nel film Universalia «Daniele Cortis», tratto dal romanzo 'di Fogazzaro, edizione Mondadori, per entrare maggiormente nello spirito del personaggio di «Elena di Santagiulia * ha scélto il profumo:

R i c o r d o d ’ A u t u n n o che insieme a: RICORDO DI PRIMAVERA * RICORDO D ESTATE * RICORDO D’INVERNO completa le nuovissime creazioni fuori serie

LE QUATTRO STAGIONI ),'<.■ / / . f i n Quattro profumi fuori serie dalla tonalità originale e raffinata intimamente uniti alla stagione di cui portano il nome, in vetri di Murano iridati, eseguiti a mano e numerati. Anche le confezioni sono decorate a mano.

DENTIFRICIO

PER L’ IG IEN E E LA

BELLEZZA DEI DENTI ALLE LETTRICI DE «IL DRAMMA» CHE HANNO INTELLETTO D’AMORE CREME - CIPRIE - LOZIONI

ROSSETTI - SALI PER BAGNO IL COPLAL

TAGLIATE QUESTO TALLON­ CINO E INFILATELO DI SORPRESA NELLA TASCA DI UN VOSTRO CONOSCENTE

l'ItO - MEMORIA * SCRIVERE A FRANCESCHI PER IL COFANETTO DI CALZE MILLE AGHI

Questo annunzio pubblicitario fu LE FIALE CHE FERMAR O IL TEMPO stampato la prima volta nel 1510, al tempo di Giulietta e Romeo, quando gli uomini erano meno atleti, ma più ro­ mantici. La Gazzetta di quel tempo che pubblicò questo tagliando fu costretta a fare la ristampa di diecimila; copie.

*

C O F A N E T T O DI «CALZE MILLE AGHI» Mille Aghi «Seta» . . . il paio L. 1000 Mille Aghi «Nylon» . . . » « 2000 Trittico Mille Aghi «Seta» il trittico » 1500 Trittico Mille Aghi «Nylon» » » 3000 COLORI DI MODA: NUBE D'ORO - TERRA D’OMBRA FUMO DI LONDRA - NERO EBANO La firma autografa del maestro su ogni calza * Per riceverle in tutto il mondo custodite in artistico cofanetto, o farle giungere di sorpresa RICHIEDERE OPUSCOLO: all’indirizzo di una donna, inviare l’importo delle ealze più L. 50 (da uno a sei paia) per le spese LABORATORIO COSMETICA DI LUSSO postali, a mezzo vaglia, assegno o Conto Cor­ rente Postale N. 3/32295 al Maestro calzettaio VIA SAN QUINTINO, 36 - TORINO - TELEFONO 52.534 Pilade Franceschi, Via Manzoni 16 - Milano. Per conoscere lutti i tipi di calze Mille Aghi, domandare il listino che viene spedito gratis db wcfe do db b/c/vScbcb Y COLLANA DBLLB OPERB TBATRALI DI AUTORI DI RISONANZA MONDIALE DIRETTA DA LUOIO RIDENTI

IN EDIZIONE COMUNE ha già raggiunto quattro edizioni: la) marzo 1945; 2a) aprile 1945; 3a) maggio 1945; 4°) settembre 1946. Poche volte un volume di opere teatrali ha avuto maggiori consensi di stu­ diosi e più largo interesse di pubblico. Quattro edi­ zioni in così poco tempo costituiscono un successo editoriale tra i più signi­ ficativi: vuol dire che il volume era desiderato ed atteso; dimostra una perfe­ zione editoriale della quale siamo orgogliosi. Ricordia­ mo le opere del grande norvegese che il volume stesso contiene: La commedia dell’amore (1862) - Brand (1866) - Peer Gynt (1867) - Le colonne della società (1877) - Casa di bambola (1879) - Spettri (1881) - Un nemico del popo­ lo (1882) - L’anitra selva­ tica (1884) - Rosmersholm (1886) - La donna del mare (1889) - Edda Gabler (1890) - Il costruttore Solness (1892) - Il piccolo Eyolf (1894) - La lega dei giovani (1896) - Quando noi morti ci de­ stiamo (1900). Ogni opera è preceduta da una introduzione, e la pre­ sentazione generale «Ibsen e l’Italia », dotta ed esau­ riente, è dovuta a Lorenzo Gigli. Il volume in edizione comune costa 1500 lire.

Dei volume sono stampate, sulla prima edizione, un limitato numero di copie per gli amatori del libro. Ne abbiamo ancora pochissime a disposizione del pubblico. Si tratta di cosa pregevolissima, una vera rarità bibliografica: mille pagine su carta speciale appo­ sitamente fabbricata, con nitidi caratteri ed una rilegatura da amatore in mezza pelle e fregi oro. Ogni copia porta Vad personam e perciò il nome del compratore viene stampato ad ogni richiesta. Le rispettive edizioni contengono una bibliografia partico­ larmente interessante: sono elencate le « prime rappresentazioni dei drammi di Ibsen » IN EDIZIONE DI LUSSO nel mondo, dal 1850 al 1899: sono elencate le « prime edizioni delle opere di Ibsen », da quella di Copenaghen del 1871 ai giorni nostri. Infine, 1* « Indice » è fatto con il riferi­ mento ai singoli atti di ogni opera pubblicata. L’edizione di lusso costa tremilacinquecento lire. E’ il volume più indicato come dono del nuovo Anno. Il lettore che vuole regalare un esemplare da amatore a persona che abita in qualsiasi altra città, non avrà che da indicarci il nome della persona, ordinando la copia e versando l’importo. Noi stamperemo quel­ l’esemplare « ad personam » e faremo recapitare il libro, accuratamente spedito per posta raccomandata, avvertendo con una lettera all’interessato, del dono e del gentile donatore. Le richieste vanno indirizzate alla Società Editrice Torinese, in corso Valdocco, 2 - Torino. Per maggior rapidità e sicurezza, servirsi del C. C. Postale, intestato a Set, N° 2/6540. ANNO 24 - NUOVA SERIE - N. 52

I I f f l l i f i QUINDICINALE DI COMMEDIE DI GRANDE INTERESSE DIRETTO DA LUCIO RIDENTI

Uffici : Corso Valdocco, 2 - Torino - tele!. 40.443 - Un fascicolo costa L. 125 - 1» G ENNAIO 1948 Abbonamenti: Anno L. 2600; Semestre L. 1340; Trimestre L. 680 - Conto cor­ rente postale 2/65*40 Estero: Anno L. 5600; Semestre L. 1840; Trimestre !.. 930 Pubblicità: S.I.P.R.A., Via Arsenale 33 - tcL 52J521 - U!L concess. tei. 48.416 - 48.417

