La chiesa dell’Annunziata

Cossignano Comune di Piazza Umberto I, 1 63030 Cossignano (AP) Tel. 0735 98130 Fax 0735 987228 www.comune.cossignano.ap.it

Fotografie: Foto Studio Immagine Dino Capelletti & Laura Venditti (AP)

Arch. Antonella Cosignani

Grafica e Stampa: Fast Edit (AP)

Edizione Luglio 2010 Non ultima, fra le gratifiche che il mio ruolo di Sindaco mi ha dispensato in questi anni, la soddisfazione di presentare agli amici, cossignanesi e non, questo quaderno che raccoglie vari in- terventi svolti nel corso di due incontri promossi dalla nostra Amministrazione per solennizzare il compimento dei lavori che hanno restituito all’antico decoro la chiesa dell’Annunziata: quello del 26 aprile 2009, in occasione della riapertura al pubblico dei visitatori del sacro edificio al termine dei lavori di consolidamento e di recupero, e quello del 24 aprile 2010, in occasione del concerto di inaugurazione dell’organo restaurato. Le parole pronunciate in quei giorni rendano merito al valore del patrimonio recuperato e alla qualità dell’impegno generosamente profuso nell’opera di recupero.

R. D. A.

Sommario

Storia, restauro e opere della chiesa dell’Annunziata (Cossignano, 26 aprile 2009)

Saluto del Sindaco (Roberto De Angelis) p. 11 Le molte vite dell’Annunziata (Mariano Malavolta) p. 13 Intervento di recupero, restauro e miglioramento sismico (Antonella Cosignani) p. 19 I dipinti e gli altari nella chiesa dell’Annunziata (Benedetta Montevecchi) p. 31

L’organo dell’Annunziata (Cossignano, 24 aprile 2010)

Saluto del Sindaco (Roberto De Angelis) p. 49 Introduzione ai lavori (Mariano Malavolta) p. 51 Vincenzo Paci “organaro di ben alta rinomanza” e l’organo dell’Annunziata (Mauro Ferrante) p. 53 Scheda descrittiva dello strumento (Mauro Ferrante - Michel Formentelli) p. 61 Il restauro (Mauro Ferrante - Michel Formentelli) p. 67

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Storia, restauro e opere della chiesa dell’Annunziata

Cossignano, 26 aprile 2009

Saluto del Sindaco Roberto De Angelis

el porgervi il saluto dell’Amministrazione comunale non nascon- do la mia grande soddisfazione nel rilevare la presenza di un folto Ne qualificato pubblico che ben sottolinea, con il suo presidio, una diffusa volontà di partecipazione ad un evento che per noi Cossignanesi è assai importante e che opportunamente si realizza in concomitanza con la chiusura dell’undicesima Settimana della Cultura, promossa dal Ministe- ro per i Beni e le Attività Culturali, cui abbiamo aderito, e con la tradizionale festa di San Giorgio, nostro patrono. Un saluto particolare sento di dove- re all’assessore regionale Sandro Donati, al consigliere regionale Antonio D’Isidoro, all’assessore provinciale alla cultura Olimpia Gobbi, che con la loro partecipazione continuano a testimoniare attenzione anche per le pic- cole realtà come la nostra: ricordo a tutti che Cossignano, se escludiamo i centri della comunità montana, rappresenta il comune più piccolo della ridimensionata provincia di . Allo stesso modo non posso non ricordare il saluto telefonico di Sua Eccellenza Monsignor Gervasio Gestori, impossibilitato a partecipare, ma che attraverso il nostro parroco don Nicola Spinozzi e l’emerito Don Luigi Illuminati vi fa giungere la sua benedizione. Né posso tacere del conforto che mi reca l’autorevole presen- za di tanti colleghi sindaci (Giovanni Gaspari di San Benedetto del , Luigi Merli di Grottammare, Lucio D’Angelo di e Paolo D’Erasmo di ), ribadita dalle congratulazioni fattemi pervenire dai colle- ghi impossibilitati a partecipare per impegni d’ufficio. L’esemplarità del felice rapporto sinergico fra istituzioni civili e religiose che ha reso possibile questo recupero è evidente finanche nell’assortimento

11 dei Relatori che hanno accettato di illustrarci la storia, il restauro e le estenuanti procedure amministrative che – absit iniuria verbis – le opere d’arte dell’Annunziata: oltre a Mariano Malavolta, docente hanno accompagnato ogni fase dei lavori. nell’Università di Roma “Tor Vergata”, interverranno Don Vincen- La singolarità e l’unicità architettonica dell’edificio, la cui costru- zo Catani, archivista diocesano e presidente dei Musei Sistini; An- zione iniziò nel 1264 per ospitare la chiesa di S. Paolo (pieve rurale tonella Cosignani, progettista e direttore dei lavori; Rosella Bellesi, che aveva la sua sede fuori le mura), e che verso la metà del XV secolo funzionario del servizio Beni Culturali e Programmi di Recupero fu concessa dall’abate di Farfa ai frati francescani privati del convento della Regione ; Benedetta Montevecchi e Daniele Diotal- sul Colle, sopravvivono in questo monumento ricco di arte e di sto- levi della Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoan- ria, che ha ben meritato la preziosa attenzione della Regione Marche tropologici delle Marche. Saluto con la stessa riconoscenza Mar- e delle competenti Soprintendenze: ad esse va testimoniata tutta la cello Marchetti, della Soprintendenza per i Beni Architettonici e riconoscenza della comunità per un provvidenziale quanto genero- Paesaggistici delle Marche, il quale non è potuto intervenire per so intervento di spesa che ha reso possibile il completamento dei la- le ragioni più che comprensibili del sisma che ha sconvolto la sua vori di riparazione dei danni causati all’edificio della Chiesa dell’An- città, L’Aquila: a lui chiediamo, in ogni caso, di manifestare alle po- nunziata dalla crisi sismica del settembre 1997, e che ha consentito polazioni abruzzesi colpite dal terremoto del 6 aprile scorso tutta di completare sia i lavori strutturali, estesi alle porzioni di proprietà la nostra commossa partecipazione. Una presenza rassicurante, al privata, sia il restauro delle opere d’arte conservate nella chiesa: gli cospetto di questo piccolo scrigno di tesori d’arte della nostra co- affreschi, gli altari lignei, i dipinti ad olio su tavola e su tela (quest’ulti- munità, è quella del comandante della Stazione dei Carabinieri di mi ancora in fieri) ed il recupero funzionale dell’organo (anch’esso Ripatransone, maresciallo Princigalli, che ringrazio con particolare non ancora ultimato). L’Annunziata è ora pienamente fruibile, anche gratitudine, insieme con gli assessori e i consiglieri comunali e, ov- grazie alla revisione e messa a norma dell’impianto elettrico, dell’illu- viamente, con tutti i numerosi amici cossignanesi, che del buon esi- minotecnica, dell’impianto di riscaldamento e del sistema di sicurez- to di questo recupero e restauro potranno d’ora in poi sentirsi ben za, e alla qualità del complesso intervento, che si è posto quale obiet- orgogliosi, anche per l’elevata qualità degl’interventi eseguiti dalla tivo principale non solo di ristabilire un corretto comportamento ditta Scarpetti Geom. Ubaldo & C. di Ascoli Piceno, dalla ditta strutturale e statico dell’intero immobile, ma anche di salvaguardare COORAL di Ascoli Piceno (per gli affreschi) e dalla ditta Iachini e consolidare l’esistente, garantendo qualità architettonica, dignità di Tuscania (per gli altari), e di quanti verranno eseguiti ad opera d’immagine, leggibilità delle caratteristiche originarie: un indubbio della ditta Michel Formentelli (per il restauro ed il recupero fun- arricchimento del patrimonio artistico regionale, oltre che – dal no- zionale dell’organo storico “Vincenzo Paci”) e dalla ditta Angelo stro punto di vista “cossignanese” – un’occasione di stimolo della me- Pavoni di Ascoli (per il restauro delle tele). Del coordinamento di moria storica della comunità, chiamata a riflettere sulla responsabili- queste elevate professionalità va reso il dovuto merito all’architetto tà di saper meritare quella fede nel proprio futuro che i nostri antichi Antonella Cosignani, per l’articolato progetto e l’attenta direzione progenitori hanno generosamente opposto alla sfida del Tempo. dei lavori, così come va ricordata l’opera instancabile di Marilena D’Angelo (responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune), per

12 Le molte vite dell’Annunziata Mariano Malavolta

ell’importante e, diciamolo pure, assai costoso lavoro di prozia Artemisia); e ancora, ai tempi dell’Archeoclub, quando potei recupero dell’Annunziata io non ho avuto parte alcu- allestire dentro queste stesse mura – con l’aiuto prezioso di Enio Lu- Nna né, per le mie specifiche competenze, avrei potuto cidi e di Giuseppe De Bronchetto – l’antiquarium comunale inti- averne: sono stato invitato dall’amico Sindaco a svolgere un breve tolato a Niccola Pansoni: anche quella fu, per breve tempo, illusione intervento come cultore delle locali memorie, per fornirvi qualche di creare un presidio storico della locale identità culturale, infranta ragguaglio sulla storia di questo luogo, di cui ho avuto modo in più dopo pochi mesi da uno squallido furto degli oggetti esposti nel pic- di un’occasione di occuparmi, pubblicando i risultati delle mie ricer- colo museo. che. Ora però il trovarmi qui con voi produce in me una fortissima Non meno intensa della mia personale emozione potrà rivelarsi, sensazione di “appartenenza”, che non posso evitare di comunicarvi, nel più vasto ambito della vita plurisecolare dell’intera comunità qui insieme con il mio stupore nel vedere finalmente realizzato il vagheg- presente, la sensazione provocata da questo miracoloso recupero sul giato sogno di una chiesa restituita al suo antico splendore: per un nostro inconscio collettivo, che qui ed ora viene – per la irripetibile Cossignanese come me, nato – come tutti noi di una certa età – nel magia di questa celebrazione – quasi risucchiato all’indietro, verso i lectus genialis della casa paterna, a poche decine di metri da qui, la primordi della vita dell’edificio: un recupero non meno importante rinnovata freschezza dell’intonaco di queste pareti ha l’effetto di tra- di questo dell’Annunziata, anche se assai meno appariscente, dovuto sformare l’ambiente in una specie di Stargate, se mi passate un’im- anch’esso alla determinazione del nostro Sindaco, ha reso possibile la magine audace, che trasportandoci a quei lontani punti della galassia pubblicazione dei documenti medievali raccolti da Valter Laudadio1 nei quali gli eventi passati ebbero luogo, annulla i decenni trascorsi e e ci consente di ricostruire con maggior compiutezza di tratti ciò mi fa rivivere sensazioni che qui dentro ho intensamente vissuto: da che avvenne in quei tempi così lontani. Fu dunque il 2 aprile del 1264 chierichetto, durante le funzioni del mese dei morti celebrate da don (745 anni or sono) che don Rainaldo, cappellano della chiesa di San Alessio Loggi (e l’amico Camillo Aurini, che vedo qui presente, può Paolo (allora sita all’estremità orientale del Borgo, lungo la strada per testimoniare con me che in quelle occasioni vivemmo ore fra le più Ripatransone), ottenne dal vescovo di Ascoli il permesso di trasferi- serene della nostra vita); al mio ultimo anno di liceo, quando venivo a re quella chiesa all’interno del castello (dentro il muro di cinta che curiosare nell’archivio della piccola sacrestia alla ricerca di memorie della famiglia Travaglini (famiglia della mia nonna Edvige e della mia 1 V. Laudadio, Cossignano e i suoi documenti medievali, Roma 2008.

13 forse era anch’esso in fase di costruzione, “a consolazione dei parroc- chiani” dice il documento), e dal vescovo ebbe anche la prima pietra da impiegare nella nuova costruzione2. Meno di due anni dopo, alla fine dei lavori, come ci informa altro documento datato 10 gennaio 1266, lo stesso don Rainaldo otteneva dal suo vescovo il permesso di trasferire all’interno della chiesa noviter fabricata infra castrum la pietra santa della chiesa del Borgo, insieme con le sacre reliquie, in essa contenute, di S. Emidio, S. Andrea, S. Paolo e S. Lucia3. La chiesa, costruita probabilmente soprattutto con le pesanti corvées dei par- rocchiani di don Rainaldo, doveva essere di dimensioni ancora più modeste di queste che ora vediamo, e non doveva spingersi – come ci dirà anche Antonella Cosignani – oltre il perimetro delle mura ca- stellane, che invece l’attuale edificio vistosamente supera, aggettan- do rispetto ad esse con tutto lo spazio del presbiterio, ora occupato da questa tribuna.  Foto Baffoni, 1972 Ritroviamo il nostro cappellano di San Paolo (dentro le mura) non è esclusa l’ipotesi che, nonostanti le modeste dimensioni della in un documento datato 28 febbraio 1269, con la qualifica di pleba- nuova chiesa e il consistente contributo di manovalanza prestato dai no (dompnus Raynaldus plebanus de Cosengiano), qui attestata Cossignanesi del XIII secolo, la spesa viva necessaria alla costruzione per la prima volta per la comunità cossignanese4, ma il documento in abbia avuto l’effetto di dissanguare la comunità, rendendo impossibi- questione è un provvedimento di scomunica5 che colpisce il nostro le il pagamento della somma dovuta. D’altra parte, un provvedimen- plebano, colpevole – insieme con altri religiosi dei dintorni – di non to di reprimenda indirizzato nel 1280 da papa Niccolò III al vescovo essersi presentato puntualmente al pagamento della “colletta”. Non è ascolano Rainaldo [III] (omonimo del plebano cossignanese, nonché chiaro quale sia stato il vero motivo della scomunica, firmata da un autore del provvedimento di scomunica di cui sopra), rimproverato Marco da Mozzano, arcidiacono e vicario del vescovo di Ascoli, ma di aver introdotto inaccettabili innovazioni negli ordinamenti della diocesi, induce invece a pensare che la morosità non sia stata moti- 2 Ibid., p. 60. vata soltanto dallo stato di indigenza del “pievano” cossignanese, ma 3 Ibid., p. 61 sg. anche da una intenzionale volontà di opporre le sue buone ragioni 4 Per la complessa questione della plebania cossignanese, attestata in epoca suc- a non ben precisabili prevaricazioni del vescovo. In effetti, più di un cessiva anche per la chiesa rurale di S. Vito (diocesi di Ascoli) rinvio a quanto detto ventennio dopo la scomunica del 1269 don Rainaldo ricompare nel- in San Paolo di Cossignano, dentro e fuori le mura, in “Archeopiceno” 2002, la documentazione, ancora come cappellano di S. Paolo, il 16 aprile a. X, nrr. 35-40, pp. 60-65, [poi ripubblicato col titolo] S. Paolo di Cossignano, 6 dentro e fuori le mura. Cossignano, 2003. Nella ricorrenza del settimo cen- del 1290, quando paga regolarmente le decime dovute a Offida alla tenario della dedica della campana della torre civica (A.D.1303). Estratto vigilia di quel 23 marzo 1291 (che è la data fatidica della concessione da “Archeopiceno”, in edizione riveduta e corretta. Roma (Aracne) [finito di stam- pare nel 2004]. 6 Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV. Marchia. A cura di P. 5 Laudadio, o.c., p. 62. Sella, Città del Vaticano, 1950, p. 574, nr. 7660.

14 dell’autonomia al castello di Cossignano7, ormai divenuto, almeno è datato il conferimento, da parte del monastero di Offida, di un be- sulla carte, terra immediate subiecta alla Santa Sede); e ancora il 12 nefitium prebendatum ecclesie Sancti Pauli existentis in ecclesia Sancte Marie maggio del 1299 è un Rainaldo di Federico (il patronimico potrebbe de castro Cosignani, conferimento che registra inequivocabilmente (exi- però indicare una volontà, da parte dell’estensore del documento, di stentis) l’avvenuto trasloco verso la chiesa prepositurale della cura di S. distinguerlo dal Rainaldo cappellano di S. Paolo) che, insieme con Paolo, che con ogni probabilità avvenne poco prima o poco dopo il un don Tommaso (cappellano di S. Maria), accoglie il vescovo asco- 1450, anno per il quale è ancora attestata, in un documento datato al lano Bongiovanni, che entra solennemente in questa nuova chiesa e primo settembre, una ecclesia sancti Pauli posita in castro Cosignani, sog- vi somministra il crisma a quasi tutto il popolo del castello8. getta ai monaci farfensi di Offida11. Nella microstoria che stiamo cercando di delineare spetta dunque A questo momento dunque, intorno alla metà del XV secolo, al nostro don Rainaldo un ruolo di protagonista (che in questa spe- può farsi iniziare la seconda vita dell’edificio che ora ci ospita, nel ciale occasione va evidenziato) della prima e più antica vita di questo quale allora si insediarono i minori conventuali provenienti dal con- edificio, allora chiesa di S. Paolo: fu Rainaldo a costruirlo nel 1264 e, vento sul Colle (distrutto nel 1388): una sede che essi conservaro- soprattutto, a condurre più o meno metaforicamente dentro le mura no per poco più di due secoli (fino al 1652), e che ha lasciato la sua del castello la parte più consistente della plebs de Cosignano, che fino ad indelebile traccia nella campana del maestro fonditore Giovanni da allora ne era stata in qualche modo esclusa, e quindi a creare il presup- Venezia (datata 1456)12 e, soprattutto, negli affreschi – ora restituiti posto della nascita – pienamente formalizzata nel 1291 – del piccolo all’antico splendore – che vediamo qui intorno – e che ci saranno “comune” che a quel che pare esisteva de facto già nel 12799. illustrati da Benedetta Montevecchi. Non sappiamo con esattezza quando sia avvenuto il passaggio Vale la pena di spendere qualche parola sulle origini del cenobio della sede della cura di S. Paolo da questa chiesa alla chiesa prepositu- cossignanese sul Colle (sito attuale del cimitero), sul quale si conosce- rale di S. Maria. La prima attestazione della “prepositura” di S. Maria vano fino ad ora notizie piuttosto vaghe, desunte dalla monumentale (che riunì sotto la superiore giurisdizione di un preposto le due cure opera di Lucas Wadding13, che ricorda una campana della chiesa del di S. Giorgio e di S. Paolo) risale al 148310, mentre al 14 luglio 1497 11 Laudadio, o.c., p. 239 sg. 7 Laudadio, o.c., p. 67 sg. – Non si può tacere il fatto che la concessione dell’au- 12 Una seconda campana, recante la data 1464 e il marchio fonditore dello stesso tonomia, fatta da papa Niccolò IV, papa francescano, sia stata preceduta dal dono Giovanni da Venezia fu poi trasferita nella chiesa rurale della Beata Vergine delle al cenobio cossignanese, fatto dallo stesso papa, della reliquia della Croce Santa nel Grazie. 1289. Si veda a questo proposito La croce di Nicolò [sic] IV e uno stipo intarsiato a Cossi- 13 Annales Minorum seu trium Ordinum a S. Francisco institutorum3, gnano. [Testi di] P. Di Girolami, B. Montevecchi, A. Jachini, [Ascoli Piceno] 2000; una 1931-1932, t. III p. 412; t. V, p. 115; si veda spec. il t. IX, p. 224: Circa annum più articolata trattazione dei rapporti fra il papa e le comunità picene nel pregevole mccccxlviii se receperunt fratres intra ipsum oppidum ad oratorium sancti studio di B. Montevecchi, Per una storia del Reliquiario della Santa Croce a . Il Pauli, sibi concessum ab abate Farsensi (sic), declinaturi improborum iniu- restauro, a cura di C. Innocenti, Firenze 1999. rias, nec tamen omnino primum locum derelinquerunt, dum ante paucos 8 Laudadio, o.c., p. 71 sg. annos ecclesiam refecerunt. La notizia conservata dal Wadding, secondo cui i 9 Laudadio, o.c., p. 67, sulla documentazione relativa all’esistenza de facto del monaci offidani accolsero nel 1448 i Francescani del convento sul Colle nell’ora- comune ancor prima del 1291. torio di San Paolo non deve considerarsi contrastante con la testimonianza sopra 10 Laudadio, o.c., p. 250 sg., dove però è attestato il conferimento della prepo- citata relativa al 1450, e va intesa nel senso che la chiesa di S. Paolo, ancorché occu- situra vacante per il venir meno del titolare: dunque la prepositura era già in essere pata stabilmente dai frati, conservò il suo titolo per qualche anno ancora, prima di anteriormente. essere reintitolata all’Annunziata.

15  Foto Baffoni, 1972 convento datata 1286, osservando però che il convento stesso dove- 1280 redatto in Conseniano, in ecclesia fratrum minorum, che va esistere ancor prima di quella data, per via di una bulla Alexandri attesta inequivocabilmente per quella data l’esistenza del convento IV [papa dal 1254 al 1261] ibidem asservata, e per la convinzione sul Colle, dove veniva stilato niente di meno che l’atto di vendita al degli abitanti del luogo che il convento fosse stato fondato da Fran- comune di Fermo di diritti sul castello di San Benedetto in Albu- cesco in persona (dunque, prima del 1226). D’altra parte lo stesso la14, e non possiamo non collegare questa notizia con un documento Wadding, in due dei luoghi citati, riferisce dubitativamente queste dell’anno successivo, che ha conservato la nomina – fatta dal vescovo notizie a Cossignano o a Castignano. Ora invece possiamo leggere – sempre nel regesto del Laudadio – un documento datato 5 luglio 14 Laudadio, o.c., p. 65.

16 vevano occupato la chiesa di San Giorgio di Cosignano”17. Bonifacio IX fu papa dal 1389 al 1404, e dunque la notizia dell’occupazione della chiesa di S. Giorgio ad opera dei frati del Colle si rivela impor- tante sia per la storia – del tutto ignota – della fino ad ora fantomatica chiesa del santo patrono di Cossignano, situata a breve distanza dal- la “porta del Burgo”, sia per le vicende dei padri francescani costretti a lasciare la loro sede distrutta: il fatto che costoro abbiano potuto occupare la chiesa di S. Giorgio è indizio quasi sicuro della circostan- za che la chiesa non era più officiata (per essere divenuta, al pari di S. Paolo, cappellanìa della chiesa prepositurale); la data della bolla papale – che non può essere datata dopo il 1404 – mostra che la ri- cerca di una sede alternativa alle rovine del distrutto convento iniziò all’indomani del Blitz fermano del maggio 1388, e segna l’inizio di un periodo difficile per i frati cossignanesi, che dovettero adattarsi a sistemazioni precarie fino alla concessione farfense del 1448, che assegnò loro questo “oratorio di S. Paolo”.  Foto Baffoni, 1972 Sui due secoli di vita “francescana” dell’Annunziata, illustrata da di Ascoli – di un nuovo plebano di S. Vito resasi necessaria per in- questi preziosi dipinti, lascio però la parola alla prof. Montevecchi, e gressum religionis dompni Martini olim plebani dicte plebis15. mi limito qui a citare un paio di particolari per i quali la documenta- Anche la notizia della distruzione del convento nel 1388, taciuta dal- zione d’archivio può venire in soccorso dell’esegesi pittorica: mi ri- le coronache fermane e riportata dal solo Civalli16, trova un prezioso ferisco alla minuscola figura di un frate dipinta sul margine inferiore riscontro nella copiosa documentazione raccolta dal Laudadio, che della Deposizione nella nicchia a cornu epistulae, che è stato data- registra la traccia di una “bolla di Bonifatio nono a favore del priore e to al 1530: il frate committente è, con ogni probabilità, il guardianus monasterio di Santa Maria d’Offida contro gli frati minori che gl’ha- loci, fra Ercole da Cossignano, ricordato nel Provinciale Ordinis Fratrum Minorum di Paolino da Venezia18, mentre la Caterina Leli, anch’essa raffigurata in proporzioni minuscole, che commissiona nel 15 Laudadio, o.c., p. 66, del 5 marzo 1281. Il documento è di particolare interesse 1540 il S. Giuseppe sulla parete a cornu evangelii è sicuramente col- per la questione della pievania di S. Vito, e potrà con profitto essere versato – non legata (per esserne moglie o figlia) con il ser Iohannes Franciscus certo in questa sede – nella questione che ho avuto già modo di trattare in S. Pa- Lelius de Cosignano, laycus nullius diocesis che durante il pon- olo di Cossignano, dentro e fuori le mura. Cossignano, 2003. Nella ricor- tificato di Paolo III riceveva dalla Camera Apostolica il monopolio renza del settimo centenario della dedica della campana della torre civica (A.D.1303). Estratto da “Archeopiceno”, in edizione riveduta e corretta. Roma (Aracne) [finito di stampare nel 2004]. 17 Laudadio, o.c., p. 271. 16 Orazio Civalli (francescano maceratese morto nel 1671), Visita triennale… 18 Conservato nel Vat. Lat. 1960, c. 23, dove per l’anno 1535 il convento di Cosi- nella Marca Anconitana, stampata dal Colucci nel tomo XXV delle “Antichità nianum è elencato fra quelli della custodia Esculana (cfr. G. Parisciani, I frati picene” [Fermo 1795], p. 31. minori conventuali nelle Marche, Falconara 1982, p. 303, nr. 52).

17 del sale da vendere alla comunità19, la cui famiglia ha lasciato traccia cescana, il mutamento radicale del gusto, ora influenzato dal mo- nella toponomastica locale (il Colle di Lello dev’essere stato il nu- dello dominante dello sfarzo romano, sono per lo più posteriori a cleo delle loro proprietà). quell’energico intervento del vescovo: l’altare dei Travaglini, donato Fu quindi una vita felice questa seconda vita dell’Annunziata, che nel 1754 e comprensivo del diritto di sepoltura nel piccolo colomba- ne sortì ampliata di tutto lo spazio del presbiterio20, e che che nei de- rio gentilizio antistante; l’altare maggiore, di pertinenza della sopra cenni centrali del XVI secolo poté giovarsi, oltre che delle decime citata famiglia Lelii già all’epoca dei frati, recante ora lo stemma della destinate al Convento, di generose attenzioni elargite da cospicue famiglia Vinci, fermana, che evidentemente aveva acquisito beni e famiglie cossignanesi. diritti cossignanesi dei Lelii21. Riguardò invece soprattutto l’interno della chiesa la trasforma- Su questa terza vita dell’Annunziata, che è quella di cui noi stessi zione iniziata nella terza vita dell’edificio, dopo la soppressione dei (mi riferisco agli amici Cossignanesi che erano in età di intendere pri- piccoli conventi voluta da papa Innocenzio X nel 1652, e l’istituzio- ma del 1975) abbiamo potuto cogliere l’ormai evanescente sentore, ne, nel 1653, di tre cappellanìe, divenute quattro nel 1785: qualcuno potrei continuare a dire le molte cose che ne so: ma si tratterebbe di ha collegato questa soppressione innocenziana dei piccoli conventi, ricordi troppo personali, o di curiosità d’archivio, che possono desta- consigliata al papa da sua sorella Olimpia, con l’ingordigia diffusa del re tutt’al più l’interesse di qualche topo di biblioteca. Ci tengo però a clero secolare, affamato di prebende e “sinecure”. All’inizio, o quasi, di ricordarvi ancora una volta lo straordinario valore identitario che per questa terza vita l’austero look francescano dell’Annunziata fu sbri- la nostra comunità si conserva in questo non riproducibile insieme gativamente ricoperto di calcina per far luogo alla pretenziosa deco- di piccoli capolavori, modesti ma “nostri”, che possiamo ora – forse razione barocca di cui osserviamo i resti ormai sbiaditi. Non si può con qualche ingenuità, come già i nostri antichi progenitori, ma con certo dire che la dotazione delle cappellanìe cossignanesi dell’An- un atto di fede che non vorremmo deriso – affidare alle generazio- nunziata offrisse prebende appetibilissime, ma di sicuro sappiamo ni future come lo scrigno, o il salvadanaio, che contiene tanta parte che la disponibilità (specie per le famiglie dei cappellani) dei locali della nostra piccola storia, dai tempi eroici di don Rainaldo, ai tempi del convento annesso alla chiesa (che occupava lo spazio dell’attuale splendidi di fra Ercole e di madonna Caterina, ai tempi inaurati (non largo Gualtieruccio, e che crollò il 13 giugno 1777, l’anno della vit- però aurei) di questi ancora preziosi altari. toria della “rivoluzione americana”) diede luogo ad abusi che furono severamente sanzionati da un editto emanato il 7 ottobre 1734 dal vescovo ripano Francesco Andrea Correa, nel quale veniva pubbli- camente denunciato, con l’affissione alla porta dell’ex convento, l’uso sacrilego del luogo per “bagordi con giochi continui di carte e me- scuglio di donne” e scandalo di tutto il paese. Gli altari che ora potete ammirare dopo un esemplare restauro, e che rendono quasi stridente, rispetto alla precedente facies fran-

19 Laudadio, o.c., p. 258 sg., in data 4 aprile 1541. 20 Si trattò di una vera e propria ristrutturazione (dunque con un notevole impe- 21 Dalla genealogia dei Vinci risulta che un Eufemio di Asdrubale Vinci, nato il 3 gno di spesa) che sarà illustrata nella scheda curata da Antonella Cosignani. gennaio del 1760, aveva sposato una Niccolina Leli Calvucci, ultima di sua casa.

18 Intervento di recupero, restauro e miglioramento sismico Antonella Cosignani

Metodologia, Tecnica e modalità d’Intervento

on piacere accolgo l’invito del Sindaco a presentare una preso parte ai lavori, si è restituito alla visibilità e fruizione della città breve sintesi dell’intervento effettuato per la riapertura un complesso architettonico carico di storia e testimonianza; con Cdella chiesa dell’Annunziata. Con soddisfazione, dopo un l’occasione porgo un saluto ai cossignanesi che mi hanno, posso dire, lungo ma proficuo cammino, facendomi portavoce di quanti hanno “adottata” .

 Fig. 1

19 Inquadramento urbano L’ubicazione del centro storico di Cossignano (AP), in prossi- mità dell’incrocio fra le strade provinciali Cuprense e Mezzina (un diverticolo della via Salaria, che da Ascoli Piceno conduce a Fermo), si inserisce in un contesto territoriale che sostanzialmente ha con- servato la funzionalità della sua originaria formazione. La configurazione del nucleo antico, attestato su di un colle, presenta una forma ogivale con sviluppo prevalente longitudinale ed una configurazione della struttura viaria tipica dei centri col- linari con sviluppo dell’arteria principale lungo il crinale (fig.1) . L’agglomerato urbano mantiene essenzialmente la configurazione originaria (fig. 2-3)con semplici ma apprezzabili qualità architetto- niche: grondaie originarie (1200-1300), ghiere in laterizio, archi, così come l’utilizzo di materiali da costruzione facenti parte della tradizione marchigiana, laterizio variamente disposto e lavorato a  Fig. 2 - Archivio di Stato di Roma (mappa n.119) Archivio della Sacra Congregazione del Buon mano, pietra ascolana. Governo, Catasto Gregoriano, catasto generale dello Stato, Papa Pio VII, 6 luglio 1810 L’immobile, di cui fa parte la chiesa dell’Annunziata, è ubicato sul lato sud-est del centro storico, lungo la cinta muraria in pros- simità dell’antica porta denominata “PORTA di LEVANTE”. L’edificio che si sviluppa sul fronte est, demarca un notevole sal- to di quota tra il versante nord-ovest (fronte via Verdi) e sud-est (fronte largo Lucio Afranio Aulo) di circa 21 ml. La datazione del monumento è incerta anche se può farsi risalire alla seconda metà del XIV1 sec.

Caratteri storici e vicende Costruttive2 La configurazione dimensionale e architettonica dell’edificio attuale, composto da più piani e da tre unità immobiliari, di cui una pubblica (chiesa) e due private (piani seminterrati ubicati al di sotto della chiesa) (fig.4), certamente è il risultato di vari interventi di trasformazione e ampliamento. Eterogeneità costruttive, di ma- teriali, di tecniche hanno determinato, con il sisma avvenuto nel 1997, ripercussioni evidenti, maggiormente appalesatesi, durante l’intervento sulle strutture.  Fig. 3 - Conformazione attuale del centro storico. Mappa catastale.

20  Fig. 4

21 Il nucleo più antico dell’edificio, sicuramente di dimensione L’essenzialità della configurazione esterna dell’immobile e nello minore, è identificabile nella porzione posta a nord-ovest, costituita specifico della porzione “chiesa”, in mattoni con una tessitura a corsi dal corpo di fabbrica delimitato ad ovest dall’attuale via Verdi e ad orizzontali, non ha rispondenza con l’interno che presenta maggiore est corrispondente all’attuale parete del campanile e, nella porzione ricchezza decorativa, data da pregevoli altari di legno dipinto, databili inferiore, al perimetro originario delle mura castellane (navata unica intorno al 1750, affreschi di pregio lungo le pareti e tracce d’intonaco chiesa). Un successivo ampliamento può, presumibilmente, iden- “antico” non manomesso da interventi susseguitesi nel tempo. Il “rin- tificarsi con il corpo costituito dalla sagrestia sito al di fuori del pe- venimento” di porzioni di pareti affrescate dietro tre altari, durante rimetro delle mura castellane e poggiante sul lato sud-est su di uno i lavori di restauro, ha permesso, in alcune situazioni, una lettura sia “sperone” delle suddette mura, così come il corpo dell’oratorio (data- storica-documentaria3 sia visiva più completa delle stesse. zione incerta), che, confinante con la parete sud della chiesa, presenta una costituzione muraria all’attualità non facilmente identificabile. Completa l’attuale configurazione del complesso architettonico la  Fig. 5 porzione del presbiterio che dà un riferimento certo, sulla datazione dell’intervento di ampliamento, per la presenza di affreschi del XVI sec. su tutte le pareti (fig. ).6 Sulla semplice facciata di via Verdi, (fig. )5 con portale d’ingresso dato da blocchi di pietra ascolana (probabile materiale di recupero), sono evidenti delle trasformazioni date da chiusure di arcata, probabili accessi alla chiesa, con imposte a sesto acuto e resti di ghiera in laterizio. La copertura dell’intero edificio, che ha subito nel tempo rifacimenti e manomissioni, si configura a capanna, con la falda sud prolungata sul corpo dell’oratorio ed è rea- lizzata con struttura in legno travi-capriate. Gli orizzontamenti sono di vario tipo e, nella maggior parte dei casi, conservano elementi originali; il piano di calpestio della chiesa, del presbiterio, dell’oratorio e della sagrestia, così come il solaio di calpestio dei vani posti sul lato est del 1° piano sottostrada, insisto- no su volte a crociera e a botte realizzate con mattoni “di coltello” nel verso della minore lunghezza. Sugli estradossi delle stesse sono emerse fessurazioni di varia entità. Gli altri solai presenti ai piani in- feriori, sono realizzati in struttura lignea composta da travi, travetti e tavolato con strato di mattonelle in cotto. Il solaio del museo, ori- ginariamente in struttura lignea, è stato sostituito, presumibilmente intorno agli anni 70, con un solaio in latero cemento che, non solo ne ha cambiato la configurazione tipologica ma è una delle concause che hanno contribuito ai “dissesti” sulle pareti.

22  Fig. 6

23 Metodologia d’Intervento La metodologia d’intervento è stata incentrata sul “Restauro testi murari fortemente deteriorati e compromessi strutturalmen- Conservativo” nel rispetto della normativa vigente, garantendo te (I°Variante) (fig 7e-8b); una qualità storico architettonica, una dignità d’immagine ed una - precarietà riscontrate, durante i lavori, sull’estradosso delle conservazione delle caratteristiche originarie. L’intervento sull’in- volte corrispondenti alla porzione di pavimento della chiesa (zona tero edificio, con particolare attenzione alla chiesa, si è posto antecedente il presbiterio), con presenza di ossa umane nei rinfian- come obiettivo principale non solo di ristabilire, attraverso una chi e strato di pavimentazione5 antica sotto l’esistente con datazio- pluralità d’interventi, un corretto comportamento strutturale e ne presumibile 1.700-1.780; statico e una efficiente funzionalità ma anche di salvaguardare, - presenza di canne fumarie su pareti oggetto d’intervento (pa- consolidare l’esistente e, data la presenza all’interno di un “ricco” e rete nord-est) (fig 7a-7c) e di canali6 interni alla muratura (parete notevole arredo artistico, di consolidare, preservare e valorizzare nord) (II°Variante). Inoltre nelle vari fasi di valutazione-approva- “beni che devono essere trasferiti al futuro” e che costituiscono una ric- zione delle Varianti di progetto da parte degli enti preposti e dai chezza non solo per la comunità Cossignanese ma per la “collet- sopralluoghi effetuati, si sono portate all’attenzione e valutate varie tività”. Gli interventi proposti rientrano nell’ottica del “necessario” problematiche: mirato soprattutto al miglioramento-consolidamento strutturale, - conservazione, consolidamento, restauro pittorico di porzio- alla riduzione delle vulnerabilità individuate e alla conservazione ne di affreschi; e salvaguardia delle caratteristiche originarie, quali intonaci “sto- - possibilità di un diverso metodo di climatizzazione della nava- rici” ancora presenti sia all’interno che all’esterno dell’edificio, su- ta unica della chiesa maggiormente rispondente alla salvaguardia perfici affrescate, pavimentazioni, arredi di valore (altari, organo delle superfici affrescate7; storico) . - rimontaggio dell’organo “storico”8 senza aver effettuato un Durante le varie fasi lavorative, costantemente rapportate dalle adeguato restauro; competenti autorità e monitorate dalle stesse (Soprintendenza per - dare visibilità alle porzioni di affreschi scoperti dopo lo smon- il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico delle Mar- taggio degli altari. che-Urbino; Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Mar- Le varie decisioni ed interventi proposti, rientrando nello spiri- che; Centro Operativo Programmi di Recupero e Beni Culturali), to di “conservare” e “preservare” testimonianze storiche, sono stati particolare attenzione è stata posta non solo alla scelta dei materiali giudicati, dai vari enti preposti alla tutela, ammissibili sia sotto il “naturali” ma anche, in particolari contesti, all’adozione ed integra- profilo tecnico che finanziario con il recupero delle somme a -di zione di lavorazioni originariamente predisposte (varianti in corso sposizione. Va precisato che gli altari, per cui era previsto inizial- d’opera) ed in armonia alla metodologia d’intervento di restauro mente solo lo smontaggio e il conseguente rimontaggio dopo (fig. 7 e 8). Infatti le varie fasi lavorative hanno subito variazioni e l’intervento sulle murature, sono stati restaurati con finanziamento slittamento di tempi per intervenute cause non previste e impreve- della Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico ed Etno- dibili; in particolare: antropologico delle Marche e che le fasi di restauro dell’organo - ritrovamento di porzione di pareti affrescate durante lo smon- sono in itinere. taggio degli altari4 “storici”, saggi e scoperture dello scialbo in con-

24 Criticità presenti prima del restauro  Fig. 7 Stato interno chiesa precedente al restauro - Parete nord

Fig. 7d

Fig. 7e Fig. 7a

Fig. 7b Fig. 7f Fig. 7c

 Fig. 7a  Fig. 7b  Fig. 7c  Fig. 8a

 Fig. 8 Stato interno chiesa precedente al restauro - Parete sud

Fig. 8a Fig. 8b

 Fig. 7b  Fig. 8b  Fig. 7e  Fig. 7f

25 Analisi vulnerabilità – Cinematismi – Presidi di Contrasto tra loro e con murature), che a secondo del contesto si sono attuati Il sisma ha agito diffusamente sulle strutture, evidenziando mag- tramite: cordoli metallici, “gabbie” metalliche in presenza di volte, ca- giormente fenomeni di precarietà dove maggiore era lo stato di vul- tene (fig. 16-17-18-19); nerabilità e degrado. Particolare attenzione, come più volte precisato, è stata data non solo Alcune e principali situazione di criticità e precarietà, che si sono al consolidamento strutturale ma anche al rispetto e restituzione delle evidenziate prima e durante i lavori con maggior evidenza, possono testimonianze storiche-ambientali e documentarie presenti e al recupe- riassumersi in; ro di modalità costruttive proprie della tradizione locale, intervenendo - mancanza d’ammorsature tra pareti ortogonali in più punti e con opere e materiali efficaci ma non aggressivi. Nello specifico: angolate (fig. 7d-8a); - consolidamento restauro intonaco “antico” sia all’interno che 10 - rifacimenti e risistemazioni incongruenti; all’esterno della chiesa (fig. 20-21); - riduzione della adesione - coesione, con zone di perdita della - stacco di porzioni di affresco (fig.22), per intervento sulle mu- sigillatura dei giunti del paramento murario dovuto al degrado pro- rature fortemente degradate, con restauro pittorico in laboratorio e prio, al tempo ed agli agenti atmosferici; ricollocazione all’interno della chiesa; - assenza di connessioni tra muratura e strutture lignee di coper- - restauro pittorico di tutte le porzioni visibili delle superfici affre- tura - mancanza di catene longitudinali; scate e di quelle particolarmente significative per una testimonianza - anomalia realizzativa strutturale - muro in falso su volta a botte ( ; e lettura storico-documentaria successivamente “rinascoste” dopo il fig. 13) 3 - alterazioni delle bucature di facciata. rimontaggio degli altari ; - smontaggio, rimontaggio con recupero - integrazione degli strati di pavimentazioni ( Intervento fig.23); - smontaggio, rimontaggio, restauro “altari storici”; Tali situazioni hanno innescato cinematismi di ribaltamento con - smontaggio, restauro funzionale e rimontaggio dell’organo sto- conseguenti dissesti alle strutture sia orizzontali (solai, volte) sia ver- rico8 in fase di ultimazione. ticali (murature) su più facciate e corpi di fabbrica, (fig.9) che hanno portato a predisporre un insieme sistematico di categorie d’interven- to (presidi di contrasto) che possono riassumersi in: - interventi sulle strutture9 verticali (murature) che, a secondo del contesto, si sono attuati con operazioni di cuci e scuci, iniezioni di malte consolidamenti in presenza di intonaco decorato (affreschi) e “antico”, (fig. 10-11-12); - interventi sulle strutture orizzontali (solai di legno, volte), con ri- facimenti di solai lignei: Museo (fig. 15), piano intermedio tra terzo e secondo sottostrada, tra primo e terra sottostrada (ingresso da via Lucio Afranio) e consolidamenti alle volte con “fibre di carbonio”; chiesa: porzione di navata unica (fig.14), oratorio (fig.13), primo sottostrada; - interventi sulle Connessioni - copertura, solai, (elementi lignei

26  Fig. 9

27  Foto 10

NOTE 1) Ringrazio il prof. Mariano Malavolta che mi ha fornito informazioni e documentazione storica. 2) Una più esauriente documentazione è contenuta nelle Relazioni allega- te al Progetto di Restauro. 3) Vedi “I dipinti e gli altari nella chiesa dell’Annunziata”. Intervento della dott.ssa Montevecchi Benedetta che ha seguito e monitorato le varie fasi del restauro per conto della Soprintendenza per i Beni Storici Arti- stici e Etnoantropologici delle Marche. 4) Restauro effettuato dal sig. Antonio Jachini di Tuscania. 5) La datazione del secondo strato di pavimentazione sicuramente si può far risalire a quella degli altari, se non antecedente ad essi, in quanto, le  Foto 11  Foto 12 basi di sostegno in muratura, di quelli ubicati a destra e sinistra prima del presbiterio, poggiano sulla pavimentazione. 6) Probabile canalizzazione delle acque piovane per uso domestico realiz- zata con “coppi” all’interno della parete sud tra museo e navata chiesa. 7) Impianto di riscaldamento a battiscopa “Best Boad” particolarmente in- dicato per edifici sotto tutela monumentale con presenza di superfici affrescate e arredi di pregio in quanto evita il movimento delle micro- polveri, la formazione di condense favorendo l’assorbimento dell’umi- dità dalle pareti. 8) Organo Storico costruito nel 1856 da Vincenzo Paci di Ascoli Piceno che, oltre ad essere rilevante sotto il profilo storico-documentario co- stituisce uno dei pochi esemplari “integri” e, dopo il restauro, “funzio- nanti” nell’ambito marchigiano. Restauro effettuato, per la ditta Cooral,  Foto 13 dall’organaro, cembalaro sig. Michel Formentelli di Camerino. 9) Interventi sulle strutture effettuato dall’impresa Scarpetti Geom. Ubal- do & C. di Ascoli Piceno. 10) Restauro sugli intonaci ed affreschi effettuati dalla ditta COORAL di Ascoli Piceno.

28  Foto 14  Foto 15

 Foto 16  Foto 17  Foto 18  Foto 19

 Foto 20  Foto 21  Foto 22  Foto 23

29 30 I dipinti e gli altari nella chiesa dell’Annunziata Benedetta Montevecchi

a lunga storia della chiesa dell’Annunziata può essere rivis- suta attraverso le decorazioni, gli altari, i dipinti che anco- Lra conserva e che datano dagli ultimi anni del XV secolo al Settecento. Ancora più antica è una delle due campane sospese nel campaniletto a vela: venne fusa a Venezia nel 1456 dal maestro fonditore Giovanni, come attesta la scritta: mcccclvi + iova- nes de francescho me fecit in venecias1 (Fig. 1). Si trat- ta, dunque, del più antico cimelio giunto fino ad oggi, risalente al periodo in cui la piccola chiesa, derivata da un oratorio dedicato a san Paolo, veniva concessa nel 1448 ai Francescani che ne cam- biavano la dedicazione consacrandola alla Vergine Annunziata2. L’edificio presenta tuttora l’originaria, semplice facciata in pietra, con un lineare portale in travertino che delimita l’accesso all’unica navata. Ad essa sono adiacenti una piccola sacrestia, ultimo resto del convento francescano, e un corridoio cui si accede dalla por- ta laterale. Sulla parete sinistra di questo ambiente si conserva un affresco raffigurante la Madonna col Bambino (Fig. 2), opera della prima metà del ‘500, attribuibile alla bottega di Vincenzo Pagani (1490-1568).

1 Sul maestro fonditore, cfr. C. Someda De Marco, Campane antiche della Venezia Giulia, Udine 1961, pp.18-21. 2 Sulla chiesa esiste una discreta bibliografia riassunta nei vari studi di Mariano Malavolta; cfr. in particolare, Cossignano, ombelico del Piceno, nel sito web del Comune.  Fig. 1

31 Proprio a causa della successione delle varie fasi decorative, nel cor- so del restauro3 si è dovuto scegliere se ripristinare quest’ultimo assetto o se lasciare in vista le preesistenze pittoriche scoperte dietro gli altari che, nel frattempo, erano stati smontati per essere anch’essi restaurati 4. Dopo avere vagliato diverse soluzioni, si è scelto di mantenere l’ultima fase, quella settecentesca, perché indubbiamente più armoniosa e com- pleta, anche se ciò ha comportato, come si dirà, la ricopertura di parte di una importante ‘sacra conversazione’ del Pagani. La decorazione murale più antica consta, come accennato, di affreschi votivi ancora relativamente ben conservati, disposti lun- go la controfaccia, le pareti laterali e la zona absidale. Sono lavo- ri di botteghe locali, influenzate dalla cultura pittorica di Carlo (1430/35-1495) e Vittore (1440 ca.-1501/2) Crivelli e di Pietro Alamanno (not.1471-1498), gli artisti più attivi, alla fine del Quat- trocento, in tutta l’area picena. Nella controfacciata, ai lati dell’in- gresso e sotto la semplice cantoria, troviamo due dipinti raffiguran- ti Giobbe, personaggio biblico qui assimilato ai santi per le dolorose  Fig. 2 vicende della sua vita. Nel primo (Fig. 3), a destra dell’ingresso, è un giovane seminudo, col corpo ricoperto da piaghe, steso su All’interno della chiesa si trovano cinque altari, quello maggiore, una barella; il realismo della scena è mitigato dal prezioso drappo cinquecentesco con rifacimenti posteriori, e quelli laterali che nel d’onore dello sfondo e dal cartiglio con una scritta lacunosa (sit corso del Settecento furono sovrapposti ai dipinti murali presenti su lavs domino?). Nel secondo dipinto (Fig. 4), a destra dell’in- buona parte delle pareti della navata. Le più antiche di tali decorazio- gresso e accanto ad un più recente riquadro con San Rocco, vedia- ni sono databili tra la fine del ‘400 e la metà del ‘500 e risalgono, quin- mo ancora Giobbe, ma questa volta presentato come un vecchio di, al periodo in cui la chiesa venne officiata dai Francescani, mentre dalla lunga barba bianca, sempre seminudo e ricoperto di piaghe, quelle successive, con finti altari e decorazioni architettoniche, furo- steso davanti ad un’abitazione. Come san Rocco, invocato nelle no realizzate nella seconda metà del Seicento, dopo il passaggio al pestilenze assieme a san Sebastiano perché entrambi santi tauma- clero secolare. Questa seconda fase, con le sue grandiose scenografie in trompe-l’oeil, mutò profondamente il primitivo aspetto dell’am- 3 In occasione dei lavori seguiti al terremoto del 1997, diretti da Antonella Cosi- biente, con le pareti già ricoperte da dipinti e affreschi votivi, in parte gnani, è stato effettuato il restauro di tutte le pitture murali; gli interventi sono stati ancora visibili. Una ulteriore e definitiva trasformazione avvenne nel attuati dalla Ditta COORAL di Ascoli Piceno, negli anni 2005-2008, sotto l’alta XVIII secolo con il rifacimento dell’altare maggiore e la realizzazio- sorveglianza della Soprintendenza per i Beni Storici Artistici e Etnoantropologici ne dei quattro altari laterali che sono stati sovrapposti alle decorazio- delle Marche-Urbino. 4 ni seicentesche, nascondendo parzialmente anche alcuni affreschi Gli altari della chiesa sono stati restaurati, a cura e con fondi della Soprinten- denza per i Beni Storici Artistici e Etnoantropologici delle Marche, da Antonio precedenti. Jachini di Tuscania tra il 2007 e il 2008.

32 turghi, nella chiesa dell’Annunziata viene rappresentato Giobbe al quale è riconosciuta una simile valenza devozionale. Il personag- gio, infatti, protagonista dell’omonimo libro sapienziale dell’Anti- co Testamento, fu oppresso da gravi sventure e rappresenta quindi il giusto sofferente, ma sottomesso alla giustizia di Dio che invoca e loda nelle tribolazioni: anche in questo caso, come nell’affresco precedente, compare un cartiglio, utilizzato come una specie di ‘fumetto’, che recita: sit nome[n] d[omi]ni be[nedictum]. Sono dunque immagini eseguite con finalità devozionali e come ex voto per invocare l’intervento divino nel corso delle pestilenze, un tem- po molto frequenti. Mentre il vicino San Rocco è opera tardo-cin- quecentesca, la datazione dei due dipinti con Giobbe va collocata tra la fine del ‘400 (riquadro a sinistra) e il 1507 (data che si legge sotto il riquadro a destra); l’esecuzione è assegnabile a botteghe lo- cali influenzate dai modi di Pietro Alamanno per la tipologia delle figure e il caratteristico inserto dei cartigli con motti devozionali che appaiono, per esempio, nella Madonna della Misericordia della Collegiata di San Ginesio (1485).  Fig. 3 La decorazione della parete sinistra inizia con due dipinti fram- mentari raffiguranti unSanto , non identificabile per la mancanza di specifici attributi, e metà di unaSanta Caterina, riconoscibile per la presenza della ruota, strumento del suo martirio. Ancorché lacu- nose, le immagini sono caratterizzate da stilemi che permettono di accostarle alla citata bottega di Vincenzo Pagani, cosa conferma- ta anche dalla data sottostante, ancora leggibile all’interno di una iscrizione frammentaria: opvs dicatvm divo [….s]ilvestri 1540”. Tali pitture, sulle quali sono ancora ben visibili i graffiti e le invocazioni lasciati nei secoli dai fedeli (Fig. 5), si soprammettono ad una precedente figura di Santa avvolta in un manto damascato, di qualità molto più elevata, della quale è apprezzabile la delicata fisionomia Fig.( 6) da accostare a quella delle Madonne di Vittore Crivelli. Segue una nicchia nella quale è un affresco raffiguranteLa Madonna in trono tra San Silvestro Papa e Antonio da Padova (Fig. 7). La scritta dedicatoria posta accanto (hoc op[vs] fecit / s. silve-  Fig. 4

33 ster s / philippi pro sva devotio / e svi anno d / mcccc- cix m i die [. . .] / i ivnii) data il dipinto al 1509 e ne documenta il committente, Silvestro di Filippo, che porta il nome di uno dei santi rappresentati. Si tratta di un lavoro di modeste qualità, ese- guito da un piccolo maestro locale che guarda alla grande pittura contemporanea, citando il gusto decorativo classicheggiante di primo Cinquecento nell’impacciato fregio a grottesche disposto

 Fig.. 5  Fig. 6

34 lungo l’arco. Intorno, è visibile un dipinto murale più tardo, dell’ini- zio del ‘600, con un finto altare in trompe-l’oeil e due angioletti che affiancano uno stemma prelatizio, per il momento non identifica- to, riferibile al committente di quella decorazione. Segue l’ altare della Madonna del soccorso (Fig. 8), elevato nel 1753 da Francesco e Camilla Travaglini il cui stemma (sinistrocherio con chiave e stella su tre monti) appare sul plinto delle colonne. An-

 Fig. 8

che una scritta, dipinta sul retro della carpenteria, riporta i nomi dei committenti e quello del doratore, il fermano Giuseppe Fazini5. L’an- tica dedicazione è testimoniata dall’invocazione Sancta Maria / succurre miseris che si legge nel cartiglio dell’ampia cornice lignea che accoglie ora una tela settecentesca, di ignoto autore, raffigurante La Madonna col Bambino. L’altare si sovrappone ad un dipinto

5 La scritta è stata rilevata in occasione del restauro: sac(ellum) h(oc) fun(daverun)t et dot(averunt) d.d. fran(ciscu)s et cam(ill)a trav(aglin)i et cap(it)i orn(averun)t ac prov(iderun)t anno d(omi)ni 1753 ios(ephus) faz(iniu)s firm(anu)s inav(ravi)t. Oltre alla scritta, sul retro della trabeazione è anche visibile un logo stampigliato a fuoco (gti e croce entro un cerchio), forse  Fig. 7 relativo alla confraternita di artigiani autori del lavoro.

35 murale con una illusionistica struttura architettonica con paraste, che doveva includere un più antico affresco, verosimilmente rappre- sentante la Madonna della Misericordia. Lo si deduce dai fram- menti rinvenuti durante i recenti restauri dove si vedono le testine dei fedeli e dei santi – si riconosce san Biagio, con il pettine da cardatore, strumento del suo martirio – raccolti sotto il manto della Vergine (Fig. 9). La parete proseguiva con altre tracce di dipinti, ma senza più alcuna possibilità di lettura unitaria, che sono state documentate fotograficamente e ricoperte dal nuovo intonaco.

 Fig. 10 Vi è poi il secondo altare della parete sinistra, dedicato a sant’An- tonio abate che compare nella bella pala di Vincenzo Pagani raffigu- rante sant’Antonio abate in trono tra i santi Antonio da Padova e Giobbe (Fig. 10). Particolarmente interessante è la non consueta iconografia, forse suggerita dagli stessi Francescani che potrebbero averla com- missionata per scongiurare un’epidemia: il Santo titolare, che veniva  Fig. 9 invocato contro la peste, con lunga barba bianca e mitra gemmata sul

36 capo, siede su un alto trono marmoreo, rivestito di una veste bianca e di un ampio mantello nero foderato di verde; solleva la mano destra e sostiene, con la sinistra guantata, il pastorale da cui pende l’emble- matica campanella, mentre, sulle ginocchia, poggia un volume con notazioni musicali. La figura si staglia contro un drappo rosso pre- ziosamente damascato, sostenuto da quattro angioletti in volo. In basso, ai lati del trono, sono il francescano sant’Antonio da Padova, in saio grigio, con un libro aperto e un giglio tra le mani, e san Giob- be la cui figura emaciata, rivestita da una tunica scura drappeggiata che lascia scoperto un braccio su cui si notano i segni della malattia, è accentuata dalla posa ricurva e dall’inclinazione del capo proteso, avvolto da un turbante bianco. Le soluzioni figurative riprendono al- cuni dettagli riscontrabili in altri dipinti del Pagani, come il drappo con angioletti in volo e il trono marmoreo, mentre il san Giobbe cita l’Anchise di Raffaello nell’Incendio di Borgo. Il personaggio biblico, che abbiamo già visto negli affreschi votivi della chiesa, è invece presente quest’unica volta nella produzione pittorica del maestro di Monte- rubbiano che propone qui una delle sue figure più intense e caratte- rizzate. La tavola è opera matura del pittore, databile agli anni ’40 del Cinquecento6, ed era in origine centinata e più ampia in basso dove sono tagliati un piede di san Giobbe e il nero maialino cinturato, em- blematico di sant’Antonio abate. Il dipinto fu ridotto nel Settecento per essere adattato all’attuale altare che, sul retro, conserva una data,  Fig. 11 non più completamente leggibile, e il nome del doratore, Saverio sizione del San Giuseppe, di bottega del Pagani, nella chiesa di Santa Angelini di Penna San Giovanni 7 . Maria in Viminata a Montalto Marche8. La sottostante iscrizione Alla fine della parete, troviamo altri affreschi votivi (Fig. 11): (s. ioseph / madona chaterina leliia / f.f. mcccccxl) il primo con un Santo non identificabile sotto il quale si vede una ne fornisce la data di esecuzione, 1540, e il nome della commit- scritta lacunosa, di difficile interpretazione; l’altro raffigurante San tente, Caterina Lelii, appartenente ad una insigne famiglia locale; Giuseppe e una donatrice, dove la figura del Santo è la fedele ripropo- secondo la consuetudine iconografica, la donna è rappresentata di piccolissime dimensioni, cioè gerarchicamente sottomisura rispet- to al Santo ai piedi del quale è inginocchiata. 6 P. Pierangelini-W. Scotucci, in Vincenzo Pagani. Un pittore devoto tra Crivelli e Raffaello in mostra a Fermo, catalogo della mostra, Milano 2008, pp.162-163. 7 Sul retro dell’altare è stata rilevato la seguente scritta, nel corso del restauro: piis 8 La stessa immagine, realizzata verosimilmente con un cartone di bottega, è ri- elemosinis rvsticorvm fvnd(atum) constrvct(u)m. / xaverivs an- proposta nell’ambiente adiacente alla chiesa; cfr. W. Scotucci (a cura di), Vin- gelini pinne s. io(han)nis inaura(vi)t 17[..]. cenzo Pagani, Milano 1994, pp.181-183.

37  Fig. 12 Nella parete presbiteriale si aprono due nicchie che affiancano l’altare maggiore: quella di sinistra contiene una modesta tela sette- centesca con la Madonna col Bambino tra i santi Filippo Neri e Francesco Saverio e le anime del Purgatorio (Fig. 12); in quella a destra vi è un bell’ affresco raffigurante Deposizionela e frate committente (Fig. 13). La com- plessa e movimentata scena presenta il drammatico momento della deposizione dalla croce del corpo inanimato di Cristo, sostenuto da Giuseppe d’Arimatea e da Nicodemo, e accolto dalla Maddalena e da san Giovanni evangelista; in basso, due pie donne accudiscono la Ver- gine svenuta; sul lato destro, compare la piccola figura del frate france- scano committente e perciò di dimensioni minori rispetto a quelle dei  Fig. 13

38 dell’Amatrice, forse Giacomo Bonfini11, e di Walter Scotucci12 che lo assegna all’ anonimo pittore, vicino a Vincenzo Pagani, autore degli affreschi nell’ex chiesa della Misericordia, a Tortoreto. Al centro della parete è collocato l’altare maggiore, dedicato alla Vergine Annunziata (Fig. 14). È l’altare più antico, risalente alla fase cin- quecentesca della chiesa, ma è stato anch’esso rimaneggiato nel corso del Settecento13. L’alzata presenta ancora l’originaria, classica struttura con due colonne scanalate a capitelli compositi, sorreggenti una tra- beazione decorata a girali vegetali al centro della quale un cartiglio reca la scritta ave maria gratia plena, ovvero il saluto dell’Ar- cangelo a Maria. L’Annunciazione era proposta all’interno della nicchia sottostante - tuttora conservata, ma nascosta dalla pala d’altare - in cui è dipinto un interno con un letto, nascosto da un ampio baldacchino, e un cumulo di nubi da cui emana la luce divina. Era questa l’ambien- tazione per un gruppo scultoreo in legno policromo, composto dalla Vergine annunziata e dall’Arcangelo Gabriele, alienato nel 192114. La nicchia era probabilmente coperta da una pala, coeva all’altare, sostitu- ita, nel Settecento, dalla tela attuale, opera di un modesto artista locale, genericamente influenzato dal Maratti, raffiguranteAnnunciazione l’ e i santi Giovanni Nepomuceno, Luigi Gonzaga e santo vescovo. I rifacimenti compresero anche il soprastante fastigio a volute, sopra la cimasa, e il gradino d’altare, alle estremità del quale compare lo stemma nobiliare (tre stelle e tre monti, divisi da una fascia), verosimilmente relativo alla  Fig. 14 protagonisti della scena sacra; nello sfondo, oltre le due scale, si stende il profilo di una città cinta da mura. Il notevole dipinto, cui la recente 11 D. Ferriani, La pittura nelle Marche meridionali in parallelo a Vincen- pulitura ha restituito la straordinaria luminosità e brillantezza del co- zo Pagani, in Vincenzo Pagani, op.cit., pp.13-32. lore, è stato oggetto delle ipotesi attributive di diversi autori, da Luigi 12 W. Scotucci, op.cit, 1994, p.210. Serra9 che lo accostava ai modi di Cola dell’Amatrice con echi del Pa- 13 In occasione del restauro, Antonio Iachini ha potuto rilevare, sul retro, la presen- gani, a Giuseppe Crocetti10 che lo considerava di mano di Giacomo za di un marchio impresso a fuoco con le lettere F.B. inserite in una sorta di cuore Bonfini da Patrignone, datandolo 1530, fino alle recenti puntualizza- rovesciato e sormontato da una piccola croce. Anche in questo caso, come per il zioni di Daniela Ferriani, che ugualmente pensa ad un seguace di Cola primo altare a sinistra (cfr. nota 26) si tratta verosimilmente dell’emblema di una compagnia di carpentieri. 14 Il gruppo venne venduto ad un antiquario svizzero, ma in seguito recuperato; 9 L. Serra, Inventario degli oggetti d’arte d’Italia, VIII, Roma 1936. cfr. “Il Messaggero”, 18 giugno 1921, n.145. Secondo quanto ipotizzato da studiosi 10 G. Crocetti, Gli affreschi di Tortoreto. Giacomo Bonfini pittore ma- locali (ringrazio per la segnalazione Mariano Malavolta), si tratterebbe dell’An- riano, in “Il messaggio della Santa Casa”, 108, 8, 1988, pp.237-240. nunciazione oggi esposta nel Museo Gera di Ripatransone.

39 modi di Simone De Magistris (not. 1555-1613)16. Sulla parete destra si trova l’altare di San Fran- cesco di Paola, con una pala settecentesca raffigu- rante il santo titolare (Fig. 15), effigiato secondo la tradizionale iconografia derivata dal dipinto di Jean Bourdichon del 150717. Segue l’altare della Madonna Addolorata, con la tela di questo sog- getto inserita in un fondale in legno dipinto con un tendaggio sorretto da due angioletti ed un cartiglio col versetto fac me tecvm pie flere donec ego vixero, tratto dalla sequenza dello Stabat Mater (Fig. 16). Il dipinto, attribuibile a Fi- lippo Ricci (1715-1793) o alla sua cerchia, si può avvicinare alla tela di analogo soggetto, conservata nella Pinacoteca Civica di Fermo; ne esiste una re- plica nella Canonica della chiesa di San Michele Arcangelo a Monte Urano18. L’ altare copre la par- te sinistra di un grande affresco, a sua volta sopram- messo ad un dipinto precedente, raffigurante una ‘sacra conversazione’ con la Madonna in trono tra i  Fig. 15  Fig. 16 santi Biagio, Sebastiano e Rocco (Fig. 17). La Madon- committenza dei lavori, forse dovuta alla famiglia Vinci15. Il gradino na, col Bambino tra le braccia, siede su un trono monumentale, affian- settecentesco penalizza la visione dei Santi Girolamo e Gregorio (Fig. cato da due cherubini in volo. Al centro dell’alto gradino sottostante, 14) che emergono, a mezza figura e di profilo, dipinti sulla base delle rivestito di specchi marmorei, si legge la seguente iscrizione: opvs de- colonne e nasconde del tutto la piccola scena, a monocromo blu, pre- dicatvm divo roc/cho lavda deo voto et / devotione sente alla base dell’, raffigurante la Visitazione. Questa imma- mcccccxxx. Sulla destra è infatti raffigurato san Rocco, in vesti di gine, dipinta con un fare veloce e compendiario, completava il tema 16 iconografico soprastante, con l’Annunciazione, proponendo il succes- Come già accennato, è probabile che la grande ancona lignea tardo-cinquecen- sivo incontro tra Maria ed Elisabetta. Di notevole qualità anche le due tesca contenesse un dipinto coevo, assegnabile allo stesso autore dei due Santi e della Visitazione. Il dipinto copriva la nicchia con le due sculture, di certo preesi- figure laterali, iSanti Girolamo e Gregorio, la cui espressionistica caratte- stente rispetto all’altare che appare troppo alto, rispetto al vano centinato al quale rizzazione permette di accostarle, assieme al piccolo monocromo, ai fu sovrapposto. La pala sarebbe poi stata sostituita dall’attuale tela, in seguito alle modifiche settecentesche dell’altare. 17 Massimo Papetti mi segnala una replica, conservata nei depositi del Museo Ve- 15 Come ipotizzato da Mariano Malavolta, i lavori potrebbero essere stati realiz- scovile di Ripatransone. zati in occasione di un evento, ovvero il matrimonio tra membri delle due princi- 18 Devo anche queste notizie, come altri suggerimenti e precisazioni sulle tele sette- pali famiglie locali, i Vinci e i Lelii. centesche della chiesa, alla consueta generosità di Massimo Papetti che ringrazio.

40  Fig. 17

41 pellegrino, che indica i segni della peste sulle gambe; a si- nistra sono rappresentati san Biagio, in abiti vescovili e con in mano l’emblematico pet- tine da cardatore, e san Seba- stiano, legato ad una colonna e trafitto dalle frecce. Anche in questo caso, la presenza dei due Santi taumaturghi e di san Biagio, anch’egli mar- tirizzato, attestano trattarsi di un dipinto votivo, commis- sionato da un fedele di nome Laudadeo nel 1530. L’opera è stata assegnata a Vincenzo Pagani19, sia pure con qual- che riserva dovuta ad alcune incertezze formali confer- mate, al momento della sco- perta dell’intero riquadro, dalla modesta figura del san Biagio che non regge il con- fronto con le altre immagini, direttamente derivate da car- toni del Maestro. In partico- lare, la Madonna è pressoché sovrapponibile a quella che  Fig. 18  Fig. 19 compare nell’affresco di San Francesco alle Fratte a Montalto Marche dove si vede anche un rigido a Monte San Martino e il San Sebastiano deriva dalle simili immagini San Biagio, il San Rocco è la riproposizione dello stesso Santo raffigurato presenti nella tela della Pinacoteca di Ripatransone, proveniente dalla nella chiesa di Santa Maria in Viminata a Montalto Marche e, in con- locale chiesa di San Michele Arcangelo, e nella tavola della chiesa di troparte, sulla parete destra della cappella di Santa Maria delle Grazie Sant’Agostino a Torre di Palme. Nel XVIII secolo, come accennato, la parte sinistra della composizione, con le figure diSan Biagio e di San Sebastiano, è stata occultata dalla sovrapposizione dell’altare della Ma- 19 W. Scotucci, 1994, op. cit., pp.195-196.

42 donna addolorata la cui recente rimozione, per restauro, ha permesso la visione del dipinto nella sua interezza. L’affresco è stato restaurato e documentato fotograficamente prima di essere in parte nascosto di nuovo dalla ricollocazione dell’altare20. Subito dopo, si susseguono tre riquadri dallo stile figurativo relativamente omogeneo, assegnati da Pietro Zampetti a Pietro Alamanno21, ma più prudentemente attribuibili a maestranze lo- cali che divulgano nella zona il linguaggio crivellesco rielaborato dall’Alamanno22, aggiungendovi piccole, ma riconoscibili cifre personali. Il primo presenta una bella immagine della Madonna col Bambino (Fig. 18), in piedi contro uno sfondo che simula un tessu- to a fiorellini stilizzati; la Madonna indossa una veste rossa coperta da un mantello bianco a motivi floreali, foderato di verde e sostie-  Fig. 20 ne col braccio destro il Bambino nudo, coperto solo da una fascia, con al collo la tradizionale collanina di corallo. Come accennato, si maestro, come ipotizzato da Pietro Zampetti, si tratta di un lavoro tratta di un affresco assegnabile ad un anonimo artista locale che, assegnabile alla diretta bottega ed eseguito utilizzando un cartone seguendo modelli dell’Alemanno, e forse impiegando suoi cartoni, autografo. Le stesse caratteristiche presenta l’ultimo riquadro della elabora una personale maniera riscontrabile anche in altri esempi, parete, un bellissimo Arcangelo Gabriele (Fig. 20), parte di una An- come nella simile Madonna nella chiesa di Santa Maria del Borgo nunciazione purtroppo gravemente mutilata, all’inizio dell’800, per a Castignano. Ancor più direttamente legata alla pittura dell’artista la realizzazione della scala di accesso alla cantoria che ha distrutto austriaco è la seguente Santa Lucia (Fig. 19), anch’essa in piedi contro l’immagine della Vergine annunziata. Della scena rimane, dunque, uno stilizzato arazzo fiorito, che nella posa, nel disegno e nel colore solo l’arcangelo che, sul modello di analoghe immagini di Crivelli, ripropone fedelmente la Santa Lucia dipinta sul superstite pannel- più ancora che dell’Alemanno, sembra colto nell’attimo di toccare lo di polittico proveniente dalla chiesa ascolana di San Domenico terra, con le ali ancora aperte, quasi frementi, e i nastri rossi svolaz- 23 e conservata nella locale Pinacoteca . Se non proprio di mano del zanti intorno all’abito bianco; l’arcangelo porge un giglio alla Ver- gine che si trovava all’interno della sua casa rosa e grigia, accanto ad 20 Come sopra accennato, la difficile scelta di coprire nuovamente la parte ‘ritrova- un semplice leggio sul quale un libro aperto propone i primi versi ta’ dell’affresco del Pagani è stata presa dopo avere valutato diverse possibilità che del Magnificat. Anche questo dipinto, proprio grazie alla figura implicavano lo spostamento o la manomissione dell’altare settecentesco, entram- dell’arcangelo Gabriele, si può accostare ad altre Annunciazioni pre- be operazioni non ritenute accettabili. senti sul territorio, tutte assegnabili a maestranze dipendenti dalla 21 P. Zampetti, Riguardando Pietro Alamanno, in “Notizie da Palazzo Al- bani”, IV, 2, 1975, pp.13-21; lo studioso assegna all’Alamanno tutti e tre i riquadri, cultura pittorica crivellesca divulgati nel Piceno attraverso la facile datandoli agli anni 1480-1485. maniera dei Pietro Alamanno. Gli affreschi sono databili intorno 22 Cfr. A. Montironi, in Itinerari crivelleschi nelle Marche, a cura di P. De all’ultimo decennio del XV secolo: assieme ai due riquadri della Vecchi, Ripatransone (AP) 1997, pp. 284-285. controfacciata, costituiscono le decorazione pittoriche più antiche 23 Cfr. S. Di Provvido, in Pietro Alamanno. Un pittore austriaco nella della chiesa giunte fino ad oggi. Marca, a cura di S. Papetti e S. Di Provvido, Milano 2005, pp.162, 178-179.

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L’organo dell’Annunziata

Cossignano, 24 aprile 2010

Saluto del Sindaco Roberto De Angelis

un anno di distanza dalla riapertura della chiesa dell’Annunziata (26 aprile 2009) possiamo oggi coronare il compimento dell’impe- A gnativo progetto di recupero che già in quella data, come voi tutti ricorderete, abbiamo avuto il piacere di solennizzare, e lo facciamo in conco- mitanza della dodicesima Settimana della Cultura (promossa dal Ministero per i Beni e le Attività culturali), e della festa di San Giorgio (patrono della nostra comunità), presentando un pregevole lavoro di restauro dell’organo Paci, prezioso ornamento di questa chiesa dal 1856 (anno della sua messa in opera). La graditissima presenza dell’assessore regionale Antonio Canzian e del consigliere regionale Paolo Perazzoli, oltre a conferire crisma di uffi- cialità all’incontro, mi offre l’opportunità di consegnare direttamente nelle loro mani l’attestazione della gratitudine dell’intera comunità cossignanese per il provvidenziale intervento di spesa che ha consentito questo recupe- ro, la cui rilevanza è stata sottolineata, mi piace segnalarlo, dagli indirizzi di saluto fattimi pervenire da Sua Eccellenza il Vescovo, Monsignor Gervasio Gestori, e da Sua Eccellenza il Prefetto, Dottor Pasquale Mimunni, entram- bi impossibilitati a partecipare per concomitanza d’impegni di ministero e d’ufficio, così come da Andrea Maria Antonini, assessore alla Cultura della Provincia di Ascoli Piceno. E permettetemi di salutare con la stessa cordia- lità i molti amici che qui vedo: il Dottor Daniele Diotallevi (che è qui in rappresentanza della Soprintendenza per i Beni storici, artistici ed etnoan- tropologici delle Marche, già presente all’inaugurazione dello scorso anno), insieme con l’ospite d’eccezione che ha voluto onorarci della sua presenza, nella persona di Jean-Pierre Decavele, funzionario onorario presso il Mini-

49 stère de la Culture, il nostro parroco Don Nicola Spinozzi, l’assesso- storia ed il restauro dell’organo, valido esempio dell’abilità costrutti- re Domenico Mozzoni di , il consigliere va del suo autore ottocentesco, a partire dal prof. Mariano Malavolta, delegato Simone Splendiani di Grottammare, il nostro vice Sindaco, dell’Università di Roma Tor Vergata, che ci introdurrà alla parte più gli assessori ed i consiglieri comunali di Cossignano. Mi sento an- propriamente scientifica di questo incontro, che vedrà protagonisti cora di ringraziare con particolare gratitudine il Comandante della il prof. Mauro Ferrante (del Conservatorio di Musica di Pesaro, oltre Stazione dei Carabinieri di Ripatransone, maresciallo Domenico che Ispettore onorario del MiBAC per gli organi storici delle Mar- Princigalli, insieme con l’architetto Antonella Cosignani, direttore che presso la Soprintendenza di Urbino), che svolgerà la sua relazio- dei lavori, e il geometra Marilena D’Angelo, nostro tecnico comuna- ne su Vincenzo Paci «organaro di ben alta rinomanza» e l’organo le. Sono grato per la presenza di un folto e qualificato pubblico che dell’Annunziata a Cossignano; il maestro Michel Formentelli, orga- ben sottolinea la diffusa volontà di partecipazione ad un evento che naro e restauratore, che ci descriverà lo strumento e illustrerà le fasi per noi Cossignanesi è assai importante e che potrà accrescere la cul- del restauro; il maestro Gianluigi Spaziani, validissimo esecutore del tura e l’elevazione spirituali degli animi di ciascuno. Esprimo infine concerto inaugurale. tutta la mia gratitudine ai relatori che hanno accettato di illustrarci la

50 Introduzione ai lavori Mariano Malavolta

o accolto con piacere l’invito del nostro Sindaco a intro- della “guerra dell’oppio” contro la Cina, uno degli ultimi anni del re- durre e coordinare quest’incontro, e non voglio annoiarvi gno di Pio IX come “papa re”: da parecchio ormai, anche in quest’an- Hcon sproloqui, che fra l’altro avrebbero lo spiacevole in- golo dello Stato pontificio, si sentiva parlare di “Italia” e di lì a poco, conveniente di ritardare l’evento che qui ci ha richiamato, ossia gli appena cinque anni dopo, i “liberali” avrebbero plaudito (anche qui a interventi del prof. Ferrante e del maestro Formentelli, e, quindi, Cossignano, dove a farlo fu il segretario comunale Giuseppe Trava- l’esecuzione del maestro Spaziani, che concretamente restituirà voce glini), al definitivo tramonto del “potere temporale dei papi”, men- all’antico strumento. tre ad appena un decennio dall’Unità del 1861 lo stesso generale La Un anno fa (esattamente il 26 aprile del 2009) abbiamo potuto Marmora sarebbe trionfalmente entrato in Roma, alla testa dei suoi ammirare quest’edificio restituito al suo antico splendore, che ab- bersaglieri, dalla breccia di Porta Pia. biamo potuto misurare con gli occhi, apprezzandone i dipinti e le In fondo, da quegli anni che si preparavano ad assistere al compi- decorazioni, illustrati magistralmente da Benedetta Montevecchi. mento del sogno unitario e alla nascita dell’Italia moderna, ci separa Ora lo strumento che per più di mezzo secolo, come ho letto ieri in appena un secolo e mezzo, e la ricorrenza che si annuncia di quella data un sito web, ha taciuto, come in un corpo privo di vita, residuo di un sta già suscitando non poche discussioni, come si conviene per quello passato considerato irrevocabile, colpirà con il suo suono le nostre che è considerato un evento tutto sommato “recente” della nostra sto- orecchie, facendoci ascoltare di nuovo la sua autentica voce. Non ria più volte millenaria. Verso quella grande storia, anche se con specifi- credo di esagerare nell’interpretare i sentimenti della nostra Comu- co riferimento alla quota infinitesimale di nostra spettanza, ancora una nità se dico che questi restauri hanno realizzato (oltre ogni possibile volta stasera rivolge lo sguardo questa nostra Comunità, e lo fa ancora immaginazione) quello che per parecchi decenni, a partire dalle note una volta riconvocandosi per celebrare una delle occasioni in cui i no- pubblicate già nel secolo scorso, negli anni fra le due guerre, da Nic- stri progenitori non mancarono (commissionando questo pregevole cola Pansoni sui giornali locali, era rimasto un sogno vagheggiato e manufatto) di dare il loro decoroso ed originale contributo alla vita considerato non realizzabile ancora dalla mia generazione. culturale della nazione. Il 1856, l’anno in cui l’Annunziata fu dotata di questo nuovo or- Due soli spunti di riflessione mi siano consentiti in margine a gano, è l’anno della fine della guerra di Crimea (cui il Piemonte par- questa brevissima premessa. Gli interventi di restauro, per l’orga- tecipava con gli uomini del generale La Marmora), l’anno dell’inizio no, ma ancora di più per tutta quanta la chiesa, hanno richiesto un

51 notevole impegno di spesa, che ovviamente ha travalicato le possi- ro di un bene culturale che noi Cossignanesi (mettiamoci una mano bilità di bilancio del nostro Comune; di questo generoso contribu- sulla coscienza) abbiamo contribuito a maltrattare, non soltanto con to dobbiamo dunque essere grati alla Regione, ossia – in sostanza l’incuria (come ben sa l’organo, e ce ne parlerà il Prof. Ferrante), ma – allo Stato, che da almeno un secolo, per fortuna, si è sostituito a anche con qualche furtarello (gli angioletti neri dell’altare di S. Maria quell’evergetismo che – ancora all’epoca del nostro organo – veniva del Soccorso erano muniti di ali, anche se dorate, e dunque potevano sentito come doveroso dai gran signori (una razza che è scomparsa volar via, ma sicuramente rapinati da mano sacrilega furono i reperti da un pezzo). Allo Stato dobbiamo dunque esser grati, anche se lo archeologici dell’Antiquarium). Una seconda riflessione, infine, deve Stato siamo noi (come già diceva il Re Sole, ma servendosi di un plu- impegnare tutti noi, e in primo luogo chi ha qualche responsabilità, rale maiestatis), e in questo caso, noi percettori di reddito fisso, che con l’obbligo – che ora dobbiamo solennemente assumere, proprio paghiamo tutte le tasse e che pertanto possiamo considerarci soddi- in questa occasione inaugurale – di custodire al meglio, e meglio di sfatti di questo modo di impiegare il nostro contributo, per il quale quanto non abbiamo saputo fare finora, il piccolo patrimonio di ci- non abbiamo teso alcuna mano all’accatto, e del quale possiamo esse- viltà e di cultura che oggi ci è stato restituito, mostrando di essere re grati a noi stessi; e ancora: l’intervento statale, anche se filtrato e in degni della fiducia benignamente accordataci non soltanto dagli or- qualche modo generato da meccanici e non sempre equi criteri di ri- ganismi preposti alla tutela, ma anche da generosi sacrifici di nostri partizione, è stato destinato, in questo caso, al provvidenziale recupe- antichi progenitori.

52 Vincenzo Paci “organaro di ben alta rinomanza”* e l’organo dell’Annunziata a Cossignano Mauro Ferrante

incenzo Paci nacque ad Ascoli Piceno il 7 aprile del 1811 da fondito i rudimenti della musica, una nota famiglia di scultori e artisti maiolicari.1 Dopo aver ap- trascorse un breve periodo di ap- Vpreso quell’arte dal padre Luigi e dallo zio Domenico e appro- prendistato presso il frate laico Feli- ce Morganti, organaro residente nel Convento dei Minori Osservanti * Così si legge nel manifesto stampato a Fermo nel 1864 in occasione del V anni- dell’Annunziata in Ascoli Piceno versario della collocazione dell’organo realizzato da Vincenzo Paci per la collegiata di Sant’Angelo in Prato. – a sua volta allievo dell’organaro 1 Nella lavorazione della ceramica il capoluogo marchigiano vanta un’antica tra- veneto Giovanni Gennari Grignan dizione risalente alle civiltà picena e romana, che prosegue in epoca medievale e di Rovigo – dedicandosi quindi rinascimentale. Alla fine del sec. XVIII l’abate Valeriano Malaspina con il celebre definitivamente all’arte organaria maiolicaro napoletano Nicola Giustiniani fondò una manifattura di maioliche nel in collaborazione con il fratello convento di Sant'Angelo Magno, chiamando a collaborare Giorgio Paci (Porto Giovanni, di cui lo storico ascolano San Giorgio, 1753 - Ascoli Piceno, 1811), il capostipite della famiglia che nel 1810 Riccardo Gabrielli scrive che col- prese in gestione la fabbrica. L’attività della bottega proseguì poi con i figli, Luigi (1781-1860), Domenico (1785-1863) – autore del San Biagio in terracotta nella tivò anche la musica e progettò un cripta del Duomo di Ascoli – e Gaetano (1786-1859). Alla morte del padre, Luigi organo con un registro di canne ad  diresse la fabbrica, che dal 1812 ebbe sede in via Tito Betuzio Barro, incremen- ancia di terracotta.2 Vincenzo Paci tando una fiorente produzione diffusa nel territorio piceno. Dei figli di Luigi, il primogenito Emidio (1809 - 1875) e il più giovane Giorgio (1820-1914) studia- rono all’Accademia di San Luca di Roma e furono stimati scultori: Emidio, artista per la decorazione floreale detta ‘rosa dei Paci’ che rese famosa la manifattura asco- di ispirazione neoclassica di derivazione canoviana, oltre che disegnatore fu abile lana – autore di anfore, piatti e vasi ornamentali. plasticatore ­– sue sono le le decorazioni in stucco della chiesa di San Tommaso e 2 Notizie di carattere biografico e sull’attività organaria dei Paci si trovano in Ric- le statue del Monumento funebre alla Contessa Saladini nella chiesa di San cardo Gabrielli, I fratelli organari Giovanni e Vincenzo Paci di Ascoli Piceno Francesco (1837) – e stimato autore di piccoli gruppi in terracotta e statuine per (1815-1922), in Note d’Archivio per la Storia musicale, XII (1935), pp. 228- il presepe; Giorgio, abile e ricercato ritrattista di tendenza purista, realizzò tra l’al- 234, apparso anche come estratto, con il titolo Gli organari ascolani Giovan- tro diversi monumenti funebri, le decorazioni del Teatro Ventidio Basso di Ascoli ni e Vincenzo Paci, in I liutai marchigiani (contributo alla storia liutistica (1846) e i cavalli marini delle fontane in Piazza Arringo (1882). Anche il fratello italiana con notizie intorno ai costruttori di organi Vincenzo e Giovanni Giovanni (1815-1846), prematuramente scomparso, fu un abile ceramista – noto Paci), Roma, Psalterium, s.d., pp. 96-115, in cui l’autore riprende quanto già pub-

53 L’opera prima dei Paci fu realizzata nel 1840, destinata alla demolita Benedetto del Tronto, . Alcune opere raggiunsero il vi- chiesa delle Servite di Ascoli Piceno, ad essa seguirono gli strumenti per la cino Abruzzo, in particolare il teramano (Teramo, Civitella del Tronto, collegiata di S. Nicola a Tortoreto, per la chiesa dell’Addolorata di Offida Tortoreto, Giulianova, Frondarola) e il Lazio (il duomo di Alatri), uno e per la Ss. Concezione di Ascoli Piceno. Dal 1846, anno della prematu- strumento, realizzato nel 1875, oltrepassò perfino i confini continentali, ra scomparsa del fratello, Vincenzo continuò da solo la manifattura degli destinato a una non meglio identificata chiesa di San Paolo del Brasile. organi, più tardi coadiuvato dai figli Enrico (1850 – 1904) e particolar- Nella Biblioteca conventuale francescana dei Frati Minori di Falco- mente, a partire dal 1865, da Giovanni junior (1848 – 1922) che proseguì nara Marittima (AN) esiste un Fondo Paci che comprende sette quader- quell’arte per pochi anni ancora dopo la morte del padre – avvenuta il 16 ni manoscritti – all’interno dei quali sono inseriti circa 25 tra fogli sciolti marzo del 1886 – limitandosi alla sola manutenzione degli organi, mentre (quasi tutti recto e verso) e biglietti di vario formato – le cui pagine, non nu- avviava un ormai più remunerativo e meno problematico commercio di merate e spesso non datate, seguono un approssimativo ordine cronolo- pianoforti. gico, non sempre corrispondente al periodo indicato nel frontespizio dei Nei 46 anni complessivi di attività che trascorsero da quel primo fascicoli.3 Il contenuto riguarda in gran parte minute di lettere, ma anche strumento ascolano alla morte, Vincenzo fabbricò 45 strumenti, con la osservazioni e appunti di argomento professionale, resoconti mensili di media di un’opera all’anno circa, principalmente dislocati nella provin- spese domestiche e «per professione d’organi», note mensili dei ricavi cia ascolana: oltre che in varie chiese del capoluogo – prima fra tutte la della manutenzione, accordatura e restauro di pianoforti; qualche lettera cattedrale con il suo monumentale strumento a 2 tastiere del 1873 – an- si riferisce alla mediazione per la vendita di pianoforti (raramente di altri che a Fermo, Ripatransone, Porchia, Appignano, Force, , Cos- strumenti musicali, come un cembalo e un contrabbasso). I documenti signano, Grottazzolina, Montefiore dell’Aso, , datati tra il 1854 e il 1881 – mancano tuttavia in questo intervallo di tem- Monturano, Montegiberto, Montottone, Lapedona, Montappone, po, tranne per qualche sporadico caso, i documenti relativi agli anni dal Campofilone, Belmonte Piceno, Rapagnano, Magliano di Tenna, San 1860 al 1878 – sono autografi di Vincenzo, quelli successivi fino al 1891 presentano la calligrafia dei figli Giovanni ed Enrico: si tratta di copie di lettere di argomento professionale in minima parte relative alla ormai qua- blicato in I leutari ascolani (contributo alla storia liutistica italiana, con notizie intorno ai costruttori di organi Vincenzo e Giovanni Paci), Ascoli si abbandonata attività organaria e sempre più riferite al commercio e ma- Piceno, Fiori, 1927, pp. 23-25 e nella monografiaUna famiglia di artisti. I Paci, nutenzione dei pianoforti. Parte rilevante dell’ordinaria attività risulta co- Ascoli Piceno, Fiori, 1929, pp. 78-81 e 103-104. Ai contributi del Gabrielli vanno stituita anche dalla manutenzione degli stessi organi usciti dalla fabbrica e ricondotte le notizie pubblicate in Giuseppe Fabiani, Alcuni organari dell’Italia dai restauri degli strumenti più antichi, come ad esempio quelli di Sant’El- centrale dal XV al XIX secolo, in Arte cristiana, XLIII, 1955, pp. 133-135. In pidio a Mare, l’organo Bazzani nella collegiata di Potenza Picena, quello di tempi più recenti, gli studi attorno a queste importanti figure di organari sono stati Sebastiano Vici a Montalto Marche, o l’anonimo strumento definito «un ripresi, a cominciare dal nostro contributo sotto forma di scheda bio-bibliografica fradiciume» di una non meglio identificata chiesa di Giulianova. pubblicato in Organi e organari nella Marca dal Potenza al Tronto, a cura di Paolo Peretti, Fondazione Cassa di Risparmio (Quaderni, 3), Fermo, Andrea Livi Di particolare interesse per la ricostruzione dell’attività organaria Editore, 2000, pp. 49-55, in cui è redatto l’elenco completo delle opere paciane, di sono un «Ritratto d’organi» compilato da Vincenzo nel 1854, una seguito ripreso in Gianluigi Spaziani, L’organo ad Ascoli Piceno dal XV al XIX schematica «memoria» dei lavori svolti databile al 1858, una tavola di secolo, Grottammare, Stamperia dell’Arancio, 2001, pp. 61-65 e 136-174, dove, tra l’altro, sono editi vari documenti d’interesse biografico sui Paci e una selezione di minute del carteggio, poi integralmente pubblicato in Mauro Ferrante, Regesto 3 Già conservati nell'abitazione della famiglia Paci, i documenti furono assunti del carteggio Paci di Ascoli Piceno, in Quaderni musicali marchigiani, 9 in proprietà intorno al 1970 dal Prof. Giovanni Ciarrocchi di Fermo e successiva- (2002), a cura di Concetta Assenza, Ancona, Transeuropa, 2004, pp. 95-223. mente passati in donazione alla Biblioteca francescana.

54 «combinazioni» probabilmente riferita al costruendo organo per la col- largamente presente nelle Marche – regione dove sopravvivono oltre legiata di Montefiore dell’Aso e soprattutto il prezioso elenco, autografo un centinaio di opere del celebre organaro veneziano Gaetano Callido di Giovanni, delle opere prodotte fra 1865 e il 1890. Altrettanto utili le – ed in particolare nella provincia ascolana. considerazioni di natura squisitamente tecnica circa le proporzioni, le mi- Aspetti inconfondibili di tale impronta neoclassica sono rintrac- sure e l’intonazione delle canne, le numerose osservazioni sulle opere e ciabili soprattutto nelle misure, nei materiali impiegati, nella lavo- sull’estetica di Gaetano Callido,4 sull’organo Serassi della chiesa del Gesù razione e nell’intonazione delle canne – in particolar modo riferita a Roma e quello di Angelo Morettini nella cattedrale di Gubbio, su un al registro Principale ed all’intera famiglia del classico ripieno, dalla non meglio identificato organo «inglese» e su un «organetto a cilindro». sonorità dolce ma robusta, ricca di vigore espressivo e cantabile allo Diversi i riferimenti a colleghi e concorrenti organari, come Camillo Del stesso tempo – e sono altresì rappresentati dai caratteristici registri Chiaro, Francesco e Antonio Martinelli, Domenico e Zeno Fedeli, Ni- da concerto quali la Voce umana (con la tradizionale accordatura ca- cola Morettini e le notizie sul rifornimento delle materie prime o lavorate lante), la Viola di 4’ nei bassi, i Flauti in VIII e in XII, la Cornetta e i necessarie all’attività organaria: «pelli di nusco bianco per uso di organi da ben noti Tromboncini ‘alla veneta’. Non mancano tuttavia, già nelle servire per mantici, cioè piuttosto sottili, grandi, e morbide, dette pneuma- opere giovanili, elementi che attestano un primo tentativo di emanci- tiche» acquistate a Roma presso Henry Chanal, pani di stagno e di piombo pazione dal modello veneto, con l’apertura verso moderne sonorità di «dolce e di prima cola», filo d’ottone e ferramenta di vario tipo comperati tipo romantico (probabilmente determinata dalla diretta esperienza presso Agostino Ottavi di Bologna. condotta su splendidi strumenti ottocenteschi presenti nell’ascolano, Ben evidenti le difficoltà finanziarie dovute a un erario troppo eso- in particolare sulle opere dell’organaro perugino Angelo Morettini): so – un’esagerata tassazione comunale, la cosiddetta «prediale» – e a come, ad esempio, quella del Traversiere (flauto di 8’ nei soprani, tap- committenti per niente puntuali nel rispettare le scadenze contrattuali, pato a calotta) o della Bombarda (di 8’ con tube di legno) al pedale, quando non addirittura morosi, che costringeranno Giovanni ed En- componenti di un’estetica timbrica che sarà in seguito sempre più ar- rico, intorno al 1890, ad abbandonare la professione. Il carteggio offre ricchita e personalizzata con la costruzione di registri assolutamente marginalmente anche qualche curiosa informazione di storia locale originali quali la Tromba con tube coniche d’ottone (di 8’ nei sopra- come, ad esempio, i diversi riferimenti alla preoccupante diffusione del ni), il Fagotto (conico, nei bassi), il Clarone, il Clarinetto, la Lira (di colera o la notizia dell’inaugurazione nel 1886 della linea ferroviaria che 16’ nei soprani, con tube piramidali in stagno coperte alla sommità collegava Ascoli Piceno alla zona costiera. da un diaframma di pelle) e, soprattutto, il Violoncello (di 16’ nei so- Nell’opera di Vincenzo evidente risulta l’adesione ai canoni dell’or- prani) con tube in legno d’abete e cartone dalla particolarissima for- ganaria veneta neoclassica, conosciuta attraverso l’insegnamento del ma circolare ‘a borraccia’ collocato in una propria cassetta espressiva, Morganti5 ma anche direttamente con lo studio del modello callidiano chiusa in sommità da un coperchio apribile tramite un meccanismo azionato da un tasto della pedaliera, che consente di variarne così il 4 Figura eccellente di quella scuola neoclassica che Vincenzo aveva conosciuto volume sonoro. Su tale particolare registro Leopoldo Angelini, mae- durante l’apprendistato con Felice Morganti, a sua volta allievo del veneto Gio- stro di cappella della Basilica lauretana chiamato a redigere nel 1873 vanni Gennari Grignan, Callido rappresenta il principale riferimento dell’opera una relazione di collaudo del nuovo grande organo a due tastiere per paciana. il duomo ascolano, così si espresse: 5 Durante il recente restauro del piccolo organo attribuito a Felice Morganti e […] Sullo strumento Violoncello però mi sia permesso rivolgere conservato nel duomo di Ascoli Piceno è apparso, sulla superficie inferiore del ri- all’egregio Artefice uno speciale encomio. Questo possiede un dolce vestimento cartaceo del crivello, il nome di Vincenzo Paci, scritto a china assieme a quello di altri non identificati collaboratori del frate organaro. e magnifico timbro di voce. Con apposito meccanismo si ottiene in

55 esso una Espressione, sia nel Crescendo, sia nel Diminuendo, in tale grado, da […] sia fornita la vostra chiesa di volta, diversamente l’eccessivo produrre la medesima sensazione dell’arco che striscia sopra le corde; umido infraciderà le colle ed ossiderà i metalli, e così l’istromento sensazione atta ad ispirare il Suonatore, e a commuovere l’Ascoltante vivrà infermiccio ed avrà corta vita, come si è veduto nel vecchio nei patetici canti religiosi, che ivi in special modo si possono eseguire. Di organo, il quale per essere un acetello è restato nelle mie mani. sorprendente effetto è ancoral’Eco , ossia Allontanamento di voce.6 L’anno seguente il parroco deve aver richiesto l’ennesimo inter- Straordinaria è, da ultimo, la genialità dell’artista ascolano nella con- vento urgente di Vincenzo per riparare qualche difetto funzionale tinua ricerca di un personale gusto sonoro - tanto più considerando la della macchina organaria e l’artista, in una lettera del settembre del condizione iniziale di semi autodidatta - ed assolutamente stupefacente 1858, non nasconde il suo disappunto per non aver ricevuto le sue risulta il livello raggiunto nella lavorazione dei legnami, peraltro di ot- raccomandazioni la dovuta considerazione, sentimento che esprime tima qualità, e nella raffinata fattura delle canne che spesso supera lo in maniera decisa e diretta: stesso modello callidiano. Il valore di Vincenzo e l’importanza delle sue […] E’ certo che un tale istrumento non avrebbe avuto bisogno del- opere nella storia dell’arte organaria italiana dell’Ottocento sono certa- la mano dell’artefice in si corto tempo se non fosse stato condanna- mente ancora piuttosto sconosciuti. to ad esser collocato in una cantina a perpetua umidità. Mi ricordo Le trattative per la costruzione dell’organo dell’Annunziata di Cos- bene che altra volta dovetti venire appositamente a riparare i danni signano dovevano essersi concluse intorno agli inizi del 1855, se già nel cagionati dall’eccesivo umido; non ho inteso poter garantire un tal settembre di quell’anno l’autore scrive al parroco don Giuseppe Renzi lavoro dall’acqua e da fuoco. E se in quella circostanza trovai la ma- che «l’organo sarebbe assai a buon termine» – tanto da ritenere oppor- china che quasi grondava acqua, mi figuro assai di peggio dopo più tuno l’invio delle misure della cassa lignea da realizzare in loco – e che staggioni tutte piovose che quasi puol dirsi non essersi conosciuta avrebbe potuto essere ultimato entro il successivo mese di ottobre se la estate: che meravigli se, come dice, siano scordati i bassi? Anzi è il lavoro non avesse subito ritardo per motivi di salute. Lo strumento poco se soffrono per la sola accordatura; non sarebbe difficile che sarà infine consegnato soltanto nell’ottobre del 1856. Nel frattempo perdessero la prontezza ed anche la voce col gonfiarsi il legno così l’organaro si era interessato alla vendita del «vecchio organino» risa- eccessivamente. Non ho inteso mai poter garantire neppure un lente al 17667 (probabilmente un piccolo positivo di pochi registri), macigno dall’acqua e dal fuoco, molto meno una machina delicata che avrebbe ritirato al momento del collocamento del nuovo, tuttavia quale è l’organo. tale negozio – nonostante le due iniziali proposte ricevute, la prima di Dal medesimo documento, infine, conosciamo l’infelice sorte 30/35 scudi e la seconda di 50 scudi, avanzata dalla Confraternita del toccata al precedente piccolo strumento che, ritirato dall’organaro in Ss. Rosario di Ascoli Piceno – non riuscirà ad avere buon esito per le conto di pagamento, non trovò più un acquirente interessato. Queste precarie condizioni di conservazione dell’antico strumento. Il motivo le amareggiate parole di Vincenzo: del suo degrado doveva essere strettamente connesso all’eccessiva umi- […] è pur vero che io per garantirle il prezzo del vecchio organo dità della chiesa, tanto che il Paci, in una lettera del 5 ottobre 1857 – a presi per conto di pagamento que cementi che fuori della mate- un anno dall’ultimazione della sua opera – raccomanda al committente ria metallica e le poche tavole del cassone non mi è servito altro e tuttora giacciono qui in bottega quei pezzi come inutili ingombri per la migliore conservazione e durata dello strumento che: che nel prossimo inverno me ne servirò per ardere, giacché quei tali che trattarono con Lei non si son fatti più vedere; dippiù nella con- fraternita in questo tratto di tempo si è rinnovato il Governatore il 6 Riccardo GABRIELLI, op. cit., p. 111. I liutai marchigiani, quale si è mostrato alieno di fare un tale acquisto, ed è perciò che ho 7 La data è riportata in , Centobuchi, 1992, p. 22 (cor- Cossignano e le sue chiese fatto un bel negozio per amor suo. tese segnalazione del Prof. Mariano Malavolta).

56 Appendice documentaria che il trasporto resti a carico suo, sicché lo vogliono qui condotto. In quanto a me la consiglierei perché non abbia altra circostanza di esitare il noto organino di profittare della presente, tanto più che il primo offe- Falconara Marittima (AN), Biblioteca conventuale francescana rente pare che non abbia più volontà di fare un tale acquisto. e picena dei Frati Minori, quaderni di minute di lettere raccolti sotto il titolo di fondo Paci. IV. Re.ndo Sig. Don Giuseppe Renzi [aprile1856] I. Credo già che siano all’ordine i legnami e i materiali per la costru- Al Re.ndo Sig.e Don Giuseppe Vicario Cossignano [settembre 1855] zione del cassone. L’ultima volta che parlai con quei tali che vogliono Le diriggo queste poche righe onde conosca che finora non si è fare acquisto del suo organino restammo d’intesa che dopo Pasqua data circostanza da poter esitare il vecchio organino, ma non trascurerò si sarebbe fatta la scrittura, e che quando sarei venuto per collocare il di procurarne l’occasione. Rapporto al nuovo organo posso dirle che nuovo organo io stesso avrei tolto il vecchio senza mandare altra per- sarebbe assai a buon termine, se per motivo di salute non mi fosse stato sona espressamente in tale oggetto. Mi dissero ancora che volevano impedito per notevole tempo l’occuparmi in questi lavori. accusare un venticinque o trenta scudi per la prima rata; non so però Riterrei inutile mandare le misure del cassone, poiché sarà cosa diffi- se a Lei piacerà la firma di patto che si obbliga a tal pagamento cioè cile poterlo costruire senza la mia direzione. Avea diviato il collocamento pel […] mentre io non vorrei garantire affatto tal contratto, piuttosto del noto organo in Ottobre, ma non potrà riuscirmi dietro la mia malat- crederei meglio, quando si dovesse tentare pel riuscire, facilitare qual- tia, ciò non ostante farò di tutto pel disbrigo di questo lavoro. che scudo ed avere tutta la somma nell’atto della consegna. In tutte le maniere l’organo sarà esitato, e quando sarò costì ce la sentiremo II. meglio a voce. Intanto io crederei di venir trattando del trasporto del Re.ndo Sig.e Don Giuseppe Ascoli 11 [gennaio] del 1856 nuovo organo. In quanto a me spero che entro il corrente Aprile di La persona che vorrebbe acquistare il suo organino mi ha incari- aver tutto pronto quindi eseguire immediatamente il trasporto, non cato scriverle che relativamente al prezzo non potrebbe estendersi potendo ritardare per avere altro impegno a cui non potrei assolu- oltre ai 30 od al più ai 35 Scudi. Se crede poterla favorire me ne dia tamente esimermi, e dovendo poi servirsi di un vetturale di qui, […] avviso diversamente per ora non avrei altro che voglia fare un tale il fattore del Sig.e Cataldi cioè Emidio da Lei ben conosciuto. In tal acquisto. A inizio di stagione concerteremo sul collocamento del caso potrebbe Ella scriverne al Sig.e Giovanni Cataldi acciò sia com- nuovo organo. piacente. Potrebbe mandare intanto delle copertaccie, tende, ecc., robba insomma logora da strapazzo per involtare i pezzi; cordine se III. ne avesse, ecc. [Don Giuseppe Renzi] [febbraio 1856] Incaricato dal Sig. Ignazio Peroni a riscontrare al di Lei foglio dei V. 22 corrente, posso dirle che un numero di Confratelli del Ss. Rosario Re.ndo Sig. Don Peppe Renzi 5 Ott.bre 1857 hanno decisa volontà di venire all’acquisto del suo organino, e che si Già siamo all’anniversario del collocamento dell’organo, perciò estenderebbero pagare scudi cinquanta in tre rate, cioè la prima appe- mi figuro che Ella che è molto preciso voglia già farmi tenere l’ultima na collocato l’organo le due rimanenti entro anni due, ben inteso però rata. Se mai non avesse occasione opportuna mi farà cenno che io

57 stesso penserei spedirvi, indicandomi la somma per rimetterle accu- sata ricevuta. Raccomando di venir pensando, per conservare l’organo, che sia fornita la v.ra chiesa di volta, diversamente l’eccessivo umido infraci- derà le colle ed ossiderà i metalli, e così l’istromento vivrà infermic- cio ed avrà corta vita, come si è veduto nel vecchio organo, il quale per essere un acetello è restato nelle mie mani. La confraternita che voleva farne acquisto non me ne ha più parlato dopo che gli feci co- noscere, per essere troppo delicato, lo stato di quello istromento, e gli dissi pure che se lo volevano nello stato attuale lo avrei ceduto sotto al costo, qualora non si servissero di me nel riattivarlo giacché troppo mi è a cuore la mia riputazione.

VI. Re.ndo Sig.e Don Giuseppe [novembre 1857] Non ho dato risposta alla sua preg.ma dei 18 8bre pp. prima di questo tempo per aver voluto aspettare l’indicata somma che ella mi ripromise entro il mese di 8bre già passato, e così ne avrei accusata la ricevuta e nell’istesso tempo le avrei indicato il costo del semibusto, come mi richiedeva. Non potendo esauri[r]e a queste due incom- benze giacché ancora non ho ricevuto nulla, accennerò soltanto al costo del semibusto, come mi ha detto il mio fratello Giorgio; che il  Doc. VII (a) settembre 1858. ristretto prezzo sarebbe di scudi dodici. Se poi piacesse a erme, come chiamano, cioè senza spalla e senza pieduccio allora potrà restringere a scudi dieci. appositamente a riparare i danni cagionati dall’eccesivo umido; non VII. ho inteso poter garantire un tal lavoro dall’acqua e da fuoco. E se in [Don Giuseppe Renzi] [settembre 1858] quella circostanza trovai la machina che quasi grondava acqua, mi fi- Non occorre che io torni a metterle in vista i nostri patti, giacché guro assai di peggio dopo più staggioni tutte piovose che quasi puol Ella ha in mano la scrittura del contratto, dove potrà ben rilevare es- dirsi non essersi conosciuta la estate: che meravigli se, come dice, sia- sermi obbligato nel tratto di sei anni visitare due volte il suo organo no scordati i bassi? Anzi è poco se soffrono per la sola accordatura; e questo potrei farlo anche nel sesto anno. E’ certo che un tale istru- non sarebbe difficile che perdessero la prontezza ed anche la voce mento non avrebbe avuto bisogno della mano dell’artefice in si corto col gonfiarsi il legno così eccessivamente. Non ho inteso mai poter tempo se non fosse stato condannato ad esser collocato in una canti- garantire neppure un macigno dall’acqua e dal fuoco, molto meno na a perpetua umidità. Mi ricordo bene che altra volta dovetti venire una machina delicata quale è l’organo.

58 Passando poi alla partita economica non ho saputo intendere Force 1 [S. Paolo] come abbia luogo questo ricambio in gentilezza, mentre è vero che Porchia 1 [S. Lucia] nello sborso eseguito immediatamente dopo aver collocato l’organo Cossignano 1 [S. Maria Annunziata] Ella diede qualche cosa dippiù in anticipazione dell’altra rata, ma è Acquaviva 1 [S. Nicolò] pur vero che io per garantirle il prezzo del vecchio organo presi per S. Benedetto 1 [S. Benedetto martire] conto di pagamento que cementi che fuori della materia metallica e Ripa 1 [duomo, cappella di S. Giovanni] le poche tavole del cassone non mi è servito altro e tuttora giacciono Montefiore 1 [Corpus Domini] qui in bottega quei pezzi come inutili ingombri che nel prossimo in- Fermo 2 [Madonna della Misericordia, S. Agostino] verno me ne servirò per ardere, giacché quei tali che trattarono con Spinetoli 1 [S. Maria Assunta] Lei non si son fatti più vedere; dippiù nella confraternita in questo tratto di tempo si è rinnovato il Governatore il quale si è mostrato IX. alieno di fare un tale acquisto, ed è perciò che ho fatto un bel nego- Re.ndo Sig.r Don Giuseppe [settembre 1858] zio per amor suo. In quanto alla penultima rata l’ho dovuta ricevere Conoscendo a pieno la sua gentilezza la pregherei volersi com- non solo dopo scorso il tempo ma in più volte, e con tale moneta piacere di anticiparmi il residuo della somma a me dovuta per prezzo da far perdere la pazienza, essendomi stata passata dal Sig. Trocchi del suo organo cioè i scudi quarantacinque giacché debbo sostenere in [rame] ed in tanti mezzi [paoli] che alcuni in vero mi rimangono alcune spese nei primi del prossimo settembre. Se Ella volesse favo- senza averli potuti esitare. rirmi gliene sarei devotissimo e la pregherei farmene cenno onde Senza fare più ciarle ripeto quello che altre volte ho detto a voce, spedirvi [...]. che se Ella volesse restituirmi l’organo lo riprendo volentieri, avendo D. S. Non sarà difficile che nel venturo Ottobre faccia una sfug- fatto fermo proposito di non collocare più organi in chiese a tetto. gita così visitare l’organo ed in pari tempo ringraziarla a voce d’un Facilmente verrò prima della metà di Ottobre ed allora discorrere- tanto favore. mo in proposito.

VIII. [Breve memoria degli organi fabbricati presumibilmente sino al 1858 ca. scritta da Vincenzo nell’angolo superiore di un foglio inse- rito nel quaderno, senza indicazione della data e delle chiese desti- natarie]

Ascoli 4 [Servite, Ss. Concezione, S. Egidio, S. Pietro martire] Offida 1 [Maria Ss. Addolorata] Lisciano 1 [S. Michele arcangelo] Appignano 1 [, S. Angelo] Tortoreto 1 [S. Nicola]

59 60 Scheda descrittiva dello strumento Mauro Ferrante - Michel Formentelli

’organo, opera del maestro ascolano Vincenzo Paci databile al delle prime 4 note cromatiche). Il telaio è in legno di noce. Le leve 1856, è collocato sopra la porta d’ingresso in cantoria lignea dei tasti sono in essenza di pino, poste in guida al centro e fulcrate Lapplicata alla parete e sorretta da colonne e mensole, con pa- in coda, le prime 17 forate per il collegamento alla pedaliera; a metà rapetto rettilineo aggettante semplicemente decorato da colonnine lunghezza esse presentano una numerazione a inchiostro progressiva a rilievo. La cassa lignea è addossata al muro perimetrale e presenta da destra verso sinistra (il numero 1 è indicato dal simbolo ). Le un prospetto di semplice fattura in legno naturale: il vano delle canne copertine dei tasti diatonici sono in legno di bosso con frontalini arcuato è dotato di tenda a sipario, la sommità è nascosta dall’ultima piatti, perfettamente a filo con il bordo della copertina; i tasti croma- trave lignea della capriata. L’accesso all’interno è consentito da due tici sono in palissandro al naturale, con profilo frontale smussato. Un sportelli collocati anteriormente, ai lati della tastiera – quello sinistro leggio originale in legno di pino, munito di occhielli in ferro, funge munito di serratura antica in ferro – e da un altro posto sul fianco anche da copritastiera. sinistro e chiuso internamente da naselli.

Canne di facciata La facciata è composta di 21 canne di stagno, appartenenti al Principale da Do2 a Sol#3 e distribuite in unica campata a cuspide con ali; il profilo è piatto, le bocche sono allineate, con labbro su- periore a mitria con puntino a sbalzo ed inferiore semicircolare. Le canne sono collocate su trasporto (zoccolo) di noce avvitato alla ma- estra di facciata e sorrette da rastrelliera d’abete con punte di ferro cui sono ancorate da maggette saldate sul retro.

Tastiera e pedaliera La tastiera è originale di 50 tasti, con ambito Do1 – Fa5 e prima ottava corta (ossia scavezza o in sesta, tradizionalmente mancante

61 La pedaliera è del tipo a leggio (modello callidiano), in legno di noce di 18 tasti, con ambito Do1 - Sol#2 e prima ottava corta più il tasto del Tamburo, collegata alla tastiera. I tasti presentano in coda una numerazione a china progressiva da destra a sinistra.

Registri I registri, identificati da etichette cartacee a stampa, sono inseri- bili tramite 12 tiranti a pomello in legno di melo tornito al naturale, con movimento in uscita e disposti in due colonne entro una tavola rettangolare di noce verniciata di nero, applicata al pannello del ba- samento a destra della tastiera. La divisione bassi/soprani è fra i tasti Do#3 e Re3. La composizione fonica è la seguente: Voce Umana (8’, soprani) Principale Bassi (8’) Traverso (8’, soprani) Principale Soprani Flauto in VIII Bassi (4’, reale da Do2) * Ottava Flauto in VIII Soprani * Quintadecima Decimanona Vigesima Seconda Vigesima Sesta Vigesima Nona (Bassi 8’ alla pedaliera)° * ricostruiti durante il restauro ° privi di comando e sempre inseriti Accessori Il Tamburo, comandato dall’ultimo tasto della pedaliera, aziona simultaneamente le 4 canne dei Bassi di 8’ corrispondenti alle note cromatiche della seconda ottava (Do#, Re#, Fa# e Sol#). Il Tiratutti a manovella (alla veneta) apre il Ripieno a partire dall’Ottava.

Manticeria La manticeria si compone di 2 mantici cuneiformi a 5 pieghe so- vrapposti su castello collocato sul fianco destro della cassa, azionati manualmente con corde e carrucole, o tramite il nuovo elettroven- tilatore. Le tavole, le fasce laterali, le gole d’immissione del vento, le

62 ventole e i canali verniciati di terra rossa sono in essenza di pino. Le guarnizioni interne ed esterne e sugli angoli laterali delle pieghe sono in pelle di montone, con doppia impellatura sugli spigoli. I pesi sono costituiti da due blocchi originali di pietra scalpellata. La pressione del vento misura 51 mm. in colonna d’acqua.

Trasmissione La meccanica di trasmissione si compone dei seguenti elementi: a) la riduzione verticale per il collegamento della tastiera al so- miere maestro, di tipo sospeso, realizzata con fili d’ottone collegati a 50 catenacci orizzontali in ferro forgiato, fissati a una tavola di pino tramite un occhiello (cambretta) in filo d’ottone piegato a U passante attraverso la tavola e con le estremità ribattute in direzio- ne opposta (a copiglia). I bracci (rebbi) sono piegati a squadra alle estremità (palette), appiattite, arrotondate e forate per l’aggancio ai sottili tiranti d’ottone; la tavola presenta la tracciatura a secco degli assi d’allineamento dei bracci orizzontali e sul margine superiore la numerazione originale a inchiostro progressiva da 1 (indicato dal simbolo ) a 50; b) la riduzione che collega la pedaliera al somiere secondario, composta da due diversi apparati meccanici: un telaio orizzontale di pino sul quale sono montate 17 bacchette di legno a sezione circo- lare con movimento a torsione, con le estremità in ferro, imperniate ai bordi del telaio, i cui bracci sono piegati a squadra, poi appiattiti, arrotondati e forati. Il movimento di rotazione delle bacchette, pro- dotto dal gioco dei pedali, è trasmesso mediante tiranti d’ottone ad un’ulteriore riduzione verticale composta di una tavola di pino cui sono fissati 17 catenacci in ferro forgiato collegati tramite tiranti al somiere secondario. La tavola presenta sui margini superiore ed infe- riore una doppia notazione alfabetica a inchiostro; c) la riduzione verticale per l’unione indiretta e costante della pe- daliera alla tastiera, di fattura analoga alla precedente, composta di una tavola di pino armata con 17 catenacci in ferro forgiato (l’ultimo tasto della pedaliera, che comanda il Tamburo, non è collegato alla tastiera);

63 d) la riduzione verticale dei registri, per la connessione dei ti- ranti orizzontali alle stecche del somiere maestro, composta da 12 catenacci in ferro forgiato, fissati alla tavola tramite un occhiello in filo di ferro di notevole spessore con estremità ribattute a copiglia. I bracci sono ripiegati a squadra, appiattiti e arrotondati alle estremi- tà, collegati con aste (fermate da rondelle di cuoio) che agganciano leve verticali (spade) in ferro forgiato imperniate a bilanciere ad un regolo di noce inchiodato al somiere e dotato di asole di guida. Le spade, arrotondate e forate all’estremità inferiore, sono rastremate al vertice e la punta s’inserisce nell’asola rettangolare in testa alla stecca trasmettendo il movimento del tirante.

Somieri Il somiere maestro è in legno di noce, del tipo a tiro a canali per tasto, con secreta chiusa anteriormente a tampone da un uni- co sportello munito di due pomelli laterali torniti e assicurato da 18 naselli fissati al centro con viti di ferro a testa tonda. La secreta presenta 50 canali scavati, internamente protetti da uno strato di colla, serrati da altrettanti ventilabri di pino a sezione triangolare, incernierati e guarniti con pelle, guidati lateralmen- te da sottili punte e sollevati da molle in filo d’ottone; i fori di attraversamento dei tiranti sono sigillati da cuffie (borsini) di pelle (ricostruite) con piccole sfere di essenza lignea. I ventila- bri presentano sul piano inclinato di coda e sul fianco destro una parziale numerazione a matita (probabilmente non originale). La parte superiore del pancone presenta 4 tavole (coperte) di noce, allineate in file trasversali e forate in asse rettilineo, fermate con viti di ferro a testa tonda passanti attraverso le false stecche. I fori sono generalmente circolari e svasati (a coppella), aperti con una punta e ripassati a fuoco. Al di sotto delle coperte, 12 stecche forate di noce scorrono tra false stecche inchiodate: la corsa delle stecche è fermata da punte conficcate nel pancone e le asole pra- ticate sulle stecche ne determinano il punto di arresto. L’ordine, a partire dalla facciata, è il seguente:

64 1. Principale Bassi 2. Principale Soprani 3. Traverso 4. Voce Umana 5. Ottava 6. Flauto in VIII Bassi 7. Flauto in VIII Soprani

8. Decimaquinta (ritornello sul Do#5)

9. Decimanona (ritornello sul Fa#4)

10. Vigesima Seconda (ritornello sul Do#3 e Do#4)

11. Vigesima Sesta (ritornello sul Fa#3 e Fa#4)

12. Vigesima Nona (ritornello sul Do#2, Do#3 e Do#4)

Il crivello è costituito da una tavola di pino a pianta poligonale, foderata con carta su entrambe le superfici, e da un telaio della mede- sima essenza, formato da una traversa centrale longitudinale, inchio- data al piano, sulle estremità della quale s’inseriscono tavole arcate rettangolari munite alla base di piedi fissati al somiere con chiodi. Le bocche delle canne interne sono al di sopra del piano del crivel- lo, tranne quelle della Voce Umana. Sul rivestimento cartaceo sono leggibili la tracciatura a secco del reticolo ortogonale e a penna: sul bordo posteriore, la numerazione dei canali con la corrispondente notazione alfabetica, sul bordo laterale destro e al centro la denomi- nazione abbreviata dei registri, come di seguito a partire dal davanti (il Principale e il Traverso non sono compresi): V. U. 8.va F in 8.va B. F in 8.va S. 15. 19.a 22.a 26.a 29.a

65 Il somiere secondario per le canne di basseria è ad aria comanda- la notazione con i nomi delle note completi dei segni di alterazione; ta, in essenza di noce, collocato sul fondo della cassa, dietro il passo sul piede, sotto la bocca delle canne, è scritta a penna la numerazione d’uomo, sostenuto da travi di legno fissate ai lati interni della cassa e di canale originale e graffita altra numerazione recenziore. Il Flauto conficcate nel muro perimetrale. La secreta è chiusa a tampone tra- in 8va (ricostruito) è conico, reale dal Do2 in quanto le prime 8 note mite un unico sportello di pino, munito di due pomelli torniti, serrato sono derivate dall’Ottava. Il Traverso è composto di canne cilindri- da 12 naselli a scarpetta; presenta 12 canali serrati da altrettanti ven- che tappate a calotta. La Voce Umana è accordata calante. tilabri d’abete di cui 4 doppi (per le canne del Tamburo), con molle, Il numero complessivo delle canne ammonta a 460, di cui 418 guide laterali e tiranti in ottone passanti attraverso borsini di pelle e sono originali e 42 di nuova fattura (con una percentuale di materiale fermati da un cilindretto di essenza lignea. Le canne sono distribuite fonico originale pari al 91%): 415 canne sono in lega di piombo, 21 di in unica fila orizzontale. stagno e 24 in legno di pino.

Canne interne Iscrizioni Le canne dei Bassi, le prime 8 canne del Principale e le prime 4 Sulla tavola di riduzione della catenacciatura dell’unione tasto- dell’Ottava, collocate ai lati del somiere maestro su trasporti lignei, pedale è presente l’iscrizione toponimica a inchiostro «Cossig.°». sono a sezione quadrata, composte da tavole di pino verniciate con Sul retro dello sportello che chiude la secreta del somiere maestro, terra rossa e legate con fettucce di stoffa. I Bassi si compongono di 12 direttamente sul legno è leggibile l’iscrizione a matita: «Ripulito e canne di 8’ aperte (di cui 8 canne per la prima ottava corta e 4 per le accordato l’anno 1877»; ivi: «Accordato e ripulito con […] dal Prof. note cromatiche di completamento della seconda): le canne hanno Donizzetti l’anno 1892 / 28 Aprile». Sulla tavola di riduzione della il labbro superiore di noce riportato nella parete frontale della canna, catenacciatura della tastiera, a matita: «Colombati Antonio di Lore- inserito con incastro a unghia e incollato, fermato ai lati della bocca to Marche e figlio lo accordarono il dì 31 Agosto 1877». da due listelli parzialmente sovrapposti allo smusso e fissati con chio- di. Il labbro inferiore (portella, o copertina di bocca) di noce, con bordo superiore smussato, aderisce allo spessore delle pareti laterali della canna ed è fermato con viti a testa tonda; al centro è indicato a penna il nome della nota. L’anima di noce, con profilo finemente inciso da denti regolari e poco profondi, è inchiodata alle pareti; il piede è di noce lavorato al tornio, presenta la notazione alfabetica a inchiostro; il fondo è di pino, in luce. Le canne metalliche interne sono in lega ricca di piombo, accor- date in tondo con intonazione a piena aria, con foro al piede aperto e luci sulle bocche piuttosto sottili, profilo delle anime inciso da den- tatura fitta ma regolare e fine (denti regolarmente distanziati e in nu- mero inversamente proporzionale alla larghezza di bocca). Sulle can- ne si rilevano iscrizioni graffite a secco alla sommità del corpo, recanti

66 Il restauro Mauro Ferrante - Michel Formentelli

o strumento, da diversi anni in completo abbandono, presen- sotto la direzione dello scrivente per conto della Soprintendenza per tava al momento del sopralluogo condizioni di degrado piut- il Patrimonio Artistico, Storico ed Etnoantropologico delle Marche Ltosto evidenti: il materiale fonico superstite risultava lacuno- in Urbino – ha avuto inizio con il completo smontaggio delle parti so, variamente danneggiato da piegamenti, ammaccature e squarci componenti lo strumento, la classificazione e l’inventariazione del sulla sommità dei corpi delle canne; altrettanto precarie risultavano materiale, la catalogazione delle canne secondo l’ordine di ritrova- le condizioni conservative delle strutture lignee interne, palesemen- mento, l’effettuazione dei rilievi e delle misure preliminari e il tra- te danneggiate da pesanti infiltrazioni di umidità e ricoperte dalla sporto presso il laboratorio di Michel Formentelli in Camerino. polvere, aggravate da ulteriori danni causati dall’azione degli insetti Si è creduto innanzi tutto indispensabile colmare le lacune del ma- xilofagi. teriale fonico, particolarmente in relazione al registro soppresso, con la Gli aspetti tuttavia più rilevanti erano strettamente correlati con ricostruzione ex novo delle canne secondo materiali, misure e modelli la perdita irreversibile dell’intero registro di canne del Flauto in VIII dell’autore. Le canne metalliche autentiche, pulite a secco e lavate con Bassi e Soprani. Fu quindi subito evidente la necessità di provvedere a acqua demineralizzata e detergente, sono state riparate e rimesse in for- un restauro storico e conservativo che recuperasse lo strumento a una ma, eliminando ogni eventuale deformazione; rimarginati gli squarci e condizione prossima a quella originaria, coincidente pertanto con il i tagli alla sommità e ripristinate le esatte geometrie dei corpi, sono stati suo migliore stato funzionale.1 Nel rispetto dei criteri dell’attuale rilevati i diametri, le misure di bocca e la numerazione di canale, al fine orientamento filologico e nell’intento di restituire allo strumento la ripristinare il loro corretto ordine sul somiere maestro. propria autenticità, l’originaria qualità espressiva della gamma timbri- Le canne originali in legno di pino dei Bassi sono state pulite e sot- ca e la corretta pronuncia dei corpi sonori, l’intervento – effettuato toposte a trattamento antiparassitario, stuccate nei fori scavati dagli in- setti xilofagi, nelle lesioni e nelle fessurazioni, riparati i tagli alla sommi- 1 Ormai da qualche decennio, infatti, contrariamente ad un certo ingenuo e sem- tà dei corpi prodotti da maldestre accordature con inserti della stessa plicistico atteggiamento tendente in passato a identificare il restauro dell’organo essenza. Le copertine di noce del labbro inferiore sono state rimosse antico con il ripristino di una sommaria ed approssimativa condizione di funzio- per la pulitura e la verifica delle condizioni di allineamento degli ele- nalità, si sono definitivamente affermati al riguardo i medesimi criteri generali di menti della bocca, poi di nuovo fissate riposizionando le viti originali. I considerazione storica del manufatto e di rigore metodologico validi per le arti piedi sono stati riparati, stuccati e, dove necessario, raddrizzati. figurative ed in genere per l’intero patrimonio storico e artistico.

67 Riguardo alle strutture lignee si sono svolte le ordinarie opera- La tastiera originale, dopo una preliminare pulitura, è stata scom- zioni di pulitura a secco, risanamento e trattamento chimico antipa- posta nei singoli elementi: sono state disossidate le punte di guida dei rassitario - con applicazione di Permetar a pennello, mediante sirin- tasti e restaurato il feltro rosso di battuta. La pedaliera è stata analoga- gatura o immersione, o tramite disinfestazione in camera a gas – con mente pulita e restaurata. Le meccaniche di trasmissione del somiere otturazione dei fori scavati dagli insetti xilofagi e consolidamento maestro, del somiere supplementare e dei registri sono state pulite, per mezzo di stucco a base di polvere di noce e colla organica (ani- disossidate mediante spazzolatura e protette con cera, i relativi com- male) mescolati in proporzione. Il somiere maestro è stato scompo- pendi d’abete sono stati puliti con gomme morbide, avendo cura di sto, sono state rimosse le coperte, le stecche e le false stecche, aperta conservare i numeri a inchiostro originali. Sono state restaurate le eti- la secreta e separati il fondo, i fianchi e la schiena; i ventilabri sono chette cartacee con diciture a stampa dei registri e ricostruito, perché stati tolti dalle sedi, rimosse e sostituite le guarnizioni e la contro- mancante, il grande pomello ligneo del Tiratutti. pelle di battuta, irrigidite da agenti fungini e da muffe, quindi prive Si è provveduto al restauro della manticeria con la scomposizione di elasticità e non più idonee a garantire la tenuta del vento. Analo- degli elementi: le tavole e le ventole sono state pulite e riparate, rimar- gamente sono stati accantonati e sostituiti i borsini in pelle bianca ginate le fessure. Soltanto una parte (circa il 30%) delle impellature d’agnello, come in origine sigillati da sferetta di essenza lignea. Il ma- originali di pieghe, angoli e valvole è stata sostituita mediante pelli di teriale è stato quindi sottoposto a disinfestazione, stuccatura dei fori montone conciate in bianco e applicate con colla animale a caldo, poi- e consolidamento. Si sono impermeabilizzati i canali con colla a cal- ché presentavano ottime condizioni conservative; i condotti del vento do e disossidati gli elementi metallici mediante spazzolatura: tiranti, sono stati puliti con sostituzione delle pelli di giuntura. I pesi rinvenuti molle e guide in ottone e viti in ferro a testa tonda per il fissaggio sul mantice al momento dello smontaggio risultavano originali, per- delle coperte. Le tavole, le coperte e le stecche sono state rettificate tanto sono stati ricollocati negli appositi alloggi. E’ stato quindi installa- in modo da eliminare eventuali deformazioni e incurvature del le- to un elettro-ventilatore specifico per organi, racchiuso in cassa fonoas- gno sia sul piano di scorrimento delle stecche che sulla superficie di sorbente e collocato all’esterno sul fianco destro della cassa, collegato battuta dei ventilabri, così da assicurare la perfetta tenuta del vento all’apparato di alimentazione tramite un giunto flessibile munito di val- del somiere. Finalmente ricomposta la struttura, incollate le nuove vola a tendina regolatrice del flusso, in grado di fornire un’erogazione guarnizioni e i borsini di pelle, è stato steso a tampone uno strato pro- d’aria stabile e abbondante in condizioni di massima silenziosità. tettivo di cera microcristallina. Il crivello è stato raddrizzato, pulito La tenda a sipario dipinta che protegge la facciata è stata pulita, a secco con gomma tenera, integrato delle parti lignee scheggiate e per essere infine riposizionata nel vano di prospetto. Il leggio origina- consolidato. Per il somiere secondario si è intervenuti, analogamente le è stato restaurato, mentre sono state ricostruite perché mancanti la al somiere maestro, con la pulitura, la scomposizione degli elementi, tavola lignea della cassa posta difronte al somiere maestro e la panca il risanamento delle parti danneggiate, il trattamento antiparassitario dell’organista. e la stuccatura dei fori, la disossidazione degli elementi metallici (viti, A restauro ultimato, ricomposto lo strumento in laboratorio e chiodi, tiranti, molle e punte di guida), la pulitura dei ventilabri con verificato il funzionamento di ciascun elemento, durante i mesi di la sostituzione delle guarnizioni di pelle e la ricostruzione dei borsini gennaio e marzo 2010 il materiale è stato nuovamente trasferito e e delle sfere lignee. Sul condotto del vento è stata inserita la valvola ricollocato in sede per procedere al rimontaggio degli elementi, al di comando e si è poi applicato a tampone uno strato protettivo di collegamento delle meccaniche e alla delicata fase di intonazione, cera naturale. accordatura e armonizzazione delle canne, ripristino della pressio-

68 ne del vento e studio del corista e del tipo di temperamento. Le vento di mm. 51, misurata in colonna d’acqua. Il rilevamento di un condizioni di originalità e di integrità piuttosto rassicuranti delle corista, rispetto al La3 di riferimento, pari a 437 Hertz (leggermente bocche delle canne superstiti hanno consentito un recupero sod- più basso quindi dello standard attuale di 440 Hertz) alla temperatu- disfacente dell’intonazione originale, i cui tratti distintivi si sono ra ambiente di 20° C è risultato nella norma, se confrontato con le evidenziati nella moderata e regolare dentatura incisa sulle anime, altre opere superstiti dell’autore. E’ stato quindi adottato un tempe- nel profilo netto e affilato del labbro superiore, con luci relativa- ramento inequabile di tipo veneto, una variante di quello teorizzato mente sottili, e nella generosa apertura del foro al piede (la cosid- da Alessandro Barca e Francescantonio Vallotti durante la seconda detta intonazione ‘a pieno vento’). metà del sec. XVIII e basato sul cosiddetto ‘sesto di comma irregola- Tale risultato ha trovato conferma nel valore della pressione del re’. L’intervento si è concluso nel mese di aprile 2010.

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Finito di stampare nel mese di luglio 2010 presso la tipografia Fast Edit - Acquaviva Picena (AP)