esiste invece una normativa per gli ambienti di lavoro (Decreto legislativo n. 241 del 26/05/2000), che impone di individuare le attività lavorative a rischio radon e di eseguire i relativi controlli, e fissa dei limiti per gli ambienti di lavoro. Il limite d’azione è fissato in 500 Bq/m3 di valore medio annuo. Per le scuole non vi sono indicazioni, ma si ritiene per il momento di poter assimilare una scuola ad un ambiente di lavoro. Per quanto riguarda l’acqua potabile la Raccomandazione 2001/928/Euratom suggerisce che le acque destinate a consumi umani siano caratterizzate preferibilmente da concentrazioni minori di 100 Bq/litro e che non superino i 1.000 Bq/litro.

Normativa comunitaria ed internazionale Raccomandazione 2001/928/Euratom del 20 dicembre 2001 - raccomandazione sulla tutela della popolazione contro l'esposizione al radon nell’acqua potabile Raccomandazione 90/143/Euratom del 21 febbraio 1990 – raccomandazione sulla tutela della popolazione contro l'esposizione al radon in ambienti chiusi

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Direttiva del Consiglio 89/106/CEE del 21 Dicembre 1988 - norma quadro per la regolamentazione dell'impiego dei materiali edilizi permanentemente incorporati in opere di costruzione.

Normativa nazionale D.lgs. 241 del 26 maggio 2000 - attuazione della direttiva 96/29/EURATOM in materia di protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti

5.1.4 Tecniche di misura Poichè il radon è un gas incolore ed inodore, i suoi effetti non sono direttamente avvertibili dai sensi dell'uomo, mentre alcuni animali ne sentono gli effetti indesiderati e si allontanano naturalmente da quei luoghi. Il monitoraggio del radon in ambienti confinati o esterni si effettua principalmente con l’ausilio di due tipi di dispositivi, i rilevatori passivi e quelli attivi.

Rivelatori Passivi Sono dispositivi che non necessitano di alimentazione elettrica; dopo un tempo di permanenza, la cui durata dipende dal tipo di rivelatore, vengono rimossi e soggetti in laboratorio a procedure di tipo chimico-fisico per la determinazione della concentrazione media nel periodo di integrazione. Le tecniche di tipo passivo maggiormente impiegate nella misura della concentrazione di radon indoor sono le seguenti: 1. Rivelazione delle tracce alfa 2. Adsorbimento su canestri a carboni attivi 3. Rivelazione di carica elettrica mediante elettrete Il rivelatore "a tracce" è costituto da un foglio di materiale organico speciale che interagisce con le emissioni alfa del radon e della sua progenie, riportando tracce sufficientemente profonde sulla propria superficie. Terminata l'esposizione, il rivelatore viene rimosso dall'apposito contenitore e trattato chimicamente per evidenziare le tracce lasciate dalle particelle alfa, che vengono quindi contate con metodi ottici o elettrici. Dalla conoscenza del numero di tracce, del tempo di esposizione e del fattore di calibrazione del sistema si determina la concentrazione media di radon durante l'esposizione del rivelatore. La risposta di un rivelatore a tracce è indipendente dalle particolari condizioni ambientali e non richiede, come in altri casi, l'analisi spettrometrica dei discendenti del radon. I tempi di esposizione possono essere da brevi a lunghi, per cui tale tecnica ben si presta alla determinazione di concentrazione media annuale. Il canestro a carbone attivo è generalmente una scatola metallica cilindrica contenente i carboni attivi che adsorbono il radon presente nell'aria. Dopo un tempo di esposizione, dell'ordine di qualche giorno, i canestri subiscono un'analisi di spettrometria gamma tramite rivelatore a scintillazione, tipicamente a cristalli di ioduro di sodio. Dai risultati dell'analisi spettrale e dalla conoscenza del tempo di esposizione e del fattore di calibrazione si ricava la concentrazione relativa al periodo di esposizione. La tecnica dei carboni attivi è adatta a misure di concentrazioni anche inferiori ai 20 Bq/m3 e richiede pochi giorni per la sua realizzazione, ma può essere applicata anche per determinare la concentrazione media annuale eseguendo una misura ogni 3 mesi. Il limite principale consiste nella forte dipendenza dalle condizioni ambientali di temperatura e umidità. L'elettrete è un disco di Teflon che mantiene un potenziale elettrostatico stabile. Quando è posto in una camera contenente un certo volume di aria, raccoglie gli ioni prodotti dalle emissioni del radon e dei suoi discendenti, per cui il suo potenziale si riduce in modo proporzionale all'attività presente nella camera. Misurando con un voltmetro la perdita di potenziale durante un certo intervallo di tempo e utilizzando appropriati fattori di calibrazione si determina la concentrazione media di radon nella camera e quindi nell'ambiente. I principali limiti dell'elettrete sono che il potenziale elettrostatico del disco di Telfon risente dei campi elettromagnetici locali e che la discriminazione della radiazione alfa da quella gamma richiede una

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particolare procedura. Alcuni protocolli richiedono quindi due dosimetri per ogni ambiente di cui uno chiuso per la valutazione del contributo gamma e l'altro aperto per la somma dei contributi.

Rivelatori Attivi Sono costituiti da strumenti dotati di un particolare sensore Geiger sensibile prevalentemente alla radiazione alfa. I risultati sono più attendibili ma il costo per l'analisi è più elevato. Vanno usati per determinazioni accurate in genere laddove i rivelatori passivi hanno determinato concentrazioni preoccupanti di radon. Esistono analizzatori che individuano, sulla base delle energie rilasciate durante il processo di decadimento, la presenza dei prodotti figli come ad esempio il CRM 41-027.

5.2 Analisi della situazione in Lombardia, a Bergamo e a Scanzorosciate

La Regione Lombardia ha effettuato, nel corso del 2004, una campagna di misura del gas radon in tutto il suo territorio, al fine di individuare, ai sensi del Decreto Legislativo 241/00, le radon prone areas, ovvero le aree ad elevata probabilità di alte concentrazioni di radon.1 Sono stati assunti come punti di misura i locali posti al piano terreno, adibiti ad abitazioni o ad ufficio pubblico, collocati in edifici costruiti o ristrutturati dopo il 1970, preferibilmente con cantina o vespaio sottostante, e caratterizzati da volumetrie non superiori a 300 m3. Il territorio regionale è stato suddiviso secondo una griglia a maglie di dimensione variabile in funzione delle caratteristiche geologiche e morfologiche del suolo, ovvero maglie più fitte nella zona alpina e prealpina, nella quale ci si aspetta di avere concentrazioni di radon più elevate o comunque caratterizzate da una maggiore variabilità spaziale, e maglie meno fitte laddove si presume di avere concentrazioni di radon basse o comunque relativamente uniformi, come nella zona della Pianura Padana. In ciascuna maglia sono quindi stati individuati da 5 a 10 punti di misura rispondenti alle caratteristiche stabilite.

Piano di mappatura per la determinazione delle radon prone areas

1 D. De Bartolo, A. Alberici, R. Gallini, T. Maggioni, S. Arrigoni, P. Cazzaniga, A. Cugini, F. Olivieri, M. Romanelli, G. Gallinari, Piano di monitoraggio per l’individuazione delle radon prone areas nella Regione Lombardia, settembre 2005

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In totale i punti di misura in Lombardia sono stati circa 3.600, ripartiti nelle diverse province, a cui ne sono stati aggiunti circa 350 delle misure pregresse (effettuate tra il 1989 ed il 1991) aventi caratteristiche omogenee a quelle identificate per la campagna attuale. Le misure hanno avuto durata annuale e sono state effettuate attraverso l’impiego di dosimetri passivi, che sono stati posizionati per due semestri consecutivi a partire da ottobre 2003. Nella successiva tabella vengono ricapitolati i risultati della campagna di misura annuale.

Risultati campagna di monitoraggio effettuata da Regione Lombardia: distribuzione percentuale valori di concentrazione media annuale nelle diverse province

% MISURE < % MISURE % MISURE % MISURE > N. PUNTI PROVINCIA 200 Bq/m3 200÷400 Bq/m3 400÷800 Bq/m3 800 Bq/m3 INDAGATI BERGAMO 75,1 15,8 6,6 1,6 594 (di cui a 100 0 0 0 3 SCANZOROSCIATE) BRESCIA 82,8 11,7 4,3 0,5 809 COMO 87,9 10,6 1,1 0,0 264 CREMONA 100,0 0,0 0,0 0,0 150 LECCO 82,2 11,5 3,8 1,4 287 LODI 100,0 0,0 0,0 0,0 87 MILANO 93,3 6,3 0,4 0,0 255 MANTOVA 98,7 1,3 0,0 0,0 150 PAVIA 98,2 1,8 0,0 0,0 340 SONDRIO 70,6 20,7 7,3 1,4 425 VARESE 79,2 14,5 5,2 0,3 289 TOT. LOMBARDIA 84,5 11,1 3,7 0,6 3650

100%

90%

80%

70%

60%

50%

40%

30%

20% % PUNTI CON VALORI > 800 Bq/m3 % PUNTI CON VALORI 400÷800 Bq/m3 10% % PUNTI CON VALORI 200÷400 Bq/m3 % PUNTI CON VALORI < 200 Bq/m3 0% BG BS CO CR LC LO MI MN PV SO VA

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I risultati hanno confermato lo stretto legame tra la presenza di radon e le caratteristiche geologiche del territorio, mostrando valori più elevati di concentrazioni di radon indoor, dopo Sondrio, proprio in provincia di Bergamo. In particolare nell’84,5% dei locali indagati nell’intera regione i valori sono risultati inferiori a 200 Bq/m3, mentre nel 4,3% dei casi superiori a 400 Bq/m3, con punte superiori a 800 Bq/m3 solo nello 0,6 % dei casi. Il monitoraggio condotto in questa campagna a Scanzorosciate è stato soli su tre edifici: scuola media (148 Bq/m3) casa di riposo a Scanzo (26 Bq/m3 ) residenza privata a Gavarno (99 Bq/m3).

Secondo le linee guida dell’ASL è possibile, in base alla percentuale di abitazioni del campione esaminato con misure sopra i 200 o i 400 Bq/m3, definire una zona a rischio di presenza di radon basso, intermedio o alto secondo la seguente tabella:

% MISURE % MISURE RISCHIO 200÷400 Bq/m3 > 400 Bq/m3 Basso 1,1 ÷ 10 1,1 Intermedio 10 ÷ 30 1,1 ÷ 10 Alto >30 > 10

Dai risultati di un’indagine sulla concentrazione di radon in 40 abitazioni dell’USSL 30 (condotte nel 1990/91 con dosimetri passivi) è inoltre emerso che la media di concentrazione è stata di 139 Bq/m3 e che in particolare le percentuali delle soglie di attenzione erano così distribuite: in 3 casi (pari al 7,5%) i valori erano compresi tra 200 e 400 Bq/m3 in 2 casi (pari al 5%) i valori erano superiori a 400 Bq/m3 portando a considerare quindi il territorio di Scanzorosciate a rischio intermedio.

Queste considerazioni dovranno essere tenute presenti per determinare le azioni da intraprendere per ridurre il suddetto rischio.

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5.3 Le sorgenti luminose: premesse In generale, per inquinamento luminoso si intende ogni forma di irradiazione di luce artificiale che si disperda al di fuori delle aree a cui essa è funzionalmente dedicata, in particolar modo quando l’irradiazione è orientata al di sopra della linea dell’orizzonte. Da studi effettuati in tutto il mondo da Astronomi e Astrofili, inizialmente negli Stati Uniti dall'International Dark Sky Association, è emerso che una frazione rilevante dell'energia elettrica impiegata per il funzionamento degli impianti di illuminazione esterna (almeno il 30-35%) viene utilizzata per illuminare direttamente il cielo2.

Panorama notturno di Bergamo bassa. Panorama notturno di Città alta e colli

I riflettori simmetrici di questa torre faro inviano quasi il 50% della L'utilizzo di fari asimmetrici permette di costruire torri faro, anche luce verso il cielo, risultando oltretutto pericolosamente abbaglianti. Si di notevoli dimensioni, totalmente schermate. Nella foto di destra si sarebbero dovuti montare riflettori asimmetrici con vetro piano è avuto l'accortezza di limitare (laddove non serviva) il flusso orizzontale.(D. Bonata) luminoso con degli schermi applicati sul riflettore. (D. Bonata)

Le problematiche connesse al fenomeno luminoso sono numerose, e comprendono diversi ambiti: a) Ecologico, con alterazioni nella vita della fauna selvatica, soprattutto per le molte specie legate a movimenti migratori, che stanno riportando danni gravissimi, mancando talvolta la possibilità di percepire punti di riferimento di notte. L'illuminazione notturna ha effetti negativi anche sulla flora; in presenza di luce, infatti, la pianta continua a svolgere la fotosintesi, senza rispettare la naturale alternanza tra giorno e notte. b) Psicologico, per le ripercussioni di tipo metabolico e psichico negli esseri umani, in quanto la troppa luce o la sua diffusione in ore notturne, destinate di norma al riposo, può provocare disturbi o insonnia.

2 Cfr. www.astrofilitrentini.it

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c) Energetico, poiché la luce emessa verso il cielo rappresenta energia dispersa che incide significativamente sulle risorse economiche delle amministrazioni e sulle risorse energetiche disponibili. Una razionalizzazione degli impianti di illuminazione, una scelta ottimale del tipo di lampade (ad alta efficienza e a basso consumo), la schermatura delle lampade e l'illuminazione a raso producono un notevole risparmio energetico, oltre al miglioramento progressivo della qualità del cielo. d) Scientifico, in quanto l’inquinamento luminoso danneggia il lavoro di molti istituti scientifici, come osservatori astronomici e astrofisici. e) Artistico, poiché l'inondazione di luce verso i monumenti spesso ne danneggia l'immagine ed impedisce di ammirarne pienamente la bellezza.

Immagine da satellite dello stato di illuminazione in Italia ed Europa L'inquinamento luminoso in Italia nel tempo (1971, 1998 e previsioni per il 2025)3

Al nero corrisponde una luminanza artificiale inferiore al 5% di quella naturale, al blu tra il 6% e il 15%, al verde scuro tra il 16 e il 35%, al verde chiaro tra il 36 e il 110% e al giallo 1.1-3 volte, all'arancio 3-10 volte, al rosso 10-30 volte, al magenta 30-100 volte e al bianco oltre 100 volte i livelli di luminanza naturali

3 Per gentile concessione di: Cinzano, P. 2000, Disentangling artificial sky brightness from single sources in diffusely urbanized areas, in Measuring and modelling light pollution, ed. P. Cinzano, Mem. Soc. Astron. It., p.113, .

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5.3.1 La normativa di settore In mancanza di una normativa nazionale, la Regione Lombardia ha emanato norme proprie, con finalità generali di lotta all’inquinamento luminoso e di risparmio energetico. In particolare, la normativa si propone di tutelare l’attività di ricerca scientifica e divulgativa svolta dagli osservatori astronomici, nonché di conservare gli equilibri ecologici sia all’interno, sia all’esterno delle aree naturali protette.

Normativa regionale LR 17 del 27 marzo 2000 “Misure urgenti in tema di risparmio energetico ad uso di illuminazione esterna e di lotta all’inquinamento luminoso” D.G.R.L. n.7/ 2611 del 11 Dicembre 2000: "Aggiornamento dell'elenco degli osservatori astronomici in Lombardia e determinazione delle relative fasce di rispetto" D.G.R. 7/6162 del 20 settembre 2001 - criteri di applicazione della L.R. n.17 del 27/03/01 L.R. 38 del 21 dicembre 2004 - modifiche e integrazioni alla L.R. 27 marzo 2000, n. 17 ed ulteriori disposizioni L.R. 19/05: (all’art.2 comma 3) “Modifiche ed integrazione della LR 17/00” L.R. 05/07: (all’art.6) “Modifiche ed integrazioni alla LR 17/00” D.D.G. n. 8950 del 3 agosto 2007:”L.r. 17/00 - Linee guida per i piani comunali dell'illuminazione “

Dalla data di entrata in vigore della Legge Regionale 17/2000, tutti i nuovi impianti di illuminazione esterna - pubblici e privati - sull'intero territorio regionale lombardo devono essere realizzati secondo i criteri di antinquinamento luminoso e di ridotto consumo energetico indicati dalla legge. Ad esempio sono soggetti alla legge gli impianti di illuminazione stradale, dei parcheggi e dei campi sportivi, dei monumenti, degli edifici e delle chiese, le insegne commerciali, i cartelloni pubblicitari e l'illuminazione esterna dei condomini o delle abitazioni private.

Al fine di garantire la corretta applicazione della legge tutti i nuovi impianti devono essere preventivamente autorizzati dal Comune, ad eccezione di alcune particolari tipologie per le quali è concessa la deroga ai requisiti di antinquinamento luminoso e di ridotto consumo energetico. La L.R. 17/2000 vieta i fasci luminosi verso il cielo e prevede specifiche disposizioni per le insegne pubblicitarie, gli impianti sportivi, i monumenti, le torri faro etc.

Per gli impianti esistenti, le disposizioni sono diverse a seconda dell'ubicazione. All'esterno delle fasce di rispetto degli osservatori astronomici devono modificare, ove possibile, l'inclinazione degli apparecchi entro il 31 dicembre 2008 solo gli impianti di competenza delle amministrazioni comunali e provinciali, ad esempio l'illuminazione stradale. All'interno delle fasce di rispetto e nelle aree protette, invece, tutti gli impianti esistenti devono essere adeguati a norma di legge entro il 31 dicembre 2009.

5.3.2 Le fasce di rispetto degli osservatori astronomici e la situazione di Scanzorosciate In base alla D.G.R.L. n.7/ 2611 del 11 Dicembre 2000, il Comune di Scanzorosciate rientra nella fascia di rispetto di due osservatori astronomici: uno situato ad e uno in provincia Lecco a Merate.

Le fasce di rispetto previste dalla normativa, classificate in base alle diverse categorie di osservatori ed intese come raggio di distanza dall'osservatorio considerato, sono le seguenti: • non meno di 25 chilometri per gli osservatori di rilevanza nazionale quale quello di Merate; • non meno di 15 chilometri per gli osservatori di rilevanza regionale; • non meno di 10 chilometri per gli osservatori di rilevanza provinciale quale quello di Aviatico.

102 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Ne consegue che quasi tutto il territorio comunale di Scanzorosciate rientra nella fascia sottoposta a vincolo di protezione dall’inquinamento luminoso.

Scanzorosciate

La fascia di rispetto dell’Osservatorio di Merate (LC) è di 25 km e interessa la zona ovest del territorio comunale di Scanzorosciate. L’osservatorio di Aviatico definisce una fascia di rispetto di 10 km. Interessando la zona nord est

Quindi il comune di Scanzorosciate è tenuto all’applicazione di criteri più restrittivi di riduzione dell’inquinamento luminoso e dei consumi energetici previsti a tutela delle attività degli osservatorii astronomici, ed è obbligato alla predisposizione del Piano di Illuminazione Pubblica. Tale strumento prescrive, tra gli altri, il miglioramento delle caratteristiche costruttive e dell’efficienza degli apparecchi, l’impiego di lampade ad elevate prestazioni illuminotecniche e l’introduzione di accorgimenti antiabbagliamento che riducono l’affaticamento visivo. Attualmente il Comune di Scanzorosciate non si è ancora dotato del Piano di Illuminazione Pubblica.

103 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

5.4 Gli impianti produttori di campi elettromagnetici: premessa Nell’ambito delle radiazioni elettromagnetiche è necessario distinguere tra radiazioni ionizzanti, caratterizzate da onde di frequenza superiore a 300 milioni di Hertz, in grado di interagire con la materia provocando la ionizzazione degli atomi e delle molecole della stessa e quindi danno ai tessuti viventi, e radiazioni non ionizzanti, di frequenza inferiore, responsabili del fenomeno dell’inquinamento elettromagnetico. In questa sede verranno analizzate solamente le radiazioni non ionizzanti.

Nell’ambito delle radiazioni non ionizzanti si fa una distinzione tra: • Campi a bassa frequenza (0-3 kHz), denominati ELF, Extremely Low Frequency, generati dagli elettrodotti, ovvero la rete per il trasporto e la distribuzione dell’energia elettrica, dalle cabine di trasformazione, e da tutti gli apparecchi alimentati da corrente elettrica. • Campi ad alta frequenza (100 kHz – 300 gHz), ulteriormente distinti in Radiofrequenze (RF) e Microonde, generati dagli impianti di trasmissione radiotelevisiva e per la telecomunicazione.

I rischi sanitari connessi all’esposizione a campi elettromagnetici sono tuttora oggetto di studio; nel caso dei campi a bassa frequenza, tuttavia, si ha evidenza di una possibile correlazione tra esposizioni prolungate e insorgenza di talune forme neoplastiche, quali le leucemie infantili; nel caso dei campi ad alte frequenze, invece, non si hanno riscontri sufficientemente significativi che consentano di avvalorare o smentire questa ipotesi. La normativa stabilisce i limiti di esposizione per entrambe le casistiche; nel primo caso si tratta di misure cautelative volte a contenere i possibili effetti a lungo termine, mentre nel secondo si tratta di una misura conseguente all’assenza di riscontri epidemologici negativi certi.

5.4.1 La normativa di settore Normativa nazionale DM 16 gennaio 1991 – aggiornamento delle norme tecniche per la disciplina della costruzione e dell’esercizio di linee elettriche esterne DPCM 23 aprile 1992 - limiti massimi di esposizione ai campi elettrico e magnetico generati alla frequenza industriale nominale (50 Hz) negli ambienti abitativi e nell'ambiente esterno DPCM 28 settembre 1995 - norme tecniche di attuazione del Dpcm 23 aprile 1992 DM 381 del 10 settembre 1998 – regolamento recante norme per la definizione dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana Legge 36 del 22 febbraio 2001 - Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici DPCM 28 marzo 2002 - inquinamento elettromagnetico - modalità di utilizzo dei proventi derivanti dalle licenze UMTS DPCM 8 luglio 2003 - limiti di esposizione, valori di attenzione e obiettivi qualità per la protezione della popolazione a campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50 Hz) generati da elettrodotti e a campi elettromagnetici con frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz D.M. 29.maggio 2008 – Approvazione delle procedure di misura e valutazione dell’induzione magnetica D.M. 29.maggio 2008 – Approvazione metodologia di calcolo per la determinazione delle fasce di rispetto per gli elettrodotti.

Normativa regionale L.R. 52 del 16 agosto 1982 – norme in materia di opere concernenti linee ed impianti elettrici fino a 150.000 Volt Circolare 55 del 18 ottobre 1999 – linee guida per l’installazione di nuove Stazioni Radio Base (SRB) per telefonia mobile, nonché per eventuali modifiche o disattivazione delle stesse

104 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

L.R. 11 del 11 maggio 2001 – norme sulla protezione ambientale dall’esposizione a campi elettromagnetici indotti da impianti fissi per le telecomunicazioni e per la radiotelevisione Regolamento Regionale 6 del 19 novembre 2001 – regolamento attuativo delle disposizioni di cui all’art. 4, comma 14, all’art. 6, comma 4, all’art. 7, comma 12 e all’art. 10, comma 9, della legge regionale 11 maggio 2001, n. 11, “Norme sulla protezione ambientale dall’esposizione a campi elettromagnetici indotti da impianti fissi per le telecomunicazioni e per la radiotelevisione” L.R. 4 del 6 marzo 2002 – art. 3 – disposizioni in materia di territorio, ambiente ed infrastrutture. Norme per l’attuazione della programmazione regionale e per la modifica e l’integrazione di disposizioni legislative L.R. 12 del 10 giugno 2002 – differimento dell’applicazione di disposizioni in materia di installazione di impianti di telecomunicazioni e radiotelevisione di cui all’art. 3, comma 12, lett. a) della legge regionale 6 marzo 2002, n. 4

Campo elettrico e magnetico a bassa frequenza I limiti massimi di esposizione al campo elettrico e magnetico alla frequenza industriale nominale negli ambienti abitativi e nell’ambiente esterno sono contenuti nel DPCM 23 aprile 1992. I limiti di esposizione vengono fissati in 5 kV/m e 0.1 mT (100 µT), rispettivamente per l’intensità del campo elettrico e di induzione magnetica, in aree o ambienti in cui ci si possa ragionevolmente attendere una permanenza prolungata, mentre in 10 kV/m e 1 mT (1000 µT), rispettivamente per l’intensità del campo elettrico e di induzione magnetica, nel caso in cui l’esposizione sia limitata a poche ore al giorno. Nello stesso DPCM vengono anche fissate distanze di rispetto tra gli elettrodotti e i fabbricati destinati alla permanenza per periodi prolungati; in particolare la distanza è di 10 m per le linee con tensione pari a 132 kV, 18 m per le linee con tensione pari a 220 kV, 28 m per le linee con tensione pari a 380 kV.

Campi elettromagnetici generati da impianti fissi per telecomunicazioni e radiotelevisione I campi elettromagnetici generati da questa particolare tipologia di applicazioni, all’interno dell’intervallo di frequenze compreso tra 100 kHz e 300 GHz, sono regolamentati dal Decreto del Ministero dell’Ambiente n. 381 del 1 settembre 1998. Il decreto prevede inoltre il concetto di ottimizzazione nella progettazione e realizzazione degli impianti, in maniera tale da rendere il più basso possibile il campo elettromagnetico emesso e conseguentemente minimizzare l’esposizione della popolazione. Inoltre in corrispondenza ad edifici adibiti a permanenze non inferiori alle quattro ore non devono essere superati i seguenti valori, validi per tutte le frequenze e relativi ad intervalli di 6 minuti: 6 V/m per il campo elettrico, 0.016 A/m per il campo magnetico e 0.10 W/m2 per la densità di potenza. Nelle successive tabelle si riportano i limiti di esposizione della popolazione al campo elettromagnetico e le distanze di rispetto, ai sensi del DM 16 ottobre 1991, del DPCM 23 aprile 1992 e del DM 10 settembre 1998.

Limiti di esposizione a campi elettromagnetici (DPCM 23 aprile 1992) CAMPO ELETTRICO INDUZIONE MAGNETICA Aree o ambienti in cui ci si possa ragionevolmente attendere che individui della popolazione trascorrano una 5 kV/m 0,1 mT parte significativa della giornata

Nel caso in cui l’esposizione sia ragionevolmente limitata a 10 kV/m 1 mT poche ore al giorno

105 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Limite di esposizione a campi elettromagnetici connessi al funzionamento sistemi fissi di telecomunicazione e radiotelevisivi nell’intervallo 100 kHz - 300 GHz (DPCM 10 settembre 1998) VALORE EFFICACE VALORE EFFICACE DENSITÀ DI POTENZA FREQUENZA INTENSITÀ DI CAMPO INTENSITÀ DI CAMPO ONDA PIANA (MHz) ELETTRICO E (V/m) MAGNETICO H (A/m) EQUIVALENTE (W/m2) 0,1 – 3 60 0,2 - >3 – 3.000 20 0,05 1 >3.000 – 300.000 40 0,1 4

Limite di esposizione a campi elettromagnetici connessi al funzionamento sistemi fissi di telecomunicazione e radiotelevisivi nell’intervallo 100 kHz - 300 GHz (DPCM 10 settembre 1998) VALORE EFFICACE VALORE EFFICACE DENSITÀ DI POTENZA ONDA INTENSITÀ DI CAMPO INTENSITÀ DI CAMPO PIANA EQUIVALENTE (W/m2) ELETTRICO E (V/m) MAGNETICO H (A/m) 20 0,05 1 0,1 (per frequenze comprese 6 0,016 tra 3 MHz e 300 GHz)

Distanze minime dalle linee elettriche ad alta ed altissima tensione dalla superficie del terreno (DM 16 gennaio 1991) TENSIONE LINEA (*) ALTEZZA MINIMA CONSENTITA CASI PARTICOLARI 132 kV 6,29 m 220 kV 6,82 m 11,34 m (nel caso di attraversamento di aree 380kV 7,78 m adibite ad attività ricreative, impianti sportivi e luoghi d’incontro)

Distanze di rispetto da elettrodotti rispetto ai fabbricati adibiti ad abitazione od altra attività che comporti tempi di permanenza prolungati (DPCM 23 aprile 1992)

TENSIONE LINEA (*) DISTANZA DI RISPETTO DA ELETTRODOTTI 132 kV 10 m 220 kV 18 m 380kV 28 m

(*) Per linee a tensione nominale diversa, superiore a 132 kV e inferiore a 380 kV, la distanza di rispetto viene calcolata mediante proporzione diretta da quelle indicate.

5.4.2 L’analisi dello stato di fatto Sono state ricercate le informazioni relative alle diverse sorgenti di campi elettromagnetici presenti sul territorio del comune di Scanzorosciate. Dalla distribuzione degli impianti di telecomunicazione, invece, si osservano 5 SRB (Stazioni Radio Base) utilizzate dai gestori di telefonia mobile, una ubicata ad est rispetto al centro (via Valle Gavarnia), due a sud est (via Don G. Pezzotta e via Fugarolo), una a sud (via C.A. Dalla Chiesa) e una a nord ovest (Via Colleoni, 2) (vedi anche planimetria allegata). Facendo riferimento alle onde elettromagnetiche a bassa frequenza (ELF), le sorgenti di maggior interesse dal punto di vista dei rischi connessi all’esposizione della popolazione sono costituite dalle linee ad alta ed altissima tensione e dagli elettrodomestici.

106 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Altre sorgenti di potenziale inquinamento elettromagnetico locale sono rappresentate dagli impianti radiotelevisivi e dai ripetitori per telefonia mobile (n.5), i quali tuttavia danno luogo ad un’esposizione meno significativa rispetto a quella dovuta ad impianti radiotelevisivi essendo caratterizzati da una potenza di antenna molto più bassa e da un’emissione limitata ad una precisa direzione. Richiamando quanto più sopra esposto in riferimento alla normativa italiana che prevede criteri di protezione a più livelli distinti in: - limiti di esposizione intesi come valori del campo elettrico, magnetico o elettromagnetico considerati come valori di immissione, che non devono essere superati in alcuna condizione di esposizione e fissati in 20 V/m (valore efficace di intensità del campo elettrico), e - livelli di attenzione e obiettivi di qualità intesi come valori di immissione che non devono essere superati negli ambienti abitativi, scolastici e nei luoghi adibiti a permanenze prolungate e fissati in 6 V/m di seguito si riportano alcuni dei risultati delle indagini effettuate; si tratta di analisi di impatto elettromagnetico svolte da società private per conto dei gestori telefonici, sia preventive (ossia “analisi del fondo” prima dell’installazione dell’impianto) che integrative (ad esempio, implementazione della SRB da tecnologia GSM a GSM/UMTS). Le misure del campo elettrico nei pressi delle stazioni di telefonia mobile e le stime del campo elettrico risultante mostrano tutti valori di molto inferiori al limite stabilito dalla normativa, pari a 6 V/m, come risulta dalla successiva tabella, nella quale vengono indicati i valori massimi misurati o stimati durante le analisi di impatto elettromagnetico svolte.

Misure di campo elettrico e stima del campo elettrico risultante nei pressi delle stazioni di telefonia mobile (SRB) – Limite di legge: 6 V/m (zone abitate) (fonte: AIE Analisi d’Impatto Ambientale) CAMPO CAMPO TOTALE ELETTRICO CAMPO ELETTRICO RISULTANTE POSIZIONE Data MISURATO STIMATO “Est” (V/m) v(E²mis+E²st) (Gestore) AIE “Emis” (V/m) VALORI MAX (V/m) VALORI MAX VALORI MAX 1 Via Valle Gavarnia 16.09.03 0,41 0,57 0,7 (TIM) 05.04.05 2 Via Don G. Pezzotta 30.07.07 <1* 1,17 2,22 (Vodafone Omnitel) 3 Via Fugarolo 16.05.06 0,42 0,71 0,83 (TIM) 4 Via C.A. Dalla Chiesa,26 25.05.06 <0,6* 0,7 1,1 (Vodafone Omnitel) 5 Via Colleoni,2 12.02.06 <1* 1,22 2,22 (TIM) (*) valore al di sotto del limite strumentale

Per completezza, nella tabella seguente vengono indicati i valori misurati o stimati nelle immediate vicinanze della SRB, ove il limite stabilito dalla normativa risulta essere di 20 V/m; anche in questo caso i valori risultano tutti ben al di sotto del limite di legge.

107 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Misure di campo elettrico e stima del campo elettrico risultante presso le stazioni di telefonia mobile (SRB) – Limite di legge: 20 V/m (fonte: AIE Analisi d’Impatto Ambientale) CAMPO ELETTRICO CAMPO ELETTRICO CAMPO TOTALE POSIZIONE MISURATO “Emis” STIMATO “Est” RISULTANTE

(Gestore) (V/m) (V/m) v(E²mis+E²st) (V/m) 1 Via Valle Gavarnia 0,3 0,41 0,61 (TIM) 2 Via Don G. Pezzotta <1* 0,8 1,43 (Vodafone Omnitel) 3 Via Fugarolo <0,3* 0,94 0,99 (TIM) 4 Via C.A. Dalla Chiesa,26 <0,6* 0,6 0,9 (Vodafone Omnitel) 5 Via Colleoni,2 <1* 1,03 1,43 (TIM) (*) valore al di sotto del limite strumentale

Non sono disponibili altri dati relativi a misurazioni di campo elettromagnetico né presso ARPA né tramite la Fondazione Bordoni che pure ha effettuato molte campagne di misurazione in molti luoghi pubblici e privati in provincia, ma mai nel Comune di Scanzorosciate. (cfr. www.monitoraggio.fub.it).

Per quanto riguarda gli elettrodotti, sono presenti due linee elettriche ad alta tensione (gestore:ENEL ed Italcementi), una facente parte della rete di connessione Seriate-Villa di Serio, mentre l’altra utilizzata dalla Polynt S.p.A. per l’alimentazione del proprio stabilimento ubicato in via Fermi n.51. Non sono presenti impianti di radiotelevisione. A seguire si allega una planimetria che individua le linee elettriche aeree di media e alta tensione presenti sul territorio (sulla base dell’aerofotogrammetrico comunale). Sulla stessa planimetria sono indicati anche le stazioni di telefonia mobile. I valori limite di campo elettrico e di induzione magnetica in campo libero, previsti ai sensi della normativa vigente per la tutela degli effetti a breve termine sono pari a 5.000 – 10.000 V/m per il campo elettrico e 100 - 1.000 mT per l’induzione magnetica. Con riferimento, invece, ai principi cautelativi che tengono conto dei possibili effetti a lungo termine, i valori che si registrano sempre a metà della campata della linea elettrica, ovvero dove i conduttori sono più vicini al terreno sono i più elevati.

Obiettivi di qualità per l’induzione magnetica (fonte: Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del lavoro – ISPELS e Istituto Superiore di Sanità, 1998) VERDE < 0,5 µT -

GIALLO 0,5 – 2 µT Massimo livello consentito in aree destinate a infanzia, strutture sanitarie e residenze ROSSO > 2 µT Massimo livello per esposizioni croniche della popolazione

Gli enti gestori degli elettrodotti non hanno ancora fornito i dati relativi ai valori di campo elettrico e di induzione magnetica in campo libero né l’indicazione delle fasce di rispetto. Si sottolinea infine che anche per le cabine elettriche e le stazioni primarie è previsto per legge l’individuazione di una fascia di rispetto che l’ente gestore deve fornire (art. 5.2 dell’allegato al D.M. 29.05.08.

108 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

5.5 Le pressioni riscontrate ed i valori dei corrispondenti indicatori per la componente radiazioni

Indicatori radiazioni radon Come ampiamente descritto nei precedenti paragrafi, è accertato lo stretto legame tra la presenza di radon e le caratteristiche geologiche del territorio. I risultati dei monitoraggi sul territorio del comune di Scanzorosciate mostrano concentrazioni di radon che lo inseriscono nella classe di rischio intermedio. Partendo da tali considerazioni si ritiene necessario individuare indicatore ambientale per la componente radon la percentuale di abitazioni che, nell’ambito di eventuali monitoraggi futuri, risultano con valori di concentrazione del radon compresi tra i 200 e i 400 Bq/m3.

Indicatori radiazioni luminose Ai sensi della normativa vigente, e a maggior ragione constatata l’appartenenza dell’area in oggetto alla fascia di rispetto dell’Osservatorio Astronomico di Merate e di Aviatico, è necessario verificare la correttezza del progetto illuminotecnico dei nuovi insediamenti previsti dal PGT. In fase di realizzazione degli interventi, inoltre, dovrà essere posta massima cura nel contenere il più possibile il fenomeno dell’inquinamento luminoso e tutte le sorgenti luminose in progetto (sia per interventi di nuova costruzione sia per le ristrutturazioni), dovranno essere realizzate in modo da rispettare a pieno la vigente normativa in materia di illuminazione. Per la componente radiazioni luminose non vengono individuati indicatori ambientali, anche se l’esame del numero di KW/h consumati (almeno a livello di impianti pubblici di illuminazione) prima e dopo interventi di sostituzione dei corpi illuminanti potrebbe fornire un’utile parametro per il miglioramento dell’efficienza energetica che ha dei diretti riflessi sull’inquinamento luminoso. Una valutazione d’impatto visivo potrà consistere invece nell’esame di documentazione fotografica nei casi di importanti ristrutturazioni impiantistiche (quali illuminazione pubblica o dei grandi impianti industriali presenti sul territorio) rilevando miglioramenti tra il prima e dopo l’intervento.

Indicatori radiazioni elettromagnetiche Sulla base dei dati a disposizione, le misure di campo elettrico ed induzione magnetica mostrano una situazione di generale conformità ai valori stabiliti dalla normativa. Ai fini del monitoraggio degli effetti derivanti dall’esecuzione del P.G.T., si ritiene di individuare come indicatori ambientali: • Superamenti dei limiti stabiliti da normativa per il campo elettrico • Superamenti dei limiti stabiliti da normativa per il campo magnetico • Numero impianti fissi per telecomunicazioni, telefonia cellulare e radiotelevisione

109 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

6. Aspetti demografici e socioeconomici1

6.1 Introduzione La pianificazione a scala comunale tende a porre in ombra la dimensione economica, sulla scorta dell'ipotesi che questa assuma carattere sostanzialmente esogeno; ciò che è deciso ed è agito ad un livello superiore costituisce un vincolo per lo sviluppo locale. Esiste però un approccio economico ai problemi che affonda le proprie radici negli strumenti di analisi territoriali, dove il territorio è inteso come lo spazio convenzionale di vita della popolazione ed è definito per le variabili che lo attraversano. La molteplicità ed eterogeneità degli elementi identificabili nel territorio ne rendono opportuna l’analisi. Solo attraverso una prima riduzione della complessità in singoli elementi, la definizione rigorosa di questi e il loro studio in termini dinamici, è possibile, infatti, favorire un processo più ampio di comprensione; tutto ciò attraverso la restituzione di un’immagine di sfondo della comunità. Il termine «sfondo» rimanda implicitamente al suo complemento: immagine. Si vuole in pratica cogliere un’immagine - quella della popolazione che vive a Scanzorosciate - anche con l’aiuto di quello che si vede (intravede) su di un piano all’intorno, più profondo o semplicemente diverso. La complessa rete di significati e percezioni insiti nella dialettica tra immagine e sfondo è connotata da forti ambivalenze. Risulterà opportuno dunque, partire da un «tratteggio» della morfologia sociale, poiché uno sfondo troppo nitido finirebbe per competere con l’individuazione degli elementi in primo piano, quelli che il Piano di governo del territorio enuclea all’interno degli altri capitoli. La conoscenza del Comune attraverso gli aspetti demografici e socioeconomici costituisce in questo senso un elemento essenziale per la realizzazione di un buon Piano di governo del territorio. Lo studio urbanistico infatti si alimenta dell’apporto di un insieme di saperi e approcci che consentono uno sguardo complessivo sulle dinamiche di sviluppo di Scanzorosciate. L’analisi che qui si propone parte dalla dimensione demografica, attraversa il lavoro - letto all’interno del sistema locale - e introduce l’approdo al tema del benessere, indagato come tenore di vita; quest’ultimo aspetto è solo accennato e verrà sviluppato in un prossimo rapporto, da sviluppare in stretta connessione con il Piano dei Servizi. La mappa concettuale sottostante si affida all’idea che l’uomo produce modifiche incessanti nelle comunità e che osservarne le «tracce» possa fornire elementi interpretativi molto interessanti sul piano sociale, economico ed urbanistico.

1 Natale Carra

110 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

6.2. Demografia Scanzorosciate ha visto modificati i propri confini comunali e la stessa denominazione più volte nel corso dei secoli. Le località di Scanzo e Rosciate risultano unite alla fine del ‘500; si rendono autonome nel 1659; sono aggregate al comune di Bergamo nel 1809; nel 1816 riacquistano la loro autonomia, per fondersi definitivamente nel 1926 in una unica municipalità. La breve stagione di inizio ‘800 che vede le due distinte località acquisite ai confini della città offre lo spunto per «collocare» Scanzorosciate nell’area intorno alla città, che con alterne fortune da oltre cinquant’anni emerge all’attenzione degli amministratori e dei cittadini sotto il nome di «grande Bergamo». Attualmente si considerano compresi in questa area urbana 48 comuni, aggregati in 7 ambiti, disposti a raggiera intorno al capoluogo. Figura 1 – Gli ambiti della “grande Bergamo

Si assumerà pertanto questa corografia come riferimento per le analisi che seguiranno. Nei 48 comuni della grande Bergamo (d’ora in poi GBG) risiedono 340mila abitanti, che sommati ai 115mila della città, rappresentano oltre il 43 per cento della popolazione provinciale. Scanzorosciate, con i suoi 9.200 abitanti (il confronto è su dati 31.12.2006), apporta il 24 per cento della popolazione all’ambito 2 ed il due per cento a GBG.

111 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Più interessante il confronto dinamico dal dopoguerra ad oggi. Osserviamo i saggi di variazione demografica2 nei diversi decenni, rispettivamente di Scanzorosciate, l’ambito 2 di GBG, il suo insieme e la provincia, riportati nel grafico che segue. Figura 2 - Saggi di crescita demografica. Scanzorosciate nella "grande Bergamo"

3,50

3,00

2,50

2,00

1,50

1,00

0,50

0,00 anni '50 60 70 80 90 nuovo secolo

Scanzorosciate Ambito 2 GBG Provincia Grande Bergamo

Il comune mantiene saggi di crescita senz’altro significativi, in particolare durante gli anni ’60 e ’70 (2% all’anno), ma sistematicamente più contenuti di quelli dell’ambito 2; ma soprattutto, durante l’inizio del nuovo secolo torna ai livelli contenuti di crescita degli anni ’50 (1% all’anno), mentre l’insieme della provincia supera i tassi degli anni ’60 (familiarmente noti come quelli del baby-boom), raggiungendo un +1,5 % all’anno. Un segnale positivo, pur nella relatività del dato, per l’ipotesi di «sviluppo sostenibile» di Scanzorosciate. Il dato risulta maggiormente significativo se consideriamo il rapporto tra estensione territoriale e presenza demografica; Scanzorosciate si colloca in decima posizione (su 48 comuni) nella graduatoria demografica di GBG (dopo Dalmine, Seriate, Albino, Alzano Lombardo, , Nembro, Osio Sotto, e ), mentre risulta 35esimo per quanto riguarda la densità (850 ab/Kmq).

2 Il saggio di variazione è così calcolato: variazione percentuale nel decennio su popolazione a inizio periodo, divisa per il numero di anni dell’intervallo

112 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Figura 3 – Residenti e densità

Popolazione residente e densità abitativa

31.000 3.100

28.000 2.800

25.000 2.500

22.000 2.200

19.000 1.900

16.000 1.600 Densità Residenti 13.000 1.300

10.000 1.000

7.000 700

4.000 400

1.000 100 Lallio Gorle Alme' Ranica Seriate Treviolo Nembro Dalmine Montello Ciserano Stezzano Pedrengo Bagnatica Osio Sotto Osio Brusaporto Osio Pradalunga Grassobbio Villa d'Alme' Villa di Serio al Orio Bonate Almenno San Almenno Bonate Torre Boldone Comun Scanzorosciate Sopra Brembate Torre Roveri De’ Ponte San Pietro di Costa Alzano Lombardo San Paolo d'Argon Paolo San San Almenno Albano Sant'Alessandro Albano

Popolazione Densità

L’ammontare osservato della popolazione - il dato di stock - non restituisce l’idea della dinamica interna; se solo riflettiamo come l’insieme di una comunità sia in ogni istante modificato dai flussi di natimortalità e migratori che la coinvolgono, possiamo dedurre come la dinamica di questi ne definisca il livello di variazione. Mentre i flussi naturali negli ultimi venti anni sono rimasti costanti intorno al 10 per mille, il ricambio migratorio che alla fine degli anni ’80 si aggirava intorno al 20 per mille, nei primi anni di questo secolo oscilla tra 30-40 per mille in uscita e tra 40-50 per mille in entrata. Figura 4 – I movimenti demografici negli ultimi venti anni

Movimenti demografici. Scanzorosciate

60

50

40

30

20

10

0

10

ogni mille residenti 20

30

40

50

60 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006

Nati Morti Immigrati Emigrati

113 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Questi elevati flussi di mobilità sono confermati dai dati estratti dalla anagrafe del comune e relativi al 1 marzo 2008; da questi risulta infatti che la parte della popolazione residente in comune dalla nascita, ammonta al 40% e che dunque il 60% è immigrato da qualche altro luogo. Dalle figure che seguono possiamo cogliere anche il bacino di immigrazione, che come si vede per oltre l’85% è provinciale, di cui quasi il 70% coincide con la GBG. Sarebbe interessante disporre di una matrice dei flussi migratori tra i comuni di GBG, che richiederebbe però l’esame congiunto dei database delle 48 anagrafe comunali; in mancanza di questi è comunque ragionevole ipotizzare che, a partire dagli anni ’70-’80 sia andato costituendosi uno scambio demografico molto intenso nell’area, anche e forse soprattutto intergenerazionale, così GBG potrebbe configurarsi come area territoriale compatta, non solo nominalmente3. Figura 5 - Residenti per luogo di nascita

Estero; 224; 2% Resto Italia; 227; 2% Resto regione; 280; 3% Dalla nascita; 3725; 40%

Resto provincia; 4687; 50% Reimmigrati; 245; 3%

3 Lo scrivente ha avuto occasione di elaborare in questi anni dati analoghi relativi ai comuni di Azzano San Paolo, Gorle, Lallio, Orio al Serio, Pedrengo, Ponteranica, Ranica, San Paolo d’Argon, Sorisole, Torre Boldone, Valbrembo, Verdellino, Villa di Serio, ove ha riscontrato notevoli flussi migratori di interscambio.

114 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Figura 6 – Immigrati per comune di immigrazione

Estero 224 Resto Italia 507 Bergamo 1448

Resto provincia 992

Villa Di Serio 395 Torre De' Roveri 116 Ranica 143 Pedrengo 320 Albano Sant'Alessandro 159 Seriate 254 Gorle 198 Alzano Lombardo 251 Nembro 204 Torre Boldone 207

Queste considerazioni – ed altre che seguono più avanti – offrono lo spunto per una breve digressione sull’utilità dei dati anagrafici comunali nelle analisi conoscitive dei PGT (e non solo). Così come nella vita di un individuo possiamo scorgere degli elementi strutturanti la sua personalità, così dentro una comunità possiamo individuare relazioni di interdipendenza complesse che nel loro agire ne determinano l’identità. Tali relazioni riguardano in particolare lo scambio quotidiano di prodotti, di servizi e di tempo di lavoro; le attività messe in campo stabiliscono una incessante trasformazione sull’organizzazione dello spazio di vita quotidiana, così che «abitare» il Comune (e nel nostro caso GBG) risulta il precipitato instabile ma caratteristico delle persone che vi risiedono. Sotto questa luce è interessante calcolare con quale intensità si presentino i fattori d’identità. Per poter misurare ciò, si è partiti dall’enumerazione delle persone che sono nate e ancora risiedono nel Comune; tale persistenza consente di definire in una certa misura il «grado di radicamento» dei suoi abitanti. Risulterà inoltre interessante misurare il numero di anni che una persona ha trascorso nel paese - numero di anni che va messo in relazione alla propria età - con particolare attenzione per quel gruppo che risulta risiedere in paese fin dalla nascita. Tale indicatore, estremamente importante anche per fondare alcune ipotesi previsionali, richiede l’accesso agli archivi informatizzati anagrafici, dove è possibile rintracciare le informazioni di ciascun cittadino rispetto a: • sesso • data, comune, provincia, nazione di nascita • se residente o no dalla nascita • stato civile • cittadinanza • codice famiglia e posizione in famiglia • convivenza (in istituti, caserme …) • data, comune, provincia, nazione d’immigrazione • data, comune, provincia, nazione di emigrazione • data di morte

115 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

• sezione elettorale di appartenenza Tali dati naturalmente sono messi a disposizione rispettando le regole della privacy e cioè omettendo i dati che rendano identificabile il singolo cittadino. La figura che segue rappresenta per ciascuna classe quinquennale dei residenti, la quota di tempo di residenza a Scanzorosciate, rispetto ai propri anni di vita; e così, possiamo constatare come siano i 2mila bambini e ragazzi (20% su residenti) a vantare il primato in questo campo; se infatti essi possono contare su di un 80-90 per cento di tempo di residenza in paese, gli adulti da 30 a 49 anni ( 32% su residenti) vi hanno trascorso meno della metà della proprio vita (42-48%).

Figura 7 - Quota della vita trascorsa a Scanzorosciate per classe d'età

95,0 90,0 85,0 80,0 75,0 70,0 65,0 60,0 55,0 50,0 45,0 40,0 35,0 30,0 0 - 4 - 0 9 - 5 85 e + 10 - 14 15 - 19 20 - 24 25 - 29 30 - 34 35 - 39 40 - 44 45 - 49 50 - 54 55 - 59 60 - 64 65 - 69 70 - 74 75 - 79 80 - 84

Un ulteriore indicatore della mobilità demografica del nostro comune può essere indirettamente ricavato dall’esame dell’onomastica dei residenti; abbiamo riportato nella tabella che segue la classifica dei primi 6 cognomi più diffusi tra i capofamiglia. Pur raggiungendo il 12% dei capofamiglia, tali valori indicano una scarsa concentrazione della tradizione onomastica dei cognomi. Tabella 1 - I cognomi più diffusi N° Capofamiglia % su totale Pezzotta 95 2,6 Brignoli 71 2,0 Barcella 55 1,5 Algeri 47 1,3 Magri 47 1,3 Pievani 46 1,3 Alborghetti 41 1,1 Assolari 41 1,1 ------443 12,3 ------

116 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

In complesso 3601 100,0

L’altro aspetto demograficamente rilevante della popolazione è la sua struttura per età, che il demografo solitamente rappresenta attraverso questa figura. Figura 8 - La piramide delle età. Scanzorosciate

85 e + 80 - 84 75 - 79 70 - 74 65 - 69 60 - 64 55 - 59 50 - 54 45 - 49 maschi 40 - 44 femmine 35 - 39 30 - 34 25 - 29 20 - 24 15 - 19 10 - 14 5 - 9 0 - 4 0 50 50 500 450 400 350 300 250 200 150 100 100 150 200 250 300 350 400 450 500

Una specie di botte, azzurra e rosa, e le doghe sono di lunghezza diversa. Questa che si vede è una «piramide delle età» ed è usata dai demografi per rappresentare una comunità che, al crescere degli anni delle persone, è via via più contenuta; la morte tocca le persone proporzionalmente all’età; il fatto che non assomigli più ad una piramide è dovuto ad un drastico ridimensionamento delle comunità. Dai neonati ai ventenni sono molto meno le persone che vivono a Scanzorosciate; poi si vede un salto verso la base di una figura piramidale. L’utilità di una tale rappresentazione è data anche dal fatto che se noi facciamo slittare mentalmente verso l’alto ogni barra, possiamo immaginare come sarà la struttura per età della popolazione tra cinque anni. D’altra parte gli indici demografici non lasciano dubbi: Scanzorosciate è solo leggermente più giovane della provincia, vi nascono un po’ più bambini, tra coloro che terminano la loro carriera lavorativa e coloro che la iniziano (indice di ricambio) ci sono 17,8 punti percentuali, mentre in provincia 11,9.

Tabella 2 - Indici demografici

Indice di: Scanzorosciate Provincia Delta vecchiaia Iv P65 e oltre / P0-14 * 100 112,7 114,1 -1,5 dipendenza Id (P65 e oltre + P 0-14 )/P15-64* 100 49,5 47,9 1,6 struttura Is P40 - 64 / P15 - 39 * 100 108,0 103,8 4,2 ricambio Ir P60 - 64 / P15 – 19 * 100 117,8 111,9 5,9

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carico Ic P0 - 4 / Pf 15 – 44 * 100 27,4 26,3 1,1

6.2.1 Popolazione e famiglie Le persone vivono perlopiù in famiglie e risulta poco significativo analizzare la componente demografica di un territorio senza considerarne le aggregazioni che trasformano gli individui in comunità, la più importante delle quali risulta la famiglia. Prenderemo quindi come categorie di osservazione il numero dei componenti, la loro età, il genere, le relazioni generazionali e quanto necessario e sufficiente per individuare delle tipologie che consentano di leggere e cercare di interpretare la domanda di servizi (sociali) che da queste provengono. Ad una determinata distribuzione della tipologia delle famiglie corrisponde una domanda potenziale di servizi; per bambini, per anziani, per adulti in difficoltà. Le possibilità analitiche rispetto alla tipologia di nuclei familiari sono molto vaste. Si propone una classificazione che dà luogo alla matrice che segue.