Premi. Un diluvio, come la pioggia nei film americani; ma, come quella, artificiale. Ogni mattino ci si alza per apprendere che il tal Ente o Comune, ecc., insom.ua qualcuno, si rivolge a mezzo della stampa agli italiani tutti, esortandoli a scrivere una commedia, ed allettandoli con premi vistosissimi: cento, duecento, cinquecento- mila, un milione. Sembra una gara ed una invocazione insieme, come a dire: « non scriverla per quello, la commedia; scrivila per me: ti dò di più ». Ed i concorsi per un’opera drammatica dilagano e straripano; in questo stesso fascicolo si legge che il « Premio Riccione » da trecentomila è salito a cinquecentomila, e che la città di Torino « volendo formare una Compagnia stabile sotto l’egida amministrativa del Comune » pur non essendo ancora in grado di dire in quale teatro agirà, con quali attori, che cosa farà, si preoccupa intanto di « bandire un concorso per una commedia ». Epidemia! E come tutte le epidemie, preoccu- pante, e — quinui — con ìa necessita ui aigiiiu.ua. cumeiieiia e, se possibile, risolverla. Perchè a nostro parere, partiti in errore, si T a c c u i n o continua ad ingrossare la palla di neve di quell’errore; ma non dobbiamo farla diventare — a furia di rotolare — una montagna. Ci soffocherebbe, cioè sarebbe disutile al Teatro. Stabilito che un’opera drammatica, una commedia, un componi­ mento scenico — si qualifichi pure come si vuole — non viene scritta per essere letta, ma soltanto per la rappresentazione, i concorsi che non raggiungono tale risultato, sono inutili e dannosi. A che cosa sono servite le trecentomila lire del « Premio Ric­ cione », se non ad una pubblicità a carattere nazionale per quella spiaggia? Abbiamo letto, un mattino della scorsa estate, il nome del vincitore o vincitrice che sia; ma da quel momento non se ne è saputo più nulla. (L’Azienda di soggiorno di Riccione, avendo incluso questo premio nelle proprie manifestazioni, non appena in possesso da parte dei giudici del nominativo indicato, ha staccato un assegno e lo ha inviato a quel signore, così come altro assegno avrà staccato per il vincitore della gara di tiro al piccione. Poi, basta. Chiuso, fino alla nuova stagione. Quel denaro, a parere nostro, è stato buttato via; non serve nemmeno a chi lo ha ricevuto (in senso mo­ rale) giacché lo danneggia unitamente al Teatro, creando altresì una situazione imba­ razzante per i giudici. Si dirà immediatamente che tra i « segnalati » al Premio Ric­ cione c’era Mario Ronco, ma Ronco non sarebbe mai stato rappresentato se Ruggero Ruggeri, personalmente, non avesse creduto nella sua opera. Si replicherà che « senza il Premio Riccione » Ronco non sarebbe giunto all’attenzione di Ruggero Ruggeri, ma questa affermazione è gratuita, perchè noi siamo certi che ogni autore « se sa cammi­ nare » trova la sua strada, prima o dopo, vicino o lontano, sempre. Il « caso Ronco » infine ha un altro volto: la curiosità della sua condizione di operaio. I concorsi drammatici sarebbero utili davvero se, invece di premiare il presunto meritevole con denaro, si garantisse la rappresentazione dell’opera giudicata adatta all’esperimento scenico. Avremmo, allora, ad ogni stagione, uno o più autori nuovi, così come avvenne nel 1929 quando un nostro concorso, che garantiva la rappresen­ tazione, creò commediografo l’impiegato di banca di Milano, Giuseppe Lanza, da allora divenuto scrittore, ed oggi critico della «Illustrazione Italiana». Le Aziende di soggiorno di Riccione, Sanremo, eoe., invece di erogare una somma (troppo semplice, dato il denaro che hanno a disposizione) si impegnino a far rap­ presentare la commedia o le commedie prescelte. Quelle centinaia di migliaia di lire siano date ad una regolare Compagnia per tale scopo, o per quelle opere si formi appositamente una Compagnia che le reciti a Milano e a Roma. Potrà costare di più ma non crediamo che Riccione o Sanremo facciano questione di prezzo. Sol­ tanto a questo modo essi avranno fatto qualche cosa di veramente utile al Teatro. Aill’attuale stato di cose, chi rimane estraneo è il vincitore, cioè colui che « do­ vrebbe » diventare un commediografo, giacché passato l’euforico momento del « premio » nessuno vuole sentirne più parlare. Sepolto. Domandiamo che i molti premi esistenti siano riveduti (e corretti), e soprattutto rivolgiamo all’attenzione di coloro che sono chiamati abitualmente a giudici, gra­ tuiti e disinteressati, la moralità della cosa. Non c’è nessuna ragione che essi aval­ lino, con la loro personalità ed il loro illustre nome, una formula falsa.. Non più premio ad una commedia, dunque, ma certa rappresentazione di essa. Un impegno, infine; non un assegno. Un avvenimento costruttivo e sociale, non una pubblicità, e, qualche volta, un gioco mondano.

MARCEL MOULOUDJI : QUATTRO LOLLE, dramma in tre atti * Articoli e scritti rari (nell’ordine di pubblicazione) di: BRULO ARCANGELI; LUCIO RIDENTI; GIGI CANE; RENATO SIMONI; FRANCESCO BERN ARDERLI ; TEJS7AN B1REARD; V ili PAND01.F1 ; GINO CAJMI; JOHN B. SEYLLER; GINO SAVIOTTI * Disegni di S1CBALDI ; BIANCONI ; TABLT A Copertina: GIULIO DA MILANO (sintesi del dramma Quattro donne) * Seguono le cronache fotografiche e le rubriche carie. QUATTRO DONNE E IL

DOLORE D I OGNUNA

¥ Oltre che autore drammatico •— come è diventato per un moto del suo animo riflesso da fattori esterni —• il venticinquenne Marcel Mouloudji è attore per voca­ zione e di professione. Quattro donne, però, non è la sua prima prova letteraria: questo giovane parigino ebbe già infatti assegnato qualche anno fa il « Prix de la Plèiade » per una raccolta di novelle, Enrico, ottimamente costruite, ove i perso­ naggi come intensità drammatica, come peso di esperienza e di dolore erano luci­ damente espressi con estrema semplicità di mezzi, con efficace spontaneità anche se, talvolta, con qualche indulgenza ad un gusto decisamente scandalistico. Spi­ ritualmente, se non addirittura attivamente, vissuti nel clima della Resistenza gli anni intensi e formativi per una sensibilità precoce come la sua, Mouloudji pub­ blicò in un numero de « L’Arbalète » dello scorso autunno il testo della sua prima commedia, La cellule che, con qualche ritocco doveva poi diventare nella sua forma definitiva Quattro donne. Ora, in meno di un anno, questo giovane autore è giunto a vedere il suo primo tentativo di teatro esposto alla prova scenica contemporaneamente in Francia e in Italia traendo in entrambe le prove un lusinghiero risultato di successi di pubblico e di consensi di critica da cui è stato salutato scrittore drammatico di grandi possibilità. E’ indiscutibile infatti, quale che potrà essere la sua produzione futura, che in Quattro donne egli ha ottimamente realizzato le proprie intenzioni, presentando una commedia costruita con abilità, con grande onestà di mezzi, sem­ plice e forte, scritta con chiarezza, senza quelle lungaggini, quella verbosità, quella ricerca di effetti letterari e quelle intemperanze filosofeggianti che la sua età e quindi la sua inesperienza avrebbero potuto far temere. Mouloudji si è fatto all’esperienza, anzi, proprio alla scuola di Jean Paul Sartre. Ma vale la pena di rilevare, dal caso suo, come diventino numerosi i giovani che avendo maturato la propria ispirazione nel clima esistenzialistico, se ne vengano progressivamente svincolando, quasi temessero di essere sovrastati e determinati nel loro futuro da un orientamento esasperatamente intellettualistico e si spostino su un piano di indagine neonaturalistica. Il motivo della Resistenza in Quattro donne è soltanto occasionale e vale soprat­ tutto come pretesto e come attualissimo materiale di documentazione. Sobriamente, ma con allucinante continuità, il movimento drammatico di questi tre atti condotti con una compiutezza tecnica che è perenne motivo di ammirazione, si avvolge in­ torno alle quattro protagoniste in una vicenda che sotto la scorza apparentemente melodrammatica nutre una sostanza essenziale ed umanissima. La prospettiva semplice dell’opera, il suo ritmo, il suo progresso di azione, sono come cupamente alterati dalla realtà delle quattro mura soffocanti della cella ove le creature — le creature qualunque, il dolore di ognuna delle quali è variante e complemento del dolore delle altre — vengono logorando il loro equilibrio e, quasi, le loro riserve di umanità. Esse invocano la morte e la vita che hanno il medesimo significato pri­ mitivo di liberazione. Invocano soprattutto l’amore, che è il segno più dolce della libertà, e per l ’amore corrono senza pensiero all’estrema rovina. Maurice Clavel, in Les incendiaires, aveva tratto dalla Resistenza i motivi psi­ cologici onde aveva acceso la breve e violenta fiammata tragica nel quadro della vita intima. 'Sartre, in Morts sans sépulture, gli elementi onde sviluppare la sua analisi sul comportamento dell’uomo dinnanzi alla tortura fisica. Salacrou, nelle sue Nuits de la calére, aveva superato i confini del realismo affrontando in un pro­ cesso « sui generis » H tema della viltà di fronte al pericolo. Ultimo, in ordine di tempo, Marcel Mouloudji ha invece solamente inteso rappresentare, oltre ogni ten­ tazione polemica e retorica, la passione di quattro donne imprigionate con il loro fondo di poesia, di dolore, di speranza e di viltà che affiora nella realtà di creature rinchiuse in un triste luogo di tortura dove lentamente ogni cosa precipita nel­ l’assurdo. Questa implacabile rappresentazione di umanità violata muove talvolta un senso di disagio. E anche di doloroso pudore. In quanto nell’opera di Marcel Mouloudji, nella immobilità costante e quasi feroce della rappresentazione che è la sua più eminente ragione poetica, nella ingiustizia scoperta della sofferenza, nel gioco dei sentimenti che rimangono definitivamente intatti nonostante la fragilità e la confusione dell’esistenza, è rivelata crudamente la coincidenza di quel pre­ potente amore, fatto di evocazione, per la morte e per la vita insieme che è in Sostanza la nostra umana sete di libertà. Brano Arcangeli DRAMMA IN TRE ATTI DI MARCEL MOULOUDJI VERSIONE ITALIANA DI BRUNO ARCANGELI

Elena — Cos’hai? Ieri sera, quando sei ritornata L E P E R S O N E dall’interrogatorio, mi hai fatto paura. Non ti avevo ELENA — HAZEL — CATERINA — ZOE — mai veduta così giù. LOUISE MAUCAIRE — LA GUARDIANA — VOCI Hazel — Penso a lui. Come chiudo gli occhi lo vedo avanzare verso di me. Ieri, mentre andavo al­ l’interrogatorio, l’ho incontrato. Era nel conidoio appoggiato al muro, tra due soldati. Ci siamo guar­ dati nello stesso momento. Ho pensato che fosse un tranello ed ho continuato a camminare. Ma avevo il cuore che batteva così forte che mi pareva che tutti dovessero sentirlo e scoprirci. Guardavo dritto, da­ Una cella vanti a me. Ma egli sapeva che vedevo lui solo. Sorrideva, povero caro. Era tanto tempo che aspet­ Sul fondo, dinanzi al rubinetto dell’acqua, la tavo di vederlo sorridere... Mi pareva di morire. latrina : una coperta stesa su una corda, dinanzi. Prima, aveva un sorriso così bello! A sinistra una finestra coi vetri spessi, in atto un Elena — Mi fai male, Hazel... Non essere così, non finestrino. A destra la porta. L’azione si svolge tra pensarci più, non reggerai. il mattino e il oala/r della natte. Hazel — Me ne infischio, di me: avrei tanto vo­ (Hasel è in piedi, le altre sono caricate. Qualche luto essergli accanto, e non potevo... M’ha fatto un secando di silenzio, poi...) piccolo segno con gli occhi per dirmi che non aveva parlato. Oh! Elena, ero così felice e così triste nel Caterina (sognando) — No... no!... Non tocca­ rivederlo... avrei voluto essere bella davanti a lui... temi... Aiuto! (Si solleva con le mani in avanti, fargli capire che lo amo tanto... Invece mi ha vista gli occhi chiusi). in questo stato... Hazel — Caterina, ci sono qua io... Dormi!... (Ca­ Elena — Ma via, Hazel. terina si sdraia di nuovo aiutata da Hazel). Hazel — Non ci siamo veduti più. L’ispettore mi Caterina — Sì... credevo che... (Hazel la guarda ha fatto entrare nell’ufficio. Improvvisamente mi un momento mentre si riaddormenta. Poi si solleva. sono guardata in uno specchio... Ho avuto paura, Una pausa. Elena si sveglia). come se guardassi una bestia... Ero bianca come Elena — Sei già in piedi Hazel? una morta... Non mi sono riconosciuta. Hazel — Non ho potuto dormire, stanotte, Elena — Invece, Hazel, ti assicuro che non è così, Elena — Stai male? Hazel ■— Sono tutta vecchia, anche il mio corpo Hazel — No. è cambiato, è diventato brutto da quando son qui. Elena — Ohi è che gridava? Caterina? Solo che qui, senza uno spacchio, non ce ne avve­ Hazel — Sì... sognava. diamo... Elena — Ti prego, Hazel, riposati un po’. Elena — Sei stanca, anche tu, come tutte noi. E Hazel — Non posso, Elena. l’interrogatorio è andato bene? MARCEL MOULOUDJI

Hazel — Nell’incartamento non c’è niente contro Sono uscita, sono andata a trovarlo... Da quando di me. Queirimbecille continuava a chiedermi se avevo lasciato la casa non andavo quasi mai. Perchè sapevo dove era mio marito... Ho ripetuto ancora ■non me ne sono andata via subito? Ma mio padre che eravamo separati da molto. Quelle domande mi era così felice di vedermi! ricordavano il suo sorriso, e mi facevano male. Hazel — Povera Elena! E io che mi lagnavo Elena — E non ti ha detto niente di nuovo? poco fa... Hazel — M’ha promesso di farmi liberare. Elena —■ Quando hanno bussato, io gli ho impe­ Elena — Come!... Stai per uscire e non sei felice? dito di aprire la porta. Mi aveva detto che lui non Hazel — Con quelli non si sa mai. Elena a te posso attendeva nessuno e subito ho capito che mi avevano dirlo : è mio marito che ho incontrato nel corridoio... seguita. Dovevano avermi aspettata fuori dell’al­ Deve essere nell’altra ala: so il numero della sua bergo ed io senza saperlo 11 avevo portati da mio cella, ma non ho il coraggio di corrispondere... ca­ padre... Fuori gridavano: «Polizia, aprite!». Al­ pisci, è stato arrestato un mese prima. lora mi ha detto: «E’ la polizia, non aver pau­ Elena — Non dirmi niente, Hazel... Non parlarmi ra, non è per noi ». Ignorava quello che io fa­ dei fatti tuoi... Parli senza pensarci e quasi non mi cevo... Ha aperto. Dovevi vederli, come sono en­ conosci... Non voglio saper niente... Stai zitta! trati nella stanza... non erano certamente degli Hazel — Ti conosco, invece, Mena : ho fiducia in eroi: tremavano e avevano una tale paura che te. Sei stata più che una sorella per me 'da quando per poco non ci hanno sparato addosso. Ma son qui dentro. vedendo solamente due persone, si son fatti co­ Elena — Grazie, Hazel, ma taci. Caterina e Zoe raggio, ci hanno messo in mezzo alla stanza. Mio possono sentire. padre parlava continuamente alla guardia che ci Hazel — Dormono... Possiamo benissimo parlare teneva a bada. Gli altri frugavano l ’altra stanza. di me, non ha più importanza ormai, ho firmato la Io ho cercato di far capire a papà perchè erano mia deposizione. Ha detto che mi avrebbero lasciata venuti, ma la guardia mi ha fatto tacere. Ha fru­ oggi o domani... Per me è finita... ma è per lui che gato nella mia borsetta che era rimasta sulla ta­ sto male... vola, ha strappato la fodera. Ali! E’ terribile essere Elena — Ti ho detto di tacere, Hazel: non voglio così stupide: avevo lasciato le due carte di iden­ saper nulla. Non parlare più. tità false. Hazel — E come potrei? Non penso che a lui... Lo Hazel — Che sciocchezza! amo più della mia vita. Oh, Elena, mi ha guardato Elena — Mio padre si fece bianco... Non potevo una volta sola... Era orribile, col volto deformato... dirgli niente... L’ho guardato e ho avuto vergogna Lo hanno torturato... del suo sguardo... Ci hanno portato nel carrozzone, Elena — Sì, è terribile. mio padre non si è mosso... era calmo, ma sino alle carceri non mi ha rivolto la parola una volta e Hazel — La notte, quando dormo, vado da lui e quando ci hanno separati se ne è andato senza lui viene verso di me, con il suo bel sorriso... Siamo voltarsi. così felici che sento le nostre risate al di là del so­ gno... Ieri ha sorriso! Ah! no... no... non ne Hazel -— Era sorpreso, perchè non sapeva della posso più... tua attività... ma ora... Elena —• Hazel... Elena — Lo conosco bene... non mi perdonerà mai di averlo messo in questa situazione. Quando Hazel — Quando sono rientrata dall’interroga­ mi ha guardato la prima volta, in casa, ho capito torio, ieri sera, avevo voglia di urlare. Tu eri così che non mi avrebbe perdonato mai. Non avrei calma, così buona... Mi hai fatto coraggio. dovuto andare a trovarlo. Elena — Non avevo la forza di dirti niente. Hazel — In un incidente ci sono sempre delle Hazel — Che ora sarà? vittime. Tuo padre si sarà già calmato, credimi. Elena —• Tra poco porteranno il caffè. Elena — Non ho smesso un momento di chiedere Hazel — Era proprio verso quest’ora che vennero sue notizie. I primi mesi mandavo messaggi ogni in casa... Volevano mio marito... Non c’era, presero giorno, non ha risposto una volta da quando me. Lo avevano già arrestato un mese prima, sotto sono qui. un falso nome, per un altro affare. Non lo sapevano; Hazel — Sei sicura che sia in questa prigione? perciò continuano a ricercarlo. Il suo caso non è Elena — Sì, è qui. L’ho domandato aU’ispettore. tanto grave, e il mio neppure, perchè non hanno E’ perchè avrebbe dovuto dirmi allora che mio trovato niente. Forse ci riìasceranno tutti e due. padre era condannato a morte? Elena — Dunque vedi che sei fortunata. Hazel —■ Per spaventarti. Hazel — E’ vero!... A lasciarsi andare, si finisce Elena — Non lo credo. per trovarsi più infelici di quanto veramente si è. Hazel — Rifletti. Non è nelle loro abitudini dare (Si solleva sul pagliericcio) informazioni. Elena — Anch’io sono come te. Elena •— Sì, hai ragione... E’ forse per questo Hazel — Vi hanno arrestato di sera? che mi ha chiesto di... Elena — Sì, per colpa mia. Quel giorno ero in Hazel — Cosa ti ha chiesto? ansia... Non posso spiegarti, sarebbe troppo lungo... Elena — Niente... non farci caso. QUATTRO DONNE Hazel — Se credi che possa aiutarti, perchè non pensato a una ragazza che conosco di nome... una vuoi dirmi che cosa ti ha chiesto? che lavora per tutte e due le parti e forse per Elena —- Laslciamo stare. E’ giorno. Si sveglie­ colpa della quale io sono qui... Posso denunciarla, ranno. mi son detta... Sarei una carogna... l’ultima delle Hazel — Dormono ancora... Cosa è successo? sgualdrine... ma mio padre vivrebbe... (Una pausa) Elena — Dopo avermi detto che mio padre era Luisa Maucaire, rue de Bougie 8... Pensavo che condannato a morte.... Non dovrei dirti nulla, Ha­ sarebbe bastata una piccola frase... Senza render­ zel, potresti giudicarmi male. mene conto ho risposto: «No»... Ho sentito che Hazel — Sei una sciocca, Elena. dicevo « No » mentre pensavo « Sì ». Elena — L’ispettore ha aggiunto che se avessi Hazel — Ti capisco, è sempre ima tentazione. voluto ottenere la grazia per mio padre, avrei po­ Elena —■ Mi vergogno. tuto. E mi ha proposto di... No! Mi disgusta... Hazel —■ Cosa importa quello che hai pensato, Hazel — Ne ho viste altre... Non ti fidi me, se non hai detto nulla? L’hanno proposto anche a Elena? me... è un loro sistema. Elena — Non si tratta di questo, Hazel. Ma da Elena — Se tuo marito fosse condannato a mor­ quando l’ispettore me lo ha detto, l’idea mi è en­ te, come mio padre e ti facessero ancora quella trata nella testa e non faccio che pensarci. Vorrei proposta... se ti chiedessero un altro per salvare dimenticarla, non aver mai ascoltato... Non ci lui... capisci?... avevo mai pensato prima... Hazel —■ Sì. Hazel -— Ma a che cosa? Non ti capisco, Elena. Elena — Cosa faresti? Elena — Ti supplico, non parliamone più. Hazel — Taci! Hazel — Come vuoi. Però hai cominciato il di­ Elena — Non avrei mai dovuto dirtelo... lo so... scorso: avrei valuto sapere di cosa si tratta. Porse Hazel — Sai meglio di me quel che devi fare... potrei aiutarti. Mi meraviglio, Elena. Elena —■ No, non voglio, non potresti. Elena — Hazel, ti ho detto tutto perchè tu sei Hazel —- Di’, è l’ispettore di cui ci hai parlato? tanto migliore di me, perchè tu mi dia coraggio. Elena — Sì. - Non rimproverarmi, ora... Hazel — Hai detto che era innamorato di te... Hazel —• Scusami Elena. Amo mio marito più Elena — Sta’ zitta, per carità... Scusami, Hazel, di me stessa. Ma ora so che non farei nulla di se sono così brusca, ma non ne posso più... Non è male, per salvarlo. colpa mia, non volevo ascoltarti... Hai invece con­ Voce di donna — Buongiorno, compagne! Ascol­ tinuato a parlarmi di tuo marito... e io mi son tate... Vi dò le notizie... messa a pensare a mio padre. Hazel — Guarda Caterina, là...! Mi è parso che... Hazel — Se lo avessi immaginato non avrei detto Voce di donna — Berlino e Colonia fortemente niente. bombardate... I russi continuano ad avanzare... In Elena — Rivedo tutto, il giorno dell’arresto... i Italia, attacco degli americani... Saint Nazaire, Le suoi occhi severi... è in una cella... aspetta che Havre, Rouen bombardate. vengano ad ucciderlo... io non voglio... non posso Elena — No. Dorme ancora. sopportare quest’idea... morirà senza comprendere. Hazel — Ti hanno detto che ti avrebbero chia­ Ed è così vecchio... condannare a morte lui... E’ mato ancora? ingiusto! Non voglio che lo uccidano... Ho chiesto Elena — Sì. all’ispettore di essere fucilata al posto suo, gli ho Hazel — Stai in guardia... Ti obbligheranno a ri­ detto che io ero colpevole... Ha scherzato e mi ha velare un nome. passato la mano sui capelli... L’avrei ucciso! Voce di donna — Compagne, ascoltate... Trasmet­ Hazel — Parla piano... Calmati... to i messaggi... Lisetta dà il buongiorno a suo fra­ Elena — Vorrei dirti tutto, ma non ne ho la tello... Sta bene e ha coraggio... Pierette saluta le forza. compagne della topaia... Domanda notizie... Fate Hazel — Elena ¡non dire altro... lo so... proseguire per piacere. Elena — Te lo voglio dire, invece. Ascolta... Elena — Porteranno il caffè da un momento al­ Hazel — « Egli potrà essere risparmiato a patto l’altro. Il cielo è più chiaro. che voi proponiate un altro al posto suo»... Non Hazel — A cosa pensi? è così che ti ha detto? Elena — A niente. Elena — Così. Hazel — Guardami, Elena. (Caterina e Zoe si Hazel — E allora? alzano. Zoe dà la caccia alle pulci). Elena — L’ispettore era seduto in faccia a me, Caterina — Buongiorno. (.Pausa) Speriamo che dietro la scrivania... parlava... Io ascoltavo... pen­ la guardiana mi chiami. savo che era mostruoso... Poi si è alzato, si è messo Zoe —• Buongiorno. a passeggiare per la stanza e io ho pensato a mio Hazel — Buongiorno Caterina, buongiorno Zoe. padre.. «Conoscete qualcuno? », mi ha detto. «Una Dormito? persona interessante...». E in quel momento io ho Caterina — No... ho sognato i fantasmi. MARCEL MOULOUDJI

Hazel — Ecco perchè ti sei alzata gridando. Caterina — Credi? Caterina — Non me ne ricordo. Hazel — Ma sì, Caterina, vedrai. Hazel — Ti sei sollevata e sei rimasta così finché Caterina — Dio, come lo spero, Appena mi a- non ti ho rimessa giù. vranno ascoltata capiranno subito che è stato un Zoe — Non ho sentito il principio dei messaggi. errore. Sai, Hazel, andavo a una festa... non sapevo Qualcosa di nuovo? nulla... Non conoscevo neppure le persone. Hazel — Niente. Vanno sempre avanti. Zoe — Ah, mio Dio! Caterina —■ Oh! Speriamo che mi chiamino per Hazel -— Ma ce lo ripeti da un mese! rinterrogatorio ! Caterina — E allora, perchè mi tengono qua Zoe — Non hanno smesso un momento dì ballar­ dentro se non ho fatto nulla? mi addosso... si direbbe che le attiro... avevo l’im- Hazel — Ma possibile che tu non voglia capire pressione che il pagliericcio fosse pieno. E voi, vi che per loro chi è in prigione è sempre delinquente? hanno pinzato questa notte? Caterina — Come delinquente? Ma io non volevo Caterina — No. (Zoe si mette a pregare in un far niente, tu mi devi credere, Hazel. angolo) Ebbene, Elena! Cos’hai? Hazel — Attenzione, il caffè... Sento il car­ Elena — Niente, sto benissimo. retto. Caterina — Allora scusate, duchessa... Ci sono Voce di uomo (nel corridoio) — Caffè. dei giorni che preferirei essere rinchiusa da sola Caterina — Ah, mio Dio, almeno facesse il mio nella cella di punizione. nome! (La porta sì apre. Sono la guardiana e la Elena — Caterina, sono stanca... Quando tu non prigioniera di servizio. Caterina porge una gamella stai bene io non ti dico nulla. Lasciami in pace... che la prigioniera riempie di caffè. La prigioniera Caterina — Che la signora non si secchi, per ca­ parla a Cwterina. quasi nell’orecchio; si vede muo­ rità!... Oh, stamattina la gola mi fa male da morire. vere le labbra, poi...). Non mi sento bene. La Guardiana — Elena Fabrice... Tribunale. Voce di donna — La zia Marta sta bene e do­ Elena — Va bene. (La porla si chiude). manda notizie di Toni... Roberto sta bene... Pier- Caterina — Ah! non ho proprio fortuna!... Pian­ rette dà il buongiorno a Pierrot, Paolo, Enrico, An­ gerei dalla rabbia... Aspettare ancora, aspettare drea. fino a domani. (Versa il caffè per le altre) E’ incre­ Hazel — Arriva il carretto. A chi tocca ritirare dibile... Quattro volte in un mese sei stata chia­ il caffè, oggi? A te, Caterina, credo. mata, tu! Caterina —■ Sì, vado. Ah! Quando finirà... (Ascol­ Hazel — Fai presto a vestirti, Elena. Verranno a ta alla porta) Che venga rinterrogatorio, che sia li­ cercarti presto. berata... Sempre questi muri sporchi e il resto... Zoe — Troppo pigri, per venire prima del caffè. Non ce la faccio più. (Ascolta) Almeno facesse il Caterina — Deve essere un affare molto compli­ mio nome! cato, il tuo. Elena — E non ripetere sempre la stessa cosa... Elena — Sì. Non sei sola... Ne ho fin sopra i capelli. Tutte le Caterina — O forse, l’ispettore dell’altro giorno mattine il solito ritornello! ti chiama ancora per farti la corte? Eri molto chic Voce di donna — Zia Marta chiede notizie di To­ in pelliccia... gli avrai fatto colpo... Zoe, sono sicura ni. Luigi ha coraggio e chiede notizie... Un buon­ che Elena è una donna fatale! giorno di Marcellina ai suoi amici. • Elena — Caterina, i tuoi scherzi non mi piac­ Caterina — Senti chi parla... Tu perchè sei già ciono. stata all’interrogatorio tre volte in un solo mese! Caterina — Ohe ti piacciano o no, io me ne E ora vorrei essere chiamata anch’io... Ti secca? infischio. Hazel — Sei come un portaspilli stamani, tu... Elena — Lasciami in pace! Tutte siamo stanche... Stai tranquilla. Caterina — Pensare che ho lasciato il mio bel Zoe — E’ vero, Caterina. Finirai per eccitarti cappotto e l’abito rosso, le scarpe di serpente... ma­ come ieri... Non hai nessun motivo, tu, per essere gnifiche... Avrei potuto essere impeccabile il giorno tanto aggressiva. che mi interrogheranno... Non ho neppure le calze... Caterina — Tu lasciami in pace. Non mi piace faccio pena. quel tuo modo di fare da curato... Ti impedisco for­ Hazel — Penseremo noi a vestirti come una re­ se di pregare, io? Lo so bene che mi detestate, che gina. Sei contenta? siete tutte contro di me... Sì, hai un bel sospirare Caterina — Prendetemi in giro... al soffitto, tu, Elena... Io non ho fatto nulla, non Hazel — Ti proverai la pelliccia di Elena, e se ti c’è ragione perchè mi si tenga dentro... va bene te la presterà. Zoe — Ah! Buon Dio, ma abbi pazienza. Caterina — Non la voglio... non sono una donna Caterina — Mi hanno arrestata per errore. Per­ di mondo, io! chè non mi mandano a chiamare? Elena — Non so che cosa tu abbia contro di Hazel (.sbuffando, impaziente) ■— Sono sicura che me stamani Caterina, ma ti avverto che se con­ tu andrai all’interrogatorio molto presto. tinui ti prenderò a schiaffi. QUATTRO DONNE

Caterina — Calma, duchessa, calma... Vuol dire quando sorridi... Elena, per le labbra prendi il mio che da ora in poi ti parlerò con dolcezza... come dentifricio. E’ più rosso del tuo. un bonbon!... Elena — Mi prenderanno per un colorificio... Hazel — Basta, Caterina! Bisogna sempre far­ Hazel (piano) — Elena... vi la guardia, a voi. Non ascoltarla, Elena. Prepa­ Elena (piano) — Non ho tempo... (Forte) Debbo rati. (Elena va al rubinetto dietro la coperta stesa ancora lavarmi. (Elena raccoglie i suoi abiti e ri­ sulla corda). torna dietro la ter&da. La cella è in ordine. I pa­ Caterina — Mi sento così stanca, così nervosa... gliericci sono raccolti uno sull’altro sotto le co­ ho paura, Hazel. Durante il giorno ci sei tu... ma la perte). notte... Oh, Hazel! Non resisterò ancora molto! Caterina — Hazel, il giorno che mi chiameranno, Hazel — Per carità, Caterina, sai benissimo che vedrai come mi truccherò... Il trucco! E’ quanto i fantasmi non esistono. E’ la stanchezza. rimpiango di più, dopo il mio uomo... Caterina — Ma ne ho abbastanza. Avranno di­ Zoe — Ancora il suo uomo! menticato la mia pratica chissà dove... Mi terranno Caterina — Non mi lamenterei se sapessi dov’è... qui sino alla morte. Sento che è stato arrestato. Era sulla nota e l’avevo Voce di donna — Cola dà notizie a Germana... io nella borsetta... Mi hanno preso tutto. Lui sarà Sta bene, ha coraggio. così stupido che lo picchieranno... Poveretto... non Hazel — Non ti inquietare troppo. Bevi il caffè. potrà resistere ! Sarà freddo. Voce di donna — Buongiorno, Jeannette, Si- Voce di ragazzo (da lontano. Grida in tono acuto mone... Buongiorno, Alain... Coraggio. e Caterina sussultando versa il caffè) —• Mamma- ~Hazel — Quando hai cominciato a truccarti? Mamma... Caterina — Non me ne ricordo neppure, Hazel, Caterina — Lo sentite? è tanto tempo che ho cominciato! Mai al mondo Voce di ragazzo — Mamma... Mamma... uscirei senza truccarmi, anche soltanto per andare Voce di uomo (lontana) — Piantala! al mercato. Passo delle ore a farmi la faccia, mai Caterina — E’ ancora lui... Ricomincia come avrei potuto immaginarmi che sarei rimasta tanto ieri... Perchè grida? Non ha la mamma... Gli avreb­ tempo senza mettermi neppure un po’ di cipria... bero già risposto... Dovrebbero farlo tacere... Ne ho E tu, Zoe? Scommetto che non si è truccata mai, abbastanza, non voglio crepar qui, sola, in questo lei... buco... Non ho fatto niente... Non mi sono immi­ Zoe — I miei genitori non vogliono. E poi, a che schiata in quell’affare... Arrestata per una tazza di cosa serve? , cioccolata... che non ho neppure fatto a tempo a Caterina — A che cosa?! Non ti piacciono i co­ bere. lori sulla pelle? Tu non puoi immaginare come Zoe — Oh, vedrai, Caterina, che ne terranno sia importante essere belle, per gli uomini... E poi conto, che non hai fatto a tempo a berla, la tua si ha l’impressione di cambiar viso. cioccolata ! Zoe — Credi? Ho provato anch’io, una volta, di Hazel — Sii gentile... non serve a nulla conti­ nascosto, ma non sono riuscita a prendermi sul nuare a lamentarsi... Se ci lamentassimo tutte e tre serio. faremmo una bella musica. Abbi coraggio... Se per Caterina — Perchè non sai niente. Io, a quin­ mi mese ancora continuerai a torturarti, non ce dici anni, ero già una donna... prendevo gli abiti la farai più! di mia madre per uscire la sera. Col trucco cre­ Voce di donna — Arianna domanda notizie di devano che avessi almeno venticinque anni. Va bene Jean... Far proseguire il messaggio, per piacere. che ero già formata... avevo due seni così marcati Caterina — Hai ragione, Hazel. Ma vorrei tanto che tutti gli uomini passando vicino mi guarda­ uscire da qua dentro. (Elena, finita la toeletta, esce vano con aria proprio buffa. Quando andavo a bal­ da dietro la coperta). lare tutti mi invitavano... Mi proponevano di spo­ Voce di donna — Arianna domanda notizie di sarmi... Ce n’erano alcuni che si radevano anche le Jean. Far proseguire il messaggio, per piacere. sopracciglia per piacermi... (Ride). Hazel —• Parli come un grammofono, oggi, Ca­ (Hazel e Zoe ripiegano i pagliericci). terina. Elena — Come sto, Zoe, brutta cera? Caterina —■ E’ vero... non so perchè racconto Zoe Invece ti trovo molto in forma. tutte queste storie... Lei non può capire, non sa Hazel — Preparati in fretta, Elena, su... che cosa siano... Caterina ■— E mettiti bene. Una bella donna si Zoe — Che cosa, avanti! impone sempre... Truccati un po’... Ci divertire­ Voce di donna —• Susanna, chiama Lili... Buon­ mo... Per gli occhi, ecco qui un fiammifero bru­ giorno a Lili e coraggio... Io vado al tribunale... ciato... Solo un po’... te li farà più lunghi. Caterina — Ma gli uomini! Elena — Sei gentile... Zoe — Ti prego. Zoe — Oh, ecco che sorride. Caterina (ridendo) — Scusa, Zoe, ma mi vien Caterina — Mi piace truccarmi... Lo metto qui... da ridere... Non avrei mai immaginato che tu fossi Hazel — Mi fa piacere, Caterina... sei bella vergine... MARCEL MOULOUDJI

Zoe — Non è il caso che tu ti dia arie da gran­ Hazel (le impedisce di gettarsi contro la porta) — de cortigiana perchè hai conosciuto degli uomini... Attenta alla guardiana... Calmati. Non è difficile... Gli uomini non mi interessano. Caterina — Che venga. Non me ne importa. Vor­ Caterina — Ma cosa dici!... Del resto ci casche­ rei fuggire... Non voglio crepare qui... Perchè quelle rai anche tu, come tutte. maledette mi trattengono? Lo sanno benissimo che Zoe — Stai zitta una ibuona volta... Non vorrei non ho fatto nulla. Lo fanno apposta. avertelo detto. Hazel — Ascolta, Caterina. Vedrai che uscirai pre­ Caterina — E’ piena di rabbia... Guardala, Hazel. sto, non temere. Hazel —■ Perchè a te, Caterina, non è capitato Caterina — E quando? Tu credi davvero... mai di essere vergine? Lascia stare, Zoe... Vieni ad Hazel — Sì... tra poco sarai libera, non preoccu­ aiutarmi a mettere in ordine. parti... Caterina — Con voi non si può mai .scherzare... Zoe — Riposati un po’. Dianzi avevo voglia di piangere, e ora ho voglia Hazel —• Avrai fatta un’esperienza di più nella di ridere... vita! Elena (uscendo da dietro la coperta compieta- •Caterina — Ne farei volentieri a meno. mente vestita) — Mi metterò anche la pelliccia... Hazel ■— Rimani accanto a lei, Zoe. Io aiuterò (Hazel aiuta Elena a infilare la pelliccia). Elena. . Caterina — Come è bella! Caterina — Scusa, Hazel, perdomani... Non è col­ Hazel — Girati... cammina un po’... superba! pa mia... Ma sono molto nervosa oggi. Caterina — Sei proprio splendida, Elena. Non Hazel — Ho capito benissimo. (Va verso Elena) si direbbe che sei in prigione da tanto tempo... Vieni, che ti pettinerò. L’ispettoi'e sarà folgorato appena entrerai... Fai Caterina — Vi disturbo, non è vero? attenzione! Sarebbe capace di liberarti per chie­ Zoe — Sei un po’ snervante, Caterina, ecco. derti di sposarlo... Dopo tutto è un uomo anche lui. Caterina — Mi sento così debole... Come sono Elena —• Mi secchi, Caterina! Non si sente che bianche le mie mani! te qua dentro! Hazel — Elena... Caterina — Perchè? Non si può mai dire... Chis­ sà! (Ride). Elena (piano) — Sì... Hazel (piano) — Dimmi, sinceramente... Denun- Hazel — Ma piantala di dire stupidaggini; non è il momento. cerai Luisa Maucaire per salvare tuo padre? Zoe — Sempre a chiocciare come una gallinna. Elena (piano) — No! Taci... Caterina —• Comunque, Elena, non fidarti. L’ul­ Caterina — Ho le unghie che fanno schifo, tutte tima volta che Marcella ti fece le carte c’era una rotte... Tu avessi visto come erano lunghe prima. proposta di matrimonio da parte di un giovane Zoe — Però in confronto alle mie, le tue sembrano bruno della polizia. artigli. Elena — Finiscila. Caterina — Ma mi dispiace. Hazel •— Non si cheterà mai... Caterina, sii bra­ Hazel — Come sei « chic », Elena... Non ho mai vi­ va... Non stancarti... Non sei poi tanto forte. Stai sto una ragazza più bella. Stai benissimo con la pel­ male? liccia. Caterina — Sì. Elena — Fa bene sentirsi vestita decentemente. Hazel •— Finiscila di ridere. Zoe — Si direbbe che sei appena uscita dalla sar­ Elena — Dàlie uno schiaffo. Non c’è niente al­ ta. Non è vero, Elena? Se ti avessi incontrata fuori tro da fare. (Caterina Iva ancora una risata strana, mi sarei voltata a guardarti. quasi uno scoppio di pianto) Vedrai che smetterà Elena — Tu scherzi. subito. Hazel — Vieni qua, siediti; ti farò un po’ di truc­ Voce di ragazzo — Mamma... Mamma... co. (Prende i fiammiferi bruciati). Caterina — Basta!... Voglio uscire! Voce di ragazzo — Mamma... mamma... Hazel — Non parlare... Respira dolcemente... Caterina — Mi fa legare i denti quella voce così Caterina — Se mi chiamassero... se capissero che acuta... Perchè grida sempre a quel modo? sono innocente. Non ho fatto niente, io! Zoe — E’ vero! Rabbrividisco ogni volta. Hazel —• Porta un fazzoletto, Zoe. Caterina — Deve essere un ragazzo. Caterina — Credi che uscirò, Hazel? Hazel — Alza un po’ la testa... I tuoi occhi sono Hazel —■ Ma certo, cara. più grandi, ora... (Piano) Elena senti... Forse ti an­ Caterina — Ah, mio Dio, potessi uscire, non sa­ noio, ma non sono per niente tranquilla... Se l’ispet­ rei più cattiva... vivrei bene... baderei alla mia vi­ tore ti ha fatto chiamare stamani è perchè spera ta... attentamente... Avrei cura di ogni giornata e la che tu gli dica un altro nome... riempirei bene... Ma che possa uscire!... Che possa Elena (piano) — Hazel, Hazel, stai zitta... uscire di qua! Non vivo più qui dentro... Sempre ad Hazel (piano) — Debbo metterti in guardia... aspettare... Lasciamo andare Hazel... Capiranno. (Forte) Che peccato non avere imo specchio! I QUATTRO DONNE tuoi occhi sono diventati ancora più belli... Aspetta, di sposarmi in chiesa. Ma intanto, ad aspettare, che ti metto il rossetto alle labbra... Non muoverti... ci rimetto la salute. Caterina — Io non ne avrò più per molto, lo sen­ Hazel — Parlaci di lui! Che tipo è il tuo inna­ to... Quando si muore, che cosa ne fanno del nostro morato? corpo? Caterina — Non è il mio innamorato... è il mio Zoe — Ma non parliamo di queste cose, Caterina, uomo! Ciò che io amo di lui è il suo corpo... Non sei insopportabile... ho che da chiudere gli occhi per vederlo... Purché Hazel (piano) — E’ furbo... Avrà capito che tu sei non si sia fatto arrestare!... Gli hanno sequestrato pronta a scendere a qualunque compromesso per le carte... Hazel, credi, tu che... salvare tuo padre... Lo farà anche venire davanti Voce di ragazzo — Mamma... Mamma... Non ho a te per abbindolarti... Sii forte, Elena... Rispondi paura... con « sì » e « no » durante l’interrogatorio... Pro­ Caterina — Ancora lui! E’ un incubo! Zoe — E’ un condannato a morte, certamente. mettimelo ! Caterina — E’ così giovane... Credete che lo uc­ Elena — Sì, Hazel. Ma taci. Caterina ci guarda. cideranno? Caterina — Zoe, mi piacerebbe tanto rivederlo... Elena — Basta, Caterina. Parlargli... Sentire la sua voce... Ho paura di morire Caterina — Non mi piacerebbe morire qui... lontana da lui. Essere buttata in una fossa comune, che orrore! Zoe — Ma non morirai, sta sicura... Tu pensi sem­ Mescolata con tutti gli altri cadaveri... è quello pre al peggio. che mi disgusta! Hazel (piano) — Sii prudente... E abbi coraggio! Elena — Ma taci! Tientelo per te! (Elena fa segno di sì con la testa). Caterina — Ho il diritto di parlare, so quello Caterina — Io non so cosa abbia... Sono così tri­ che mi attende. ste, vorrei che fosse finito... Oh, speriamo che mi Hazel — Abbi pazienza... Non hai idea di come chiamino domani! C’è da aspettare che venga se­ sia deprimente per noi vederti in questo stato... ra?... Poi verrà la notte e io ho paura, la notte, Uscirai... per i fantasmi che mi perseguitano... Sei fortu­ Caterina — Non ci credo più. Lo dite per con­ nata tu, Zoe, che puoi dormire la notte. solarmi... Zoe dice di non aver fatto niente e in Hazel — Ecco fatto, Elena... Sono proprio con­ tre mesi ndn Thanpo ancona interrogata ! Tre tenta di me... Ho seguito alla perfezione il contor­ mesi! Ali, se dovessi aspettare tutto quel tempo no delle labbra... Cosa ne dite voi? io diventerei matta... Caterina — Prima categoria! Elena — Noi, piuttosto. Elena — Ho ancora tempo di spazzolarmi i ca­ Hazel — Ti ammalerai... Se continui ad agitarti così quando sarai fuori te ne pentirai. pelli. Caterina —• Liberal Quando ci penso, il cuore Hazel — Prendi le due spazzole, Zoe, e petti­ mi batte più forte! Le strade... il sole... rimpiango nala tu... Io intanto le farò le mani. tanto il tempo che ho perduto che mi vien voglia Caterina — E io? Io mi annoio a star sola. di piangere. Hazel — Continua a riposarti. Sei troppo stan­ Hazel — Ho una sorpresa. ca. Caterina — Quale? Caterina — Mi passi un momento la borsa, Zoe, Zoe — Di che cosa si tratta? ti spiace? (Zoe passa la borsetta a Caterina che Hazel — Andando all’interrogatorio non avete si mette a cucire; poi, con un paio di spazzole, mai tentato di scivolare nel corridoio della vettu­ comincia a lisciare i capelli di Elena mentre Hazel ra cellulare? le cura le mani per tutta la scena che segue). Elena — Ho provato, ma mi hanno sempre rin­ Hazel — Cosa faresti, voi, se vi liberassero? chiusa. Zoe — Andrei subito dai miei genitori... Poi un Caterina — Tu, invece... bel bagno... Hazel —• Sì... ieri io ho guardato fuori! Elena — Invece se uscissi io me ne andrei in Caterina — No...! Racconta, su... Come sono un ristorante e non mungerei che frutta e insa­ contenta... Avresti potuto dirmelo prima. lata verde... Sono otto mesi che ci penso! Zoe — Formidabile, Hazel. Caterina — Io vorrei che là fuori ci fosse lui, - Hazel — Mi avevano ficcato nell’ultima cabina ad attendermi... Vorrei che fosse la prima perso­ con una donna grassa, vicina allo sportello. En­ na che vedo... A meno che non sia stato arrestato! trando mi sono accorta che eravamo guardate da Hazel — Sei sposata? un soldato italiano. Ho bussato e lui ha aperto. Caterina — No! Mi dispiace. Da quando son Io parlo un po’ l’italiano e gli ho detto che stavo qui ho giurato di sposarmi con lui in chiesa, il male. Gli ho chiesto di uscire. giorno stesso che uscirò. Caterina — E allora? Zoe — Perchè in chiesa? Hazel — Mi ha permesso di restare accanto a Caterina — E’ un voto! Se esco ho promesso lui. MARCEL MOULOUDJI

Zoe — Sino al tribunale? Caterina — Di’ qualunque cosa... non importa... Hazel — Sì... Non ero stata mai così felice! H Ci si annoia... E’ triste, stamane. soldato ha capito subito che non stavo male... Ha Zoe — Mio Dio, come è sciocca! riso con me. Ho guardato a traverso la griglia Caterina — Com’è che ti hanno arrestata? per tutta la città... Quando siamo entrati nelle Zoe — Te l’ho già detto. Per poco non mi met­ strade, piangevo a rivedere le case. tevano sotto una delle loro macchine e io tirai Zoe — Doveva essere bello! fuori la lingua... feci un verso... Tornarono indie­ Caterina — Raccontaci tutto... Cosa è successo? tro e mi obbligarono a salire sull’auto... (.Caterina Hazel com’era? ride) Ti assicuro che non c’è niente da ridere. Hazel — Non c’è gran che da dire. Ricordo Caterina — Io trovo che è buffo... Non pren­ che la vettura si è fermata... Ho visto una donna dertela. truccata... aveva un’aria così triste... Elena — Non mancherà molto ormai. Caterina —• Oh, come vorrei essere al suo posto! Hazel (piano) — Ricordati quello che ti ho Hazel •— Non badava alle strade nè agli abiti... detto. a niente. Mi sarebbe piaciuto che avesse fatto dei Elena (piano) — Taci. grandi cenni di saluto... E’ sciocco, no?... Poi sia­ Caterina — Siete tutte molto buone. Questa mo passati quasi davanti a casa mia, nel viale... mattina vi voglio bene... Ma ci sono certi giorni Ho riconosciuto tutto... i negozi, la strada lucente, che non vi posso vedere, che vi detesto. gli alberi... Zoe — Se tu credi invece di essere sempre pia­ Caterina — Sono fioriti gli alberi? cevole! Hazel — Sono già verdi... Niente è cambiato: Caterina — Riconosco che al mattino sono un gli alberi, le strade, le case... Eppure ogni cosa mi po’ nervosa... Quando penso che debbo passare pareva nuova, come se ritornassi da un lungo un’altra di queste giornate divento matta. Mi vien viaggio. caldo a forza di cucire... Guardami: ho le guance Caterina —• Sono stufa di stare fra queste mu­ rosse? ra... Siamo come topi in trappola! Zoe —■ No. Hazel — Sei pronta, Elena? Riposati un po’ Caterina — Sento benissimo che le ho infuo­ mentre aspetti. cate. Debbo essere orribile... Ah, che rabbia non Caterina — E’ tutto quello che hai visto? potersi neppure guardare! Avrei dovuto far di tut­ Hazel —■ Sì! (Elena e Hazel sono sedute accan­ to, durante la perquisizione, per nascondere uno to. Zoe è vicina a Cateriria che ha ripreso a cu­ specchio. cire'). Voce di donna —- Un saluto di Vittorio a Mad­ Caterina -—• Mi piacerebbe vedere le strade e dalena... E’ tornato salvo dall’interrogatorio... Pa­ respirare l’aria... Quando sono entrata in prigione té proseguire il messaggio, per piacere... Un saluto pioveva! Mi piacerebbe essere sotto la pioggia... di Pierre Mouton a suo fratello... Credo che mi metterei nuda per sentirla colare per Caterina — Oh adesso che mi ricordo! «C’è una tutto il corpo... spia in vista! ». Hazel •— Così non va bene, Elena. Sdraiati un Zoe — Cosa vuoi dire? po’. Caterina — Dianzi, la prigioniera che mi ha dato il caffè me l’ha mormorato piano... Lì per lì Elena — Non occupatevi più di me. Sono stanca. non ho neppure capito... E’ strano... Caterina — Per una tazza di cioccolata... Non Hazel — Non ci vedo niente di strano. avevo neppure voglia di uscire quel giorno! Senti, Zoe — E’ un messaggio. Passa per il caffè di Zoe; prendo la tazza... sto per portarla alla bocca... cella in cella e ci avverte tutte. Perchè non l’hai la porta si apre... Una voce dice: «Polizia»... Io detto subito? credetti che fosse qualche invitato che volesse Caterina — Che colpa ne ho? La guardiana ha farci ima burla... Tanto che io mi misi a scher­ chiamato Elena per l’interrogatorio e io me ne zare... Mi voltai e vidi un tale che mi puntava la sono completajmente dimenticata. Oh, come sei rivoltella contro. Allora alzai le braccia. pallida, Elena, ti senti male? Hazel — Avevi paura? Elena — Mi sento benissimo. Caterina — Sì e no, avevo piuttosto l’impres­ Hazel (verso la porta) — Lasciatela stare un sione di essere in un incubo. Pensavo che mi a- momento. Deve prepararsi per l’interrogatorio. vrebfcjero lasciata immediatamente. Quando vidi Non è così buffo come credi tu, Caterina. Quando la vettura che ci attendeva sulla strada cominciai li sentirò arrivare ti avvertirò. a preoccuparmi, ma fu solo entrando in cella che Zoe — Questa Caterina! Vedrete che il giorno capii iche era una cosa seria. Me ne ricorderò, di che la chiameranno non se ne ricorderà più due quella cioccolata! Tu non mi stai mai a sentire minuti dopo! Zoe. A che cosa pensi? Parla un poco. Caterina — Non è poi tanto grave... Non ci sono Zoe — Non ho niente da dire... spie, qui... QUATTRO DONNE

Zoe — Va bene, ma... Zoe — Elena, presto toccherà a te. Al piano di Hazel — Non litigate, Zoe. Quel messaggio non sopra son già passati un minuto fa. (Elena va alla ha nessuna importanza... Fortuna che ci sei tu porta). Caterina, a tenerci allegre... Ma dal giorno che Hazel — Ti senti meglio? sei venuta sei molto cambiata. Elena — Sì, grazie. Hazel. Sto bene truccata Caterina — Mettiti al mio posto... sono invitata così? a bere una tazza di cioccolata e mi ritrovo qui... Zoe — Prima categoria... To’, mi metto a parla­ Voi non avete pianto la prima volta che siete en­ re anch’io come Caterina. trate in cella? Caterina — E’ buffo. Hazel — No! Elena —• Feilchè mi guardi così, Caterina? Caterina — Ti ammiro, Hazel, Sei più forte di Caterina — E’ la prima volta che ti vedo truc­ me. cata. Non sembri più la stessa. Hai gli occhi più Hazel — Proprio così. duri... come quelli di una bestia in trappola. Caterina — E ti invidio davvero... Sei sempre Elena — Ti cederei volentieri il mio posto. così paziente... Si direbbe che non te ne importi Cos’hai contro di me? niente di essere qui... Sei forte... io ho sempre vo­ Hazel — Non ti posso soffrire, Caterina... non glia di lamentarmi invece... Eppure cerco di di­ avremo mai pace con te. In certi momenti non so menticare, di accettare... Come fai, tu, a essere cosa ti farei... tanto coraggiosa? Elena — Aspetta... Non solo lontani... Sento una Hazel —- Non sono più coraggiosa di te, Cate­ porta che si apre... Avete dei messaggi da passare? rina. Ma è tanto tempo che son qui e poi, anche Li trasmetterò agli altri nella vettura. Sbrigatevi... prima, fuori, pensavo già che un giorno mi sa­ vengono... rebbe successo... Non sono una vittima: so perchè Zoe —• Per me dirai: «Zoe sta bene e domanda sono qui. notizie di Lili ». Non dimenticartelo : Lili. Caterina — Tu lo dici per me, perchè io non ho Elena — E tu, Hazel? fatto niente. Hazel — Per me niente, grazie. Hazel — Neppure per sogno. Cosa vai alma­ Elena — E tu, Caterina? naccando? Caterina — Non ho niente da dire, soprattutto Caterina — No, Hazel, hai ragione... Forse è a... proprio perchè non ho fatto nulla che mi manca Elena —■ Eccoli. il coraggio... Se avessi ucciso o rubato, capirei... Hazel — Arrivederci, Elena. (La porta si apre. Zoe, dimmi, i credenti sono più forti degli altri? Una voce dice : « Elena Fattrice ». Elena esce e la Tu devi saperlo. porta si richiude. Hazel passeggia in su e in giù). Zoe — Come sei sciocca! Meglio che chiami Caterina — Oh, alfine respiro... non ne potevo Odilla e le domandi che ore sono. (Zoe sale sino al più... il suo silenzio... quel rimprovero continuo nello tubo della stufa e batte tre colpi contro il soffitto. sguardo... non so chi si crede. Se ne sta là con la Pausa, poi...) Pronto pronto... qui Zoe... Buongior­ sua aria da statua, gli occhi da santa, la bella no, Odilla, stai bene? Come va da voi? Niente di pelliccia... e tanta falsità dentro... nuovo?... Anche Elena aspetta che la vengano a Hazel — Sei gelosa, ecco tutto. prendere... Sì... ritorneranno verso le tre... Di’, Caterina — Gelosa? Io? Sei pazza! Mi disgusta, Odilla, sai dirmi ohe ore sono? Sì, aspetto. non posso più sopportarla... Se ritornerà qui, chie­ Hazel (che ascolta sempre alla porta) —- Atten­ derò di cambiare cella. zione! (Zoe salta, Elena volta la testa di scatto Hazel — Come sono sciocca! Mi sono dimenti­ come avesse paura e la porta si apre bruscamen­ cata di dirlo a Elena. te. La guardiana appare). Zoe — Cosa? La Guardiana — Voi avete parlato... Resterete Hazel — Ieri, ritornando di là, una donna che senza i pacchi... era rinchiusa con me mi ha dato un messaggio ur­ Zoe — Teatro... facevamo il teatro... Compren­ gente da trasmettere. E’ per qualcuno di fuori... deteci, signora... Teatro... Recitavo. Stai attenta alla porta, Caterina. Zoe, aiutami a La Guardiana —- Ho inteso. salire al finestrino. (Caterina sorveglia la porta. Hazel — Oh, come siete ben pettinata questa Zoe aiuta Hazel ad arrivare al finestrino. Hazel mattina... magnifico... Guardate che bei ricciolini urla) Attenzione... Attenzione... Messaggio urgen­ ha sulla fronte... Permanente? tissimo per coloro che saranno liberate... Avvertire La Guardiana — Sì... Ma fate attenzione: la Louise Maucaire, rue Bougie 8, perchè parta im­ prossima volta, cella di punizione! (.Esce. Tutte ri­ mediatamente. E’ in pericolo. Avvertire Louise dono nervosamente, in silenzio. Meno Elena). Maucaire, è in pericolo! E’ in pericolo! E’ in pe­ Zoe — Ho avuto paura. ricolo! (Hazel ricomincia quest’ultima frase e il Hazel — Ci sorvegliava. sipario si chiude verso la metà). MARCEL MOULOUDJI

Caterina — Giulietta, io non posso attendere oltre... Vi ho veduta quest’oggi e sono pazzo di voi! Andiamo, dolcezza, la sera ci nasconde, le mie La stessa scena braccia serreranno la bella Giulietta. del primo atto. Zoe •— Non vi scaldate tanto, Romeo, mia madre potrebbe udirci! (La cella è pulita e in ordine. Zoe è su un pa­ Caterina — E che cosa importa? Cosa impor­ gliericcio; le altre invisibili). tano i vostri genitori, l’odio delle nostre famiglie: Zoe — Dove sei? II tuo nome, che poche ore fa l’amore è al di sopra di tutto... Si può impedire neppure conoscevo, mi è ora necessario più dei a un albero di spuntare? a questa fontana di gor­ battiti del mio cuore. Ah! Ma Iddio che legge nella gogliare? alle stelle di brillare? Si può impedire ai mia anima vedrà la purezza dei miei sentimenti. nostri cuori di legarsi tra loro? Non esitiamo più, L’ho incontrato in chiesa la prima volta. Oh! Pre­ dolcezza degli occhi -miei, ecco la corda... prende­ ghiere, rendetemi la pace dell’anima! tela... Voce di Caterina — Ma non fu alla messa... Zoe — Il mio onore è in gioco. Zoe — