Comune di Castel Viscardo

Quaderni Monaldeschi ambiente, storia, costume

1-20143 - 2015 La collana intende promuovere la conoscenza del territorio del Comune di Castel Viscardo e delle sue frazioni attraverso la pubblicazione di studi divulgativi che parlino di ambiente, storia e costume, senza però tralasciare scientificità e rigore. Un’espressione della territorialità, un “leggere il tempo nello spazio” attraverso le molteplici voci e significati che abitano questa comunità.

iNDiCE CDomitatoirettore didi RCedazioneollana : “Al sacrificio dei nostri eroi” Maria Luigia Borri, Maria LuisaChristian Faraoni Nardella Quaranta, Luca Giuliani, Daniele Longaroni, Simone Moretti Giani, Christian Nardella, Jacopo Teodori Comitato di Redazione Studi e approfondimenti Maria Luigia Borri, Maria Luisa Faraoni Quaranta, Luca Giuliani, Claudioin Bizzarri,commemor David B.a Georgezione del Centenario Maria Mattioli, SimoneSegRete MorettiRia di R edazioneGiani, Lorenzo: Sterpa, monteRubiaglio e il Sito aRCheologiCo di CoRiglia 7 ChiaraElena Tiraccorendo Stefanini della Grande Guerra

Segreteria di Redazione Elena Stefanini Luca Giuliani il SS.mo CRoCifiSSo di CaStel ViSCaRdo: una ChieSa RuRale di pia deVozione 37

Simone Moretti Giani gli Stati delle anime e StoRia dell’uRbaniStiCa del boRgo di monteRubiaglio tRa il 1600 e il 1800 71

Claudio Urbani il baCino del fiume paglia Opera realizzata con il patrocinio della Regione Umbria - Assessorato per i Beni e le Attività culturali dall’emeRgenza alla pReVenzione e allo SViluppo teStimonianze StoRiChe e pRopoSte 105

Umbria L’iniziativa rientra nel Programma © 2015 Comune di Castel Viscardo ufficiale delle commemorazioni ISSN 2421-0439 del Centenario della prima Guerra Tutti i diritti sono riservati mondiale a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri - In copertina: rielaborazione grafica dello stemma della famiglia Monaldeschi, Archivio Struttura di Missione per gli dell’Opera del Duomo, Stemmario Cartari. anniversari di interesse nazionale. INDICE

Luca Giuliani Per il materiale fotografico messo a disposizione si ringrazia: la Biblioteca Una sorta di introduzione sulla Grande Guerra 15 Comunale “Leopoldo Sandri” di Castel Viscardo e l’associazione A.D.A. (An- che il Dilettante è Artista), Adelina Frosoni, Augusto Ambrogi, Dina Ceccarelli, Luca Giuliani Giovanni Alberto Borri, Maria Dominici, Mauro Ercolani, Annunziata Tiracor- ...facendo voti che possano tutti ritornare 29 rendo, Massimo Umberto Giuliani, Luciana Giuliani, Vera Giuliani, Nando Brizi, Nicolina Mattioli, Giuseppe Rotili, Rossana Giuliani, Umberto Giuliani, Paolo Mancinetti, Mauro Mancinetti, Annunziata Giuliani, Franco Pasqualetti, Gianna Francesco Pittaluga Vitali, Grazia Pistucchia, Mario Arlechino, Patrizia Pioli, Walter Tantini, Simone Storia del piroscafo “Siena” 61 Moretti Giani, Giuseppa Lolli. Chiara Tiracorrendo Disegni di: Fiorella Santi e Norberto Seccafieno. Tra passato e presente sul Passo San Pellegrino 73 I documenti dell’Archivio Vescovile di Orvieto e le fotoriproduzioni di alcuni testi della Biblioteca “Angelo Mai del Seminario Vescovile” di Orvieto sono ri- Fiorella Santi prodotti per gentile concessione, n. 21/2015 del 4 giugno 2015. Viceno: povertà e grande guerra 85 Prefazione Andrea Ricci 101 I ragazzi del ‘99 Con molta soddisfazione dedichiamo un numero della nostra rivista alla comme- morazione del Centenario della Grande Guerra, un appuntamento straordinariamente Christian Nardella importante, se pure gli avvenimenti non toccarono direttamente le nostre terre, en- Intervista a Giuseppa “Peppa” Lolli 115 trando, comunque, nel vivo più caro delle nostre famiglie e dei loro affetti personali. Quanto leggerete fa parte di un progetto generale di manifestazioni che dallo scorso Franco Pasqualetti 2014 hanno toccato e toccheranno varie zone del nostro territorio; un progetto che si organizza, prende forma e vita in collaborazione con il vicino Comune di Un ritrovamento inaspettato sul fronte di guerra 120 Allerona, con il quale abbiamo anche partecipato con incontri, interventi e ricerche all’iniziativa della Sezione di Archivio di Stato di Orvieto, un lavoro convogliato in Mauro Mancinetti una giornata di studio dal titolo: Orvieto e la Grande Guerra, organizzata lo scorso 13 I caduti del Comune di Castel Viscardo 123 marzo 2015, i cui atti saranno prossimamente pubblicati. Le nostre celebrazioni erano iniziate il 15 novembre 2014 con una tavola roton- da dal titolo: Lettere dal fronte… storie di soldati alleronesi (presso la sala polivalente di Luca Giuliani Allerona Scalo-Pianlungo), con interventi di Simona Mingardi e Claudio Urbani, Tracce dei nostri morti dallo stato civile 141 reading di Gianluigi Curto e Chiara Tiracorrendo, il tutto intervallato dalle canzoni patriottiche legate all’evento e interpretate dal coro polifonico Canto Libero. A Vice- Aldo Lo Presti no, lo scorso 2 giugno 2015, in collaborazione con l’associazione Insieme per Viceno, Le decorazioni al valore e al merito 147 abbiamo intitolato una via alla “Grande Guerra (1915-1918)” con relativa benedi- zione della targa. A seguire, una commemorazione dei caduti presso il monumento di piazza XX settembre e, quindi, alla piazzetta del Castello è stato ricordato l’avve- nimento attraverso l’intervento di Aldo Lo Presti. Corposo il programma ancora da realizzare, sempre in collaborazione con il Co- mune di Allerona, a partire dalla presentazione del numero 3 dei “Quaderni Monal- deschi”, “gemellato”, per così dire, con il corrispettivo dei “Quaderni Alleronesi”. Nel nostro intento c’è anche la volontà di mettere in piedi un’iniziativa a Monte- rubiaglio e di approfondire la tematica con le scuole, raggiungendo gli alunni nel periodo nel quale si trovano a studiare la Grande Guerra, il tutto per sensibilizzare attraverso la conoscenza della storia locale. Infine, nel novembre 2015, è prevista nei due capoluoghi comunali la posa di una lapide congiunta e commemorativa del centenario, a ricordo dei nostri caduti, dei superstiti e di quanto organizzato insieme per l’occasione, perché unendo le forze si testimonia come i due territori siano divisi solo dal punto di vista amministrativo, ma hanno storia, tradizioni, usi e costumi “Comuni”.

Il Sindaco Daniele Longaroni Editoriale ha fornito ulteriore documentazione inerente la classe ’99. Chiude il volume l’articolo di Aldo Lo Presti con un suo interessante approfondimento sulle onorificenze di guerra. Se vuoi la vita, commemora i morti. «Oggi la guerra è veramente spaventevole […]. Incute spavento il lancio delle granate, e il loro scoppio produce sull’animo (anche dell’uomo più forte) scosse Il presente volume nasce con l’intento di ricordare il nostro territorio all’interno tali che difficilmente sono riparabili anche in tempo lungo […]». Così Agostino di un più ampio e drammatico evento come quello della Prima Guerra Mondiale, Gemelli, medico al fronte, ci descrive le emozioni e sensazioni degli uomini che in modo da far proficuamente interagire “grande” e “piccola” storia e consentire hanno vissuto in prima persona la Grande Guerra. ai nostri concittadini di riflettere sulla propria identità del presente. La paura della guerra non era, però, una condizione costante unicamente dei Gli articoli scelti hanno avuto lo scopo di rintracciare fatti, testimonianze e soldati che la vivevano ogni giorno, ma anche dei parenti a casa, che in ogni soprattutto ricordi ed emozioni riguardanti il nostro Comune e i suoi abitanti che istante temevano il peggio per i loro cari. hanno partecipato in diverso modo a questo conflitto. Viene da chiedersi, allora: quanti discendenti di coloro che avevano perduto Luca Giuliani ci introduce al tema con la sua dettagliata analisi della situazione un familiare durante la guerra del 1914-18 sarebbero stati effettivamente “altri” del nostro Comune durante la guerra; Francesco Pittaluga ci narra la vicenda senza il lungo dolore del lutto? relativa all’affondamento del piroscafo Siena nel quale trovava la morte una Come disse Georges Clemenceau, capo del governo francese, nel suo discorso nostra concittadina, Maria Armida Ercolani, e lo fa attraverso un’attenta ricerca rivolto al presidente americano Wilson durante le discussioni di pace (1919), «La storica coadiuvato dal contributo di Mauro Ercolani. Seguono nel testo il lavoro guerra non può essere dimenticata […]. Le prove che tutti abbiamo subito hanno di Chiara Tiracorrendo, che ci racconta l’emozione provata attraversando i creato nel paese un sentimento profondo delle riparazioni che ci sono dovute. E luoghi di guerra a cento anni dalla fine del conflitto, e quello di Fiorella Santi, non si tratta solo di riparazioni materiali: il bisogno di riparazioni morali è ancora che condivide con noi le sue memorie su Viceno, frazione del nostro Comune. più grande». Il volume prosegue con un’originale idea di Andrea Ricci che, con il suo “fare romanziere”, si è immedesimato in un giovane del ’99 che scrive le sue paure ed emozioni in due lettere dal fronte. Il Direttore della Collana Segue l’intervista da me realizzata alla centenaria Giuseppa Lolli, nostra Christian Nardella concittadina, che ci riporta al passato di quegli anni con la sua commovente testimonianza sulla morte del padre al fronte. Un’immagine sacra è al centro del ricordo di Annunziata Giuliani e Franco Pasqualetti del loro nonno materno, soldato che, nel gesto di salvare un quadretto ritrovato casualmente durante il conflitto, ci rammenta quelle “pratiche sospese a metà tra la dimensione religiosa e quella superstiziosa, tra quella devozionale e quella folkloristica”, così come ce le ha descritte Colonnelli nel suo testo “Religione e politica tra le due guerre” (2012). Mauro Mancinetti ha contribuito alla memoria dei nostri eroi scomparsi elencandoci i caduti del Comune di Castel Viscardo, l’articolo è stato corredato da foto e materiali di Paolo Mancinetti. Luca Giuliani ha poi completato l’elenco attraverso le tracce dei nostri morti dallo stato civile. Simone Moretti Giani ci ...si torna a casa dalla guerra dove ti aspetta, una chiesa, una donna, un pargolo e un cane: “dall’alto di un cielo diamante”. D. Lombrassa, G. Vecchietti, Combattere: Antologia della Guerra della Rivoluzione e dell’Impero (1915 – 1936), pp. 31-32. Una sorta di introduzione sulla Grande Guerra

Spigolando tra la bibliografia presente in una antica e poco conosciuta Biblioteca di Orvieto*

di Luca Giuliani

Che ove speme di gloria agli animosi Intelletti rifulga ed all’Italia, Quindi trarrem gli auspici. Ugo Foscolo – I sepolcri

“Per l’Italia degli Italiani”: di tale forza e impeto era impregnato il di- scorso pronunciato da Gabriele D’Annunzio dalla ringhiera di palazzo Marino la notte del 3 agosto 1922; di tale veemenza e rinvigorita forza battevano le recriminazioni per il vano sacrificio dei nostri:

dopo l’ansia, dopo l’angoscia, dopo la disperazione, dopo l’onta, dopo la gloria di Fiume, dopo quel lungo e crudo sacrificio che a noi valse il confine giulio1.

* La biblioteca in questione è la “Angelo Mai del Seminario Vescovile di Orvieto”, sita in via dei Lattanzi e che conserva, nei suoi attuali tre Fondi per un totale di circa 22.000 volumi, an- che una buonissima sezione storica con testi novecenteschi quasi contemporanei ai fatti della Grande Guerra e alle recriminazioni e riflessioni immediatamente successive. In particolare, da notare come la maggior parte dei volumi richiamati, letti qua e là o ripresi in alcuni dei loro brani più significativi in questa sede, siano “marchiati” con un ex libris di tale Giovanni Pezzi, un tenente colonnello della 55° Fanteria, del quale si trovano riferimenti a Modena nel 1914 e, quindi, presso il Comando militare permanente della stazione ferroviaria di Bolsena. Alcuni dei suoi testi, oltre all’ex libris timbrato riportante il nome e cognome maiuscoli o autografo, hanno un proprio numero di collocazione su etichetta quadrata e a matita blu. G. D’Annunzio, Per l’Italia degli italiani..., frontespizio del 1923. 16 Luca Giuliani Una sorta di introduzione sulla Grande Guerra 17

Nelle parole del vate il ricordo di quanto era stato dal principio, da stirpe. Ecco che in mezzo al popolo creatore si leva un culmine dell’ener- quando la guerra era dichiarata in quel maggio del 1915: gia creatrice. Ecco che il popolo sente, in realtà attuale e profonda, come il suo destino sia di là da che si consuma si dissolve e muore. La mèta del Soldati di terra e di mare! L’ora solenne delle rivendicazioni nazionali suo destino è “ciò che non muore”5. è suonata! Soldati, a Voi la gloria di piantare il tricolore d’Italia sui termini sacri che natura pose a confine della Patria nostra; a Voi la Lo stesso Mussolini su tale accadimento non esitava a riconoscere: «Dal gloria di compiere, finalmente, l’opera con tanto eroismo iniziata dai maggio del 1915 ha inizio la rivoluzione italiana»: nostri Padri! 2. Tutta la storia italiana del ventesimo secolo si svilupperà su linee fatali Una guerra che aveva introdotto il giovane Regno in una delle sue ca- da quel maggio 1915 che fu testimonianza, un prodigio e la conquista tastrofi maggiori, pur nella vittoria, in quella che alcuni contemporanei del popolo su sé stesso6. non lesinarono di definire: «pseudo-pace del 1919»3. Chiamati al sacrifi- cio, i nostri, a quanto ammesso anche dagli avversari, combatterono con Un popolo che vedeva la sua nuova patria come «incatenata» tanto eroismo, si batterono e vissero i problemi della quotidianità, fatti di mera che, come ritenuto da molti, in Italia si sentiva già da tempo, da prima sussistenza in luoghi lontani, destando l’ammirazione del mondo intero: del conflitto, un sentimento che contraddistingueva l’Austria quale «ne- mica irreducibile»7, un avversario che: «dovette la sua perdita all’errore E gli italiani? Giù il cappello! Gli italiani vengono all’assalto in masse di non aver stimato al giusto suo valore l’esercito italiano»8. compatte… si fanno macellare in massa, ma pure continuano sino a che La stessa incertezza che, a guerra conclusa, animava anche l’azione pochi uomini rimangono in piedi4. governativa, incertezza sul programma politico, incertezza nel vedersi riconoscere quello che era stato, tanto che da più parti e nell’immediato E il popolo italiano si formò, finalmente, in quei tremendi anni? Tali periodo successivo si palesavano a livello culturale domande circa la avvenimenti furono capaci di istaurare nelle generazioni successive una possibilità di una nuova e imminente riaccensione delle tensioni che sorta di fulgore teso al riconoscimento di una Nazione composta da un avevano già portato al conflitto. Si respirava uno stato d’animo pessi- agglomerato tutt’altro che omogeneo?: mistico quasi che, come era successo nel 1914, una mancata posizione netta avesse potuto convogliare il malcontento verso una nuova guerra […] È un immagine, è un emblema, è un mito. È un ammonimento, è che non aspettava altro che trascinare al suo interno tutti gli animi, un comandamento. Eccoci rivolti alla forza della stirpe, al cómpito della coinvolgendo la massa maggiore degli interessi correnti, rispetto a chi era uscito sconfitto e anche a chi doveva (come Francia e Inghilterra):

1 G. D’Annunzio, Per l’Italia degli italiani: Discorso pronunziato in Milano dalla ringhiera del Palazzo Marino la notte del 3 agosto 1922 con aggiunti il Comento inedito il messaggio del convalescenze agli uomini di pena, Tre preghiere dinanzi agli altari disfatti e Sette documenti d’amore, Milano 1923, 5 G. D’Annunzio, Per l’Italia degli italiani…, cit., p. 116. p. 113. 6 D. Lombrassa, G. Vecchietti, Combattere: Antologia della Guerra della Rivoluzione e 2 Sull’ara della gloria, (a cura di G. Nisini, P. Porsia), 2.a ed, Santa Maria degli Angeli – dell’Impero (1915 – 1936), Firenze 1937, p. V. Assisi 1952, p. 20. 7 I. Reggio, Storia della Grande Guerra d’Italia: L’Italia Incatenata (33 anni di Triplice 3 G. Valori, Problemi militari della nuova Italia, (Quaderni Imperia, 2), Milano 1923, p. 18. Alleanza), vol. 2, Milano s.d, p. 11. 4 Sull’ara della gloria, cit., p. 20. 8 Sull’ara della gloria, cit., p. 21. 18 Luca Giuliani Una sorta di introduzione sulla Grande Guerra 19

«difendere il lauto bottino accumulato con la recente vittoria a spese sì del e costretti non a volare ma a camminare, a veder gli orizzonti terrestri nemico che degli alleati»9. e non a fissare le sfere divine10. Riguardo alla bibliografia in oggetto, deve essere analizzato come si tratti di “materiale” nella maggior parte dei casi prodotto nell’immediato seguito o Un sacrificio che, peraltro, in virtù di quanto si otteneva ai tavoli di pace, poco dopo il termine del conflitto, quando vigeva nell’animo quella sorta di stentava ad essere compreso dalla popolazione che si vedeva privata della afflizione e di sentimento di vano sacrificio, come se si sarebbe potuto e non sua migliore gioventù in virtù di terre lontane, di un irredentismo risor- si era osato, il tutto nel martirio richiesto ai nostri uomini, una generazione gimentale che richiamava a concetti per la maggior parte non intesi dalla alla quale era stato negato il futuro in nome di un risultato che, alla resa dei povera gente il cui interesse, è bene ricordarlo, ancora cento anni fa era non altro che la mera sussistenza. Di converso, emergeva in alcuni dibattiti come gli interessi fossero manipolati e pilotati da pochi, rispetto alla mag- gioranza che sembrava basarsi sullo: «stadio capitalistico di produzione e di distribuzione», dove albergavano ancora residui dell’anteriore, come il feudalesimo (all’epoca ancora esistente a Castel Viscardo in una sorta di pseudo vassallaggio nei confronti della famiglia dominante da secoli), ma che vedeva il capitalismo imperante con conseguente controllo della società e del sistema dei governi, quello che da alcuni era già al tempo defi- nito il «dramma mondiale odierno»11. Nel discorso di Milano, D’Annunzio affrontava vari passaggi più o meno edificanti e retorici, richiamando alla vittoria mutilata, al valore di certe imprese, come le sei battaglie dell’Ison- zo (definite «consacrazioni») e del monte San Michele, che sembravano essersi perse sino a che:

la settima sarà data dall’Italia finalmente consapevole del suo destino, alzata nell’orgoglio delle sue origini e delle sue sorti, armata non tanto delle sue armi quanto delle sue opere, con nella palma della mano la sua I. Reggio, Storia della Grande Guerra d’Italia, frontespizio del secondo volume. Vittoria intera […]12.

conti, non si era riusciti a difendere, al contrario della caparbietà da loro Importante un passo del proclama, quello nel quale il poeta enfatizzava dimostrata: ragazzi, figli, padri, fratelli ai quali erano state “spezzate le una sua spassionata difesa del sacrificio di tanti giovani, esaltandone il ali”: valore e l’importanza:

Tutta la gioventù del suo tempo attraversava una crisi, era soffocata da Un giorno, laggiù, nel mio eremo di pace senza pace, uno dei miei fami- una tristezza di esilio, quella di un popolo di angeli mutilati nelle ali gliari mi disse d’avere udito un lavoratore della terra nell’osteria torbida