Tabella 3 - Residenti in famiglia per ampiezza e tipologia della famiglia. Marzo 2008

Numero componenti Totale 1 2 3 4 5 6 7 o + famiglie componenti Unipersonale 900 900 900 uomo giovane (<35 anni) 118 118 118 adulto (35-64 anni) 224 224 224 anziano (65 anni e +) 75 75 75 donna giovane 50 50 50 adulta 142 142 142 anziana 291 291 291

Pluripersonale nucleare 950 766 678 161 27 10 2.592 7.956 coppia con figli 667 666 158 27 9 1.527 5.689 coppia giovane con figli (cf <35 anni) 45 34 3 3 1 86 311 coppia adulta con figli (cf 35-64 anni) 476 592 141 23 6 1.238 4.690 coppia anziana con figli (cf 65 anni e +) 146 40 14 1 2 203 688 coppia senza figli 719 719 1.438 coppia giovane senza figli 76 76 152 coppia adulta senza figli 301 301 602 coppia anziana senza figli 342 342 684 padre con figli 75 31 3 1 110 262 padre giovane con figli 27 12 1 40 94 padre adulto con figli 35 16 2 1 54 133 padre anziano con figli 13 3 16 35 madre con figli 156 68 9 3 236 567 madre giovane con figli 7 5 2 14 37 madre adulta con figli 67 53 5 2 127 323 madre anziana con figli 82 10 2 1 95 207

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Altre situazioni 58 26 12 6 4 3 109 327

Famiglie in complesso 900 1.008 792 690 167 31 13 3.601 9.183

Sembra quasi di entrare tra le mura domestiche a vedere la figura che segue; ci dice come sono diverse le famiglie: uomo giovane (<35 anni), adulto (35-64 anni), anziano (65 anni e +), donna giovane, adulta, anziana, coppia giovane con figli (capofamiglia <35 anni), coppia adulta con figli (capofamiglia 35-64 anni), coppia anziana con figli (capofamiglia 65 anni e +) e coppia senza figli; coppia giovane senza figli; coppia adulta senza figli, coppia anziana senza figli, padre con figli, padre giovane con figli, padre adulto con figli, padre anziano con figli, madre con figli, madre giovane con figli, madre adulta con figli, madre anziana con figli, altre situazioni. Certo che la frammentazione è notevole, basta guardare tutti gli spicchi della torta; ciononostante 1/3 delle famiglie sono rappresentate da coppie adulte (il capofamiglia ha un’età compresa tra 35 e 64 anni) con figli. Figura 9 – Distribuzione delle famiglie per tipologia

madre anziana con figli 2,6% Tipologia delle famiglie

madre adulta con figli uomo giovane (<35 anni) 3,5% 3,3% Altre situazioni madre giovane con figli 3,0% adulto (35-64 anni) 0,4% 6,2% padre anziano con figli anziano (65 anni e +) 0,4% 2,1% padre adulto con figli donna giovane padre giovane con figli 1,5% 1,4% 1,1% adulta 3,9%

anziana 8,1% coppia anziana senza figli 9,5% coppia giovane con figli (cf <35 anni) 2,4%

coppia adulta senza figli 8,4%

coppia giovane senza figli 2,1% coppia adulta con figli (cf 35-64 anni) coppia anziana con figli (cf 65 34,4% anni e +) 5,6%

6.3 Il mercato del lavoro I lineamenti economici di una comunità amministrata sono segnati per gran parte dalle caratteristiche individuali dei suoi abitanti, in rapporto al mercato del lavoro. Alcuni indicatori ci consentono di disegnarne un profilo. Così il rapporto tra popolazione attiva e non, stigmatizza il peso della presenza sul mercato; il titolo di studio approssima il grado di investimento che le famiglie mettono in atto; il settore economico e la posizione professionale sono la risultante del processo d’incontro tra domanda e offerta, misurata, si badi bene, attraverso quest’ultima. Per quanto possa sembrare paradossale, elementi di questi tipo su di una popolazione a livello comunale e sovracomunale, sono un bene informativo scarso; infatti solo ogni dieci anni, in seguito alla rilevazione del Censimento della popolazione operata dall’ISTAT, possiamo avere un’analisi dettagliata

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della posizione di ciascun cittadino rispetto ad alcune variabili fondamentali, tra le quali appunto il lavoro. È anche in considerazione di questi limiti che siamo pertanto ricorsi ad una variabile, quella demografica, per la quale le informazioni sono più ricche e soprattutto puntuali. Inoltre occorre sottolineare come le trasformazioni demografiche stiano interessando le economie mature e che gli impatti socio-economici che esse determinano inducono riflessioni approfondite. Prima di trattare dunque i dati raccolti, volevamo riportare una breve considerazione che nasce da alcuni aspetti legati a come una persona può vivere il lavoro. Se solo provassimo a leggere tra le righe ciò che ci diciamo in occasioni informali e ne ricercassimo una storia che affiora per brevi cenni, troveremmo le svariate modulazioni che si danno, e non ce ne accorgiamo, tra una organizzazione e i propri componenti; il lavoro non è solo ciò che facciamo ma anche come lo facciamo. Lavorare ad esempio per mesi intorno a una macchina perché occorre che alla fine funzioni proprio come se lo aspetta chi l’ha commissionata, richiede una tecnica e una esperienza individuale particolare, ma anche un coordinamento sapiente di chi vi lavora intorno. Allora l’organizzazione che porta con sé una inevitabile carica coercitiva - bisogna - assume i contorni più morbidi di un obiettivo comune, finisce per proteggere il nostro lavoro. Non è difficile intravedere che ogni pezzo «finito» che esce dal cancello di un’azienda porta con sé una parte del proprio lavoro; tanto più che poi queste macchine vanno un po’ ovunque, utili a costruire un mare di cose. Incorporerà, a ben pensarci, il progetto e quindi le idee di chi l’ha costruita; dalla corretta scelta dei materiali e dalla coerenza dell’assemblaggio delle parti dipenderà il buon funzionamento, ma la soddisfazione del cliente sarà anche frutto di quell’intreccio di domande e risposte intercorse tra fornitore e cliente nella fase di ideazione e progettazione. «Ho un problema...»; inizia quasi sempre così la telefonata tra di loro. La tecnologia allora esce dal campo fascinoso e oscuro della scatola nera per assumere i caratteri familiari delle grane quotidiane, dei «colli di bottiglia». Occupiamoci ora di esaminare i tratti caratteristici del mercato locale del lavoro a partire dalla contestualizzazione di quest’ultimo nell’area più vasta di appartenenza.

6.3.1 L’area indagata nel contesto più ampio Il progresso incessante delle innovazioni tecnologiche e organizzative - che riguardano sia le attività industriali che quelle dei servizi – caratterizza ormai le aree più sviluppate dei Paesi industrializzati e comporta una contrazione dei cicli economici. La domanda di lavoro richiede nuove competenze e caratteristiche professionali dei lavoratori. Il sistema dell’istruzione è pressato da due esigenze diverse: fornire capacità e conoscenze generali che consentano agli individui di destreggiarsi sul mercato del lavoro; fornire competenze specifiche che rispondano alla domanda di breve termine del sistema produttivo. I caratteri innovativi di questa domanda sono indagati in modo frammentario; se a un livello generale manca una sintesi in tal senso, a livello locale non si trovano neppure le informazioni elementari di base. La nostra ricognizione cerca di dare un contributo in questa direzione, non senza avere prima collocato il territorio indagato nel contesto economico e territoriale più ampio.

6.3.2 Il mercato regionale del lavoro Il mercato del lavoro in Lombardia riflette storicamente le condizioni di una regione che si colloca ancora al primo posto, in ambito nazionale, e fra i primi nel contesto delle regioni europee, quanto a livello di sviluppo economico. Gli alti gradi di partecipazione al mercato del lavoro e, nonostante questi, il basso ammontare assoluto e relativo della disoccupazione (dimezzato rispetto alla media nazionale), derivano dalla capacità di crescita e di continua trasformazione del suo sistema produttivo. Una condizione che viene "da lontano", anche se la crescita economica non è certo più quella degli anni ‘50 e ‘60 (sostenuta allora da forti flussi migratori dal Mezzogiorno e dalle regioni del Nord-Est). Pur se

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la Lombardia negli anni più recenti è stata sopravanzata, quanto a tassi di crescita, dalle regioni di più recente industrializzazione, soprattutto del Nord-Est, le stesse che fino agli anni ‘70 erano ancora economie agricole e terre di emigrazione. Non si deve però dimenticare che lo sviluppo economico regionale si è accompagnato, nell’ultimo quarto di secolo, a un processo di profonda trasformazione, che ha investito imprese, settori e territori, modificandone progressivamente, ma in modo molto marcato, le caratteristiche originarie, basate sull’industrializzazione e in particolare sulla grande impresa industriale, su un’ampia presenza di settori di base, su una forte concentrazione di attività industriali nel territorio milanese e nel suo hinterland. A partire dalla seconda metà degli anni ‘70 si è infatti avviato un ampio processo di ridimensionamento del settore industriale, compensato in larga parte da una vivace crescita di attività terziarie, soprattutto nei settori privati del terziario di mercato, tra i quali, in modo particolare, quelli dei servizi alle imprese. Grazie a questo, anche nel periodo più difficile del dopoguerra, la prima metà degli anni ‘80, quando alle ristrutturazioni industriali si è accompagnato un forte flusso di nuovi ingressi sul mercato del lavoro, dovuto alle ultime leve demografiche consistenti contemporanee all’esplosione del tasso di attività femminile, la disoccupazione ha raggiunto al massimo il 7,4 per cento. Oltre a grandi trasformazioni intersettoriali (che hanno portato l’incidenza dell’occupazione nei servizi dal 43 per cento del 1980 al 60 per cento del 2001) si è profondamente modificato lo stesso settore industriale: le grandi imprese «storiche» sono letteralmente scomparse, le grandi imprese si sono snellite negli organici, tutte hanno accentuato, nonostante l’esternalizzazione di molti servizi, il grado di «terziarizzazione implicita», per effetto di una riorganizzazione che ha dato maggiore spazio alle funzioni tecniche, commerciali, finanziarie, direzionali. Anche se l’occupazione industriale dall’inizio degli anni ‘80 al 2001 si è ridotta di 393mila unità e ha perso 20 punti di quota su totale (dal 64% al 44%), non per questo la Lombardia ha comunque perduto la propria caratterizzazione industriale; regione di snodo con i mercati internazionali, di principale operatore con l’estero anche per beni destinati al resto del paese; basti considerare che l’occupazione nell’industria supera ancora di quasi 6 punti la media nazionale, e che tra tutte le regioni la Lombardia, quanto a quota dell’occupazione industriale, figura in seconda posizione, appena dopo il Veneto. Oltre a questi fenomeni vanno infine ricordati i processi di redistribuzione territoriale e di nuove specializzazioni: in particolare è la provincia di Milano che ha perso in larga misura i suoi caratteri storici di vera e propria capitale industriale del paese, sviluppando in grado elevato la presenza di attività terziarie avanzate (nei settori del credito. della finanza, delle comunicazioni, dei servizi alle imprese); le altre province, al contrario, e al loro interno i molti distretti con produzioni specialistiche, hanno rafforzato le proprie attività industriali, le quali, nonostante le specificità locali e l’avanzata dei servizi, continuano ancora a caratterizzare in forte misura quasi tutte le economie locali. Le trasformazioni strutturali del sistema produttivo lombardo cui si è brevemente accennato, possono essere definite in estrema sintesi come un processo di terziarizzazione senza deindustrializzazione; ciò ha comportato cambiamenti radicali anche sul mercato del lavoro, da un lato determinando l’obsolescenza di molti «mestieri» e competenze tradizionali, dall’altro trasformando i contenuti di molte professioni, infine provocando la nascita di molte professioni completamente nuove.

6.3.3 Il mercato provinciale del lavoro Al riguardo ci affideremo alle considerazioni dell’ultimo rapporto annuale che l’IRS produce per la CCIAA da ormai quasi venti anni.

“La provincia di Bergamo anche nel 2007 si distingue per avere un’industria nel complesso più dinamica della media italiana. Il differenziale di crescita della produzione industriale continua difatti ad ampliarsi e, anche se ci sono segnali di rallentamento, l’attività

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produttiva in provincia di Bergamo resta in espansione, con tassi non trascurabili, mentre in Italia si osserva una stabilizzazione molto più marcata. La migliore performance dell’industria bergamasca rispetto a quella nazionale può essere ricondotta ad una struttura produttiva più orientata verso quei settori che si stanno dimostrando più dinamici della media, ma anche ad un maggiore dinamismo in generale. Confrontando la performance settoriale dell’industria bergamasca con quella italiana, infatti, si osserva come in molti casi la prima stia registrando andamenti più brillanti. Non è quindi solo un effetto di composizione a spiegare l’ampliamento del differenziale di crescita. Questo è un buon segnale di una diffusa salute del sistema produttivo bergamasco, che cresce di più perché è in generale più vivace e non solo perché ha la fortuna di essere più specializzato nei settori in espansione. Il picco del ciclo, comunque, è stato superato anche a Bergamo: il ritmo della crescita sta rallentando, e la sua diffusione tra i settori è in deterioramento. Si rilevano inoltre alcune differenze a seconda della dimensione delle imprese: quelle grandi stanno infatti registrando delle contrazioni nei livelli produttivi, mentre quelle di dimensioni inferiori continuano ad evidenziare incrementi dell’attività a tassi non trascurabili. Gli indicatori, comunque, segnalano per l’industria della provincia di Bergamo un’evoluzione a breve non deludente. Il ciclo industriale appare in tenuta, anche se con minor vigore rispetto al passato, e anche le prospettive restano improntate ad una sostanziale fiducia. In particolare, le imprese manifatturiere bergamasche mostrano aspettative più ottimiste sulla domanda estera, anche quando il tasso di cambio ha cominciato a manifestare un intenso rafforzamento. Al momento non è ancora chiaro se questo rafforzamento del cambio sia stato interamente colto al momento delle rilevazioni o se, piuttosto, la tenuta delle aspettative sia da attribuire a prospettive più favorevoli circa la domanda, che in alcune aree (paesi asiatici, ma anche Russia) potrebbe dimostrarsi particolarmente brillante, in grado di compensare, almeno in parte, la perdita di competitività di prezzo. O ancora, le imprese della provincia di Bergamo potrebbero dare più peso che in passato ai fattori di competitività non di prezzo, essendo stati interessati da processi, non indolori, di ristrutturazione negli ultimi anni. In conclusione, Bergamo si conferma una provincia dinamica, anche se con un tasso di creazione di nuove imprese manifatturiere negativo. Ciononostante, sulle prospettive a breve pesano le incertezze che gravano anche sul resto dell’economia italiana. I dati relativi alle esportazioni bergamasche, lombarde ed italiane mostra una forte vivacità e questo è vero in modo particolare per la provincia di Bergamo che continua ad essere un volano dell’economia italiana. Ancora più rilevante è il fatto che anche il saldo normalizzato sia positivo (contrariamente a quanto accade a quello italiano e, soprattutto, lombardo). Il peso delle esportazioni provinciali su quelle regionali e nazionali resta invece stabile. Il tessile continua a perdere terreno, infatti la variazione delle esportazioni rispetto allo scorso anno è negativa; altri settori (alimentare, chimico, gomma-plastica e dei prodotti in metallo) crescono più che per Lombardia e Italia, ma è la metallurgia a registrare i tassi di crescita maggiori (28,3%). Per quanto riguarda i partner commerciali, tornano ad accelerare le esportazioni verso la Germania (+12,8%), mentre l’India si rivela il mercato a più rapida crescita (+41,6%), seguito dalla Polonia con il 32,2%. Le esportazioni verso il mercato cinese subiscono una consistente battuta di arresto: a fronte di un aumento nel valore esportato del 20% registrato lo scorso anno, quest’anno la crescita rallenta fino a valori prossimi allo zero. I dati relativi al mercato del lavoro continuano a riflettere il buon andamento dell’economia provinciale. Anche nel 2006 il tasso di disoccupazione scende, assestandosi al 3%. La diminuzione della disoccupazione è però dovuta soprattutto alla stabilità del tasso di attività piuttosto che all’aumento dell’occupazione. L’aspetto più critico del mercato del lavoro

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bergamasco rimane la scarsa capacità di occupazione femminile: Bergamo è infatti la provincia lombarda con il più basso tasso di attività e occupazione femminile.”

E’ noto come il problema principale nell’analisi del mercato del lavoro sia quello di cogliere la domanda effettiva del sistema delle imprese, in particolare quella di prospettiva. Partiremo pertanto da una sintesi evolutiva relativa all’area di riferimento, in questo caso ci riferiremo alla circoscrizione per l’impiego.

6.3.4 Il mercato del lavoro nella circoscrizione dell’impiego Considerando l’evoluzione nel periodo più recente del sistema delle imprese per circoscrizione territoriale dell’impiego, si nota come al forte sviluppo del «sistema locale» appena citato si contrappone la stazionarietà delle aree delle Valli Seriana e Brembana (e in misura minore, dell’Alto Sebino): un saldo di poche decine di unità nello stock di imprese registrate – comprese forme giuridiche e d’impresa «sulla carta», come le immobiliari su beni propri o le società finanziarie – significa di fatto una contrazione della base imprenditoriale attiva. È probabile che la crescita continua delle imprese individuali nell’edilizia, che in tutte le circoscrizioni ha contribuito positivamente alla tenuta del sistema economico, rifletta anche, in misura difficile da quantificare, un incremento di prestazioni d’opera dotate di scarsa autonomia contrattuale e riconducibili a forme di lavoro subalterno «con partita IVA». Gli squilibri territoriali nel tessuto economico della provincia si sono tuttavia acuiti nel corso degli ultimi anni. Si conferma un generale rallentamento delle aree montane e un maggior dinamismo della fascia pedemontana e delle aree della pianura, soprattutto sul versante est del territorio bergamasco che lambisce Scanzorosciate, appartenente però alla circoscrizione di Bergamo, ove si registra un incremento complessivo significativo: +3,30 %.

Tabella 4 - Variazione % delle imprese. 2006/2004

Servizi Circoscrizione per Pubblici alle Servizi Servizi l'impiego Agricoltura Industria Edilizia Commercio esercizi imprese collettivi personali N.C. TOTALE Albino -2,60 -4,10 1,20 0,70 2,20 3,60 8,30 1,10 3,80 0,50 Bergamo 0,60 0,30 6,20 -1,40 5,20 8,30 10,40 2,30 1,10 3,30 -0,90 -0,30 4,60 -1,00 -2,50 3,20 16,70 -3,70 11,90 1,40 -1,20 0,50 4,60 1,90 1,80 8,60 39,10 1,10 9,60 3,30 -0,50 1,90 4,90 -2,50 2,30 8,70 0,00 6,20 2,20 2,70 Ponte S. Pietro 3,60 0,40 4,60 2,80 4,00 8,60 20,50 3,00 4,30 4,00 -1,30 -1,90 7,30 -0,70 12,90 11,50 18,80 2,70 1,10 3,80 1,70 1,90 8,00 2,20 3,10 9,40 3,70 4,80 5,30 5,00 Treviglio -1,40 -0,90 7,70 0,40 0,00 9,10 20,50 4,00 11,30 3,80 -3,10 -1,70 6,30 -1,60 -0,80 1,70 -2,90 3,70 -0,50 1,00 Totale provincia -0,70 -0,50 5,70 -0,10 2,70 7,80 12,70 2,50 4,00 3,00

Ma questa numerosità delle imprese come può essere interpretata?

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6.3.5 Popolazione e sistema di imprese Iniziamo allora da uno dei dati più citati a proposito dell’economia bergamasca - la numerosità della sua «popolazione»di imprese e l’inevitabile costellazione degli indici statistici che discendono dall’onda lunga di questo fenomeno. A fine 2007 troviamo registrate nell’archivio camerale 619 imprese localizzate a Scanzorosciate. Nel 1971 erano poco più di 1/4 e precisamente 174 e nel 1991 se ne contavano 460. All’indubbia densità del fenomeno imprenditoriale si possono associare alcuni spunti di analisi che posso risultare importanti per il nostro modo di guardare la popolazione delle imprese locali.

1 ) L’universo demografico delle imprese ha ripreso a crescere, ma i tassi di natalità netta si sono fatti meno intensi rispetto alla provincia e ad altre regioni italiane. Nello stesso tempo, le piccole e medie imprese nate dall’emergere di nuovi mercati si sono irrobustite e alcune di esse hanno conosciuto una forte espansione nella provincia e anche fuori di essa e degli stessi confini nazionali. Le indagini degli ultimi anni, scavando oltre le semplici identità giuridiche, hanno anche dimostrato l’esistenza nel comparto manifatturiero di gruppi di imprese e di relazioni incrociate di controllo e di partecipazione vaste e ramificate. Oggi non sembra dunque più opportuno riproporre una visione particolaristica dell’offerta di professioni imprenditoriali. L’osservazione demografica deve lasciar posto ad un approccio focalizzato più che sugli spontanei processi di creazione di nuove imprese - caratterizzati tipicamente anche da un elevato tasso di mortalità - sulle loro strategie di localizzazione, di alleanza e di adattamento ai nuovi mercati. Lo stesso orizzonte locale e provinciale non è il più adeguato a rappresentare compiutamente i percorsi di crescita delle organizzazioni aziendali. 2) Se consideriamo l’intero bacino del capoluogo, giungendo fino alle estensioni padane verso Milano e Brescia possiamo parlare di un’area urbana manifatturiera sufficientemente coesa in cui si produce, si commercia e si esporta (quasi) di tutto e dove le relazioni intra ed intersettoriali sono intensissime e tuttora in gran parte mediate dai contesti locali in termini di infrastrutture, capitale umano e istituzioni sociali. La versatilità dell’apparato industriale e la propensione all’esportazione generano una pluralità di filiere produttive che collegano le produzioni di beni finali (soprattutto prodotti per la casa e per la persona) alle produzioni, in buona parte destinate all’export, di beni intermedi e d’investimento (macchine utensili e per l’industria, elettromeccanica, materiali edili, ecc.) passando per la fitta rete della subfornitura e dell’indotto delle medie e grandi imprese. In presenza di vincoli sempre più stringenti sul versante dell’offerta di lavoro - e negli usi del suolo - e di una competizione più aspra sui mercati internazionali, il futuro richiede però un salto di qualità in termini di investimenti, innovazione e innalzamento del sapere messo in gioco nei processi produttivi. Comporta inoltre un esplicito ripensamento delle relazioni tra economia, territorio, istituzioni e comunità locali. L’eccessiva enfasi data al problema delle infrastrutture logistiche riflette, forse, anche l’esaurirsi di uno sviluppo spontaneo dei vantaggi delle economie esterne e la debolezza, culturale prima che politica, di un governo del territorio. 3) Negli ultimi anni il sistema integrato delle relazioni interindustriali si è allargato ben oltre l’ambito locale: la delocalizzazione di impianti produttivi verso paesi esteri e gli accresciuti flussi d’investimento fuori provincia non hanno intaccato la tenuta occupazionale del mercato del lavoro locale ma hanno piuttosto innalzato le soglie di efficienza di una parte del sistema imprenditoriale, la sua articolazione finanziaria e la sua competitività internazionale. L’internazionalizzazione dell’economia bergamasca è cresciuta ad un tasso considerevole negli ultimi 15 anni.

124 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

4) L’evoluzione della popolazione di imprese locali illustra chiaramente anche una virtù di sistema dell’economia locale. A un’industria manifatturiera che rimane forte, perde meno addetti che altrove e continua ad avere buone performance sui mercati esteri si è accompagnato uno sviluppo significativo del terziario avanzato e dei servizi alle imprese. La presunta sottoterziarizzazione dell’economia locale risulta solo da una interpretazione statistica scorretta che enfatizza gli effetti di composizione derivanti da una forte presenza manifatturiera. Dopo queste sintetiche ma necessarie considerazioni, quello che ora vogliamo indagare sono i fenomeni legati alla dinamica della struttura produttiva, anche in considerazione dei mutamenti sempre più veloci del paradigma economico che vedrà in futuro il prevalere di quelle aree territoriali in grado di conquistarsi posizioni di vantaggio competitivo. Al proposito ci vengono ancora in soccorso i dati desunti dal registro delle imprese della camera di commercio, che utilizzeremo per le sole manifatture, cercando di ricostruire una serie storica significativa della variazione del numero di imprese per contenuto tecnologico delle stesse. La classificazione delle imprese manifatturiere per contenuto tecnologico fa riferimento al fatto che tra gli studiosi e i policy makers è sempre più riconosciuto il ruolo ricoperto dalla produzione, la trasformazione e lo sfruttamento delle conoscenze nel determinare il successo economico, la competitività industriale e la crescita dell’occupazione. È la stessa Commissione Europea che ha posto il rafforzamento dell’innovazione tra i pilastri della propria strategia con l’obiettivo di far divenire l’Unione Europea l’economia fondata sulla conoscenza più competitiva e più dinamica del mondo entro la fine del decennio (Consiglio Europeo di Lisbona, marzo 2000). Tutto ciò avendo identificato proprio nel ritardo nell’innovazione la spiegazione degli insufficienti risultati delle economie europee in materia di produttività. L’evoluzione del concetto di innovazione implica però che le politiche dell’innovazione non debbano concentrarsi esclusivamente sulla relazione tra innovazione e ricerca. Oltre alla nozione di innovazione tecnologica, che designa l’innovazione derivata dalla ricerca, si può infatti parlare anche di innovazione organizzativa o relativa ai modelli commerciali, riconoscendo che nuovi modi di organizzare il lavoro in settori quali la gestione delle forze lavoro, la distribuzione, il finanziamento o la produzione possono avere un influsso positivo sulla competitività. Oppure anche di innovazione stilistica e commerciale, come espressione dell’innovazione in settori come il design e il marketing. Con il termine innovazione solitamente si identificano congiuntamente la creazione e lo sfruttamento economico di nuovi prodotti destinati tanto a mercati di beni intermedi quanto a mercati di beni finali. L’innovazione si distingue dalla semplice attività inventiva nella quale lo scopo conoscitivo è prevalente rispetto all’obiettivo dell’utilizzazione economica. In termini generali si può parlare di innovazione sia con riguardo alla tecnologia, che all’organizzazione dell’impresa. Se la definizione di innovazione e di impresa innovativa non presenta particolari difficoltà dal punto di vista teorico, sicuramente più arduo è il compito di identificare quali sono le imprese effettivamente innovative nella realtà. È utile ricordare brevemente la definizione e le più recenti tassonomie dell’attività innovativa per poi circoscrivere con maggiore precisione l’obiettivo di queste considerazioni. Innanzitutto l’innovazione può essere di prodotto o di processo, dove per innovazione di prodotto si intende la creazione di nuovi prodotti o servizi, mentre per innovazione di processo si intende l’introduzione di metodi di produzione più efficienti in grado di ridurre il costo di produzione di beni esistenti. La linea di demarcazione fra i due tipi di innovazione non sempre è tracciabile in modo chiaro; infatti un prodotto nuovo di un’impresa può rappresentare l’occasione di adozione di un nuovo processo per un’altra impresa. La tassonomia più esaustiva delle forme di innovazione tecnologica distingue fra innovazione radicale, incrementale, architettonica e modulare. Tornando ai fenomeni in sede locale, ove le informazioni sono naturalmente circoscritte, abbiamo al proposito fatto ricorso come si diceva più sopra ai dati desunti dal registro delle imprese della camera di

125 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

commercio, cercando di ricostruire una serie storica significativa della variazione del numero di imprese per contenuto tecnologico delle stesse. Figura 10 – Andamento delle imprese per contenuto tecnologico. Scanzorosciate

60

55

50

45

40

35

30

25

20

15

10 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007

mediobasso medioalto

La figura mostra come risultino in calo le imprese a medio-alto contenuto tecnologico. Ciò desta qualche preoccupazione per il prossimo futuro.

6.3.6 L’offerta di lavoro A proposito di qualità dell’offerta di lavoro, sono interessanti i dati sulla scolarità che vedono Scanzorosciate in media con i dati dell’area di confronto: al 2001 il 30,7 per cento dei cittadini sopra i 6 anni erano in possesso almeno del diploma di scuola media superiore; tra questi il 6 per cento risultavano laureati. È abbastanza ragionevole presupporre che questa situazione positiva della scolarità rifletta la posizione territoriale del comune. Tabella 5 - Grado di istruzione. Su popolazione > 6 anni al 2001

Licenza Comune Elementare Licenza Media Diploma Laurea Albano S. Alessandro 34,4 38,6 22,9 4,1 100,0 Gorle 24,8 29,733,6 12,0 100,0 Montello 36,2 40,920,3 2,6 100,0 Pedrengo 32,2 38,4 24,9 4,5 100,0 San Paolo d'Argon 34,8 39,4 21,6 4,3 100,0 Scanzorosciate 35,2 34,2 24,7 6,0 100,0 Torre de’ Roveri 35,4 39,3 20,0 5,3 100,0 33,1 36,4 24,7 5,8 100,0 Totale Ambito 2

Competenze specifiche e generali

126 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Misurare il grado di istruzione quale proxy della qualità dell’offerta di lavoro presuppone l’idea che la scolarità formale, il conseguimento di un titolo di studio a seguito della frequenza di un percorso scolastico, costituisca il prerequisito fondamentale per un buon ingresso nel mercato del lavoro. Agli estremi di questa considerazione si situa da una parte l’atteggiamento di coloro che considerano la scuola incapace di preparare i giovani al mondo del lavoro e dall’altra la constatazione che, uno scarso bagaglio culturale impedisca l’evoluzione progressiva delle persone e le consegni alla situazione lavorativa in condizione di rischio di impoverimento professionale nel tempo. È sintomatica al riguardo l’enfasi che si viene ponendo da parte del mondo produttivo sulle competenze cosiddette trasversali. Sembra allora opportuno tentare di ridefinire il rapporto di coerenza tra studio e lavoro, tra scuola e azienda, attraverso considerazioni di medio e lungo periodo. Inoltre probabilmente, perché il titolo di studio non svolga la funzione di semplice segnale sul mercato delle professioni, occorre ripensarlo all’interno di un percorso individuale - legato dunque ad attitudini e fatti peculiari - attento alle richieste del mercato e capace di «filtrare» tra dato contingente e di prospettiva. Esemplificando, la scelta di iscriversi ad una determinata facoltà per un giovane, va interpretata alla luce di almeno tre variabili: la vicinanza territoriale, una considerazione positiva generalizzata, l’ipotesi di uno sbocco lavorativo possibile; contemporaneamente non potranno considerarsi in modo simmetrico coloro che si iscrivono in vista di una futura corresponsabilità nell’azienda familiare - e non sono pochi - e coloro che prefigurano per sé altri percorsi. D’altra parte la dimensione rispetto al mercato del lavoro conferma la situazione particolare degli scanzorosciatesi. Le tabelle che seguono, col consueto limite per questi dati non aggirabile, di riferirsi ad un tempo ormai lontano (Censimento 2001) sono esplicite: 19, 7% i pensionati contro una media d’area del 17%; 22,5% gli imprenditori, liberi professionisti e lavoratori autonomi a fronte del 21,1% nell’area. I lineamenti economici di una comunità amministrata sono segnati per gran parte dalle caratteristiche individuali dei suoi abitanti in rapporto al mercato del lavoro. Alcuni indicatori ci consentono di disegnarne un profilo. Così il rapporto tra popolazione attiva e non, stigmatizza il peso della presenza sul mercato; il titolo di studio approssima il grado di investimento che le famiglie mettono in atto; il settore economico e la posizione professionale sono la risultante del processo d’incontro tra domanda e offerta, misurata attraverso quest’ultima. Per quanto possa sembrare paradossale, elementi di questi tipo su di una popolazione a livello comunale, sono un bene informativo scarso; infatti solo ogni dieci anni, in seguito alla rilevazione del Censimento della popolazione operata dall’ISTAT, possiamo avere un’analisi dettagliata della posizione di ciascun cittadino rispetto ad alcune variabili fondamentali, tra le quali appunto il lavoro. Va anche ricordato come la distanza temporale del dato sia compensata dalla natura strutturale del fenomeno che lascia ad interpretazioni non congiunturali ma di medio periodo. Fatte queste dovute precisazioni possiamo osservare la tabelle che seguono. Tabella 6 - Caratteristiche dell'occupazione. Censimento 2001 In cerca di Altra Comune Occupati lavoro Studenti Casalinghe Pensionati condizione Totale Albano S. Alessandro 57,2 1,9 5,3 16,7 14,8 4,0 100,0 Gorle 53,0 2,19,1 15,3 18,1 2,5 100,0 Montello 55,9 2,55,6 16,8 15,6 3,6 100,0 Pedrengo 55,6 1,96,6 15,9 17,5 2,6 100,0 San Paolo d'Argon 59,5 2,2 5,7 15,7 14,3 2,6 100,0 Scanzorosciate 51,7 1,6 6,4 16,2 19,5 4,5 100,0 Torre de' Roveri 55,4 1,7 5,8 16,9 17,4 2,8 100,0 55,0 1,9 6,4 16,1 17,0 3,4 100,0 Totale Ambito 2

127 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Tabella 7 - Caratteristiche degli occupati. Censimento 2001 Imprenditori e liberi Lavoratori in Soci di Comune professionisti proprio cooperative Coadiuvanti Dipendenti Totale Albano S. Alessandro 4,6 13,0 1,4 1,8 79,2 100,0 Gorle 12,8 14,20,9 1,4 70,7 100,0 Montello 5,0 11,80,5 2,0 80,6 100,0 Pedrengo 5,8 13,71,1 2,1 77,4 100,0 San Paolo d'Argon 7,2 14,0 0,7 2,9 75,2 100,0 Scanzorosciate 7,6 14,80,7 2,3 74,6 100,0 Torre de' Roveri 6,9 15,9 1,2 2,1 73,9 100,0 7,2 13,9 0,9 2,1 75,9 Totale Ambito 2 100,0 I tradizionali rapporti socioeconomici su realtà territoriali a livello comunale o di bacini contenuti, nell’affrontare le dimensioni del mercato del lavoro si preoccupavano di considerare il cosiddetto bilancio occupazionale; vale a dire il rapporto tra occupati e posti di lavoro presenti. Non sembra opportuno, all’inizio del terzo millennio, di fronte ai fenomeni di globalizzazione porsi l’obiettivo analitico un po’ angusto di autocontenimento dell’occupazione; se mai va vista con attenzione positiva la formazione di un mercato del lavoro basato su «reti lunghe».

6.3.7 La domanda di lavoro È noto come il problema principale nell’analisi del mercato del lavoro sia quello di cogliere la domanda effettiva del sistema delle imprese, in particolare quella di prospettiva. Partiremo pertanto, così come abbiamo fatto per l’offerta di lavoro, da una analisi evolutiva relativa al nostro comune. Attraverso le figure 12, 13, 14 e 15 che seguono si vuole segnalare la dinamica di medio e lungo periodo, dal 1971 al 2001, a Scanzorosciate e nell’area dell’ambito 2 di GBG in termini di occupazione: addetti alle unità locali secondo i censimenti, in complesso e nelle attività manifatturiere. Figura 11 - Scanzorosciate. Evoluzione struttura produttiva. Addetti alle unità locali. 1971 e 2001

Altri servizi pubblici, sociali e personali

Istruzione

Attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca, altre attività professionali e imprenditoriali

Intermediazione monetaria e finanziaria

Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni

1971 Alberghi e ristoranti 2001

Commercio all'ingrosso e al dettaglio; riparazione di autoveicoli, motocicli e di beni personali e per la casa

Costruzioni

Produzione e distribuzione di energia elettrica, gas e acqua

Attività manifatturiere

Agricoltura, caccia e silvicoltura

0 200 400 600 800 1.000 1.200 1.400

128 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Figura 12 –Ambito 2 GBG. Evoluzione struttura produttiva. Addetti alle unità locali. 1971 e 2001

Altri servizi pubblici, sociali e personali

Istruzione

Attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca, altre attività professionali e imprenditoriali

Intermediazione monetaria e finanziaria

Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni

1971 Alberghi e ristoranti 2001

Commercio all'ingrosso e al dettaglio; riparazione di autoveicoli, motocicli e di beni personali e per la casa

Costruzioni

Produzione e distribuzione di energia elettrica, gas e acqua

Attività manifatturiere

Agricoltura, caccia e silvicoltura

0 1.000 2.000 3.000 4.000 5.000 6.000 7.000 8.000 9.000

Nello specifico nelle figure 14 e 15 si riporta la dinamica del settore manifatturiero:

Figura 13 - Scanzorosciate. Evoluzione manifatture. Addetti alle unità locali. 1971 e 2001

Altre industrie manifatturiere

Fabbricazione di mezzi di trasporto

Fabbricazione di macchine elettriche e di apparecchiature elettriche ed ottiche Fabbricazione di macchine e apparecchi meccanici, compresi l'installazione, il montaggio, la riparazione e la manutenzione

Produzione di metallo e fabbricazione di prodotti in metallo

Fabbricazione di prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi

Fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche 1971 2001 Fabbricazione di prodotti chimici e di fibre sintetiche e artificiali

Fabbricazione di coke, raffinerie di petrolio, trattamento di combustibili nucleari Fabbricazione della pasta-carta, della carta e dei prodotti di carta; stampa ed editoria

Industria del legno e dei prodotti in legno

Industrie conciarie, fabbricazione di prodotti in cuoio, pelle e similari

Industrie tessili e dell'abbigliamento

Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco

0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 500

129 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Figura 14 – Ambito 2 GBG. Evoluzione manifatture. Addetti alle unità locali. 1971 e 2001

Altre industrie manifatturiere

Fabbricazione di mezzi di trasporto

Fabbricazione di macchine elettriche e di apparecchiature elettriche ed ottiche Fabbricazione di macchine e apparecchi meccanici, compresi l'installazione, il montaggio, la riparazione e la manutenzione

Produzione di metallo e fabbricazione di prodotti in metallo

Fabbricazione di prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi

Fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche 1971 2001 Fabbricazione di prodotti chimici e di fibre sintetiche e artificiali

Fabbricazione di coke, raffinerie di petrolio, trattamento di combustibili nucleari Fabbricazione della pasta-carta, della carta e dei prodotti di carta; stampa ed editoria

Industria del legno e dei prodotti in legno

Industrie conciarie, fabbricazione di prodotti in cuoio, pelle e similari

Industrie tessili e dell'abbigliamento

Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco

0 200 400 600 800 1.000 1.200 1.400 1.600

I dati messi a disposizione a inizio 2007 di ASIA unità locali (Archivio Statistico delle Imprese Attive) da parte di ISTAT consente una stima attendibile e dettagliata degli addetti alle unità locali d’impresa – con l’esclusione del settore pubblico e del non profit – nella media dell’anno 2004. Il confronto con il corrispondente dato censuario al 2001, sempre al netto del settore pubblico, va preso con cautela date le differenze di impostazione delle due rilevazioni. Il 2004 è stato inoltre un anno difficile, dal punto di vista del ciclo economico, e complicato, per la regolarizzazione del lavoro degli stranieri. Qui si propone una breve analisi delle unità locali e degli addetti, cioè i «posti di lavoro» in provincia confrontati con l’area approssimata dal bacino del Centro per l’impiego di Bergamo. A fine 2004 le unità locali di impresa in provincia di Bergamo sono 90.972 e occupano 380.888 addetti (dipendenti o indipendenti). Ben più della metà delle unità locali (il 54,6%) ha un solo addetto ed è, quindi, in linea di massima composta da singoli lavoratori autonomi. La quota di micro-imprese è più alta nella circoscrizione di Bergamo (57,2%), per la concentrazione nel capoluogo di attività professionali e imprenditoriali e di servizi, anche avanzati, svolti da consulenti e figure simili. Le unità locali con un numero di addetti tra 2 e 9 (il 36,2% sul totale delle imprese) impiegano il 29,2% degli addetti totali. Oltre i 9 addetti, invece, la piramide delle unità locali per classe dimensionale si assottiglia con il 5,7% tra i 10 e 49 addetti e dell’1% oltre i 50 addetti. In termini di quota occupazionale, tuttavia, le classi intermedie equivalgono a quasi un quarto (24,7%) dell’occupazione complessiva e le imprese maggiori (con 50 addetti e oltre) offrono lavoro al 32,9% degli addetti totali. Tabella 8 - Addetti alle Unità locali (media annua 2004) per classe di addetti Circ.ne per l'impiego Bergamo 1 add. 2-9 add. 10-19 add 20-49 add > 50 add Totale 16.993 10.760 1.156 526 297 29.732 Unità locali 16.788 37.082 15.349 15.985 41.771 126.975 Addetti 57,2 36,2 3,9 1,8 1,0 100,0 Unità locali % 13,2 29,2 12,1 12,6 32,9 100,0 Addetti %

130 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Totale provincia Unità locali 49.657 34.933 3.854 1.667 861 90.972 Addetti 49.149 119.81250.899 49.988 111.041 380.889 Unità locali % 54,6 38,4 4,2 1,8 0,9 100,0 Addetti % 12,9 31,5 13,4 13,1 29,2 100,0

La distribuzione settoriale di unità locali e addetti mette in evidenza le differenti specializzazioni e vocazioni del nostro territorio in raffronto alla provincia di Bergamo e, in modo approssimato, l’evoluzione complessiva tra il 2001 e il 2004. Per quanto concerne le unità locali, la densità imprenditoriale al 2004 è maggiore nei servizi alle imprese (trasporti, servizi finanziari, informatici e professionali) - 10.988 unità locali pari al 37,0% (27,1 in provincia), ma qui gioca certo un ruolo rilevante il capoluogo; è minore per converso nell’industria – 3.583 unità pari al 12,1% (15,8 in provincia) ed edilizia - 3.432 pari al 11,5% (19,8 in provincia).

Tabella 9 - Unità locali di impresa e addetti per settore di attività economica Servizi Circ.ne per l'impiego Pubblici alle Servizi Servizi Bergamo Industria Edilizia Commercio esercizi imprese collettivi personali TOTALE 3.583 3.432 7.352 1.303 10.988 1.680 1.394 29.732 Unità locali 39.281 12.273 25.516 5.105 36.232 5.038 3.531 126.976 Addetti 12,1 11,5 24,7 4,4 37,0 5,7 4,7 100,0 Unità locali % 30,9 9,7 20,1 4,0 28,5 4,0 2,8 100,0 Addetti %

Totale provincia Unità locali 14.362 18.027 21.002 4.699 24.642 3.860 4.378 90.970 Addetti 158.887 54.26457.792 14.736 74.435 10.981 9.785380.880 Unità locali % 15,8 19,8 23,1 5,2 27,1 4,2 4,8 100,0 Addetti % 41,7 14,2 15,2 3,9 19,5 2,9 2,6 100,0 Rispetto alla situazione registrata nel Censimento 2001 si verifica un aumento di peso relativo delle unità locali dei servizi alle imprese (+ 1,29%), ma non del commercio (-1,53% per via della grande distribuzione) e una live contrazione dell’industria (-0,26%) e dell’edilizia (-0,16). A questo livello le specificità territoriali si confermano, con qualche modesta variazione rispetto al 2001. La distribuzione degli addetti vede ancora prevalere l’attività industriale: 39.281 addetti medi nel corso del 2004 pari al 30,9% del totale. Il peso relativo si riduce però – anche se non sensibilmente - rispetto al Censimento del 2001 dove l’industria pesava il 32,9%. Pur con i limiti di disomogeneità del confronto, si può dire che l’industria ha perso nell’arco di circa tre anni solo 850 addetti (-2,0% in termini relativi). L’edilizia ha più che compensato lo snellimento occupazionale dell’industria: con 12.273 addetti (autonomi o dipendenti) valeva al 2004 il 9,7% dell’occupazione nelle imprese private contro l’ 8,9% del 2001. Sono oltre 5mila gli addetti complessivi in più rispetto al censimento del 2001 (5.130 per l’esattezza). I saldi di tutti i settori sono in progresso rispetto al 2001 con la sola eccezione dell’industria anche se il dato degli addetti ai servizi collettivi, in pratica sanità e istruzione private, va considerato col beneficio del dubbio per possibili problemi di classificazione di imprese o istituzioni nonprofit nel settore. Una parte significativa della crescita dei servizi alle imprese, in senso proprio (logistica e trasporti, finanza, marketing, ICT, ecc.) e nel settore del commercio all’ingrosso, è presumibilmente funzione dei processi di sviluppo e outsourcing delle imprese industriali. L’occupazione nel settore dei servizi alle imprese

131 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

testimonia la loro grande rilevanza locale che rappresenta al 2004 quasi la metà dei posti in provincia: 36mila addetti nella circoscrizione su 74mila in tutta la provincia.

6.4 Le pressioni riscontrate e i valori dei corrispondenti indicatori

6.4.1 Indice di densità demografica

Abitanti per Kmq

1000 900 800 700 600 500 400 300 200 1971 1981 1991 2001 mar-08 Densità 580 697 759 808 871

6.4.2 Indice migratorio lordo

Tasso migratorio

8,00 7,00

6,00

5,00 4,00

3,00 2,00 1972 1981 1991 2001 2006 Tasso migratorio 6,21 5,34 6,33 4,92 7,67

6.4.3 Indice di vecchiaia

Indice di vecchiaia

120,00 100,00

80,00

60,00 40,00

20,00 0,00 1971 1981 1991 2001 2007 Indice di vecchiaia 31,04 41,57 68,51 105,98 112,67

132 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

6.4.4 Famiglie / popolazione

Componenti per famiglia

4,00

3,50

3,00

2,50

2,00 1971 1981 1991 2001 mar-08 Componenti per famiglia 3,80 3,19 3,09 2,79 2,61

6.4.5 Addetti alle UL / popolazione

Addetti su 100 residenti

28,00 25,00 22,00 19,00 16,00 13,00 10,00 stima 1971 1981 1991 2001 2007 Addetti/popolazione X 100 17,47 22,89 25,17 26,18 25,03

6.4.6 Addetti alle UL manifatture / popolazione

Addetti alle manifatture su 100 residenti

16,00 15,00 14,00 13,00 12,00 11,00 10,00 1971 1981 1991 2001 stima Addetti manif/pop X 100 11,69 13,11 14,84 15,09 13,74

133 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

7. Industrie a rischio di incidente rilevante

7.1 L’analisi dei rischi per la Polynt Sul territorio del comune di Scanzorosciate è insediata dal 1955 un’industria chimica che, dopo diversi cambi di denominazione sociale (Ftalital, Lonza e oggi Polynt), occupa oggi una superficie di circa 45 ha (di cui circa 15 riservati a impianti ed edifici e 5 a strutture ecologiche) e conta in queste sede circa 500 addetti. Altre sedi societarie produttive sono a Ravenna, Brembate, San Giovanni Valdarno, Mihelen (Germania), Niepolomice (Polonia) e Changzhou (Cina), occupando complessivamente 1300 addetti. Recentemente ha acquisito anche la proprietà del gruppo Chemial ovvero i due stabilimenti di Cavaglià (Biella) e Leek (nello Staffordshire in Inghilterra). Indubbia è quindi la sua incidenza nel settore occupazionale non solo locale. L’attività, basata sull’ossidazione di idrocarburi e altri processi, ha come prodotti finiti l’anidride ftalica, maleica e trimellitica, l’acido fumarico e malico, esteri e anidridi speciali e catalizzatori, tutti prodotti che sono impiegati nei più svariati settori: da quello elettrico a quello elettronico, da quello alimentare a quello agrochimico, dal medicale a quello edile e dei trasporti, per la produzione di materiali plastici, additivi, resine, lubrificanti, detergenti, ecc...

Le linee dei prodotti della Società sono rappresentate come segue:

I principali rischi connessi all’attività sono il rilascio di butadiene, isoprene, o-xilolo, ossidi di zolfo, butano, benzolo, metanolo, acido acetico, idrogeno, toluene, isoprene, pseudocumene.

In base al D.Lgs. 334 del 17.08.1999 art 8, questo stabilimento è soggetto, oltre all’obbligo di notifica agli enti competenti, alla predisposizione, secondo le indicazione del D.M. 9.5.2001, di un Rapporto di Sicurezza comprensivo del Piano di emergenza esterno detto ERIR (Elaborato tecnico per attività a rischio di incidente rilevante). L’Elaborato tecnico per attività a rischio di incidente rilevante, è stato redatto dalla Lonza (ora Polynt) nel 2004. In tale Rapporto (ERIR a cura di Sindar) sono elencate come da tabella seguente le sostanze presenti nello stabilimento e che comportano l’assoggettamento dello stesso al D.Lgs. 334/99. Ciascuna di esse ha la classificazione di pericolo e le quantità massime detenute.

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Da ERIR pagg. 38-39

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Nella Relazione sono stati esaminati i 10 principali eventi (Top events) con frequenza di accadimento superiore a 10-5 connessi alle predette sostanze e l’immagine che segue ne identifica l’ubicazione e il raggio di azione.

In base a queste e ad altre considerazioni l’ERIR ha sintetizzato la valutazione dei rischi nella tavola seguente:

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Comune di Scanzorosciate Elaborato tecnico RIR Tav.4 – Carta di sintesi – 15 luglio 2002

Sostanzialmente, quindi, le aree interessate da conseguenze anche solo reversibili rientrano nell’area dello stabilimento vero e proprio con l’eccezione di una assai ridotta estensione in prossimità del confine ovest. Non sono quindi state evidenziate aree da sottoporre a specifica regolamentazione che superassero i limiti territoriali di competenza comunale. Il Rapporto tecnico continua sottolineando come “una rilevante iniziativa dell’amministrazione comunale di Scanzorosciate in accordo con la ditta, è stata quella di definire il principio di mantenere una fascia di rispetto tra le attività produttive a rischio di incidente rilevante e le aree circostanti con

137 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale l’obiettivo di contenere anche la percezione del rischio…Al fine di garantire il principio di cui sopra si è provveduto affinché vaste aree di proprietà di Lonza s.p.a. venissero adibite a verde pubblico (in particolare nella zona nord-est) e che in buona parte della restante superficie edificabile (zona nord-est della proprietà) fosse consentito costruire esclusivamente edifici da adibire ad uffici. Nella zona a nord- est sono state realizzate delle montagnette poi piantumate da utilizzare come barriera fonoassorbente.” Nella zona a sud-ovest, sempre in area di proprietà della Polynt, esiste un’altra attività produttiva a sé stante non soggetta a RIR. Nelle altre zone di confine con strade o altri edifici sono presenti uffici, laboratori o magazzini ove non sono presenti attività pericolose.

7.2 Le interferenze con altre industrie a RIR

Per valutare poi la possibilità di effetti domino che possono scaturire dalla vicinanza di altri stabilimenti a RIR, nel Rapporto tecnico stilato per la Polynt, sono stati presi in considerazione gli stabilimenti a RIR più vicini ricadenti nei comuni contermini. Nel Comune di Pedrengo sono infatti presenti due industrie chimiche: la Great Lakes Manifacturing s.r.l. (art. 8 D.Lgs. 344/99), in Via Mazzini,11 e la Domus, in Via Mazzini, 1, entrambe quindi a circa 2 km a sud dal perimetro della Polynt. L’ERIR dichiara che, essendo la distanza superiore a 1 km, “si ritiene ragionevole escludere qualsiasi correlazione di eventi incidentali” tra le unità produttive.

7.3 I piani per l’emergenza a livello provinciale e comunale Poiché nello stabilimento della Polynt sono trattate, prodotte o anche solo stoccate rilevanti quantità di sostanze pericolose (infiammabili, tossiche, nocive, ecc.), ai sensi dell’art. 20 del D.Lgs. 334 del 17.08.1999, il Prefetto ha predisposto un documento di pianificazione che fornisce le indicazioni necessarie alla tempestiva effettuazione degli interventi operativi di protezione civile in caso di incidenti che possano interessare la popolazione residente e l’ambiente all’esterno dell’impianto. Nella provincia di Bergamo tale Piano è stato prodotto dalla Prefettura in sinergia con l’Amministrazione Provinciale, in modo da uniformare pianificazione, metodi, conoscenze, linguaggi ed integrarlo in una pianificazione unitaria. A livello poi locale l’Amministrazione comunale si è occupata di pianificare alla propria scala di dettaglio procedure, metodi, strumenti e risorse per l’emergenza integrando laddove necessario la pianificazione provinciale. Risale al 2006 l’ultima versione del Piano di Emergenza comunale che dà indicazioni sulle strutture e i siti disponibili per affrontare le situazioni critiche quali, non solo gli incidenti dovuti all’attività industriale, ma anche quelle derivate da calamità naturali quali frane, alluvioni, allagamenti,ecc… A seguire si propone stralcio del Piano di emergenza provinciale per la zona di Scanzorosciate e dintorni e un estratto del Piano di emergenza comunale (soggetto a revisione e aggiornamento anche ogni 6 mesi) relativo alla zona di influenza dell’industria a rischio di incidente rilevante.

138 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Estratto da : PIANO DI EMERGENZA PROVINCIALE Carta di sintesi – Settore C.O.M. – Val Calepio Tav.7.11 : Strutture strategiche per l’emergenza Giugno 2003

Scala grafica: 0 1 km

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Estratto da : PIANO DI EMERGENZA COMUNALE Carta dello scenario di intervento Incidente chimico industriale 2a

Tav.Sc 2° 2/2 Agg. 01.10.2007

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8 I consumi energetici e la rete dei sottoservizi

8.1 Premessa Uno degli obiettivi fondanti di Agenda 21 è certamente quello di ridurre i consumi energetici sia attraverso comportamenti più virtuosi mirati ad una diminuzione dei consumi in generale, sia attraverso la diffusione di energie rinnovabili. Attualmente infatti la quasi totalità (circa l’80%) dell’energia consumata in Europa è derivata da energie non rinnovabili quali gas naturale, petrolio, carbone. Entro il 2010 l’Unione Europea deve ricavare almeno il 12% dell’energia che consuma, da fonti rinnovabili. Attualmente in Italia siamo solo al 2%. Tra il 2008 e il 2017 gli stati europei devono ridurre i propri consumi del 9% e gli enti pubblici devono farsi promotori esemplari di questi obiettivi. Nel solo settore industriale l’impegno assunto è di ridurre del 17% i consumi energetici nello stesso periodo, mentre nei trasporti l’obiettivo da raggiungere è la riduzione del 18%. Il quadro prospettato dal Rapporto annuale di Ambiente Italia (2007) non è dei più confortanti, laddove si sintetizza lo scarso sforzo del nostro paese nella ricerca di fonti alternative: “nel 2005 le fonti rinnovabili hanno pesato il 6% in meno sul mix energetico, per effetto soprattutto della riduzione della produttività degli impianti idroelettrici. Nel settore elettrico, l'incidenza delle rinnovabili nell'ultimo quinquennio è stata del 17,6%, un punto in meno della media dei precedenti cinque anni. Le fonti fossili coprono l'88% dei consumi energetici, alla faccia del Protocollo di Kyoto e della necessità di potenziare l'energia pulita. Siamo in ritardo anche nello sviluppo dell'energia eolica, che pure rimane la fonte pulita più diffusa in Italia: 6 MW eolici ogni 1000 abitanti, contro i 20 della Spagna, i 52 della Germania, i 73 della Danimarca. Praticamente statico il livello d'efficienza delle centrali termoelettriche, che passa dal 40,1% del 2000 al 40,2% del 2004, 8 punti percentuali in meno rispetto alla media europea. Direttamente collegato a questi numeri è il nostro drammatico ritardo nella lotta ai mutamenti climatici: le emissioni di gas serra sono cresciute del 12,1% rispetto ai livelli del 1990, mentre in Europa c'è stata nello stesso periodo una contrazione di circa mezzo punto percentuale” Fondamentale poi, negli studi per le previsioni di sviluppo di un territorio, tener conto della rete dei sottoservizi e della possibilità/margine di allacciamento. In tal senso il Piano Urbano Generale dei Servizi nel Sottosuolo (PUGSS), che sarà allegato al PGT, facendo una fotografia dell’attuale stato dei sottoservizi potrà rendere conto di tali potenzialità o criticità di cui gli enti gestori dovranno farsi carico per la loro risoluzione.

8.2 La normativa di riferimento

8.2.1 Settore energetico Molte sono state negli ultimi anni le norme in materia nella legislazione italiana. Le principali in ordine cronologico sono: a) la Legge 10/1991 (abrogata nel 2005) e i conseguenti decreti attuativi; b) il DM 178 dell’8.10.2005; c) il D.Lgs. 192 del 19.08.2005 “Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell'edilizia” Fonte: G.U. n. 222 del 23/09/2005 – s. o. N. 158 (integrato nel 2007). d) D.M. 22.12.2006 “Approvazione del programma di misure ed interventi su utenze energetiche pubbliche, ai sensi dell'articolo 13 del decreto del Ministro delle attivita' produttive, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 20 luglio 2004” Fonte G.U.n.2 del 3.1.2007. Prevede il finanziamento di diagnosi energetiche su edifici pubblici. e) il D.Lgs. 311 del 29.12.2006, “Disposizioni correttive e integrative al D.Lgs. 19 agosto 2005, n° 192, recante attuazione della direttiva 2002/91/CE, relativa al rendimento energetico nell’edilizia”. Fonte: G.U. n. 26 del 1/02/07 – s.. o. N. 26/L. Introduce, tra l’altro, l’obbligo di allegare l’attestato di certificazione energetica all’atto di compravendita di interi immobili o di singole unità immobiliari, e l’obbligo, nel caso delle locazioni, di consegnare o mettere a disposizione del conduttore l'attestato di certificazione energetica. Tali obblighi sono stati abrogati (tranne che per le nuove costruzioni) dal

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recente D.Lgs. 133/08. L’Attestato di certificazione energetica (ACE) è costituito da un documento comprovante la prestazione energetica e alcuni parametri energetici dell’edificio; f) D. Lgs. 115 del 30/5/2008 “Attuazione della direttiva 2006/32/CE relativa all'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici e abrogazione della direttiva 93/76/CEE”. Fonte: GU n. 154 del 03/07/2008. che prevede premi volumetrici per murature e solai necessari al miglioramento dell’isolamento termico degli edifici e semplificazioni per l’installazione di pannelli solari e fotovoltaici. g) L. 133 del 06.08.2008 “Conversione del decreto legge 112/2008, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita`, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”. Fonte G.U. n. 195 del 21 agosto 2008 (s. o. n. 196). La recentissima legge reca all’interno il Piano Casa che, tra l’altro, secondo la bozza di DPCM attuativo, incentiva il risparmio energetico in edilizia a canone sostenibile attraverso contributi a fondo perduto (fino a 10.000 euro) sulle abitazioni con fabbisogno energetico inferiore del 50% rispetto al Dlgs 192/2005. In questa legge, però, vengono abrogati: • per gli edifici già realizzati, l’obbligo di allegare l'ACE (Attestazione Certificazione Energetica) nel caso di trasferimento a titolo oneroso e locazione di immobili. • il comma che prevedeva la nullità del contratto per trasferimenti e locazioni nel caso di assenza di ACE I principi su cui si basa il legislatore con l’emanazione di quest’ultima legge sono, quindi: • la riduzione delle dispersioni di calore invernali; • la riduzione delle rientrate di calore per trasmissione e irraggiamento nella stagione estiva; • la riduzione, comunque, dell’energia impiegata per riscaldamento e condizionamento mediante l’adozione di macchine ad alto rendimento; • l’utilizzo, per quanto possibile, delle fonti di energia rinnovabile per gestire gli edifici. Tutto ciò per incentivare l’ottenimento delle più alte classi (A, B) di livello energetico obbligando, di fatto a coniugare le scelte impiantistiche con quelle edili/architettoniche. Per nuove costruzioni il decreto riporta l’elenco delle verifiche da effettuare in funzione delle categoria di edificio (residenziale, ad uffici, commerciale, ecc). Il decreto pone dei vincoli: • sul rendimento globale medio stagionale; • sui valori di trasmittanza delle strutture opache degli involucri edilizi; • sui valori di trasmittanza delle strutture trasparenti degli involucri edilizi; • sulla massa delle strutture; • sugli schermi solari per la climatizzazione estiva; • sui sistemi di termoregolazione; • sul rendimento minimo delle pompe di calore. In particolare ai commi 12 e 13 in riferimento alle energie alternative si decreta: • l’obbligo di utilizzare fonti rinnovabili per la produzione di energia termica, in grado di coprire almeno il 50% del fabbisogno annuo di energia primaria richiesta dall’utenza per la produzione di acqua calda a uso sanitario; • l’obbligo di utilizzare fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica.

Vengono anche previsti, attraverso i D.M. 28 luglio 2005 e 6 febbraio 2006, poi aggiornati dal D.M.. 19 febbraio 2007, nuovi incentivi per l’installazione di impianti fotovoltaici: non si tratta di finanziamenti in conto capitale per la realizzazione degli impianti, ma di un meccanismo di incentivi che remunerano tutta l’energia elettrica prodotta da tali impianti, facendo percepire al proprietario dell’impianto fotovoltaico introiti in termini continuativi, a cadenza mensile, per i primi venti anni di vita dell’impianto. Il meccanismo del “conto energia” premia unicamente gli impianti collegati alla rete elettrica, e le tariffe incentivanti sono legate all’energia elettrica prodotta dall’impianto fotovoltaico, realizzato in conformità al D.M. 19 febbraio 2007, sulla base di una tariffa incentivante legata alla potenza nominale e alla tipologia dell’impianto.

142 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Gli impianti fotovoltaici che accedono alle tariffe incentivanti del conto energia possono beneficiare di un premio aggiuntivo se il soggetto responsabile si munisce di un attestato di certificazione energetica relativo all’edificio con gli eventuali interventi migliorativi delle prestazioni energetiche; il legislatore ha previsto anche vantaggi di tipo fiscale in modo particolare per gli impianti al di sotto dei 20kW.

Più recentemente il D. Lgs. 115 del 30 maggio 2008 ha poi previsto premi volumetrici per murature e solai necessari al miglioramento dell’isolamento termico degli edifici e semplificazioni per l’installazione di pannelli solari e fotovoltaici.

Normativa regionale Anche a livello regionale la normativa ha avuto un forte sviluppo in attuazione delle disposizioni nazionali. Di seguito le principali connesse al risparmio energetico negli edifici. Legge Regionale N° 26 del 20/4/1995 “Nuove modalità di calcolo delle volumetrie edilizie e dei rapporti di copertura limitatamente ai casi di aumento degli spessori dei tamponamenti perimetrali e orizzontali per il perseguimento di maggiori livelli di coibentazione termo acustica o di inerzia termica” Fonte: BURL n. 17 - 1° so del 24/04/1995 Legge Regionale N° 24 del 11/12/2006 “Norme per la prevenzione e la riduzione delle emissioni in atmosfera a tutela della salute e dell'ambiente” Fonte: BURL n. 50 del 13/12/2006 D.G.R.L. n. 8/5018 del 26 giugno 2007, in esecuzione della L.R. 24/2006, “Disposizioni inerenti all’efficienza energetica in edilizia”, inclusa la disciplina relativa ai limiti di fabbisogno energetico degli edifici e le modalità per certificarlo; Fonte: BURL n. 29 del 20/07/2007 - 3° ss DDUO n. 9527 del 30/08/2007: “Aggiornamento della procedura di calcolo per determinare i requisiti di prestazione energetica degli edifici”; Fonte: BURL n. 37 del 10/09/2007 – s.o D.G.R.L. 5773 del 31 ottobre 2007 “ Modifiche e integrazioni alla DGRL 8/5018”; Fonte: BURL n. 45 del 9/11/2007 - 3° ss. L.R. 33 del 28.12.2007 che integra la L.R. 26/1995: in attuazione ai dispositivi nazionali del D.Lgs. 115/2008, all’art.12 prevede scomputi degli spessori relativi ai muri perimetrali e ai solai che costituiscono l’involucro esterno delle nuove costruzioni e delle ristrutturazioni nella determinazione della superficie lorda di pavimento, dei volumi e dei rapporti di copertura in presenza di riduzioni certificate superiori al 10% rispetto ai valori limite previsti dalla DRG 5018/2007 e successive modifiche ed integrazioni . Fonte BURL 29/12/2007 n. 52 D.D.G. 7 agosto 2008 - n. 8935: “Approvazione circolare relativa all’applicazione della L.R. 26/1995 e al rapporto con l’art. 11 del D.Lgs. 115/2008”; Fonte BURL n. 35 del 25 agosto 2008 s.o.

8.2.2 Settore sottoservizi Direttiva 3/3/99 “Razionale sistemazione nel sottosuolo degli impianti tecnologici" (Direttiva Micheli), Fonte G.U. 11 marzo 1999. L.R. n. 26/2003 “Disciplina dei servizi locali di interesse generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia e di utilizzo del sottosuolo”, Fonte BURL del 26.10.2006 - 3° s. s. Criteri guida per la redazione del Piano Urbano Generale dei Servizi del Sottosuolo - PUGSS in attuazione dell'art. 37 della L.R. 26/2003. Fonte BURL n. 53 del 1 marzo 2005, 1° s.o.. D.G.R.L. 4 agosto 2005 - n° 8/528 - "Approvazione dello schema di protocollo d'intesa per il controllo degli scarichi degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane". D.G.R.L. 17 maggio 2006 - n° 8/2557 - "Direttiva per l'individuazione degli agglomerati, ai sensi dell'articolo 44, comma 1, lettera c) l.r.. n. 26/2003, - Disciplina dei servizi di interesse economico generale Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche". Regolamento regionale 24 marzo 2006, n° 2 - Disciplina dell'uso delle acque superficiali e sotterranee, dell'utilizzo delle acque a uso domestico, del risparmio idrico e del riutilizzo dell'acqua in attuazione dell'articolo 52, comma 1, lettera c) della legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26. Regolamento regionale 24 marzo 2006, n° 3 - Disciplina e regime autorizzatorio degli scarichi di acque reflue domestiche e di reti fognarie, in attuazione dell'articolo 52, comma 1, lettera a) della legge regionale 12 dicembre 2003, n.

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26 e relative "Norme tecniche regionali in materia di trattamento degli scarichi di acque reflue in attuazione dell'articolo 3, comma 1 del Regolamento reg. 2006, n.3" Regolamento regionale 24 marzo 2006, n° 4 - Disciplina dello smaltimento delle acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne, in attuazione dell'articolo 52, comma 1, lettera a) della legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26 e relativa "Direttiva per l'accertamento dell'inquinamento delle acque di seconda pioggia in attuazione dell'art. 14, comma 2, del Regolamento Regionale n° 4/2006" Regolamento regionale n. 4 del 3 aprile 2007 - "Standard qualitativi e modalità di gestione per l'erogazione dei servizi locali di interesse economico generale e criteri di ammissibilità e aggiudicazione delle gare. Standard relativi al servizio idrico integrato, in attuazione dell'art. 2, comma 10, della l.r. 26/2003", Fonte BURL del 6 aprile, 1° s. o. al n. 14 . Entrato in vigore il 7 aprile 2007, il provvedimento definisce gli standard qualitativi, che vengono ulteriormente innalzati, per l'erogazione di servizi locali attinenti la gestione dei rifiuti, il consumo di energia, l'utilizzo del sottosuolo e delle risorse idriche. In questo regolamento sono già anticipati gli standard relativi al servizio idrico integrato e vengono inoltre indicati i parametri a cui la Giunta regionale dovrà attenersi per definire, entro 6 mesi, gli indicatori relativi ai predetti standard. Il regolamento contiene altresì i criteri per definire il grado di competenza tecnica e professionale dei soggetti partecipanti alle gare e i requisiti per l'ammissibilità e l'aggiudicazione delle gare stesse. Circolare "Indicazioni agli Enti Locali e alle Autorità d'Ambito per l'attuazione delle disposizioni concernenti l'organizzazione del servizio idrico integrato - L.r. 26/2003" Fonte BURL 26.10.2006 - 3° s.s. Decreto 16.10.2006 n. 11444.

8.3 La rete dei sottoservizi Il comune di Scanzorosciate ha una rete di acquedotto gestita dalla società Aqualis s.p.a. (interamente pubblica) che svolge il servizio idrico integrato (ovvero adduzione acqua, fognatura, e depurazione tramite il depuratore di Bagnatica). L’acqua proviene dai quattro pozzi pubblici situati tutti all’interno del territorio comunale e da altri pozzi esterni nonché dalla sorgente rio Re situata nel territorio di Albino. In corrispondenza di ciascuna captazione è installato l’impianto di clorazione. La qualità dell’acqua potabile, monitorata dal gestore e periodicamente da ARPA, è sempre risultata buona con parametri di inquinamento sempre al di sotto dei valori limite. In allegato si riporta la tavola della rete di distribuzione dell’acqua ove sono indicati anche i parametri tecnici delle tubazioni. Il consumo è di 258 litri/ab/g secondo il dato del 2005 (in Italia, nel 1999 sono stati mediamente 267 litri/ab/g). Per avere un termine di paragone a seguire una tabella che indica la media regionale in Italia. Consumi d’acqua in ambito civile nelle regioni italiane – anno 1999

Piemonte Piemonte Val d’Aosta Lombardia Trentino Friuli V.G. Liguria Emilia-Romagna Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Italia REGIONE l/ab 280 364 333 318 318 373 240 246 220 251 311 248 218 226 157 260 255 232 249 267 /g

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COMUNE DI SCANZOROSCIATE

Planimetria rete acquedotto comunale

Scala 1:15.000 ca.

145 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

La rete di fognatura serve gran parte dei centri abitati del territorio comunale. Oltre agli scarichi civili, nei due collettori consortili “Consorzio per la tutela ambientale del bacino dello Zerra” e “Consorzio per la tutela della Valle seriana” si innestano (al marzo 2007) 52 scarichi di insediamenti di tipo industriale/artigianale oltre alle industrie della Polynt, Officine Resta (in via di dismissione) e la ditta metallurgica M.E.G.A. S.p.A. Sono state rilasciate anche 14 autorizzazioni per lo scarico in acque superficiali. La planimetria allegata (costituita dall’assemblaggio delle carte in scala 1:2.000) rende conto dell’articolazione del sistema delle acque fognarie. E’ in corso da parte del Comune di Scanzorosciate il censimento di tutti gli scarichi in acque superficiali sulla base dei rilievi fatti durante lo studio per l’identificazione del reticolo idrico minore, diventato di competenza comunale a seguito della D.G.R.L. n. 7/7868 del 25 gennaio 2002 “Determinazione del reticolo idrico principale. Trasferimento delle funzioni relative alla polizia idraulica concernenti il reticolo idrico minore come indicato dall’art. 3 comma 114 della L.R. 1/2000 – Determinazione dei canoni di polizia idraulica”. Questo studio ha anche lo scopo di determinare le fasce di rispetto e di definire le norme tecniche di attuazione per il controllo delle attività inerenti il reticolo stesso.

Per quanto riguarda la rete del gas la cui fornitura è gestita da SIME, si allega a seguire la planimetria aggiornata al 2006 come riportata anche sul “Rapporto sullo stato dell’ambiente nel comune di Scanzorosciate”. Per quanto riguarda i consumi, l’argomento è stato trattato nel paragrafo a seguire.

Per quanto attiene la rete fuori terra dell’energia elettrica il tema è stato affrontato nel capitolo 5 dove è stata allegato il rilievo degli elettrodotti aerei risultanti nell’areofotogrammetria o da rilievi in sito. Per quanto riguarda infine il sistema a banda larga il comune di Scanzorosciate, al momento non è tra i Comuni che hanno aderito al servizio.

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COMUNE DI SCANZOROSCIATE Planimetria fognatura e tombinatura –

Assemblaggio tavole (originale scala 1:2000) Agg. Marzo 2003 Scala tavola ca. 1:12.000

147 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

148 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

8.4 La situazione dei consumi energetici e le tendenze all’utilizzo di fonti alternative

8.4.1 I consumi energetici negli edifici pubblici comunali Nell’agosto del 2007 l’amministrazione comunale ha pubblicato, dopo apposita indagine commissionata per la valutazione dei consumi energetici, gli esiti di un audit energetico condotto sui seguenti edifici pubblici: - biblioteca - scuola elementare di Via De Sabata - scuola elementare di Via A.Moro - scuola elementare di Via G.Pascoli - scuola media di Via F.Nullo - municipio Gli audit rendono conto dei consumi di energia elettrica e termica tra il 2033 e il 2005, delle criticità impiantistiche e comportamentali rilevate, suggerendo interventi e tempi per la loro risoluzione, stimando il risparmio sui consumi di energia e delle emissioni di CO2. Alcuni degli interventi proposti in questa indagine sono stati realizzati e si ritiene che già dalla prossima primavera si possano verificare le previsioni sui risparmi energetici ipotizzati. A solo titolo di esempio sono stati installati di recente (estate 2008) impianti fotovoltaici sulla copertura della biblioteca comunale (96 pannelli per la produzione di 17 kW) e pannelli solari per la produzione di acqua cala sanitaria sulla copertura della palestra di Via Sonzogni. Sarà interessante monitorare il risparmio energetico ottenuto da tali installazioni tenendo anche conto dei costi di ammortamento.

8.4.2 Le pressioni riscontrate e i valori dei corrispondenti indicatori Già nel Rapporto Ambientale del 2007 del Comune di Scanzorosciate, dai dati forniti da ENEL e SIME sulle forniture era emerso il dato di cui ai grafici seguenti:

dal quale risulta che la maggior parte dell’energia elettrica è assorbita dall’industria. Già questo indica che una delle priorità di indirizzo per il risparmio energetico dovrà essere rivolta a questo settore.

149 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

In questo caso il settore industriale non è così preponderante nei consumi di gas e il maggior assorbimento deriva dalla domanda di riscaldamento. E’ indubbio che su tale pressione si dovrà intervenire fornendo risposte in termini di scelte tecnologiche e di politica energetica al fine di ridurre drasticamente non solo l’impatto sulla risorsa energia, ma anche l’impatto conseguente sulla componente aria per la quale è necessario migliorare gli indici di qualità connessi con le emissioni di metano e CO2 da combustione. Una prima valutazione della bontà di alcune scelte di contenimento dei consumi intraprese dall’amministrazione comunale potrà derivare dal monitoraggio degli indicatori di consumo energetico, dopo un periodo di utilizzo dei nuovi impianti installati e le ristrutturazione di alcuni edifici pubblici di cui agli audit energetici riportati nel paragrafo precedente. In questi audit le pressioni, ovvero le cause che determinano elevati consumi energetici, e le criticità riscontrate sono state principalmente: • consumi eccessivi legati all’illuminazione dei locali • impianti di illuminazione e di climatizzazione non efficienti • scarsa coibentazione degli edifici • impianti di distribuzione dell’acqua sanitaria non efficienti • impianti di riscaldamento a basso rendimento. Gli indicatori suggeriti per il monitoraggio dei consumi energetici sono in primo luogo i kw di energia elettrica consumati nel settore pubblico (distinguendo possibilmente tra impianti di illuminazione, riscaldamento e il resto). Anche il consumo di energia elettrica monitorato da Enel (suddiviso in uso nei settori agricoltura, domestico, industria e terziario) potrà essere un utile indicatore per la valutazione delle variazioni nel tempo dai quali poter dedurre indici di risparmio energetico. Analogamente potrà essere fatto sui consumi del gas metano.

150 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

9 Lo smaltimento dei rifiuti

9.1 Introduzione

Il ciclo e la gestione dei rifiuti rappresentano un indicatore privilegiato per verificare la sostenibilità di un ecosistema urbano. I rifiuti costituiscono infatti un fattore di pressione antropica sugli ecosistemi, nel senso che una loro corretta gestione può, da un lato diminuire notevolmente l’impatto provocato, e dall’altro trasformare i rifiuti stessi in risorsa preziosa, sia come materia prima, attraverso il riciclaggio e il recupero, sia come risorsa energetica, grazie alla termo- valorizzazione. In questa ottica, si profilano soluzioni interessanti per due ordini di problemi: l’eliminazione fisica del rifiuto, la migliore alternativa alla discarica e a forme fortemente impattanti di smaltimento, e la riduzione dell’utilizzo di nuove materie prime e combustibili fossili. L’obiettivo prioritario è comunque la riduzione dei quantitativi di rifiuti prodotti in ambito urbano, soprattutto dei rifiuti che non possono più essere utilizzati e che sono dunque irrimediabilmente destinati ad essere stoccati, resi inerti e conferiti in discarica. A questa esigenza cercano di rispondere le più recenti normative comunitarie e nazionali che impongono livelli crescenti di recupero e riciclaggio del rifiuto, escludendo il più possibile il ricorso alle discariche e prevedendo la riduzione degli imballaggi, che oggi contribuiscono in misura considerevole a comporre il volume totale dei rifiuti. Per comprendere l’impatto ambientale complessivo dei rifiuti è necessario analizzare il loro ciclo di vita: il rifiuto viene infatti prodotto nelle abitazioni come rifiuto urbano o nelle industrie come rifiuto speciale, per poi essere raccolto tramite una raccolta differenziata o tramite una raccolta tradizionale con cassonetto generico. I rifiuti una volta raccolti vengono smaltiti presso impianto di trattamento (impianto di compostaggio per l’umido ed il verde, impianti di selezione per il materiale differenziato, discariche e termo-valorizzatori per i rifiuti indifferenziati). Nel dettaglio possiamo distinguere: I Rifiuti Urbani (Ru) costituiti da rifiuti di origine domestica di natura solida destinati a smaltimento e/o recupero compresi quelli di origine non domestica assimilati ai rifiuti urbani ( ai sensi dell’art. 184 del D. Lgs 152/06) . I rifiuti urbani indifferenziati (RUInd) costituiti dai rifiuti urbani destinati a smaltimento in discarica o inceneritore (frazione residuale) I rifiuti ingombranti (RIng) di origine domestica di dimensioni e di ingombro tali da non poter rientrare nel circuito di raccolta dei RuInd (ad esempio mobili, pezzi di arredamento, grossi imballi), generalmente costituiti da materiali suscettibili di recupero. I rifiuti ingombranti inviati a recupero (RIngR) desumibili dalle informazioni ricevute dagli impianti e da quelle dichiarate nei Mud. I rifiuti ingombranti inviati a smaltimento (RIngS) I rifiuti spazzamento strade (SPAZZ) derivanti dalla pulizia delle strade. I rifiuti cimiteriali (CIMIT) provenienti da esumazioni, estumulazioni ed altre attività cimiteriali. I rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata (RD) comprendono tutte le frazioni di rifiuto che sono raccolte separatamente, rispetto al flusso indifferenziato destinato a smaltimento. La raccolta differenziata può essere finalizzata al recupero di materia o alla produzione di energia, ad esempio attraverso un processo di riciclaggio o compostaggio, oppure allo smaltimento in condizioni di sicurezza per l’ambiente e la salute di alcune sostanze ad elevato potere inquinante, come nel caso dei Rifiuti Urbani Pericolosi. I comuni della provincia di Bergamo sulla spinta della L.R. 21/93 (oggi sostituita dalla L.R. 26/2003), hanno attivato, in diversa misura, le raccolte differenziate delle seguenti tipologie di rifiuti: Vetro Plastica Siringhe Alluminio Carta Legno Toner Altri materiali Verde-Umido Batterie d’auto Stracci e indumenti dismessi Raee ex Beni Durevoli F.O.R.S.U. Contenitori “T” e/o “F” Pile Oli Vegetali e/o Animali Materiali ferrosi Oli Minerali Farmaci Pneumatici

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I dati oggetto di analisi, si riferiscono alla produzione, raccolta e smaltimento dei rifiuti riferiti agli anni 2005-2006 pubblicati nel documento “Produzione rifiuti e raccolta differenziata” redatto dall’Osservatorio rifiuti della provincia di Bergamo.

9.2 La normativa di riferimento

Normativa comunitaria ed internazionale:

Direttiva 91/156/CEE del Consiglio del 18 marzo 1991 che modificava la direttiva 75/442/CEE relativa ai rifiuti Direttiva 91/689/CEE del Consiglio 12/12/1991 – Rifiuti pericolosi Direttiva 91/62Ce del Parlamento Europeo e Consiglio del 20/12/1994 – Imballaggio e rifiuti di imballaggio

Normativa nazionale

D.lgs n.152 del 3 aprile 2006 - Norme in materia ambientale (Testo unico) - In particolare la parte IV – Norme in materia di gestione dei rifiuti -Recepisce gli obiettivi strategici dell’Unione europea in materia di gestione dei rifiuti ed imprime una notevole spinta al cambiamento delle politiche per la loro gestione. I presupposti principali sono la protezione dell’ambiente e la responsabilizzazione di tutti i soggetti coinvolti nel ciclo di vita dei prodotti. Il Decreto M. dà attuazione in materia di rifiuti a tre Direttive Comunitarie (Dir. 91/156/CEE, Dir. 91/689/CEE e Dir. 94/62/CEE). Il D.M indica , in particolare alcune azioni prioritarie che le Pubbliche Amministrazioni devono impegnarsi a far proprie: • azioni di prevenzione e di riduzione delle quantità e delle pericolosità di rifiuti prodotti; • azioni di valorizzazione e di studio per l’introduzione di sistemi integrati tesi a favorire il massimo recupero di energia e di risorse. Azioni di corretto smaltimento, individuazione e corretta destinazione sul territorio delle frazioni di rifiuto non recuperabili attraverso l’utilizzo di tecnologie ambientalmente compatibili, la minimizzazione degli spostamenti e l’efficacia dei controlli

D. Lgs 13 gennaio 2003 n. 36 - Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti D.M. 03 agosto 2005 - Definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica Ex D.lgs 507/93; DPR 158/99;Legge 488/99 art. 33; Sono normative che regolano il processo di trasformazione della tassa (smaltimento dei rifiuti) in tariffa (gestione dei rifiuti) D.M. 8/04/2008 “Disciplina dei centri di raccolta dei rifiuti urbani raccolti in modo differenziato, come previsto dall’art. 183, comma 1, lettera cc) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modifiche.

Normativa regionale

L.R. 21/93 - Smaltimento di rifiuti urbani e di quelli dichiarati assimilabili a norma del DPR 915/82. Funzioni della Regione e delle Province: Questa legge ha anticipato molti dei principi del D.M e ha delegato alle Province la definizione dei Piani provinciali di smaltimento dei rifiuti e degli RSAU (Rifiuti Solidi Assimilabili agli Urbani) L.R. 26/2003 “Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche”

152 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

9.3 La situazione dei rifiuti a livello provinciale

Secondo i dati provinciali, la provincia di Bergamo produce complessivamente circa 479.000 t/annue di rifiuti costituiti da: Rifiuti urbani indifferenziati, rifiuti da spazzamento strade, rifiuti ingombranti destinati a smaltimento, rifiuti ingombranti destinati a recupero, rifiuti da raccolta differenziata.

La percentuale dei rifiuti raccolti nella provincia di Bergamo nell’anno 2006

La produzione giornaliera di rifiuti per abitante nel 2006 ha raggiunto nella Provincia di Bergamo l’1,2 kg / abitante giorno. Di seguito vengono proposte le percentuali più significative, riferite ai rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata condotta nella nostra provincia.

Composizione merceologica della raccolta differenziata nella provincia di Bergamo

La raccolta differenziata a livello provinciale incide per il 50,10% rispetto al totale dei rifiuti prodotti.

Incidenza della raccolta differenziata

153 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

E’ bene ricordare che entro il 2006 era obbligo di tutti i Comuni raccogliere in maniera differenziata almeno il 35% dei rifiuti prodotti (in origine tale percentuale era da raggiungere nel 2003); la nuova normativa prevede l’obbligo di raggiungere il 65% entro il 2010. Di seguito notiamo come è distribuita l’incidenza della raccolta differenziata negli ultimi otto anni tra i 242 comuni della provincia di Bergamo:

Solo 76 comuni su 242 non soddisfano i requisiti richiesti dalla normativa per l’effettuazione della raccolta differenziata, mentre 166 comuni contribuiscono con percentuali soddisfacenti alla raccolta differenziata. In pratica il 69% dei comuni della nostra provincia raggiunge la percentuale minima prevista per la raccolta differenziata, fissata al 35% del totale dei rifiuti prodotti.

9.4 La raccolta e il trattamento dei rifiuti nel comune di Scanzorosciate

Il Comune di Scanzorosciate ha affidato alla società Valcavallina Servizi Spa il servizio di raccolta dei rifiuti differenziati “Porta a porta” nei giorni prestabiliti e con le modalità di conferimento previste. Alla medesima società il comune ha affidato su specifico incarico, la gestione della Piattaforma Ecologica situata in Via Pezzotta.

154 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Le piattaforme ecologiche (o piazzole ecologiche, se occupano una superficie inferiore a 600 m2.), sono spazi messi a disposizione dalle amministrazioni comunali, quali centri per la raccolta differenziata dei rifiuti riciclabili. Si tratta di aree controllate, dove i privati cittadini e le aziende residenti sul territorio comunale, possono conferire i vari tipi di rifiuti opportunamente separati. La separazione risulta dunque essere la priorità al buon funzionamento della piazzola, nonché l’obiettivo principale per effettuare un corretto riciclo del rifiuto prodotto. Il vetro ad esempio può essere riciclato infinite volte. Nel riciclaggio il nemico numero uno è la ceramica che presenta lo stesso peso specifico e quindi può essere tolta solo manualmente. La carta può essere riciclata dando origine appunto alla carta riciclata che non viene prodotta dal legno, ma viene prodotta utilizzando la cellulosa della carta fornita dalla raccolta differenziata. Non tutta la carta è adatta alla raccolta differenziata, ecco alcuni esempi di carte non adatte al riciclo : • tutti i materiali non cellulosici • I contenitori di prodotti pericolosi • Carte sintetiche • Ogni tipo di carta e cartoncino che sia stato sporcato ( ad es. Carta oleata, carta e cartone unti e fazzoletti di carta usati, questi ultimi possono finire però nella raccolta differenziata della frazione organica) La plastica può essere riciclata seguendo alcune regole di base: virtualmente tutti i tipi di plastica sono adatti al riciclaggio, a meno di contaminazioni che lo rendano sconveniente. Nei prodotti sicuramente riciclabili vi è comunque il simbolo caratteristico di tre frecce a forma di triangolo, con all’interno il numero SPI (Society of the Plastics Industry) identificativo del polimero specifico (pet, politene, polistirene..) . Alcuni tipi di plastica non sono adatti al riciclaggio diretto, per esempio: • giocattoli • attaccapanni • custodie dei cd

Non sono direttamente riciclabili, cioè non avviabili alla produzione di nuovo pellet per produrre plastica di buona qualità, • le resine termoindurenti come la bachelite (tutta la vecchia plastica isolante e termica), • le resine ureiche (di uso più recente), • la melammina (piatti di plastica rigidi), le resine epossidiche (di uso più tecnologico, come le colle ad alta resistenza) e molte resine poliesteri (base di molti materiali composti con fibre organiche o di vetro), • il kevlar ed altre. In genere sono sicuramente differenziabili:

• le resine termoplastiche, quali i contenitori per liquidi in plastica (contenitori di detersivi, bagnoschiuma e bottiglie) • tutti quelli definiti imballaggi.

Il rifiuto organico, talvolta chiamato “Umido” è la frazione compostabile dei rifiuti domestici, è spesso la prima componente dei rifiuti (25-30%). In discarica genera il cosiddetto biogas (metano) che talvolta è utilizzato come fonte energetica. Gli impianti di compostaggio possono “pre trattare” il rifiuto prima di disporlo in discarica, recuperando il metano ed evitando la formazione di percolato. L’organico in molti comuni è gestito dai cittadini, che lo riciclano in proprio attraverso il compostaggio domestico, in giardino con un apposito contenitore detto “composter”, nel quale vengono raccolte la frazione organica di cucina, dell’orto o giardino e mediante un processo aerobico di decomposizione, il rifiuto organico si trasforma in concime .

155 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Il comune di Scanzorosciate riconosce al cittadino compostatore uno sconto sulla tassa/tariffa dei rifiuti gestiti in proprio per questa frazione. La piattaforma ecologica del comune di Scanzorosciate, ubicata in via Pezzotta, ha una superficie superiore ai 600 m2, garantisce un’apertura quotidiana nei giorni feriali

e dispone di appositi contenitori quali: • cassonetti per la raccolta differenziata della plastica, • cassonetti per la raccolta di vetro, • contenitori per raccolta di pile e farmaci scaduti; • manichette per la raccolta differenziata per oli esausti • containers per la raccolta di materiale ingombrante • compattatori per la raccolta del cartone. Alcuni esempi di contenitori fotografati c/o la piattaforma ecologica del comune di Scanzorosciate:

Cassoni per sola plastica: bottiglie Cassoni per raccolta vetro

Raccoglitori per pile, farmaci ecc Manichette per la raccolta degli oli esausti

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Recentemente è stato introdotto l’accesso regolamentato alla Piazzola Ecologica, tramite un’apposita tessera magnetica.

9.5 La raccolta differenziata nel comune di Scanzorosciate

Nella classifica dei Comuni Ricicloni, relativamente ai paesi del nord Italia sotto i diecimila abitanti, Scanzorosciate guadagna due posizioni passando dal: 339° posto del 2006 al 337° posto del 2007 Apparentemente non si tratta di un grande progresso, se si tiene conto che nel 2005 Scanzorosciate occupava la 181° posizione, tuttavia qualche miglioramento significativo c’è stato. La percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti è passata dal 56,2% al 63% del 2006 I dati a confronto: Anno Produzione totale rifiuti (t) % racc.diff. 2006 3.933 63,01% 2007 3.804 60% Nell’anno 2006 sono state raccolte complessivamente 3.933 tonnellate di rifiuti, in media 1.125 kg per famiglia e 1,17 kg al giorno per persona. Si ricorda che nello stesso anno la media provinciale è stata di 1,2 kg/ab/g

I quantitativi dei rifiuti raccolti anno 2006

Ruind ; 26,00%

Spazz; 6,30%

RD; 63,01% RIng; 4,40%

Ruind Spazz RIng RD

Nell’anno 2007 sono state invece raccolte complessivamente 3.805 tonnellate di rifiuti così distribuite:

I quantitativi di rifiuti raccolti anno 2007

Ruind , 28%

Spazz, RD, 4,70% 60,00% RIng, 3,60%

Ruind Spazz RIng RD

157 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

9.6 I dati a confronto

Di seguito riportiamo i grafici relativi ai quantitativi di rifiuti raccolti nell’anno 2006, secondo quanto pubblicato dall’osservatorio Rifiuti della Provincia di Bergamo. Sono stati presi in considerazione i seguenti comuni limitrofi: , , Gorle, Nembro, Pedrengo, Pradalunga, Ranica, S. Paolo d’Argon, Torre de’ Roveri, Villa di Serio.

I quantitativi di rifiuti raccolti I quantitativi di rifiuti raccolti anno 2006 anno 2006 - Cenate Sopra - - Cenate Sotto -

Ruind ; Ruind ; 35,00% 35,42%

RD; 51,81% RD; 50,35% Spazz; Spazz; 6,36% 7,02% RIng; 6,70% RIng; 7,18%

Ruind Spazz RIng RD Ruind Spazz RIng RD

I quantitativi di rifiuti raccolti I quantitativi di rifiuti raccolti anno 2006 anno 2006 - Gorle - - Nembro -

Ruind ; 17,31% Spazz; 5,22% RD; 48,08% Ruind ; 42,21% RIng; 1,35%

Spazz; RD; 76,10% 5,02% RIng; 3,67%

Ruind Spazz RIng RD Ruind Spazz RIng RD

I quantitativi di rifiuti raccolti I quantitativi di rifiuti raccolti anno 2006 anno 2006 - Pedrengo - - Pradalunga -

Ruind ; 24,98% Ruind ; 30,51%

Spazz; Spazz; RD; 62,82% 6,45% RD; 58,54% 3,93% RIng; 5,73% RIng; 7,01%

Ruind Spazz RIng RD Ruind Spazz RIng RD

158 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

I quantitativi di rifiuti raccolti I quantitativi di rifiuti raccolti anno 2006 anno 2006 - Ranica - - San Paolo d'Argon -

Ruind ; Ruind ; 19,04% 24,62% Spazz; 5,03% Spazz; RIng; 3,49% RD; 63,41% 8,46% RD; 69,09% RIng; 3,49%

Ruind Spazz RIng RD Ruind Spazz RIng RD

I quantitativi di rifiuti raccolti I quantitativi di rifiuti raccolti anno 2006 anno 2006 - Torre dè Roveri - - Villa di Serio -

Ruind ; Ruind ; 34,11% 34,11%

Spazz; RD; 53,19% Spazz; RD; 78,84% 1,81% 5,34% RIng; 4,59% RIng; 7,34%

Ruind Spazz RIng RD Ruind Spazz RIng RD

Se consideriamo la produzione della Raccolta differenziata effettuata nei comuni limitrofi a Scanzorosciate, potremo notare come nella maggior parte dei casi, la percentuale di raccolta differenziata si attesti attorno al 60% circa sul totale dei rifiuti prodotti, con una variazione dal minimo del 48% del comune di Nembro al massimo del 8,84% per il comune di Villa di Serio.

Viste le percentuali della RD rilevate c/o il comune di Scanzorosciate (63% nel 2006 e 60% nel 2007), possiamo considerare lo stesso in media con i comuni limitrofi e sopra la media del dato provinciale generale che si attesta al 50%.

9.7 Gli strumenti di prevenzione nella raccolta dei rifiuti

Un utile strumento per ridurre la produzione dei rifiuti all’origine potrebbe essere l’adozione di un tariffario che attesti l’imposta in base alla reale produzione del singolo cittadino o nucleo familiare. Tale principio potrebbe essere applicato se si tenesse il conto del volume o del peso dei rifiuti prodotti, anche in base al numero di sacchi conferiti, oppure tenendo conto del numero dei componenti familiari. Il comune di Scanzorosciate a questo proposito sta avviando un incentivo a riguardo. A breve, infatti, sarà possibile - utilizzando direttamente la tessera per l’accesso alla piattaforma ecologica - prelevare gratuitamente un numero massimo di 50 sacchetti per la frazione secca e un numero massimo di 20 sacchetti per la frazione umida, I prelievi verranno contabilizzati su tale tessera. 159 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Verrà in questo modo incentivata la differenziazione dei rifiuti mediante l’imposizione di maggiori tariffe connesse all’utilizzo (prelievo) degli unici sacchetti abilitati al corretto conferimento. Un altro valido strumento volto al risparmio della raccolta dei rifiuti è la diffusione del compostaggio domestico della frazione umida attraverso corsi di formazione, distribuzione di composter, agevolazioni tariffarie, opuscoli informativi, di servizi di consulenza in modo da facilitare il riutilizzo dei materiali umidi e utilizzarli per la concimazione di terreni e piccoli orti. Il numero di utenti che praticano il compostaggio è di 528 su 3396 iscritti a ruolo, una percentuale del 15,6%, percentuale che si auspica venga aumentata nel tempo.

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10. La mobilità e le infrastrutture

10.1 Premessa

Una delle maggiori pressioni antropiche che, abbiamo visto nel capitolo relativo alla componente aria, influisce in modo consistente sullo Stato dell’ambiente, è il traffico. Per il Comune di Scanzorosciate ciò è tanto più vero considerando la sua particolare situazione territoriale ed infrastrutturale, motivo di sempre più elevati livelli di saturazione del traffico di attraversamento sulla rete viaria esistente, la conseguente riduzione della sicurezza stradale in alcune zone dell’area urbana e l’aumento dell’inquinamento ambientale. Questi sono gli elementi che hanno portato l’Amministrazione Comunale di Scanzorosciate ad assegnare l’incarico per la redazione del Piano Urbano Generale del Traffico (PUGT o PUT). Questo del traffico urbano non può più essere considerato come un problema settoriale, quindi legato allo spostamento ed alla mobilità di persone e veicoli, ma coinvolge sempre più questioni sociali, ambientali, sanitarie così da costituire una delle componenti significative della qualità della vita e dello sviluppo delle aree urbane. Motivi legati al risparmio energetico, al miglioramento delle condizioni ambientali, alla vivibilità delle città hanno portato a riconsiderare l’intervento sul traffico e sulla mobilità urbana per meglio perseguire i bisogni della collettività integrando il semplice approccio funzionalista con un intervento che tenga sempre più conto dei criteri che sono propri della sostenibilità. L’intervento di progettazione, più complessivamente, deve considerare non solo la finalità di migliorare la circolazione e le dotazioni infrastrutturali ma anche attuare strategie di approccio che consentano di dare soluzioni ai problemi legati sia alla sicurezza per ogni categoria di utenti, sia alla vivibilità degli spazi aperti, sia, infine, a quelli legati all’inquinamento ambientale. Lo strumento del Piano Urbano del Traffico in questa logica propone soluzioni da attuare alle varie scale di intervento con basso impegno economico che all’occorrenza può anche prevedere opere per le quali necessita un rilevante impegno finanziario. Attraverso i vari gradi di approfondimento in tempi relativamente brevi il Piano può intervenire fino ad individuare le soluzioni più opportune che agiscano nell’assetto complessivo della mobilità urbana e del territorio, con l’attenzione rivolta alle varie utenze ed alle loro differenti esigenze. In questo Rapporto ambientale verranno tenute in seria considerazione in particolare le risultanze delle indagini condotte che consentono di capire le criticità del sistema infrastrutturale e, a fronte di proposte di intervento (secondo diversi scenari prevedibili) gli effetti positivi e/o negativi prevedibili in caso di attuazione di tali proposte.

10.2 Finalita’ del Piano Urbano del Traffico

10.2.1 Gli obiettivi

Il Piano Urbano del Traffico inteso come strumento tecnico-amministrativo, per il quale è previsto un aggiornamento biennale, è un insieme coordinato degli interventi sulla circolazione stradale nell’area urbana, dei pedoni, dei mezzi pubblici e dei veicoli privati, Questi interventi devono essere realizzabili nel breve periodo senza comportare rilevanti impegni finanziari, quindi, nell’ipotesi di dotazioni di infrastrutture e mezzi di trasporto sostanzialmente invariate. Gli obiettivi che questo piano si prefigge attraverso l’uso di indagini, studi progetti vogliono essere i seguenti: 1. il miglioramento delle condizioni di circolazione (movimento e sosta); 2. il miglioramento della sicurezza stradale (riduzione degli incidenti stradali);

161 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

3. la riduzione dell’impatto ambientale dovuto all’uso degli autoveicoli; 4. il miglioramento dell’ambiente urbano con il recupero degli spazi aperti; 5. individuazione degli interventi necessari all’incentivazione del trasporto pubblico e dei mezzi alternativi alle automobili. Il Piano Generale del Traffico Urbano, nell’articolazione che la normativa prevede per i diversi interventi sul traffico nei centri abitati, viene inteso quale progetto preliminare o piano quadro del Piano Urbano del Traffico. Questo strumento ha lo scopo di delineare gli interventi strategici e le linee guida per la riorganizzazione della viabilità, lasciando ai Piani Particolareggiati del Traffico Urbano il secondo livello di progettazione che agisce sui singoli lotti funzionali con progetti specifici, per poi completare il terzo livello di progettazione con i Piani Esecutivi del traffico urbano ai quali è demandato invece l’approfondimento nei dettagli tecnici realizzativi degli interventi indicati negli stessi Piani Particolareggiati. I contenuti che l’elaborazione del PGTU esprime si possono sintetizzare nei seguenti punti: - progettazione integrata del sistema di circolazione per disciplinare il traffico (interventi di ottimizzazione dell’uso della rete viaria); - indicazioni relative alle intersezioni critiche nel territorio comunale; - regolamentazione della sosta; - definizione dei percorsi ciclabili, promiscui e/o separati rispetto al traffico veicolare, con indicazione degli itinerari e delle isole pedonali; Nello specifico dal punto di vista dei contenuti i traguardi essenziali che si vogliono raggiungere con l’attuazione del Piano Urbano del Traffico sono articolati in cinque parti: a) definizione della gerarchia delle strade, essenziale per incanalare la maggior quantità possibile del traffico sulle strade con minore impatto sulle funzioni vitali del comune e per migliorarne la qualità urbana, tramite opere di indirizzo per gli attraversamenti e opere di protezione delle zone centrali e di rilevanza urbanistica; b) aumento della sicurezza stradale attraverso opere di moderazione della velocità e di segnalamento orizzontale e verticale per gli itinerari e le situazioni puntuali critiche. Particolare attenzione verrà posta nella messa in sicurezza degli assi di attraversamento, delle traverse interne a intenso traffico, delle zone urbane e degli itinerari dell’utenza ciclopedonale; c) protezione delle aree abitate e di quelle destinate ad attrezzature pubbliche (moderazione del traffico e della velocità) con particolare riferimento degli ambiti residenziali, scolastici, e dei servizi socio-assistenziali; d) definizione della disciplina e della regolamentazione della sosta; e) ottimizzazione della regolazione semaforica, ove confermata, attraverso identificazione degli itinerari e delle modalità di regolazione delle singole intersezioni (attuazione di piano, generazione dinamica di piano). Le indicazioni progettuali circa il controllo semaforico hanno lo scopo di indirizzare i veicoli all’uso della rete stradale secondo le gerarchie proposte e di aumentare la sicurezza degli attraversamenti e diminuire la velocità di percorrenza.

10.2.2 I riferimenti normativi Il piano Urbano del Traffico viene istituito dal decreto legislativo n. 285 del 30 aprile 1992 “Nuovo codice della strada” che all’art. 36 ne dispone la sua regolamentazione. Il Ministero dei Lavori Pubblici, di concerto con il Ministero dell’Ambiente e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, sulla base delle indicazioni del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPET) contenute nella deliberazione 7 aprile 1993 ha predisposto nel 1995 le direttive per la redazione, adozione ed attuazione dei piani urbani del traffico (G.U. n. 146 del 24 giugno 1995). Nelle stesse direttive il PUT viene inteso come strumento tecnico-amministrativo di breve periodo (deve essere aggiornato ogni due anni) e deve essere finalizzato “ conseguire il 162 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale miglioramento delle condizioni della circolazione e della sicurezza stradale, la riduzione dell’inquinamento acustico ed atmosferico e il contenimento dei consumi energetici, nel rispetto dei valori ambientali”. Sono altresì indispensabili quali riferimenti normativi e tecnici per l’intervento nella viabilità urbana rispettivamente: • Decreto Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495: Regolamento di secuzione e di attuazione del nuovo codice della strada; • Decreto Legislativo 10 settembre 1993, n. 360: Modifiche ed integrazioni al D.L. 30 aprile 1992, n. 285; • Decreto Presidente della Repubblica 16 settembre 1996, n. 610: Regolamento recante modifiche del DPR n. 495/92 concernente il Regolamento di esecuzione e di attuazione del NCDS; • Circolare della Presidenza del Consiglio dei Min. 31 marzo 1993, n. 432: Itinerari ciclabili e pedonali nelle aree urbane; • Circolare del Min. Aree Urbane 28 maggio 1991, n. 1196: Indirizzi per la fluidificazione del Traffico Urbano; • Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici 30 novembre 1999, n. 557: Regolamento recante norme per la definizione delle caratteristiche tecniche delle piste ciclabili. • Regolamento Regionale 24 aprile 2006 – n.7 emanato dalla Regione Lombardia: Norme Tecniche per la costruzione delle strade

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10.3 I risultati dell’indagine conoscitiva

10.3.1 Inquadramento territoriale La conformazione urbana del comune di Scanzorosciate è caratterizzata dalla presenza di un nucleo centrale del paese dove si concentrano i centri storici di Scanzo e Rosciate e dai nuclei periferici composti dalle frazioni di Negrone con San Pantaleone, dalla Tribulina con Castel Gavarno. Sia il centro del paese che le frazioni si distribuiscono lungo la strada provinciale n. 67/68, dove nei suoi versanti nord e sud, a ridosso dei centri edificati originariamente, si è concentrato l’inurbamento degli ultimi 50 anni. Il paese confina in senso orario rispettivamente a nord con i comuni di Villa di Serio, Nembro e Pradalunga ad est con Cenate Sotto e Cenate Sopra, a sud con Torre De’ Roveri e Pedrengo ed infine ad ovest con i comuni di Ranica e Gorle. L’orografia del sito è caratterizzata prevalentemente dalla presenza del fiume Serio ad ovest e dalla conformazione collinare che chiude il paese a nord sul confine con Villa Di Serio, Nembro, Pradalunga, ad est verso il confine con Cenate Sotto e con Torre De Roveri Le principali funzioni istituzionali e sociali si concentrano nella parte del paese limitrofa al centro storico di Scanzo, con la presenza di vari distaccamenti presso le diverse frazioni dislocate sul territorio comunale. I luoghi di culto sono presenti con loro sedi parrocchiali in ciascuna delle frazioni sopraelencate. Le maggiori attività produttive sono concentrate a sud delle strade Provinciali n. n. 67/68 attestate lungo la via Aldo Moro e lungo corso Europa. Sono presenti altre attività lungo l’ultimo tratto ovest della via Marconi ed alcune attività artigiane sparse in località Tribulina. La situazione viaria del territorio comunale risente nel complesso della sua posizione geografica posta a ridosso dell’immediata periferia del capoluogo provinciale ed a cavallo delle valli Seriana, Cavallina e Calepio. Questa prossimità localizzativa con il comune di Bergamo, come la mancanza di alternative viarie, sottopone inevitabilmente il paese ad un traffico di attraversamento che pesa sugli assetti viabilistici interni come dell’intera area limitrofa.

164 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

10.3.2 Lo sviluppo della rete viaria e dell’area urbana Dall’esame della tavole dell’istituto geografico militare limitato agli ultimi cinquant’anni (limitazione temporale attuata per ovvi motivi legati sia al periodo nel quale l’auto ha avuto la massima diffusione che allo scarso sviluppo viario di questa area) si è potuto mettere a fuoco la caratteristica e la consistenza assunta dalla rete infrastrutturale nel corso del tempo.

Situazione urbanistica con evidenziate la rete viaria principale nel 1955 ed nel1980 (fonte I.G.M. e Regione Lombardia) 165 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Già nel 1955 la rete stradale primaria presente nel territorio di Scanzorosciate risulta quasi pari a quella attuale, con le uniche differenze dovute alla mancanza del tratto di corso Europa posto a ridosso dell’incrocio con via Abadia, delle vie Fratelli Cervi e dell’attuale via Calvarola (allora solamente accennate). Il collegamento est ovest verso Bergamo è ancora garantito dall’asse via Roma - via Marconi, mentre la connessione verso Villa di Serio si basa ancora sulla via Martinengo Colleoni – via Adelasio all’epoca ancora strada Provinciale. Pedrengo è connessa con le attuali via XXV Aprile e via Galimberti. Dal centro di Scanzo verso la valle Cavallina, la valle Gavarnia e Albano S. Alessandro i collegamenti sono supportati da assi viari riconoscibili rispettivamente nelle attuali S.P. n. 68; S.P. n. 65; S.P. N. 70. La verifica a raffronto tra la l’assetto del 1955 e la situazione viaria che si legge nella carta tecnica della Regione Lombardia del 1980 non mostra particolari cambiamenti: si sono definite e completate le vie Fratelli Cervi, Calvarola (buona parte insistente sul comune di Pedrengo) e corso Europa; è stata modificata l’attuale via Fermi prolungandola fino alla stessa via Calvarola. Il confronto tra le due situazioni porta inevitabilmente a riflettere come l’arco di tempo intercorso tra il 1955 ed il 1980 nel quale si sono concentrati sia il maggiore sviluppo urbanistico dei centri urbani che il più elevato incremento del possesso di autovetture, non abbia di contro portato ad un incremento e migliore dotazione della rete infrastrutturale esistente. Se si pensa poi che il comune di Scanzorosciate ed comuni della cintura cittadina di Bergamo successivamente al 1980 subiscono un considerevole sviluppo urbanistico non si può non considerare come sottodimensionata ed insufficiente la rete stradale ereditata dal passato e che di fatto ancora costituisce l’ossatura dell’attuale assetto connettivo dell’area. Questo nonostante il recente adeguamento della strada provinciale per la valle Seriana ed il completamento della galleria di Montenegrone siano intervenuti a mitigare tale situazione, migliorando nel caso specifico della zona est di Scanzorosciate i collegamenti da e verso la Valle Seriana e l’area di Seriate con una notevole riduzione del traffico di attraversamento.

Sintesi grafica dell’assetto urbano attuale di Scanzorosciate, sono evidenziate la rete viaria principale con il colore viola (ex SS n 671), la rete secondaria con i colori arancione e rosso (SP n..ri 65, 67, 68, 70) , i nuclei storici in azzurro ed in verde le aree edificate.

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10.3.3 La rete viaria esistente La circolazione stradale di Scanzorosciate risulta sofferente a causa del passaggio nel centro del paese delle principali strade di collegamento tra le città di Bergamo e Seriate e le aree nord ed est del suo territorio. Non solo: l’asse nord- sud posto a ridosso del fiume Serio, per intenderci la strada provinciale n. 66, che dovrebbe servire di collegamento tra la valle Seriana e l’area di Pedrengo-Seriate-Gorle di fatto sopporta una parte del traffico di accesso al centro cittadino alternativo alla SP n. 35 Bergamo – Nembro.

Pertanto il territorio comunale, servendo da attraversamento in direzione del capoluogo per i flussi est –ovest è dotato della strada provinciale n. 67, ovvero corso Europa e via Roma che proseguendo oltre la piazza Caslini, diventa strada provinciale n. 68 con denominazione locale di via IV Novembre – via Polcarezzo – via Sporla; dalla piazza Giovanni XXIII in località Tribulina in direzione Cenate Sopra diventa poi strada provinciale n. 65 anche chiamata via Collina Alta. Questo lungo asse, che taglia in due il paese lasciando i centri storici di Scanzo e Rosciate nella parte superiore, interseca rispettivamente: ad ovest - proveniente dalla valle Seriana - la strada provinciale n. 66 (via Manzoni) che dopo l’incrocio “Tadini” prosegue verso sud in direzione Pedrengo riprende la denominazione di strada provinciale n. 67 (via XXV Aprile); ad est sempre proveniente dalla valla Seriana in piazza Giovanni XXIII in località Tribulina si innesta la strada provinciale n. 65 (via Valle Gavarnia), mentre a sud del centro abitato di Negrone la strada Provinciale n. 70 assume denominazione di via Piave.

Stralcio d’area della rete viaria provinciale dal PTCP, L’area è anche attraversata senza sbocchi diretti dal nuovo asse stradale di collegamento tra la nuova strada per la valle Seriana ex SS 671 e l’asse interurbano che passa in buona parte in galleria sotto al Monte Negrone.

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10.3.4 Le criticita’ rilevate

Tutte le maggiori criticità, rilevate nel corso dell’indagine preliminare sulla viabilità comunale, sono prevalentemente concentrate sugli assi stradali principali indicati al paragrafo precedente, oltre ad essere individuate anche in arterie secondarie, ma sempre per motivi legati alla ricerca di alternative viarie all’alto traffico di attraversamento. Le criticità, trattate nello svolgimento dell’indagine conoscitiva nel rapporto preliminare ed ampiamente fotografate in singole situazioni negli elaborati grafici allegati al Piano Urbano del Traffico (PUT), sono riconducibili a vari fattori quasi sempre dovuti al volume di traffico elevato ed al conseguente inquinamento, ma anche alla mancanza di marciapiedi o di attraversamenti protetti lungo alcune strade ad alto rischio. Spesso le problematiche si presentano anche solamente per una commistione di rischi dovuti, è il caso dell’incrocio “Tadini”, all’alto traffico sommato con attraversamenti a raso regolati da impianti semaforizzati dei quali spesso l’utente capisce in ritardo il meccanismo di alternanza al transito. Alcune di queste criticità, come nel tratto alto di via Aldo Moro e della rotatoria in piazza Caslini, sono state affrontate in itinere al PUT con l’attuazione di intervento d’urgenza finalizzato ad eliminare i rischi riscontrati negli attraversamenti pedonali.

1 Veduta del camminamento pedonale all’incrocio tra le vie Acquaroli e via F.lli Cervi;

2, 3 Due immagini di via Aldo Moro e dell’ingresso al cimitero dal parcheggio prima del suo intervento di messa in sicurezza;

Il PGTU, anche attraverso interventi mirati vuole contribuire a mitigare, se non risolvere definitivamente, alcune delle principali criticità tra le quali si possono indicare come prioritarie la sistemazione dell’incrocio “Tadini”, la sistemazione delle vie Marconi e Acquaroli con la disincentivazione del traffico di attraversamento, il recupero del centro storico con la sua messa in sicurezza, la sistemazione con pista ciclopedonale del tratto inferiore di via Aldo Moro con il 168 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale proseguo di quanto già realizzato nel tratto superiore, la sistemazione della viabilità della zona di Negrone con la protezione della viabilità pedonale di via Brenta, la sistemazione della pedonalizzazione della piazza Giovanni XXIII in Tribulina.

Via Brenta a Negrone all’incrocio con la strada provinciale n. 68

Quale supporto analitico al fine di individuare le principali criticità e al fine di comprenderne alcuni dei motivi, sono stati mappati sul territorio comunale gli incidenti avvenuti nell’arco di tempo compreso tra gli anni 2002-2006. In collaborazione con il comando di Polizia Locale si sono elencati gli incidenti dei quali era stato portato a conoscenza, suddividendoli per i luoghi nei quali sono avvenuti, per poi collocarli nella mappa comunale ed esaminali complessivamente in base all’indice quantitativo per km.

Tabella riepilogativa delle incidentalità dal 2002 al 2006 ripartite per vie, quantità ed indice per km.

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Dalla lettura dei dati e dalla loro collocazione territoriale si denota che il numero maggiore di incidenti stradali è avvenuto nel corso Europa ed in particolare all’incrocio “Tadini” con più di 20 incidenti avvenuti nell’arco di tempo esaminato ed all’incrocio con le vie Abadia-via Galimberti dove si sono registrati fino a 10 incidenti. Altri incroci si sono dimostrati molto insidiosi quali quello tra le vie Manzoni e Marconi; l’incrocio tra la via Aldo Moro e la via Calvarola; tra la via Polcarezzo e la via Giassone; tra la via Brenta e la via Monte Negrone; così come la stessa rotatoria di piazza Caslini dove si sono registrati fino ad un massimo di 5 incidenti per intersezione. Complessivamente l’analisi dei dati conferma come gli incidenti si concentrino prevalentemente lungo le strade provinciali ed in particolare nelle loro parti dove maggiore è la densità urbanistica. Non sono da meno altresì quelle strade, quali la via Fratelli Cervi e la via Abadia, che, pur non essendo di competenza provinciale, ma comunale, sono comunque gravate da incidenti dovuti all’alto volume di traffico presente negli orari di picco.

10.3.5 La rete dei percorsi ciclabili e pedonali Nella tavola I6 allegata al piano sono evidenziati i principali percorsi ciclabili presenti sul territorio comunale e quanto fino a questo momento in previsione da parte della Provincia di Bergamo. Più che una rete ciclabile, la situazione attuale si presenta come una serie di interventi solo parzialmente collegati tra di loro. Le piste ciclabili ad oggi realizzate riguardano: - la via Manzoni lungo tutta la sua estensione tra il confine con Villa Di Serio ed il corso Europa; - la ciclovia che costeggia la via Polcarezzo nel tratto compreso tra il cimitero e l’ingresso della frazione di Negrone; - alcuni tratti di collegamento all’interno dell’area residenziale di Rosciate.

Nel PTCP come previsione provinciale sono indicati rispettivamente: • il tratto di collegamento con Ranica-Gorle da servire con passerella sul fiume Serio che, una volta incrociata la ciclovia esistente sulla via Manzoni, prosegue il suo percorso verso il centro storico di Scanzo passando per la via Ariosto; • la connessione con Pedrengo che a sud-est da corso Europa, già parzialmente integrata e modificata a suo tempo dalla previsione di PRG comunale, intercetta la ciclovia proveniente da Villa Di Serio verso il cimitero di Pedrengo per poi confluire con la previsione di ciclovia di collegamento verso Pedrengo - Seriate.

L’esame dei percorsi pedonali mette in luce la mancanza dei marciapiedi in diverse strade comunali nelle quali il flusso di traffico risulta intenso. Come meglio precisato nelle criticità, sono sguarnite di marciapiedi le seguenti strade: - il tratto verso il ponte di Gorle del corso Europa; - la via XXV aprile; - la via Acquaroli; - la via Abadia, - il tratto inferiore della via Aldo Moro; - la via Brenta - in parte la via Piave presso la frazione di Negrone; - la piazza Giovanni XXIII in frazione Tribulina.

Da una collaborazione tra le associazioni locali ed il comando di Polizia Locale sono stati studiati ed attuati in forma sperimentale percorsi pedonali Piedi-Bus al fine di consentire l’accompagnamento a piedi degli studenti verso le rispettive scuole. Questa iniziativa, utile al fine 170 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale di formare un’educazione stradale degli studenti, ha permesso l’individuazione di quattro percorsi protetti riassunti nelle tavole di piano che al momento coprono buona parte dell’area urbana di Scanzorosciate.

Estratto Tavola I.6

Legenda

10.3.6 Il trasporto pubblico Il trasporto pubblico è presente sul territorio comunale con il servizio fornito dall’ATB servizi s.p.a. con due linee la 1B (Città Alta – Scanzorosciate), con un capolinea presso la rotatoria Caslini, e la linea 5A che lo attraversa (Osio Sopra – Gavarno, frazione di Nembro). La linea con maggiore frequenza risulta la numero 5, secondo lo studio condotto dall’azienda ATB Servizi s.p.a., al 2006 gli abbonati residenti del comune di Scanzorosciate risultavano intorno alle 335 unità; sempre secondo quanto diffuso dalla stessa azienda i tempi per raggiungere la stazione delle autolinee di Bergamo da piazza Caslini sono circa 35 minuti all’andata e circa 20 minuti al ritorno. Il servizio è presente nei giorni feriali dalle 5.25 alle 23.21, in media transitano 3,73 autobus all’ora per un totale di 71, nei giorni festivi il servizio è assicurato dalle ore 7.15 alle ore 23.21 con una media di transito di numero 2,17 autobus all’ora per un totale di 37. Per il percorso inverso compiuto dalla medesima linea 5 (A e B) nei giorni feriali il servizio è presente dalle ore 5.08 alle ore 23.21, con un transito medio di 2,17 autobus all’ora per un totale di 37; nei giorni festivi vi sono mezzi attivi dalle ore 6.42 alle ore 23.21, con una media di transito di 2 autobus all’ora per un totale di 36 vetture.

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Stralcio tavola percorsi autobus: la linea 5 A è di colore rosso e la linea 1 B di colore blu

Insieme al trasporto pubblico di collegamento territoriale è previsto il servizio di trasporto scuolabus. Il servizio viene effettuato dalla ditta SAP autoservizi che si muove nel comune con cinque autonavetta per tutti i giorni della settimana a seconda degli orari scolastici previsti e dall’utenza ed è fornito a circa 132 alunni stimati nel 2006.

10.3.7 Il sistema della sosta L’indagine conoscitiva della situazione attuale come elemento fondante della prima fase del PGTU, oltre alla verifica dei flussi di traffico lungo gli assi di penetrazione dell’area urbana, ha comportato anche un’indagine sul sistema della sosta. Il territorio comunale è stato suddiviso in zone omogenee (sia a destinazione residenziale, sia produttiva) caratterizzate dal fatto di essere prevalentemente urbanizzate, così come dall’essere dotate delle principali funzioni per la vita del paese. In queste zone sono stati effettuati i rilevamenti del numero di posti auto disponibili e del loro grado di occupazione diurno e notturno. Sono stati quantificati i posti auto lungo le strade e, solo nella zona produttiva, sono stati rilevati anche i parcheggi presenti all’interno di alcune proprietà.

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Nelle aree individuate sono stati rilevati complessivamente 2311 posti auto, dei quali risultano occupati nell’arco della giorno 979 pari al 42,36 % e durante le ore notturne 826 per il 35,74%. Se si escludono alcune situazioni particolari, quali nell’area industriale la via Carlo Alberto Dalla Chiesa (Zona 5) dove i posti risultano saturi durante l’arco della giornata o altri dove invece risultano saturi a tutte le ore, prevalentemente i posti sono occupati da un numero inferiore di veicoli rispetto ai parcheggi disponibili. Tutta l’area ad ovest del paese compreso il centro storico di Scanzo (zona 3) e la frazione Tribulina (zona 7) risentono di un’occupazione dei posti auto costante sia di giorno che di notte; questo probabilmente è dovuto al fatto che, oltre alle residenze, vi sono presenti i principali servizi del paese. Si rileva invece una forte occupazione diurna nella zona industriale sud-est, dovuta prevedibilmente alla concentrazione di auto utilizzate dai dipendenti delle aziende, ed una sensibile occupazione notturna nelle zone di Rosciate e Negrone dove è prevalente la destinazione residenziale.

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10.3.8 Sintesi dei risultati delle indagini sul traffico Nella ricostruzione dello stato di fatto, le indagini sui flussi di traffico costituiscono una parte importante in quanto permettono di conoscerne la loro consistenza, la distribuzione e consentono di leggerne gli elementi qualitativi della domanda. I rilievi condotti sulla rete stradale e sui volumi di traffico sono stati di tipo quantitativo e di tipo qualitativo con indagine origine-destinazione . I dati ottenuti dal conteggio dei flussi al cordone sono stati abbinati e confrontati alle interviste in una frazione temporale omogenea. I rilevamenti di tipo quantitativo sono stati effettuati in parte con l’ausilio di apparecchiature contatraffico tipo KV Laser fornite dalla ditta CI.TI.ESSE di Rovellasca (CO) ed in parte con l’utilizzo di contapezzi manuali per quanto concerne in particolare i conteggi degli autoveicoli alle svolte o intersezioni principali. Con le indagini origine-destinazione sono state effettuate interviste ai conducenti mediante un questionario dove viene richiesta la località di provenienza e quella di destinazione finale, gli orari, la frequenza e il motivo degli spostamenti. Gli orari scelti per le interviste e per i rilevamenti alle intersezioni sono stati quelli del picco dalle 7.30 alle 9.30 della mattina. Le indagini O-D sono state possibili anche con l’assistenza del comando di Polizia Locale il quale provvedeva alla fermata e circolazione degli autoveicoli da intervistare. Nella tabella di lato compaiono i veicoli immatricolati a Scanzorosciate al 2005. Mettendo a confronto questi dati con la popolazione residente di 9040 abitanti e di 3396 famiglie risultano circa 0,72 veicoli per abitante (che anche se elevato rientra nella media provinciale) e 1,92 veicoli per famiglia. Se i medesimi dati anagrafici vengono confrontati con le sole autovetture per famiglia arriviamo ad avere circa 1,40 vetture per famiglia, dato questo sicuramente di valore molto elevato. Fonti: Anagrafe comune di Scanzorosciate, provincia di Bergamo e ACI anno 2005

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Tutta la campagna di rilevamento ha avuto svolgimento nel mese di novembre 2007, le giornate utilizzate sono state quelle “tipo” del martedì, mercoledì e del venerdì caratterizzate da un volume medio di traffico, escludendo le giornate festive, prefestive, quelle di rientro o quelle particolari di presenze di mercato e di scioperi dei mezzi di trasporto. L’arco di tempo indagato per il rilevamento volumetrico strumentale a seconda delle sezioni è stato di 12 o 24 ore. Sono state esaminate tutte le arterie principali presenti sul territorio fissando una serie di sezioni di rilevamento distribuite ai margini del confine comunale e attestate negli assi di penetrazione in direzione del centro urbano ed all’interno del paese.

A seguito della aperture della strada in galleria sotto al monte Negrone di collegamento con la valle Seriana e con la ex SS n. 671 avvenuta nel gennaio scorso si sono compiuti ulteriori rilevamenti per conoscere a confronto come si è modificata la situazione del traffico a livello locale

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La mappatura dei volumi di traffico al novembre 2007, rilevati nel picco temporale delle 7:30-9:30, permette di leggere quali siano le strade con il maggior numero di veicoli: tra queste siano la via Manzoni presenta un notevole traffico in ingresso da nord verso sud fino alla rotatoria con via F.lli Cervi, dove una parte di questo si convoglia verso l’incrocio “Tadini” prevalentemente in direzione Gorle-Bergamo ed un’altra parte si dirige verso la stessa via F.lli Cervi in direzione sud. Un altrettanto cospicuo volume di traffico si concentra lungo la SP 68 in ambedue le direzioni di marcia in particolare verso il capoluogo e verso la via Aldo Moro. Di poco inferiore in quanto a consistenza è il traffico registrato in provenienza dalla via Valle Gavarnia in direzione Negrone che impegna a sud anche la via Piave in direzione SP 70.

10.3.9 Le indagini origine/ destinazione Il campione degli automobilisti intervistati nelle sezioni di rilevamento ammonta a 1012 unità su un volume complessivo transitato tra le ore 7.30 e le 9.30 pari a 5389 veicoli per una percentuale del 18,78 %. A seguito di valutazioni sui dati ottenuti nelle varie sezioni si sono elaborate tabelle e grafici nei quali emerge un dato di rilievo che riguarda la natura del traffico di Scanzorosciate composto prevalentemente da flussi di attraversamento.

Da tutte le sezioni di rilevamento risulta questa caratteristica che varia a seconda della arteria interessata e del suo volume di traffico: in particolare si evidenzia il dato della sezione R4 sulla via Manzoni all’ingresso da Villa di Serio dove l’84%% del traffico è di attraversamento, così come il risultato del rilievo del flusso di attraversamento in provenienza dalla via Valle Gavarnia è pari al 87% del traffico rilevato. Le direzioni indicate dagli intervistati presentano un quadro di spostamenti nel quale è prevalente l’asse est-ovest verso la città di Bergamo e dalla valle Seriana verso Seriate e dintorni. I punti dai quali si segnala in percentuale un discreto traffico di ingresso al paese sono risultati la via Piave, Corso Europa in provenienza dal ponte di Gorle e la via Galimberti da Pedrengo. I motivi degli spostamenti sono principalmente legati al lavoro (68% del totale) ed hanno natura prevalentemente sistematica (75,98%) oltre che occasionale (14,29%). Le fasce orarie di rientro alla sede prevalentemente sono della mezza giornata per il 48,02% degli intervistati e della sera dalle 17:00 e le 19:00 per il 29,54%,. 176 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Il tasso di occupazione del veicolo rilevato con un persona nel 82% dei casi, riflette una situazione molto preoccupante mostrando un’abitudine ormai diffusa e riscontrata a livello provinciale. Di seguito vengono singolarmente elencate ciascuna delle sezioni di indagine O/D con l’inserimento dei grafici di riepilogo delle destinazioni ed affiancati alcuni rilevamenti delle intersezioni poste in prossimità delle stesse, a verifica degli spostamenti d’area o a controllo del volume di traffico sostenuto dalla singola svolta.

Sezione R1 corso Europa

Per questa sezione di rilevamento sono stati esaminati a confronto i dati delle interviste O/D con due conteggi delle svolte compiute dai veicoli all’incrocio “Tadini”. Il traffico in arrivo da Gorle -Bergamo si distribuisce verso più mete in modo uniforme privilegiando il centro di Scanzorosciate e Seriate. In direzione opposta l’incrocio è impegnato prevalentemente da quanti , provenienti da Scanzorosciate e da Villa di Serio, si dirigono verso il ponte di Gorle

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Sezione R2 via XXV Aprile

Anche per via XXV Aprile, per quanti arrivano da Pedrengo, le destinazioni scelte si distribuiscono in più direzioni privilegiando in particolare l’accesso a Gorle (26,8% degli intervistati) e Bergamo (43,1%). I veicoli provenienti da questa strada non sono di numero rilevante, ma la consistenza costante del loro flusso è tale da rendere comunque impegnativo l’incrocio “Tadini” già gravato dal trafficooriginato dal centro del paese e da Villa di Serio

Sezione R3 via Galimberti

La sezione di via Galimberti ha permesso di conoscere la direzione dei veicoli provenienti da Seriate-Pedrengo che utilizza questa arteria prevalentemente per l’ingresso al paese (quasi il 40% degli intervistati) e per Villa di Serio ed altre mete in valle Seriana. L’incrocio tra questa via e le via Roma, Corso Europa, Abadia è risultato molto trafficato in quanto dalla via Fratelli Cervi-via Matteotti- via Abadia arriva il flusso proveniente da Villa di Serio, che in alcuni casi si distribuisce in via Acquaroli verso corso Europa onde evitare la coda generata dal semaforo

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Sezione R4 via Manzoni Dal campione di interviste effettuate in questa sezione è chiaro come tale varco all’area urbana di Scanzorosciate sia utilizzato prevalentemente per il traffico di attraversamento. Il 42% utilizza questa strada per proseguire verso Seriate, il 17% ed il 19% rispettivamente per Pedrengo e Bergamo. A conferma di questi orientamenti e dell’alto volume di traffico presente è possibile verificare la svolta in rotatoria tra le vie Manzoni-F.lli Cervi: 1185 su 1855 veicoli si dirigono verso Seriate- Pedrengo utilizzando quest’ultima via.

Sezione R5 via Piave Degli ingressi al territorio di Scanzorosciate da sud questo è quello che presenta nelle frazioni di orario individuate il più alto numero di veicoli rilevati pari a 700. Le destinazioni dei veicoli provenienti da Torre De Roveri sono in prevalenza il centro del paese per il 37% degli intervistati, la valle Seriana per circa il 30%, il restante si distribuisce per varie destinazioni. Tale situazione potrà subire modificazioni a seguito dell’apertura della strada in galleria di Monte Negrone. Interessante il rilievo dell’intersezione via Brenta-via Monte Negrone con 974 veicoli in uscita direzione sud tra i quali molti camion. 179 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Sezione R6 via Valle Gavarnia Gli orientamenti direzionali degli automobilisti intervistati in questa sezione, prima dell’entrata in esercizio della strada in galleria a Monte Negrone, permette di comprendere quale tipo di transito eliminerà questa nuova arteria. Il 46 % dei passaggi è diretto verso Albano S.A.-Seriate per il quale oggi è presente alternativa viaria, il 19,6% verso Trescore, il 21% verso Bergamo ed il rimanente 13,4% è diretto in varie direzioni. Il monitoraggio dell’incrocio di piazza Giovanni XXIII in Tribulina rileva in ingresso da Trescore 490 veicoli

10.3.10 Le indagini volumetriche I rilevamenti volumetrici sul traffico sono stati effettuati nel periodo compreso nel mese di novembre 2007 lungo le principali direttrici di attraversamento del territorio comunale con l’ausilio di apparecchiature a laser del tipo KV Laser. Le sezioni di monitoraggio prese in esame dovevano restituire i dati quantitativi del traffico nei due sensi di marcia suddiviso per le diverse tipologie di veicoli. Le arterie esaminate con questo metodo di rilevamento permettono di conoscerne il volume complessivo del traffico ed il suo andamento nell’arco temporale minimo delle 12 ore. Per motivi legati alla posizione ed al tipo di traffico si è stabilito di collocare le macchine di rilevamento nelle 24 ore rispettivamente per le seguenti sezioni: ad ovest la numero 1 di corso Europa, a nord la sezione 4 di via Manzoni e la numero 6 in via Monte Negrone collocata ad est

180 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale del paese. Nelle altre sezioni di rilevamento strumentale l’arco temporale pari alle 12 ore ha interessato a sud la sezione 2 di via XXV Aprile, la 3 in via Abadia nel centro del paese, la 5 di via Polcarezzo ad est e la sezione 7 di via Martinengo Colleoni in centro storico di Scanzo. Sommando tutte le sezioni di traffico rilevate il volume complessivo è pari a 59.115 veicoli monitorati nell’arco delle 12 ore per una velocità media calcolata di 43,71 km/h.

Sempre nelle 12 ore l’esame delle tipologie dei veicoli che attraversano le sezioni offre un quadro sul numero e caratteristica degli stessi, se si escludono le autovetture che sono la maggioranza: le strade che subiscono il transito di veicoli pesanti (sopra i 35 q.li) ad ovest sono le vie Manzoni con 181 unità e la via XXV Aprile con 308; ad est la via Polcarezzo possiede un transito di 139 mezzi pesanti con un picco di 1685 veicoli leggeri (spesso furgonati sotto i 35 q.li). Le strade nelle quali è stato rilevato il maggior volume di veicoli sono corso Europa con ben 14.506 unità (almeno 18.834 nelle 24 ore) e via Polcarezzo con 10211 unità, tutte registrate nell’arco delle 12 ore. Nel dettaglio le schede di rilevamento hanno permesso di fotografare la seguente situazione suddivisa per sezioni di rilevamento: Sezione 1 Corso Europa Il rilevamento volumetrico compiuto in questa sezione ha permesso mettere a confronto i dati attuali con quelli della campagna di rilevamento promossa nel 2001. (secondo grafico) Il numero totale dei veicoli contati nel 2001 nelle 12 ore è di 15.636 unità mentre quello al novembre 2007 risulta pari 14.506, pertanto si riscontra una diminuzione di 1130 veicoli presenti in questa strada rispetto a sei anni prima. Tendenza al ribasso peraltro già riscontrata nel confronto tra questi dati della campagna 2001 e

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quelli del rilevamento compiuto in analoghi orari nel 1996 dove è risultato un sostanziale dimezzamento del traffico.

Sezione 2 via XXV Aprile Su questa strada nelle ore di picco passa un volume di traffico inferiore rispetto alle altre arterie rilevate però le 6.695 unità risultano ben distribuite lungo tutto l’arco delle 12 ore monitorate con una presenza di ben 308 mezzi pesanti.

Sezione 3 via Abadia Il monitoraggio di questa via si è reso necessario al fine di acquisire elementi sul volume di traffico legato ai flussi provenienti dalla valle Seriana per il comune di Seriate e viceversa. I numeri dimostrano quanto risulti delicata questa situazione viabilistica: si tratta di una strada attualmente costretta ad un traffico di attraversamento senza la dotazione per la sua lunghezza di un marciapiede di protezione dei pedoni.

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Sezione 4 via Manz oni Il macchinario di rilievo è stato collocato prima dell’ingresso alla rotatoria posta all’incrocio con la via F.lli Cervi, acquisendo, quindi i dati anche dei veicoli che proseguono verso la via Abadia. L’arco di tempo indagato sono le 24 ore per un totale di veicoli pari a 10.559 unità rilevati nei due sensi di marcia. E’ interessante notare la differenza del numero delle unità nei due sensi di marcia al mattino ed alla sera. Il numero dei veicoli provenienti da Villa Di Serio al mattino è sensibilmente superiore a quello che rientra alla sera dimostrando l’uso di una probabile alternativa viaria.

Sezione 5 via Polcarezzo I dati ottenuti da questa sezione di rilevamento sono stati messi a confronto con quelli della sezione 6 di via Monte Negrone per comprendere i movimenti da e per Albano S.A. Questo ha dimostrato come la via Polcarezzo sostiene non solo traffico proveniente dalla Tribulina e da Torre De Roveri- Albano S.A. ma ha in carico anche un buon traffico di spostamento interno al centro abitato.

Sezione 6 via Monte Negrone Come per la sezione 5 di via Polcarezzo anche questi dati vanno letti a confronto per comprendere l’orientamento dei flussi in direzione centro paese e viceversa con quelli indirizzati verso la via Piave. Così come le risultanze di questa sezione potranno essere esaminate in una futura verifica a seguito dell’apertura della nuova strada nella galleria di Monte Negrone

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Sezione 7 via Martinengo Colleoni Si è deciso il monitoraggio di questa strada a senso unico in quanto presenta un traffico di attraversamento del centro storico al rientro serale in direzione di Villa Di Serio. Dato questo, confermato dalle 461 unità registrate all’inizio della strada ed anche dimostrato dal rilevamento delle svolte operato al termine della via Martinengo Colleoni dove, alla sera nella frazione oraria esaminata delle 18:00, con l’aggiunta del movimento dei residenti e degli utenti dei negozi, si hanno 571 unità in uscita dal centro storico.

Centro storico di Scanzorosciate, rilevamento svolta da via M. Colleoni verso via Adelasio, via Carrara.

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10.3.11 Le analisi delle gravitazioni territoriali e dell’insieme dei movimenti dei comuni nel bacino Per avere un quadro d’insieme riferito agli spostamenti nell’area omogenea in cui insiste il comune di Scanzorosciate e per poter ricostruire le gravitazioni territoriali ed i movimenti interni al bacino si sono esaminati i dati provenienti da una ricerca condotta elaborando i dati del censimento ISTAT del 2001 e pubblicata dalla provincia di Bergamo nello scorso 2007.

Dei comuni esaminati nella ricerca si sono presi a riferimento quali gravitanti intorno al comune di Scanzorosciate quelli di: Albano S. Alessandro; Alzano Lombardo; Gorle; Nembro; Pedrengo; Ranica; Seriate; Torre Boldone; Torre de’ Roveri; Villa di Serio. Sono stati verificati ed accorpati i dati delle relazioni origine/destinazione riferiti al numero degli spostamenti complessivi su mezzo privato da e per i comuni sopra elencati, rilevati nella frazione temporale compresa tra le 7:15 e 9:15 della mattina. Dalla somma delle risultanze è stato possibile elaborare un grafico delle “linee di desiderio” dalle quali si legge la consistenza della domanda di mobilità degli utenti di ciascun comune legati al bacino di riferimento. Il grafico mette in evidenza inoltre la posizione baricentrica del comune di Scanzorosciate rispetto all’area di gravitazione tale da assoggettarlo, insieme ai paesi di Gorle e Pedrengo, ai consistenti flussi di attraversamento creati dalla necessità di collegamento nord-sud tra i comuni dell’imbocco con la valle Seriana e l’area di Seriate, come verso la città capoluogo.

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10.4 I rilievi aggiuntivi

10.4.1 I rilievi di traffico a seguito dell’apertura della galleria di Monte Negrone Nel corso dell’elaborazione dei dati relativi al rilevamento svolto con la seconda fase di lavoro del PGTU, si è resa disponibile la strada di collegamento per la valle Seriana collocata nel comune di Scanzorosciate in galleria sotto al monte Negrone. A fronte di questa apertura si sono programmati ulteriori rilievi del traffico al fine di monitorare la modificazione della situazione. Si sono individuate le zone e le realtà che potevano usufruire dei benefici e si sono effettuati dei rilevamenti limitati agli intervalli con picchi di traffico dalle 7:30 alle 9:30 nelle giornate di 18, 22 e 23 gennaio 2008. Le sezioni scelte sono state quelle rispettivamente degli incroci: tra via Marconi- via XXV Aprile-corso Europa “Tadini”; tra via Abadia-via Roma-via Galimberti-corso Europa; tra la via Valle Gavarnia-via Collina Alta-via Sporla in frazione Tribulina. Come per le svolte sono stati effettuati rilievi quantitativi per mezzo di contapezzi manuali dividendo gli autoveicoli per tipologia. Dai dati rilevati l’incrocio denominato “Tadini” non gode di particolari benefici per l’apertura della nuova strada. Dalle tabelle a lato si legge che dal primo rilevamento compiuto a novembre 2007 a quello del gennaio 2008 la differenza è di 176 unità in meno. Risulta una decisa diminuzione dei veicoli provenienti da via Marconi in direzione via XXV Aprile per raggiungere Seriate o Pedrengo, 215 unità in meno (tra le quali si contano 52 mezzi pesanti), mentre aumentano di 56 unità i veicoli in direzione di Gorle- Bergamo.

Anche la via Abadia che si incarica di supportare il traffico da e per Villa di Serio e la valle Seriana gode limitatamente della galleria di monte Negrone. Si contano, su un volume sempre considerevole di 1.068 unità, 243 veicoli in meno rispetto a novembre 2007 e quasi tutti indirizzati verso la via Galimberti, per il proseguo a Pedrengo e Seriate

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Traducendo i dati dei rilievi effettuati presso la via Valle Gavarnia, si osserva come la Tribulina e tutta l’area est del paese godono indubbiamente di quanto traffico di attraversamento la nuova strada è riuscita ad eliminare. I numeri sono sulle 6 centinaia di veicoli pari al 46%, su un volume di 1.309, quasi tutti eliminati dalla via Sporla in direzione Scanzo. Colpisce anche il quasi azzeramento dei mezzi pesanti rispetto al passato. Risente di un leggero calo invece la consistenza del volume di traffico che dalla valle Seriana è diretto verso Trescore Balneario

Visti i risultati conseguiti meglio espressi dalle tabelle sopra riportate, con i quali è stato possibile verificare la modificazione del volume di traffico, sarebbe auspicabile ripetere il rilievo anche in futuro per poter monitorare eventuali cambiamenti di abitudini degli automobilisti anche in previsione degli interventi previsti dal PGTU.

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11. La lettura del paesaggio

Con la legge regionale 11 marzo 2005, n.12 “Legge per il governo del territorio” gli obiettivi del P.T.P.R. sono stati ampiamente calati nella pianificazione comunale. In particolare il tema del paesaggio, in coerenza con la pianificazione regionale e con la cultura europea degli ultimi dieci anni, pervade le scelte di governo del territorio ponendolo come obiettivo primo nella salvaguardia e strumento strategico di monitoraggio dello stato ambientale. Il lento processo che in quasi un secolo ha portato dalla tutela del “componente” singolo del paesaggio alla tutela dell’insieme dei valori, il paesaggio appunto, sembra ormai raggiunto negli ultimi anni da una normativa sia a livello nazionale che regionale. Come si leggerà nei capitoli successivi le norme del P.T.P.R. della Lombardia, approvato seppur con notevole ritardo rispetto agli obiettivi della Legge 431/1985, sono divenute lo strumento e l’elemento ispiratore di una serie di leggi successive che hanno messo al centro il paesaggio quale prodotto della cultura di un determinato popolo e quindi come tale da tutelare. Anche una serie di azioni intraprese a livello comunitario e le recenti conferenze sul paesaggio hanno contribuito a stimolare una crescita culturale e una nuova attenzione al tema. Anche il D.lgs 42/2004, il nuovo Codice per la tutela dei beni culturali e del paesaggio, prevede espressamente una pianificazione paesaggistica da parte delle regioni che indichi oltre alla tutela, gli strumenti di attuazione e le misure incentivanti. In realtà tale obbligo per le regioni e l’approccio al paesaggio era già stato individuato dal Titolo II e in particolare dall’art. 149 del D.lgs 490/1999. Il percorso di trasformazione, sopra descritto, che vede il passaggio da bene “singolo” ad un insieme di valori che costituiscono appunto il paesaggio, appare matura a tutti i livelli decisionali nonostante le evidenti difficoltà di crescita di una cultura della tutela del territorio nella concreta applicazione. La citata legge regionale n. 12/2005 in merito al Piano di Governo del Territorio (P.G.T.) sia nel Documento di piano, sia nel Piano delle regole, individua una serie di attenzioni al paesaggio sia, come abbiamo già evidenziato, nella fase di analisi, sia nella fase progettuale. In particolare le modalità per la pianificazione di cui all’art. 7 della L.R. 12/2005 riserva una serie di paragrafi e un intero allegato sui contenuti paesaggistici del P.G.T. Particolare rilevanza sembra riposta soprattutto alla fase conoscitiva in quanto una completa conoscenza dei luoghi è il presupposto ineludibile per un’attenta gestione paesaggistica degli stessi.

11.1. Il paesaggio e il P.G.T.

11.1.1. Il P.T.P.R. e le linee guida per l’esame paesistico dei progetti Come già scritto nell’introduzione, il tema del paesaggio e quindi della tutela per unità d’insieme è stata introdotta dalla legislazione nazionale dalla Legge n. 431/1985, oggi Codice per la tutela dei beni culturali e del paesaggio. In Lombardia l’approvazione del P.T.P.R. nel 2001, seppur in ritardo rispetto ai tempi previsti dalla legge nazionale, ha permesso una lettura per unità tipologiche dei paesaggi del territorio lombardo introducendo nuove metodologie di analisi e di valutazione del paesaggio successivamente approfondite dalla delibera regionale “Linee guida per l’esame paesistico dei progetti”. La L.R. 12/2005, che ha compiuto un ampio riordino della disciplina urbanistica con l’introduzione all’art. 7 del P.G.T. – Piano di governo del territorio, ha fatto propri i criteri già definiti dalle linee guida divenendo metodologia da applicarsi nell’esame paesistico dei territori comunali. Diversi concetti di base che ritroviamo nei P.G.T. sono stati già introdotti dall’art. 30 “Linee guida per l’esame paesistico dei progetti” delle N.T.A. del P.T.P.R., ulteriormente sviluppati e riaffermati dalla citata delibera della Giunta Regionale 8 novembre 2002 denominata anch’essa “ Linee guida per l’esame paesistico dei progetti”. Tale delibera, in attuazione dell’art. 30, individua infatti una struttura metodologica di riferimento che definisce i modi e le chiavi di lettura per la valutazione della sensibilità

188 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale paesistica dei luoghi, da intendersi quale sfondo di valori rispetto ai quali determinare il grado di impatto di un progetto, definito dalla composizione della classe di incidenza paesistica (invasività del progetto in termini assoluti) con appunto le classi di sensibilità attribuite al luogo oggetto di trasformazione. Tale lettura è stata ripresa dall’art. 7 della legge regionale n. 12/2005 e in particolare dall’Allegato A – Contenuti paesaggistici del P.G.T. – nel quale sono appunto previsti i contenuti obbligatori del Piano. In particolare nel primo comma dell’art. 8 è individuata la fase ricognitiva d’indagine dal punto di vista paesaggistico. Anche questo tema fondamentale nella pianificazione del paesaggio è poi approfondito dal citato Allegato A il quale disegna anche un possibile approccio alla conoscenza e alla valutazione del paesaggio. Il P.T.C.P. della provincia di Bergamo approvato nel 2004 ha operato una lettura puntuale e di dettaglio individuando negli elaborati e in particolare nella tavola paesistica quei componenti di valore presenti nel territorio comunale. Tali componenti del paesaggio sono stati descritti e corredati da schede puntuali che descrivono e individuano le criticità e gli indirizzi di tutela che il presente studio ha fatto propri nel capitolo 4 – Indirizzi propedeutici alla trasformazione.

11.1.3. I modi di valutazione e le chiavi di lettura del paesaggio secondo la D.G.R. 8 novembre 2002 Nelle linee guida espresse dalla D.G.R. 8 novembre 2002 “Linee guida per l’esame paesistico dei progetti”, riprese quasi integralmente nel citato allegato alla L.R. 12/2005, sono identificati tre modi di lettura del paesaggio: 1. Sistemico 2. Vedutistico 3. Simbolico Le chiavi di lettura per il livello sistemico prevedono la verifica dell’appartenenza, contiguità a sistemi paesistici di livello locale o la partecipazione a sistemi paesistici sovralocali di interesse geomorfologico, naturalistico, storico agrario, storico artistico, ecc., mentre gli aspetti vedutistici sono interpretati secondo il criterio dell’interferenza/contiguità con percorsi di fruizione paesistico ambientale, di interferenza con relazioni percettive tra elementi significativi del sistema locale o sovralocale piuttosto che dell’inclusione in viste panoramiche o in base alla percepibilità da un ampio scenario territoriale. Il modo di valutazione simbolico è invece articolato rispetto all’appartenenza dei luoghi ad ambiti oggetto di celebrazioni letterarie, artistiche o storiche, piuttosto che all’appartenenza ad ambiti di elevata notorietà (richiamo turistico) o all’interferenza/contiguità con luoghi contraddistinti da uno status di rappresentatività nella cultura locale. I modi di valutazione e le chiavi di lettura del paesaggio in esame hanno quindi portato alla definizione di una specifica struttura di sensibilità del paesaggio che, mediante specifici elaborati e indirizzi, concretizza quanto dedotto dall’applicazione del metodo proposto.

11.1.3. Il quadro conoscitivo del territorio Il processo di conoscenza di un determinato territorio avviene mediante diverse chiavi di lettura che concorrono a definire la qualità di un determinato paesaggio. La fase ricognitiva sollecitata nell’art. 8 della L.R. 12/2005 è il presupposto ineludibile per una corretta e attenta gestione paesistica dei luoghi. Questa fase precede quella valutativa ove sono presenti giudizi di rilevanza e integrità degli elementi componenti il paesaggio, alla ricerca di una sintesi capace di trasmettere con una sintesi lucida gli elementi deboli e quelli forti di un determinato territorio. Lo studio ha affrontato il tema del paesaggio, centrale nel P.G.T., individuando tre chiavi di lettura riprese dalle linee guida regionali commentate nel precedente paragrafo: • l’analisi delle trasformazioni del territorio e la lettura dei processi di trasformazione mediante la lettura della cartografia storica;

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• l’analisi morfologica- strutturale che indaga la fisicità dei luoghi; • l’analisi visiva-percettiva del territorio, operando una valutazione incrociata e con diversi strumenti, mirando a determinare i luoghi più osservati e quelli più goduti da chi arriva e attraversa Scanzorosciate. Le informazioni raccolte sono state riassunte in una serie di carte che restituiscono un quadro rappresentativo della struttura del paesaggio. Il metodo utilizzato per la predisposizione della cartografia allegata è stato impostato in due distinte fasi: una prima fase dedicata al recupero di dati e informazioni utili per la predisposizione di carte di analisi capaci di illustrare il quadro del paesaggio di Scanzorosciate, e un’altra più progettuale dedicata alla definizione delle classi di sensibilità paesistica da cui dipendono poi specifici indirizzi di tutela del territorio. Questi due fasi possono essere così descritte:

Fase 1) L’analisi del paesaggio e le fonti cartografiche Per la predisposizione della cartografia di analisi si è usufruito delle seguenti fonti e banche dati: • P.T.C.P. della Provincia di Bergamo; • banche dati del SIT (Sistema Informativo Territoriale) della Regione Lombardia; • carte storiche e in particolare le mappe del catasto di metà Ottocento consultate presso l’Archivio di Stato di Bergamo e la carta I.G.M. di prima levatura; • relazione e tavole attinenti indagini di settore sulle caratteristiche idrogeologiche, vegetazionali, agronomiche ecc. già presenti nel comune in esame o redatti specificatamente per il P.G.T.; • indagini sul campo, sopralluoghi e confronto con i tecnici comunali; • monografie e studi sull’ambiente e sulla storia comunale. Le numerose informazioni e i differenti tematismi recuperati hanno pertanto consentito la realizzazione di specifiche carte per la descrizione del paesaggio locale, ovvero: una carta delle componenti del paesaggio fisico-naturale, una carta delle componenti del paesaggio storico-culturale, una carta delle componenti del paesaggio percepito, e una carta delle componenti del paesaggio urbano e ambiti di criticità e degrado.

Fase 2) Valutazione e individuazione delle classi di sensibilità paesistica Come già esposto sopra, l’ipotesi metodologica prevede, in linea con il dettato del Piano Territoriale Paesistico Regionale e più specificatamente con i successivi orientamenti amministrativi regionali, di giungere alla definizione di diverse classi di sensibilità paesistica, capaci da un lato di orientare gli indirizzi di tutela del paesaggio del Piano di Governo del Territorio, e dall’altro di servire da riferimento per la verifica degli impatti paesistici dei progetti in sede di istruttoria comunale. Si è così espressa una prima attribuzione di valori di massima per le grandi categorie analitiche comprese nelle carte di base attribuendo un valore che discende da valutazioni ormai condivise. A fronte di questa prima classificazione si è proceduto ad una serie di sopralluoghi dedicati alla corretta riperimetrazione delle stesse, in seguito composte per sovrapposizione di valori evidenziando quegli elementi naturali e storici-culturali che rappresentano la struttura del paesaggio e che identificano il carattere di Scanzorosciate. Questo processo di elaborazione ha visto anche l’individuazione di ambiti di influenza intesi come valori espressi verso l’esterno dai diversi componenti del paesaggio. La classificazione del paesaggio è stata altresì preceduta dal processo di valutazione di rilevanza e integrità dei valori paesaggistici introdotta dall’art. 143 dal Codice per la tutela dei beni culturali e fatta propria anche dagli allegati alla L.R. 12/2005. In linea generale si è assunto nella taratura dei valori paesistici presenti sul territorio comunale sia il confronto con il contesto di immediato riferimento, il territorio comunale appunto, sia la considerazione di livello generale di qualità paesistica dell’intero territorio della provincia di Bergamo e in generale assunta dalla letteratura scientifica di riferimento. In generale quindi i livelli di sensibilità più alti sono stati attribuiti, in conformità a quanto previsto dalla D.G.R. 8 novembre 2002, ad elementi o aree aventi caratteri rispettivamente di rilevanza e di unicità, sia per qualità intrinseca sia per integrità,

190 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale all’interno del contesto comunale. Va da sé che, confrontando realtà comunali diverse, queste categorie possono comprendere beni paesistici che possono apparire assai differenti tra loro, proprio in ragione della disponibilità relativa di beni paesistici nei diversi comuni. Tuttavia può darsi il caso di comuni che non comprendono nel loro territorio beni tali da essere considerati unici o di grande qualità, se considerati sullo sfondo più generale della disponibilità di risorse paesistiche del territorio provinciale. In sintesi si può dire che, in termini di metodo generale, la scala di sensibilità paesistica assunta si riferisce all’insieme delle risorse paesistiche del comune in oggetto, ma che al tempo stesso è stata “pesata” in relazione al più ampio contesto provinciale ben illustrato dal P.T.C.P. Il delicato tema della percezione dei valori paesistici è stato invece interpretato, nei termini operativi, come contributo integrativo alla definizione dei gradi di sensibilità già determinati, per così dire, dalla individuazione “fisica” dei beni e delle risorse. In questo modo, una volta definiti i luoghi di più alta rilevanza paesistica (classi di sensibilità 4) e un insieme di luoghi di osservazione privilegiati (strade ad alta frequentazione, strade storiche, ecc.), si sono individuati gli ambiti maggiormente percepiti e una serie di punti di alta percezione dell’intorno per integrare i perimetri già definiti, comprendendo nell’indicazione di tutela tutti quegli ambiti che, pur non avendo caratteristiche intrinseche di qualità notevole o eccezionale, si trovano a giocare un ruolo importante rispetto alla fruizione percettiva dei beni rilevati. Per questo tema legato alla percezione e del godimento visivo del territorio si rimanda al paragrafo 2.3.4.

11.2 Analisi del paesaggio

11.2.1. I tre paesaggi Prima di addentrarci nella descrizione delle componenti del paesaggio è importante cercare di inquadrare il territorio di Scanzorosciate in unità tipologiche di paesaggio restituendo così sinteticamente al lettore quei caratteri prevalenti che lo caratterizzano. Il P.T.P.R. della Lombardia come abbiamo già visto nei paragrafi precedenti, inserisce il territorio nelle unità tipologiche di paesaggio come “fascia collinare - paesaggi delle colline pedemontane” e “fascia della bassa - paesaggi della pianura cerealicola”. Sempre nell’ultimo ambito, per una porzione limitata del territorio, paesaggi delle fasce fluviali. Il P.T.C.P. della Provincia di Bergamo individua il paesaggio di Scanzorosciate in due unità tipologiche: la fascia collinare e la fascia prealpina. La prima è a sua volta suddivisa in ambiti montani, collinari e pedecollinari, che individua sostanzialmente le parti alte del territorio, e il paesaggio antropizzato di relazione con gli insediamenti di versante e fondovalle. Quest’ultima parte interessa prevalentemente gli ambiti di pianura. Seppur in modo sintetico, l’individuazione Regionale e Provinciale coglie il carattere del paesaggio di Scanzorosciate. Infatti, il territorio comunale si può sinteticamente tripartire individuando ambiti di pianura, di collina e ambiti montani, pur nella consapevolezza che la complessità del paesaggio potrebbe essere ancora più articolata. Partendo da ponente il territorio pianeggiante mostra l’abitato principale sviluppatosi dal secondo dopoguerra in poi attorno ai due nuclei storici di Scanzo e Rosciate. Questa prima area territoriale è storicamente legata al fiume con le medesime relazioni che si possono cogliere in altri comuni della valle Seriana. Questo legame fra il tessuto storico e il fiume, oggi meno percepito a causa dell’edificato recente, lo si legge in diversi elementi del paesaggio: nella ricca tessitura in borlanti dei muri delle vecchie case, nella pendenza della via che attraversa Scanzo inclinata dolcemente verso il fiume, negli affioramenti della roccia di conglomerato (ceppo) nelle vie del nucleo storico di Scanzo o nelle diverse rogge che ancora si mostrano al visitatore in diversi punti del territorio. Più a sud il territorio un tempo intensamente coltivato a vigneto, è ormai un continuo urbanizzato che mostra nelle aree più esterne, in particolare verso Pedrengo (BG) varchi e aree coltivate ancora marcati da rogge che si aprono in paesaggi insperati. Infatti, il Serio, che si scorge in lontananza solo per la

191 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale vegetazione ripariale, è rappresentato degnamente dall’antica roggia Borgogna e dal altre rogge minori che da secoli solcano il territorio rendendo ancora oggi fertile e ricco il territorio di pianura oggi coltivato, prevalentemente, a seminativi. Questo primo paesaggio pianeggiante marcato, seppur lievemente, anche dai bacini del fosso Fiobbio e dal fosso Gambarone, e caratterizzato dai due nuclei storici, precede l’altro paesaggio diffuso: quello della collina. Prima di addentrarci a descrivere il paesaggio collinare, è indispensabile evidenziare come i primi insediamenti preistorici e non solo, trovarono vita nei rilievi tracciando i percorsi di cresta e ponendo le basi a quel ricco sistema di relazioni ancora leggibile. Tale fenomeno, diffuso in tutto il sistema collinare esteso dal fiume Serio al fiume Oglio, è stato determinato principalmente da esigenze difensive e di percorrenza di un territorio che a valle si presentava difficoltoso a causa degli acquitrini e dei corsi d’acqua che divagavano per la pianura. Il paesaggio collinare è rappresentato da due ambiti distinti per evoluzione e carattere. Il primo ambito che si estende dal Monte Bastia al poggio del Montecchio e che prelude a quel sistema collinare di Negrone e della Tribulina. Il sistema formato dal Monte Bastia e Montecchio racchiudono la dolce conca del fosso Fiobbio o Fiobo, come riportano le carte storiche, all’interno dei quali si sono sviluppati i primi insediamenti di Scanzo e Rosciate. In particolare il monte Bastia rappresenta il centro dello sviluppo protostorico e a scala locale rappresenta il “totem” identificativo del paesaggio, mentre il “totem” a scala sovralocale è rappresentato dai circa mille metri di altezza del monte Misma. Lo stesso nome Bastia, rimanda ad un’architettura fortificata, difensiva. 1 Superata la dolce collinetta del Montecchio, si apre la vallecola del rio Gambarone o Gambarola nei documenti storici e il sistema collinare che costruisce la valle del torrente Zerra chiamata valle Serradesca. Sono territori che non possiedono un centro apparente, ma sono punteggiati da cascine e ville cucite da una rete stradale antica. Tale struttura, ben più chiara nell’Ottocento, ha visto il successivo formarsi di diversi piccoli aggregati urbani quali quello di Negrone, Tribulina e Gavarno. Questi nuclei di recente formazione, nati attorno a presidi storici, non hanno stravolto l’assetto generale ottocentesco. In particolar modo la valle Serradesca presenta il versante a mezzogiorno pressochè intatto rispetto al paesaggio storico. Anche il versante boscato a nord mantiene quei caratteri agronomici già rilevati nelle mappe storiche. L’ordine di antropizzazione dei sistemi collinari che vede le parti rivolte a sud più solatie, più coltivate e abitate, mentre quelle a nord destinate prevalentemente a bosco, è ancora visibile e costituisce uno dei caratteri tipici diffusi del paesaggio collinare in esame. Diverso ambiente troviamo nella valle del Gavarno che costituisce, con la valle Serradesca, l’ambiente più a levante del territorio comunale. Il paesaggio mostra nella parte medio bassa un carattere collinare, con una recente antropizzazione che ha occupato le parti meglio esposte e quindi più solatie. Parte di tale recente sviluppo è avvenuto prevalentemente attorno a Gavarno, il complesso antico che ha sempre presidiato la valle e che nell’Ottocento rappresentava l’unico insediamento di rilievo della valle del Gavarno. Nella parte più a monte con le Bocche del Gavarno e con il Costone di Gavarno, il paesaggio diviene più aspro e assume i connotati montani, carattere che poi mantiene sino ai crinali più alti e alla punta del monte Misma. Questa valle, o meglio questa porzione di valle, rappresenta un’enclave, a nostro avviso, parzialmente estranea al carattere degli altri territori di Scanzorosciate. Se è pur vero che altre vallecole e corsi d’acqua nascono e si immettono in altri fiumi in diversi territori amministrativi, la particolare posizione defilata rispetto alla cresta del monte Bastia, fa del Gavarno un insediamento separato quasi slegato dal resto del territorio comunale.

Il paesaggio perduto Questa schematizzazione del paesaggio di Scanzorosciate in tre ambiti non evidenzia un “quarto paesaggio” potenzialmente ricco e prezioso: il paesaggio fluviale. Infatti, il fiume Serio seppur defilato

1 Tale carattere è ancor più leggibile in prossimità del comune di Villa di Serio, ove le pareti rocciose divengono scoscese e più aspre anche a causa della presenza della ex cava Italcementi. 192 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale rispetto allo sviluppo del territorio, ha rappresentato e potrebbe rappresentare una risorsa strategica anche ricreativa che il lento ma costante miglioramento delle acque introduce nella vita della comunità così come sta accadendo in altri contesti della valle Seriana. Si scrive di “paesaggio perduto” poichè i tratti di sponda che offrono un’affaccio sul fiume sono molto limitati a causa di una serie di attività che impediscono l’accesso al corso d’acqua. Infatti, i luoghi di relazione fra il territorio di Sanzorosciate e il Serio sono essenzialmente due: il tratto di fiume in corrispondenza dell’antico ponte a triplice arcata di Gorle e il tratto caratterizzato da aree ancora agricole lungo la via SP 66. In particolare questa riflessione sulla relazione fra corso d’acqua e la comunità, si vuole soffermare su uno specifico ambito in corrispondenza del ponte di Gorle. Il tratto di Fiume in esame, caratterizzato da un’ampia ansa, è stato oggetto di disegni da parte dell’architetto Giacomo Quarenghi che nella seconda parte del Settecento rappresenta l’antico ponte e il contesto paesaggistico.

Figura 1 La vista del Serio a monte dell'antico ponte di Gorle

Proprio tale abbinamento costituito dall’ambiente naturale e dalle opere dell’uomo (il ponte, la cascina, ecc.) determina un risultato gradevole che il grande architetto (che possedeva una dimora in Rosciate) non si lascia sfuggire. Interessante rilevare che il luogo non è molto cambiato rispetto a qualche secolo fa e conserva a tutt’oggi quella ricchezza di componenti che invitano alla sosta e all’osservazione. Questo “quarto paesaggio” seppur non vicino a Scanzo e ancor meno all’antico Rosciate, può essere riscoperto mediante una particolare e nuova fruizione delle sponde e quindi generando una ri- considerazione del corso d’acqua all’interno di un territorio sempre più antropizzato ma sempre più bisognoso di luoghi per il tempo libero. Gli elaborati grafici sottolineano in alcuni elaborati i principali luoghi legati all’acqua, cioè aree o tracciati nel territorio ove si è a contatto con emergenze ambientali legate all’acqua (rogge, torrenti, ecc.).

11.2.2. Inquadramento territoriale Il comune di Scanzorosciate si colloca in prossimità e in parte si caratterizza all’interno della struttura collinare definita di levante che si sviluppa fra l’imbocco alla Valle Seriana sino all’imbocco della Val Cavallina. Questo sistema collinare aperto sulla pianura, rappresenta l’avamposto del sistema delle prealpi orobiche che a loro volta precedono il sistema alpino lombardo. Nella relazione geomorfologica che accompagna il P.G.T. leggiamo: “ Il Comune di Scanzorosciate è ubicato al margine meridionale delle Prealpi Orobiche sulla sponda orografica sinistra del Fiume Serio, a nordest di Bergamo. L’assetto tettonico del territorio di Scanzorosciate è caratterizzato dalla presenza di un sistema a pieghe e pieghe faglie con allineamento est-ovest; la struttura tettonica più caratteristica è una sinclinale rovescia che si sviluppa lungo tutto il versante settentrionale della Valle del Gavarno. Proseguendo verso sud le pieghe

193 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale diventano più blande e prive di dislocazioni, ed il substrato immerge rapidamente verso sud coperto dai depositi quaternari di origine fluvioglaciale. I tratti collinari dei torrenti Zerra e Gavarno si sviluppano seguendo questo allineamento tettonico scorrendo per diversi chilometri in direzione est ovest prima di cambiare direzione una volta giunti in aree meno acclivi. Corsi d’acqua minori scendono dai versanti con direzione nordsud dalle aree collinari a nord del centro abitato; di questi si segnalano il Torrente Gambarone che si immette nel Torrente Zerra, e il Torrente Fiobbio, che confluisce nella Roggia Borgogna. Dal punto di vista geomorfologico il territorio risulta piuttosto vario: il settore settentrionale e centrale, caratterizzati dai rilievi collinari che degradano verso sud, racchiudendo a est le Valli del Gavarno e del Torrente Zerra ed il settore sud occidentale pianeggiante delimitato verso ovest dal Fiume Serio. L’attuale conformazione del territorio è frutto dell’azione di più fattori sia naturali che antropici. All’originario assetto strutturale si è sovrapposto il modellamento dei corsi d’acqua interglaciali quaternari e recenti, che hanno contribuito a creare i terrazzamenti del fondovalle e i processi pedogenetici, con la formazione di suoli con spessori fino ad alcuni metri. Molto importante è l’impatto che ha avuto nelle aree di pianura e sui versanti meridionali dei colli: nel primo caso la pratica agricola ha modificato e cancellato le originarie evidenze geomorfologiche mentre nel secondo, per meglio sfruttare i versanti dei rilievi esposti al sole, l’azione dell’uomo ha rimodellato i pendii con i terrazzamenti agricoli che hanno permesso la pratica della viticoltura.” Per una lettura cartografica e per maggiori approfondimenti si rimanda all’Allegato F2 - Inquadramento territoriale.

11.2.3. Analisi del paesaggio e individuazione delle componenti Il metodo analitico utilizzato per l’analisi del paesaggio a supporto del P.G.T. ed in particolare per la descrizione del paesaggio, si appoggia alle tecniche di indagine territoriale oggi riconosciute e ampiamente applicate alle diverse scale già in parte illustrate nel paragrafo 1.3. della presente relazione. Il paesaggio è il risultato di un insieme di componenti che concorrono alla sua identificazione. Ogni componente è il risultato dell’azione dell’uomo nei secoli, ma in generale possiamo distinguere in quattro livelli di analisi che aiutano a descrivere e rappresentare gli elementi emergenti del territorio in esame. Lo studio del territorio, per i caratteri e le peculiarità espressi, avviene pertanto attraverso l’analisi dei seguenti paesaggi e dei suoi componenti: 1. il paesaggio storico e culturale 2. il paesaggio fisico e naturale 3. il paesaggio urbano 4. il paesaggio percepito Sebbene il “paesaggio percepito” non rappresenti un livello descrittivo del “paesaggio” ma l’entità della fruibilità visiva e del godimento del territorio esaminato, rientra a tutti gli effetti in quanto la mera descrizione dei componenti non è sufficiente ad illustrare come il territorio è vissuto e goduto da parte della comunità.

Le componenti del paesaggio storico e culturale Per comprendere i processi di trasformazione che hanno interessato Scanzorosciate si è fatta una ricerca della cartografia storica. Le fonti maggiormente utilizzate sono stati il catasto del 1853 e la carta IGM di levata nel 1889. In particolare l’indagine catastale ha permesso di ricostruire lo scenario storico del territorio che, come molti altri della fascia pedecollinare bergamasca, ha subito un incremento delle parti urbanizzate senza precedenti. A metà Ottocento l’attuale territorio è diviso in due distinti territori amministrativi: Scanzo e Rosciate. Questa divisione appare ben chiara nelle mappe storiche in quanto i due nuclei storici son ben distinti e il restante territorio è punteggiato da edifici sparsi legati da una maglia di strade e corsi d’acqua che caratterizzavano e che in parte segnano ancora il territorio. Lo stato attuale di Scanzorosciate vede i due nuclei originari uniti dall’edificato moderno. Tale edificazione recente ha anche introdotto la formazione di una nuova rete viaria in alternativa a quella

194 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale storica. Infatti, la moderna viabilità da e per Bergamo non interessa i nuclei originari e in particolare Scanzo sino ad emarginarli alla vista di chi attraversa il territorio. Questo transitare esternamente ai centri storici restituisce una visione di Scanzorosciate apparentemente slegata dalle proprie origine e proiettata verso un dissolvimento delle radici culturali che in realtà non c’è. Una diversa e più attenta fruibilità della viabilità secondaria ancora presente nel territorio mostra invece due nuclei storici importanti, ben conservati e con dinamiche positive di recupero in atto. Anche il territorio suburbano mostra segni interessanti della storia trascorsa di Scanzorosciate. La roggia Borgogna, ad esempio, si rivela al visitatore inaspettata con i lavatoi, i muretti storici e diroccati che la chiudono. Alcune cascine anch’esse inaspettate, nascoste e racchiuse in aree agricole risparmiate dalla conurbazione, mostrano le loro vecchie tessiture e ancora i ciottoli e i borlanti chiaro segno del legame fra l’uomo e il fiume. Nell’area verso Negrone e la Tribulina il sistema di cascine e ville è pressochè conservato come nella distribuzione di metà Ottocento. Solo quelle prossime all’espansione hanno perso quel respiro, quello spazio tipico delle corti rurali. Fra gli elementi che compongono il paesaggio culturale non si può non rilevare la presenza dei roccoli che appartengono alla tradizione culturale e sociale della bergamasca. La tecnica di caccia agli uccelli attraverso il roccolo, diffusa nel territorio bergamasco sin dal Cinquecento, è legata a quella necessità di sussistenza che ha caratterizzato i secoli scorsi. Il valore dei roccoli è anche legato alle strutture soprattutto arboree che compongono l’uccellanda, divenendo parte rilevante del paesaggio ed elemento artificiale che diviene “architettura vegetale” e fulcro visivo nella campagna. Infatti, la particolare posizione individuata nelle zone di passo degli uccelli migratori, pone queste strutture in luoghi spesso elevati come nel caso del Monte Roccolo.2 Fra i roccoli ancora presenti, anche se in condizioni di stato e d’uso diversi, abbiamo il roccolo Cerri, roccolo Celinate, roccolo del Costone di Gavarno e il roccolo sopra la cascina Terzago.

Le componenti del paesaggio fisico e naturale Prima di addentrarci nell’illustrazione degli elementi naturali e fisici che compongono e il territorio e motivarne il giudizio e la valutazione attribuita, è importante evidenziare come il concetto di naturalità espressa rappresenta un concetto astratto in quanto di “naturale”, cioè creato dalla natura, nel paesaggio in Scanzorosciate vi è poco. Infatti, il territorio nei secoli ha subito, e ancora si sta trasformando, trasformazioni radicali dovute alla secolare presenza dell’uomo e alle sue attività in continua mutazione con il progresso tecnologico.3 E’ altresì sbagliato individuare un paesaggio “originario” in quanto, anche in una fase di tempo limitata, il paesaggio cambia a seguito dei processi economici e ai fabbisogni dell’uomo. Quello che si può affermare per i secoli scorsi è certa una generale e costante riduzione degli ambiti di naturalità in favore di aree coltivate, mentre negli ultimi decenni assistiamo ad un processo tendenzialmente inverso a causa dell’abbandono delle aree agricole più remote e difficili da coltivare. La lettura seguente dei componenti del paesaggio fisico e naturale è soprattutto di carattere paesaggistica e storica lasciando approfondimenti più tecnici agli studi settoriali che accompagnano il P.G.T. Per i componenti del paesaggio fisico e naturale la presente relazione si soffermerà soprattutto sugli ambiti prevalenti e caratterizzanti il paesaggio quali i boschi, i crinali, i corsi d’acqua e i vigneti. I boschi in Scanzorosciate si presentano prevalentemente nei versanti a nord, mentre su quelli esposti a sud si sviluppano prevalentemente gli insediamenti antropici e i vigneti. I boschi caratterizzano soprattutto la parte alta della valle del Gavarno e il versante idrografico sinistro del torrente Gavarnia o Magusat. Nella valle Serradesca rivestono il versante nord che confina con Torre de’ Roveri. Tale situazione si presentava pressochè invariata anche a metà Ottocento.

2 Questi roccoli denominati “Della pietà” si trovano sul territorio di Villa di Serio. 3 Tale considerazione vale anche per tutta l’area collinare che precede il sistema prealpino, anche se tale valutazione può essere estesa anche ad altri ambiti apparentemente naturali (vedi il sistema Alpino). 195 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Nella identificazione del bosco in sede di definizione delle classi di sensibilità, la parte a valle è stata ampliata di 50 m. sottolineando come l’influenza dell’ecosistema non sia limitato alla linea perimetrale ma si espande sia ecologicamente sia visivamente anche ad altri ambiti. Infatti, se notevole attenzione vi deve essere nell’intervento nel bosco, altrettanta attenzione deve porsi ai margini esterni prossimi al bosco. Nella relazione a firma del dott. Forestale Enfissi leggiamo: “ Il territorio di Scanzorosciate si colloca pressoché interamente nella stretta fascia nell’ambito della regione forestale avanalpica, arrivando al suo estremo settentrionale a contatto con la regione esalpica centro orientale esterna ed al suo estremo meridionale a contatto con la regione dell’Alta pianura. La regione forestale avanalpica è costituita principalmente dalle prime colline che si incontrano abbandonando la pianura; generalmente si tratta di colline moreniche e di limitati rilievi arenaceo-marnosi. Dal punto di vista forestale la regione forestale avanalpica, è caratterizzata dall’assenza del faggio e dalla presenza di boschi di latifoglie che potenzialmente possono ricoprire interamente i limitati rilievi. Nella realtà, le formazioni forestali della regione avanalpica appaiono molto frammentate essendo state spesso sostituite dalle colture agrarie, particolarmente quella della vite o da robinieti. In questa regione la specie che trova potenzialmente il suo optimum è il carpino bianco mescolato alle querce, rovere e farnia, a formare i querco-carpineti collinari cui si sovrappongono spesso i castagneti e , come si è detto i robinieti. Nella fattispecie, In virtù della collocazione geografica, a Scanzorosciate si ritrovano principalmente formazioni forestali tipicamente avanalpiche: le principali formazioni presenti sono ascrivibili alle categorie dei Querceti (di rovere e roverella con cerro), dei Querco-carpineti (con rovere, farnia e carpino bianco), dei Robinieti (Formazioni antropogene) e dei Castagneti, con scarsa/contenuta presenza degli Orno-ostrieti, dominati dal carpino nero e dall’orniello, più tipicamente esalpici. Alle quote più basse, in posizione di basso versante, nei fomdivalle e laddove le morfologie sono più dolci, in particolare in Serradesca e nella Valle del Gavarno, la presenza delle querce, la rovere e al farnia in particolare, è significativa: dove compainon le due specie quercine inoltre il soprassuolo è spesso caratterizzato da parametri strutturali “interessanti”, frequenti nei soprassuoli ubicati nella regione avanalpica, dove come già ricordato i substrati conferiscono al suolo elevate fertilità. Molto spesso in questi soprassuoli è entrata piuttosto diffusamente la robinia, non tanto però da invalidare l’attribuzione tipologica ai querceti di rovere ed ai querco-carpineti. Non mancano infine castagneti dei suoli mesici, a testimonianza di ottime condizioni stazionali ”. Il territorio collinare, già in parte descritto nei precedenti paragrafi, è caratterizzato da valli e vallecole che si aprono verso la pianura, fatta eccezione per la valle del Gavarno che si immette nella valle Seriana. Tale morfologia così strutturata, unita alle quote e alle curve dolci che caratterizzano il territorio, mette in evidenza i crinali percepibili da diversi punti del territorio. Il crinale principale e che rappresenta la struttura collinare portante del territorio è quella che congiunge il Monte Bastia e il Dosso dalla parte opposta del territorio. Altro crinale che segna l’orizzonte, ma dai caratteri già montani, è il Costone del Gavarno che separa la omonima valle dalla vallata di Cornale. Le creste e i crinali rappresentano elementi significativi nella lettura sovralocale del territorio, soprattutto nel sistema collinare che si apre sull’alta pianura, divenendo di fatto “sfondo” al territorio comunale. La struttura articolata in valli e vallecole determina la presenza di numerosi corsi d’acqua in generale, ad eccezione del fiume Serio, caratterizzati modeste dimensioni e portate. Nella toponomastica si passa dal fiume Serio ai due torrenti più rappresentativi, lo Zerra e la Gavarnia o Gavarno, sino ad una serie di fossi quali il Gambarone e il Fiobbio che nascono da bacini idrografici molto piccoli, ma altrettanto significativi nell’orografia e nel sistema collinare.4 Il Serio è il fiume di Scanzorosciate. Nei testi che riguardano il grande fiume bergamasco fra i comuni che si relazionano con il corso d’acqua della valle, Scanzorosciate è giustamente citato, anche se oggi le relazioni sia fisiche che visive fra la città e il fiume sono scarse. Si potrebbe riflettere su quanto la cultura legata al fiume abbia poi direttamente o indirettamente influenzato il territorio di Scanzorosciate. Infatti, parte importante del reticolo idrografico non è

4 Il fosso Gambarone nasce dalle vallecole di Valbona e Celinate che si distinguono in maniera netta dal fosso Fiobbio dalla presenza dei rilievi del Montecchio. 196 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale costituita dal Serio, ma la Roggia Borgogna e Pedrenga che traggono origine dal grande fiume in comune di Villa di Serio. Tali rogge hanno sin dall’antichità segnato e caratterizzato il paesaggio: dalla Roggia Borgogna, probabilmente di origine pre-romana, alla roggia Pedrenga che con altre piccole rogge marca ancora la centuriazione nelle aree agricole ancora libere. Il fiume Serio, nonostante sia posto al limite ovest del territorio comunale, entra comunque, come abbiamo già scritto, indirettamente nel paesaggio con le rogge e con i borlanti che rappresentano il denominatore comune della materia dei nuclei storici. Il ponte di origine romana denominato di Gorle o delle Gorle, che ha visto nei secoli una serie di interventi che lo hanno parzialmente trasformato, rappresenta l’unico ponte che Scanzorosciate ha sul fiume e forse rappresenta l’unico punto di relazione fra la vita della comunità e il Serio. Certo, come già scritto, i mulini, i lavatoi, il cotonificio, ecc. sono attività che nei secoli scorsi il fiume ha alimentato divenendo preziosa risorsa alla sussistenza dell’uomo. Per una lettura cartografica e per maggiori approfondimenti si rimanda all’Allegato F4 - Carta delle componenti del paesaggio naturale e dell’antropizzazione.

Le componenti del paesaggio urbano Il tessuto urbano di Scanzorosciate si presenta articolato e con differenze che marcano i diversi paesaggi che compongono il territorio comunale. Infatti, la variegata morfologia, la storia, le strade, e in generale i processi evolutivi hanno determinato situazioni diverse nel costruito, sempre intimamente legato alle peculiarità della zona e ai bisogni dell’uomo. I nuclei di Scanzo e Rosciate, nascono certo dipendenti dal Monte Bastia, che già nel nome evoca una presenza antica dell’uomo. Questi agglomerati urbani rappresentano i tessuti originari principali che danno ordine al sistema di vie e di canali d’acqua che si relazionano con gli elementi morfologici principali a scala territoriale quali il fiume Serio e il sistema collinare. Il Monte Bastia per la posizione strategica che si affaccia quasi verticalmente sulla pianura, ha di certo rappresentato un elemento geomorfologico importante e ambito sin dall’antichità nel controllo delle vie di comunicazione per la valle Seriana o in direzione Val Cavallina. Infatti, tale Monte rappresenta il primo contrafforte del complesso collinare che fa da spartiacque fra le due valli orobiche. I diversi ritrovamenti preistorici e di origine romana nell’area, confermano come i rilievi collinari che poi interessano anche Cenate (BG), Torre de Roveri (BG) e San Paolo d’Argon (BG), fossero già intensamente abitati nell’antichità. La fitta rete stradale di cresta o che accompagnavano i crinali, già rilevabile nelle mappe ottocentesche, testimonia un territorio alto sulla pianura e che quindi permetteva un controllo del territorio sottostante. Scanzo, nucleo più grande di Rosciate e forse più antico, si sviluppa ai piedi del Monte Bastia forse a seguito del progressivo abbandono delle terre alte, grazie ad un maggiore ordine civile e in generale al cessare di quel bisogno di difesa che nei diversi secoli si è più volte presentato. Seppur non vicinissimo, si misura con il grande fiume Serio. Dal fiume trae il materiale principale per la costruzione delle case, dei muri di cinta e delle opere di difesa. Il fiume è risorsa preziosa anche per la vita quotidiana, risorsa valorizzata anche mediante la realizzazione del sistema di rogge che segnano il territorio sin dall’antichità. I due nuclei vicini ma indipendenti nello sviluppo e nell’amministrazione dei relativi territori, sembrano avere riferimenti diversi: Scanzo è rivolto al fiume e legato con altri centri della valle quali Villa di Serio (toponimo appunto “Città sul Serio”), mentre Rosciate si apre alle colline e ai primi rilievi montani della valle del Gavarno e poi del Misma. A metà Ottocento il territorio di Scanzo non mostra una vocazione tipica di altri contesti collinari: le case di villeggiature sono solo tre, mentre una ricca pianura coltivata prevalentemente a vigneto cinge da ovest e a sud l’abitato.5 Rosciate ha un territorio maggiormente rivolto a levante, anch’esso riccamente punteggiato da cascine e ville, che compone un territorio simile a quello di Cenate, di Torre de’ Roveri o di Grumello del Monte. 6

5 La carenza di case di villeggiatura in luoghi così ameni, è forse da identificare nei presidi antichi che non nascono con tale funzione ma sono già elementi di riferimento territoriale in tempi più antichi. 197 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Come per la valle dello Zerra presente nel comune censuario di Scanzo, la ricchezza, la particolare amenità ed esposizione, nonchè il numero di insediamenti fanno del territorio di Rosciate un sistema quasi unico. Infatti, a differenza di altri contesti legati a pochi sistemi di proprietà, la particolare articolazione fondiaria permette la compresenza di numerose famiglie agiate che nel sistema collinare trovano il reddito della campagna. Attorno alle ville un sistema di cascine presidiano il territorio. La centralità dei due nuclei è affiancata da insediamenti minori, piccoli agglomerati urbani di poche case, frazioni nella definizione moderna, che hanno visto grandi sviluppi urbani nel secolo scorso: Tribulina, Negrone e Gavarno nascono attorno a presidi storici ancora visibili, talvolta fortificati, o in corrispondenza di crocevia importanti. Anche questi piccoli agglomerati hanno uno sviluppo e una storia diversa. Gavarno ha da sempre evidenziato una propria struttura chiusa e autosufficiente, probabilmente per le origini di presidio anche fortificato ancora presente nel toponimo moderno “Castello di Gavarno”. Tribulina e la valle Serradesca non avevano una centralità. La piccola chiesa di San Giovanni nei Boschi, in stato di rovina, si colloca in ambito pedecollinare, isolata così come isolate sono le case e gli edifici rurali che punteggiano il territorio. Tale edificio religioso non rappresentava l’unico luogo per le celebrazioni considerando che diverse dimore avevano tradizionalmente oratori spesso aperti anche al volgo. Anche Negrone ha uno sviluppo tutto recente. Il toponimo lo si ritrova ancora scritto sul palazzo omonimo nelle cronache chiamato anche Castello7. La vicina chiesa di San Pantaleone, che da il nome anche alla omonima valletta, si configura nella storia come luogo isolato, addirittura rivolto all’eremitaggio. Tale frammentazione e distanza fra insediamenti ed edifici religiosi esalta quel carattere diffuso di territorio senza una centralità apparente e piegato invece a servizio delle famiglie nobili della città. Il resto del territorio pianeggiante è punteggiato anch’esso da un sistema di edifici rustici di grandi dimensioni dove nel XIX secolo si aggiungono ai mulini, i cotonifici e in generale quelle attività pre- industriali che sfruttano la presenza dell’energia idraulica della grande roggia. La quasi totalità della grande area pianeggiante che si estendeva dalla Roggia Borgogna al fosso Fobbio è stata occupata dalla chimica Lonza che si inserisce nello ski-line di Scanzorosciate con le alte ciminiere e intrecci di tubazioni d’acciaio. La presenza di tale produzione multinazionale, unica nel contesto, costituisce un sistema di forme estranee al tradizionale contesto e alla cultura vitivinicola famosa nel mondo. Aree verdi più o meno piantumate, anche recenti, hanno partecipato a mascherare dall’intorno l’insediamento che è maggiormente percepito dagli ambiti elevati. Infatti, la presenza della Lonza è il peso insediativo è forse più sentito nelle problematiche ambientali in senso stretto che nell’incidenza nel paesaggio. L’entità e la particolare posizione prossima alle aree residenziali pongono di certo la necessità di adottare ancora misure atte a mitigare l’impatto dell’attività industriale. Per una lettura cartografica e per maggiori approfondimenti si rimanda all’Allegato F3 - Carta delle componenti del paesaggio storico e culturale.

Le componenti del paesaggio percepito La considerazione di un determinato territorio avviene anche mediante una valutazione della percezione visiva che il fruitore vive nell’esperienza quotidiana. In questa direzione lo studio paesistico del territorio di Scanzorosciate ha esaminato anche quale percezione visiva si ha del territorio, ritenendo questo un elemento ulteriore di valutazione e quindi di sensibilità delle componenti del paesaggio. L’analisi ha considerato tale aspetto in due diverse direzioni: • ritenendo i componenti del paesaggio, antropici e naturali, portatori loro stessi di una “esternalità” dei propri contenuti che vanno oltre l’identificazione fisica. Tale “aurea” o

6 Parte del territorio della valle Serradesca sino alla Tribulina e quindi alla chiesetta di San Giovanni, è stato a metà del Quattrocento interessato dal comune di Pedrengo che allora occupava anche territori di Torre de’ Roveri. 7 La forma chiusa ricorda maggiormente quella del palazzo cittadino o comunque con un impianto fortificato. Non è la villa aperta verso la campagna. 198 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

“buffer”, che definiremo poi “ambiti di influenza”, è una proiezione esterna dei valori intrinsechi; • identificando gli ambiti maggiormente percepiti percorrendo la viabilità storica intercomunale che attraversa il territorio e valutando cosa si coglie del sistema di rilievi montuosi e collinari che struttura l’abitato. Tale valutazione cinematica è stata eseguita anche nell’ambito urbano individuando una sorta di fascia di percezione dinamica dell’intorno. Quest’ultima analisi, riassunta nell’allegato Tav. 5 Carta del paesaggio percepito, ha verificato lungo le vie di comunicazione principali, quindi previlegiando una lettura sovralocale del territorio, il grado di percezione in entrambi i sensi di marcia, e riassumendo con una linea tratteggiata le parti del territorio maggiormente osservate. La sovrapposizione di più campiture ha evidenziato gli ambiti maggiormente percepiti. Tali ambiti, riassunti con apposito grafismo, sono quelli caratterizzati soprattutto dalle parti medio alte della struttura collinare e montana interessando prevalentemente i crinali che definiscono sempre, seppur in modo diverso, lo skiline delle vedute. Fra i rilevi maggiormente percepiti si evidenzia il Monte Bastia e il Costone di Pradalunga che con i suoi seicento metri “sottolinea” il cielo e il Misma ancora più lontano. La percezione delle sole parti alte è dovuta principalmente alla struttura urbana attorno alle vie principali che non permette, fatte poche eccezioni, una percezione dell’intorno e relegando gli ambiti percepiti nelle parti alte del territorio. Lo studio individua anche uno spazio che possiamo definire di “percezione urbana” definendo una possibile visione dinamica costruita mediante la collocazione di una fascia di sintesi lungo le vie di Scanzorosciate dedotte dallo stradario. Dalla sovrapposizione di tale fascia alla cartografia di evidenzia come il paesaggio goduto dall’osservatore che percorre il contesto urbano sia connotato inequivocabilmente dagli edifici e che solo in maniera intermittente ed episodica nelle aree di frangia permettono la vista dei crinali nella parte più alta. Infatti, in generale l’edificato moderno ma anche quello storico in prossimità delle strade rappresenta una occlusione alla vista quasi totale interrotta da brevi scorci che sono insufficienti a una fruibilità soprattutto veicolare. La particolare conformazione di Scanzorosciate e la rete viaria che interessa anche i rilievi, permette una visione “tridimensionale” e articolata dello spazio, con cannocchiali e ambiti panoramici talvolta suggestivi. Tale duplicità si coglie soprattutto nella strada principale che dal ponte di Gorle sale sino in Tribulina in direzione Cenate. L’osservatore si trova in pochi chilometri ad attraversare un territorio amministrativo con paesaggi che da connotati fortemente urbanizzati, di città, si passa prima a contesti pedecollinari, collinari e poi quasi montani. Infatti, corrisponde a questo passaggio anche un aumento del livello sul mare che varia dai circa 260 m. slm ai circa 400 m. slm delle Bocche del Gavarno sul confine con Cenate. Il cambiamento avvertito è anche legato ad un tessuto costruito prima fitto poi via via più aperto e che lascia spazio a visuali sempre più aperte e suggestive. Anche la presenza di una ricca rete di connessione con gli altri comuni vicini, apre al fruitore diverse prospettive del medesimo territorio. E’ il caso, ad esempio, della via Collina Alta che in direzione di Torre de’ Roveri permette di cogliere quasi a 360° il territorio della valle del torrente Zerra. Una struttura visiva sostanzialmente aperta, soprattutto negli ambiti di Negrone, Tribulina e Gavarno, ma anche nell’area pianeggiante a nord della Roggia Borgogna, permette poi di cogliere un paesaggio ricco e sempre diverso frutto del secolare lavoro dell’uomo. La varietà dei componenti naturali ed antropici, unito alla percezione di coni panoramici di indubbio valore, rende gradevole e alto il godimento visivo. Vigneti, boschi, uliveti si alternano a dossi e poggi a prato valorizzati da antichi cascinali e ville patrizie. Quest’ultime in diversi casi divengono il punto focale della visione dimostrando come le relazioni fra uomo e territorio naturali possono divenire proficua occasione di costruire nuovi paesaggi culturali. La suggestione urbana dei due nuclei è diversa, quasi opposta a quella agreste. Scompare quasi completamente l’elemento naturale geomorfologico e si sostituisce allo stesso una “natura” addomesticata fatta di parchi e giardini che sottolineano case antiche ricche di ciottoli nella tessitura muraria. Le vie strette spingono la visione nell’irregolarità degli spazi, talvolta bui e soffocati dalle dimensioni urbane.

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11.2.4 Il giudizio di rilevanza e integrità Il Codice dei beni culturali e del paesaggio e successivamente la legge regionale n. 12/2005 individuano una fase valutativa finalizzata ad evidenziare i “punti di forza e quelli di debolezza della struttura paesaggistica comunale”. Tale processo avviene mediante due tipi di valutazione: un giudizio di rilevanza e un giudizio di integrità. Il presente studio paesaggistico individua con un’apposita tavola gli elementi fisici e naturali e quelli antropici-culturali attribuendo un giudizio finalizzato ad evidenziare in forma chiara e sintetica alcune categorie prevalenti nel territorio di Scanzorosciate. Tale valutazione, definita a scala locale, aiuta a determinare la scala di sensibilità e le priorità di intervento nell’azione del P.G.T. I risultati sintetizzati nell’allegata Tav. 8 Carta del giudizio di rilevanza e integrità - e in particolare il giudizio di rilevanza evidenziano innanzitutto un territorio con una serie di componenti di alto valore costituito prevalentemente da boschi, corsi d’acqua e vigneti. Le componenti culturali-antropiche evidenziano anch’esse una serie di elementi rilevanti dal punto di vista ambientale quali ville, cascine e i nuclei di antica formazione. Anche la valutazione di integrità mostra in generale uno stato buono di tali elementi anche se vi sono spazi per un miglioramento e una nuova attenzione nei confronti di tali emergenze ambientali: da evidenziare, ad esempio, lo stato del fiume Serio le cui acque sono state oggetto di recenti inquinamenti e dove le relazioni con la comunità sono pressochè inesistenti, oppure le aree a nord di Pedrengo, reliquati dell’antica area agricola che circondava Scanzo, che non mostra più quella vocazione agricola. Tale considerazione porta ad una serie di priorità di carattere paesaggistico da risolvere con l’azione attenta del P.G.T. e in generale nella costante attività di trasformazione del territorio e che sono:

ƒ la conservazione di quelle parti di territorio, ancora estese, ove il paesaggio storico si è mantenuto intatto, preservando quei luoghi e le architetture dell’identità della cultura locale (vedi ad esempio area Celinate-Serradesca-Bocche del Gavarno); ƒ la necessità di una migliore qualità del nuovo edificato in generale, con architetture capaci di costruire una muova città con maggiori spazi di identità e relazione. Tale qualità è raggiungibile anche attraverso la necessaria formazione di un sistema di verde urbano che si lega al sistema del verde naturale e/o agricolo (vedi simulazione fotografica di inserimento di un filare lungo la via S.P. 68); ƒ lenire l’impatto delle attività dell’abitare e del produrre (vedi Lonza) nei confronti del paesaggio agrario e naturale, rafforzando quegli elementi di riconversione, mitigazione e mascheramento capaci di favorire una maggiore qualità del paesaggio; ƒ proseguire nel recupero dei nuclei storici e valorizzare i luoghi e gli edifici di rappresentatività della cultura locale, quali elementi irrinunciabili di identità della comunità di Scanzorosciate; ƒ recuperare e valorizzare quegli elementi della naturalità oggi degradati e rilegati ai margini della città, con particolare attenzione ai corsi d’acqua e alle aree verdi intercluse nell’urbanizzato che svolgono l’importante ruolo di connessione ecologica con i bioserbatoi presenti nel territorio.

11.3. Definizione delle classi di sensibilità paesistica La definizione delle classi di sensibilità paesistica segue le riflessioni effettuate sia in sede di sopralluogo che di indagine analitica. La classificazione comporta una reale dichiarazione delle aree di maggiore interesse e pregio paesistico e ambientale, rispetto alle quali formulare specifici indirizzi di tutela e di sviluppo territoriale che dovranno essere sottoposti a particolare attenzione nel processo di costruzione del Piano. La definizione delle classi di sensibilità svolgono un duplice ruolo: favorire una lettura sintetica del valori espressi dal territorio e quindi utile in fase di estensione del P.G.T. e guidare la trasformazione quotidiana del territorio mediante un confronto consapevole delle risorse presenti. Infatti, il tema dominante per Scanzorosciate a seguito della lettura del paesaggio e indubbiamente la conservazione di un territorio che esprime ancora valori alti. Certo tale lettura non può esimersi dal rilevare anche

200 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale situazioni di degrado che hanno interessato, per una serie di ragioni in parte sopra elencate, prevalentemente gli ambiti di pianura e in particolare la presenza dell’ampia area industriale e una conurbazione che ha stretto d’assedio i nuclei di antica formazione e si è spinta sino a lambire il Serio e i territori dei comuni confinanti. Per queste aree bisogna introdurre quegli elementi virtuosi capaci di implementare una redifinizione degli aspetti territoriali confidando appunto su una “reversibilità” dei processi di trasformazione. Il concetto di “reversibilità” del paesaggio parte dalla consapevolezza che ogni territorio degradato, disomogeneo, esteticamente “brutto” o addirittura inquinato può ritornare ad esprimere un paesaggio di qualità. Tale paesaggio rinnovato di qualità non deve essere forzatamente il paesaggio “originario”, il quale non esiste in quanto da sempre risultato di trasformazioni, ma può essere anche un nuovo paesaggio. Certo il concetto chiave di “reversibilità” dice in maniera chiara che non esistono scenari irrecuperabili e pertanto il degrado attuale non è da considerare un componente permanente che condiziona e perpetua la qualità o non qualità di un determinato paesaggio. Anche la componente percettiva del paesaggio è coinvolta in questo fase in quanto riconduce sia alla effettiva possibilità di fruizione del territorio che al riconoscimento di ambiti che devono essere conservati non solo per la loro importanza ambientale e paesistica ma anche per assicurare la percezione delle emergenze nel tempo da luoghi riconosciuti e appartenenti alla memoria della collettività locale. Per giungere a definire le diverse classi di sensibilità si è realizzata una carta dei valori ove sono stati riassunti quegli elementi componenti del paesaggio, sia naturali-fisici sia di carattere storico, e alcuni risultati della percezione del paesaggio. Il metodo adottato per determinare le classi di sensibilità è illustrato nel paragrafo successivo.

11.3.1. Il metodo Il metodo adottato per individuare le classi di sensibilità del territorio si sviluppa all’interno della metodologia individuata dalla delibera regionale “Linee guida per l’esame paesistico dei progetti” commentata nella prima parte della presente relazione. Tale metodo e soprattutto la scala dei valori dai quali discende la sensibilità di un determinato ambiente, è adattato alla particolare condizione di ogni contesto territoriale sempre diverso in un paesaggio così ricco e diversificato come quello italiano. Per definire le classi di sensibilità del territorio si sono valutate le emergenze espresse dal territorio sia per quanto attiene alle singole componenti del paesaggio sia per quanto attiene alla percezione del territorio. Nella definizione dei valori si sono considerati anche la scala simbolica sia nella lettura a scala sovralocale sia a quella locale, cogliendo quegli aspetti peculiari di Scanzorosciate. Ad esempio i vigneti e taluni impianti viticoli assumono per la tipicità dei prodotti e per la distribuzione nel territorio, un valore che va oltre alle considerazioni agronomiche della vite. La percezione generale dell’importanza di Scanzorosciate nel settore viticolo è certo ormai diffuso e conosciuta a scala forse mondiale, ma e anche presente visivamente e ha inciso storicamente nelle colline divenendo “prodotto del territorio e nel territorio”. Nei luoghi ove la trasformazione dell’uso del territorio a proposto tessuti urbani o attività che degradano i luoghi, il metodo di definizione delle classi ha implementato una serie di valutazioni e quindi tecniche capaci ricondurre una maggiore attenzione ad un recupero o mitigazione sicuramente possibili. La definizione della carta della sensibilità percorre dunque due strade diverse per giungere ad un unico obiettivo che è la crescita costante della qualità del paesaggio. Al P.G.T. il presente studio fornisce una carta che individua le aree che hanno maggiore o minore sensibilità nella valutazione di impatto di eventuali trasformazioni, mentre al tecnico una puntuale indicazione in fase di progettazione territoriale e edilizia. La determinazione delle classi di sensibilità paesistica si realizza attribuendo valori massimi (in questo caso classe 4) a quelle componenti in grado di restituire l’effettiva struttura morfologica del territorio e attribuire pregio ambientale al paesaggio. Ci riferiamo in particolare agli ambiti boscati, ai crinali, ai torrenti, alle rogge e ai giardini in ambito urbano. Alto valore (ancora classe 4) si è attribuito anche ai segni antropici sul territorio quali i due nuclei storici, gli edifici sparsi e in generale gli edifici di

201 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale rappresentatività della cultura locale. Spesso tali elementi rilevati sono stati “dilatati”, ampliati a sottolineare l’interazione fisica e visiva di tali componenti con l’intorno, non una fascia di rispetto all’elemento vero e proprio ma una sorta di spazio di influenza che evidenzia “l’esternalità” oggettiva che ogni componente proietta sull’intorno. Tali ambiti di influenza o buffer dei componenti sono stati determinati a seguito di due considerazioni delle quali una propriamente più ecologica-strutturale e una legata alla percezione: • l’elemento naturale che compone il paesaggio non è limitato allo spazio che spesso le carte o le leggi in materia definiscono, ma vi è una sorta di espansione che è altrettanto importante. L’esempio classico è il corso d’acqua ove solitamente è privilegiato l’alveo o l’immediato intorno (fascia ripariale) mentre la letteratura scientifica in materia pone l’importanza sulle fasce ecotonali che si relazionano con l’intorno. Lo stesso vale per le fasce ecotonali fra il bosco e la campagna o le coltivazioni specializzate; • la percezione di un determinato elemento non si limita all’elemento stesso, ma è il prodotto degli elementi che contornano l’unità del paesaggio o definiscono il “quadro”. Ad esempio, un sistema fluviale appare qualitativamente più degradato se viene percepito vicino ad un’area industriale. Oppure l’edificazione ai margini di un bosco si presenta paesaggisticamente più intrusiva che l’edificazione all’interno del bosco stesso. L’esempio si può estendere anche ad un centro storico il quale è spesso maggiormente deturpato per interventi non consoni collocati all’intorno o in prossimità che per trasformazioni poco compatibili al suo interno. Illustrare in maniera esaustiva la determinazione delle seguenti fasce porterebbe ad elencare tutta una serie di considerazioni complesse e ormai assunte dalla letteratura in materia che risulterebbe fuorviante per gli obiettivi della presente relazione. In generale possiamo sostenere che per gli elementi naturali quali boschi e fiumi hanno inciso le fasce ecotonali oppure dei vincoli paesaggistici predeterminati (vedi ad esempio i 150 m. dai corsi d’acqua individuati dal Codice). Infatti, nel caso specifico l’interesse paesaggistico e le relative fasce sono sanciti dal D.lgs n. 42/2004 che il presente studio fa propri mantenendo così una eventuale corrispondenza con le autorizzazioni ambientali necessarie all’intervento in dette aree. Tali ambiti di influenza, in particolare per le architetture di rilevanza, sono stati dimensionati in modo diverso in base al contesto urbano e extra-urbano. Infatti, la qualità che si espande da un fabbricato di pregio è chiaramente diverso se si trova, ad esempio, su una collina piuttosto che all’interneo di un fitto tessuto edificato. In generale i criteri utilizzati hanno adottato tali fasce: • Crinali pari a 100 m. per versante • boschi aumentati nella parte a valle, verso l’urbanizzato, con una fascia pari a 50 m. • Corsi d’acqua principali individuati dal D.Lgs 42/2004 con una fascia di 150 m. per lato. Altri corsi d’acqua del reticolo minore e non tombinati in ambito edificato con una fascia di 50 m. per lato. • Nuclei storici aumentati nell’intorno con una fascia di 50 m. • Edifici storici e luoghi di rappresentatività della cultura locale, individuati con una fascia di tutela pari a 50 m. o di 100 m. in base alla collocazione nel territorio (rispettivamente ambito urbano e ambito extraurbano).

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Fig. 2 Relazione e ambiti di influenza reciproci fra due ecosistemi

L’incidenza dei corsi d’acqua nella valutazione del paesaggio necessità di un approfondimento per illustrare il percorso valutativo. E’ innegabile come la presenza di un fiume, anche di modeste dimensioni possa accrescere enormemente la qualità di un determinato paesaggio. L’acqua in sé rappresenta un elemento che può arricchire il paesaggio con riflessi, giochi di luce e suoni. Il ruolo ecologico legato alla biodiversità oppure il ruolo storico dell’acqua (vedi ad esempio i mulini) sono ulteriori elementi che incrementano l’importanza di un corso d’acqua. E’ altrettanto riconosciuta l’importanza delle fasce ecotonali che esprimono i corsi d’acqua. Nel metodo utilizzato si sono individuati nel reticolo idrografico quei corsi d’acqua e relative fasce che il Codice dei beni culturali e del paesaggio hanno identificato per il loro interesse paesaggistico (senza considerare il comma 2 dell’art. 142 del citato decreto). I corsi d’acqua classificati come pubblici sono inseriti nella delibera regionale del 1986 eseguita in applicazione alla legge 431/1985. In questi corsi d’acqua, per le ragioni già in parte sopra esposte, la sensibilità è stata incrementata in corrispondenza di altri componenti del paesaggio (ad esempio i nuclei storici oppure i boschi). Tale fertile relazione fra più componenti è illustrata nelle figure 2) e 3). Proprio per l’importanza del valore “acqua” nel paesaggio, nel caso di tratti tombinati i valori espressi dal corso d’acqua non sono stati contratti poiché si è colto il valore potenziale dell’elemento naturale, seppur attualmente in stato di forte degrado.

Fig. 3 Relazione e ambiti di influenza fra componenti del paesaggio

Per gli altri corsi d’acqua minori tombinati in ambito urbano si è scelto di identificarli nel loro percorso anche nell’elaborato grafico relativo alla sensibilità del paesaggio al fine segnalare la loro presenza allo stato occultata e auspicarne un recupero ambientale. I corsi d’acqua minori non tombinati in ambito urbano sono stati valorizzati attribuendogli una fascia di m. 50 per lato. Per una sintetica lettura si rimanda alla Tab.A. Nella definizione del buffer per gli edifici di rilevanza ambientale e storica, dopo aver eseguito una valutazione dello stato della materia, si è proceduto a determinare “l’esternalità” in base alla collocazione nel territorio e quindi con valutazione di carattere prettamente percettivo. Gli edifici sparsi di pregio ambientale, cioè non inglobati nel nucleo storico, sono stati ampliati sull’intorno per 50 metri negli ambiti urbanizzati, ove la percezione è minore e l’intorno più ristretto e privo di valenze

203 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale panoramiche. Per gli edifici con valenze ambientali sparsi nel territorio collinare e quindi aperti alla fruizione visiva si è optato per una fascia di 100 metri che è parsa misurata per il contesto.8 Per alcuni edifici l’ambito di influenza si è confrontato anche con i vincoli decretati ai sensi della legge 1089/1939.

Dimensione degli ambiti di influenza (buffer) Componenti del paesaggio (metri) Creste e crinali 100 Boschi 50 Roccoli 100 Capanni 50 Corsi d’acqua principali 150 Corsi d’acqua del reticolo minore 50 Nuclei storici 50 Edifici e luoghi di rappresentatività della cultura 50 locale in ambito urbano Edifici e luoghi di rappresentatività della cultura 100 locale in ambito extra-urbano Tab. A – Ambiti di influenza delle componenti del paesaggio Altro elemento di valutazione della sensibilità paesistica è l’aspetto vedutistico o percettivo del paesaggio. L’esame del territorio e i sopralluoghi hanno verificato che il godimento percettivo del territorio dalla rete viaria principale si può schematizzare in due modi: una percezione scarsa nella parte pianeggiante a ponente del territorio determinata principalmente dall’edificato che limita l’orizzonte permettendo di cogliere solo i rilievi più alti del sistema collinare sullo sfondo; una percezione più aperta anche con panorami di eccezionale bellezza nella parte più a levante corrispondente all’area della Tribulina e delle parti alte della valle Serradesca e delle Bocche del Gavarno. Questa dualità è ben evidenziata dalla percezione dagli assi stradali analizzati e scelti in quanto percorsi storici e di collegamento intercomunali. A scala locale la lettura è più complessa in quanto una complessa rete stradale minore permette di cogliere altri paesaggi e altre prospettive sino ad una quasi totalità degli ambiti territoriali. Tale analisi in sito, che ha valutato quali sono gli ambiti maggiormente percepiti dalla rete viaria principale, ha prodotto un ambito maggiormente percepito collocato nella parte medio alte dei rilievi collinari e definito nella parte alta dai crinali. Per l’ambito urbano si è preferito utilizzare un metodo “geometrico” determinato da una percezione cinetica dell’intorno con individuazione degli ambiti prossimi alle strade e quindi più percepiti, rappresentati dalle fronti che definiscono gli spazi pubblici. Tale individuazione risulta tanto più necessaria nel contesto in esame considerato che spesso l’occlusione agli ambiti collinari deriva proprio dall’edificato che affianca le strade e che altrettanto spesso è di qualità architettonica discutibile. Alle componenti del paesaggio così determinati si è attribuito una classe di sensibilità propria che deriva da una serie di valutazioni ormai universalmente riconosciute. Certo, attribuire un valore numerico risulta sempre limitativo, ma il metodo utilizzato per la determinazione delle classi di sensibilità lo impongono. Componenti del paesaggio fisico e naturale Classe di valutazione Boschi 4 Corsi d’acqua naturali e artificiali 4 Crinali 4 Giardini storici o pubblici di particolare rilevanza ambientale 4 Roccoli e capanni 4 Vigneti 3 Verde urbano, prati seminativi, frutteti, orti, incolti e vivai 2 Serre a tunnel 1 Tab. B – Valutazione dei componenti del paesaggio fisico e naturale

8 Si è valutata anche una fascia di 200 metri ma è sembrata eccessiva per taluni edifici, anche se per altri considerata la panoramicità dei luoghi poteva calzare. 204 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Componenti del paesaggio storico culturale e del paesaggio urbano Classe di valutazione Nuclei storici 4 Edifici rappresentativi della cultura locale 4 Aree edificate 1 Tab. C – Valutazione dei componenti del paesaggio storico-culturale e urbano Le componenti del paesaggio possiedono una classe di valutazione derivata da un giudizio che nasce da una serie di considerazioni di carattere ambientale comunemente condivise e introdotte nella prima parte della presente relazione. Per quanto attiene alle componenti del paesaggio fisico e naturale si è ritenuto di sottolineare l’importanza dei boschi, dei corsi d’acqua, ecc. di tutti quegli elementi naturali che strutturano il paesaggio di Scanzorosciate attribuendo una classe 4 di sensibilità a tali elementi. In particolare i vigneti e in particolar modo il paesaggio vitivinicolo, cioè come ampio scenario coltivato, è stato anch’esso evidenziato per la peculiarità e per la tradizione della sua presenza in Scanzorosciate. Tali valutazioni possono subire un ulteriore incremento (classe 5) qualora la componente o le componenti sono altamente percepiti e quindi possiedono una sensibilità ancor maggiore alle trasformazioni, oppure nel caso in cui siamo in presenza di più componenti del paesaggio (ad esempio bosco + corso d’acqua oppure corso d’acqua + nucleo storico). Nella valutazione della sensibilità si considera anche altri fattori seppur non sempre esplicitati nelle tavole. Ad esempio, porzioni del territorio agricolo, come ad esempio Celinate, assumono una valenza a scala sovralocale, divenendo un “unicum” nel contesto provinciale. Altra valutazione riguarda anche il carattere estetico, legato in particolare alla secolare trasformazione del territorio da parte dell’uomo con risultati di una “campagna-giardino” che si riscontra in diversi contesti del territorio studiato. Certe prospettive dell’area agricola delle Bocche del Gavarno riassumono un paesaggio quasi “inglese”, mentre i “segni geometrici” contrapposti dei vigneti sui crinali della valle Serradesca appaiono come un disegno del giardino contemporaneo e nel contempo rimanda ad altri paesaggi della bella Italia. Un altro criterio di valutazione è l’unicità del paesaggio nel contesto territoriale. Tale unicità, diversa da quella del precedente paragrafo, deriva dall’estesa conurbazione che ha prodotto come risultato reliquati di paesaggio, ad esempio, di pianura. Ecco pertanto che l’area attorno alla Cascina Donecco e in generale la campagna a nord della Roggia Borgogna diventa importante al fine di conservare la memoria dell’estesa area pianeggiante che caratterizzava gran parte del territorio dell’antico Scanzo. Nella valutazione esposta nelle tabelle il paesaggio assume una valenza non solo “paesaggistica”, cioè estetica ma, il proprio valore è derivato anche dal ruolo ecologico svolto e riconosciuto dalle scienze ambientali. Il degrado, che generalmente rappresenta un elemento detrattore della valenza ambientale e paesaggistica di un determinato componente e/o ecosistema, assume nella valutazione della sensibilità un aspetto conoscitivo importante ma che a nostro avviso non incide nella definizione della sensibilità del paesaggio. Tale affermazione è indotta dal concetto di “reversibilità” del danno ambientale, commentato nei paragrafi precedenti, che parte quindi da un riconoscimento del valore ecologico e in generale ambientale dell’ecosistema. Ad esempio il pesante inquinamento del fiume Serio subito negli ultimi anni non si traduce in una perdita di sensibilità del paesaggio, in quanto le potenzialità di un recupero, di un “rientro” ambientale nei parametri accettabili dell’ecosistema sono realmente possibili. Infatti, nel caso specifico vi sono esempi europei e nazionali di restoration river con risultati per le comunità locali e per la fauna e la flora impensabili. Per una lettura cartografica e per maggiori approfondimenti si rimanda all’Allegato Fa - Carta della sovrapposizione degli elementi e degli ambiti d’influenza.

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11.3.2. Sintesi delle valutazioni di sensibilità paesistica Le classi di sensibilità paesistica sono state riassunte, con le opportune correzioni derivanti dalle fasi illustrate nei paragrafi precedenti, in un’unica carta elaborata in due scale diverse. Il risultato riassunto nelle cinque classi è derivato dalle individuazioni e dalla valutazione degli elementi che compongono il paesaggio, risultato poi verificato anche con diversi sopralluoghi atti a correggere alcune puntuali storture metodologiche derivate dalla descritta metodologia. Come già scritto nel precedente paragrafo, la sensibilità è il risultato di una serie le letture diverse del territorio partendo dalla valenza o classe di valutazione d’ogni singolo elemento, intrecciato con gli altri, e poi valutato incrociando altri tipi di valutazioni sinteticamente riassunti nella tabella D – Altri criteri di valutazione della classe di sensibilità.

Altri elementi di valutazione nella sensibilità La presenza di componenti “unicum” a scala territoriale sovralocale La presenza di componenti a forte valore simbolico La qualità estetica d’insieme L’unicità di paesaggi nel territorio L’omogeneità del o dei componenti Le valenze e l’integrità dei componenti Il ruolo nella rete di connessione ecologica La panoramicità di determinati ambiti L’estensione di un determinato componente Tab. D – Altri criteri di valutazione della classe di sensibilità Prima di individuare gli ambiti e le relative classificazioni è importante ribadire il ruolo dell’elaborato denominato Carta delle sensibilità del paesaggio - Tav.10 il quale non deve essere letto come una ulteriore zonizzazione del territorio, cioè classe più alta impossibilità all’edificazione, poichè si rischia di attribuire una lettura falsa e fuorviante degli obiettivi sopra descritti. Infatti, può accadere che in una classe di alta sensibilità paesaggistica determinati interventi di trasformazione siano addirittura auspicati quali strumenti, ad esempio, di una riqualificazione ambientale territoriale agevolando così quella citata fase di “rientro” ambientale tanto auspicata soprattutto in area urbana. La metodologia applicata ha determinato l’individuazioni di classi di sensibilità che in generale corrispondono a determinati componenti del paesaggio, facilitando così anche gli indirizzi di tutela evidenziati nel paragrafo successivo. Gli ambiti e le diverse classificazioni sono pertanto organizzate come segue:

CLASSE 1 - SENSIBILITA’ PAESISTICA MOLTO BASSA Aree caratterizzate prevalentemente da edilizia recente, residenziale e produttiva, in generale prive di elementi architettonici o naturalistico-ambientali significativi. Scarse o nulle le relazioni morfologiche e visive con l’edificazione storica, con le strade di primaria e secondaria connessione e con i luoghi contraddistinti da uno status di rappresentatività nella cultura locale.

CLASSE 2 - SENSIBILITA’ PAESISTICA BASSA Aree caratterizzate prevalentemente da edilizia recente, residenziale e produttiva, strutturate attorno a percorsi ad elevata percorrenza e/o da vie che strutturano gli spostamenti attraverso la città. Ambiti e quinte urbane che incidono in modo sensibile nella percezione della qualità del paesaggio urbano.

CLASSE 3 - SENSIBILITA’ PAESISTICA MEDIA Ambiti caratterizzati prevalentemente da aree scarsamente edificate, spesso poste ai margini dell’urbanizzato, connotate da un verde antropizzato o specializzato, talvolta segnati da elementi naturalistici potenziali di valore quali fossi e piccole macchie boschive. Aree comunque fondamentali per il sistema delle connessioni ecologiche.

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CLASSE 4 - SENSIBILITA’ PAESISTICA ALTA Aree prevalentemente caratterizzate dalla presenza di elementi di notevole rilevanza naturalitisco-ambientale (boschi, corsi d’acqua, ecc.) o dal tessuto storico dei nuclei di antica formazione e da luoghi o architetture contraddistinti da uno status di rappresentatività nella cultura locale.

CLASSE 5 - SENSIBILITA’ PAESISTICA MOLTO ALTA Ambiti di notevole interesse ambientale, nelle quali sono prevalentemente presenti più tipologie di elementi naturalistici o antropici rilevanti che spesso sono altamente percepiti dall’intorno o che costituiscono un “unicum” e un quadro d’insieme di valore estetico di primaria importanza.

Applicazione tecnica delle valutazioni di sensibilità Definire entro dei limiti lineari il paesaggio che muta con le stagioni, con la luce e anche con gli umori della gente rappresenta uno sforzo non sempre facile. Le linee che delimitano una determinata classe, seppur derivate da metodologie collaudate e verificate in sito, rappresentano lo sforzo di una inevitabile sintesi e l’elaborazione definita anche dal quadro legislativo vigente. L’identificazione delle classi di sensibilità avviene con delle aree che non sempre si misurano con assetto planimetrico costituito, poichè i risultati delle diverse valutazioni si misurano con una dimensione territoriale appunto tridimensionale e con riferimenti spesso slegati dai limiti geografici. Infatti, come già accennato nel paragrafo che illustra la metodologica applicata, può avvenire che i diversi ambiti esprimano valori “da” e “per” quella determinata area mediante riflessioni del tutto estranee alla zonizzazione. Quindi i diversi modi di lettura del territorio portano ad avere il limite fra aree a sensibilità diversa in un determinato e puntuale contesto, che si traduce in un ambito di passaggio fra diverse sensibilità. Nell’applicazione concreta qualora il progetto cada all’interno di un’area o di un edificio attraversato da più classi bisognerà tener conto della sensibilità più alta nella verifica di impatto. Tale metodo faciliterà l’applicazione delle linee guida della Regione Lombardia e porterà ad una maggiore tutela del territorio. Inoltre, gli interventi dovranno confrontarsi con gli indirizzi di tutela individuati nel capitolo quattro e con gli indirizzi normativi del P.T.C.P. eseguita per componenti del paesaggio in parte richiamati nelle norme del successivo capitolo.

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12. Il comparto agricolo

12.1 I dati provinciali 2000-2007.

12.1.1 Premessa

Per il presente capitolo ci si è riferiti alle seguenti fonti: • V° censimento generale dell’agricoltura ISTAT risalente al 2000 (censimento ISTAT più recente) • indagine redatta dagli analisti de “Il sole 24 ore” e pubblicata dalla Provincia di Bergamo e dalla Camera di Commercio in uno speciale denominato “Bergamo: agricoltura dalle mille risorse” supplemento di “Agrisole” del 7 dicembre 2007. Va rilevato che i dati estratti dal 5° censimento generale dell’agricoltura 2000 ISTAT, appaiono talvolta in contrasto con altre fonti di dati. I motivi possono essere: 9 diversità delle epoche di rilevazione dei dati 9 diversità delle modalità di rilevazione: i dati ISTAT sono desunti dalla compilazione volontaria di questionari riferiti all’azienda (che può condurre o detenere terreni in più Comuni) 9 i dati dell’indagine de “Il sole 24 ore” derivano da ricerche autonome e da dati forniti da Provincia e camera di Commercio Va evidenziato inoltre che le aziende agricole possono avere centro aziendale in un comune, sede legale in un altro comune, terreni in proprietà ed in conduzione situati in Comuni diversi. In provincia di Bergamo, secondo i dati del censimento ISTAT, nel 2000 sono state censite 10.3491 aziende agricole, delle quali: 1. 71,67% con S.A.U.2 compresa tra 0,5 e 5 ha, 2. 11,5 % con S.A.U. compresa tra 5 e 10 ha, 3. 8,04 % con S.A.U. compresa tra 10 e 20 ha, 4. 8,34 % con S.A.U. maggiore di 20 ha3. Paragonando il dato al precedente censimento del 1990 si era registrato un calo percentuale del numero di aziende pari al 53,6%; il 7% in più rispetto alla media regionale. Tale calo interessava soprattutto la prima categoria (-10,47%) cioè le aziende di minori dimensioni, mentre il dato percentuale delle altre categorie era aumentato; in particolare la quarta categoria registrava un incremento di circa 5 punti percentuali. Nel 2000 la superficie aziendale totale era pari a 140.696 Ha: 24,4% in meno rispetto al dato riscontrato nel 1990; la S.A.U. era di circa 92.849 Ha: circa il 12% in meno rispetto a quella del 1990. Nel 2000, secondo i dati ISTAT, le dimensioni aziendali erano: • superficie media aziendale = circa 13,6 ha

1 Dato ISTAT” 5° censimento generale dell’agricoltura” fascicolo provinciale Bergamo”, tav. n° 1 2 S.A.U. Superficie Agricola Utilizzata: insieme dei terreni investiti a seminativi, coltivazioni legnose agrarie, orti familiari, prati permanenti, pascoli e castagneti da frutto, esclusa la superficie investita a funghi in grotta, sotterranei ed appositi edifici. La S.A.U. differisce dalla S.A.T. - Superficie Agricola Totale: Area complessiva dei terreni aziendali formata dalla S.A.U, dalle superfici ad arboricoltura da legno, dai boschi, dalla superficie agraria non utilizzata, nonché dall’area occupata da parchi e giardini, fabbricati, stagni, canali, cortili situati entro il perimetro dei terreni che costituiscono l’azienda (“Indagine sulla struttura e sulle produzioni delle aziende agricole e principali coltivazioni legnose agrarie-istruzione per la rilevazione dei dati” ISTAT, 2007) 3 Dato ISTAT” 5° censimento generale dell’agricoltura” fascicolo provinciale Bergamo” , tav. n° 1.3 208 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

• S.A.U. media aziendale = circa 9,00 ha .

Una più recente indagine condotta dall’Assessorato agricoltura, caccia e pesca della Provincia di Bergamo, nel 20074, ha individuato sul territorio provinciale 5.214 aziende. La S.A.U. provinciale è di circa 84.621 Ha; il 9% in meno rispetto al dato ISTAT del 2000, con una media di 16,23 ha per azienda.

12.1.2 Le zone collinari

Nel 2000 i dati ISTAT indicano 2.100 aziende nella fascia collinare della Provincia di Bergamo, per una superficie totale di circa 11.732 Ha5. La S.A.U. era di circa 7.375 Ha complessivi con un media pro azienda di 3,51 Ha6. Secondo i dati pubblicati da Agrisole7 nel 2007 il numero di aziende collinari è pari a 1.317 unità (circa il 38% in meno del dato ISTAT 2000); la S.A.U. ammonta complessivamente a 9.316 Ha con una S.A.U. media per azienda collinare di 7,07 Ha, comunque la più bassa dei tre comparti territoriali provinciali (pianura - 15,82 Ha; montagna - 26,9 Ha; collina - 7,07 Ha)8. Si nota un incremento della S.A.U. totale e della S.A.U. media rispetto ai dati ISTAT del 2000; tali incrementi, fatte salve le considerazioni sopra effettuate in merito alla diversa fonte ed attendibilità dei dati, può essere imputabile a due concause: 9 Per quanto riguarda l’aumento della S.A.U. totale l’aumento potrebbe dipendere anche da una parziale riconversione di superficie boscate di recente formazione o di scarso pregio verso utilizzi agricoli. 9 Per quanto riguarda l’aumento della S.A.U. media l’aumento potrebbe dipendere da dinamiche di ricomposizione fondiaria in seguito alla cessazione delle attività agricole da parte di alcune aziende meno competitive e vitali. Questa tendenza può essere letta come una differenza significativa rispetto alle aree montane, nelle quali l’avanzamento del bosco rispetto agli usi agricoli è un dato conclamato. I territori collinari, posti in prossimità delle aree di pianura e dei poli urbani, sono infatti caratterizzati da dinamiche evolutive particolari: una maggior densità abitativa, una forte spinta all’urbanizzazione ed alla trasformazione dei suoli, una maggior utilizzo hobbistico dei terreni agricoli, possono essere fattori che spingono i coltivatori a riconvertire agli usi agricoli anche superfici boscate. Zone collinari - produzioni erbacee Per quanto riguarda il settore delle produzioni erbacee nei contesti collinari della Provincia di Bergamo al 20079 risultavano investite le seguenti superfici: 9 1.129 Ha coltivati con colture cerealicole delle quali circa il 60 % costituito da Mais da granella; il dato complessivo subisce un calo di circa il 32% rispetto ai dati del 2000.

4 Dato tratto dallo speciale collana AGRISOLE “Bergamo: agricoltura dalle mille risorse” dicembre 2007 5 Dato ISTAT” 5° censimento generale dell’agricoltura” fascicolo provinciale Bergamo , tav. n° 2.5 6 Dato ISTAT” 5° censimento generale dell’agricoltura” fascicolo provinciale Bergamo , tav. n° 2.6 7 Dato tratto dallo speciale collana AGRISOLE “Bergamo: agricoltura dalle mille risorse” dicembre 2007 8 Dato tratto dallo speciale collana AGRISOLE “Bergamo: agricoltura dalle mille risorse” dicembre 2007.. Nelle aziende di montagna la S.A.U. media risulta più elevata a motivo delle notevoli superfici adibite a pascoli 9Dato tratto dallo speciale collana AGRISOLE “Bergamo: agricoltura dalle mille risorse” pg. 4 209 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

9 460 Ha coltivati con colture foraggicole delle quali circa il 47 %costituito da Mais trinciato e circa il 31% da prati avvicendati di Medica; il dato complessivo subisce un calo di circa il 6% rispetto ai dati del 2000. 9 29 Ha coltivati con colture industriali, prevalentemente Soia e Pisello proteico; In merito alle superfici adibite al sistema prato pascolo non è stato possibile individuare dati certi ed esclusivi per la fascia territoriale collinare. Zone collinari - Viticoltura Il censimento ISTAT del 2000 stimava la presenza sull’intero territorio provinciale di 1.054 aziende viticole alle quali era attribuita una S.A.U. complessiva di 916 Ha, vale a dire una S.A.U. per azienda di 0,86 Ha10. Nella fascia collinare la S.A.U. viticola era di 818 Ha e le aziende viticole erano 862, con una S.A.U. media di 0,94 Ha; In fascia collinare la superficie adibita alle produzioni D.O.C. era di 244,38 Ha (circa il 30%). Nel 2007 secondo i dati pubblicati nello speciale della collana AGRISOLE “Bergamo città dalle mille risorse” la S.A.U. a vite nel territorio provinciale era pari a 870 Ha dei quali 775 in territorio collinare. Sempre nel 2007 risultano iscritti agli albi D.O.C. 340 Ha (39% del dato provinciale), agli albi I.G.T. 70 Ha, mentre i restanti 430 Ha sono coltivati con uve per vini da tavola11. Per quanto riguarda le potenzialità del settore viticolo provinciale si riscontra un margine di possibile incremento per le superfici con vitigni rossi Merlot e Cabernet Sauvignon, vitigni base per la produzione del Valcalepio rosso D.O.C., per i quali si potrebbe arrivare, secondo gli analisti de “Il sole 24 ore” ad una superfcie potenziale di 451,28 Ha a partire dai 235 Ha attuali 12. Le potenzialità di sviluppo dei D.O.C. bianchi, vitigni Pinot Bianco e Pinot Grigio alla base della produzione del Valcalepio bianco D.O.C., sono più limitate: a fronte di una superfcie attuale di 75 Ha è previsto un incremento potenziale del 24%. I vini I.G.T. attualmente ricoprono l’8% della produzione bergamasca e per alcuni di questi, i vitigni locali13, gli analisti nutrono la speranza di una miglior valorizzazione. Le varietà atte a produrre vini da tavola sono coltivate su una superficie di 460 ha corrispondenti al 53% della produzione provinciale; alcune di esse presentano caratteristiche tali da prevederne una loro parziale iscrizione agli albi I.G.T., mentre una consistente parte (specialmente i vigneti misti con varietà a bacca nera) è probabilmente destinata all’estinzione se non si attuerà una riconversione verso produzioni più adatte ai nuovi modelli di consumo. Un particolare riferimento deve essere fatto per il vitigno “Moscato di Scanzo”. Nel 2000 il censimento ISTAT indicava la presenza sul territorio provinciale di 21,80 Ha di Moscato di Scanzo in vigneti D.O.C. distribuiti tra 37 aziende14, con una dimensione media di 0,58 Ha per azienda. Nel 2007 secondo i dati pubblicati nello speciale della collana Agrisole “Bergamo città dalle mille risorse” la superficie coltivata risultava pari a 33,42 Ha dei quali 21 Ha iscritti all’albo D.O.C. “Moscato di Scanzo” e circa 9 Ha iscritti all’albo D.O.C. “Valcalepio moscato passito”. Risulterebbe quindi che circa 3 Ha non fanno parte degli enti consorziali di tutela e non rientrano nella D.O.C.

10 Dato ISTAT” 5° censimento generale dell’agricoltura” fascicolo provinciale Bergamo , Tav. n° 2.13 11 Dato tratto dallo speciale collana AGRISOLE “Bergamo: agricoltura dalle mille risorse” 12 Dato tratto dallo speciale collana AGRISOLE “Bergamo: agricoltura dalle mille risorse” dic. 2007 13 Ad es. Franconia, Moscato Giallo, Incrocio Terzi, Schiava , Marzemino 14 Dato ISTAT” 5° censimento generale dell’agricoltura” fascicolo provinciale Bergamo , tav. n° 2.16 210 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Zone collinari - Frutticoltura Relativamente alla frutticoltura non sono disponibili i dati relativi al contesto collinare. Secondo la pubblicazione Agrisole, nel 2007 risultavano investiti 125 Ha15 tra melo, pero, ciliegio, actinidia, e piccoli frutti con carattere prevalentemente hobbistico. Zone collinari - Olivicoltura. Anche per il settore olivicolo non sono disponibili i dati per fascia territoriale collinare. Il censimento ISTAT del 2000 stimava una superfcie provinciale pari a 133,39 Ha dei quali 121 per la produzione di olio e 12 per la produzione di drupe. Al 2007 secondo i dati pubblicati nello speciale della collana Agricole “Bergamo città dalle mille risorse” la superfcie occupata dall’olivo era di 132 Ha16. Zone collinari - Settore zootecnico. Per quanto concerne il settore zootecnico collinare il dato relativo al censimento ISTAT del 2000 indicava la presenza di circa 9.229 capi bovini in 507 aziende17. Secondo i dati Agrisole nel 2007 sul territorio collinare provinciale risultano 284 aziende con circa 7.500 capi bovini dei quali circa il 35 % costituito da vitelli fino a 12 mesi destinati al macello. La consistenza media per azienda è sempre piuttosto bassa: passa da 18 capi secondo il censimento ISTAT nel 2000 a 26 capi secondo Agrisole nel 2007. Per il settore suinicolo, nel conteso collinare, il dato relativo al V° censimento generale dell’agricoltura ISTAT indicava la presenza di 10.141 unità, nel 2007 venivano registrati dall’indagine Agrisole poco più di 3.600 capi suini in allevamenti specializzati. Anche la struttura di questi allevamenti è molto differente da quella che si va affermando nelle aree più vocate: in zona collinare sopravvivono infatti allevamenti di dimensioni modeste; in ogni caso i suini hanno oggi, nel contesto dell’economia agricola delle zone collinari, un ruolo secondario. Per il settore avicolo il V° censimento generale dell’agricoltura ISTAT 2000 indicava una consistenza di 443.525 capi18 su 731 aziende collinari. Nel 2007 secondo i dati pubblicati nello speciale della collana Agricole “Bergamo città dalle mille risorse” il comparto contava circa 246.000 capi, la metà dei quali erano polli da carne e circa il 30% galline ovaiole. Per quanto concerne l’allevamento equino i dati Agrisole 2007 registrano 550 capi nelle aziende collinari contro i 758 del censimento ISTAT 2000. In provincia di Bergamo l’allevamento equino, riveste soprattutto carattere amatoriale, con finalità ippiche e turistiche. L’allevamento ovi-caprino al 2007, nei territori collinari, secondo i dati Agrisole ha una consistenza di 3.761 capi (tra capre e pecore), rispetto alle 2.024 unità indicate dai dati ISTAT 2000. Negli ambiti collinari le aziende che praticano questi allevamenti hanno spesso una dimensione familiare.

15 Dato tratto dallo speciale collana AGRISOLE “Bergamo: agricoltura dalle mille risorse” dicembre 2007 16 Il dato si riferisce alla superficie complessiva senza indicare la destinazione della produzione. Si può però ipotizzare che sia avvenuta una conversione degli oliveti da frutto a oliveti per la produzione di olio in quanto più remunerativi. Il dato non è comprensivo degli oliveti hobbistici. E’ possibile ipotizzare che la superfcie olivicola insista prevalentemente sul territorio collinare. 17 Dato ISTAT” 5° censimento generale dell’agricoltura” fascicolo provinciale Bergamo , tav. n° 2.28 18 Dato ISTAT” 5° censimento generale dell’agricoltura” fascicolo provinciale Bergamo , tav. n° 2.28 211 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Zone collinari - Aspetti socio economici Secondo le indicazioni fornite dal V° censimento generale dell’agricoltura ISTAT 2000 la forma di conduzione aziendale che sembra prevalere in collina è quella della proprietà diretto coltivatrice, con circa 2.063 aziende su un totale di 2.100. Solo circa il 20% dei conduttori è donna19 La maggior parte delle aziende si avvale di manodopera familiare, il coniuge od altri famigliari ( generalmente i figli ed altri parenti dove tende a bilanciarsi il contributo dei due sessi).La media aziendale di giornate lavoro risulta essere di circa 250 gg lavorative.20 Relativamente all’impiego di manodopera aziendale esterna 42 aziende si avvalgono di figure dirigenziali ed impiegatizie a tempo indeterminato, 14 a tempo determinato. Più alto è il contributo di salariati: 89 aziende si avvalgono di operai a tempo determinato e 76 a tempo indeterminato. Commento conclusivo Il comparto collinare provinciale appare alquanto variegato soprattutto dal punto di vista delle colture praticate; di particolare interesse risultano le colture legnose agrarie, anche in considerazione della vocazione di tali territori per le produzioni arboree di alta qualità ed elevato reddito(vite, olivo, fruttiferi); tali coltivazioni contribuiscono inoltre all’elevato valore del paesaggio collinare. Più debole appare il settore zootecnico (soprattutto bovinicolo, avicolo e suinicolo), soprattutto se confrontato con le aree di pianura ben più vocate. Le altre tipologie di allevamento rivestono una scarsa importanza in termini numerici ma possono acquisire ruoli determinanti se collegati con forme di conduzione aziendale di tipo “multifunzionale” 21. Per esempio, lo sviluppo dell’allevamento equino può potenziare le attività turistico equestri, il mantenimento di allevamenti con animali di bassa corte può essere associato alle attività agrituristiche, di ospitalità rurale e di fattorie didattiche.

12.2 Gli strumenti di pianificazione agricola Il P.A.T.R.22 rappresenta, a livello regionale, il principale strumento di integrazione delle politiche in favore del settore agroindustriale e forestale. Questo si attua e si sviluppa attraverso l’elaborazione dei P.A.P.23 (Piani Agricoli Triennali Provinciali), successivamente elaborati dalle Province. Ambedue gli strumenti pianificatori si integrano con il P.S.R.24 e si raccordano con il P.R.S.25, strumento unitario di governo della Regione Lombardia; con ciò armonizzando i diversi livelli programmatici e pianificatori , riconducendoli ad una omogenea logica di intervento nel quadro della complessiva politica regionale. Gli obiettivi specifici definiti dal P.R.S. (punto “3.7 Agricoltura”, punto “3.4 Turismo”, punto ”3.5 Marketing Territoriale”) si raccordano agli obiettivi dei Piani Agricoli Triennali (Regionale e Provinciale) e vedono nelle misure P.S.R. i fondamentali strumenti di operatività.

19 Dato ISTAT” 5° censimento generale dell’agricoltura” fascicolo provinciale Bergamo , tav. n° 2.56 20 Dato ISTAT “5° censimento generale dell’agricoltura” fascicolo provinciale Bergamo , tav. n° 2.51

21 Per “multifunzionalità” si intende lo svolgimento di funzioni aggiuntive oltre a quella meramente produttiva: funzioni ambientali, di presidio territoriale, paesaggistiche, sociali e culturali. 22 P.A.T.R: Piano agricolo triennale regionale. 23 P.A.P.:Piano agricolo provinciale 2007-2009 24 P.S.R. Programma di Sviluppo rurale 2007-2012 approvato dalla commissione europea il 19/11/2007, circolare n° 4663 del 16/10/2007 25 P.R.S. : Programma regionale di sviluppo (PRS della VIII Legislatura, Dcr n° 21 del 26 ottobre 2005) 212 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Obiettivi P.R.S. : punto 3.7 Agricoltura, punto 3.4 Turismo, punto 3.5 Marketing territoriale 3.4.2 Promozione del territorio rurale 3.5 Marketing territoriale 3.7.1 Governance del sistema agricolo 3.7.2 Competitività del sistema agroalimentare 3.7.3 Sostenibilità delle produzioni e contributo dei sistemi agricoli e forestali alle politiche territoriali, ambientali ed energetiche 3.7.4 Politiche agricole per la diversificazione dell’economia rurale a favore della montagna e del pianalto.

Obiettivo specifico del P.R.S. è la protezione, lo sviluppo e la gestione del territorio, del paesaggio rurale e delle superfici agricole da ottenersi: • preservando e sostenendo le aziende agricole dei contesti montani e collinari in quanto presidi dei territori più fragili • salvaguardando l'operatività delle aziende di pianura.

213 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

12.3 Indicazione degli strumenti di pianificazione agricola: piano agricolo triennale regionale e piano agricolo provinciale.

Come illustrato dagli schemi seguenti, tratti dal Piano Agricolo Provinciale 2007-2009, Il comune di Scanzorosciate rientra nel sistema dell’agricoltura periurbana, Unità Agrario Forestale n°5 denominata Collina Centrale.

Schema tratto da: P.A.P. Provincia di Bergamo 2007-2009

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Schema tratto da: P.A.P. Provincia di Bergamo 2007-2009

215 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

12.3.1 Sistema dell’agricoltura periurbana Secondo le indicazioni del P.A.T.R. 2003-200526 nel sistema agricolo territoriale delle aree periurbane, pari a poco meno del 20% del territorio regionale, si concentrano circa i 2/3 della popolazione regionale. Questo comporta una pressione concorrenziale per l’utilizzo del territorio che vede nell’settore agricolo il contendente più debole. Ciò comporta un’ evoluzione del settore agricolo verso forme di marginalizzazione socio- economica Il sistema è articolabile in tre sottosistemi: 9 aree periurbane 9 periurbane delle aree svantaggiate 9 periurbane di pianura irrigua L’unità agrario forestale n° 5- Collina orientale - a cui appartiene Scanzorosciate, afferisce in parte al sottosistema delle aree periurbane, in parte alle aree periurbane svantaggiate ed in parte alle aree periurbane di pianura irrigua. In Particolar modo il comune di Scanzorosciate rientra nel primo sottoinsieme.

Il sistema territoriale è caratterizzato dalla consistente presenza del comparto florovivaistico e dallo sviluppo di alcune produzioni non “abituali” come ad esempio i prodotti trasformati, i prodotti tipici, i prodotti di nicchia, i prodotti ad elevato valore aggiunto. Nel sistema dell’agricoltura periurbana l’attività agricola è in forte competizione, in senso spaziale, con la progressiva espansione dello spazio urbanizzato ed assume un ruolo marginale in termini economico- sociali, soprattutto se confrontata con altri settori produttivi più remunerativi o con attività di trasformazione urbanistica basate su aspettative economiche di rendita anziché di reddito. In questo scenario risulta particolarmente utile adottare una politica di salvaguardia ed attenta pianificazione del territorio, soprattutto per salvaguardare le risorse non rinnovabili come il suolo, l’acqua e, più in generale, il paesaggio. Il sistema dell’agricoltura periurbana è caratterizzato da superfici aziendali mediamente inferiori rispetto a quello dell’agricoltura di pianura, ma presenta anche specializzazioni produttive come l’orticoltura, il florovivaismo o la viticoltura che generano redditi pari alla media regionale. Si deve inoltre considerare che le dimensioni fondiarie mediamente ridotte delle aziende in questi contesti non sono da intendersi solo come un deficit economico per il mancato conseguimento di economie di scala, ma possono costituire anche un valore aggiunto per il contributo positivo che danno al paesaggio, diversificandone la trama agricola. E’ noto che la valorizzazione del paesaggio, specialmente in aree geografiche prossime ai centri urbani e cioè ad ampi bacini d’utenza, è positivamente correlata alla possibilità di sviluppo di attività economiche legate al turismo ed alla valorizzazione delle produzioni agricole locali, anche attraverso la creazione di filiere corte. In particolare, nell’area agricola limitrofa alla cintura urbana del capoluogo si sono insediate numerose aziende orticole e tale fenomeno è stato favorito dalla tradizione agraria locale che ha sempre visto la presenza di colture ortive per soddisfare i bisogni del vicino centro urbano.

26 P.A.T.R. 2003-2005 cap. 1.3 “Le articolazioni territoriali dell’agricoltura regionale: i sistemi agricoli regionali

216 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Punti di forza e di debolezza del sistema agricolo periurbano. Il Piano agricolo provinciale 2007-2009 individua, attraverso l’analisi S.W.O.T. 27 i punti focali del sistema dell’agricoltura negli ambiti periurbani, nei quale rientra il comune di Scanzorosciate.

L’analisi swot, nata dall’economia aziendale, è utilizzata per la valutazione dell’evoluzione di fenomeni o come strumento di supporto per l’individuazione di linee strategiche di politica. La metodologia consiste in un percorso logico che permette di sintetizzare ed utilizzare immediatamente informazioni e dati raccolti con una precedente analisi. Un determinato fenomeno viene analizzato con l’utilizzo di due categorie di chiavi di lettura: Fattori endogeni del fenomeno: Punti di forza Punti di debolezza Fattori esogeni del fenomeno: Opportunità Minacce I fattori endogeni prendono in considerazione le variabili che sono parte del sistema e sulle quali è possibile agire per perseguire gli obiettivi. Le variabili prese in considerazione devono essere tali da determinare i vantaggi e gli svantaggi competitivi del fenomeno oggetto di analisi e i punti di forza e di debolezza possono essere identificati attraverso indici di natura economica, sociale, strutturale, ambientale e territoriale. A volte un fattore considerato di forza del sistema può anche essere un vincolo e quindi un punto di debolezza. I fattori esogeni, ovvero le variabili esterne al sistema in grado di condizionarlo in maniera negativa o positiva, sono individuati nelle opportunità e nelle minacce del o verso il sistema. L’intervento diretto della pianificazione o del progetto su tali variabili non è possibile, ma l’individuazione di tali fattori, le loro caratteristiche, la loro possibile evoluzione ed il loro potenziale impatto sul sistema, può contribuire alla predisposizione di misure o azioni per ridurre l’effetto negativo delle minacce o sfruttare e favorire le opportunità. L’efficacia dell’analisi SWOT dipende dalla qualità dell’analisi che la precede, restando comunque influenzata dalla soggettività di chi la esegue; lo stesso Piano Agricolo Triennale 2003-2005 della Regione Lombardia ha evidenziato l’importanza dell’analisi SWOT nell’ambito dei processi di trasformazione in agricoltura. Fattori endogeni Punti di forza:

Risorse umane Discreto indice di ricambio generazionale Buona professionalità degli addetti agricoli nelle aziende vitali Strutture aziendali Presenza di aziende economicamente efficienti, in particolare nel comparto orticolo, lattiero-caseario, avicolo, vitivinicolo, floro-vivaistico e apistico Indirizzo Comparto lattiero-caseario sufficientemente sviluppato e strutturato produttivo Comparto orticolo ben sviluppato e strutturato Comparto vitivinicolo sufficientemente sviluppato Comparto florovivaistico ben sviluppato Comparto avicolo con presenze di unità produttive ben strutturate Comparto apistico con filiera ben sviluppata e strutturata Rapporti di filiera Industrie agroalimentari presenti sul territorio Presenza di marchi DOP, DOC, DOCG, IGT e prodotti tipici locali potenzialmente valorizzabili Infrastrutture e Posizionamento strategico rispetto alle aree metropolitane e alle principali vie di comunicazione servizi alle imprese

27 L’acronimo SWOT indica: Stenghts (punti di forza), Weaknesses (punti di debolezza), Opportunities (opportunità) e Threats (minacce) 217 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Punti di debolezza:

Risorse umane Indice di ricambio generazionale discreto ma non sufficiente Strutture aziendali Frammentazione fondiaria Indirizzo produttivo Non sufficiente presenza di vigneti DOC e DOCG rispetto alle potenzialità Rapporti di filiera Associazionismo limitato Territorio ambiente Compressione dell’attività agricola in ambiti ristretti, forte pressione alla trasformazione d’uso dei suoli, rischio di degrado paesaggistico

Fattori esogeni Opportunità:

Risorse umane Valorizzazione dei giovani agricoltori Indirizzo produttivo Trasformazione aziendale dei prodotti agricoli e zootecnici Ampliamento della base produttiva di vino DOC Rapporti di filiera Sviluppo di forme associative Prossimità ai grandi centri di distribuzione organizzata Territorio ambiente Attività multifunzionali connesse al territorio Valorizzazione dell’agricoltura nelle aree protette e marchi agroalimentari dei parchi Implementazione di sistemi agroforestali e impianti per la produzione di biomassa forestale

Minacce

Strutture aziendali Difficoltà di ampliamento della base produttiva Indirizzo produttivo Competizione nel comparto lattiero-caseario Rapporti di filiera Dipendenza dalla strategie di mercato della Grande Distribuzione Organizzata (G.D.O.) ed imprese alimentari, in particolare per il comparto orticolo Territorio ambiente Competizione con l’espansione dell’urbanizzato

12.3.2 Unità Agrario Forestale n° 5: “Collina orientale”

I dati riportati nel presente capitolo sono ricavati dal P.A.P. (Piano agricolo provinciale) 2007-2009 e ci permettono di inquadrare la realtà socio- economica del comparto agricolo nella U.A.F. (unità agrario forestale) n°5. Struttura sociale unità agrario forestale n° 5 Nel contesto28 sono presenti 464 aziende, di cui il 23,7% con titolare con età inferiore a 40 anni, il 54,80% con titolare con età compresa tra i 40 ed i 65 anni, il 22,50% con età superiore ai 65 anni; l’indice di ricambio generazionale è 1,0529. In altre parole per ogni titolare anziano che abbandona l’attività c’è un giovane che subentra nella conduzione dell’azienda. Tale indice è superiore all’indice del sistema dell’agricoltura periurbana (0,84) e Può indicare: • Una maggiore intraprendenza imprenditoriale da parte dei giovani probabilmente più lungimiranti circa la potenzialità imprenditoriali dell’area, soprattutto nei riguardi delle attività connesse e delle produzioni di qualità e tipiche.

28 I dati relativi al presente paragrafo sono tratti da - Piano Agricolo Provinciale 2007-2009 cap. 2.2 “gli aspetti strutturali” pag 13 29 Indice di ricambio generazionale: E’ il rapporto tra il numero dei titolari con meno di 40 anni (giovani imprenditori) ed il numero di titolari aventi un’età maggiore di 65 anni. E’ un indice facilmente comprensibile ed indicativo dell’evoluzione del settore. 218 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

• Una collocazione strategica dell’area nel ambito provinciale (Prossimità del capoluogo, infrastrutture di collegamento stradale ottimali, vicinanza aeroporto, ecc.). • Vocazionalità dell’area per produzioni tipiche e di pregio (vini D.O.C Moscato di Scanzo, Valcalepio Moscato Passito, Valcalepio D.O.C., Olio d’oliva extravergine, vini I.G.T.) • Contesto paesaggistico pregevole ed adatto a sviluppare attività agricole connesse ed innovative (Agriturismo, ippoturismo, cicloturismo, turismo enogastronomico, ecc.)

Struttura fondiaria L’analisi30 ha messo in evidenza che: • Il 50% delle aziende ha una superficie inferiore a 2 Ha Della restante metà: • l’88% delle aziende ha una superficie fino a 10 Ha31 • il 7% delle aziende ha un’ampiezza tra 10 e 20 Ha • il 5% delle aziende ha un’ampiezza superiore a 20 Ha La Superficie media aziendale è pari a 5,75 Ha, contro i 15,25 Ha di superficie media aziendale provinciale ed gli 8,72 Ha di superficie media aziendale delle sole aziende situate nel sistema dell’agricoltura periurbana (che comprende anche ambiti di pianura). La modestia del dato relativo alle superfici medie aziendali (5,75 Ha), soprattutto se confrontato alla media del sistema dell’agricoltura periurbana (8,72 Ha ) ed alla media provinciale, può essere ascrivibile alla concomitanza di diverse cause quali: • la geomorfologia collinare della zona della zona, che rende difficoltosa la formazione di unità economiche appoderate di grandi superfici. • la pressione urbanistica ed infrastrutturale sulle zone agricole che causa o quantomeno facilita la parcellizzazione fondiaria con conseguente propensione alla trasformazione urbanistica dei fondi residuali. • l’aumento delle superfici boscate e degli incolti in seguito all’abbandono di alcune superfici agricole ed alla diminuzione negli anni passati degli addetti al settore primario (fenomeno meno cospicuo rispetto ai territori montani ma comunque localmente presente nelle aree collinari). • presenza significativa di una agricoltura non professionale costituita da titolari ritirati dal lavoro e possessori di terreni agricoli condotti hobbisticamente, spesso in attesa di una trasformazione d’uso. Il comparto è quindi caratterizzato da una elevata frammentazione fondiaria; la ridotta superficie media conferma inoltre la tendenza alla marginalizzazione economica.

Filiere vegetali: Per quanto concerne il comparto delle colture erbacee i dati32 suggeriscono che la coltivazione più diffusa è il prato avvicendato (300,46 Ha), cui si aggiungono i prati permanenti (273,87 Ha), seguono a ruota le superfici maidicole per la produzione di granella (273, 51 Ha) e di mais ceroso (117,85 Ha di primo raccolto). Poco diffuse le colture cerealicole da paglia (129,14 Ha). Per quanto riguarda le coltivazioni vivaistiche e floricole queste interessano una superficie di 43,58 Ha. L’importanza del settore orticolo In questa unità territoriale si evince dalla consistenza delle superficie pari a circa 134 Ha dei quali: 76,64 Ha in tunnel, 2,34 Ha in serra, 27,35 Ha in pieno campo. Di particolare importanza, per questa analisi, assumono le coltivazioni arboree, in particolare la viticoltura e l’olivicoltura.

30 Piano Agricolo Provinciale 2007-2009 . cap. 3 “le unità agrario forestali” pag. 89 31 il 28,2% delle aziende agricole (n° 38 aziende), possiede addirittura un’ampiezza inferiore a 2 Ha. 32 Piano Agricolo Provinciale 2007-2009 - cap. 3 “le unità agrario forestali” pg. 83- 219 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

La coltura della vite: Nell’area sono presenti molte aziende viticole (285) e la coltura occupa complessivamente 409 Ha, di cui il 96,2% in zona D.O.C. -D.O.C.G. - I.G.T. Pertanto la superficie media di vigneto per azienda è di 1,43 Ha contro 1,12 del sistema dell’agricoltura periurbana. Sul territorio agiscono due consorzi di tutela quello del Moscato di Scanzo e quello del Valcalepio. E’ inoltre presente una delle maggiori cantine, ovvero la Cantina Sociale Bergamasca33 che raccoglie e trasforma la maggior parte delle uve prodotte. Nel territorio si producono cinque tipologie di tipologie di vini D.O.C.34 9 Valcalepio moscato passito 9 Moscato di Scanzo o Scanzo35 9 Valcalepio bianco 9 Valcalepio rosso 9 Valcalepio rosso riserva e la tipologia di vini I.G.T36 chiamati “Della Bergamasca”

La coltura dell’olivo: Nella Collina orientale questa coltura, sviluppatasi sopratutto nei comuni di Scanzorosciate, Cenate Sopra e Cenate Sotto, occupa 24,45 Ha pari a circa il 38% degli oliveti provinciali37. L’olio prodotto in tutta la Bergamasca è esclusivamente extra-vergine con un grado di acidità molto basso, ricchezza di vitamine e una notevole quantità di sostanze aromatiche. Recentemente una cinquantina di produttori bergamaschi ha aderito alla realizzazione del primo frantoio provinciale nel comune di Scanzorosciate che ha iniziato l’attività nel 2005, raccogliendo circa 400-440 q.li di olive corrispondenti a circa 50 q.li di olio. La potenzialità produttiva a pieno regime di tutti gli impianti è di circa 2500 q.li di drupe corrispondenti a circa 300 q.li di olio. Non sono da sottovalutare in termini percentuali, sia per la copertura territoriale che per l’indotto economico, le produzioni hobbistiche sebbene destinate prevalentemente all’autoconsumo. Nel complesso si tratta di produzioni ridotte, ma che possono comunque contribuire alla valorizzazione del territorio, ad esempio attraverso la creazione di “filiere corte” cioè attraverso la commercializzazione diretta dei prodotti in azienda38 o mediante mercati locali, oppure attraverso iniziative collegate agli agriturismi e, più in generale, di valorizzazione turistica del territorio e di promozione di prodotti tipici locali. In questo senso, discrete prospettive di sviluppo possono riguardare anche il settore frutticolo, quello dei piccoli frutti e della castanicoltura da frutto; anche impianti di piccole o modeste superfici potrebbero assumere una certa importanza economica sia come contributo alla promozione turistica del territorio, sia all’aumento dell’offerta commerciale da parte dei piccoli produttori locali come agriturismi e fattorie didattiche. Un esempio provinciale cui riferirsi è costituito, ad esempio, dall’interessante sviluppo della melicoltura brembana39.

33 Sita ne comune di San Paolo d’Argon (BG) 34 Vini a denominazione di origine controllata. 35 D.O.C. riconosciuta nel 2002 36 Vini ad indicazione geografia tipica. 37tale dato si riferisce esclusivamente agli oliveti presenti nelle aziende agricole professionali. fonte P.A.P. 2007-2009 pg. 69 38 DI particolare importanza, a tal fine, l’attivazione di iniziative per il riconoscimento della D.O.P. (denominazione di origine protetta) e per le necessarie autorizzazioni alla commercializzazione 39 La nascita “ufficiale” della melicoltura brembana è legata alla fondazione dell’ associazione frutticoltori Valle Brembana nel 1997 220 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Filiere zootecniche: Bovini: sono presenti 91 allevamenti bovini con una consistenza di 1.275 capi da latte, 442 capi da carne. La consistenza media della stalla risulta essere di circa 19 capi, ovvero un numero basso se confrontato alle U.A.F. n° 3 (alta pianura centrale) e U.A.F. n°4 (alta pianura occidentale) del sistema periurbano con rispettivamente 42 e 32 capi per stalla

Ovi-caprini: la presenza di ovi-caprini negli ambiti periurbani è molto limitata (4.296 capi) soprattutto se confrontata col dato provinciale di circa 54.000 capi. In particolare, nel sistema agrario-forestale n° 5, sono stati individuati 192 capi di bestiame, 125 ovini e 67 caprini. Pertanto questo allevamento assume qui una connotazione sostanzialmente hobbistica, anche se si può ipotizzare un potenziamento del comparto soprattutto legandolo a politiche di sviluppo agrituristico (ristorazione, attività didattiche) ed alla valorizzazione dei prodotti trasformati.

Lattiero-caseari: gli allevamenti di bovine da latte sono 20 per una consistenza di 1.275 vacche da latte. La consistenza media delle mandrie presenti è di 63,75 capi di bovine da latte. La produzione totale annua ammonta a 5.283.379 Kg di latte, con una produzione media di 41,43 ql/capo. Vista l’esiguità della produzione la trasformazione aziendale del latte prodotto rivestirebbe un’importanza economica rilevante nel sistema. Di valida prospettiva può essere la vendita diretta del latte fresco crudo in azienda o in postazioni extraziendali con opportuni distributori automatici.

Avicoli: Gli allevamenti presenti sono una decina con una consistenza complessiva di 215.025 capi ; 74.950 ovaiole e 140.075 pollame da carne.

Suini: il comparto suinicolo è limitato, con 10 allevamenti per un numero complessivo di 2835 capi da ingrasso e 426 scrofe. Interessanti possono essere le prospettive di conversione degli allevamenti tradizionali a quelli biologici per aumentare il valore aggiunto del prodotto, specie se trasformato e commercializzato mediante “filiere corte”40; ciò vale anche per l’ iniziativa intrapresa dagli allevatori orobici in merito alla possibilità di chiedere, nel prossimo futuro, il riconoscimento DOP per il ”salame bergamasco”.

Apicoltura: nell’area sono presenti 2.236 arnie.

Multifunzionalità aziendale: La “multifunzionalità” 41 aziendale è improntata sulla fornitura di servizi a carattere didattico e sull’aspetto della ristorazione. Il Piano agricolo provinciale individua 16 aziende agrituristiche, (circa il 40% del sistema periurbano) delle quali 15 forniscono servizi ristorativi e 3 forniscono anche alloggio. La densità è di 1 agriturismo ogni 0,050 Kmq. Tali dati testimoniano la vocazione delle zone collinari a più alta valenza paesaggistica per questo tipo di attività. Nell’area sono presenti 10 fattorie didattiche42 con una capacità ricettiva totale di 705 persone, pari ad una media per azienda di 70.5 persone43 contro le 63,54 unità di capacità ricettiva media del sistema periurbano.

40 cioè commercializzazione diretta dei prodotti in azienda o mediante mercati locali 41 Per “multifunzionalità” si intende lo svolgimento di funzioni aggiuntive oltre a quella meramente produttiva: funzioni ambientali, di presidio territoriale, paesaggistiche, sociali e culturali. 42 Le fattorie didattiche sono delle aziende agrarie o agrituristiche nelle quali viene svolta attività di accoglienza ed educazione, generalmente rivolta a gruppi scolastici, nelle quali viene offerta l'opportunità di conoscere le attività dell'azienda stessa. La qualifica di Fattoria Didattica viene assegnata solitamente dall'amministrazione provinciale sulla base dell'accettazione da parte dell'azienda agricola di alcuni standard definiti da una "carta della qualità", in particolare l'azienda deve impegnarsi da un lato al rigoroso rispetto delle normative di sicurezza che comprendono la messa in sicurezza di materiali e sostanze pericolosi, la copertura assicurativa dei visitatori, la presenza di personale addestrato nel primo 221 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

La maggior capacità ricettiva può dipendere da fattori intrinseci della zona, quali ad esempio l’elevata e plurale offerta didattica dipendente dalla variabilità delle tipologie aziendali, dalla variabilità e peculiarità paesaggistica, dall’offerta naturalistica (presenza di aree protette come ad esempio l’oasi della Valpredina, P.L.I.S., vicinanza ai laghi), ancorché da fattori estrinseci come la vicinanza di poli urbani che costituiscono un serbatoio di possibili utenti.

12.4 – Indicazioni degli strumenti di programmazione agricola: P.S.R.

Il P.S.R. (Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013), predisposto in conformità alle indicazioni comunitarie (Orientamenti Strategici Comunitari) e nazionali (Piano Strategico Nazionale), rappresenta lo strumento di programmazione che la Regione Lombardia ha messo a disposizione del sistema agricolo e agro - industriale, al fine di utilizzare tutte le possibilità di sviluppo offerte da Agenda 200044. Ai fini della programmazione dello sviluppo rurale 2007-2013 anche nella regione Lombardia le aree rurali sono state definite secondo la procedura adottata in sede nazionale; questa prevede, sulla base delle zone altimetriche ed escludendo i comuni capoluogo, una prima classificazione territoriale in 10 sottoaree

Schema tratto da: P.S.R.. Provincia di Bergamo 2007-2013, tav. 3.3 sottoaree rurali lombarde

soccorso, la corretta segnalazione di eventuali aree ad accesso limitato dall'altro lato l'azienda deve presentare una proposta educativo/formativa legata all'effettiva produzione agricola o animale. 43 Fonte dato - P.A.P. cap. 3 “le unità agrario forestali” pg. 83- 44 Agenda 2000 è una riforma definita dal Consiglio europeo nel marzo del 1999 con lo scopo di approfondire ed estendere la riforma del 1992. Tra gli obiettivi rientrano: Il rafforzamento della competitività dei prodotti agricoli sui mercati interni ed internazionali; il riequilibrio tra le misure di sostegno tra le varie regioni dell’UE; la promozione di un tenore di vita adeguato della comunità agricola; semplificare la legislazione agricola ed integrare le questioni ambientali e strutturali nella PAC. 222 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Successivamente le sottoaree sono state aggregate in 4 macroaree così denominate:

9 ARPS aree rurali con problemi di sviluppo 9 ARI area rurali intermedie 9 ARAIS aree rurali ad agricoltura intensiva specializzata 9 PU poli urbani

Schema tratto da: P.S.R.. Provincia di Bergamo 2007-2013, tav. 3.4 aree rurali lombarde

Il comune di Scanzorosciate rientra nell’ambito dei Poli Urbani.

Si tratta di territori che comprendono i capoluoghi lombardi e le aree più occidentali della pianura e della collina che gravitano, in particolare sul capoluogo regionale.

223 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

In questi territori, corrispondenti al 17,6% del territorio regionale, si concentra il 64,6% della popolazione lombarda, con una densità media della popolazione pari a 1.388 abitanti per Kmq, un valore quadruplo rispetto alla media regionale di 379 abitanti per Kmq. Relativamente al settore agricolo nei poli urbani vengono riportati i seguenti dati45:

S.A.U. 139.864 Ha

N° aziende 12.210

N° Unità lavorative 14.219

Reddito lordo 407.000.000

Percentuale sup. agricola 36%

Non sussiste una tipologia aziendale prevalente in questo contesto territoriale; il quadro appare molto variegato, si riscontra tuttavia una maggioranza di aziende definibili di sussistenza (38,4%) e di aziende condotte professionalmente (27,7%)46. Le prime sono caratterizzate da gruppi dove la quantità di lavoro impiegata è elevata rispetto al reddito ottenuto, mentre le seconde sono caratterizzate d un impiego di unità lavorative superiore all’unità ed un reddito principale di origine agricola.

CARATTERISTICHE DELLE AZIENDE DI SUSSISTENZA E AZIENDE PROFESSIONALI

AZ. SUSSISTENZA AZ. PROFESSIONALI Superficie media aziendale 6.87 43.87 S.A.U. aziendale 4.88 38.26 Unità lavorative aziendali 0.93 2.48 Giornate lavoro per Ha 57.5 19.9 Reddito lordo per Ha 1262 3339 Reddito lordo per unità lavorativa 6595 51566 Reddito lordo per giornata 22 168

Fonte: P.S.R. 2007-2013

Da una prima analisi appare che le aziende professionali sono in grado di ottenere redditi comparabili a quelli degli altri settori produttivi, mentre una parziale efficienza si riscontra nelle aziende destrutturate ed in quelle per autoconsumo. Le imprese definite di sussistenza sono quelle a maggior rischio di conservazione.

45 Atti del convegno “Orientamento al progetto di paesaggio” 28/03/2008 –“Sistema agroambientale e sostenibilità economica” dott. Danilo Bertoni. Dipartimento di economia agraria presso la facoltà di scienze e tecnologie agrarie dell’ Università degli studi di Milano 46 Atti del convegno “Orientamento al progetto di paesaggio” 28/03/2008 –“Sistema agroambientale e sostenibilità economica” dott. Danilo Bertoni. Dipartimento di economia agraria presso la facoltà di scienze e tecnologie agrarie dell’ Università degli studi di Milano 224 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Modalità di determinazione della tipologia aziendale.47 Per l’individuazione della tipologia aziendale prevalente in questo contesto territoriale vengono considerate le seguenti variabili. a) livello di reddito b) forma di conduzione c) Impiego del fattore lavoro In base al reddito si sono definite 3 fasce: reddito minimale, reddito complementare, reddito principale. In base alla forma di conduzione ed alla tipologia lavorativa si sono definite 5 tipologie aziendali: az. Hobbistiche, az. Contoterzi, az. Accessorie, az. Familiari, az. Salariate. Dall’interpolazione delle categorie vengono definite 4 tipi aziendali cosi contraddistinguibili: Az. per autoconsumo: aziende hobbistiche con reddito minimale o reddito complementare e terzisti con reddito minimale; Az destrutturate: aziende caratterizzate da unità lavorative inferiori all’unità ma con reddito complementare o principale Az. di sussistenza: aziende con elevata quantità di lavoro impiegata rispetto al reddito ottenuto Aziende professionali: caratterizzate da quantità di lavoro superiore all’unità e reddito principale

Le aziende destrutturate costituiscono il gruppo numericamente meno rilevante a livello regionale ma il loro peso in termini di superficie e reddito è superiore a quello delle aziende hobbistiche e di sussistenza

Per le aree rientranti nei poli urbani il P.S.R. individua i seguenti fabbisogni:

ASSE 1: MIGLIORAMENTO DELLA COMPETITIVITA’ DEL SETTORE AGRICOLO E FORESTALE FABBISOGNO DI INTERVENTO POLI URBANI Migliorare le condizioni di contesto infrastrutturale ai fini produttivi e della Medio fabbisogno commercializzazione Migliorare la relazione e l’integrazione tra i diversi segmenti di filiera Medio fabbisogno Promuovere l’innovazione ed incrementare la qualità e sicurezza alimentare Alto fabbisogno Adeguamento strutturale e imprenditoriale delle imprese, favorendo anche il Medio fabbisogno ricambio generazionale Razionalizzare il consumo idrico Discreto fabbisogno Incentivare la filiera corta Discreto fabbisogno Sviluppo dell’agroenergia Medio fabbisogno

47 Modalità adottata dal P.S.R. 2007-2013 cap. 3.1.2 “La situazione di settori agricolo, alimentare e forestale e proposta nel testo -“Evoluzione del sistema agroindustriale lombardo alla luce delle rivelazioni censuarie” IReR 2007 autore: Pretolani. 225 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

ASSE 2: MIGLIORAMENTO DELL’AMBIENTE E DELLO SPAZIO RURALE FABBISOGNO DI INTERVENTO POLI URBANI Ottimizzare e potenziare la produzione di biomasse Medio fabbisogno Migliorare le condizioni ambientali: tutela biodiversità, paesaggio; aumentare la Alto fabbisogno fruibilità delle aree rurali e a verde Sostenere l’attività agricola per prevenire il dissesto Limitato fabbisogno Sviluppare gli aspetti paesaggistici per potenziare gli aspetti economici rurali Alto fabbisogno Aumentare la sostenibilità ambientali riducendo il potenziale inquinamento da Discreto fabbisogno nitrati Migliorare la qualità e la quantità delle risorse idriche e l’uso del suolo Discreto fabbisogno

ASSE 3: QUALITA’ DELLA VITA NELLE ZONE RURALI E DIVERSIFICAZIONE DELL'ECONOMIA RURALE FABBISOGNO DI INTERVENTO POLI URBANI Creare nuova occupazione duratura e stabile Limitato fabbisogno Consolidare i posti di lavoro esistenti Limitato fabbisogno Rendere più attrattivo il territorio per residenti, fruitori ed aziende Medio fabbisogno Migliorare l’offerta turistica Medio fabbisogno Valorizzare le potenzialità energetiche locali per uno sviluppo multifunzionale Medio fabbisogno dell’azienda agricola Mantenere ed incrementare i redditi agricoli Medio fabbisogno Garantire attenzione alla aree con maggiori difficoltà Limitato fabbisogno

12.5 Indagine sul comparto agricolo del comune di Scanzorosciate

12.5.1 – Dati comunali

Per una corretta lettura dei dati va ricordato che i dati estratti dal 5° censimento generale dell’agricoltura 2000 ISTAT, appaiono talvolta in contrasto con altre fonti di dati. I motivi possono essere: 9 diversità delle epoche di rilevazione dei dati 9 diversità delle modalità di rilevazione: i dati ISTAT sono desunti dalla compilazione volontaria di questionari riferiti all’azienda (che può condurre o detenere terreni in più Comuni) 9 i dati S.I.A.R.L. si riferiscono alle sole aziende che intrattengono rapporti con l’ammmisitrazione provinciale (assessorato agricoltura, caccia e pesca); di conseguenza non si hanno i dati di tutte le aziende presenti sul territorio comunale ma solo di quelle più strutturate Va evidenziato inoltre che le aziende agricole possono avere centro aziendale in un comune, sede legale in un altro comune, terreni in proprietà ed in conduzione situati in Comuni diversi: pertanto la lettura 226 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale ed il confronto dei dati socioeconomici forniti dalle diverse fonti può presentare discordanze e risultare difficoltoso.

Dati comunali dal V° censimento generale dell’agricoltura Il comune di Scanzorosciate si estende su una superficie di 1.094,82 Ha. 48 Secondo i dati del V° censimento generale dell’agricoltura ISTAT 2000, nel territorio comunale sono state rilevate 51 aziende agricole distribuite su una superficie pari a 49:

S.A.T. Complessiva 524 Ha

S.A.U. Complessiva 330 Ha

La superficie media aziendale pertanto risulta essere pari a 10,27 Ha mentre la S.A.U. media aziendale risulta paria a 6,47 Ha; per una corretta lettura dei dati sopra esposti si consideri la possibilità che le aziende detengano superfici anche oltre i confini comunali. Secondo i dati ISTAT del 200050 la maggior parte della S.A.U è investita a prati permanenti e pascoli (circa 147,43 Ha, pari a circa il 44% della S.A.U. totale); in base ad osservazioni da noi condotte tali utilizzi, limitatamente al territorio comunale, sono distribuiti prevalentemente in località Terzago, attorno al promontorio del Montecchio, nel versante Sud della Serradesca e nell’altopiano in località Giustiniana -Cascina Nuova. Il resto della S.A.U. è qualificata come nel seguente prospetto)51. Tipologia coltura Superficie Ha

Prati permanenti e 147.43

pascoli Cereali da granella 47.06 Coltivazioni ortive 3.57 Foraggiere avvicendate 13.06 Vite 84.33 Olivo 9.94

Orti familiari ecc. 1.78

Altra superficie aziendale 20.18 Vivai 7.85 Dimensione Altri Fruttiferi 2.65 aziendale Delle 51 aziende censite dall’ISTAT (anno 2000): • 6 aziende (12%)avevano superficie inferiori ad 1 Ha di S.A.T., • 6 aziende(12%) avevano superficie tra 1 ed 2 Ha di S.A.T., • 13 aziende (25,5%) avevano superficie compresa tra i 2 ed i 5 Ha di S.A.T., • 12 aziende (23,5%) avevano superficie compresa tra i 5 ed i 10 Ha di S.A.T.,

48 fonte : www.sistemarurale.regione.lombardia.it superficie territoriale 3D 49 S.A.U. Superficie Agricola Utilizzata: insieme dei terreni investiti a seminativi, coltivazioni legnose agrarie, orti familiari, prati permanenti, pascoli e castagneti da frutto, esclusa la superficie investita a funghi in grotta, sotterranei ed appositi edifici. La S.A.U. differisce dalla S.A.T. - Superficie Agricola Totale: Area complessiva dei terreni aziendali formata dalla S.A.U, dalle superfici ad arboricoltura da legno, dai boschi, dalla superficie agraria non utilizzata, nonché dall’area occupata da parchi e giardini, fabbricati, stagni, canali, cortili situati entro il perimetro dei terreni che costituiscono l’azienda (“Indagine sulla struttura e sulle produzioni delle aziende agricole e principali coltivazioni legnose agrarie-istruzione per la rilevazione dei dati” ISTAT, 2007) 50 da: www.sistemarurale.regione.lombardia.it; per quanto riguarda i dati ISTAT è bene ricordare che si tratta di dati rilevati in base ad interviste che hanno, pertanto, una non sempre completa corrispondenza con altre banche dati. 51 da: www.sistemarurale.regione.lombardia.it Uso suolo e 5° censimento generale dell’agricoltura ISTAT 2000 – documento caratteristiche strutturali delle aziende agricole fascicolo provinciale tav. 4.13 227 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

• 5 aziende (10%) avevano superfici comprese tra i 10 ed i 20 Ha di S.A.T. • 7 aziende (13%) avevano superfici comprese tra i 20 ed i 50 Ha di S.A.T.. • 2 aziende (4%) avevavano superfici tra i 50 ed i 100 Ha di S.A.T..52 Complessivamente circa il 73% delle aziende ha superfici inferiori a 10 Ha mentre il dato medio a livello provinciale si assesta attorno all’80% e quello dei territori collinari attorno al 95%53

Allevamenti Per quanto concerne il settore zootecnico sono censite 26 aziende con allevamenti 54.

N° Aziende Tipologia di allevamento n° capi allevati 19 bovini 318 6 suini 824 1 caprini 4 5 equini 76 17 avicoli 364 N.B. Il dato deve essere letto considerando che alcune aziende detengono diverse tipologie di bestiame.

Forma di conduzione Come evidenziato nella seguente tabella la prevalente forma di conduzione pare essere quella diretta, incentrata sulla figura del conduttore- capo azienda che si avvale del contributo del coniuge e di altri familiari per le attività di manodopera aziendale. Il ricorso all’impiego di impiegati e salariati esterni appare numericamente poco consistente se confrontato con la categoria dei familiari e parenti conduttori. Tra la manodopera esterna si tende a privilegiare l’impiego di salariati, soprattutto a tempo determinato.

altri fam. categoria di impiego agricolo. conduttore coniuge conduttore stipendiati salariati persone per categoria di manodopera 49 25 80 5 24 giorni impiegati 9.362 1.780 4.883 1.112 3.234 media giornate impiegate 191 37 61 222 134

Ciò può dipendere dai seguenti fattori: 9 Ci sono poche aziende dimensionalmente efficienti e strutturate tali da necessitare di una persona con mansioni direttive. 9 La maggior parte delle aziende di ridotte dimensioni, tendenzialmente a conduzione familiare, concentrano l’attività direttiva in capo al conduttore capo –famiglia. 9 L’importanza del settore vitivinicolo richiede la presenza di maestranze durante la vendemmia il che giustifica il ricorso a salariati a tempo determinato. Da ciò possiamo dedurre che la forma di conduzione aziendale prevalente sia quella della azienda individuale o a conduzione familiare.

52 fonte: 5° censimento generale dell’agricoltura ISTAT 2000 – documento caratteristiche strutturali delle aziende agricole fascicolo provinciale tav. 4.7 53 fonte: 5° censimento generale dell’agricoltura ISTAT 2000 – documento caratteristiche strutturali delle aziende agricole fascicolo provinciale tav. 2.5 54 fonte: 5° censimento generale dell’agricoltura ISTAT 2000 – documento caratteristiche strutturali delle aziende agricole fascicolo provinciale tav. 4.7 ) 228 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

In sintesi: sembra prevalere nel territorio comunale un piccola imprenditoria agricola a carattere professionale, in linea con il quadro tipologico previsto dal P.S.R. per le aziende in ambito periurbano. La forma giuridica e la tipologia di conduzione agricola dedotte appaiono coerenti con i dati aziendali sopraesposti anche in considerazione delle prevalenti tipologie di utilizzo della S.A.U. (vite e prati stabili) e del dato della S.A.U. media aziendale. La prima coltura infatti richiede un elevato impiego di manodopera in alcune fasi della produzione (vendemmia e potatura) e per alcune attività (appassimento delle uve). Tali fasi produttive sono eseguite da personale qualificato (salariati fissi, il conduttore aziendale, personale familiare che ha consuetudine con qual tipo di attività) mentre alcune attività accessorie quali la raccolta dei sarmenti e la vendemmia possono essere eseguite da personale avventizio ed altri familiari. Forma di possesso. Tra le forme di possesso delle superfici agricole prevale la proprietà (30 aziende); seguono l’affittanza e la proprietà mista ad affittanza, con rispettivamente 9 aziende ed 8 aziende. Due aziende hanno terreni condotti in proprietà ed in uso gratuito, una ha terreni solo in uso gratuito ed una conduce terreni sia in proprietà sia in uso gratuito sia in affitto 55. Il 60% della S.A.U56 (circa 199 Ha su un totale di 330 Ha di S.A.U. totale) è detenuta dalle 10 aziende che hanno superfici esclusivamente in proprietà, circa il 15,4% della superficie (50,74 Ha) è detenuto da aziende con terreni solo in affitto, circa il 20% dei terreni (66,31 Ha su 330 Ha) è detenuto da aziende che hanno fondi sia in proprietà che in affitto. Il restante 4,6% è distribuito tra le altre categorie (15,18 Ha)

Dati comunali da S.I.A.R.L. Ottobre 2007 E' stata condotta un indagine più approfondita e più recente sulle risorse strutturali e imprenditoriali delle aziende agricole: i dati sono forniti dal sistema informativo territoriale S.I.A.R.L.57 Da questa indagine è emerso che, all’ottobre del 2007, sono presenti 45 aziende agricole aventi centro aziendale nel comune di Scanzorosciate ed inserite nel Sistema Informativo Agricolo della Regione Lombardia. Si tratta cioè delle sole aziende che hanno rapporti amministrativi ed economici con la Provincia, ente delegato per la gestione delle misure del P.S.R. Tra queste, solo 35 aziende presentano caratteristiche strutturali tali da assumere maggior rilievo e importanza socio-economica nel contesto rurale comunale. In base a dati S.I.A.R.L. 58 visionati nell’ottobre 2007, si riportano i seguenti dati, relativi alle 35 aziende più significative

S.A.T. Complessiva 368 Ha S.A.U. Complessiva 218 Ha S.A.T. in Scanzorosciate 275,44 Ha S.A.U. in Scanzorosciate 180.97 Ha

55 fonte: 5° censimento generale dell’agricoltura ISTAT 2000 – documento caratteristiche strutturali delle aziende agricole fascicolo provinciale tav. 4.4-4.5-4.6 56 S.A.U. Superficie agricola utilizzabile 57 Sistema Informativo Az. Agricole Regione Lombardia N.B.: i dati inerenti le aziende agricole sono anonimi ed utilizzati in forma aggregata 58 Sistema informativo Aziende agricole Regione Lombardia; fonte : www.sistemarurale.regione.lombardia.it 229 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

La S.A.T. sul territorio di Scanzorosciate corrisponde a circa 275,44 Ha pari al 25% del territorio comunale mentre la S.A.U. risultava pari a circa 180,97 Ha, corrispondente a circa il 16,52% della superficie comunale. Per una corretta lettura dei dati sopra esposti si deve considerare la possibilità che le aziende detengano superfici anche oltre i confini comunali. Pertanto le superfici medie risultano essere: S.A.T. media aziendale 10,51 Ha S.A.U media aziendale 6,22 Ha S.A.T. media in Scanzorosciate 7.86 Ha S.A.U. media in Scanzorosciate 5.71 Ha In base a dati S.I.A.R.L. (2007) l’uso prevalente della S.A.U. da parte delle aziende che hanno sede sul territorio comunale e parte dei propri terreni nel comune di Scanzorosciate è così suddivisibile59: 9 S.A.U. complessiva: 218,97 Ha 9 prati stabili 78,47 Ha (~ 36% del totale S.A.U.) 9 vite 70,38 Ha (~ 33% del totale S.A.U.) 9 foraggiere. 35,95 Ha (~17% del totale S.A.U.) 9 seminativi 12,51 Ha(~6% del totale S.A.U.) 9 vivai. 8,31 Ha (~4% del totale S.A.U.) 9 olivo 7,26 Ha (~4% del totale S.A.U.) 9 altre destinazioni. 2,44 Ha (~1% del totale S.A.U.)

Altri parametri strutturali rilevati nelle 35 aziende agricole ritenute più rilevanti sono i seguenti60: • Numero allevamenti : 13 aziende agricole; • Consistenza del bestiame allevato riportata in tabella:

n° suini n n° bovini n° avicoli n° cunicoli n° caprini/ovini n° equini 0 173 0 0 0 55

• distribuzione superficie agricola: Tipologia di S.A.U aziendale N° Aziende < 1 Ha 2 1-2 Ha 5 2-5 Ha 12 5-10 Ha 8 10-20 Ha 6 20-30 Ha 2

• natura giuridica prevalente: impresa individuale; 8 aziende hanno natura societaria. • giovane età del titolare (inferiore a 40 anni): 0 aziende agricole.

59 I dati S.I.A.R.L. a nostra disposizione non ci permettono di valutare l’uso del suolo da parte delle aziende nel territorio comunale, ma ci indicano l’uso del suolo aziendale nel suo complesso. 60 Sono stati scelti alcuni parametri, come il ricorso a finanziamenti o a misure del P.S.R., perché ritenuti indicativi della propensione all’innovazione delle aziende agricole e dell’indirizzo evolutivo delle stesse. Alcune aziende agricole rientrano in più di un parametro 230 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

• Aziende agrituristiche: 4 aziende61 • U.L.U.62 impiegate: 27,delle quali 10 sono donne • Tipologia di possesso prevalente della S.A.T.: proprietà ed affittanza • Titolo di possesso prevalente della S.A.U: proprietà (105,8 Ha) • Titolo di possesso prevalente delle altre superfici (Boschi, fabbricati, tare ed incolti ecc): Proprietà ( 78,31 Ha) Non abbiamo reperito informazioni circa la presenza di aziende agricole biologiche né di aziende agricole che svolgono attività di fattorie didattiche, sebbene le potenzialità del territorio rendano possibili tali attività.

Dati rilevabili dalla cartografia d’uso del suolo agricolo Per il presente incarico è stata redatta un carta degli usi del suolo nel territorio comunale63 aggiornata al marzo 2008. Tramite un calcolo approssimativo (poiché effettuato sulla base dell’aerofotogrammetrico a disposizione e della scala di indagine adottata), sono state stimate le seguenti superfici relative alle principali forme d’uso: Superficie comunale: 1.098, 82 Ha 64 Superficie urbanizzata: circa 267 Ha ovvero circa il 24,8% del territorio comunale Superficie vitata: circa 123 Ha (sono stati censiti tutti i vigneti, inclusi alcuni in fase di espianto o quelli non professionali, ma comunque di dimensioni significative) seminativi: circa 33 Ha Prati - pascoli: circa 170 Ha arboreti, oliveti e vivai: circa 22 Ha Superficie boscata: circa 340 Ha

La restante superficie comunale è ascrivibile in massima parte agli alle seguenti forme di utilizzo: incolti, pertinenze, serre, aree di cantiere, verde privato, orti urbani ed are non agricole. Confrontando in dati con quelli relativi al P.R.G. redatto dall’ing. Pecis e riferentesi al IV censimento generale sull’agricoltura (1991) risulta un incremento delle superfici boscate, un dato pressoché invariato relativo ai prati pascoli ed un lieve incremento delle superfcie relative alle coltivazioni legnose agrarie. Tali confronti devono comunque tener conto dell’approssimazione del calcolo e della non corrispondenza delle categoria d’uso del suolo utilizzate. E’ interessante confrontare il dato relativo alla estensione dei vigneti con quello proposto dal Quaderno tecnico n°4 “U.T.A. 65 (ufficio tecnico agricoltura) dell’ Amministrazione Provinciale settore agricoltura di Bergamo, riferentesi al 1991-1992. La superficie vitata complessiva era di circa 122 Ha dei quali circa una decina per produzioni D.O.C.

61 Da verificare la presenza di “Bed&breakfast” 62 ULU: unità lavorativa uomo 63Tavola n° 1 “Usi del suolo” 64 Dato simile ai 1.094,82 Ha di superficie territoriale 3D tratti da: www.sistemarurale.regione.lombardia.it ; leggermente discordante con i 1068,54 calcolati nello studio forestale del dott. Enfissi utilizzando i confini comunali da CTR 65 Ufficio tecnico agrario 231 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

12.5.2 – Considerazioni conclusive

Dai diversi dati emerge comunque un quadro d’insieme che evidenzia, per il Comune di Scanzorosciate, l’esistenza di un’agricoltura conforme al contesto agricolo individuato dal Piano di Sviluppo Rurale 2007-2013 per i “Poli urbani” . Si tratta di un sistema generalmente caratterizzato da: • aziende attive mediamente di dimensioni relativamente piccole (per il comune di Scanzorosciate la S.A.U. media nelle aziende più significative è di 6,22 Ha). • prevalenza di imprese individuali e aziende a conduzione familiare, generalmente a carattere professionale- semiprofessionale66 • Prevalente indirizzo produttivo vitivinicolo e foraggicolo. • prospettive di sviluppo economico associato a produzioni tipiche e territorializzate, oppure a prodotti di immediato consumo (biologico, prodotti orticoli di IV° gamma67); per le aziende poste in località non vocate a tali produzioni, assumono un ruolo di primo piano le attività di presidio del territorio, turistiche (agriturismi, bed&breakfast, ecc) e di gestione del paesaggio e del verde ornamentale.

Tra gli aspetti problematici ricordiamo: • relativa scarsità di strutture, spazi consorziali e cooperativi, strategie produttive e commerciali condivise, adeguati a sostenere gli auspicati aumenti di produzione specialmente per quanto riguarda il Moscato di Scanzo D.O.C. • limitata propensione delle aziende alla cooperazione • relativa difficoltà del comparto agricolo a “fare sistema” con le diverse componenti sociali presenti sul territorio comunale e sovracomunale, al fine di perseguire la promozione e lo sviluppo del territorio rurale valorizzandone la “multifunzionalità”. Sulla base delle informazioni relative alla tipologia e dimensione aziendale prevalente, alle unità lavorative impiegate ed al fatto che non risultano dai dati S.I.A.R.L. titolari d’azienda giovani (sotto i 40 anni), possiamo ipotizzare che il comparto agricolo fatichi ad evolvere verso nuove modalità di sviluppo, adeguate ai nuovi scenari di mercato ma anche alle nuove richieste che il cittadino rivolge al mondo rurale, soprattutto in termini di prestazioni e servizi ambientali e di fruibilità del territorio. La presenza del 37% di Unità lavorative femminili potrebbe invece costituire un indice della potenzialità imprenditoriali connesse proprio ad attività legate all’ospitalità ed alla ristorazione. Tale quadro sembra confermare l’ipotesi che il comune di Scanzorosciate abbia un comparto agricolo sostanzialmente solido, altamente qualificato nel settore vitivinicolo, ma con potenzialità parzialmente inespresse per quanto riguarda le strategie di promozione e sviluppo territoriale legate alle peculiarità produttive ed ambientali locali. Tali strategie devono inoltre necessariamente confrontarsi con gli indirizzi di sviluppo, promozione agricola e promozione turistica a scala sovracomunale e provinciale e con i relativi strumenti di pianificazione territoriale.

66 Nel comune di Scanzorosciate si sono individuate aziende a carattere semi professionale i cui conduttori esercitano prevalentemente altre professioni. Il motivo è da ricercarsi nel fatto che il settore vitivinicolo non ha solo un valenza professionale ma anche, e soprattutto per questa categoria imprenditoriale, un significato amatoriale e di status sociale. 67 Per prodotti di IV gamma si intendono un'ampia categoria di prodotti ortofrutticoli freschi lavati, tagliati, asciugati, confezionati in buste o vassoi e direttamente pronti per il consumo I vantaggi portati da questi prodotti sono evidenti: forniscono le prerogative dei corrispondenti 'freschi', consentono un notevole risparmio di tempo per la loro preparazione, aumentano le occasioni di consumo di cibi 'salutari', riducono il volume di rifiuti domestici. 232 VAS del PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

13. Lo studio degli aspetti forestali

13.1 Premessa e note metodologiche

13.1.1 Premessa e considerazioni generali La presente Relazione Tecnica Forestale è redatta dal sottoscritto Dott. For. Stefano Enfissi, Dottore Forestale, iscritto all’Albo dell’Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali della Provincia di Bergamo, nella Sezione Laurea in Scienze Forestali, al n. 137 di posizione, c.f. NFS SFN 65P06A163C, P. IVA 02330590163, con studio in Via Fratelli Cervi, 27 ad Albino (BG) – nell’ambito dell’incarico professionale “Aspetti forestali della pianificazione comunale nelle aree urbane ed extraurbane”, finalizzato in generale alla individuazione dell’uso del suolo a bosco e, nell’ambito dello stesso, al riconoscimento e studio dei diversi tipi forestali e delle relative “valenze” del territorio forestale del Comune di Scanzorosciate, a corredo della redazione del nuovo Piano di Governo del Territorio (P.G.T.). In particolare, la presente Relazione Tecnica Forestale analizza, con approccio analitico sistemico, sotto il profilo ecologico-forestale e paesaggistico-forestale le componenti strutturali del paesaggio forestale del territorio urbano ed extraurbano del Comune di Scanzorosciate (BG), evidenziando le peculiari qualità ambientali del territorio in esame, con particolare riferimento all’individuazione delle diverse tipologie forestali e del loro relativo pregio e/o valenza, al fine di supportare la redazione delle attività di pianificazione urbanistica. La necessità di valutare le caratteristiche e le peculiarità del paesaggio rurale ed in particolare di quello forestale del comune di Scanzorosciate, ha comportato l’esigenza di effettuare, per le aree urbane e per la aree agricole e forestali, rilievi finalizzati a determinare i diversi usi del suolo e, nell’ambito dell’uso del suolo a bosco, a determinare le diverse tipologie forestali, per dare quindi una lettura oggettiva/sistemica del paesaggio agro-forestale di Scanzorosciate. Attraverso l’analisi del paesaggio e del territorio forestale e delle reti ecologiche, risultano individuati gli “elementi strutturali” ed i “caratteri” del sistema forestale funzionale alla miglior definizione e costruzione del “Quadro conoscitivo”, parte integrante ed elemento costitutivo del Documento di Piano. In generale si è operato con riguardo a: • preliminare verifica di dettaglio, mediante rilievi di campagna, di tutti gli usi del suolo e del sistema delle reti ecologiche rilevabili, sia in ambito urbano che extraurbano, finalizzata alla redazione congiunta, con il Dott. Agr. Mario Carminati, della Carta dell’ uso del suolo, restituita in scala 1:5.000; • verifica ed analisi delle aree a bosco in ambito extraurbano con restituzione dei limiti del bosco in scala 1:5.000 (inserita nella suddetta Carta dell’uso del suolo) e conseguente definizione del vincolo forestale (art. 4 L.R. 27/2004); • verifica ed analisi di aree a bosco in ambito urbanizzato con restituzione dei limiti del bosco in scala 1:5.000 (inserita nella Carta dell’uso del suolo) e conseguente definizione del vincolo forestale (art. 4 L.R. 27/2004); • redazione Carta dei tipi forestali (in scala 1:5.000), con individuazione delle diverse formazioni forestali e del loro diverso pregio ecologico-forestale e paesaggistico-forestale; • redazione Carta delle valenze forestali (su base aerofotogrammetrico) (1:5.000); • redazione Relazione tecnica forestale illustrativa con note tecniche e schede descrittive, comprensiva di indicazioni/definizione in ordine alle possibili aree forestali di trasformazione e di tutte le opportune elaborazioni utili al rapportarsi con le pianificazioni di ordine superiore (es. PIF Provincia di Bergamo);

233 VAS del PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

• consulenza/contributo forestale alla redazione della carta dei componenti del paesaggio naturale, agrario e delle connessioni ecologiche ed alla redazione della carta della sensibilità paesaggistica, redatte dal professionista incaricato per gli aspetti paesaggistici; • consulenza/contributo forestale al processo di VAS; • consulenza/contributo forestale per la stesura, da parte dell'ufficio di Piano, di regolamento per le zone agricole e forestali; • partecipazione ai confronti collegiali con l’Ufficio di Piano sulle definizione degli elementi strutturali e delle strategie del PGT;

13.1.2 Note metodologiche Per la redazione del presente Studio è stata condotta una serie di campagne di rilievo diretto in campo degli elementi strutturali del paesaggio rurale e forestale e quindi degli usi del suolo e delle tipologie forestali; al fine di ottimizzare il lavoro sono stati preliminarmente fotointerpretati i parametri stazionali, rurali e tipologico-forestali di interesse e sono state valutate tutte le fonti documentarie ritenute utili per valutare al meglio i caratteri del territorio rurale e forestale. I rilievi diretti di campagna sono stati condotti, nel periodo gennaio-febbraio 2008, secondo quanto prescritto in sede di disciplinare di incarico, sul tutto il territorio del Comune di Scanzorosciate, sia urbano che extraurbano, secondo le tradizionali tecniche di rilievo rurale e forestale provvedendo a rilievi, particolarmente accurati, condotti secondo una metodologia applicativa stabilita a priori, sulla base delle preliminari analisi del territorio: in particolare si è stabilito di limitare la soglia di rilievo a superfici omogenee, per quanto riguarda l’uso del suolo non inferiori ai 2.000 metri quadrati (stante il limite minimo fissato per legge per l’individuazione a bosco) e per quanto riguarda la tipologia forestale, non inferiori ai 10.000 metri quadrati, in considerazione della discreta frammentazione delle stesse, soprattutto nei pressi delle aree urbane (fatto salvo il rilievo di maggior dettaglio, spinto fino al limite dei 2.000 mq, di alcuni formazioni marginali). Gli usi del suolo e le tipologie forestali rilevate sono quindi stati riportati su apposite cartografie (Carta degli usi del suolo e Carta delle tipologie forestali) redatte in scala 1:5.000; per la Carta delle tipologie forestali, l’unità minima cartografabile e quindi rappresentata è quindi quella di 1 centimetro quadrato, pari appunto a 2.500 metri quadrati. Solo in alcuni casi, ai fini di un maggior dettaglio, l’unità cartografata è risultata di superficie di poco inferiore alla soglia predeterminata suddetta. L’analisi dei soprassuoli forestali ha privilegiato l’individuazione e il riconoscimento delle diverse Tipologie forestali, facendo riferimento alla metodologia definita dalla Regione Lombardia, nel corso del Progetto strategico 9.1.6 “Azione di salvaguardia e valorizzazione del patrimonio boschivo Fase I Individuazione e descrizione delle tipologie forestali”. I dati relativi alle superfici sono frutto di elaborazioni e calcoli, derivanti dall’utilizzo dei programmi informatici in uso (ArcGIs 9.2) e pertanto si discostano dal dato catastale ufficiale. Tra il materiale documentale a cui s’è fatto riferimento, si sottolineano: il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale della Provincia di Bergamo; le Analisi vegetazionali condotte alla scala comunale, finalizzate al costituendo Plis del Serio; la Relazione illustrativa dello Studio Geologico di supporto al P.R.G. del 1995, redatta dal Dott. Geol. Daniele Ravagnani e le relative Carte litologiche in scala 1:5.000; la Carta Geologica della Provincia di Bergamo - Relazione e Tavole in scala 1:50.000; la Carta DUSAF della Regione Lombardia in scala 1:10.000; la Carta delle precipitazioni medie, minime e massime annue del territorio alpino lombardo (periodo 1891-1990) della Regione Lombardia in scala 1:250.000 ed. 1999; le Relazioni sugli aspetti climatici della Comunità Montana Valle Seriana; la Carta dei suoli della Lombardia della Regione Lombardia in scala 1:250.000 ed. 2004. Tra il materiale cartografico informatizzato utilizzato si sottolineano, le Ortofoto digitali del volo 2007 e relativo aerofotogrammetrico, forniti dal Comune di Scanzorosciate, su supporto informatico (file.dwg composto da polilinee chiuse).

234 VAS del PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

13.1.3 Materiali prodotti Il presente Studio si concretizza in una serie di documenti testuali, iconografici e cartografici composti nella presente Relazione Tecnica Forestale e in una Raccolta cartografica. La Relazione Tecnica Forestale rende conto delle applicazioni condotte in termini metodologici e di contenuto, dell’uso del suolo a bosco, delle diverse tipologie forestali e delle valenze forestali: La raccolta cartografica è composta dalle elaborazioni di seguito indicate: Carta degli Usi del suolo, - redazione congiunta, con il Dott. Agr. Mario Carminati, restituita in scala 1:5.000, individua gli usi del suolo presenti sul territorio; ¾ Carta delle Tipologie Forestali, - restituita in scala 1:5.000, individua le tipologie forestali presenti sul territorio, articolate per categorie e tipi secondo la metodologia regionale; ¾ Carta delle Valenze Forestali (su base aerofotogrammetrica), - restituita in scala 1:5.000, individua le valenze forestali in ragione del territorio nel suo insieme, indipendentemente dalle diverse tipologie forestali; Al fine di permettere la trasposizione dei dati nel sistema informativo del Comune, lo Studio è stato prodotto anche su supporto informatico (CD-ROM) secondo le seguenti caratteristiche: • I testi sono stati resi in formato Word per Windows con estensione doc; • Le tabelle e i dati numerici sono stati resi in formato Excel con estensione xls; • I dati geografici e le tavole grafiche sono state prodotti in formato Autocad 2006 con estensione dwg.

13.2 Inquadramento ambientale generale

13.2.1 Inquadramento geografico-territoriale

Il Comune di Scanzorosciate ha una superficie territoriale complessiva di 1.068,51 ha (a fronte dei 1.078 ha del dato catastale), dato derivante dalla misurazione con programma ArcGis 9.2 su base cartografia CTR Regione Lombardia, di cui circa 805 ha di territorio rurale extraurbano (75,34% del territorio complessivo) e circa 263,5 ha di territorio urbanizzato (24,66% del territorio complessivo), dato derivato da elaborazioni e misurazioni di superfici dedotte dalla Carta DUSAF della Regione Lombardia. Il territorio di Scanzorosciate è distribuito nei cinque nuclei urbanizzati principali di Scanzo, Rosciate, Negrone, Tribulina e Gavarno Vescovado ed è complessivamente ubicato nella fascia pedecollinare bergamasca, in sponda idrografica sinistra del fiume Serio, al limite meridionale della bassa Val Seriana, in Provincia di Bergamo. Il territorio di Scanzorosciate confina a nord con i Comuni di Nembro e Pradalunga; ad est con i comuni di Cenate Sopra e Cenate Sotto; a sud con i comuni di Pedrengo e Torre dè Roveri; infine ad ovest con i comuni di Ranica, Gorle e Villa di Serio.

13.2.2 Inquadramento geomorfologico Il comune di Scanzorosciate si estende su una superficie totale catastale amministrativa di 1.078 ettari, che si sviluppano al limite meridionale della bassa Val Seriana, in Provincia di Bergamo, in sponda idrografica sinistra del fiume Serio, al limite tra il sistema collinare delle prime propaggini avanalpiche e il sistema dell’alta pianura bergamasca orientale.

235 VAS del PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

I territorio del comune è fortemente caratterizzato dal contrasto tra gli ultimi lembi ed introflessioni dell’alta pianura bergamasca orientale ed i versanti dei primi rilevi collinari avanalpici, che si ergono a ridosso dei più accentuati rilievi montuosi delle Orobie: la morfologia, determinata dai rilievi collinari e dagli ultimi lembi della pianura, caratterizza il paesaggio e da sempre ha influenzato lo sviluppo urbanistico e più in generale lo sviluppo di tutto il territorio di Scanzorosciate. Il territorio si sviluppa in una fascia di escursione altimetrica di circa 430 m, compresa tra i 256 m s.l.m., nei pressi del vertice meridionale del territorio presso la roggia Borgogna e i 686 m s.l.m. del Costone di Gavarno, al vertice settentrionale orientale del territorio, presso il confine con Cenate Sopra, in loc. Cascina Pradale, che costituisce il culmine dell’intero territorio comunale. Tra i principali elementi morfologico-strutturali distintivi del territorio, si riscontrano: • i nuclei urbanizzati; • i rilievi collinari avanalpici; • la pianura; • il fiume Serio; • le valli; Il territorio di Scanzorosciate è distribuito nei cinque nuclei urbanizzati principali di Scanzo, Rosciate, Negrone, Tribulina e Gavarno Vescovado ed è complessivamente ubicato nella fascia pedecollinare bergamasca, in sponda idrografica sinistra del fiume Serio Trai rilievi collinari, spiccano il versante posto direttamente alle spalle dell’abitato di Scanzo, Rosciate e Negrone, sotteso dalla dorsale congiungente il monte Bastia (424 m slm), attraverso il Monte del Roccolo (462 m slm), con la Tribulina di Gavarno, il versante a posto alle spalle della frazione di Gavarno Vescovado, sotteso dal Costone di Gavarno (665-686 m slm) e la dorsale che congiunge la Tribulina di Gavarno al Colle dei Pasta fino a delimitare la testata della Serradesca da un lato verso Torre dè Roveri e dall’altro lato, attraverso le Bocche di Gavarno a congiungersi con il Costone di Gavarno a delimitare la testata della Valle del Gavarno; mediamente i versanti sono caratterizzati da un buona acclività, con medie attorno al 50% e punte del 60% (zona Monte Bastia e Costone di Gavarno) tant’è che la viticoltura si è storicamente sviluppata a terrazzamenti e solo recentemente si è “riconvertita“ con impianti a rittochino; non mancano tuttavia, versanti morfologicamente dolci, con debole acclività, attorno al 25-30% (Serradesca, Celinate,…) parametro che ha consentito lo sviluppo di suoli potenti e profondi e la relativa evouzione di formazioni forestali a fustaia (es. Querco-carpineti collinari di Serradesca.

Foto n. 1: in primo piano la pianura e sullo sfondo i primi rilievi Foto n. 2: il fiume Serio, accompagnato da fasce arboree dominate collinari avanalpici di Scanzorosciate dalla robinia

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236 VAS del PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

La pianura è prevalentemente sottesa dalla congiungente dei nuclei Scanzo e Negrone a nord e dalla Roggia Borgogna a sud; Il limite meridionale del fondovalle della valle Seriana, in sinistra idrografica del Serio, occupa una porzione pianeggiante del territorio di Scanzo: questa area è caratterizzata dal passaggio del fiume Serio e rappresenta insieme alla pianura, la zona con i caratteri geomorfologici meno acclivi e meno pronunciati, dal momento che sono presenti estese aree pianeggianti; queste caratteristiche hanno da sempre favorito gli insediamenti abitativi e produttivi, e dunque proprio qui si concentrano i nuclei urbanizzati maggiori e le attività produttive. La valle del Gavarno è una affluente in sinistra idrografica della principale valle Seriana e confluisce in quest’ultima nei pressi del nucleo urbano di Gavarno di Nembro (Rinnovata); la testata di questa vallata e il relativo bacino idrografico che si sviluppa in territorio di Scanzorosciate, sottesa da un lato dal Costone di Gavarno e dall’altro dalla dorsale congiungente la Tribulina al Colle dei Pasta-Bocche di Gavarno, caratterizza fortemente il territorio; il fondovalle si presenta morfologicamente dolce, con poca acclività, con bassi versanti in cui si ritrovano le aree morfologicamente più dolci i n cui si sono sviluppati Gavarno Vescovado e la Tribulina; la valle del torrente Zerra (Serradesca) si sviluppa invece a sud-est del territorio al limite con Torre dè Roveri, sottesa dalla dorsale che congiunge la Tribulina di Gavarno al Colle dei Pasta fino a delimitare la testata della Serradesca da verso Torre dè Roveri: anche in tal caso il fondovalle ed i bassi versanti sono caratterizzati dalla presenza di morfologie dolci e scarsa acclività.

13.2.3 Inquadramento litologico e pedologico Le rocce presenti sul territorio del comune di Scanzorosciate appartengono tutte al gruppo dei substrati carbonatici, caratterizzate cioè dalla presenza del calcare come elemento costituente. Esistono tuttavia molte differenze tra le diverse zone, anche in ragione della morfologia e nel territorio del comune si ritrovano molte formazioni litologiche che hanno avuto origine in periodi diversi; tali formazioni rocciose, in combinazione con i parametri climatici e geomorfologici, hanno originato anche suoli con caratteristiche molto diverse. Le aree morfologicamente pianeggianti ascrivibili all’alta pianura e al terrazzo del fiume Serio, sono caratterizzate dalla presenza di Depositi continentali quaternari e neogenici, afferenti al Bacino del Serio, presente nella zona pianeggiante lungo il Serio con depositi fluvioglaciali afferenti al Complesso del Serio e nella zona di pianura a sud di Scanzo e Negrone con depositi fluvioglaciali afferenti al Complesso di Ponte Selva. Queste aree sono fisicamente separate dai versanti collinari, da una stretta fascia di territorio, sempre caratterizzata dalla presenza di Depositi continentali quaternari e neogenici, in parte afferenti al Bacino del Serio, con depositi alluvionali e colluviali afferenti all’Unità di Valtesse, in parte afferenti alle Unità ubiquitarie con paleosuoli terrigeni e depositi colluvuali afferenti al Complesso Alteritico, in particolare tra Scanzo, attraverso Valbona e Celinate fino alla Tribulina; verso la Serradesca, la stretta fascia è caratterizzatra da depositi afferenti alle Unità ubiquitarie con depositi misti di versante, alluvionali e colluviali afferenti al Complesso di Palazzago, in particolare nel basso versante solivo della Serradesca sotto Maffioli e Donecco, e con depositi alluvionali afferenti all’Unità del Postglaciale nel fondovalle della Serradesca lungo il torrente Zerra. Anche le aree di fondovalle della Valle del Gavarno ed il basso versante solivo presso Gavarno Vescovado-Giustiniana sono caratterizzati dalla presenza di Depositi continentali quaternari e neogenici, afferenti alle Unità ubiquitarie con depositi misti di versante, alluvionali e colluviali afferenti al Complesso di Palazzago, in particolare nel basso versante solivo presso Gavarno Vescovado-Giustiniana e con depositi alluvionali afferenti all’Unità del Postglaciale nel fondovalle della valle del Gavarno. I principali rilevi collinari, morfologicamente a versante, sono invece interessati dalla presenza di unità di substrato: i principali substrati rocciosi presenti sono rappresentati dalla formazione del

237 VAS del PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

“Sass de la Luna” (intimamente legata al Moscato di Scanzo), caratterizzata da un alternanza di calcari e calcari marnosi, presente in modo esclusivo nel versante solatio sopra Scanzo e Rosciate, dal Monte Bastia e fino alla Tribulina e nel versante vago della Serradesca, dalle “Unità Cenomaniane” caratterizzate da un alternanza di marne, calcareniti, banchi calcarei con intercalate peliti ed arenarie di origine torbiditica, presenti nel tratto tra la Tribulina ed il Colle dei Pasta ed intercalate, in posizione di medio-basso versante (a contatto con i depositi misti di versante, alluvionali e colluviali afferenti al Complesso di Palazzago, in particolare nel basso versante solivo presso Gavarno Vescovado-Giustiniana) e di alto versante del Costone di Gavarno, con Peliti Nere Superiori (peliti alternate ad arenarie), Peliti Rosse (peliti alternate ad arenarie) e Flysch di (alternanza di arenarie e peliti di origine torbiditica), presenti in successione nel medio- alto versante del Costone di Gavarno. In generale, nelle aree pianeggianti, caratterizzate dalla presenza di substrati sciolti, si rilevano condizioni di medio valore pedogenetico: i suoli originatisi da questi substrati sono caratterizzati da medio-buoni valori pedotrofici, anche in virtù delle condizioni morfologiche che certamente favoriscono l’accumulo dei nutrienti e l’evoluzione di suoli potenti e piuttosto fertili, limitati dagli eccessi di permeabilità e porosità in relazione alla scarsa cementazione. Nelle aree caratterizzate dalla presenza di unità di substrato e nelle aree di basso versante e fondovalle condizionate da queste, prevalentemente afferenti al gruppo degli arenaceo-marnosi (ad esclusione del Sass de la Luna che è ascrivibile ai calcari alterabili) si rilevano condizioni di buon valore pedogenetico: i suoli originatisi da questi substrati sono caratterizzati da medio-buoni valori pedotrofici, anche in virtù delle condizioni morfologiche che certamente favoriscono l’accumulo dei nutrienti e l’evoluzione di suoli potenti e piuttosto fertili; in virtù delle caratteristiche proprie delle rocce e delle condizioni morfologiche dei versanti i suoli presenti sono decisamente più fertili, caratterizzati da buona disponibilità idrica e di nutrienti, con potenze elevate. I suoli evolutisi nelle aree considerate, al limite tra l’ambito della regione pedologica delle Prealpi e la regione pedologica della Pianura, al limita tra la provincia pedologica Prealpina meridionale orobico-bresciana e la provincia pedologica dell’Alta Pianura, al limite tra il Distretto Margine prealpino bergamasco e Distretto Alta pianura centro orientale, sono afferenti alle tipologie pedologiche dei Cambisols (rilievi collinari) e dei Luvisols (pianura).

13.2.4 Inquadramento ecologico-climatico e fitoclimatico Nel complesso, dai dati delle precipitazioni e delle temperature desunti dalla letteratura esistente (Piani di assestamento forestale della C.M. Valle Seriana, Relazioni sugli aspetti climatici allegate alle Carte Geoambientali della C.M. Valle Seriana, etc…) ed interessanti anche zone geograficamente adiacenti al territorio di interesse, operando le opportune interpolazioni, ai fini di ottenere dei dati oggettivamente significativi, il clima della zona può essere individuato nel tipo temperato, con regime pluviometrico di tipo subequinoziale primaverile, con una discreta distribuzione di giornate piovose nel periodo vegetativo, che garantiscono alla vegetazione forestale una buona disponibilità idrica; in particolare, la temperatura media annua è compresa tra i 12 - 14 °C, in ragione dell’altimetria, mentre la piovosità media annua si attesta intorno a valori medi di 1200-1300 mm annui, la piovosità massima annua intorno a valori di 2200-2300 mm annui e la piovosità minima annua intorno a valori di 550-650 mm annui. La presenza di un clima temperato, discretamente piovoso, con inverni freschi, senza una vera e propria stagione asciutta, determina una situazione climatica che in combinazione con i parametri stazionali di tipo geomorfologico e geopedologico, risulta particolarmente favorevole ad una vegetazione forestale di latifoglie, termoxerofile nelle situazioni più acclivi e xeriche (roverella, carpino nero, olmo minore, acero campestre, frassino orniello) e mesotermofile nelle situazioni a morfologia più dolce, meno acclivi e più mesiche (farnia, rovere, frassino maggiore, carpino bianco, ontano nero, castagno).

238 VAS del PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Dal punto di vista fitoclimatico, il territorio del Comune di Scanzorosciate, ricade nella fascia di transizione tra la zona fitoclimatica del Castanetum sottozona calda (aree più calde esposte a sud, di basso versante), variante tipo con piovosità più o meno uniformemente distribuita, e quindi senza periodo estivo marcatamente siccitoso, che corrisponde a tutto il cingolo “Quercus pubescens” e la zona fitoclimatica del Castanetum sottozona fredda (maggior parte del territorio), variante tipo con piovosità più o meno uniformemente distribuita, e quindi senza periodo estivo marcatamente siccitoso, che corrisponde a tutto il cingolo “Quercus.Tilia.Acer”.

13.2.5 Inquadramento tipologico-forestale Il territorio di Scanzorosciate, si trova al limite tra il Distretto prealpino occidentale (dal basso Verbano all’ovest Sebino), caratterizzato da rilievi prealpini con valli a differente orientamento, da substrati di natura prevalentemente carbonatica e clima insubrico suboceanico ed il Distretto dell’Alta pianura diluviale centrale (Adda-Oglio), caratterizzato da terrazzi sempre meno evidenti andando da ovest verso est, da substrati costituiti da terrazzi fluvioglaciali, tra cui i più antichi (ferrettizzati) a reazione acida e i più recenti a reazione neutra e suoli meno profondi e clima di tipo prealpino a grado di oceanicità non molto elevato. Il territorio di Scanzorosciate si colloca dunque, pressoché interamente nella stretta fascia nell’ambito della regione forestale avanalpica, arrivando al suo estremo settentrionale a contatto con la regione esalpica centro orientale esterna ed al suo estremo meridionale a contatto con la regione dell’Alta pianura. Dal punto di vista tipologico-forestale l’ambito territoriale della regione forestale avanalpica è ben distinto dagli altri ambiti da cui é sotteso; tali ambiti territoriali ben distinti, sono dunque inquadrabili come appartenenti a regioni forestali, differenziabili tra di loro in virtù di parametri fitogeografici, climatici e geolitologici. La regione forestale avanalpica è costituita principalmente dalle prime colline che si incontrano abbandonando la pianura; generalmente si tratta di colline moreniche e di limitati rilievi arenaceo- marnosi. Dal punto di vista forestale la regione forestale avanalpica, è caratterizzata dall’assenza del faggio e dalla presenza di boschi di latifoglie che potenzialmente possono ricoprire interamente i limitati rilievi. Nella realtà, le formazioni forestali della regione avanalpica appaiono molto frammentate essendo state spesso sostituite dalle colture agrarie, particolarmente quella della vite o da robinieti. In questa regione la specie che trova potenzialmente il suo optimum è il carpino bianco mescolato alle querce, rovere e farnia, a formare i querco-carpineti collinari cui si sovrappongono spesso i castagneti e , come si è detto i robinieti. Nella fattispecie le principali formazioni presenti sono ascrivibili alle categorie dei Querceti (di rovere e roverella con Cerro), dei Querco-carpineti, dei Robinieti (Formazioni antropogene), e dei Castagneti.

239 VAS del PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

13.3 Usi del suolo

13.3.1 Premessa, note metodologiche e considerazioni generali L’analisi, sotto il profilo paesaggistico-rurale, delle componenti strutturali del paesaggio rurale e forestale del territorio del Comune di Scanzorosciate, ha evidenziato la necessità di valutare le caratteristiche e le peculiarità del paesaggio rurale (agricolo) e forestale, palesando l’esigenza di effettuare, per le aree agricole e forestali, rilievi diretti di campagna finalizzati a determinare i diversi usi attuali del suolo, per dare quindi una lettura oggettiva del paesaggio agro-forestale di Scanzorosciate. I rilievi diretti di campagna, preceduti da fotointerpretazione dell’Ortofotocarta digitale derivante dal Volo della primavera 2007, sono stati condotti, nel periodo gennaio–febbraio 2008, secondo le tradizionali tecniche di rilievo rurale, provvedendo a rilievi, particolarmente accurati, su tutto il territorio del Comune di Scanzorosciate, sia urbano che extraurbano e secondo una metodologia applicativa stabilita a priori, sulla base delle preliminari analisi del territorio: in particolare si è stabilito di limitare la soglia di rilievo a superfici omogenee, per quanto riguarda l’uso del suolo non inferiori ai 2.000 metri quadrati (stante il limite minimo fissato per legge per l’individuazione a bosco). Gli usi del suolo rilevati sono quindi stati riportati su apposite cartografia (Carta degli usi del suolo), redatta congiuntamente al Dott. Agr. Mario Carminati, in scala 1:5.000, in cui l’unità minima cartografabile e quindi rappresentata è quindi quella di 1 centimetro quadrato, pari appunto a 2.500 metri quadrati. Solo in alcuni casi, ai fini di un maggior dettaglio, l’unità cartografata è risultata di superficie di poco inferiore alla soglia predeterminata suddetta.

240 VAS del PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

La Carta degli usi del suolo, che accompagna la relazione, relativa agli Aspetti agronomici, redatta del Dott. Agr. Mario Carminati, sovrapposta alla aerofotogrammetria (scala 1:10.000) è in grado di evidenziare a prima vista gli elementi essenziali del paesaggio del territorio rurale. La carta degli usi del suolo, individuati per il territorio rurale del comune di Scanzorosciate, annovera le seguenti principali categorie d’uso del suolo, come evidenziato nelle seguenti tabelle e grafici: ‰ Urbanizzato (annovera: Fabbricati, verde privato, Verde pubblico comunale, porzione di Verde privato di protezione – circa il 50% - c/o Polynt e Cantieri in corso): 263,47 ha pari al 24,66% del territorio comunale (dato derivato da DUSAF Regione Lombardia); ‰ Extraurbano: (annovera: porzione di Verde privato di protezione – circa il 50% - c/o Polynt, Serre, Vigneti, Oliveti ed impianti arborei, Vivai, Seminativi, Pratio-pascoli, Superfici incolte, Orti urbani/extraurbani, Pertinenze e Bosco): 805,05 ha pari al 75,34% del territorio comunale (dato derivato da DUSAF Regione Lombardia);

Categoria Superficie (ettari) % Extraurbano 805,05 75,34% Aree urbanizzate e infrastrutture 263,47 24,66% totale 1068,51 100,00%

In generale, nell’ambito dei 1.068,51 ha di territorio comunale , la categoria di uso del suolo prevalente risulta essere il bosco che copre con i suoi 340 ha circa il 31,85% dell’intero territorio e che rappresenta ben il 42,25% del territorio non urbanizzato.

Categoria Superficie (ettari) % Aree urbanizzate e infrastrutture 263,47 24,66% Boschi 340,23 31,84% Altri usi del suolo 464,82 43,50% totale 1068,51 100,00%

Si rileva dunque nel territorio di Scanzorosciate una discreta dominanza delle superfici forestali, tanto da determinare un grado di copertura del bosco superiore rispetto ai dati di copertura media forestale nazionale (22,8%) e lombarda (25,4%) - dati desunti da Corine Land Cover, fonte PSR 2007-2013 - : tale fatto risulta del resto inevitabile, in relazione a fattori geomorfologici ed a dinamiche intrinseche allo specifico settore forestale: i versanti, caratterizzati da pendenze generalmente elevate, sono sempre stati storicamente ricoperti da boschi (ancorché utilizzati per la coltura della vite su terrazzamenti), che negli ultimi decenni stanno ulteriormente aumentando la loro superficie, soprattutto nelle aree caratterizzate dall’abbandono gestionale dei prati o pascoli e dei vigneti sia sulla collina che nei basso versanti e nei fondovalle.

241 VAS del PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Foto n. 3: le dolci morfologie avanalpiche del territorio di Foto n. 4: il paesaggio rurale di Scanzorosciate: vigneti e boschi, usi Scanzorosciate, ricoprete in prevalenza da boschi. del suolo predominanti.

13.3.2 Bosco Bosco: è quell’uso del suolo definito normativamente ai sensi dell’art. 3 della L.R. 27/04 così come modificata dalla L.R. 7/02/2006 n°3 e secondo quanto stabilito dalla D.g.r. n° 8/2024 dell’8 marzo 2006 “Aspetti applicativi e di dettaglio per la definizione di bosco, per l’individuazione delle formazioni vegetali irrilevanti e per l’individuazione dei coefficienti di boscosità, con parziale modificazione della D.g.r. n° 8/675 del 21 settembre 2005”. Questa categoria d’uso del suolo è stata utilizzata, nel presente studio, per tutte le superfici caratterizzate dalla presenza di formazioni vegetali, a qualsiasi stadio di sviluppo, di origine naturale o artificiale, nonché i terreni su cui esse sorgono, caratterizzate simultaneamente dalla presenza di vegetazione arborea o arbustiva, dalla copertura del suolo, esercitata dalla chioma della componente arborea o arbustiva, pari o superiore al venti per cento, nonché da superficie pari o superiore a 2.000 metri quadrati e larghezza non inferiore a 25 metri. Va peraltro precisato che l’attuale suddetta normativa regionale forestale, in particolare la recente L.R. 27/2004, presenta una definizione di bosco piuttosto “corposa” e con parziali contraddittorietà, che allo stato attuale rendono un’operazione quanto mai ardua, se non impossibile, definire in maniera univoca quali superfici siano assimilabili a bosco a livello normativo (inoltre tale normativa prevede che la definizione di quali superfici siano assimilabili a bosco debba essere espressa nei Piani di Indirizzo Forestale, strumenti di pianificazione forestale, previsti come Piani di settore dei Piani territoriali di coordinamento provinciale). È quindi possibile che in alcuni casi, in particolare nelle situazioni di margine e nei pressi delle pertinenze agricole, superfici ricondotte nell’ambito del presente studio alla categoria d’uso del suolo a bosco, non siano da considerarsi bosco a livello normativo, in virtù della ridotta estensione, delle caratteristiche del soprassuolo, etc. Le superfici boscate sono certamente la categoria di uso del suolo più estesa nel territorio di Scanzorosciate, rappresentando infatti il 42% del territorio rurale ed il 32% dell’intero territorio; in generale, va sottolineato che il bosco occupa grande parte dei versanti, con esclusione delle aree di basso versante a morfologia più dolce, occupate dai prati e con discreta presenza anche nei fondovalle.

242 VAS del PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

13.4 Tipologie forestali

13.4.1 Premessa e note metodologiche Lo Studio, come anzidetto, preliminarmente è finalizzato in generale alla individuazione dell’uso del suolo a bosco e, nell’ambito dello stesso, al riconoscimento e studio dei diversi tipi forestali e delle relative “valenze” del territorio forestale del Comune di Scanzorosciate, a corredo della redazione del nuovo Piano di Governo del Territorio (P.G.T.). L’analisi, con approccio analitico sistemico, sotto il profilo paesaggistico-forestale e tipologico- forestale, delle componenti strutturali del paesaggio forestale del territorio urbano ed extraurbano del Comune di Scanzorosciate (BG), ha evidenziato la necessità di valutare le caratteristiche e le peculiarità del paesaggio rurale ed in particolare del paesaggio forestale, con particolare riferimento all’individuazione delle diverse tipologie forestali e del loro relativo pregio e/o valenza, al fine di supportare la redazione delle attività di pianificazione urbanistica e vieppiù palesando l’esigenza di effettuare, per le aree forestali, nell’ambito dell’uso del suolo a bosco, rilievi diretti di campagna finalizzati a determinare le diverse tipologie forestali attuali, per dare quindi una lettura oggettiva del paesaggio forestale di Scanzorosciate. Attraverso l’analisi del paesaggio e del territorio forestale e delle reti ecologiche, risultano individuati gli “elementi strutturali” ed i “caratteri” del sistema forestale funzionale alla miglior definizione e costruzione del “Quadro conoscitivo”, parte integrante ed elemento costitutivo del Documento di Piano. Le caratteristiche e le peculiarità del paesaggio forestale presenti nel territorio del comune di Scanzorosciate sono dunque state valutate mediante rilievi finalizzati a determinare le diverse tipologie forestali presenti; i rilievi sono risultati di fondamentale importanza per restituire una buona e quanto più completa conoscenza del territorio, in virtù della quale è stato possibile riconoscere le aree forestali di particolare pregio. I rilievi diretti di campagna, preceduti da fotointerpretazione dell’Ortofotocarta digitale, sono stati condotti, nel periodo gennaio-febbraio 2008, secondo quanto prescritto in sede di disciplinare di incarico, sul tutto il territorio del Comune di Scanzorosciate, sia urbano che extraurbano, secondo le tradizionali tecniche di rilievo rurale e forestale provvedendo a rilievi, particolarmente accurati, condotti secondo una metodologia applicativa stabilita a priori, sulla base delle preliminari analisi del territorio: in particolare si è stabilito di limitare la soglia di rilievo a superfici omogenee, per quanto riguarda la tipologia forestale, non inferiori ai 10.000 metri quadrati, in considerazione della discreta frammentazione delle stesse, soprattutto nei pressi delle aree urbane (fatto salvo il rilievo di maggior dettaglio, spinto fino al limite dei 2.000 mq, di alcuni formazioni marginali). Le tipologie forestali rilevate sono quindi stati riportate su apposita cartografia (Carta delle tipologie forestali) redatta in scala 1:5.000; per la Carta delle tipologie forestali, l’unità minima cartografabile e quindi rappresentata è quindi quella di 1 centimetro quadrato, pari appunto a 2.500 metri quadrati. Solo in alcuni casi, ai fini di un maggior dettaglio, l’unità cartografata è risultata di superficie di poco inferiore alla soglia predeterminata suddetta: qualora si sia rilevato un soprassuolo forestale molto diverso dal contesto generale o comunque caratterizzato da elevato valore paesaggistico-forestale, l’unità cartografata è possibile sia risultata di superficie di poco inferiore alla soglia di rilievo predeterminata. L’analisi dei soprassuoli forestali ha privilegiato l’individuazione e il riconoscimento delle diverse Tipologie forestali, facendo riferimento alla metodologia definita dalla Regione Lombardia, nel corso del Progetto strategico 9.1.6 “Azione di salvaguardia e valorizzazione del patrimonio boschivo Fase I Individuazione e descrizione delle tipologie forestali”. I dati relativi alle superfici sono frutto di elaborazioni e calcoli, derivanti dall’utilizzo dei programmi informatici in uso (ArcGIs 9.2) e pertanto si discostano dal dato catastale ufficiale.

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I rilievi condotti in campo hanno permesso di identificare le diverse tipologie forestali, così come indicato nella metodologia proposta dalla Regione Lombardia nell’anno 2002 nell’ambito del Progetto strategico “Individuazione e descrizione delle tipologie forestali-Regione Lombardia”. Il tipo forestale è quindi da intendersi come una unità di riferimento con caratteristiche floristiche, ecologiche e selvicolturali simili. Per regione forestale si indica una regione caratterizzata da aspetti fitologici, climatici e geo-litologici simili. La descrizione delle tipologie forestali presenti è stata dunque effettuata utilizzando il sistema di classificazione tipologico-forestale, introdotto da pochi anni in Regione Lombardia e adottato ormai in tutte le regioni dell’arco alpino. I rilievi sono stati finalizzati a determinare in particolare la composizione specifica delle diverse tipologie forestali, tralasciando invece specifici e approfonditi rilievi provvigionali o auxologici, non necessari nell’ambito del presente studio. A completamento dei rilievi di campo sono stati inoltre utilizzati la Carta Geologica della Provincia di Bergamo e lo Studio Geologico di supporto al P.R.G. del 1995, redatto dal Dott. Geol. Daniele Ravagnani e le relative Carte litologiche in scala 1:5.000, necessari per determinare la tipologia dei substrati geologici presenti: nella classificazione tipologico-forestale assume infatti notevole importanza il tipo di substrato geologico sul quale allignano le diverse formazioni forestali. Successivamente alla fase dei rilievi di campagna si è provveduto all’analisi e all’elaborazione dei dati raccolti, per pervenire dunque al presente inquadramento generale; a rilievi ultimati è stato possibile produrre la Carta delle tipologie forestali del Comune di Scanzorosciate (scala 1:5.000), nella quale è possibile individuare le diverse formazioni forestali presenti e la loro diffusione nel territorio. La restituzione cartografica è avvenuta secondo alcuni accorgimenti e secondo una metodologia stabilita a priori, come giù riferito in precedenza. Si ricorda in particolare che l’unità minima cartografabile è stata definita in un centimetro quadrato, vale a dire pari a una superficie reale di 2.500 metri quadrati; solo in alcuni casi, qualora si sia rilevato un soprassuolo forestale molto diverso dal contesto generale o comunque caratterizzato da elevato valore paesaggistico-forestale, l’unità cartografata è risultata di superficie di poco inferiore alla soglia suddetta. La definizione di un’unità minima cartografabile risulta necessaria per ovviare all’enorme variabilità che caratterizza il paesaggio forestale: talvolta in pochi metri è possibile assistere a variazioni significative della composizione specifica di un soprassuolo, in virtù di cambiamenti di parametri stazionali (quota, pendenza, esposizione, substrato, tipo di terreno, disponibilità idrica, etc…) o di un diverso tipo di gestione. Tale variabilità si rileva frequentemente anche nelle aree prossime agli abitati o alle aree agricole: la gestione antropica, passata e attuale, può modificare notevolmente i soprassuoli forestali. La Carta delle tipologie forestali, che accompagna la relazione, sovrapposta alla aerofotogrammetria (scala 1:5.000) è in grado di evidenziare a prima vista gli elementi essenziali del paesaggio e del territorio forestale.

13.4.2 Il paesaggio forestale di Scanzorosciate: considerazioni generali Le prime considerazioni che si possono fare per descrivere le tipologie forestali presenti nel comune di Scanzorosciate non possono prescindere da una generale analisi della collocazione geografica del territorio oggetto di analisi. Il territorio di Scanzorosciate si colloca pressoché interamente nella stretta fascia nell’ambito della regione forestale avanalpica, arrivando al suo estremo settentrionale a contatto con la regione esalpica centro orientale esterna ed al suo estremo meridionale a contatto con la regione dell’Alta pianura. La regione forestale avanalpica è costituita principalmente dalle prime colline che si incontrano abbandonando la pianura; generalmente si tratta di colline moreniche e di limitati rilievi arenaceo- marnosi.

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Dal punto di vista forestale la regione forestale avanalpica, è caratterizzata dall’assenza del faggio e dalla presenza di boschi di latifoglie che potenzialmente possono ricoprire interamente i limitati rilievi. Nella realtà, le formazioni forestali della regione avanalpica appaiono molto frammentate essendo state spesso sostituite dalle colture agrarie, particolarmente quella della vite o da robinieti. In questa regione la specie che trova potenzialmente il suo optimum è il carpino bianco mescolato alle querce, rovere e farnia, a formare i querco-carpineti collinari cui si sovrappongono spesso i castagneti e , come si è detto i robinieti. Nella fattispecie, In virtù della collocazione geografica, a Scanzorosciate si ritrovano principalmente formazioni forestali tipicamente avanalpiche: le principali formazioni presenti sono ascrivibili alle categorie dei Querceti (di rovere e roverella con cerro), dei Querco-carpineti (con rovere, farnia e carpino bianco), dei Robinieti (Formazioni antropogene) e dei Castagneti, con scarsa/contenuta presenza degli Orno-ostrieti, dominati dal carpino nero e dall’orniello, più tipicamente esalpici. Alle quote più basse, in posizione di basso versante, nei fomdivalle e laddove le morfologie sono più dolci, in particolare in Serradesca e nella Valle del Gavarno, la presenza delle querce, la rovere e al farnia in particolare, è significativa: dove compainon le due specie quercine inoltre il soprassuolo è spesso caratterizzato da parametri strutturali “interessanti”, frequenti nei soprassuoli ubicati nella regione avanalpica, dove come già ricordato i substrati conferiscono al suolo elevate fertilità. Molto spesso in questi soprassuoli è entrata piuttosto diffusamente la robinia, non tanto però da invalidare l’attribuzione tipologica ai querceti di rovere ed ai querco- carpineti. Non mancano infine castagneti dei suoli mesici, a testimonianza di ottime condizioni stazionali.

13.4.3 Tipologie forestali - descrizione La descrizione delle diverse tipologie forestali rilevate, con particolare attenzione alla composizione specifica e alle zone di diffusione, sono di seguito esplicitate. Le superfici totali assolute e relative percentuali, associate alle diverse categorie tipologico- forestali, sono presentate nelle seguenti tabelle e grafici:

Categoria Superficie (ha) % Querco-carpineti e carpineti (QC) 88,71 26,07% Querceti (QR) 177,51 52,17% Castagneti (CA) 22,15 6,51% Orno-ostrieti (OO) 2,51 0,74% Alneti (AL) 2,09 0,61% Formazioni antropogene (FA) 40,69 11,96% Neoformazioni (NF) 6,57 1,93% Totale 340,23 100,00%

Risulta evidente che nell’ambito delle categorie tipologiche, il genere Quercus determina in modo più che sensibile il paesaggio forestale di Scanzorosciate: il 78% dei boschi di Scanzorosciate è costituito in buona parte da una “ossatura” di querce, tra cui roverella, cerro, rovere e farnia. Altresì evidente è il peso della robinia, presente come specie dominante nelle Formazioni antropogene (Robinieti),e nelle Neoformazioni ed in modo codominante o subordinato nei Querco-carpineti e parzialmente nei Castagneti, specie strettamente correlata al determinismo antropico, capace nella regione avanalpica, di insinuarsi nei popolamenti forestali autoctoni e di sostituirli e di ricolonizzare facilmente e velocemente le superfici agricole in abbandono.

245 VAS del PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Le superfici totali assolute e relative percentuali, associate alle diverse tipologie forestali, sono presentate nelle seguenti tabelle e grafici: Categoria Tipo forestale Sup ha % Querco-carpineto collinare di rovere e/o farnia 88,39 25,98% QC Carpineto con ostria 0,32 0,09% Querceto di roverella dei substrati carbonatici 1,83 0,54% QR Querceto di roverella dei substrati carbonatici var. con cerro 155,99 45,85% Querceto di rovere dei substrati carbonatici dei suoli mesici 19,69 5,79% CA Castagneto dei substrati carbonatici dei suoli mesici 22,15 6,51% OO Orno-ostrieto tipico 2,51 0,74% AL Alneto di ontano nero 2,09 0,62% Robinieto misto 27,12 7,97% FA Rimboschimento di conifere 12,90 3,79% Rimboschimento di latifoglie 0,67 0,20% NF Neoformazioni 6,57 1,93% Totale 340,23 100,00% Risulta evidente che nell’ambito delle tipologie forestali, il genere Quercus è decisamente rappresentato dalla specie pubescens (roverella) accompagnata dalla specie cerris (cerro), seguita dalla specie petraea (rovere) e dalla specie robur (farnia); in buona sostanza il querceto di roverella dei substrati carbonatici var.con cerro la fa da padrone assoluto rappresentando da solo quasi il 46 % dei boschi di Scanzorosciate, anche se di sicuro e deciso significato è la presenza di un 26% circa di Querco-carpineti collinari di rovere e/o farnia. Discreta è la presenza del castagno, presente nell’ambito dei Castagneti dei substrati carbonatici dei suoli mesici (6,5%), così come la rovere, già presente nei Querco-carpineti e nei Querceti di roverella, presente in modo dominante nel Querceto di rovere dei substrati carbonatici dei suoli mesici (5,78%).

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Querco-carpineto collinare di rovere e/o farnia Il Querco-carpineto collinare di rovere e/o farnia, ampiamente diffuso nel territorio di Scanzorosciate, rappresentando circa il 26 % di tutti i boschi, è presente sia su substrati sciolti che su substrati carbonatici (marnoso-arenacei), su suoli mesici, nella regione avanalpica, nella parte basale delle piane intervallive e sui primi leggeri versanti, dove, generalmente prevale la farnia; man mano che si sale lungo i versanti, alla farnia si affianca la rovere, che, ancora più in alto tende a dominare e a mescolarsi con il castagno; è costante l’aliquota di carpino bianco, che non riesce mai a dominare, così come generalmente costante è l’intrusione della robinia, accompagnata talora dal platano; minoritari sono l’acero campestre, l’acero di monte, il pioppo tremolo, il ciliegio selvatico, il ciavardello, l’olmo, e l’ontano nero (in prossimità degli impluvi). Nel territorio di Scanzorosciate è presente in Serradesca ed in Valle di Gavarno, in forma di fustaie, non ordinariamente gestite, a tratti anche decisamente gradevoli per portamento strutturale e fisionomia, con presenza di soggetti arborei di deciso interesse (altezze superiori ai 30 m e diametri superiori ai 50-60 cm). Tale formazione, seppur intrusa dalla robinia, è dotata di pregio tipologico-vegetazionale, che può essere recuperato e/o ulteriormente valorizzato con specifici interventi colturali.

Foto n. 5: il querco-carpineto collinare di rovere e/o farnia.

247 VAS del PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Carpineto con ostria Il Carpineto con ostria è presente con unico nucleo di dimensioni assai ridotte (0,3 ettari) costituito pressochè in purezza da carpino bianco, nella zona delle Bocche di Gavarno, probabilmente da interpretare come irradiazione di carpini bianchi da ex-capanno da caccia.

Querceto di roverella dei substrati carbonatici var. con cerro Il Querceto di roverella dei substrati carbonatici var. con cerro è il tipo decisamente dominante nel panorama forestale del territorio di Scanzorosciate, rappresentando con i suoi 156 ettari circa il 46% circa di tutte le superfici forestali; occupa le porzioni più acclivi dei versanti esposti a solatio (versanti più caldi, termofili) dominati dal Monte Bastia e dal Costone di Gavarno. Nella composizione domina la roverella, sempre accompagnata da una buona aliquota di cerro (sempre copertura maggiore del 20%) e nelle aree morfologicamente più evolute anche da rovere; in subordine nel tipo sono anche presenti carpino nero e orniello; minoritari sono l’acero campestre, l’olmo, il bagolaro ed il sorbo montano; non manca infine la robinia che può partecipare al consorzio in particolare nei pressi delle strade o nelle zone di transizione verso altre tipologie forestali. La forma di governo è tendenzialmente a ceduo, generalmente matricinato. Tale formazione, è dotata di pregio tipologico-vegetazionale, la cui conservazione è favorita dal mantenimento di un ordinaria gestione selvicolturale.

Foto n. 6: il querceto di roverella con cerro.

Querceto di rovere dei substrati carbonatici dei suoli mesici Il Querceto di rovere dei substrati carbonatici dei suoli mesici è un tipo decisamente interessante, presente in nuclei decisamente ben rappresentati, di sicuro interesse forestale per fisionomia e caratteri strutturali e compositivi, su circa 20 ettari in particolare nell’alta valle di Gavarno, in località Pederzola-Foppa del Laghetto. E’ presente in forma di fustaie , nel complesso caratterizzate da generale situazione di disordine colturale, compositivamente dominate dalla rovere, non ordinariamente gestite, con tratti interessanti per portamento strutturale e fisionomia, con presenza di soggetti arborei di buon interesse (altezze prossime ai 30 m e diametri prossimi ai 50 cm) su substrati carbonatici (marnoso-arenacei), su suoli mesici, nella regione avanalpica, sui primi leggeri versanti; nello strato arboreo sono presenti come specie principali la rovere, spesso ibridata con la roverella, 248 VAS del PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale presente con bei soggetti da seme o polloni ben conformati cui si accompagnano il carpino bianco, l’orniello, il cerro ed il castagno; generalmente costante è l’intrusione della robinia; minoritari sono l’acero campestre, l’acero di monte,ilmfrassino maggiore, il ciliegio selvatico e l’olmo. Tale formazione, seppur intrusa dalla robinia, è dotata di pregio tipologico-vegetazionale, che può essere recuperato e/o ulteriormente valorizzato con specifici interventi colturali .

Foto n. 7: il querceto di rovere dei suoli mesici.

Castagneti dei substrati carbonatici dei suoli mesici Il Castagneto dei substrati carbonatici dei suoli mesici è presente complessivamente su circa 22 ettari, prevalentemente in particolare nell’alta valle di Gavarno, in località Foppa del Laghetto, su versante fresco con suoli forestali profondi e mesici, caratterizzati da favorevoli condizioni edafiche, potenze elevate e notevole presenza di nutrienti, dunque in genere su suoli derivanti da substrati carbonatici di tipo arenaceo-marnoso. Compositivamente non puro, nello strato arboreo il castagno è accompagnato da rovere, carpino bianco, frassino maggiore ed è intruso da robinia, da betulla, e dalla presenza di coniferatura di certa origine artificiale a pino strobo; pur tuttavia in alcuni tratti prevale nettamente il castagno, che può formare soprassuoli praticamente monospecifici. Tali boschi sono prevalentemente caratterizzabili come cedui invecchiati passanti a forme in conversione, con tratti in avviamento a fustaia transitoria, quindi caratterizzati da un disordine colturale accentuato per quanto riguarda la forma di governo.

Foto n. 8: il castagneto dei suoli mesici.

249 VAS del PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Orno-ostrieto tipico Orno-ostrieto tipico: cenosi forestale tipicamente esalpica, a netta prevalenza di carpino nero e orniello, con la roverella che partecipa in particolare nelle esposizioni più calde e comunque sempre con coperture limitate. Le altre specie che si possono trovare, talvolta con discrete aliquote, sono il sorbo montano, il maggiociondolo, l’acero campestre, il nocciolo; nel consorzio possono subentrare saltuariamente altre specie, in particolare nelle zone di tensione e di passaggio verso altre tipologie forestali. Questa tipologia è scarsamente rappresentata nell’ambito del territorio avanalpico del Comune di Scanzorosciate, ma del resto si tratta della tipologia più diffusa sui magri substrati di origine carbonatica massiccia molto presenti nella regione forestale esalpica che non nella avanalpica. In particolare occupa alcune striscie residuali sul versante boscato, con esposizione prevalente sud, dominato dal Querceto di roverella dei substrati carbonatici var. con cerro a monte di Scanzo e Rosciate, ed alcune aree verso Gavarno Vescovado.

Alneto di ontano nero di impluvio Formazione a netta prevalenza di ontano nero, presente nell’area planiziale in Serradesca, su suoli mesoidrici, ecologicamente molto interessante, generalmente in contatto con i corsi d’acqua nel basso versante. L’ontano nero è accompagnato da frassino maggiore, farnia, olmo, ed è intruso da platano e robinia nelle aree più degradate dal punto di vista compositivo. Tale formazione, seppur a tratti intrusa dalla robinia, è dotata di pregio tipologico-vegetazionale, la cui conservazione è favorita dal mantenimento di un ordinaria gestione selvicolturale.

Foto n. 9: l’alneto di ontano nero di impluvio.

Robinieto misto Il Robinieto misto è diffuso pressoché ovunque sul territorio di Scanzorosciate, su complessivi 27 ha circa, rappresentando con l’8%, il terzo tipo per interesse di tutte le superfici forestali; generalmente lo si trova sempre ai margini e limitrofo ad altre formazioni forestali, in aree in cui ha potuto ricolonizzare soprattutto superfici ex agricole.

La robinia è una specie fortemente competitiva che nelle regioni esalpica e avanalpica riesce velocemente a entrare in numerosi cenosi forestali ed in particolare, in seguito a reiterati tagli, può divenire la specie dominante e formare soprassuoli quasi puri. L’alta competitività della robinia 250 VAS del PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale deriva dall’elevato tasso di germinazione dei semi e dall’elevata vigoria dei polloni: favorita da queste caratteristiche la robinia si diffonde facilmente fino a impoverire notevolmente la variabilità forestale di determinati ambiti boscati. Nel Comune di Scanzorosciate la diffusione della robinia ha interessato molte zone, in particolare i boschi limitrofi alla aree agricole o alle strade e dunque più frequentemente soggetti a ceduazione. Le specie che accompagnano la robinia sono quelle che dominavano queste cenosi prima della massiccia diffusione della leguminose: in particolare il castagno e le querce.

Foto n. 10: la robinia si è diffusa notevolmente ai margini delle aree agricole sostituendo molte altre specie in virtù delle elevate capacità competitive, che si manifestano in particolare a seguito di reiterati tagli;

Rimboschimento di conifere I rimboschimenti di conifere, frutto della politica del CFS di decenni fà, sono diffusi su circa 13 ha, pressoché interamente nella valle di Gavarno, caratterizzati dalla forte dominanza di pino strobo; sono soprassuoli ecologicamente e paesaggisticamente incoerenti, totalmente avulsi dal paesaggio forestale avanalpico. L’unico nucleo presente in ambito urbano (ex vivaio) è caratterizzato per lo più da abete rosso (Picea abies) in precarie condizioni fitosanitarie (soggetti deperenti…) per circa 5938 mq.

Foto n. 11: i rimboschimenti di conifere a Pinus strobus, avulsi dal paesaggio forestale avanalpico 251 VAS del PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Rimboschimento di latifoglie Formazione assai marginale, minoritaria, legata a interventi artificiali atti a mascherare la “rilevante” area industriale di Scanzo; caratterizzata da composizione varia ed incoerente dal punto di vista ecologico-forestale.

Foto n. 12: formazioni antropogene di latifoglie di scarso valore ecologico-forestale.

Neoformazioni In questa categoria sono ricomprese quelle superfici gestite nel passato come prati o vigneti, ma che attualmente sono abbandonate e caratterizzate dalla presenza diffusa di ricolonizzazione forestale e in taluni casi anche dalla mista suffruticosa (rovi), arbustiva ed arborea; queste superfici si collocano principalmente quindi ai bordi dei prati e sono finitime ad aree forestali. Il grado di copertura forestale è legato alla capacità delle diverse specie forestali di insediarsi più o meno velocemente in tali superfici, ma anche al periodo di abbandono gestionale; infatti, laddove non sono eseguiti i tagli da alcuni anni, la ricolonizzazione è più abbondante, mentre dove l’abbandono è più recente la copertura forestale può essere ancora ridotta perché determinata da piccole piantine e/o da rinnovazione in fase di affermazione.

252 VAS del PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

13.5 Valenze forestali

13.5.1 Premessa e note metodologiche I rilievi forestali condotti hanno consentito di individuare, riconoscere e determinare le diverse tipologie forestali presenti nel territorio del comune di Scanzorosciate, rappresentate in cartografia nella Tavola delle Tipologie Forestali, da cui attraverso interpolazioni si è derivata la Tavola delle Valenze Forestali, caratterizzando le diverse aree forestali secondo gradi diversi di valenza forestale, per evidenziare i soprassuoli forestali dotati di maggior pregio e quelli, al contrario, privi o poveri di caratteristiche forestali peculiari.

La definizione di valenza forestale di un soprassuolo tiene conto di alcune caratteristiche intrinseche, che sono state valutate durante le fasi di rilievo, in particolare:

• Composizione specifica: la presenza di specie ecologicamente coerenti con il territorio oggetto di analisi contribuisce ad elevare la valenza forestale di un soprassuolo, mentre al contrario la presenza di specie forestali introdotte dall’uomo, o comunque legate a gestioni antropiche che modificano l’originale composizione di un bosco, diminuiscono la valenza forestale di un’area boscata; contribuisce inoltre ad elevare la valenza di un’area forestale la presenza di specie “pregiate” e comunque poco diffuse sul territorio, sia quello specifico di Scanzorosciate che quello molto più ampio della regione Lombardia. • Struttura: la valenza forestale di un soprassuolo è legata anche a parametri strutturali e dendrometrici (provvigione, altezza media, densità, distribuzione verticale, tessitura…) che unitamente al tipo di forma di governo (ceduo o fustaia) concorrono ad elevare il valore di un popolamento arboreo; in questo senso una fustaia adulta con soggetti di notevoli dimensioni è caratterizzata da elevata valenza forestale, diversamente da un ceduo.

La valenza forestale di un soprassuolo è quindi strettamente connessa a parametri esclusivamente “forestali”: per definire la valenza di un bosco sono state escluse nel presente lavoro ulteriori considerazioni di carattere ecologico, pedologico, faunistico, che avrebbero richiesto approfondite e specifiche analisi, non necessarie nell’ambito di questo studio.

Secondo le suddette caratteristiche la valenza forestale è stata definita secondo una serie decrescente di valori, in particolare:

• Elevata: la valenza forestale è elevata per i soprassuoli in piena sintonia climacica con il territorio, soprassuoli che non presentano modifiche compositive o strutturali determinate dall’uomo e sono quindi da considerarsi come il massimo grado di naturalità forestale per un determinato ambito territoriale; la particolare composizione specifica di queste cenosi è rara, e così pure i parametri strutturali testimoniano l’elevato valore; in questi soprassuoli forestali l’intervento umano è nullo. A titolo esemplificativo è possibile ricondurre a questo grado di valenza forestale le foreste vergini. • Buona: la valenza forestale è buona per i popolamenti forestali in buona sintonia climacica con il territorio, soprassuoli che pur presentando lievi modifiche compositive o strutturali, determinate dall’uomo, sono da considerarsi caratterizzate da un buon grado di naturalità forestale per un determinato ambito territoriale, soprassuoli in cui sono generalmente presenti specie poco diffuse e dunque pregiate e dunque sono individuabili e definibili “tipi” relativamente rari o comunque poco diffusi e dove i parametri strutturali del soprassuolo conferiscono una fisionomia “naturaliforme” (es. fustaie).

253 VAS del PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

• Discreta: la valenza forestale di un popolamento arboreo è discreta laddove sono presenti in netta maggioranza le specie tipiche di quel determinato ambito territoriale e compaiono solo in modo subordinato le specie estranee e avulse dal territorio; i parametri strutturali perdono però la fisionomia “naturaliforme” ed assumono una fisionomia più marcatamente determinata in senso antropico (es. cedui). • Sufficiente: la valenza forestale di un soprassuolo è sufficiente quando la composizione specifica testimonia fenomeni di determinismo antropico, che ha favorito, anche mediante pratiche gestionali scorrette, specie estranee al territorio che iniziano a diffondersi e a dominare ed i parametri strutturali testimoniano altrettanto fenomeni di pratiche gestionali selvicolturali scorrette, determinando la non riconoscibilità delle tradizionali forme di governo. • Insufficiente: la valenza forestale di un soprassuolo è insufficiente quando la composizione specifica denota un forte determinismo antropico, che ha favorito, anche mediante pratiche gestionali scorrette, specie estranee al territorio che hanno quasi totalmente sostituito le specie presenti in origine e conseguentemente risultano fortemente alterati anche i parametri strutturali. • Scarsa: la valenza forestale di un soprassuolo è scarsa nei casi in cui sono presenti pressoché esclusivamente specie introdotte dall’uomo mediante interventi di rimboschimento, in particolare con specie totalmente avulse dal territorio.

13.5.2 Valenze forestali - descrizione I boschi presenti sul territorio del comune di Scanzorosciate sono dunque stati classificati secondo la suddetta scala di valori della valenza forestale e quindi si è prodotta la Tav. 2 Carta delle valenze forestali.

Le descrizione delle diverse valenze forestali rilevate e definite, ripartite per le superfici e relative percentuali, nell’ambito relativo dell’uso del suolo a bosco ( ambito forestale), con particolare attenzione alle zone di diffusione, sono esplicitate nella seguente tabella e nel seguente grafico:

Valenza Sup ha % Valenza scarsa 14,68 4,31% Valenza insufficiente 20,20 5,94% Valenza sufficiente 14,59 4,29% Valenza discreta 196,74 57,83% Valenza buona 94,02 27,63% Valenza elevata 0,00 0,00% totale 340,23 100,00%

254 VAS del PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

A nessun bosco è stato dunque assegnato il massimo grado di valenza forestale (valenza elevata), dal momento che in nessun caso sono state rilevate le caratteristiche sopra descritte: non sono presenti sul territorio del comune di Scanzorosciate, formazioni forestali mai interessate dall’intervento antropico e dunque in condizioni di assoluta e originaria naturalità compositiva e strutturale. In generale si rileva subito una forte dominanza della valenza discreta (circa iI 58%, per circa 197 ha di superficie) seguita dalla valenza buona (circa iI 28%, per circa 94 ha di superficie), il tutto a definire per il territorio di Scanzorosciate una decisa preponderanza di soprassuoli forestali (circa l’85,5% di tutti i boschi, per circa 290 ha) caratterizzabili nelle classi di valenza di “forte interesse forestale” cioè caratterizzabili da peculiari pregi forestali. Il resto dei boschi (circa il 14,5 %, per circa 50 ha) è invece caratterizzabile nelle classi di valenza di “minore interesse forestale” cioè non caratterizzabili da peculiari pregi forestali. Nel dettaglio con riferimento alle categorie forestali, si evidenziano i diversi contributi delle varie categorie forestali a determinare le valenze:

Valenza Categoria Superficie % FA 13,57 3,99% Scarsa NF 1,11 0,33% 1 Totale 14,68 4,31% FA 14,74 4,33% Insufficiente NF 5,47 1,61% 2 Totale 20,20 5,94% FA 12,38 3,64% Sufficiente OO 0,38 0,11% QR 1,83 0,54% 3 Totale 14,59 4,29% CA 22,15 6,51% OO 2,13 0,63% Discreta QC 14,12 4,15% QR 158,35 46,54% 4 Totale 196,74 57,83% AL 2,09 0,62% Buona QC 74,59 21,92% QR 17,34 5,10% 5 Totale 94,02 27,63%

totale 340,23 100,00% Risulta evidente il ruolo giocato dal genere Quercus, nel determinare il paesaggio forestale e le relative valenze forestali nel territorio del Comune di Scanzorosciate: infatti, nell’ambito dei soprassuoli forestali caratterizzabili nelle classi di valenza di “forte interesse forestale”, cioè caratterizzabili da peculiari pregi forestali (circa l’85,5% di tutti i boschi, per circa 290 ha), la “parte del leone” è “recitata” dai Querco-carpineti e dai Querceti, in cui dominano farnia (Quercus robur), rovere (Quercus petraea), roverella (Quercus pubescens) e cerro (Quercus cerris), che con i loro circa 265 ha di superficie rappresentano circa il 91% di tali soprassuoli; minoritario, ma di sicuro interesse è il contributo dei Castagneti, 22 ha circa di superficie, pari all’8% di tali soprassuoli; il restante 1% è determinato da Alneti e Orno-ostrieti. In generale, come ampiamente detto, la valenza è legata soprattutto alle caratteristiche compositivo-strutturali nonché paesaggistiche del soprassuolo; nel caso dei Querceti e dei Querco-carpineti di Scanzorosciate, risultano determinanti la presenza della farnia, della rovere del cerro e della roverella, con aliquote di presenza, atte a garantire la costituzione dell’ossatura principale dei boschi, tanto da determinarne l’attribuzione tipologica alle categorie predette; in tal caso, i Querceti e i Querco-carpineti di Scanzorosciate sono da considerarsi boschi 255 VAS del PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale tendenzialmente pregiati, nonostante la composizione specifica sia altamente “disturbata” dalla presenza della robinia, in quanto boschi “relativamente rari” nel paesaggio forestale lombardo e generalmente ridotti in piccoli lembi. In generale dunque prevale la presenza di boschi caratterizzati da buona o discreta valenza forestale: le categorie tipologico-forestali presenti prevalentemente a Scanzorosciate non sono molto diffuse nel territorio lombardo e sono intimamente connesse alla regione avanalpica. Altrettanto risulta evidente il ruolo giocato dalla specie Robinia pseudoacacia, nel determinare il paesaggio forestale e le relative valenze forestali nel resto dei boschi (circa il 14,5 % di tutti i boschi, per circa 50 ha) caratterizzabili nelle classi di valenza di “minore interesse forestale” cioè non caratterizzati da peculiari pregi forestali: infatti nell’ambito di tali soprassuoli forestali, la dominanza è ascrivibile alla categoria dei Robinieti, che con i loro circa 27 ha di superficie rappresentano circa il 54% di tali soprassuoli; minoritario, ma di sicuro interesse è il contributo dei Rimboschimenti di conifere, prevalenza di Pinus strobus, circa 13 ha circa di superficie, pari al26% di tali soprassuoli; il restante 20% è determinato in prevalenza da Neoformazioni, cioè ricolonizzazioni relativamente recenti, comunque a dominanza di robinia. Dunque la presenza di boschi caratterizzati da insufficiente ed insufficiente valenza forestale è determinata in netta prevalenza dalla partecipazione alle cenosi forestali della robinia, specie che in molti casi sta impoverendo i soprassuoli per le elevate capacità competitive e che si è diffusa in particolare alle quote più basse, sviluppandosi in molti casi nella prima fascia boscata a ridosso delle zone urbane salendo verso i versanti boscati, con specifica e forte capacità intrusiva anche nelle aree recentemente sottoposte ad utilizzazioni forestali (tagli): in tali aree la robinia “irrompe” e grazie alle caratteristiche di frugalità e competitività crea forti problemi alla rinnovazione delle specie autoctone, tendendo a sostituirle.

256 VAS del PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

Nel dettaglio con riferimento ai singoli tipi forestali, si evidenziano i diversi contributi delle varie tipologie forestali a determinare le valenze:

Tipo Valenza Superficie % 4 13,80 4,06% Querco-carpineto collinare di rovere e/o farnia 5 74,59 21,92% Totale 88,39 25,98% Carpineto con ostria 4 0,32 0,09% Totale 0,32 0,09% Querceto di roverella dei substrati carbonatici 3 1,83 0,54% Totale 1,83 0,54% Querceto di roverella dei substrati carbonatici var. con cerro 4 155,99 45,85% Totale 155,99 45,85% 4 2,36 0,69% Querceto di rovere dei substrati carbonatici dei suoli mesici 5 17,34 5,10% Totale 19,69 5,79% Castagneto dei substrati carbonatci dei suoli mesici 4 22,15 6,51% Totale 22,15 6,51% 3 0,38 0,11% Orno-ostrieto tipico 4 2,13 0,63% Totale 2,51 0,74% Alneto di ontano nero 5 2,09 0,62% Totale 2,09 0,62% 2 14,74 4,33% Robinieto misto 3 12,38 3,64% Totale 27,12 7,97% Rimboschimento di conifere 1 12,90 3,79% Totale 12,90 3,79% Rimboschimento di latifoglie 1 0,67 0,20% Totale 0,67 0,20% 1 1,11 0,33% Neoformazioni 2 5,47 1,61% Totale 6,57 1,93% totale 340,23 100,00%

Le aree caratterizzate da buona valenza forestale sono presenti in una buona aliquota percentuale, pari al 27,63% dell’ambito forestale per circa 94 ha di superficie e sono ascrivibili al Querco- carpineto collinare di rovere e/o farnia (in prevalenza a Serradesca, alcune aree a Gavarno e poi piccoli lembi a Montecchio e presso Gavarno) al Querceto di rovere dei substrati carbonatici dei suoli mesici (Pederzola- Foppa del Laghetto) e all’Alneto di ontano nero (Serradesca). Le aree caratterizzate da discreta valenza forestale rappresentano la classe di valenza più rappresentata, circa iI 58% di tutti i boschi, per circa 197 ha di superficie e sono ascrivibili in forte prevalenza al Querceto di roverella dei substrati carbonatici var. con cerro (in prevalenza versante Monte Bastia, versante Costone di Gavarno e in modo più contenuto a Montecchio) Serradesca, alcune aree a Foppa del Laghetto e Gavarno e poi piccoli lembi a Montecchio e presso Gavarno) ed in modo minoriatrio al Castagneto dei substrati carbonatici dei suoli mesici (Foppa del Laghetto) ed al Querco-carpineto collinare di rovere e/o farnia (valle del Gavarno); decisamente minoritari sono il Carpineto con ostria e l’Orno-ostrieto tipico. Le aree caratterizzate da sufficiente valenza forestale (4,29% per circa 14,59 ha) sono ascrivibili in forte prevalenza al Robinieto misto (in prevalenza aree caratterizzate comunque dalla presenza, seppur minoritaria, di specie pregiate nel piano dominante, limitrofe a tipi forestali di pregio). Le aree caratterizzate da insufficiente valenza forestale (5,94% per circa 20,20 ha) sono sempre ascrivibili in forte prevalenza al Robinieto misto (in prevalenza aree non più caratterizzate dalla

257 VAS del PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale presenza, seppur minoritaria, di specie pregiate nel piano dominante) in accompagnamento alle Neoformazioni (zone di ricolonizzazione recente, a prevalenza di robinia. Le aree caratterizzate da scarsa valenza forestale (4,31% per circa 14,68 ha) sono ascrivibili in netta prevalenza ai Rimboschimenti di conifere, caratterizzati generalmente dalla forte dominanza del pino strobo e dalla sostanziale estraneità delle specie presenti rispetto al paesaggio forestale locale.

258 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

14. Analisi del verde pubblico

14.1 Premessa Un censimento numerico e quali-quantitativo del soprassuolo arboreo ed arbustivo nelle aree a verde pubblico comunale esula dal presente incarico. E’ invece previsto un contributo agronomico alla stesura del Piano dei Servizi, finalizzato, in sinergia con il Piano delle Regole e il Documento di Piano, al miglioramento del paesaggio, in riferimento al sistema delle aree verdi e degli spazi aperti di pubblica fruizione. A tale scopo, oltre che per coadiuvare il personale tecnico comunale incaricato della gestione e manutenzione del verde pubblico, è stata realizzata una planimetria generale delle aree a verde pubblico, che sono state numerate e misurate (v. Tabella seguente). Per ogni area è stata inoltre realizzata una scheda descrittiva ed una documentazione fotografica. Gli elaborati relativi all’analisi del verde pubblico sono: • Planimetria generale delle aree verdi con evidenziazione delle superfici erbose • Tabella riepilogativa delle superfici a verde suddivise per categoria • Osservazioni in merito alle singole aree verdi: schede descrittive delle singole aree verdi con evidenziazione dei problemi riscontrati e delle strategie di miglioramento; tali schede sono pensate anche come strumento di lavoro per i tecnici comunali e per la ditta appaltatrice del servizio di manutenzione del verde: per ogni area gli incaricati della manutenzione possono annotare le osservazioni condotte durante il loro lavoro quotidiano, realizzando così una sorta di cronologia degli interventi che riguardano il verde pubblico comunale, facilitandone la programmazione • CD con la documentazione fotografica relativa alle principali problematiche riscontrate • La presente relazione, che riporta anche alcune indicazioni in merito alle funzioni ecologiche e sociali del verde pubblico ed alle principali strategie di miglioramento

259 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

14.2 Descrizione e analisi del verde pubblico: elenco aree

COMUNE DI SCANZOROSCIATE INVENTARIO DEGLI SPAZI PUBBLICI A VERDE

SUPERFICI EXTRA AREA (superfici inerbite) SUPERFICI IN APPALTO n° APPALTO categoria 1 2 3 4 5 6 verde verde aree incolti o aree altro centrale urbano marginali in attesa agricole (affidato a decentr. scarpate sistem. forestali terzi etc.) nuova numeraz 0 cappella Monte Bastia 1.263 1 aiuole via Manzoni 600 1 aiuole via Manzoni - bordi stradali 69 2 rotatoria via Manzoni - Cervi 231 2 rotatoria via Manzoni - Cervi-bordo stradale 55 3 giardini via Nenni 657 4 via Nenni 415 5 area via Nenni + parcheggio 3.056 5 area via Nenni + parcheggio: aiuole 164 6 via De Gasperi 474 7 via Cervi 975 8 giardini via Matteotti 531 9 via Guinizzelli 320 10 via Matteotti 74 11 parcheggio Acquaroli Pascoli 630 12 piazza della Pace - monumento 150 13 aiuole via Isonzo Europa aiuola 54 13 aiuole via Isonzo Europa - passaggio 110 14 parco Guido Galli (Parco del Sole) 6.350 15 aiuole via Moro Calvarola 455 16 aree verdi via Moro 3.641 17 bordi stradali via Moro 1.798 18 via Dalla Chiesa 1.452 19 area vie Dalla Chiesa Fermi 2.801 19 area vie Dalla Chiesa Fermi 91 20 via Fermi 2.252 21 area boschiva via Fermi (ex vivaio) 5.938 22 area verde via Gorizia 5.490 23 roggia via Gorizia 900 24 parcheggio via Trieste 752 24 parcheggio via Trieste 185 25 aiuola via Monte S. Michele 269 26 parco Centro Anziani 2.038 27 rotatoria aiuole Piazza Caslini 383 28 via Colleoni 0 29 municipio - poliambulatorio 1.449 29 municipio - poliambulatorio 11 30 scuole elementari - biblioteca 330 30 scuole elementari - biblioteca 1.624 31 giardini via degli orti 329 32 scuole medie 140 33 scuole medie 4.795 33 parco via degli orti 2.000 34 monumento ai Caduti 190

260 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

COMUNE DI SCANZOROSCIATE INVENTARIO DEGLI SPAZI PUBBLICI A VERDE

SUPERFICI EXTRA AREA (superfici inerbite) SUPERFICI IN APPALTO n° APPALTO categoria 1 2 3 4 5 6 verde verde aree incolti o aree altro centrale urbano marginali in attesa agricole (affidato a decentr. scarpate sistem. forestali terzi etc.) nuova numeraz 35 cimitero aree esterne 716 35 cimitero aree esterne 366 35 cimitero aree esterne 2.977 36 cimitero (interno) 1.008 37 parco Primavera 8.144 38 piazza mercato 213 38 piazza mercato 6.226 39 stazione ecologica 1.448 40 area deposito 1.532 41 centro sportivo area esterna 3.820 41 centro sportivo scarpate stradali 533 41 centro sportivo area esterna aiuole 88 42 sede alpini 983 43 aiuole Poste 74 44 centro sportivo (interno) 11.300 45 parcheggio via Cavagnis 583 46 aiuole via Montecchio 19 47 scuole elementari Rosciate 406 48 vie Merisio Montecchio Fiobbio 910 49 verde via Fiobbio 2.500 50 parco via Fiobbio 4.670 51 via IV novembre 2.500 52 palazzetto dello sport 2.365 53 aiuole via Ambrosoli 107 54 parcheggio via 73 55 area via Medolago 255 56 vie S.F.D'Assisi - Giassone 160 57 vie Tobagi - Bachelet 863 58 aiuole via G.Rossa 245 59 aiuole via Savoldi 950 60 area via Don Sonzogni 2.180 60 area via Don Sonzogni aiuole 160 61 parco M.Teresa di Calcutta 3.870 62 asilo e palestra v. Sonzogni 1.650 63 monumento Caduti Negrone 232 64 area v. Serio Adige 5.630 65 parcheggio e aiuole via Adige 566 66 parco "Bambini di Beslan" via Gavarnia 3.200 67 area via Monte Cervino 2.200 68 elementari Gavarno 2.131 69 giardini Monte Cervino Alben 2.370 70 Piazza Castello Gavarno 100 71 cimitero Gavarno esterno 190 72 cimitero Gavarno interno 70 73 centro sportivo via Misma - campo gioco 7.230

261 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

COMUNE DI SCANZOROSCIATE INVENTARIO DEGLI SPAZI PUBBLICI A VERDE

SUPERFICI EXTRA AREA (superfici inerbite) SUPERFICI IN APPALTO n° APPALTO categoria 1 2 3 4 5 6 verde verde aree incolti o aree altro centrale urbano marginali in attesa agricole (affidato a decentr. scarpate sistem. forestali terzi etc.) nuova numeraz 73 centro sportivo via Misma area verde 1.680 74 scarpate Gavarno 1.970 75 aiuole chiesa tribulina 300 76 cimitero Tribulina esterno 600 77 cimitero Tribulina interno 120 X Parco della Fola (indicativo) 12.000

TOT. 88.336 28.033 1.922 5.938 12.000 23.714

• Totale dotazione verde pubblico: 159.973 mq • Aree in gestione al Comune o in appalto: 118.321 mq • Aree extra appalto: 41.653 mq • Aree agricole o forestali: 12.000 mq (superficie ipotetica) (*) • Aree in attesa di sistemazione o incolte: 5.938 mq (**) • Tot aree verdi a gestione comunale (escl. Aree agricolo forestali): 124.259 mq • Tot aree verdi a gestione comunale (comprese Aree agricolo forestali): 147.973 mq • Aree che presumibilmente passeranno in manutenzione (***): 3.350 mq

NOTE:

(*) area forestale di proprietà comunale, denominata “Parco delle Fola”. Posizione ed estensione sono approssimativi. Dato fornito da ufficio tecnico. Area riportata in planimetria ma non numerata. (**) superficie corrispondente all’ area boschiva di via Fermi (ex vivaio); nelle aree in attesa di sistemazione andrebbe aggiunta l’area n° 67, già censita come area di verde urbano decentrato in quanto di prossima sistemazione. (***) aree in fase di realizzazione non censite. (PL di Carducci; PL di via Adelasio) Sono riportate le superfici indicative dove stimabili

Per il parco della Fola, in assenza di indicazioni più precise, collocazione e superficie sono indicative.

262 VAS per PGT Scanzorosciate Rapporto Ambientale

14.3 Descrizione e analisi sommaria del verde pubblico

• Popolazione al 28/02/08 = 9.3881 • Famiglie al 28/02/08 = 3.597 • superficie totale delle aree verdi di proprietà comunale censita nel presente studio = 159.973 mq. • superficie totale delle aree verdi di proprietà comunale censita nel presente studio = 147.973 mq. (escluso Paco della Fola che si connota come verde forestale) • rapporto superficie aree verdi censite di proprietà comunale / abitanti = circa mq. 17,04 • rapporto superficie aree verdi censite (escluso Parco della Fola) di proprietà comunale / abitanti = circa mq. 15,76 • rapporto superficie aree verdi censite di proprietà comunale / n° famiglie= circa mq 44,47 • rapporto superficie aree verdi censite (escluso Parco della Fola) di proprietà comunale / n° famiglie= circa mq 41,13

N.B.: ai fini del presente studio i dati di superficie sono riferiti alle sole superfici erbose soggette a sfalcio periodico, come indicate dall'Ufficio Tecnico Comunale e come desunte da aerofotogrammetrico; non sono quindi comprese le superfici pavimentate ne' le aree arbustate di maggiori dimensioni dove non cresce l'erba (dove desumibili). Va inoltre tenuto presente che il verde censito è comprensivo di aiuole stradali, aree incolte ed aree non ancora sistemate a verde; infine, il dato relativo alle aree in previsione o non completate (circa 9.288 mq)2 è provvisorio (attualmente il dato relativo alla definitiva perimetrazioni di alcune aree è mancante). Il dato della sola superficie totale indica in linea di massima buone potenzialità, ad es. qualora le aree incolte o di previsione o non ancora completate venissero sistemate e venissero potenziati i corridoi ecologici e le connessioni (non censite) tra aree verdi, soprattutto in ambito urbano, ma non può essere ritenuto esaustivo. Infatti il ruolo delle aree verdi all’interno del tessuto urbano va infatti valutato anche in funzione di molteplici variabili correlate, che concorrono a definire la qualità della vita in un centro urbano (stato sanitario ed efficienza fotosintetica degli alberi, continuità e livelli di connessione tra gli spazi verdi, fruibilità degli spazi verdi, modificazione dei parametri ambientali nell’ambiente costruito, rispondenza alle esigenze delle diverse fasce di età, etc). La qualità delle aree verdi urbane non deve inoltre prescindere dalla qualità del progetto di impianto e dal suo “senso” urbanistico. Di seguito verranno analizzati alcuni aspetti qualitativi del verde comunale, soprattutto dal punto di vista agronomico – gestionale; successivamente verranno delineate le principali funzioni svolte dal verde pubblico, mentre nei paragrafi conclusivi verranno formulate osservazioni riassuntive sulla qualità delle aree verdi di Scanzorosciate, soprattutto ai fine della valutazione dei servizi forniti dal verde pubblico, indicando alcune strategie di miglioramento possibili.

14.3.1 Caratteristiche del soprassuolo arboreo e arbustivo. Il censimento puntuale del patrimonio arboreo/arbustivo delle aree a verde pubblico esula dal presente incarico. Tuttavia l’indagine intrapresa permette una sommaria valutazione quanti/qualitativa dello stesso. Consistenza

1 Dati forniti dall’ ufficio anagrafico del comune di Scanzorosciate 2 Somma tra le aree in attesa di sistemazione o incolte(5.938 mq) e le aree la cui manutenzione passerà in futuro a carico del Comune (circa 3.350 mq).

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Relativamente alla consistenza numerica del patrimonio arboreo, si sono osservate diverse aree potenzialmente alberabili, che si presentano attualmente povere di esemplari o addirittura spoglie. Ad esempio l’area n° 1 e n° 5 in via Manzoni; l’area n° 22 in via Gorizia; l’area n° 24 in via Trieste, l’area n° 35 in prossimità dell’area cimiteriale di Scanzorosciate, l’area n° 38 in prossimità del piazzale del mercato e la n° 41 vicina al centro sportivo, l’area n° 33 in via degli orti, l’area n°64 in prossimità delle vie Serio ed Adige (v. documentazione fotografica e osservazioni in merito alle singole aree verdi). Anche il soprassuolo arbustivo è in linea di massima quantitativamente scarso. Il patrimonio arboreo ed arbustivo delle aree a verde pubblico può quindi essere potenziato, adeguando la scelta della specie e del portamento degli esemplari al raggiungimento di obiettivi specifici (ad es. per il mascheramento di edifici o di visuali di impatto paesaggistico negativo si utilizzeranno quinte arboree con esemplari di 1°-2° grandezza, qualora lo spazio a disposizione lo consenta, mentre per la sistemazione di superfici in scarpata o di piccole superfici erbose si potrà valutare l’impiego di arbusti coprisuolo caratterizzati da basse esigenze di manutenzione). Anche le aiuole spartitraffico e le scarpate in prossimità delle carreggiate possono, in alcuni casi, essere riqualificate incrementandone la dotazione arborea ed arbustiva; si raggiungerebbe così il duplice obiettivo di migliorare la resa estetica ed ecologica della zona e di diminuire gli oneri di manutenzione evitandone o limitandone gli sfalci3. Per quanto riguarda le siepi, quelle di maggiore sviluppo si trovano in corrispondenza degli impianti sportivi e lungo il perimetro di alcuni parchi pubblici; ad esempio presso il centro sportivo di via Misma (area n° 73) e l’area del parco Giudo Galli (area n° 14). La loro utilità, a fronte dei costi di gestione, andrebbe valutata attentamente, anche confrontando il loro impiego con altre tipologie di quinte vegetali, come le bordure fiorite o (in presenza di ampi spazi) i filari alberati, che richiedono minore manutenzione.

Età Un adeguata mescolanza tra alberi giovani, maturi e vetusti è fondamentale per mantenere la copertura vegetale relativamente costante nel tempo. Per garantire la sostenibilità, i programmi di nuove piantagioni devono procedere di pari passo con la sostituzione degli alberi senescenti e morti. Un censimento degli alberi ed il periodico monitoraggio delle condizioni fitosanitarie rendono più semplice l’utilizzo di questo indicatore. Un ulteriore miglioramento della strategia potrebbe consistere: a) nell’includere il verde privato nei programmi di monitoraggio, b) nell’adozione di sistemi cartografici informatizzati (G.I.S.). In linea di massima, non esistendo parchi pubblici storici e poiché le aree verdi pubbliche sono tutte di impianto relativamente recente, l’età media del soprassuolo è piuttosto giovane.

14.3.2 Composizione specifica del soprassuolo arboreo - arbustivo. La presenza di numerose specie è un elemento importante per le strategie di sopravvivenza a lungo termine della foresta urbana. Le diffusioni di parassiti specifici e l’occasionale verificarsi di eventi atmosferici eccezionali hanno dimostrato l’assurdità di dipendere da poche o addirittura da una sola specie vegetale. Recenti studi (Galvin, 1999) hanno dimostrato che, benché i più gravi problemi sanitari e di gestione siano specifici di certe famiglie, generi o specie di alberi, la chiave della sostenibilità della foresta urbana non sta tanto nella selezione di singole cultivar con particolari caratteristiche, bensì nell’ottenere un sufficiente grado di diversità biologica nelle popolazioni arboree, al fine di minimizzare i problemi (soprattutto la diffusione di parassiti e patogeni) e conseguentemente i costi di gestione. La cosiddetta “formula 10-20-30” stabilisce che per minimizzare infestazioni di patogeni o parassiti specifici la “foresta urbana” dovrebbe essere costituita da non più del 10% di ogni singola specie, non più del 20% di ogni singolo genere e non oltre il 30% per ogni singola famiglia.

3 In merito la letteratura tecnica consiglia una gestione delle verde stradale che contempla l’utilizzo di specie arboree ed arbustive contemporaneamente. Gli elementi arborei, spiccando sullo sfondo, permettono una maggiore percezione del pericolo o dell’ostacolo, gli elementi arbustivi possono contribuire alla realizzazione di schermi (ad es. contro l’abbagliamento), ed attutiscono o rallentano i fortuiti impatti tra i veicoli e le aiuole.

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Un altro fattore di miglioramento della sostenibilità della foresta urbana è costituito dalla preservazione, dove possibile, della vegetazione autoctona. Gli alberi autoctoni ospitano la fauna selvatica e sono i meglio adattati alle condizioni fitoclimatiche locali; per tale motivo richiedono solitamente minori interventi di manutenzione. La scarsità di specie autoctone, a causa dell’utilizzo di specie esotiche, può influire negativamente sulla funzionalità ecologica del verde urbano, limitandone (anche se non la elimina del tutto) la funzione di connessione e di “corridoio ecologico” tra le aree seminaturali esterne e il territorio urbanizzato. Va inoltre sottolineato che l’eccessivo impiego di flora esotica contribuisce alla perdita di “identità dei luoghi” così massicciamente provocata dall’uniformazione degli elementi architettonici e degli interventi edili che, ormai, hanno reso indistinguibili zone abitate situate addirittura in regioni diverse. La piantagione di specie esotiche, specialmente se invadenti, può infine diminuire la capacità delle specie autoctone di rinnovarsi negli spazi aperti naturali e seminaturali. Le specie invadenti (Ailanto, Robinia, etc.) possono addirittura richiedere programmi di lotta attivi. Allo stato attuale possiamo ritenere che l’aspetto della biodiversità possa essere migliorato attraverso un maggiore impiego di specie diverse, con particolare riguardo alle Angiosperme autoctone. In diversi casi (v. documentazione fotografica) le aree verdi sono caratterizzate dall’impiego di specie inadatte e/o estranee all’ambiente ed al paesaggio locali. La scelta delle specie da utilizzare per le prossime realizzazioni di aree verdi dovrà essere parte di una progettazione specifica, in funzione dello spazio a disposizione (anche per le radici), dei caratteri stazionali e degli obiettivi da raggiungere.

14.3.3 Aspetti qualitativi. Criticità e alcuni suggerimenti di intervento Il quadro della situazione evidenzia, nel complesso, alcuni problemi. Le criticità evidenziabili sono legate soprattutto a: 1. “Conflittualità” tra gli esemplari arborei, pavimentazioni e servizi tecnologici, in particolare per quanto riguarda le alberate stradali 2. Scarsa qualità degli interventi tecnici di manutenzione (potature in particolare) 3. frequente utilizzo di specie arboree inadatte al contesto e/o al paesaggio (specie esotiche e sempreverdi in particolare; specie a grande sviluppo in spazi ridotti) 4. scarsa presenza della componente arbustiva, soprattutto per quanto riguarda colori e profumi Conflittualità tra gli esemplari arborei e l’urbanizzato Numerose sono le aree nella quale si rendono evidenti i “conflitti” tra gli esemplari arborei e le pavimentazioni, gli arredi e gli impianti (in particolar modo quelli di illuminazione): Tali inconvenienti si notano in particolare lungo le alberate stradali, ad es. lungo via Nenni (area n° 4), via De Gasperi (area n° 6), via Cervi (area n°7), aree esterne del Cimitero (area n°35), dove la pavimentazione appare sconnessa in seguito all’azione di spinta delle radici degli alberi e gli alberi mostrano sintomi di sofferenza a causa del sito di impianto inadeguato (v. documentazione fotografica). Tale“conflittualità” è la diretta risposta della pianta ad una limitazione dei suoi spazi vitali, in particolare per quanto riguarda lo sviluppo delle radici, e può essere aggravata da errori come la piantagione eccessivamente profonda. Gli alberi possono entrare in conflitto anche con gli impianti di illuminazione, limitandone l’efficacia, o con servizi tecnologici aerei ed interrati, nei confronti dei quali possono provocare danni ed a loro volta subirne. Conflitti con gli impianti di illuminazione sono evidenti, ad esempio, lungo le alberate di via Nenni (area n° 4), via De Gasperi (area n° 6), via Cervi (area n°7 di via Matteotti (area n° 10) di via Tobagi e via Bachelet (area n°57). Tali situazioni comportano in genere: 9 aggravio degli oneri di manutenzione: necessità di potature drastiche e di ripristino della pavimentazione e/o di rifacimento di altri impianti danneggiati.

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9 Diminuzione dell’aspettativa di vita degli alberi e loro sostituzione prima del completamento del naturale ciclo vitale 9 Diminuzione dell’efficacia e dell’efficienza complessiva della “foresta urbana” 9 Scarso rendimento economico degli investimenti sostenuti per il verde pubblico Nei casi sopraccitati sono inoltre state eseguite potature non corrette (v. documentazione fotografica), che non sono in grado di risolvere il problema (o talvolta lo aggravano). Per gli alberi di nuovo impianto, dovrà quindi essere valutato il problema della convivenza di alberi, manufatti e pavimentazioni; sarà pertanto necessario dimensionare correttamente lo spazio a disposizione per la crescita, sia della parte aerea che degli apparati radicali, in funzione delle esigenze della specie prescelta; la forma di allevamento degli alberi dovrà tener conto dell’eventuale transito di mezzi pesanti, e quindi della necessità di innalzare gradualmente la chioma degli alberi per i primi metri in modo da assicurare un sufficiente spazio per il traffico; in alternativa si potrà ricorrere a specie caratterizzate da chiome fastigiate. Nella realizzazione degli impianti di illuminazione si dovrà considerare il tipo di crescita della specie arborea prescelta adeguando se possibile anche il tipo di palo. Tecniche di manutenzione Gli interventi manutentivi del patrimonio arboreo appaiono spesso eseguiti con tecniche non adeguate. In genere viene sottovalutata l’importanza della potatura di allevamento, finalizzata al recupero di una forte dominanza apicale che, in genere, viene momentaneamente persa al momento del trapianto dal vivaio. Tale intervento consente di correggere precocemente eventuali difetti strutturali dei giovani alberi e di impostarne il corretto accrescimento in funzione del tipo di destinazione (alberata stradale, quinta arborea, effetto paesaggistico, etc.) con interventi a basso costo. Una corretta potatura di allevamento limita, inoltre, la necessità di intervenire tardivamente, su alberi ormai adulti, con potature drastiche di correzione che comportano sempre estese ferite agli alberi ed alti costi di intervento. Interventi tardivi su alberi adulti comportano inoltre un maggiore stress fisiologico degli alberi ed un aumento della probabilità di infezioni fitopatologiche e di alterazioni degenerative del legno (queste ultime possono provocare anche situazioni di instabilità di grandi alberi). Poiché le aree a verde pubblico sono generalmente di impianto recente , la programmazione di una corretta potatura di allevamento assume rilevanza particolare. Anche per quanto riguarda la potatura degli alberi adulti si sono spesso riscontrati interventi scorretti: è pertanto opportuno prevedere l’adozione di adeguati capitolati che definiscano le tecniche di manutenzione più adeguate. Nel caso degli alberi di maggiore età o di grandi dimensioni si pone inoltre la necessità del periodico controllo delle condizioni di salute e di stabilità, al fine di prevenire eventuali situazioni di decadimento e pericolo. Nel documento “Osservazioni in merito alle singole aree verdi”, riportante le schede descrittive delle aree rilevate, vengono indicate le prime necessità di controllo strumentale della stabilità a seguito delle osservazioni condotte (che nel presente studio non sono di dettaglio).

Esemplari di grandi dimensioni. Un altro dato significativo è costituito dalla relativa rarità, nelle aree a verde pubblico, di alberi di grosse dimensioni, fatta eccezione per alcuni esemplari di Cipresso posti prossimità delle aree cimiteriali delle frazioni di Tribulina e di Gavarno ed alcuni Cedri nel complesso poliambulatoriale di via Colleoni; ciò è dovuto al fatto che il paese non possiede aree verdi pubbliche di impianto storico. Sono state altresì individuate nell’ambito urbano numerose piante monumentali o interessanti per le loro dimensioni e caratteristiche, appartenenti a privati. Ad esempio un esemplare di Cedrus sp. nel giardino privato delle suore in via Adelasio; un Cedrus sp. in via IV Novembre, un esemplare di Sophora japonica in via Monte Bastia ecc.. Tali esemplari sono stati rilevati sulla planimetria dell’uso del suolo; non rientra peraltro nel presente incarico un censimento puntuale degli alberi monumentali.

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