9 G. Valori, Problemi militari…, cit., pp. 17-19. 10 G. Castellini, Lettere: 1915-1918, Milano 1921, introduzione di Raffaele Calzini, p. I. 11 G.D. Herron, La più grande guerra, Bologna 1919, pp. 25-33. 12 G. D’Annunzio, Per l’Italia degli italiani, cit., p. 115. 20 Luca Giuliani Una sorta di introduzione sulla Grande Guerra 21

vociare contro la nostra santa guerra e contro me malvagio istigatore che t’ho detto. Intanto io lavorerò per te. – non avevo temuto di cacciare nel buio tante vite floride. Non volle. Il suo viso era tuttora chiuso come per serrare nelle sue rughe Andai a cercare il contadino nel campo, mentre vangava. Mi avvicinai a un cruccio che gli sfuggisse. Si rimise a vangare, in silenzio. Allora io lui con quella pacata fermezza che disarma l’avversario, e allontana la presi una zappa che era lì presso; e, poiché son valido e sono paziente, mi paura o il sospetto. misi a lavorare con lui, poco da lui discosto, in silenzio. Gli dissi: - So quel che hai mormorato contro di me; so quel che hai mor- Ma sentivo che il suo cuore si gonfiava, come avrei sentito scaturire dal morato contro un sacrificio che varrà ai tuoi figli, e ai figli dei tuoi figli sasso la polla. Cercatore di sorgenti, avevo esplorato la sorgente, trovato dei tuoi figli e a tutta la nostra gente in eterno. La terra, che tu ferisci con la sorgente umana. il tuo ferro, ti rende tanto più bene quanto più profondamente la rompi. Egli cessò di stringere le labbra; e ruppe in un pianto subitaneo, lascian- Tu m’hai offeso; e io non posso darti se non una parola d’uomo a uomo, do cadere l’arnese e volgendo verso di me un viso trafugato, che parve mi una parola di fratello a fratello. Ma credimi: l’acqua d’aprile non giova s’imprimesse nel mezzo del petto. al tuo campo come il sangue puro dei devoti giova alla Patria. E la tua Sul petto mi s’inchinò, sul petto mi pianse, su questo petto fedele, che acqua d’aprile è passeggera, mentre il sangue degli eroi è inesausto. I figli sempre restò fedele alla sua fede, che rimarrà sempre fedele alla Patria del dei tuoi figli se ne ricorderanno, i figli dei tuoi figli lo benediranno. Là, mio sogno e della mia passione, alla Patria della mia fatica e della mia nel piccolo cimitero dove forse hai qualcuno che ti fu caro, c’è una pietra ansia, alla Patria della mia umiltà e del mio sacrificio; fedele all’Italia che porta incisa una sola parola: “ Resurgo”. È una parola latina, del bella, sino alla morte, oltre la morte13. nostro più alto linguaggio materno. Significa: “Risorgo”. Non c’è mo- numento funebre, non c’è mausoleo, non c’è obelisco, non c’è piramide che Nonostante i proclami nazionalistici e di sensazione, la realtà fu ben più valga quella lapide rozza con quell’unica parola. È l’unica parola che cruda, quello a cui si andò incontro, al sacrificio dei chiamati, era molto doveva essere incisa sul sepolcro del soldato ignoto: “Risorgo”: perché i più profondo di un appello e delle buone (passate e future) intenzioni. nostri morti, i nostri sacrificati, i nostri martiri risorgono in ogni ora, ri- La realtà, rappresentata da tante testimonianze di chi quella situazione si sorgono in ogni attimo. Non soltanto vivono, ma vivono e si manifestano trovò a viverla, riaffiorava nell’angoscia più terribile fornendone dimostra- nel perpetuo splendore della risurrezione. Comprendi? – zione ai parenti e congiunti: Egli forse non comprendeva, ma sentiva. Pareva che il sentimento non gli fosse infuso dalla mia voce ma gli salisse dalla terra fenduta, dalla Cara amica. Da dodici giorni sono ancora nella guerra e come! Immagini zolla smossa. il posto d’Italia nel mondo, dove cadono più valanghe; immagini i più Però egli era ancora troppo opaco perché io potessi vedere in lui rilucere desolati casolari di un fondo valle naturalmente disabitato; immagini la mia verità. l’inverno più crudele […] con tre metri di neve qui e dieci sulle creste; Ero in quello stato di grazia che mette nelle comunioni umane tanta mi- immagini quest’angolo nel cuore del più impervio Trentino conquistato, steriosa dolcezza, come se veramente ci avvenisse di svolgere per miracolo toccato ogni tanto da qualche slitta, con i giornali che vengono or sì or no, quel filo della fraternità rimasto attorcigliato alle braccia della Croce. e la posta che non arriva […]14. Parlai, parlai; e in un punto mi parve che la parola gli toccasse la cima del cuore. Allora m’interruppi. E poi soggiunsi: - Non pretendo che tu mi rispon- da sùbito. Siediti all’ombra di quell’ulivo; e ripòsati; e ripensa a quel che 13 Ibid., pp. 119-122. 14 G. Castellini, Lettere: 1915-1918, cit., p. 193. 22 Luca Giuliani Una sorta di introduzione sulla Grande Guerra 23

Il lungo orrore, rileggendone sommessamente i passi, adeguando il bat- tito ai coevi di cotanta disgrazia, non si ritenne sufficiente già all’epoca, tanto che pure nei suoi contemporanei (1919), in discorsi pubblici e di fronte a studenti universitari, non si lesinava ad affermare:

La grande guerra, attraverso la quale siamo appena passati – pur così orrenda nei suoi effetti da superare ogni calcolo umano – non è che il preludio di una più grande lotta che si va avvicinando15.

15 G.D. Herron, La più grande guerra, cit., pp. 25-26. G. D’Annunzio, Per l’Italia degli italiani..., pp. 7-8. Ermenegildo Tiraccorendo (classe 1886) a Creta nel 1914.

Domenico Ambrogi con la sua “67a batteria di montagna”. Tornò a casa sano e salvo, ma terrorizzato Cartolina di Domenico Ambrogi (classe 1896) al fratello Romeo (classe 1889) anche lui in guerra, dalla neve, tanto che quando la vedeva si ritirava in camera in silenzio. parimenti al terzo fratello Lamberto (Umberto detto “Lampo”) (classe 1893). Reparto in alta montagna.

Soldati accampati sul fronte di guerra. Una rivista dell’epoca uscita il 14 aprile 1918. …facendo voti che possano tutti ritornare

Il Comune di Castel Viscardo e la “Grande Guerra”

di Luca Giuliani

QUI SPIRA, GIUNTA DA OGNI DOVE SULL’ALE DELL’ESTREMO SOSPIRO, LA FRAGRANZA DELLA VOSTRA GIOVI- NEZZA ; IL MARMO PALPITA DI CARE SEMBIANZE.

(dall’iscrizione posta sul “Monumento ai caduti” di Castel Viscardo)

Introduzione Affrontare a livello locale un tema delicato, come può essere quello di una guerra, la “Grande Guerra”, della quale ricorre la commemorazio- ne centenaria dall’inizio delle ostilità e dall’ingresso dell’Italia, potrebbe sembrare in prima istanza alquanto limitante, specie se si considerano le conseguenze e le varie sfaccettature che ebbe l’importante avvenimento sul vivere quotidiano, pur non toccando direttamente le nostre terre. Di certo, nell’insieme delle gloriose imprese compiute e delle storiche figure di riferimento, tale avvenimento può essere connotato quale primo passo per la formazione della “Nazione Italia”. Quello in cui le aspirazioni ri- sorgimentali videro la loro naturale conclusione, il fine ultimo degli sforzi ottocenteschi di radunare “sotto un unico cielo” tutta la popolazione, già unita territorialmente e dal «fondamento reale dell’unità della stirpe, della pur naturale delimitazione geografica della sua sede storica, della comu- nanza di lingua religione e cultura, dell’affinità del costume e delle isti- 30 Luca Giuliani ...Facendo voti che possano tutti ritornare 31

mero di cinque sono stati chiamati alle armi facendo voti che possano tutti ritornare dopo aver compiuto il loro dovere per le sorti della patria». Tali uomini di ogni luogo del Comune, quelli che avevano abbandonato le loro mansioni, anche amministrative di certo, ma soprattutto di occupazione, erano al momento tali: Leandro Ceccarelli, Samuale Socciarelli, Luigi Ti- racorrendo, Paolo Papini e Serafino Pistucchia3. Essi rappresentavano, nell’importante ruolo lasciato e nel nuovo assunto, la consapevolezza di quanto la nazione si aspettasse da tutti i suoi componenti: chi partiva per il fronte e chi, rimasto a casa, era e sarà costretto ad importanti sacrifici: «perché questa è l’ora solenne in cui tutti i cittadini debbono imporsi qual- che sacrificio per il bene della loro Patria»4.

La situazione in tempo di guerra: risvolti sulla prassi durante «il grave momento» La segnalazione tardiva di quanto stava succedendo non era specchio della situazione locale tanto che, già dall’agosto del 1914, il vescovo Salva- tore Fratocchi (conosciuto poi per i suoi «ben noti sentimenti patriottici») inviava ai parroci una particolare preghiera da recitarsi per auspicare la fine del conflitto e, dal febbraio successivo, poneva spesso l’accento sulle questioni in gioco, ricordando ai suoi diocesani le preci ingiunte dal Santo Padre per implorare la pace, richiamando alla sapienza e alla «orribile de- solazione» che aveva invaso il mondo5. Che di devastazione, distruzione, tuzioni civiche [...]»1, tanto che questi fattori possono considerarsi quali abbandono si dovesse parlare, lo testimoniano un insieme di atti volti al ispiratori di straordinarie gesta e memorie che traslarono negli italiani il richiamo alla comune religione, come le esortazioni del pontefice e dello sentimento di patria come «plurale di padre»2. A livello locale si diceva, già stesso presule diocesano, intenti a rassicurare i fedeli, soprattutto quelli perché pur essendo il conflitto dislocato al confine nord-est con l’Austria, tale scontro presupponeva strascichi in tutte le realtà, fino alle zone più piccole della penisola che pagarono il prezzo in tante vite di giovani o nella 3 Castel Viscardo, Archivio storico comunale (d’ora in avanti ACCV), Delibere del povertà di chi rimase ad attenderli. Dal punto di vista deliberativo il pri- Consiglio Comunale, 8, cc. 64v-65r. mo riferimento a quanto in corso si aveva solo l’8 settembre del 1916, un 4 Ibid., Copie delle delibere del Consiglio e della Giunta, 2bis/6. anno dopo l’ingresso, quando il sindaco Agostino Lucattelli introducendo 5 Orvieto, Archivio Vescovile (d’ora in avanti AVO), Bandi ed editti del vescovo Fratocchi, i lavori inviava: «un saluto ed un augurio ai Colleghi Consiglieri che in nu- Lettere pastorali, A3. Sulle pagine del «Bollettino della Diocesi di Orvieto» l’ordinario richiamava alla preghiera composta da Sua Santità «per la funzione pro pace», da sostituirsi alla detta e già prescritta nell’agosto del 1914, allo scopo di «impenetrare dal Signore la cessazione dell’orrendo flagello della guerra ed il ritorno alla pace». L’allusione alle 1 S. Lener, Processo storico giuridico di formazione dell’Unità d’Italia, in «La Civiltà Cattolica», inclinazioni patriottiche del vescovo è estratta da una comunicazione del sottoprefetto CXII/8 (1961), pp. 119-120. del 25 luglio 1918 circa la lotta alla propaganda disfattista che stava prendendo piede 2 Dalla lettera testamento del patriota Nazario Sauro al figlio Nino prima della sua anche con forme superstiziose nel contado. Si veda Carteggio vescovile, Orvieto, 1918 lug. esecuzione del 10 agosto 1916 in quel di Pola. 25, [Reale Sottoprefettura di Orvieto] «Propaganda disfattista». 32 Luca Giuliani ...Facendo voti che possano tutti ritornare 33

che contavano parenti o figli inviati sul fronte. Nel giugno del 1915, il vescovo di Orvieto ordinava un «Triduo per la guerra» in cattedrale, richia- mando alla condizione imposta «dalla civiltà e dalla salvezza della nostra cara patria» e al bisogno costante dell’eroismo dei soldati, ma anche del solidale concorso per sovvenire le povere famiglie dei richiamati alle armi, attraverso la mobilitazione della vita religiosa di coloro che erano rimasti: «Preghiamo in questi giorni di ansie e di trepidazioni per noi: preghiamo per i nostri soldati, affinchè Iddio gli avvalori e li ricopra con lo scudo della sua protezione: preghiamo per la nostra Italia, che Dio benedica facendola uscire dalla prova presente più grande, più forte, e quello che soprattutto, più religiosa: preghiamo per tutta l’Europa, sulla quale Iddio riconduca al più presto la pace, la pace ispirata al culto della giustizia ed alla solennità del diritto»6.

In questo panorama diocesano, Castel Viscardo partecipava con quelle che erano le proprie forze, come un piccolo Comune, peraltro composto da diverse frazioni oltre il capoluogo, una delle quali aggregata solo nel

6 Ibid., Bandi ed editti del vescovo Fratocchi, Notificazioni e avvisi, C2. 34 Luca Giuliani ...Facendo voti che possano tutti ritornare 35

1879 (Monterubiaglio, soppresso «poichè non poteva reggersi colle sue dotare i due detti centri anche di un proprio acquedotto e dell’impianto risorse») e un’altra in via di costruzione (poi denominata Borgata Ferro- della luce elettrica. Tutto questo nonostante le gravi problematiche dettate vieri e oggi Pianlungo) nei pressi dell’appena realizzata stazione ferroviaria dalla suddivisione della popolazione in tre frazioni («il che costituisce un di Allerona. Nonostante la povertà della popolazione, la cui economia maggior disagio di fronte ad altri Comuni riuniti in solo Centro»), fattore gravitava prevalentemente sull’agricoltura e sulla produzione artigianale che si accresceva pesantemente con l’ingresso in guerra, venendo meno dei laterizi (definita proprio nel 1915 la «principale industria del paese»)7, una parte della tassazione percepita. Nel 1918 l’amministrazione arrivava astretta dalla scarsa possidenza singola, dalla penuria di abitazioni e da formalmente a non potersi permettere nessuna «spesa per beneficenza ed ingenti opere di sistemazione e risanamento, già dal 1914 partecipava co- altro che abbia anche lontanamente carattere facoltativo», con i detti lavori munque al clima festeggiando con un banchetto i reduci dalla guerra di sospesi (le «conseguenze dello stato di guerra hanno fatto rimanere lettera Libia, occasione nella quale furono offerti dall’amministrazione quattro morta gli ideati progetti») e trovandosi nella necessità di non eseguire nes- bottiglie di «vino Wisner», pagati otto lire al produttore Adamo Ambrogi8. sun riadattamento alle strade o di eliminare quasi totalmente la pubblica Un Comune che in quegli anni si trovava in grave dissesto finanziario, illuminazioni e altri servizi. Nonostante questo, soprattutto per le opere di con una popolazione che si aggirava intorno alle tremila unità (nel 1917 ri- igiene legate agli acquedotti, si faceva voto al Governo affinché, visto che: sultavano 2.795, per 518 famiglie), incamminatosi dal 1913 nella costruzio- «la sorte delle armi va presentandosi oltremodo soddisfacente in modo ne di un nuovo edificio scolastico e di uffici comunali nel capoluogo e uno da trarne lieti auspici per l’avvenire della nostra Patria», si concedesse un parimenti destinato all’istruzione in quel di Monterubiaglio, desideroso di mutuo per saldare tutte le passività e, nello stesso tempo, si partecipasse al pareggio del bilancio contribuendo anche ai necessari lavori sopraelencati, inviando: «un deferente e grato saluto al glorioso esercito Italiano ed a quelli degli alleati, facendo auguri perchè i loro sacrifici e le loro eroiche gesta siano coronati da quel successo che la situazione del momento fa prevedere non lontano»9. Le conseguenze della guerra che si stava svolgendo, anche se in territori così lontani, inficiavano quindi anche la politica locale, portando effetti pure sul piano meramente amministrativo come, per esempio, il neces- sario aumento della tassazione sul bestiame del 1918, onde sovvenire un esercizio finanziario già in precarie condizioni e in quel momento aggrava- to maggiormente dallo stato di guerra10. Tali furono le ragioni per le quali il Comune di Castel Viscardo si trovava in quegli anni nel pieno di attività a dir poco insicure, le cui conseguenze, o meglio la mancata applicazione di disposti, si ripercuotevano sul vivere quotidiano delle povere popolazioni. Gli stessi atti del vescovo di Orvieto, già dal 1915, si configuravano con la realtà che si stava vivendo, in un insieme di notificazioni, decreti, avvisi sacri e circolari tesi a “combattere” la situazione creatasi cercando soluzio- Castel Viscardo (via Principe Spada) poco dopo la fine della Prima Guerra Mondiale.

7 ACCV, Delibere del Consiglio comunale, 8, c. 56rv. Su questo tema si veda anche L. Giuliani, Castel Viscardo e le sue fornaci: Storia, giurisdizione e commerci di una microsignoria 9 Ibid., 2bis/6. Il riferimento statistico è estratto da una delibera consiliare del 25 nell’orvietano, Citta della Pieve (Pg) 2014, p. 136. settembre 1917. 8 ACCV, Copie delle delibere del Consiglio e della Giunta, 2/5. 10 Ibid., delibera del 27 gennaio 1918. 36 Luca Giuliani ...Facendo voti che possano tutti ritornare 37 ni nella preghiera. Il 26 gennaio 1915 era indetto un «Giorno di penitenza la comunicazione della propria presenza alle autorità, estendendosi anche per la cessazione della guerra»; il 2 febbraio successivo, il vescovo Fratoc- ai già presenti (sancendo il termine di cinque giorni per esibire la dichiara- chi diramava un invito sacro denominato «Preghiere per la pace indette zione). Lo scopo era «proporre provvedimenti atti a venire loro in aiuto», da S. S. Benedetto XV» con la quale rendeva pubblica una giornata di de- richiesta alla quale si rispondeva negativamente (la medesima era ribadita vozione ed espiazione (stabilita per il successivo 7), allo scopo di ottenere anche nei mesi successivi). Nello stesso tempo, visto l’arrivo a Orvieto nel auspici per la cessazione «dell’orribile flagello della guerra ed il ritorno alla giugno del 1915 di ben 117 profughi provenienti dalle zone di guerra, si pace», ordinando l’esposizione e la pubblica adorazione del SS.mo Sacra- interpellavano tutti i sindaci del comprensorio circa la possibilità di ospi- mento con la concessione di una indulgenza plenaria11. tarne alcuni, col precetto che dovesse essere a cura delle amministrazioni Nel frattempo, le autorità civili si informavano presso le locali sulla pre- dichiaratesi disposte: «provveduti ricovero e assistenza di cui possono ave- senza nei territori comunali di profughi o rimpatriati dall’Austria o dalla re bisogno ed avviati lavoro onde sopperire possibilmente con proventi di Germania, esortando a venire loro in aiuto, o sulla eventuale presenza esso loro esigenze», anche se, per la maggior parte, si trattava di famiglie di stranieri sul suolo italiano, richiedendo il ritiro della dichiarazione di composte da donne e bambini12. soggiorno al momento del loro allontanamento (per terra o per mare) dal Tali situazioni portarono anche una sorta di confusione dettata dalla Regno. Sull’eventuale arrivo di profughi nello stesso mese era telegrafato morte dei reciproci prigionieri, in una mancata comunicazione che teneva dal sottoprefetto, il tutto a norma del regio decreto 634 del 2 maggio 1915 per un tempo, mai troppo eseguito, in ambasce le famiglie dei catturati. che stabiliva severe disposizioni circa il possesso del relativo passaporto e Queste, vinte dalla disperazione, si appellavano alle autorità civili e re-

11 AVO, Bandi ed editti del vescovo Fratocchi, Avvisi sacri, D2. 12 ACCV, Carteggio amministrativo, 3/6. 38 Luca Giuliani ...Facendo voti che possano tutti ritornare 39 ligiose per poter venire quanto meno a conoscenza della sorte dei loro 100 a Castelfranco Veneto (Villa di Lorenzi), nell’ospedale militare di Riser- congiunti. Il tutto per poter ottenere il certificato dell’effettivo decesso, va di Forlì, nell’ospedale da campo n. 70 di Brùneck (Tirolo), nell’ospedale l’identificazione del luogo di sepoltura ove porre provvisoriamente una da campo 0153 in Comune di Mirandola, nell’ospedale militare di Riserva di croce con il solo nome del defunto e farvi erigere poi, «finita la guerra», Porta Furba (Roma) o nei non specificati come l’ospedale da campo n. 207, un monumento degno del passaggio in vita dell’estinto, fotografando per nell’infermeria dell’84° Reparto Sanità, sul posto di medicazione del 133° il momento il luogo di sepoltura, come se attraverso tale mezzo ci si potes- Reparto Sanità15. se sentire più vicini a chi, di qualsiasi nazione, aveva lasciato questa vita in In tali realtà di morte, di dispersione e di tristezza, si connaturavano le pri- nome di una guerra tra popoli della stessa specie13. me avvisaglie di alcune disposizioni messe in campo, soprattutto dal 1917, Di converso, anche numerosi abitanti di Castel Viscardo partiti per il nell’istante in cui si palesava il definito «grave momento» e si cercavano for- fronte non ne fecero più ritorno, morendo sul campo di battaglia in seguito me di comunicazione tra i primi cittadini volte al connubio riguardo la cosid- a varie ferite riportate, sotto valanghe, come prigionieri o per malattie con- detta resistenza interna e la partecipazione dei mezzi comuni per il soccorso tratte, in luoghi lontani dove solitamente erano subito inumati, sottolinean- ai profughi, esortati tutti «all’Unione Sacra della Patria»16. do come non di solo piombo o armi da fuoco era possibile far venir meno La prospettiva era quella di avvalorare e sostenere la «resistenza della esistenze il tremendo conflitto. Tra gli atti dello Stato Civile, in apposita popolazione civile, per l’immediato riflesso che ne deriva sullo spirito partizione separata (la seconda), visto anche il ritardo con il quale tali decessi dell’Esercito, chiamato ora ai supremi cimenti»; il ministro di Grazia e erano comunicati, ritroviamo alcuni dei morti e loro seppellimenti in luoghi Giustizia e de’ Culti richiedeva l’intensificazione dell’azione del clero, il più delle volte sconosciuti ai nostri poveri antenati come: Schio (Vicenza); specialmente quando le vicissitudini arrivavano anche nei piccoli comu- Romans d’Isonzo, Gradisca d’Isonzo o Cormons (tutti in provincia di Go- ni di campagna («rurali»), rispetto ai funerali per i caduti o, anche, nelle rizia); Mesola (Ferrara); Oppacchiesella (Slovenia); campi di prigionia come: cerimonie e funzioni religiose di ringraziamento per i risultati ottenuti o Josefstad (oggi Josefov in Repubblica Ceca)14, Mauthausen o Altengrabow per propiziare qualche vittoria sul campo. Si richiedeva ai sacerdoti una (in Germania); varie alture, quali il monte Pertica, nel Costone di Franza, costante presenza presso le povere famiglie dei soldati: «per fortificarne Col Caneva, monte Lemerle, la seconda cima del monte Colbricon, monte lo spirito di resistenza e di sacrificio e diffondere il convincimento che Precink, monte Cucco, il Carso; in sanatori più o meno dislocati: nell’ospe- dall’esito felice della nostra guerra nazionale dipendono la salvezza e la dale da campo 085 di Cittadella (Padova), nel 74° ospedale da campo di Va- fortuna della Patria cui è indissolubilmente legato il benessere morale e lona, nell’ospedale da campo 167 a Prilep (Serbia), nell’ospedale da campo materiale dei singoli cittadini»17. Nel contempo, si condannavano aper- tamente tutti quei militari che, ritornati presso le proprie famiglie per breve licenza, si erano «indugiati» più del previsto, non ripresentandosi alle armi e divenendo per questo disertori; questi andavano, anche per 13 Si veda, a tal proposito, il caso emblematico riscontrato tra il carteggio non mezzo dei parroci e dei sindaci, riavviati al fronte quanto prima, nei protocollato del vescovo di Orvieto inerente un soldato boemo di 25 anni prigioniero di 18 guerra e morto sulla rupe il 13 gennaio 1916 per cause legate alla contrazione del «tifo», pressi della località a loro designata . in AVO, Carteggio vescovile, Jičíněves (Repubblica Ceca), 1916 feb. 24, Il sacerdote don Celso Inama, cappellano dei profughi trentini in Boemia, richiede certificato di morte di Giorgio Gebauer, prigioniero di guerra a Orvieto, a nome del di lui fratello. Sui prigionieri in quel di Orvieto si veda nello stesso Archivio Vescovile, alla serie Protocollo generale, il fasc. 1916/6: Disposizioni 15 ACCV, Stato Civile, Atti di morte, aa. 1911-1915 e aa. 1916-1920, cc. s.n. riguardanti i prigionieri Austro-Ungarici in Orvieto. 16 AVO, Carteggio vescovile, Orvieto, 1917 nov. 29, [Reale Sottoprefettura di Orvieto] «Invito ad 14 Nel cimitero militare di Josefov è sepolto Giuseppe Borri («Bori» nell’elenco dei adunanza» [sull’organizzazione della resistenza interna e sui mezzi per soccorrere i profughi]. defunti ritrovato) morto il 1° gennaio 1918, il cui corpo era inumato nel settore C 17 Ibid., Roma, 1918 apr. 8, Circolare del ministro di Grazia e Giustizia e dei Culti circa VII, tomba n. 770, da: Elenco soldati italiani sepolti nel cimitero militare di Josefov - (Josefstadt) l’operato del clero presso le famiglie dei soldati onde «fortificare lo spirito di resistenza e di sacrificio». (Repubblica Ceca), p. 5. 18 Ibid., Roma/Orvieto, 1917 nov. 13 - 24, «Disertori». 40 Luca Giuliani ...Facendo voti che possano tutti ritornare 41

Documentazione correlata: profughi, stranieri, la chiamata e l’or- dine pubblico Dal punto di vista amministrativo, nonostante le numerose lacune ri- scontrabili nel complesso archivistico del Comune di Castel Viscardo, l’anno 1915 risulta quello nel quale si concentrava la maggiore presenza di atti documentari inerenti le prime fasi della guerra, dalle dette disposizioni circa i profughi e gli stranieri (per i quali doveva essere rilasciata «dichiara- zione di soggiorno», sottolineando «siano scritte modo leggibili»), sino a quelle inerenti gli abiti militari da realizzarsi o particolari ordinamenti tesi al sequestro dei beni privati per la ragion di Stato19. Le conseguenze di tali disposti non erano repentine, si pensi anche alla lontananza materiale dalle zone di guerra: un conflitto che in un primo momento sembrava coinvolgere i locali solamente attraverso la preghiera e assistenza a quanti contavano partiti per il fronte in famiglia. Per quanto riguardava, invece, i profughi o stranieri, da registrare come nel 1916 da Castel Viscardo si dava nota della presenza sul territorio di tale Caterina Tuffan, presentatasi negli uffici comunali il 22 luglio 1915, originaria di Go- rizia e per questo ancora «suddita Austriaca». La donna era unita a un ori- undo castellese, Riccardo Bartoccini, e richiedeva di potersi stabilire nel Co- mune, parimenti alla figlia Maddalena (di cinque anni) «fino a che le vicende della guerra le avessero permesso di ricongiungersi al marito internato in Austria». Il 20 agosto successivo, la sottoprefettura di Orvieto autorizzava il Comune a venire in soccorso della donna conferendole un sussidio «sino a quando non fosse possibile provvedere al suo rimpatrio», sostegno che fu elargito almeno sino al novembre successivo, quando la donna si trasferiva, con le dovute autorizzazioni, ad Ascoli Piceno20. Lo stesso anno, si rispondeva anche riguardo la presenza di forestieri sul territorio inviando la scheda definita «Soggiorno degli stranieri»; in essa si dava informazione di tal Giacomo Brumat, nato a Zara («Au- stria»), di professione bracciante e dimorante a Castel Viscardo nei pres- si del podere detto «Casino». Questi dichiarava di essere in Italia quale «profugo del teatro della guerra Italo-Austriaca» e di volersi trattenere sino a che non gli sarebbe stato concesso il rimpatrio; le ragioni del sog- giorno dovevano essere chiaramente specificate con repentina comuni-

19 ACCV, Carteggio amministrativo, 3/6. 20 Ibid., Copie delle delibere del Consiglio e della Giunta, 2bis/6. 42 Luca Giuliani ...Facendo voti che possano tutti ritornare 43

cazione, a norma di quanto stabilito dal ministero dell’Interno21. Pur dandone partecipazione tempestiva per quanto richiesto e per quan- to attinente al piccolo Comune, per altre informazioni le domande rimane- vano inevase. Da un lato le autorità cercavano di venire incontro ai bisogni di coloro che stavano lavorando fuori dei confini nazionali, trovando accor- di con compagnie sulle quali pendeva il pagamento di salari verso italiani costretti al repentino rimpatrio o, ancora, individuando manodopera per il taglio di boschi ovvero cercando informazioni nei Comuni nei quali crede- vano vi fosse in più alta percentuale la presenza di operai atti all’uopo, onde soddisfare la necessità dell’esercito e del paese. Per altro verso, si lasciava un primo esonero (temporaneo di un mese) ai soli richiamati nelle milizie di terra se occupanti il ruolo di direttori tecnici o operai specializzati, nei casi fosse riconosciuta l’insostituibilità, tanto che il «loro allontanamento causerebbe cessazioni lavoro» nelle aziende nei quali erano impiegati22. Altri argomenti di interesse, rispetto alla corrispondenza del 1915, erano le pratiche agricole e la ricerca inerente la confezione dei vestiti da realiz- zarsi per la campagna militare. Circa il primo punto, già dal mese di giugno

21 Ibid., Carteggio amministrativo, 3/6. 22 Ibidem. 44 Luca Giuliani ...Facendo voti che possano tutti ritornare 45 giungevano telegrammi volti a scongiurare la notizia divulgatasi sulla pa- affetti più cari prendendo con sé i giovani del luogo e trascinandoli per ventata volontà del competente ministro inerente il divieto o la limitazione valli, gole e montagne lontane a difendere quella patria risorgimentale già dell’esportazione della seta grezza o di altri tessuti e si comunicava la conces- messa in pericolo da un conflitto di confine che minacciava, oltre a un sione da parte della Direzione generale delle Ferrovie dello Stato di accor- continuo irredentismo, anche gli acquisiti e deboli confini. Il 22 maggio dare tariffe speciali ai mietitori semplici che avrebbero dovuto spostarsi per arriva in Comune, all’attenzione del sindaco, un telegramma del prefetto eseguire il proprio lavoro in gruppi di almeno cinque persone tutte dirette Pericoli che estendeva ai rappresentanti locali, con «precedenza assoluta», nella stessa località o da ivi ritornare nel periodo 15 giugno – 15 agosto (con la decretazione da parte del «Gabinetto di Sua Maestà il Re» della mobi- un «viaggio terza classe tariffa militare»); nel contempo, si inoltrava anche litazione generale dell’esercito e della marina, con conseguente requisi- copia del decreto di Tommaso di Savoia (luogotenente generale di sua ma- zione dei quadrupedi e veicoli a partire dal giorno seguente (23 maggio). està) che stabiliva l’obbligo per i «proprietari, enfiteuti, conduttori di fondi, Informazione peraltro presagita, con lo stesso mezzo, dal comandante del coloni e lavoratori del terreno» di mettere a disposizione («col diritto a con- Distretto Petri, il quale già dalla mezzanotte del giorno 19 maggio aveva gruo compenso») i propri animali e macchine, nonché il relativo personale, disposto l’organizzazione dei trasporti per coloro che erano stati mobili- allo scopo di garantire il regolare e tempestivo raccolto dei cereali nei fondi tati. Questi erano esentati dal relativo pagamento dai Comuni o dai centri del territorio comunale, demandando ai sindaci le varie richieste di presta- di presentazione, sia utilizzando le Ferrovie dello Stato che i mezzi della zioni e gli accordi economici opportuni. Nell’ottobre dello stesso anno, il «società Veneta», specificando come: «drappelli e individui isolati non de- sottoprefetto si interessava anche dell’avvenuta organizzazione dei cosiddet- vono essere forniti di richieste […] ma saranno ammessi nei treni dietro ti «comitati di lavoro», atti alla manifattura di indumenti militari, richiedendo semplice presentazione foglio di viaggio»; il tutto con esplicita richiesta al se nei vari comuni del comprensorio fossero stati organizzati e esistessero persone o enti che avessero fatto domanda e siano stati riconosciuti in me- rito. Allo scopo si inviava una relativa nota inerente le richieste dei formati comitati volte a ottenere autorizzazioni per «acquistare lana per confezioni maglierie militari». In merito, si specificava come, stante la libertà di procu- rarsela liberamente, a norma delle disposizioni della Commissione provin- ciale, per quella da «distribuirsi gratuitamente per la confezione di maglierie a pagamento», bisognava rifarsi solo a quanto provveduto dalla competente autorità, lasciando comunque ai comitati locali la possibilità, qualora fossero a conoscenza di partite «ottime per qualità, a prezzi convenienti è in qualità sufficiente», di inviarne un campione accompagnato dall’offerta della ditta produttrice. Rispetto all’argomento, una volta ottemperate le analisi del caso e aspettato il tempo necessario alla consona verifica, da Castel Viscardo (an- che a nome del sindaco del vicino Castel Giorgio) si comunicava come nella zona non erano pervenute domande, né tantomeno era stati riconosciuti dalla Prefettura, da parte di persone o enti volti alla organizzazione di questi comitati per la produzione di indumenti militari23. Ma oltre le conseguenze indirette, la guerra stava per farsi sentire negli

23 Ibidem. 46 Luca Giuliani ...Facendo voti che possano tutti ritornare 47 sindaco riguardante la conferma della avvenuta ricezione della detta di- sposizione. Nel giorno della comunicazione ufficiale della mobilitazione era redatto dal Comando del Distretto Militare di Orvieto il manifesto per la chiamata alle armi dei militari di «3a categoria non istruiti», a partire dal 1° giugno successivo e per le classi 1888-1895. Rispetto poi ad alcuni dubbi e incom- prensioni sorte, sul finire dello stesso mese si dichiarava drasticamente come tutti i militari di terza categoria «istruita» delle classi 1876-1895 do- vessero immediatamente (telegramma protocollato il 29 maggio) presen- tarsi alle armi. I giovani interessati erano obbligati a recarsi al distretto se residenti a Orvieto o, al contrario, dai sindaci dei loro Comuni di residen- za, per ricevere i documenti di viaggio e le eventuali anticipazioni per il trasporto tramite ferrovia, tramvia o anche piroscafo, oltre alla indennità di trasferta. Tra l’altro, in aggiunta alle specifiche per chi aveva già ricevuto il congedo o ancora fosse in qualche modo dispensato dal rispondere alla chiamata, due erano le osservazioni più importanti da analizzare sul bando rivolto agli uomini di quelle che si consideravano le classi meno abbienti. In primo luogo, il compenso adeguato previsto per coloro che si presen- tavano con calze, camicie, «corregge» da pantaloni, farsetti, fazzoletti e mutande propri e in buono stato d’uso, dei quali sarebbero stati autoriz- zati a servirsene «in sostituzione degli oggetti militari corrispondenti»; lo stesso valeva per le calzature, qualora non avessero forma molto dissimile da quelle definite di ordinanza. In seconda istanza, il bando si chiudeva con una precisa avvertenza volta alle famiglie bisognose dei militari in partenza, autorizzate a fare richiesta, verbale o scritta, per ottenere un «soccorso giornaliero, pagato dal sindaco il lunedì di ogni settimana» e conferibile alle mogli, ai figli legittimi o legittimati di età inferiore ai dodici anni o inabili al lavoro, a un genitore di età superiore ai sessanta anni e non lavorativo, a entrambi i genitori ultrasessantenni, ai fratelli o sorelle orfani e di età inferiore ai dodici anni o inabili al lavoro. Alle dette prerogative, la cui corrisposta economica era variabile tra i Comuni più importanti e gli altri, era necessaria la dimostrazione che il soccorso dovesse essere confe- rito ai congiunti in presenza di un effettivo bisogno perché a totale carico del partente o privi di quei mezzi di sussistenza derivanti dall’assenza del militare. Il 31 maggio il prefetto inoltrava il manifesto per la chiamata alle armi del «Corpo Reali Equipaggi in congedo» esortandone la repentina affis- sione; nel contempo, il 22 precedente era datato il «Manifesto di chiamata 48 Luca Giuliani ...Facendo voti che possano tutti ritornare 49 50 Luca Giuliani ...Facendo voti che possano tutti ritornare 51 alle armi» dei militari dell’esercito in congedo illimitato (compresi anche per sostituire gli impiegati che restano negli Uffici, aumentando la loro at- quelli della Marina): caporali maggiori, caporali, appuntati e soldati di pri- tività ed il loro zelo, provvederanno al regolare andamento del servizio»25. ma e seconda categoria, con convocazione a partire dalle prime ore del Sta di fatto che la chiamata era forte e si faceva sentire anche nei pic- giorno successivo, suddivisi anche secondo l’anno di nascita e l’appar- coli centri, dove numerosi ragazzi erano strappati nella maggior parte dei tenenza all’esercito permanente e alla milizia mobile o territoriale. Il 23 casi dalle loro terre per andare, lontanissimi nel tempo e nello spazio, a erano convocati gli alpini, l’artiglieria da costa o da fortezza e i finanzieri; difendere un dato confine, oltre il quale il nemico di sempre, lontano e il 24 i carabinieri, i granatieri, la fanteria di linea, gli alpini, i bersaglieri, la irraggiungibile, si palesava ormai sotto diverse spoglie: dal distacco, alla cavalleria (suddivisa in artiglieria e genio), gli aviatori, il «Treno di artiglie- paura, al trasporto del corpo e dei sentimenti in luoghi mai conosciuti e ria e del Genio» e coloro che si sarebbero occupati di sanità e sussistenza. per alcuni neanche mai pensati, verso lo «orrendo flagello» già ampiamen- Il 25 era la volta dei fanti (comprensivi dei provenienti dai granatieri o dai te temuto dal vescovo Fratocchi nel marzo 191526. bersaglieri) e il 1° giugno di tutti i militari di prima e seconda categoria in I ruoli matricolari conservati nel nostro Archivio Storico Comunale, congedo illimitato provvisorio, coloro che non avevano ancora prestato nella loro limitatezza e lacune cronologiche (mancano alcune classi e anni per essere stati ammessi al ritardo del servizio e i volontari di un anno. di nascita), riportano una situazione provvisoria di come il fenomeno in- Per questa ultima categoria, le specifiche erano rese con apposita comu- vestiva gli equilibri già precari, fatti di sussistenza e mera sopravvivenza nicazione del 24 maggio, tramite la quale si intendeva andare a disciplinare in una realtà fortemente ancorata alla produttività locale, registri dai quali gli arruolamenti nell’esercito permanente, da considerarsi valevoli sino alla emergevano anche alcune situazioni di diserzione legate all’emigrazione durata della guerra e per l’ammissione dei militari di terza categoria in che aveva investito i nostri paesi all’ini- congedo, fatto salvo il riconoscimento delle qualità richieste ed escluse le zio del XX secolo. Questi ragazzi, lon- compagnie di sanità e sussistenza. Il bando riguardava i cittadini italiani di tani con le loro famiglie (soprattutto in una età compresa tra il 18 e i 20 anni che non avevano ancora concorso Brasile, nello stato di San Paolo o nella alla leva, coloro che erano stati dichiarati rivedibili o anche riformati che città di Alfenas) si guardarono bene avessero acquisito l’idoneità richiesta in tempo di guerra, coloro che, pur dal ritornare in patria, probabilmente non avendo più nessun obbligo, fossero giudicati fisicamente abili a sop- non più sentita neanche propria, dal portate le fatiche e i disagi dell’imminente campagna. Nell’agosto succes- riprendere quell’oceano che li separa- sivo si procedeva alla richiamata di tutti i militari in congedo illimitato per va dalla terra natia, terra che, abban- le classi dal 1884 al 188624. donata in tenera età perché madre non Tali richieste erano oggetto anche di forte contrasto rispetto all’anda- fertile, erano ora chiamati a difendere. mento della gestione corrente degli stessi Comuni i quali, in alcuni casi, A partire dalla documentazione pre- si vedevano sottratti i loro impiegati. Da tali amministrazioni era giunta sente si registrarono alcuni di questi la richiesta di ottemperare ad alcune dispense in modo da non fermare o casi, anche emblematici, situazioni che quanto meno rallentare la macchina locale e gestionale. Richieste alle quali si accomunavano in tabelle insieme a si rispondeva con un secco diniego già nell’ottobre del 1915 da parte del coloro che per difetti fisici vari erano sottoprefetto, con la raccomandazione che: «gli Uffici Comunali anche in stati riformati (per la cataratta o per il caso di richiamo di altre classi continuino a funzionare regolarmente per- «piede equino») o che, in salute, parti- chè a prescindere dall’assunzione in servizio provvisorio di altro personale

25 Ibidem. 24 Ibidem. 26 Atti dell’ordinario, in «Bollettino della Diocesi di Orvieto», 1/1 (1915), p. 10. 52 Luca Giuliani ...Facendo voti che possano tutti ritornare 53 rono per il fronte senza più farvi ritorno. Della classe 1889, per esempio, Frattanto, già dal mese di ottobre, arrivavano le prime circolari inerenti le si possono vedere gli esempi di chi era stato riformato nel 1918, ancora iniziative volte ad alleviare le disgrazie degli orfani dei primi morti in guerra in tempo di guerra, e di chi partito per la «America» nel 1902 o 1903, alla o a favore dei combattenti rimasti ciechi o mutilati. Il 9 ottobre su tale tema chiamata alla leva nel 1909 si era mostrato renitente, reiterando anche il sindaco di Castel Viscardo rispondeva come le iniziative richieste erano nel successivo 1920. Situazioni che facevano da contraltare con chi, come svolte dal locale Comitato di mobilitazione Civile, come uno dei suoi scopi, Giovanni Battista Pietroni di Monterubiaglio, tanto per fare un esempio, sottolineando: «Purtroppo però i mezzi raccolti e che si potranno raccoglie- per quei luoghi dovette partire come fante, lasciandovi la sua giovane vita re non sono molto rilevanti, ma si spera che ove sventuratamente avesse a (il 26 marzo 1917, a 28 anni). Altri ancora si “salvarono” prestando il loro presentarsi qualcuno dei casi sopradetti la Carità Cittadina cui il Comitato servizio in altre forze, scelta che era bastata a dispensarli, in quanto già rivolgerà energico appello verrà in ausilio per raggiungere lo scopo nel mi- appartenenti, per esempio, al corpo degli agenti di custodia27. glior modo possibile»29. Per non parlare poi di quella che si può definire come una delle pagine Nel giugno del 1915 uscivano delle precise normative inerenti l’ordine più gloriose della resistenza italiana, alla quale contribuiva anche il nostro pubblico, volgenti alla partecipazione delle disposizioni del Regno sulla dif- Comune, ossia la partenza e la partecipazione alle ostilità dei giovani solda- fusione di notizie non controllate. Il sottoprefetto Vico, cautelandosi, av- ti appartenenti alla eroica classe del ’99, ragazzi che lasciarono la loro vita vertiva gli amministratori locali contro una certa campagna diffamatoria poco più che diciottenni. Dei 52 nati in quell’anno e dei 40 sopravvissuti rispetto alle risultanze delle disposizioni governative, informando di come, ai primi anni di vita o rimasti in paese, alcuni nel 1918 era scaraventati nel in base al decreto del 20 del detto mese, sarebbe stato colpevole chi avesse conflitto e ivi perirono per diverse cause, come i soldati castellesi Anto- partecipato più o meno direttamente alla diffusione di notizie che andassero nio Sugaroni, figlio di Francesco e di professione fornaciaio, deceduto nei in controtendenza con quanto stabilito e punendo: «chiunque comunican- pressi di Cittadella per una meningite, e Quirino Pasqualetti, un calzolaio do con più persone o anche separate da sulla difesa dello stato e opera- figlio del fabbro ferraio Fortunato, deceduto nei pressi di un ospedale di zioni militari notizie diverse da quelle pubblicate da Governo e comandi Riserva a Forlì, o il vicenese Sergio Stella di Silvestro che svolgeva insieme esercito e armata». al padre, nell’arco della sua breve vita, l’occupazione di «campagnolo», Il tutto era volto alla volontà di non allarmare e turbare la tranquillità deceduto nell’ospedale militare di Riserva di Porta Furba (Roma)28. pubblica, tanto che si prevedeva anche la carcerazione di chi fosse stato Tale dispiegamento di forze presupponeva anche un impiego di risorse colto in flagranza di reato. In allegato, era fornita copia del decreto luo- di difficile reperimento nel breve e medio periodo, mostrando alcune dif- gotenenziale (20 giugno 1915, 885): «che punisce la diffusione di indebite ficoltà che sfociavano nelle nuove iniziative tese al reperimento di fondi notizie durante la guerra», oramai realtà anche per le truppe italiane e, di attraverso dei prestiti nazionali. Se l’anno 1915 si era aperto con la comu- converso, per le famiglie dei giovani partiti e richiamati, rispetto alle quali nicazione della possibilità di sottoscrizione per i Comuni, nel giugno suc- era cercata, attraverso la normativa, una certa cautela con la limitazione cessivo l’Agenzia delle Imposte Dirette e del Catasto esortava all’affissione della circolazione di notizie diverse dalla linea ufficiale, notizie che non di due nuovi avvisi con il medesimo oggetto «nei luoghi più frequentati, e dovevano discostarsi da quanto il Governo aveva deciso come linea uffi- ciò da subito», seguendo peraltro quanto già comunicato dal prefetto con ciale in materia di guerra, economia o altri fatti di pubblico interesse30. Si telegramma del 19 giugno circa la sottoscrizione del prestito nazionale, la trattava di quella che tre anni dopo si trasformava in una vera e propria cui organizzazione doveva essere ampiamente partecipata a responsabilità propaganda disfattista, rispetto alla quale si cercava continuo rimedio nella del sindaco per la durata di quindici giorni e senza nessuna spesa aggiuntiva. gestione quotidiana. Nel 1918 si parlava apertamente, da parte della sot-

27 ACCV, Anagrafe, Leva, 5. 29 Ibid., Carteggio amministrativo, 3/6. 28 ACCV, Anagrafe, Liste di leva e altro, 2, e Stato Civile, Atti di morte, aa. 1916-1920, cc. s.n. 30 Ibidem. 54 Luca Giuliani ...Facendo voti che possano tutti ritornare 55

toprefettura, di una azione volta «a giovarsi anche dei sentimenti religiosi della popolazione» che prendeva forma attiva attraverso la diffusione di scritti, immagini sacre o preghiere «pro pace» da far circolare con sistema a catena («otto copie a otto persone») la cui rottura si diceva portatrice di gravi sventure verso chi se ne rendeva colpevole31. Del resto nelle campagne, oltre alla assenza soggettiva e al blocco di al- cune attività, peraltro neanche così dinamiche, le vere conseguenze dovet- tero registrarsi nell’assenza di braccianti, coloni e salariati, le cui mancanze crearono il venir meno, nel giro di qualche tempo, delle risorse disponibili tanto che già dal 1916 circolavano direttive circa la limitazione dei consu- mi e nel 1917 si palesava il cosiddetto censimento dei cereali, allo scopo di accertare le effettive disponibilità onde evitare: «gli artificiosi maneg- giamenti di speculatori» e assicurare nel miglior modo possibile gli ap- provvigionamenti alla popolazione. Si suggeriva, allo scopo di non cadere nella trappola di personaggi dalla dubbia moralità, una certa disciplina da imporre per una migliore utilizzazione delle derrate disponibili, evitando così ogni sperpero e garantendo l’utilizzo minimo mirato alla stretta ne- cessità32. Provvedimenti questi che, se prima erano stati preavvisati solo alle autorità civili e religiose, come strumento di mero controllo, sul finire dello stesso anno giungevano a disposizioni reali sul razionamento dei generi di prima necessità, richiamando ancora allo spirito di nazione e all’interesse generale. Il tutto adottato dal Consiglio di Castel Viscardo con delibera del 25 settembre 1917, per quanto riguardava il razionamento del grano, della farina e del pane, provvedimento che, si specificava, non doveva generare apprensione, in quanto: «come è chiaramente dimostrato […] il grano non mancherà certamente alla popolazione, ma bisognerà convincersi che deve adottarsi per indurre la popolazione stessa a quelle norme di economia che sono appunto necessarie perché il genere di pri- missima necessità basti per tutti fino al nuovo raccolto». Tuttavia, stante la grave siccità riscontrata in quell’anno che aveva causato lo scarso raccolto dei legumi, con i quali si poteva ovviare al consumo eccessivo di cereali,

31 AVO, Carteggio vescovile, Orvieto, 1918 lug. 25, [Reale Sottoprefettura di Orvieto] «Propaganda disfattista». 32 Ibid., Perugia, 1917 mag. 13, [Regia Prefettura della Provincia dell’Umbria] «Censimento dei cereali». Si veda anche nel Protocollo Generale, fasc. 1918/7, una raccolta di varie informative inerenti gli anni di guerra tra cui quelle relative alla requisizione dei cereali. 56 Luca Giuliani ...Facendo voti che possano tutti ritornare 57

si stabilivano delle distribuzioni una o due volte al mese, con precise re- golamentazioni che dovevano interessare anche i venditori al minuto di farina e pane, i quali: «non potranno consegnare tali generi se non a quei cittadini che si presenteranno muniti di tessera rilasciata dall’ufficio muni- cipale, nella quale tessera dovrà essere determinato il quantitativo di fari- na e pane occorrente settimanalmente o giornalmente per la famiglia del titolare della tessera stessa». Tale ammontare era poi regolamentato dalla Giunta il 31 ottobre successivo, con tanto di tabella stabilente le quantità assegnate per settimana ad ogni persona, generi (grano, granoturco, pasta e riso) suddivisi in determinate categorie che garantivano una maggiore o minore pretesa secondo l’età (più o meno 12 anni) e le mansioni svolte. Così gli abitanti erano distribuiti in classi: lavoratori produttori o non pro- duttori, non lavoratori benestanti e piccoli impiegati o professionisti, con una tabella molto esplicativa che privilegiava alcune razioni per i lavoratori (più grano, ma niente pasta), differenziandoli da chi, invece, non spendeva le proprie energie manualmente, ma organizzava i propri beni o lavorava in ambiti di concetto. Il tutto predisposto, nella distribuzione prevalente- mente quindicinale, attraverso una apposita commissione nominata dalla Giunta e con a capo il sindaco, coadiuvato da un ufficiale sanitario e dai rappresentanti delle varie categorie individuate con: Antonio Tomassi per i «lavoratori di Campagna», Odoardo Borri per quelli «di città», Adamo Ambrogi per la «Categoria piccoli impiegati» e Leandro Ceccarelli per i «commercianti»33.

Conclusioni Da quanto è possibile ricostruire dalla documentazione dell’Archivio Comunale di Castel Viscardo, si hanno solo dei brevi accenni rispetto alla definizione degli anni teatro della Grande Guerra, provvedimenti, a volte, anche cautelativi rispetto ai quali la limitata azione di gestione risultava incanalata nella conservazione dell’ordinario. Ma il contributo dato alla causa da parte della piccola realtà era tutt’altro che minimo e anche di una certa rilevanza, se si tiene presente che i nativi del luogo che persero la vita

33 ACCV, Copie delle delibere del Consiglio e della Giunta, 2bis/6. L’anno successivo, la Giunta andava a regolamentare il prezzo della farina, pane e pasta, tenuto delle varie proporzioni, le modalità di realizzazione e anche, nel caso della pasta, del trasporto necessario da Orvieto (delibera del 24 agosto 1918). 58 Luca Giuliani ...Facendo voti che possano tutti ritornare 59 direttamente nel conflitto, da quanto risulta dalle iscrizioni del monumento ai caduti, furono ben 61, mentre gli atti di morte registrati erano solo 36, alme- no per quanto è stato riscontrato tra gli anni 1915 e 1920. Al computo totale, ne dovrebbero essere poi aggiunti altri, come risulta dalle epigrafi poste nelle frazioni di Viceno e di Monterubiaglio, nominativi non presenti a Castel Vi- scardo, dove il monumento, composto di quattro facciate di nomi di soldati e dei loro ruoli, periti in battaglia, ne vede occupate due (la metà) per la sola Prima Guerra Mondiale. A questi uomini devono essere aggiunti quanti nei medesimi anni del conflitto o successivamente perdettero la vita a causa di conseguenze più o meno dirette e imputabili allo stesso, quali la febbre spa- gnola o l’assenza dei deputati al fabbisogno particolare delle varie famiglie. Tra gli altri casi da segnalare di decessi legati allo scoppio del conflitto, si riporta quello di Maria Armida Ercolani, una infermiera di Castel Viscardo nata il 18 dicembre 1878, figlia di Arcangelo e Adelinda Lucattelli. La donna era di servizio a bordo del piroscafo «Siena» affondato il 4 agosto 1916 a lar- go del porto di Marsiglia da un sommergibile tedesco. Nel 1919, il sindaco ne ratificava la morte registrando la notizia giunta dal pretore di Orvieto, per la quale, a seguito dell’attacco subito dalla nave italiana e del successivo af- fondamento, Maria Armida era scomparsa in mare e non avendosene avuto più notizie si poteva oramai ritenere deceduta34. Tra tanti soldati (in maggior parte), artiglieri, fanti, scaricatori, mitraglia- tori, caporal maggiori, sergenti (come la medaglia d’argento al valor militare

Atto di morte. Carlo Zanetti), carabinieri o bersaglieri, la storia di questa giovane donna, strappata al suo servizio dalla nascosta mano di un sommerso siluro, emerge quale grido di richiamo ad un presente che stenta a comprendere il valo- re dell’eroico servizio portato da tanti giovani. Le loro esistenze, strappate a una dura realtà di sopravvivenza, andarono a cozzare dinanzi al “muro nemico”, furono per sempre soppresse o stravolte, nel caso di chi vi fece ritorno, in nome di una inutile ricerca di sopraffazione che non insegnò, nonostante l’immane tragedia, niente di nuovo a quanti si trovarono a or- Lapide commemorativa e di intitolazione della via al sergente Zanetti, posta nel cinquantenario dinare conflitti nei decenni successivi, a quanti ancora cercano solo materie della sua morte. di scontro, magari sulla pelle di qualcun altro, non mettendosi, peraltro, mai 34 Ibid., Stato Civile, Atti di morte, aa. 1916-1920, cc. s.n. in gioco. Storia del piroscafo “Siena” e del suo affondamento

di Francesco Pittaluga

Il piroscafo “Siena” di circa 4.500 tonnellate venne costruito a Genova nel 1905 per la “Italia-Società di Navigazione a Vapore” fondata a Genova nel 1899 da vari imprenditori liguri del settore marittimo fra cui Luigi ed Emanuele Accame; Nicolò Odero proprietario degli omonimi cantieri navali di Genova-Foce dai cui scali scenderanno in mare le prime unità della compagnia; Federico e Paolo Scerni; Edoardo Canali ed altri e da non confondere con la più recente e conosciuta “Società Italia” del 1932. L’unità venne varata a Sestri Ponente assieme al gemello “Bologna” e fu subito immessa in servizio per gli scali del Brasile e Plata al comando del Capitano Pietro De Negri. Ad un solo fumaiolo, due alberi e doppia elica, disponeva di una settantina di posti di prima classe in comode cabine e di 1290 cuccette in cameroni per il lucroso trasporto degli emigranti. Dalle linee moderne e filanti, era il tipico “liner” di medie dimensioni analogo a tante altre unità italiane antecedenti l’introduzione in servizio dei grandi transatlantici che arriveranno col decennio successivo per poi affermarsi negli anni Venti e Trenta del Novecento. Nel maggio del 1913 le due navi gemelle vennero cedute dalla “Italia” a “La Veloce”, importante compagnia erede delle marinerie ottocentesche dei Fratelli Lavarello, Cerruti e Bruzzo, fondata a Genova nel 1884 e leader dei collegamenti con le Americhe. Al momento della cessione entrambe le società facevano parte da alcuni anni del grande gruppo armatoriale che gravitava intorno alla “Navigazione Generale Italiana”, frutto della fusione ottocentesca delle flotte del genovese Raffaele Rubattino e dei siciliani Vincenzo ed Ignazio Florio. Questa cessione sarà solo il prologo del totale assorbimento da parte della “Navigazione Generale” stessa sia dell’ “Italia” che de “La Veloce”, che avverrà di lì a pochi anni. Sotto le insegne gialle con stella rossa sulla ciminiera proprie dei bastimenti de “La Veloce”, le due unità vennero spostate in linea centroamericana col progetto di prolungarla sino a Valparaiso una volta completato il canale di Panama: ciò avrebbe permesso di raggiungere agevolmente Maria Armida Ercolani di Arcangelo e Adelinda Lucattelli nata a Castel Viscardo il 18 dicembre 1878. gli scali di Perù e Cile evitando la lunga e perigliosa circumnavigazione 62 Francesco Pittaluga Storia del piroscafo “Siena” 63

compagni. Fu la perdita più grave de “La Veloce” durante la guerra. A ricordo del disastro e a onore di quanti persero la vita nell’affondamento verrà poi apposta una lapide nella sede della “Navigazione Generale Italiana” in Piazza De’ Ferrari a Genova. Tale monumento ricordava tutte le vittime civili e militari delle varie unità del gruppo “N.G.I.” e, in generale, della Marina Mercantile perdute per cause belliche durante il Primo Conflitto Mondiale: fra di esse ricordiamo il “Principe Umberto” con ben 1926 perdite umane, il “Duca di Genova”, lo “Stampalia”, il “Caprera”, l’“Ausonia” e il “Carignano” tanto per citare solo alcuni dei settanta e più piroscafi affondati dal nemico. Quando nel 1932 la “Navigazione Generale Italiana” verrà raggruppata assieme a “Lloyd Sabaudo” e “Linea Cosulich” nel nuovo consorzio nazionale “Italia- Flotte Riunite” poi “ Società Italia di Navigazione”, la sede della nuova grande Compagnia resterà la stessa e la lapide rimarrà al suo posto fino Il piroscafo Siena. alla metà degli anni Ottanta del Novecento quando, a seguito della ristrutturazione della Flotta di Stato, verrà traslocata presso gli uffici di del Continente Sudamericano nella prospettiva di servire una linea una ormai ridimensionata “Italia di Navigazione” dedita al solo traffico commerciale allora molto trafficata sia per il trasporto degli emigranti merci al “W.T.C.” di Sampierdarena-San Benigno fino alla liquidazione che per i periodici spostamenti da e per la madrepatria delle popolose della Società stessa, assorbita prima dalla “D’Amico Lines” e poi da e fiorenti comunità italiane e liguri in particolare che ormai da decenni interessi stranieri alla fine degli anni Novanta. Oggi sopravvive con popolavano quelle nazioni contribuendo in maniera più che notevole sede a Trieste una nuova “Italia Marittima S.p.A.” che dovrebbe essere al loro sviluppo. Tale impiego verrà riservato al “Bologna” che, anzi, l’erede della “Società Italia” e del “Lloyd Triestino” messe assieme: in al termine del primo conflitto mondiale sarà la prima nave passeggeri verità, operando nell’ambito del colosso internazionale “Evergreen italiana ad attraversare la nuova importante via d’acqua. Il destino Co.”, poco ha a che vedere con le gloriose compagnie cui idealmente non concesse ciò al gemello “Siena” che, al comando di Giuseppe M. Minetti, il 28 dicembre 1915, causa fitta nebbia, andò ad investire ad ovest dell’Isla Plana nei pressi di Alicante. Disincagliato a fatica dopo un lungo lavoro, il 7 gennaio riprese servizio. Questo incidente fu solo il prologo della tragedia che attendeva il piroscafo di lì a poco. Infatti, il 4 agosto del 1916, mentre stava rientrando a Genova da Colòn e dagli altri scali centroamericani del suo itinerario, venne affondato a cannonate senza preavviso dal sommergibile tedesco U-Boote U-35, al comando di Lothar Von Arnauld, in pieno Golfo del Leone al largo dell’isola di Planier dove era presente un faro che indicava ai naviganti la rotta verso il porto di Marsiglia. Nell’affondamento perirono 18 passeggeri e 28 membri dell’equipaggio fra cui l’infermiera di bordo Signorina Maria Armida Ercolani che vogliamo oggi ricordare assieme ai suoi sfortunati 64 Francesco Pittaluga dovrebbe rifarsi e la cui storia, tornando indietro nel tempo, fra le tante unità grandi e piccole degne di nota ci fa risalire al piroscafo “Siena” ed al suo tragico destino. Con un unico doveroso pensiero di rispetto e di perenne ricordo per quanti trovarono a bordo di quella nave il loro sacrario in fondo al mare. Dove ci deve confortare il pensiero che essi riposino in pace, morti ma vivi nel ricordo di quanti ne onorano ancora oggi la memoria. Fra queste persone da non dimenticare, Maria Armida Ercolani, la giovane infermiera di bordo che, alla domanda dei suoi famigliari se non avesse paura di viaggiare e prestare la propria opera su di una nave in un periodo così pericoloso rispondeva: “ Avrei una tomba così bella…”

Un ritratto di Maria Armida Ercolani: “di condizione infermiera di bordo”. 67

Zelindo Dominici (classe 1894).

Evaristo Caprasecca (classe 1888). Erminio Bernasconi (classe 1898). Giuseppe Frosoni (1892).

Luigi Serranti (classe 1894): brevetto per il conferimento delle «tre stellette sul distintivo delle fatiche Piazza 4 Novembre, inaugurazione del Monumento ai Caduti (foto tratta da Castel Viscardo: la di guerra». sua storia, le sue tradizioni). Tra passato e presente sul Passo San Pellegrino (TN)

(diario di una famiglia in trekking tra natura e storia)

di Chiara Tiracorrendo

Domenico Ambrogi (classe 1896). Vincenzo Ercolani (classe 1884).

Quando usciamo dalla funivia che collega il Passo San Pellegrino (1.919 mt s.l.m.) sul culmine del Col Margherita (2.545 mt s.l.m.) ci accoglie un paesaggio lunare, senza vegetazione e sferzato da un vento freddo - e dire che eravamo in agosto! -. Da qui parte l’Alta Via Mariota, una dorsale panoramica tra il Col Margherita e la Forcella Juribrutto; un sentiero turistico con uno dei Biagio Frosoni (classe 1891). 74 Chiara Tiracorrendo Tra passato e presente sul Passo San Pellegrino 75 panorami più belli che possano offrire le Dolomiti trentine: di fronte, aldilà del Passo, la Cima Uomo e la Marmolada; alle spalle, il gruppo delle Pale di San Martino e verso sud ovest la catena del Lagorai... Se non fosse che proprio in quell’Alta Via dolmitica cento anni fa correva il fronte italiano durante la Prima Guerra Mondiale. Un linea di strenua difesa, dove i soldati italiani hanno combattuto – e sono morti – per più di un inverno e assieme a mio marito e ai miei figli non ci capacitiamo di come tanta meraviglia del creato sia stata muta testimone di orrore, morte e distruzione. Tanto è il contrasto tra ciò che la Storia ci racconta e quello che pieni di gioioso stupore i nostri occhi ammirano, che non riusciamo neanche a parlare tra noi. In silenzio, quindi, ci incamminiamo sulla prima parte dell’Alta Via Mariota. Ad un certo punto il cuore di noi adulti si sofferma un attimo di fronte a quei sassi disposti ad angolo, che chiaramente sono i resti di una trincea o di un ricovero per soldati o munizioni, ma la mente è già andata avanti grazie alla “ridefinizione” operata dal banalissimo gioco di arrampicarsi impariamo mai dai bambini, dalla loro immediatezza, dalla loro semplicità dei nostri ragazzi... e così rifletto: un posto di odio e di morte dopo cento e ci complichiamo così tanto la vita da arrivare a distruggerci a vicenda... anni è diventato un improvviso parco giochi... ma perchè noi uomini non tra uomo e donna, tra colleghi, tra popoli...??? Facciamo una nuova foto in questo monumento naturale ai caduti della Prima Guerra Mondiale, che oggi grazie a i miei figli è diventato per un attimo simbolo di Pace e Vita. 76 Chiara Tiracorrendo Tra passato e presente sul Passo San Pellegrino 77

Il giorno seguente abbiamo ancora tutti voglia di ascendere di nuovo cento anni fa era il confine autriaco, spesso veri e propri tunnel scavati oltre i 2000 metri, è la vacanza che ci piace, da sempre: camminare per dall’esercito austro-ungarico all’interno delle rocce, oggi indicati come sette-otto ore al giorno, arrivare in cima al mondo e respirare un po’ di l’Alta Via Bepi Zac. infinito, lassù al limite tra cielo e terra. Il Rifugio Selle ci accoglie mostrando già da sotto la sua mirabile Cento anni fa, ragazzi poco più grandi di Lele marciavano con scarpe posizione strategica, affacciato com’è sulla valle del passo sottostante. inadatte e abiti militari, anche per dieci ore al giorno, caricati di un peso che Il monumento al sacrificio umano tributato dai soldati della Prima andava oltre la loro comprensione... e il paradosso più grande scritto tra i Guerra Mondiale è fatto di ciottoli, filo spinato, baionette arrugginite e nostri monti è che spesso quei ragazzi italiani per nascita, ma “stranieri”

assemblate a formare un croce, molto simbolicamente lo troviamo proprio per confini politici, si trovavano a combattere lungo il fronte austro- sul limitare del confine austriaco. I morti sono morti, non importa di che ungarico, contro i loro stessi conterranei... ma non ancora connazionali. sesso, razza o nazionalità e di fronte al massacro di massa dei giovani Esattamente di questo è testimone il Passo San Pellegrino: da una parte soldati nelle trincee, spesso più per il freddo e gli stenti patiti a queste il Col Margherita, con la linea di confine italiana e proprio di fronte ad altitudini che per i combattimenti veri e propri: di nuovo il rispetto e il essa, separate dal Passo, l’allora terra-di-nessuno, si ergono le Creste del silenzio colgono inermi noi adulti. Costabella, lungo le quali correva il confine austriaco. Ed anche qui, come il giorno precendente sull’altro fronte, il cammino Dal Passo (1.919. mt s.l.m.), passando per le Creste del Costabella si procede per un po’ nell’osservazione silenziosa e meditativa di quelle risale un sentiero di ciottoloni e muschi fino a raggiungere il Passo delle tracce di distruzione e morte. Selle (2.528 mt s.l.m.), fino all’omonimo rifugio. Per fortuna ci pensano anche oggi i nostri ragazzi a confondere passato Da lì partono una serie di camminamenti lungo la linea di quello che e presente e a farci intravedere, nonostante tutto un futuro di speranza. 78 Chiara Tiracorrendo Tra passato e presente sul Passo San Pellegrino 79

La sensazione è quella di camminare “dentro” un pezzo di Storia, resa ancora più forte perchè non la stiamo osservando da dietro a una teca di un museo, ma siamo camminando proprio lì, su quei luoghi dove la Storia (certo la sua parte più feroce e crudele) ci è passata davvero. Questi inconfondibili ammassi di ciottoli a costruire luoghi di distruzione, oggi si stagliano a toccare il cielo, dall’ultimo brandello della cima del monte e stanno lì a testimoniare cosa sono stati e quello che non dovrebbero mai più essere...... grandi e piccoli proseguiamo la nostra vacanza, attraverso quei monti che amiamo e che ogni anno torniano a scalare, ma con i quali ora condividiamo “qualcosa” in più: un pezzo fondamentale della nostra anima, che si è fusa per sempre, ancora di più, con queste montagne e con la Storia che per qui è passata cento anni fa e che ci ha permesso di chiamarci e farci chiamare “italiani”.

Lungo la postazione di fucileria austriaca improvvisano un nuovo gioco e interrompono il meditare serio e muto di noi genitori, che sorridendo, svalichiamo e riprendiamo il cammino verso il Rifugio Taramelli. Lungo la via, ci accompagnano ancora per un po’ i resti di magazzini per le derrate alimentari, le armerie e le vere e proprie trincee di appostamento... 80 Chiara Tiracorrendo Tra passato e presente sul Passo San Pellegrino 81 82 Chiara Tiracorrendo Tra passato e presente sul Passo San Pellegrino 83

“Tutti avevano la faccia del Cristo nella livida aureola dell’elmetto, tutti portavano l’insegna del supplizio nella croce della baionetta e nelle tasche il pane dell’ultima cena e nella gola il pianto dell’ultimo addio”. Viceno: povertà e grande guerra

di Fiorella Santi

Viceno, estate 1953

Povero paese, disteso pigramente su una collina, a pochi chilometri da Orvieto ai piedi di un castello, povero anch’esso: non ha nulla di bello da mostrare, se non un panorama mozzafiato, perché più che un vero castello si tratta di un fortilizio sorto, nel punto più alto del colle, a difesa dei vari signori che si sono succeduti nell’orvietano. Povere case, senza acqua corrente, in compenso spesso acqua e neve entrano dai tetti sgangherati; ogni casa al piano terra ha la sua stalla che durante l’inverno si usa come servizio igienico, mentre d’estate si va nei campi. La grande piazza e le strade, naturalmente non asfaltate, sono polvero- se, piene di sassi e di escrementi di animali, perché continuamente percor- se da buoi, maiali, “somare”, pecore, muli e in mezzo a tutto ciò bambini schiamazzanti, scalzi e seminudi, incuranti della sporcizia e della miseria, perché troppo presi dai loro giochi. Anch’io faccio parte di questo stuolo: poveri, ma felici, perché ci sen- tiamo parte integrante di quell’ambiente, come le numerose rondini che girano veloci attorno al campanile, garrendo rumorosamente. Ma un giorno arriva a Castel Viscardo un’automobile nera (all’epoca nessuno possedeva un’automobile): viene a prendere la mia famiglia e pro- prio me, bimbetta di otto anni, magrissima, con due grandi occhi scon- certati, per portarci alla stazione, perché mio padre ha trovato lavoro a Bologna e dobbiamo partire. Mi sento persa, come inghiottita nel ventre di una balena; dovrei essere contenta, perché andrò ad abitare in città, in una casa con l’acqua corrente, con il bagno, forse si vedrà qualche soldo, ma mi stanno strappando dal mio mondo. 86 Fiorella Santi Viceno: povertà e grande guerra 87

Mi appiccico con il naso al finestrino per non far vedere ai miei genitori Sempre Benito Leoni così scrive: «La feroce rivalità, iniziata quasi per le grosse lacrime che non riesco a trattenere, mentre fuori vedo allontanar- gioco, si sviluppò per circa vent’anni, con rappresaglie, incidenti, apposta- si i volti dei miei amici e il mio amato paese. menti, contusi, feriti e liti e a non finire… L’ultima “battaglia” fu combat- Questo sono i Vicenesi, forse sempre pronti a criticare perché il paese tuta il lunedì di Pasqua del 1914, quando Peppe de Bulino fu colpito da non offre niente di bello (pure oggi, anno 2015, c’è un solo bar che funge una violenta sassata che lo tenne a letto per una decina di giorni e ai Vice- anche da piccolo supermercato, dove però si può trovare “Dio tutto un nesi costò ben quarantadue feriti e contusi. Lo scoppio della guerra, quella po’”, come dice l’insegna), ma fortemente innamorati della loro terra e vera del 1915-18, mise fine a questo misero gioco riportando finalmente orgogliosi di appartenervi. tra i due paesi il senso del buon vicinato». Gente ospitale e generosa: anche quando la miseria più nera era l’unica E qui lo scenario cambia: ora è la grande Patria che chiama e ancora una compagna di vita, non mancava mai sul tavolo la “panatella” col buon volta i Vicenesi dimostrano il loro coraggio, non si tirano indietro e danno vino di Viceno da offrire al viandante e i più fortunati dividevano pane e il loro valoroso contributo. companatico con quelli che ne avevano meno di loro. Giovani spose salutano con angoscia il marito, con l’ultimo nato in Io ricordo con gratitudine l’Argisa, che abitava di fronte a me e che ave- braccio, forse attaccato al seno, mentre i più grandicelli, numerosi, perché va un branco di pecore: quando ero piccola mi regalava sempre una tazza i figli erano braccia per il lavoro dei campi, sporchi e laceri, attaccati alle di latte cagliato, dove io affondavo una fragrante fetta di pane bruscato e loro gonne, vedono allontanarsi quel padre dal quale forse non hanno il “cricco”, una specie di primosale, profumato e saporito, a forma di pal- avuto neanche una carezza, perché in tutta quella miseria non c’era tempo letta, che arrotolava stringendolo fra le mani. per certe delicatezze. Tuttavia i miei compaesani, discendenti degli antichi guerrieri che di- Madri straziate abbracciano i loro figli, poco più che ragazzi e non rie- fendevano il castello, hanno anche ereditato da loro la forza e il coraggio scono a staccarsi da loro, non possono lasciarli andare pensando che qual- e sono pronti a combattere per difendere il proprio paesello quando se ne cuno ha già imbracciato il fucile che potrebbe ucciderli e nessun dolore è presenta l’occasione. paragonabile a quello di una madre, perché un figlio è parte di te, è carne A questo proposito, nei suoi libri scritti su Viceno, Benito Leoni ci rac- della tua carne e se ti tolgono un figlio è come se ti troncassero un braccio, conta alcuni episodi, come quello storico di Carlo VIII che nella sua di- se ti strappassero il cuore, ti manca il respiro e la tua vita finisce con lui. scesa verso Napoli non riuscì ad espugnare il nostro colle e fu costretto ad Anche i Vicenesi, forse a fianco di quei Benanesi con i quali fino a poco abbandonare il campo con grandissime perdite. prima hanno combattuto battaglie paesane, partono, insieme a tanti altri Così scrive Benito: «Contro l’indomito valore dei prodi Vicenesi, le pre- giovani provenienti da tutte le regioni, su lunghi treni fumanti verso quel ponderanti forze del re francese nulla poterono. Il Verde colle si tinse di confine dove li attendono battaglie violente. rosso durante i tre giorni in cui gli scontri si susseguirono violenti e mici- Forse non riescono neanche a comunicare bene tra di loro, si parla il diali. Fu al calare del terzo giorno che, visto inutile ogni tentativo contro il dialetto e pochi sanno esprimersi in italiano. Estraggono dalla tasca la foto leonino coraggio dei Vicenesi, i cugini francesi decisero di abbandonare la della mamma, della moglie, della fidanzata o il santo patrono del paese che preda, ripiegando verso Orvieto». una mano affettuosa e preoccupata ha unito alle altre cose, perché li pro- Ci sono poi episodi più recenti, come quando agli inizi del 1900, alcuni tegga, perché faccia loro da scudo per non farli trafiggere dai colpi nemici vicenesi, spinti dal bisogno, dissodarono senza permesso alcuni terreni dei e il loro pensiero vola lontano. principi Spada, ricoperti di rovi e sterpaglie e difesero questa loro conqui- Dopo un tratto di strada si fa sentire la fame e allora ecco uscire un pez- sta fin quando non furono arrestati e portati in carcere. zo di pane cotto nel forno comune, che le donne scaldavano con le fascine E poi ci fu la guerra dei vent’anni con Benano, sembra causata dal furto facendo chiacchiere e pettegolezzi, e un pezzo di formaggio; ne aspirano sacrilego della reliquia di S. Nicola da parte di un Benanese, ma anche per il profumo, ne assaporano ogni boccone e già sognano di ritornare a casa, la gelosia nei confronti delle proprie donne. ma ben altro li aspetta. Giovanni Leoni (detto Brenna).

Carlo D’Orazio, Giovanni Violini, Ulisse Pioli. Serafino Pistucchia, partì per la Grande Guerra mentre era consigliere comunale. 90 Fiorella Santi Viceno: povertà e grande guerra 91

Una guerra lunga e crudele è il loro destino, ma i Vicenesi sono corag- giosi e anche al fronte non viene meno il loro valore. Le lunghe e faticose marce su per le montagne, con i piedi affondati nella neve, congelati, per- ché gli scarponi spesso sono rotti; le estenuanti attese nelle trincee al caldo o al freddo intenso, con poca acqua e poco cibo in attesa dell’ordine di attaccare e sogni il volto di tua madre e vorresti tornare bambino, con lei che ti culla e ti attacca al suo seno per scaldarti e saziare la tua fame. Ma arriva l’ordine del comandante e allora devi saltare su, baionetta in pugno, pronto a colpire il tuo nemico. Ma il tuo nemico è un ragazzo come te, con gli occhi azzurri e i capelli biondi. Ti guarda terrorizzato, come tu guardi terrorizzato lui, è un attimo, ma uno dei due deve soccombere e allora capisci, magari chiudendo gli occhi per non vedere quel viso che chiede salvezza. Raccontava Settimio Arlechino, anche lui partito poco più che diciot- tenne, al figlio Mario che i corpi, colpiti dalle baionette, volavano in aria come le “gregne” (fasci di grano), quando col forcone venivano gettate sopra la trebbia, per poi ricadere giù rantolanti in una pozza di sangue. E allora guardi piangendo quel nemico, che non è più un tuo nemico, è un povero ragazzo come te, che hanno mandato al macello, strappandolo dalle braccia di sua madre. Ma finalmente arriva il 1918, l’Italia è vittoriosa, si torna a casa, ma anche tra i Vicenesi qualcuno non fa ritorno come ricorda l’antica lapide murata alla parete della casa di quel Settimio Arlechino, di cui abbiamo parlato precedentemente e che ha lasciato sul campo di battaglia il fratello Adorno. E sono madri straziate, e sono giovani vedove, e sono orfani, ed è pian- to, ed è miseria ancora più nera di quando quegli uomini sono partiti, ma i Vicenesi, che non si lasciano vincere dalle difficoltà, col vino e col canto cercano di ritrovare l’allegria. Ricorda ancora Benito Leoni nel suo libro: Il mondo perduto delle osterie: «Nel 1918 fu il Dopolavoro dell’Associazione Combattenti di Viceno ad aprire un’altra osteria, al numero due di via Piave. La gestione fu affidata alla signora Genoveffa Tantini, vedova del valoroso combattente Agrippi- no caduto proprio nella battaglia del Piave. Il locale prevedeva solo la me- scita del vino e non aveva licenza di cucina: era frequentato maggiormente dai reduci del conflitto bellico che la sera si riunivano per dare sfogo alla gioia di essere ritornati dopo quattro lunghi anni d’inferno e, soprattutto, Riccardo Maccheroni. per rinnovare l’orgoglio di essere tornati vincitori. Ogni sera, quindi, ri- Lamberto Pistucchia. 94 Fiorella Santi Viceno: povertà e grande guerra 95

suonavano i canti di guerra iniziando dall’Inno del Piave, per continuare con le canzoni Monte Grappa, la Montanara e Addio mia bella addio». Tra i caduti c’era anche Ugo Borri, fratello della mia nonna paterna Teresa (per tutti Teta), carabiniere della legione di Firenze, morto a venti anni il 30 novembre 1918 in seguito a broncopolmonite bilaterale nell’O- spedale da campo n. 70 e sepolto a Brunico (Tirolo). Mentre tra i reduci c’era il mio nonno materno Amedeo Pioli. Mia madre mi raccontava che era stato ferito alla testa (fatale era stato il momento in cui si provava ad uscire dalla trincea); trasportato all’ospedale da campo, fu operato e gli fu messa, così diceva lei, una calotta d’argento. E lì uno spettacolo straziante: teste fasciate, gambe e braccia amputate e sangue, sangue; gronda da quei giovani corpi offesi e neanche le bianche bende riescono ad arrestarlo. Unico conforto le dolci crocerossine, angeli bianchi che cercano di sopperire alla lontananza di quelle mamme, quelle spose, quelle fidanzate che non tutti riusciranno a rivedere.

Carabiniere Ugo Borri (classe 1898). 96 Fiorella Santi Viceno: povertà e grande guerra 97

Mio nonno fu fortunato e bravi furono i dottori che lo operarono, inutile, il suo destino era segnato: la madre, sicuramente con la morte nel così poté rivedere il suo verde colle e riabbracciare moglie e figli. Però, cuore, aveva deciso e a soli nove anni si trovò “servetta”, come la sorella vista la delicatezza dell’operazione, avrebbe dovuto condurre una vita Irma; il fratello Adelmo fu assegnato allo zio Nicola che non aveva figli regolare, senza fatiche, senza troppi sacrifici, ma non c’era niente da e l’altro fratello, Rinaldo, imparò il mestiere del padre e fece il falegname. mettere sotto i denti, pertanto dopo poco tempo morì, anche lui vittima Ma quante altre vedove, quanti altri orfani, quanti mutilati fece quella di quella guerra crudele, quando mia madre, la più piccola, aveva solo “Grande Guerra”, come tutte le guerre. quattro anni. L’Italia fu vittoriosa e noi oggi dobbiamo ringraziare quegli eroi (non Mi raccontava sempre che i figli furono riconosciuti come orfani di sono eroi solo quelli scritti sui libri di storia), che hanno dato anni della guerra e avrebbero potuto studiare a spese dello Stato. Lei, che era una loro giovane vita e spesso la vita stessa, affinché noi oggi potessimo vivere in pace in questa bella Patria, che dovremmo tutti amare un po’ di più: le sue bianche montagne, i suoi verdi colli, il suo mare azzurro, le sue me- ravigliose città, ricche di arte e di storia, ma anche i piccoli borghi, dalle Alpi alla Sicilia, senza escludere nessuno, perché troppi uomini sono morti perché noi potessimo vivere uniti e sentirci orgogliosi di essere Italiani. Tuttavia non dobbiamo dimenticare che nelle guerre non ci sono né vinti, né vincitori, ma solo sconfitti, perché la guerra è una sconfitta: è la sconfitta della ragione, è la sconfitta dell’amore fraterno, è la sconfitta del rispetto dell’altro e della capacità di confrontarsi per trovare un accordo, è la sconfitta dell’uomo e la vittoria della sua bestialità.

persona molto intelligente, terminata la terza elementare (all’epoca massi- mo grado di studio previsto per le donne), chiese di andare nel collegio che lo Stato metteva a disposizione per gli orfani, ma la madre, nella miseria più nera, aveva già deciso di mandarla “per serva”. Lei tuttavia, carattere molto forte, non si arrese e riuscì a trascinare lo zio Ulisse, fratello del pa- dre, fino alla stazione e a farlo salire in treno verso quel collegio che le era negato, perché voleva almeno vederlo e perché sperava, durante il tragitto, di convincere lo zio a sostenere la sua causa presso la madre. Ma fu tutto

I ragazzi del ’99

di Andrea Ricci

Idea ardita (e peraltro condivisa) quella di pensare come un classe ’99, di poter entrare nel suo essere, nel suo vivere, nel suo presentarsi scaraventato in un teatro lontano, fuori dagli schemi dell’odierno e del conosciuto. Ringraziamo Andrea Ricci per averlo fatto, per aver provato (con un linguaggio anche moderno) a volersi immedesimare nelle sensazioni di un giovane alla guer- ra. Quello che ne consegue sono due lettere a un fantomatico futuro, un amico che non risponde, ma per il quale il nostro resiste e corre nella speranza di abbracciarlo.

24 ottobre 1917

Caro futuro,

scrivo da “qua”, sono un ragazzo del ’99. Non sono del vostro secolo, ma per intenderci degli sgoccioli del di- ciannovesimo di secolo. Il mio “qua” è difficile da spiegare, impossibile da dimenticare. È un posto che non ha confini, con mille padroni, ma io obbedisco solo a me stesso o alla fame e alla sete. Non sono maggiorenne, ma abile alla guerra, dicono loro. Non ho avuto nemmeno il tempo di fare l’amore per la prima volta, mi hanno lanciato così velocemente in questo “qua”, senza preavviso, senza chiedere, senza la minima possibilità di scelta. Che ad averlo saputo prima, magari avrei chiesto a Lei di fare l’amore, senza passare per i baci. Non tanto per mancanza di rispetto, ma per amore. Siamo tanti, tantissimi. Non ricordo i nomi di nessuno, alcuni nemme- no li capisco. Quest’Italia di cui tutti parlano è così diversa, nei modi, nei dialetti, nei Un ragazzo della classe ‘99: Luigi Mancinetti. luoghi. 102 Andrea Ricci I ragazzi del ‘99 103

Chi aveva mai visto le montagne? Chi mi aveva mai parlato di un fiume di nome Isonzo? Abituato alla terra, ora mi sento così impacciato con questi “cosi”: armi. Alcuni, i più fortunati, hanno una Lewis, una mitragliatrice di dodici chili, io avevo una Beretta M15. Troppo leggera per chi come me era abituato ad una zappa ed una terra asciutta. Ogni colpo un fremito di fatica, poi diviene terrore. Premo il grilletto con gli occhi chiusi e le orecchie sorde, senza pen- sare e senza capire per chi o contro di chi sparo. La terra lo sapevo che era in parte per me e quando mi domandavo quanto sarebbe durato, mi tornavano in mente le parole di mio padre: “Ergastulum”. Fissava la terra con la zappa in mano e diceva “ergastulum” ogni volta che gli chiedevo quanto ancora avremmo dovuto zappare. Solo un giorno mi spiegò cosa intendeva. Era un lavoro nei campi; forza- to. Nella Roma antica era destinato a chi veniva punito, la loro condanna era di lavorare a vita senza possibilità di uscirne. Anche “qua” potrebbe essere un ergastulum. E ogni volta che mi doman- davo quando sarebbe finito, mi tornavano ancora in mente le parole di mio padre: “L’ergastulum non scade, più vivi, più ci resti!”. Siamo vestiti di paura e armature di fortuna, le orecchie tremano come le foglie d’autunno e io non posso non pensare di morire senza fare l’amore. Avevo sempre creduto che fossi veloce come il vento, ma non avevo mai conosciuto un proiettile. Spero di non doverlo sfidare mai. Mangiamo pane e tempesta e nei momenti in cui parliamo e riusciamo a capirci sogniamo che tutto finisca il prima possibile, anche perché questo tutto ancora non è ben chiaro. Chi ci comanda dice che è necessario, che dobbiamo essere orgogliosi, che dobbiamo farlo per l’Italia, ancora questo nome più astratto che reale. Ma si vede che anche lui ha paura e se non fosse per quelle stelle sulle spalle e qualche anno in più, starebbe qua con noi. Poi nemmeno so dove si trova l’Austria e che me ne importa del suo erede al trono e dei serbi. Perché non capiscono che a me, di “qua” e di tutto questo non importa nulla? Ho scritto decine di lettere ai miei genitori senza sapere se siano arrivate, solo mia madre sa leggere, è lei che mi ha insegnato a farlo insieme a scrive- re. Tra le cose che scrivo, la ringrazio proprio per questo, perché scrivere, mi fa dimenticare la fame e perché mi fa sentire più vicino a casa. Io credo che per il momento stiamo perdendo. Sto smettendo di scrivere e comincio ad avere fame e sete. Due ragazzi della classe ‘99 in licenza posano al “Pinaro”: Luigi Mancinetti e un commilitone morto subito dopo la guerra. 104 Andrea Ricci I ragazzi del ‘99 105

5 novembre 1918 sussurrando i nomi dei nostri cari, affidandogli i nostri pensieri. Mangiamo sempre poco, spesso riusciamo a trovare qualche bottiglia di Carissimo futuro, vino che insieme al fuoco fa la guardia con noi. Siamo uomini di vent’anni, eroi mutilati e cani senza gloria. sono sempre “qua”, ho un anno in più e i miei occhi hanno visto più di Non so dire se ne sia valsa la pena, se sia servito a qualcosa, non so quanto sanno contenere. Avevo perduto fogli e penna, avevo ceduto alla nemmeno bene il perché. So solo quello che è: merda! fame e alla sete. Merda calpestata, da calpestare e gettarla lontano. Ho imparato a maneggiare la parole guerra, armi e ricordi. Caro futuro, non farlo più. Caro futuro, aspettami. Caro futuro, usa la Oggi è un grande giorno. Abbiamo ricacciato lo straniero, il fiume Pia- storia per ricordare e non ricadere in questo errore. ve, nostro alleato mormorava a nostro favore. Almeno così ci sembrava. Io credo che per il momento stiamo vincendo. Ma che vuol dire vincere Abbiamo fame e sete, ma la gioia di essere eroi non ce la fa sentire. ad un gioco senza regole, logica e terrore? Ho imparato a maneggiare anche questa parola: eroe. Sto smettendo di scrivere e corro verso casa, senza fame e senza sete. Fino a quel momento non mi era servita, non ne avevo sentito la neces- sità. Ora invece me la coccolo in gola e la stringo fra le mani. Chissà se mia madre avrà letto le mie lettere prima a se stessa e poi agli altri della famiglia, magari cambiando la verità. Nessuna madre dice che il proprio figlio sta male e la loro forza è anche questa, considerarti eroe ancor prima che ti ci senti e senza nemmeno conoscere la parola. Anche la parola Italia comincia a sembrare qualcosa di concreto, ora conosco un sacco di fiumi, di monti, di uomini. I più ottimisti tra noi dicono che è quasi finita ed io penso che se tor- nerò dovrò dire a mio padre che l’ergastulum può finire, ma la paura, quella, non vuole andarsene. Ne ho conosciuti molti che ora non conosco più, sono rimasti nei miei occhi, alcuni tra le mie braccia. Erano padri, alcuni figli, altri entrambi. Molti non avevano mai fatto l’amore. Anche per questo non so quanto sia giusto ridere ed essere felice, mi sono così abituato a tutto questo che non riconosco più il momento di essere felice o essere grato. Il pensiero vola per forza di cose a casa, come sarò quando tornerò, se tornerò. Riuscirò a riconoscere la felicità? Riuscirò a dormire senza preoccuparmi o sentirmi in pericolo? Alcuni miei compagni mi chiedono di scrivere al posto loro e lo faccio volentieri. Non solo scrivo, elaboro i loro pensieri e li riporto a modo mio, tanto non sanno leggere. Poi, quando chiedo loro di mettere l’indirizzo rimane tutto sospeso, un silenzio che sa di casa. Alcuni non lo ricordano e allora le affidiamo al fiume, quel fiume che mormora e che tanto ci è stato vicino. Magari lui sa, di sicuro sa più di noi. E allora lanciamo fogli sbiaditi Crocerossine castellesi: Valentina Mancinetti e Angelina Sisti. Commemorazioni di guerra. Documenti della “carriera militare” di Attilio Giani.

Attilio Giani e la leva della classe 1899 di Orvieto (datata febbraio 1917). Intervista a Giuseppa “Peppa” Lolli, nata il 2 febbraio 1913

di Christian Nardella

La mia vita è stata burrascosa, però con l’aiuto del Signore so’ ita sempre avanti Peppa Lolli

Christian – La ringrazio per questa intervista e le chiedo, innanzitutto, chi le ha parlato della Prima Guerra Mondiale in famiglia, oltre al fatto che lei, sebbene piccolissima, l’ha vissuta. “Peppa” – Il mi’ nonno, il babbo del mi’ babbo… eh… poretto, vivevano insieme, poi lui [mio padre] è partito per la guerra, ed il nonno è rimasto con la nonna e la moglie sua [mia madre], e quello dopo un anno e mezzo che è partito è morto. C – Questo suo padre. E come si chiamava? P – Gervasio. C – E quanti anni aveva quando è partito per la guerra? P – Era giovane, perché quando è partito la mi’ mamma aveva 31 anni… dunque lui ne aveva 33. Era giovane, la guerra ha portato via la migliore gioventù. Mio padre poi non era graduato, non era preparato o istruito per niente per andare in guerra, era pure stato male, c’aveva avuto qualcosa ai polmoni l’anno avanti, ma non gliel’hanno riconosciuto… no, no, la guer- ra non ammette malattie! C – Lei di che anno è? P – Del ‘13. C – Allora lei aveva 2 anni quando è cominciata la guerra. P – E 4 quando sono rimasta orfana. Gervasio Lolli (classe 1882). 116 Christian Nardella Intervista a Giuseppa “Peppa” Lolli 117

C – Si ricorda qualcosa di quei giorni? e quando è andato via quello che non ho fatto… quanto ho pianto e ho P – No, del mi’ babbo no. Ricordo che la mi’ mamma piangeva tanto. S’era pensato “sarà come per la mi’ mamma”, una volta si viveva solo con la cam- saputo che era morto un amico, il marito di un’amica della mi’ mamma, in- pagna, non c’erano altri mestieri, e la campagna, poi, dà da fare, è faticosa, vece era morto anche il babbo. e allora, quando è partito… eravamo tutte donne, avevo due figlie piccole, C – Come gliel’hanno detto? una di 4 anni e una di 7 e una cognata di 16 anni. Poi c’erano la suocera di 47 e io di 29. P – Non mi ricordo… però loro l’hanno saputo dopo un po’, che era morto il 24 maggio del ‘17. Giusto qualche giorno fa era l’anniversario: 98 anni fa. C – Tornando alla prima guerra mondiale, voi la sentivate qui nel vostro territorio oppure era “distante”? C – Quindi lei non ha ricordi personali? P – Di questo non ricordo nulla… ero troppo piccola. P – Sono stata col mi’ nonno che m’ha fatto da babbo. È stato tanto bravo. Mi ha voluto tanto tanto bene… così la mi’ mamma è stata vedova per cin- C – E in generale, sempre sulla guerra, qual è stata la cosa più brutta in as- que anni e poi si è risposata, perché c’avevano la campagna e non poteva fa’ soluto che le ha dato pensiero? da sola… poretta. P – La solitudine no… era il “da fare” che mi preoccupava perché chi c’ha C – Oltre a suo padre, qualche altro parente è andato in guerra? la campagna, quando si rimane soli, non lo può raccontare… quando manca un uomo manca tutto! Quando ero piccola non soffrivo perché non capivo, P – Sì, uno zio, ma lui, per grazia di Dio, è ritornato. Zio Giovanni. ma con l’altra [di guerra] sono calata 10 kg in pochi giorni. Anzi ho pianto C – E zio Giovanni le ha raccontato qualcosa della sua esperienza? anche per la prima, perché non avevo più il mi’ babbo, ho pianto quando P – Niente, niente. So solo che nel 1985 me ne sono andata al sacrario mi- la mamma s’è risposata. C’avevo 9 anni e un non so che di gelosia m’è nato litare di Redipuglia, e ho visto il cimitero e ho pensato “qui avrà camminato dentro, perché prima io dormivo con lei e poi m’ha mandato nel mio lettino, il mi’ babbo, qui sarà morto”, insomma, ho anche pianto tanto, ma, in un nella camera coi nonni. certo senso, mi è stato anche di grande soddisfazione vedere dove era stato. C – Durante la guerra ci si aiutava tra le famiglie? Però, scendendo tutti gli scalini, dalla A alla Z, e vedendo tutti i fornetti, P – Una volta ci si aiutava, mica si chiudeva la porta a chiave! Le case erano quello di Lolli Gervasio non l’ho trovato. Lolli Antonio, Lolli Luigi… ma tutte aperte e noi eravamo “porette” allo stesso livello. Allora c’era più… Lolli Gervasio no. Se è morto non l’hanno riconosciuto e l’hanno messo fratellanza, ecco, senza nessun complimento, perché tutti avevamo bisogno nell’ossaia. I sogni saranno sogni, ma una volta a casa mia dovevo uscire l’uno dell’altro. C’era più umanità e la povertà tante volte rende anche più fuori per andare a prendere la legna per accendere il fuoco e lì c’era un buoni. uomo, che mi tiene il braccio forte, era un mostro, mi ha messo tanta paura e io gli ho detto “O Dio, chi siete?” e lui mi dice nomi di altri e io gli rispondo C – Le chiedo una riflessione sulla guerra. “Io i nomi di questi non li conosco, voi, ditemi, chi siete?”. Fintanto m’ha P – Eh, che posso dire… che Dio illumini le persone che comandano, che stretto forte e mi ha detto “So’ il tu’ babbo!”. Allora io l’ho raccontato a Dio ce guardi a fa’ ammazza tutta ‘sta gente, e fa’ distrugge i paesi, le cit- mia madre e anche lei l’aveva sognato e gli chiedeva come era morto e lui le tà… io sono tanto religiosa e non ammetto certe cose. aveva risposto “Con una granata nella faccia” ... sono sogni ma certe volte… C – La religione l’ha aiutata in quei momenti? insomma se veramente era stato preso da una granata allora era irriconosci- P – Tanto, sennò sarei morta di crepacuore. bile e si spiega perché l’hanno messo nell’ossaia. C – Cosa faceva? Il rosario? Andava in chiesa? C – Ha avuto paura anche durante la seconda guerra mondiale? P – Il rosario sì, e andavo in chiesa e anche se stavo sempre al campo, la P – Oh mamma mia! Certo! Il mio Amedeo, mio marito, anche lui è stato chiesa non l’ho abbandonata mai. Ora sono 6 o 7 anni che non esco ma chiamato. È stato in guerra per 18 mesi, un anno e mezzo paro paro… per fortuna il prete ogni tanto mi viene a portare la santa comunione. 118 Christian Nardella Intervista a Giuseppa “Peppa” Lolli 119

C – Ha figli? C – Cosa ha fatto quando ha compiuto 100 anni? P – Ne ho due. Sono vecchie pure loro ormai… una, che sta a Orvieto, ha P – Sono stata in chiesa, hanno fatto una bella messa, cantata, poi so’ ita a finito 80 anni, l’altra sta a Capalbio e ne ha 77. Con le mie figlie abbiamo pranzo alla Pergoletta con tutti i parenti. sofferto insieme la seconda guerra perché c’era tanta povertà. C – Certo in 100 anni deve averne viste di cose… C – Un esempio di “povertà”. Cosa vi mancava, da mangiare o i soldi? P – Tante: carestia, miseria (tanta), terremoti, la guerra… la guerra, ma- P – Da mangiare non ci mancava; i soldi sì, non avevamo niente, mica ledetto chi la fa. Sarebbe bella la pace, non costa niente e sarebbe tanto c’era la pensione! di valore. Poi uno perde i genitori, i parenti… so’ sincera io ho sofferto C – Quindi tutto ciò che avevate era prodotto da voi? parecchio per la morte del mi’ babbo! C’era una vicina, una ragazza, che P – Sì, dal campo: patate, fagioli e si vendeva il vino, che era la nostra mi diceva sempre “tu sei tutta il tu’ babbo in persona!”… principale produzione, e qualche quintale di grano. C’era la povertà perché C – Un’ultima curiosità. Quando era piccola, diciamo circa 4, 5 anni, quali non c’era veramente un soldo da spende’. Adesso la gioventù non può giochi faceva? arrivare a capire cosa è stato il mondo di prima, nessuno lo potrà capire, P – Ma io li giochi… ero una ragazzetta tanto timida. Più che altro facevo quelli che sono nati nell’abbondanza. Da un pezzo che so’ nata e le cose i “servizietti” alle persone, andavo a prendergli la roba alla bottega, la pa- le ho provate tutte, al tempo mio non c’era la luce, non c’era l’acqua, non sta o la conserva, tanto non c’era il pericolo a quei tempi che ti prendesse c’era niente, neanche la televisione… quella è arrivata dopo. Mio suocero sotto una macchina o una bicicletta. andava al “dopolavoro” dove c’era la radio per sentire le notizie della guer- C – Come era Castel Viscardo a quei tempi? ra, quella in Etiopia, e poi ce le riportava, ecco le notizie del mondo! Qui P – C’era tanta gente, parecchia. Ora, invece, Castello è vuoto! C’erano le a Castello in tutto c’era solo quella radio. famiglie con tanti figli. Tutti c’avevano almeno sei figli… e oggi i figli non C – Quindi voi non sapevate altro? si fanno più. Sposa’ non ce se sposa, stanno tutti accoppiati e se si sposano P – Niente! i figli pare un peccato a farli! Il mondo così però finisce! Certo una volta i C – E come si viveva senza sapere? giovani non studiavano… P – Male, ma eravamo abituati, non avevamo conosciuto niente di meglio C – Lei ha studiato un po’? di quello. Ora poi, con i telefonini - chi l’ha inventati Dio gli dia del bene P – Io ho fatto la quarta elementare e nel ‘22 ho finito. Però ero una fija – in qualunque posto vi trovate, se avete bisogno, chiedete aiuto. brava, intelligente, io e un certo Ettore Catalucci, c’avevamo un banchetto Quando c’era il mio Amedeo in guerra non sapevo nulla, ci scrivevamo ma e ci mettevamo sempre in prima fila, io e lui… anche se ero fija certe cose chissà quando arrivavano le lettere. rimangono incise. E poi a me la scuola piaceva, una volta la maestra venne C – Anche suo padre, durante la prima guerra, scriveva a sua madre? dal mi’ nonno a casa e gli disse “Fate studiare la Lolli, fatela studiare che merita”. Solamente che per studiare bisognava andare a Torino, lontano e P – Qualche cartolina. E quando arrivavano si provavano insieme gioia e io lì non avevo parenti. Una di qui che ha studiato c’è stata, ma lei c’aveva tristezza perché prima di tutto bisognava vedere la data, già quanti giorni uno zio a Torino. E poi il mi’ nonno per quanto mi voleva bene non si vo- erano passati da quando l’aveva scritta perché nel frattempo poteva essere leva separare. Veramente due volte è venuta la maestra giù a casa… e poi capitato qualcosa. Mi ricordo che la mi’ mamma mi diceva che il babbo a me piaceva più di tutto la matematica, c’ho un quaderno pieno pieno… scriveva “ tenghimela conto la mi’ cara Peppina”. A me mi doveva tenere tutti 10! da conto, perché la mi’ mamma c’aveva pure un’altra figlia del ‘10. Ma è morta a sei anni e la mamma ha sofferto per la figlia e per il marito. La vita era dura, la fatica del campo e basta c’era. Un ritrovamento inaspettato sul fronte di guerra

di Franco Pasqualetti

Durante la ritirata di Caporetto, mio nonno materno Secondo Bartoc- cini, nel marasma e nella confusione generata dal difficile momento, trovò per caso un quadretto nel mezzo di una strada. Lo raccolse e lo custodì gelosamente fino alla fine della guerra. Esso rappresentava un conforto in quel difficile momento anche perché “di- ceva” di contenere un: Fleurs de Béthanie posées sur le Saint-Sépulcre (Fiori di Betania deposti sul Santo Sepolcro). Preservarlo alleggerì il peso di quanto aveva vissuto, di quanto avrebbe voluto e non aveva potuto fare, del ricordo di una sua figlia scomparsa mentre lui era al fronte, una bambina alla quale, vista la distanza da casa, non aveva dato neanche l’ultimo saluto. Una volta ritornato a Castel Viscardo lo regalò alla figlia Negrina che, a sua volta, lo conservò per tutta la sua vita. Quando questa morì, lo prese la figlia Annunziata Giuliani che ancora lo mantiene, seppur con il vetro rotto, come una reliquia. I caduti del Comune di Castel Viscardo

Analisi di una ricerca

di Mauro Mancinetti

Nonostante sia da anni assente dal mio paese natio, Castel Viscardo, vi devo confidare che con la testa e con il cuore spesso mi capita di tornare ai luoghi della mia infanzia, lasciati per inseguire un’opportunità professio- nale ben 43 anni fa, senza pensare, all’epoca, che mi sarei definitivamente stabilito a oltre 400 chilometri di distanza da Castello. Così, forse mosso da una sana nostalgia, negli ultimi anni ho cercato di mantenermi aggiornato sulle pubblicazioni e sulle manifestazioni di Ca- stello, chiedendo sempre copia di quanto fruibile al cugino Paolo, che nel paese dimora durante una parte del periodo estivo. In particolar modo quest’anno, ricorrendo il 24 maggio il centenario dall’entrata in guerra dell’Italia nel primo conflitto mondiale, ho chiesto se, anche per questa importante commemorazione, fossero previste iniziative di qualche tipo a Castel Viscardo. Devo dire che abitando nella “Marca Trevigiana” da 35 anni, vicino ai luoghi teatro delle battaglie della Grande Guerra, ho notato già a partire dal 2014 la necessità di celebrare, ma ancor prima di ricordare, i nostri caduti, da parte di diverse associazioni locali, con la pubblicazione di libri, l’allestimento di mostre, l’organizzazione di convegni e la proposta di conferenze, filmati e testimonianze. Purtroppo, non giungendomi conferme immediate di eventi “castellesi” a riguardo, ma mosso dalla volontà di rendere onore ai caduti della mia terra di origine, ho iniziato una ricerca di notizie per puro interesse per- sonale, iniziando proprio dai caduti elencati nel monumento sito in paese ed in quelli di Viceno e Monterubiaglio, consultando poi l’Albo d’Oro dei caduti della Prima Guerra mondiale ho trovato le notizie per la consulta- zione della banca dati del Ministero dei luoghi di sepoltura. Nazzareno Tomassi (classe 1883). La ricerca è continuata consultando gli archivi dell’Istituto Nastro Az- 124 Mauro Mancinetti I caduti del Comune di Castel Viscardo 125 zurro per rintracciare i decorati al valor militare e le relative motivazioni. ARLECCHINO Adorno di Mariano. Soldato 149° reggimento fanteria, Sono seguiti poi, approfondimenti presso associazioni storico culturali ed nato il 14 settembre 1894 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, archivi privati nell’intento di trovare e poi visitare personalmente gli ossari, morto il 16 giugno 1916 sull’altopiano di Asiago per ferite riportate in i cimiteri militari ed i sacrari costruiti nelle zone teatro delle battaglie e così combattimento. è stato per la zona del Piave con il Sacrario militare di Fagarè della Batta- BARTOLINI Nazzareno di Domenico. Soldato 144° reggimento fanteria, nato glia e il Sacrario del Montello, l’Ossario Italiano del Monte Grappa, l’Al- il 17 maggio 1889 a Castel Giorgio, distretto militare di Orvieto, morto il 23 topiano di Asiago, il Carso ed il Sacrario di Redipuglia oltre alle dolomiti novembre 1918 nell’ospedale da campo n. 0153 per malattia. Venete e Trentine. Per quanto riguarda i caduti all’estero, ho rintracciato le località dei cimiteri, la posizione della tomba riferita alla zona del cimitero, BARBABELLA Giovanni. Soldato 92° reggimento fanteria , nato il 12 la fila ed il numero. Sono riuscito ad elaborare un elenco delle strutture gennaio 1890 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, morto il 2 sanitarie con la loro ubicazione ed i riassunti storici dei corpi militari che aprile 1916 sul monte Cristallo per ferite riportate in combattimento. hanno combattuto negli anni della Grande Guerra, riferendo gli avveni- BASILI Domenico di Nicola. Soldato 1° reggimento genio, nato il 22 mag- menti alle date di morte. gio 1882 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, morto il 9 dicem- Con l’incedere delle notizie trovate, la ricerca ha acquisito un significato bre 1916 sul Carso per ferite riportate in combattimento. particolare: trasformare tutto il materiale trovato in un evento storico da ricordare (come infatti riportato in uno dei manifesti dell’Associazione BERTOLINI Enrico di Nazzareno. Caporale 206° reggimento fanteria, Nazionale del Fante, si legge NON DIMENTICATECI!). nato il 21 dicembre 1887 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, Quanto appreso nel corso delle ricerche non ha nessun’altra finalità se morto il 10 giugno 1916 nell’ospedale da campo n. 004 per ferite riportate non ricordarci e ricordare alle generazioni future quanto accaduto, perché in combattimento. Sepolto nel Sacraio Militare di Asiago. non si possa mai più ripetere, cercando di raccontarlo nella maniera più BONANNI Luigi di Giuseppe. Soldato 196° battaglione M.T., nato il 7 obiettiva possibile, lungi dal voler commentare, riscrivere o valutare fatti, marzo 1878 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, morto il 23 pensieri e decisioni storiche più o meno assurde. dicembre 1918 a Sorano per malattia. Per pura casualità ho avuto il privilegio di poter condividere con Voi tutti BORRI le mie ricerche, quello che avevo preso come un serio passatempo, grazie Aroldo di Cesare. Soldato 97° reggimento fanteria, nato il 23 set- all’intereresse del dott. Giuliani, prende una forma più definita e completa. tembre 1897 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, morto il 26 Permettetemi, in conclusione, un pensiero al mio papà Antonio ed allo marzo 1918 in prigionia per malattia. zio Luigi, “ragazzo del ‘99”, protagonisti loro malgrado delle due guerre BORRI Artemo di Cesare. Caporale maggiore 650° compagnia mitraglieri, mondiali. Volutamente non ricordavano mai quanto vissuto, se non pochi nato il 21 gennaio 1895 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, piccoli momenti lieti di vita comunitaria. In cuor loro sono sicuro non disperso nell’ottobre 1917 in combattimento nel ripiegamento al Piave. volessero il ripetersi di una guerra, ma in questi giorni sto comprendendo BORRI Giovanni di Odoardo. Caporale 60° reggimento fanteria, nato il 2 come mai la loro memoria si rifiutasse di ricordare, o meglio si rifiutasse di luglio 1893 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, disperso il 2 verbalizzare i ricordi. Prendo, con riconoscenza il testimone. Ora, più che agosto 1915 sul monte Col di Lana in combattimento. mai, ritengo spetti a noi onorare, rispettare e ricordare i caduti. Concludo citando quanto riportato, a lettere cubitali, al Sacrario di BORRI Giuseppe di Nazzareno. Soldato 4° reggimento bersaglieri, nato il Fagarè della Battaglia, con l’auspicio che negli anni, questo sia sempre il 28 dicembre 1883 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, morto il nostro atteggiamento verso chi ha dato tutta la propria vita per ideali di 1° gennaio 1918 in prigionia per malattia. libertà: “IL TEMPO NON CANCELLERÀ, RICONOSCENZA E ME- BORRI Ugo di Frigene. Carabiniere legione CC.RR. di Firenze, nato il 12 MORIA NEI CUORI”. 126 Mauro Mancinetti I caduti del Comune di Castel Viscardo 127 aprile 1898 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, morto il 30 CECCARINI Adelio di Alessandro. Soldato 60° reggimento fanteria, novembre 1918 nell’ospedaletto da campo n.70 per malattia. nato il 20 aprile 1891 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, disperso il 23 ottobre 1915 sul monte Col di Lana in combattimento. BRACACCIA Pasquale di Ermemegildo. Soldato 130° reggimento fanteria, nato il 7 gennaio 1890 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, CECCARINI Giovanni di Alessandro. Soldato battaglione tracomatosi, morto il 27 novembre 1915 sul monte San Michele per ferite riportate in nato il 17 luglio 1889 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, combattimento. morto il 5 ottobre 1918 a Roma per malattia. BRACHINO Orlindo di Francesco. Soldato 138° reggimento fanteria, nato CECCARINI Paolo di Tommaso. Soldato 60° reggimento fanteria, nato il 18 gennaio 1896 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, morto a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, disperso il 10 novembre il 19 novembre 1918 in per malattia. 1915 sul monte Col di Lana in combattimento. BRACHINO Raffaele di Francesco. Soldato 630° compagnia mitraglieri, CECCARINI Quinto di Tommaso. Soldato 87° reggimento fanteria, nato nato il 22 novembre 1882 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, il 1° maggio 1895 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, di- disperso il 4 settembre 1917 sul Carso in combattimento. sperso il 24 ottobre 1917 nella conca di Plezzo in combattimento. BURIONE Enrico di Gioacchino. Soldato 214° reggimento fanteria, nato CECCHITELLI Felice di Filippo. Sergente 20° reggimento fanteria, nato il 21 settembre 1893 ad Orvieto, distretto militare di Orvieto, morto l’11 il 7 maggio 1885 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, morto il giugno 1917 sul monte Forno per ferite riportate in combattimento. 16 settembre 1916 sul Carso per ferite riportate in combattimento. CALANDRELLI Mario di Eugenio. Caporale 3° reggimento bersaglieri, CHIASSO Nazzareno di Giuseppe. Soldato 87° reggimento fanteria, nato nato il 18 febbraio 1890 a Castel il 26 febbraio 1887 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, mor- Viscardo, distretto militare di to il 10 settembre 1916 a Torrita per malattia. Orvieto, morto il 9 ottobre 1916 COPPETTA Antonio di Alessandro. Soldato 21° reggimento bersaglieri, sul monte Colbricon per ferite nato il 23 febbraio 1885 ad Orvieto, distretto militare di Orvieto, morto riportate in combattimento. il 7 luglio 1917 nella 84° sezione di sanità per ferite riportate in combat- CALANDRELLI Ottavio di timento. Giuseppe. Soldato 6° reggimen- CRUDELINI Francesco di Luigi. Soldato 59° reggimento fanteria, nato to bersaglieri, nato il 22 gennaio il 13 marzo 1889 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, scom- 1898 a Castel Viscardo, distretto parso in prigionia. militare di Orvieto, morto il 13 settembre 1918 in prigionia per FARAONI Ferruccio di Luigi. Soldato 213° reggimento fanteria, nato il 3 malattia. dicembre 1895 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, disperso sull’altipiano di Asiago in combattimento. CAPORALINI Giuseppe di Gio- vanni. Soldato 7° reggimento FEMMINELLI Giuseppe di Leonardo. Soldato 129° reggimento fanteria, artiglieria da fortezza, nato il 13 nato il 17 febbraio 1887 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, settembre 1891 a Castel Viscar- morto il 25 maggio 1917 nell’ospedale da campo n. 219 per ferite ripor- do, distretto militare di Orvieto, tate in combattimento. morto l’11 luglio 1918 in prigio- FOGLIA Giuseppe di Giovanni. Decorato di Medaglia di Bronzo al nia per malattia. 128 Mauro Mancinetti I caduti del Comune di Castel Viscardo 129

V.M.- 1919- Tenente di complemento 60° reggimento fanteria, nato il 22 LUCATTELLI Olinto di Oreste. Soldato 13° reggimento fanteria, nato il dicembre 1897 a Stoppiana, distretto militare di Vercelli, morto il 15 giu- 13 ottobre 1890 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, morto il gno 1918 sul Monte Grappa per ferite riportate in combattimento. 23 novembre 1917 sul Piave per ferite riportate in combattimento FRITTELLI Giovanni. Soldato 92° reggimento fanteria, nato il 12 gen- MAGISTRATI Nazzareno di Rinaldo. Soldato 33° reggimento artiglieria naio 1890 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, morto il 2 aprile da campagna, nato il 13 febbraio 1895 ad Orvieto, distretto miltare di 1916 su quota 1934 (Col Caneva) per ferite riportate in combattimento. Orvieto, morto il 7 giugno 1917 sul monte Col di Lana per infortunio per FROSONI Crispino di Lamberto. Soldato 126° reggimento fanteria, nato il fatto di guerra. 28 dicembre 1892 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, morto il MANCINI Martino di Giuseppe. Soldato XXIX reparto d’assalto, nato il 30 1° novembre 1916 sul Carso per ferite riportate in combattimento. novembre 1886 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, disperso il GIULIANI Felice di Ernesto. Soldato 207° battaglione M.T. , nato il 4 set- 23 marzo 1918 in Val Lagarina in combattimento. tembre 1880 a Castel Viscardo, distretti militare di Orvieto, morto il 16 MONTANELLI Felice di Pietro. Soldato 32° reggimento fanteria, nato il novembre 1915 a Schio per malattia. 23 luglio 1884 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, disperso il GIULIANI Vittorio di Ermenegildo. Soldato 207° battaglione M.T., nato il 16 maggio 1917 sul monte Vodice in combattimento. 3 giugno 1878 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, morto il 9 MORETTI Luigi di Domenico. Soldato 259° reggimento fanteria, nato il ottobre 1918 nell’ospedaletto da campo n. 74 per infortunio per fatto di 19 maggio 1887 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, morto il guerra. 31 dicembre 1917 sul treno attrezzato n. 4 per ferite riportate in combat- LEONI Egisto di Antonio. Soldato 3 reggimento bersaglieri, nato il 13 di- timento. cembre 1897 a Castel Viscardo , distretto militare di Orvieto, morto l’11 MUZI Antonio di Venanzio. Soldato 3° reggimento bersaglieri, nato il 26 luglio 1917 sul monte Colbricon per ferite riportate in combattimento. gennaio 1885 ad Orvieto, distretto militare di Orvieto, morto il 10 ottobre LEONI Gino di Alessandro. Soldato 147° reggimento fanteria , nato il 12 1916 sul monte Colbricon per ferite riportate in combattimento. maggio 1893 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, morto il 24 PAPINI Enrico di Evaristo. Decorato di Medaglia di Bronzo al V.M. agosto 1915 nella 30° sezione di sanità per ferite riportate in combatti- – 1913 - Caporale maggiore 80° compagnia presidiaria, nato il 26 aprile mento. 1890 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, morto il 17 novem- LIVI Settimio di Luigi. Soldato 226° reggimento fanteria, nato il 13 aprile bre 1918 nell’ospedaletto da campo n. 74 per malattia. 1894 a Castel Viscardo , distretto militare di Orvieto, disperso il 4 settem- PASQUALETTI Quirino di Fortunato. Soldato 40° reggimento fanteria, bre 1917 sul Carso in combattimento. nato il 30 aprile 1899 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, mor- LOLLI Gervasio di Ruggero. Soldato 1° reggimento genio, nato il 19 maggio to il 15 dicembre 1918 a Forlì per malattia. 1882 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, morto il 24 maggio PATRIZI Giacomo di Baldassarre. Soldato 69° reggimento fanteria, nato il 1917 sul Carso per ferite riportate in combattimento. 10 settembre 1882 a Cstel Viscardo, distretto militare di Orvieto, disperso LOLLI Luigi di Antonio. Decorato di Croce di guerra al V.M. – 1923 - il 20 ottobre 1916 in Vallarsa in combattimento. Soldato 21° reggimento fanteria, nato il 29 aprile 1887 a Castel Viscardo, PICCHIO Amedeo di Vincenzo. Soldato 213° reggimento fanteria, nato il distretto militare di Orvieto, morto il 4 luglio 1918 in prigionia per malat- 6 aprile 1892 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, disperso il 27 tia. giugno 1916 sull’altopiano di Asiago in combattimento. 130 Mauro Mancinetti I caduti del Comune di Castel Viscardo 131

PICCHIO Sabatino di Francesco. Soldato 3° reggimento bersaglieri, nato il to il 15 giugno 1918 sul Piave per ferite riportate in combattimento. 12 febbraio 1883 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, morto TANTINI Agrippino. Soldato 117° reggimento fanteria, nato il 17 giugno il 13 dicembre 1916 sul monte Marmolada in seguito a caduta di valanga. 1885 a Monte Gabbione, distretto militare di Orvieto, morto il 21 agosto PIETRONI Giovanni Battista di Oreste. Soldato 10° reggimento fanteria, 1917 nella 33ª sezione di sanità per ferite riportate in combattimento. nato il 22 gennaio 1889 a Castel Viscardo, distretti militare di Orvieto, TASCINI Giorgio di Sante. Soldato 263° reggimento fanteria, nato il 16 disperso il 26 marzo 1917 sul Carso in combattimento. maggio 1897 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, morto il 19 PISTUCCHIA Silvio di David. Soldato 125° reggimento fanteria, nato il ottobre 1918 nell’ospedale da campo n. 100 per malattia. 20 novembre 1893 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, morto il 16 giugno 1915 sul medio Isonzo per ferite riportate in combattimento. POLVERINI Nazzareno di Pancrazio. Soldato 18° reggimento fanteria, nato il 20 maggio 1884 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, morto il 29 settembre 1916 sul campo per ferite riportate in combatti- mento. RAFFAELLI Anastasio di Francesco. Soldato 3° reggimento bersaglieri, nato il 21 aprile 1896 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, mor- to il 13 dicembre 1916 sul monte Colbricon in seguito a caduta di valanga. ROSELLI Nazzareno di Angelo. Soldato 35° colonna carreggio e salmerie, nato il 25 novembre 1889 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, morto il 24 ottobre 1918 nell’ospedale da campo n. 167 per malattia. SANTI Melchiorre di Luigi. Soldato 3° reggimento bersaglieri, nato il 26 aprile 1889 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, morto il 27 dicembre 1917 in prigionia. STELLA Sergio di Silvestro. Soldato 88° reggimento fanteria, nato il 29 aprile 1899 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, morto il 21 TASCINI Luigi di Teodoro. Soldato 1° reggimento genio, nato il 30 giugno gennaio 1919 a Roma per malattia. 1897 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, morto il 24 maggio STERPA Paolo di Giuseppe. Soldato 51° reggimento fanteria, nato il 28 lu- 1917 sul medio Isonzo per ferite riportate in combattimento. glio 1893 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, morto il 3 giugno TIRACORRENDO Crispino di Fulgenzio. Soldato 76° reggimento fante- 1916 sul monte Col di Lana per ferite riportate in combattimento. ria, nato il 2 novembre 1887 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvie- SUGARONI Antonio di Francesco. Soldato 119° reggimento fanteria, nato to, morto il 17 settembre 1916 nell’ambulanza chirurgica d’armata n. 4 per il 27 agosto 1899 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, morto il ferite riportate in combattimento. 19 gennaio 1918 nell’ospedale da campo n. 085 per malattia. VIOLINI Giulio di Sabatino. Soldato 213° reggimento fanteria, nato il 1° SUGARONI Lorenzo di Domenico. Soldato 201° reggimento fanteria, nato febbraio 1896 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, disperso il il 26 novembre 1898 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, mor- 27 giugno 1916 sull’altopiano di Asiago in combattimento. 132 Mauro Mancinetti I caduti del Comune di Castel Viscardo 133

ZANETTI Carlo di Amedeo. Decorato di Medaglia d’Argento al V.M.- 1919- Sergente 263° reggimento fanteria, nato il 9 marzo 1892 a Castel Viscardo, distretto militare di Orvieto, morto il 22 novembre 1917 sul monte Grappa per ferite riportate in combattimento.

OSSARIO ITALIANO DEL MONTE GRAPPA Vi sono custoditi i resti mortali di 12.615 caduti italiani, di cui 10.332 ignoti. I loculi sono distribuiti in cinque gironi concentrici, degradanti a tronco di cono, dell’altezza ciascuno di 4 metri. I soldati noti sono in urne singole, distribuite in ordine alfabetico, coperte da una lastra di bronzo con il nome e le decorazioni. I caduti ignoti sono in urne comuni più grandi, che si alternano alle piccole urne singole. Tra il 4° e 5° anello si trova la tomba del Maresciallo d’Italia Gaetano Giardino, che prima di morire, nel 1935, aveva espresso il desiderio di essere seppellito tra i suoi soldati della “Armata del Grappa”. Una grande scalinata composta da cinque rampe di scalini, porta sulla cima del monte e del sacrario, dove si erge il santuario della Madonnina del Grappa.

Rispetto a quanto ritrovato c’è anche da aggiungere come Giuseppe Frosoni, Silvano Tiracorrendo e Antonio Tomassini (pur comparendo nei vari monumenti eretti nel Comune) non sono tra gli inseriti nell’Albo d’O- ro - Umbria (vol. XXV); al contrario Antonio Coppetta, Giovanni Frittelli, Nazzareno Magistrati, Antonio Muzi, Enrico Burioni e Agrippino Tantini non sono tra gli elencati nel monumento ai caduti del capoluogo. 134 Mauro Mancinetti I caduti del Comune di Castel Viscardo 135

Medagliati e motivazioni (dalla sezione Anagrafica dell’Istituto Nastro Azzurro)

FOGLIA Giuseppe, da Stroppiana (Novara), tenente complemento 60 reg- gimento fanteria. – Ricevuto l’ordine dal proprio comandante di batta- glione di aiutare un reparto contiguo per la riconquista di una postazione fortemente difesa dal nemico, si slanciava all’attacco alla testa del proprio plotone, mettendo piede tra i primi nella trincea riconquistata: costante esempio ai dipendenti per ardire, e sprezzo del pericolo – Monte Tomba, 22 novembre 1917.

LOLLI Luigi, da Castel Viscardo (Perugia), soldato 21 reggimento fante- ria, n. 10919 matricola. – Per l’esempio di calma e di coraggio dato ai com- pagni, rimanendo fermo al posto di combattimento, noncurante del fuoco e dell’avvicinarsi di reparti nemici. – Camporovere, 18-19 giugno 1917.

PAPINI Enrico, da Castel Viscardo (Perugia), caporale maggiore, n. 21670 69 matricola. – Rimasto senza comandante di plotone, di fronte ad una casa dove eransi trincerati degli arabi, trascinò la sua squadra all’attacco, impossessandosi della casa. – Sciara Zauia, 26 ottobre 1911.

TASCINI Domenico, da Castel Viscardo (Perugia), soldato 33 reggimento artiglieria campagna, n. 367 matricola. – Trovandosi a riposo per dolorose contusioni riportate precedentemente in combattimento, si offriva spon- taneamente per prendere parte all’azione di fuoco della sua batteria. Mercè indomita forza di volontà e un cosciente spirito di abnegazione, seppe sopportare il dolore e rimanere al suo posto costantemente, assolvendo il suo compito con serena e sicura precisione. – Monte Oro, 2 luglio 1918. (Medaglia di Bronzo al Valor Militare – 1920)

TOMMASI Arcangelo, da Castel Viscardo (Perugia), carabiniere sezione carabinieri reali, n. 19716 matricola. Ardito e sprezzante del pericolo, con- correva a condurre squadre di portaferiti in una zona fortemente battuta SACRARIO MILITARE DEL MONTELLO dal fuoco avversario. L’indomani, si offriva ad accompagnare un ufficiale dinanzi alla trincea nemica per invitarne i difensori alla resa, e alcuni giorni È situato sul Colesel delle Zorle a circa due chilometri dall’abitato di Nervesa della Battaglia. All’inter- dopo accorreva tra i primi in un luogo colpito per salvare i superstiti, men- no del Sacrario riposano i resti di 9.325 soldati, di cui 3.226 ignoti riuniti in grandi loculi collettivi su tre l’artiglieria avversaria seguitava a battere intensamente la stessa zona. cui sono scolpiti epigrafi di Gabriele D’Annunzio e del poeta trevigiano Carlo Moretti. – Peuma, 6-18 agosto 1916. (Medaglia di Bronzo – 1917) 136 Mauro Mancinetti I caduti del Comune di Castel Viscardo 137

TOMMASI Arcangelo, da Castel Viscardo (Perugia), carabiniere addet- Statistiche dei Caduti del Comune di Castel Viscardo nella Grande to comando reggimento fanteria, n. 19716 matricola. – Volontariamente Guerra (1915-1918) portatosi, sotto un intenso e violento bombardamento nemico, a liberare militari rimasti sepolti per lo scoppio di una granata avversaria, da solo Il caduto più giovane : SUGARONI Antonio di Francesco a. 18 riusciva a disseppellire alcuni ufficiali e soldati, continuando nell’opera Il caduto più vecchio : BONANNI Luigi di Giuseppe a. 40 pietosa, finché venne colpito egli stesso. Fattosi medicare al posto di me- Il primo caduto: PISTUCCHIA Silvio di David m. 16 giugno 1915 dicazione, ritornava prontamente a prestar servizio. – Vertojbica, 10-13 L’ultimo caduto: STELLA Sergio di Silvestro m. 21 gennaio 1919 ottobre 1916 (Medaglia di Argento – 1917)1. ARMA DI APPARTENENZA TOMMASI Arcangelo, da Castel Viscardo (Perugia), vice brigadiere II se- FANTERIA: n. 42 zione mobilitata carabinieri reali, n. 19716 matricola. – Durante quattro GENIO: n. 3 giorni di combattimento attraversava più volte zone violentemente battute BERSAGLIERI: n. 8 dalle artiglierie avversarie per comunicare ordini ed assumere informazio- BATTAGLIONE M.T. (Milizia Territoriale): n. 3 ni sulla situazione dei reparti, essendo di valido aiuto al comando della COMPAGNIA MITRAGLIERI: n. 2 brigata cui era addetto. Col suo energico intervento ristabiliva, in un mo- CARABINIERI: n. 1 mento della lotta, la calma fra i soldati resi titubanti dalla perdita dei propri ARTIGLIERIA: n. 1 ufficiali. – Basso Piave, 15-19 giugno 1918. (Medaglia di Bronzo – 1919) ARTIGLIERIA DA CAMPAGNA: n. 1 BATTAGLIONE TRACOMATOSI: n. 1 ZANETTI Carlo, da Castel Viscardo (Perugia), sergente 263 reggimento REPARTI D’ASSALTO: n. 1 fanteria (M.M.), n. 25321 matricola. – Durante tutti gli attacchi sferrati dal COMPAGNIA PRESIDIARIA: n. 1 battaglione per la conquista di una posizione, fu di esempio alla compa- COLONNA CARARREGI E SALMERIA: n. 1 gnia, trascinandola con mirabile slancio all’assalto. Raggiunte per primo le posizioni nemiche, vi cadeva colpito a morte. – Monte Pertica, 22-23 REPARTI novembre 1917. FANTERIA Brigata e Reggimento : TARANTO 144° - TRAPANI 149° - BASILICATA 92° - LAMBRO 206° - GENOVA 97° - CALABRIA 59° - 60° PERUGIA 129° - 130° - BARLETTA 138° - ARNO 213° - 214° - FRIULI 87° - 88° - BRESCIA 20° - SPEZIA 125° - 126° - CALTANISSETTA 147° - AREZZO 226° - CREMONA 21° - PINEROLO 13° - SIENA 32° - MUR- GE 259° - BOLOGNA 40° - ANCONA 69° - REGINA 10° - ACQUI 18° - ALPI 51° - EMILIA 119° - SESIA 201° - PADOVA 117° - GAETA 263° - NAPOLI 76° GENIO: 1° Reggimento BERSAGLIERI: 3° - 4° - 6° - 21° Reggimento BATTAGLIONE M.T. (Milizia Territoriale): n. 196° - 207°. COMPAGNIA MITRAGLIERI: n. 650° - 630°. CARABINIERI: Legione CC.RR. di Firenze. 1 A. Lo Presti, Il tempo realizzato: 2 giugno 2015: Viceno e l’intitolazione della via alla Grande ARTIGLIERIA: 7° Reggimento Guerra (1915-2015), (Miscellanea Orvietana 14), Orvieto 2015, p. 15. ARTIGLIERIA DA CAMPAGNA: 33° Reggimento 138 Mauro Mancinetti

REPARTO D’ASSALTO: n. XXIX COMPAGNIA PRESIDIARIA: 80ª COLONNA CARARREGI E SALMERIA: 35ª

CAUSE DI MORTE Ferite riportate in combattimento: n. 27 Ospedale da campo n. 0153 –167 – 085 – 100 per malattia: n. 4 Ospedale da campo n. 004 –219 per ferite riportate in combattimento: n. 2 Sezione di sanità 84ª - 30ª - 33ª per ferite riportate in combattimento: n. 3 Ospedaletto da campo n. 74 – 70 per infortunio per fatto di guerra e ma- lattia: n. 3 Ambulanza chirurgica d’armata n. 4 per ferite riportate in combattimen- to. N. 1 Treno attrezzato n. 4 per ferite riportate in combattimento: n. 1 Malattia: n. 6 Prigionia per malattia: n. 5 Prigionia scomparso: n. 1 Prigionia: n. 1 All’estero per malattia: n. 1 Infortunio per fatto di guerra: n. 1 Disperso in combattimento: n. 7 Per caduta di valanghe: n. 2

Valerio Greci.

Erminio Bernasconi (classe 1898). Valentino Frosoni (detto Valente) (classe 1896). Colombo Rotili (classe 1897). Tracce...

Cittadini di Castel Viscardo morti in guerra e segnalati nei registri dei decessi dello Stato Civile (Seconda parte)

di Luca Giuliani

Soldato Arcangelo BIONDI del fu Nicodemo e di Rosa Purgatorio, nato e residente a Monterubiaglio morto all’età di 23 anni all’Ospedale di Orvieto il 9 agosto 1915. (Registrato col n. 5 nel Registro degli atti di morte del 1916).

Soldato Felice GIULIANI del fu Ernesto e Clorinda Belli, coniugato con Elvi- ra Tascini, morto all’età di 35 anni all’Ospedale di Schio il 16 novembre 1915. (Registrato col n. 8 nel Registro degli atti di morte del 1915).

Soldato Pasquale BRACACCIA, di Castel Viscardo, figlio di Ermenegildo e di Giuditta Passeri, di anni 25, morto nell’Ospedale da campo n. 207, in seguito a ferite per fatto di guerra il 27 novembre 1915 (Registrato col n. 3 nel Registro degli atti di morte del 1916).

Soldato Gino LEONI, di Castel Viscardo, figlio di Alessandro e di Giacinta Focarelli, di anni 22, morto nel paese di Romans, in seguito a ferite per fatto di guerra il 24 agosto 1915 (Registrato col n. 4 nel Registro degli atti di morte del 1917).

Soldato Giovanni FRITTELLI, di Castel Viscardo, figlio di ignoti, di anni 26, morto sul Col Caneva, in seguito a ferite per fatto di guerra il 2 aprile 1916. (Registrato col n. 1 nel Registro degli atti di morte del 1916). 142 Luca Giuliani Tracce dei nostri morti dallo stato civile 143

Soldato Paolo STERPA, di Castel Viscardo, figlio di Giuseppe e di fu Ca- Olimpia Patrizi, di anni 29, morto a Villa Braganza, in seguito a ferite per terina Bartolini, di anni 22, morto sul Monte Mesola, in seguito a ferite per fatto di guerra il 10 giugno 1916 (Registrato col n. 3 nel Registro degli atti fatto di guerra il 3 giugno 1916. di morte del 1917). (Registrato col n. 2 nel Registro degli atti di morte del 1916). Soldato Nazzareno POLVERINI, di Castel Viscardo, figlio del fu Pan- Soldato Adorno ARLECCHINO, di Castel Viscardo, figlio del fu Ma- crazio e di Maria Taramelli, di anni 32, coniugato, morto ad Oppacchie- riano e di Geltrude Maccheroni, di anni 22, morto sul monte Lemerle, in sella, in seguito a ferite per fatto di guerra il 29 settembre 1916 (Registra- seguito a ferite per fatto di guerra il 16 giugno 1916. to col n. 8 nel Registro degli atti di morte del 1917). (Registrato col n. 4 nel Registro degli atti di morte del 1916). Soldato Egisto LEONI, figlio di Antonio e Annunziata Maccheroni, di Soldato Crispino TIRACORRENDO, di Castel Viscardo, figlio di Ful- anni 20, celibe, morto nella 2.a Cima del Colbriccon in seguito e ferite genzio e di Natalina Soldini, di anni 29, morto nel Comune di Gradisca riportate in guerra l’11 luglio 1917 (Registrato col n. 9 nel Registro degli d’Isonzo, in seguito a ferite per fatto di guerra il 17 settembre 1916. atti di morte del 1917). (Registrato col n. 5 nel Registro degli atti di morte del 1916). Soldato Luigi TASCINI, di Castel Viscardo, figlio di Teodoro e di Vero- Soldato Mario CALANDRELLI, di Castel Viscardo, figlio del fu Eugenio nica Fabretti, di anni 20, morto in località Monte Cucco, in seguito a fe- e della fu Dodda Sterpa, di anni 26, morto sulla seconda cima del monte rite per fatto di guerra il 24 maggio 1917 (Registrato col n. 5 nel Registro Colbriccon, in seguito a ferite per fatto di guerra il 9 ottobre 1916. degli atti di morte del 1917). (Registrato col n. 6 nel Registro degli atti di morte del 1916). Soldato Gervasio LOLLI, di Castel Viscardo, figlio di Ruggero e di Cri- Soldato Felice CECCHITELLI, di Castel Viscardo, figlio del fu Filippo stina Forbicioni, di anni 35, coniugato, morto sul Carso (Hudi Log), in e della fu Ersilia Mandini, coniugato con Sira Angelina Pietroni, di anni seguito a ferite per fatto di guerra il 24 maggio 1917 (Registrato col n. 6 31, morto ad Oppacchiesella, in seguito a ferite per fatto di guerra il 16 nel Registro degli atti di morte del 1917). settembre 1916. (Registrato col n. 7 nel Registro degli atti di morte del 1916). Soldato Giuseppe FEMMINELLI, di Castel Viscardo, figlio del fu Le- onardo e di Lucia Cecio, di anni 30, coniugato, morto a Carmons, in Soldato Crispino FROSONI, di Castel Viscardo, figlio di Lamberto e di fu seguito a ferite per fatto di guerra il 25 maggio 1917 (Registrato col n. 7 Oliva Tiracorrendo, di anni 24, morto sul monte Preciuk, in seguito a feri- nel Registro degli atti di morte del 1917). te per fatto di guerra il 1 novembre 1916 (Registrato col n. 1 nel Registro degli atti di morte del 1917). Soldato Antonio COPPETTA, nato a Orvieto e residente a Castel Vi- scardo, figlio del fu Alessandro e di fu Maria Grazia Pierini, coniugato, di Soldato Sabatino PICCHIO, di Castel Viscardo, figlio del fu Francesco e anni 32, morto nell’infermeria dell’84° Reparto Sanità in Cambresco, in di Maria Leoni, coniugato, di anni 33, morto nel Pian di Stronzon (Meso- seguito a ferite per fatto di guerra il 7 luglio 1917 (Registrato col n. 10 nel la), in seguito ad asfissia sotto una valanga il 13 dicembre 1916 (Registrato Registro degli atti di morte del 1917). col n. 2 nel Registro degli atti di morte del 1917). Soldato Agrippino TANTINI, di ignoti, nato a Montegabbione e domici- Soldato Enrico BERTOLINI, di Castel Viscardo, figlio di Nazzareno e di liato a Castel Viscardo, coniugato, di anni 31, morto sul posto di medica- zione del 133° Reparto Sanità, in seguito a ferite per fatto di guerra il 21 144 Luca Giuliani Tracce dei nostri morti dallo stato civile 145 agosto 1917 (Registrato col n. 11 nel Registro degli atti di morte del 1917). Soldato Giorgio TASCINI, del 263° Reggimento Fanteria, 7ª Compagnia, nativo di Castel Viscardo, figlio di Sante e di Annunziata Perna, di anni Soldato Olinto LUCATTELLI, della 1ª Compagnia, nativo di Castel Vi- 21, morto il 19 ottobre 1918, in seguito a bronco polmonite nell’ospedale scardo, figlio di Oreste e di fu Giacinta Marricchi, di anni 27, coniugato da campo 100 in Castelfranco Veneto (Villa di Lorenzi) e sepolto in quel con Sterpa Elisa, morto in seguito ad una granata nemica a Case Serna- cimitero. giotto sul Piave il 23 novembre 1917 e sepolto a Zenson (o Zeuson) di (Registrato col n. 9 nel Registro degli atti di morte del 1918). Piave. (Registrato col n. 2 nel Registro degli atti di morte del 1918). Soldato Quirino PASQUALETTI, nativo di Castel Viscardo, figlio di For- Sergente Carlo ZANETTI, della 9ª Compagnia, nativo di Castel Viscardo, tunato e di Vincenza Elvira Persi, di anni 19, morto il 15 dicembre 1918 figlio di Amedeo e di Clarice Lucattelli, di anni 25, morto in seguito a ferita nell’Ospedale Militare di Riserva di Forli in via Piero Maroncelli,7. per fatto di guerra sul Monte Pertica il 22 novembre 1917. (Registrato col (Registrato col n. 10 nel Registro degli atti di morte del 1918). n. 4 nel Registro degli atti di morte del 1918). Soldato Luigi LOLLI, del 21° Reggimento Fanteria, Sezione Mitraglia- Soldato Nazzareno MAGISTRATI, della 608ª Batteria del 33° Reggimen- trici, nativo di Castel Viscardo, figlio di Antonio, di anni 30 e un mese, to Artiglieria di Campagna, nativo di Orvieto, figlio di Rinaldo e di Cate- coniugato con Marina Lolli, morto il 4 luglio 1918 per catarro acuto inte- rina Biancalana, di anni 22, morto il 7 giugno 1917 in seguito a ferite per stinale e polmonare nel Campo dei prigionieri di truppa in Altengrabow fatto di guerra nel Costone di Franza e sepolto nel cimitero di Cudraz. nella baracca degli ammalati n. 11. (Registrato col n. 2 nel Registro degli (Registrato col n. 5 nel Registro degli atti di morte del 1919). atti di morte del 1919).

Soldato Antonio SUGARONI, del 119° Reggimento Fanteria, 8ª Compa- Caporal Maggiore Enrico PAPINI, della Compagnia Presidiaria 80c, nati- gnia, nativo di Castel Viscardo, figlio di Francesco e di Adelaide Sonni, di vo di Castel Viscardo, figlio del fu Giuseppe e di Vittoria Pietroni, di anni anni 19, morto il 19 gennaio 1918 in seguito a meningite pneumo coccica 28, morto il 17 novembre 1918 in seguito a broncopolmonite bilaterale nell’ospedale da campo 085 di Cittadella (Padova) e sepolto in quel cimi- grippale nel 74° Ospedale da campo e sepolto a Valona, zona Fontana tero. Platano. (Registrato col n. 3 nel Registro degli atti di morte del 1919). (Registrato col n. 3 nel Registro degli atti di morte del 1918). Carabiniere Ugo BORRI, della 76ª Sezione R.R. Carabinieri, 55ª Divisio- Soldato Vittorio GIULIANI, della 309ª Compagnia Scaricatori, nativo di ne, Distretto 69, nativo di Castel Viscardo, figlio di Origene e di Rosa Sera- Castel Viscardo, figlio di fu Ermenegildo e di fu Brigida Battistelli, di anni fino, di anni 20, morto il 30 novembre 1918 in seguito a broncopolmonite 40, coniugato con Tascini Esterina, morto il 9 ottobre 1918 per emorra- bilaterale nell’Ospedale da campo n. 70 e sepolto a Brùneck (Tirolo) gia cerebrale e polmonare in seguito a caduta nel 74° ospedale da campo, (Registrato col n. 4 nel Registro degli atti di morte del 1919). sepolto a Valona, zona Fontana Platano. (Registrato col n. 7 nel Registro degli atti di morte del 1918). Soldato Nazzareno BARTOLINI, ex prigioniero di guerra, nato a Castel Giorgio da fu Domenico e da Rosa Giuliani, residente in Castel Viscardo, Soldato Nazzareno ROSELLI, del 2° Reparto Salmeria, 35ª Divisione, na- ammogliato con Tascini Elvira, di anni 29, morto il 23 novembre 1918 tivo di Castel Viscardo, figlio di Angelo e di Geltrude Palombini, di anni nell’Ospedale da campo 0153 in Comune di Mirandola. (Registrato col n. 29, morto il 24 ottobre 1918, in seguito a influenza gravissima con compli- 6 nel Registro degli atti di morte del 1919). cazioni polmonari nell’ospedale da campo 167 e sepolto a Prilep (Serbia). (Registrato col n. 8 nel Registro degli atti di morte del 1918). Soldato Lorenzo SUGARONI del 201° Reggimento Fanteria, 1ª Compa- 146 Luca Giuliani gnia, nativo di Castel Viscardo, figlio di Domenico e di Maria Dominici, di anni 19, morto il 15 giugno 1918 in seguito a una ferita alla testa causata da una scheggia per fatto di guerra a Valtino – Case Pasqualin (Piano). (Registrato col n. 7 nel Registro degli atti di morte del 1919).

Soldato Giuseppe BORRI del 4° Reggimento Fanteria Bersaglieri, prigio- niero di guerra, nativo di Castel Viscardo, figlio di Nazzareno e di Caterina Le decorazioni al Valore e al Merito Bartoccini, coniugato con Olimpia Ceccarelli, di anni 35, morto il 1 gen- naio 1918 in seguito a polmonite a Josefstad in Boemia. (Registrato col n. di Aldo Lo Presti 8 nel Registro degli atti di morte del 1919). «Create per sottolineare un atto di coraggio sia da parte di militari che Soldato Aroldo BORRI, di Cesare, nato a Monterubiaglio nel 1897, prigio- nella vita civile, le decorazioni al valore e al merito sono attentamente niero di guerra, di anni 21, morto il 26 marzo 1918 in seguito a polmonite collezionate da molti appassionati. Si tratta tuttavia di una raccolta a Mauttausen. (Registrato col n. 2 nel Registro degli atti di morte del 1920). difficile, in quanto la maggior parte di queste medaglie sono “nominative”, cioè sono state assegnate a un individuo per suoi meriti particolari. Di Soldato Sergio STELLA, nativo di Viceno di Castel Viscardo, figlio del conseguenza è difficile che il decorato se ne separi e le medaglie finiscono 1 fu Silvestro e di Agnese Focarelli, di anni 19, morto il 22 gennaio 1919 in una collezione solo per caso...» . nell’Ospedale Militare di Riserva di Porta Furba (Roma). Se tutto ciò poteva valere senz’altro ancora negli anni settanta del secolo (Registrato col n. 1 nel Registro degli atti di morte del 1919). scorso, oggi basta navigare nei siti specializzati per accorgersi che le me- daglie e le decorazioni sono sempre più a portata di …tasca, a segno che il Tempo le ha trasformate in semplice ‘merce’, perdendo, di fatto, ogni aurea epico/familiare. Ad ogni modo le decorazioni si possono distingue- re in tre grandi famiglie, le “commemorative” (medaglie coniate apposi- tamente per celebrare un fatto d’arme, l’appartenenza a un certo reparto, un avvenimento o una ricorrenza e così via), le medaglie, croci o stelle al valore e “al merito” (attribuite quindi, come anticipato, nominativamente a chi si è distinto sul campo di battaglia –valor militare– o in occasione di determinati avvenimenti quali alluvioni, salvataggi, ecc. –valor civile–), e di “benemerenza” in bronzo («Per militari che non hanno avuto l’opportu- nità –o il coraggio– di segnalarsi con atti eroici di tale portata da meritare una segnalazione da parte del loro comando» ma che, ad ogni modo, «... hanno rischiato la propria vita in guerra»). Naturalmente, sia per le prime che per le ultime, chi le ha avute «...non sempre ha dovuto distinguersi tra i commilitoni o i compagni per meritarsele»2. Le seconde, essendo nomina-

1 s.v. Decorazioni, in Collezionismo italiano, 35 (1979), p. 1089. 2 s.v. Omaggio all’eroismo (Un), in Collezionismo italiano, 35 (1979), pp. 1090, 1116-1117. 148 Aldo Lo Presti Le decorazioni al valore e al merito 149 tive, sono attribuite sempre con un atto formale delle autorità competenti La medaglia è di zinco e si compone di una Croce Patente che poggia su «...e tale atto prevedeva che la medaglia fosse assegnata a un determinato in- una corona di alloro. dividuo e a nessun altro. Per questo alcuni collezionisti ritengono necessario, Dritto: in latino: “GRATI PRINCEPS et patria, CAROLVS IMP.ET al completamento della raccolta in questo specifico settore, il possesso del REX”, (Un principe e patria riconoscente, Karl, imperatore e re). diploma d’onore consegnato all’avente diritto insieme con la medaglia, sul La croce patente è a braccia trapezoidali riunite da una corona di alloro e quale in genere è riportata la motivazione precisa dell’attribuzione, insieme con fondo granulato e bordato col nome del decorato. Naturalmente questi stessi collezionisti […] ritengo- Rovescio: corone imperiali austriache e ungheresi sopra la lettera “C” no indispensabile che la medaglia abbia il nastrino regolamentare, con i co- (per Carolus) con la scritta “VITAM ET SANGVINEM”, (con la vita e il lori previsti al momento in cui è stata istituita»3. Si ricorda, inoltre, che tutte sangue) e la data MDCCCCXVI, (1916). le medaglie d’oro e d’argento, sono la diretta discendenza di quelle istituite Il progetto è basato sul disegno della Croce Army of 1813-1814 nel Regno dei Savoia nel 1833, mentre quelle in bronzo al valor militare fu- (comunemente noto come ‘Cannon Cross’ - ‘Kanonenkreuz’). rono istituite un cinquantennio dopo, esattamente nel 1887 «...al tempo dei La croce è stata portata sul petto a sinistra da un nastro rosso con alterne primi disastrosi tentativi di penetrazione coloniale in Africa» mentre quella strisce laterali rosso-bianche verso ciascun bordo. al valor civile risale all’anno successivo; la croce di guerra al valor militare Furono conferiti 651.000 esemplari di questa croce. risale invece al 19224. Croce dell’Ordine di Vittorio Veneto Croce di Carlo Medaglia commemorativa coniata nel 1968 Decorazione-medaglia istituita il 13 dicembre 1916 dall’Imperatore Carlo Dritto: elmetto su foglia di alloro I d’Austria-Ungheria. La croce è stata assegnata fino alla fine della prima Rovescio: sui bracci, foglie di quercia; nella medaglia centrale, ai lati di guerra mondiale ai soldati dell’esercito austro-ungarico, indipendentemente stella a cinque punte: “Ordine di Vittorio Veneto” dal rango, che erano stati con una unità combattente per almeno dodici Contorno: a cornice settimane, e che aveva effettivamente servito al fronte. Metallo: bronzo Medaglia a croce greca, detta Croce dell’Ordine di Vittorio Veneto,

Diritto Rovescio

3 Ibid., pp. 1091-92. 4 Ibid., pp. 1092, 1094. Diritto Rovescio 150 Aldo Lo Presti Le decorazioni al valore e al merito 151 istituita con la L. 18 marzo 1968, n. 263 per gratitudine della nazione nei 50° Anniversario della Vittoria confronti dei soldati impegnati nella prima guerra mondiale ed insigniti Dritto: elmetto su foglie d’oro e quercia sormontato da una stella raggiante della Croce al Merito di Guerra (passim). in basso: L. Mancinelli L’ordine è in stato quiescente dal 26 ottobre del 2008 a seguito della morte Rovescio: nel campo, su foglie d’alloro, “50° / Anniversario / Della Vittoria dell’ultimo Cavaliere ed è stato abolito il 15 marzo del 2010. / 1918/1968 tra le foglie: Bartoli Croce al Merito di Guerra Dritto: monogramma di Vittorio Emanuele III coronato (istituita nel 1922)5 al centro: “Merito di Guerra”6 sotto: spada (gladio romano7) e ramo d’alloro Rovescio: stella raggiante Metallo: rame Croce commemorativa distribuita con nastrino per meriti di guerra conseguiti durante la prima guerra mondiale.

Diritto Rovescio Contorno: liscio Metallo: Oro Peso: oscillante tra 5,2-5,3 g. Destinata ai militari della guerra 1915-18 è la medaglia d’oro istituita dalla Diritto Rovescio Repubblica con legge 18 marzo 1968 n. 263 in occasione del cinquantesimo anniversario della vittoriosa conclusione del conflitto: «La medaglia è stata 5 s.v. Omaggio all’eroismo (Un), in Collezionismo italiano, 35 (1979), p. 1094. 6 Il nastro era azzurro, con due strisce bianche centrali separate. Alla seconda concessa a tutti coloro (non moltissimi, in verità, visto che gli ex ragazzi del concessione della medaglia, il nastrino poteva essere completato con una corona reale 1899, la più giovane classe chiamata in linea, nel 1968 sfioravano la settantina di bronzo. Dalla terza concessione in poi, il nastrino poteva essere completato con due d’anni d’età) che hanno prestato servizio militare per almeno sei mesi nelle corone reali di bronzo. Secondo il regolamento originario, la Croce al merito di guerra forze armate italiane durante la guerra 1914-18 o durante le guerre precedenti poteva essere conferita al massimo per tre volte, con ogni conferimento successivo al (evidentemente quella italo-turca per la conquista della Libia, conclusasi nel primo indicato con l’apposizione di una piccola corona bronzata sul nastro di una unica 1912»8. croce (o sul relativo nastrino). Successivamente questa limitazione venne revocata e venne indossata una decorazione per ciascun conferimento (regio decreto 19 gennaio 1918, n. 205). V. Wikipedia 7 Ibidem. 8 s.v. Omaggio all’eroismo (Un), in Collezionismo italiano, 35 (1979), p. 1118. 152 Aldo Lo Presti Le decorazioni al valore e al merito 153

Medaglia Guerra per Unità d’Italia Ai Combattenti delle Nazioni Alleate ed Associate Dritto: “GUERRA (alloro) PER • L’UNITÀ (alloro) D’ITALIA” “1915 Dritto: “GRANDE . GUERRA. PER . LA . CIVILTÁ”, braciere ardente (alloro) 1918” sormontato da colombre in volo recanti rami d’ulivo; ai lati MCXV – busto elmato voltato a sinistra MCXVIII sotto: M. Nelli Inc. a destra, sopra la linea dell’esergo: G. Villa Inc (anche senza firma) in esergo: “AI COMBATTENTI DELLE NAZIONI ALLEATE ED ASSOCIATE”

Verso: figura allegorica della Vittoria alata reggi-fiaccola su carro quadriga trainato da leoni in esergo: a) firma: F. M. Lorioli & Castelli – Milano b) al dritto firma G. Villa Inc e al rovescio Sacchini-Milano c) al dritto idem e al rovescio S.(tefano) Johnson-Milano

contorno senza cornice (liscio) metallo: bronzo diametro 31mm

Sostanzialmente analoga alla precedente, fusa col metallo dei cannoni tolti Diritto Rovescio al nemico, istituita sempre nel 1920. Fu un riconoscimento concesso a spese dello Stato a tutti i militari, militarizzati e assimilati che avessero Rovescio: “CONIATA NEL BRONZO NEMICO”, figura alata allegorica prestato servizio per almeno quattro mesi in zona di operazioni10. Si della Vittoria di fronte su scudi sorretti da militari elmati trattò di una medaglia commemorativa emessa congiuntamente da tutte

Medaglia-decorazione distribuita con nastrino ai militari che avevano prestato servizio per almeno un anno durante la prima guerra mondiale.

Si tratta di una medaglia a metà strada tra la ‘commemorativa’ e di ‘benemerenza’ istituita dal Re d’Italia nel 1920 e concessa ai militari, militarizzati e assimilati, nonchè al personale di corpi e reparti ausiliari (come Croce Rossa, Sovrano Ordine Militare di Malta, ecc.)9.

Contorno a cornice Metallo: bronzo 32 mm Diritto Rovescio

9 s.v. Omaggio all’eroismo (Un), in Collezionismo italiano, 35 (1979), p. 1118. 10 Ibidem. 154 Aldo Lo Presti le nazioni che scesero in campo nella grande guerra contro la Germania e l’Austria-Ungheria.11

Terza Armata – Sacrario Redipuglia Dritto: “GLORIA AI CENTOMILA EROI” Croce coronata sui bracci: TERZA ARMATA ai lati: 1915-1918 al di sotto: gruppo di figure evocative della Pietà a destra: Tre Croci (Calvario) a sinistra: bandiera del Regno sotto: LABOA Rovescio: prospetto anteriore della scalinata del Sacrario in esergo: SACRARIO DI REDIPUGLIA

Diritto Rovescio

Medaglia commemorativa realizzata presumibilmente il 19 settembre 1938 per ricordare la realizzazione del Sacrario

Contorno: cornice Metallo: bronzo Diametro: 30 mm

Sitografia di riferimento: http://numismatica-italiana.lamoneta.it

11 s.v. Decorazioni, in Collezionismo italiano, 35 (1979), p. 1125. Finito di stampare nel mese di giugno 2015 da PRESS UP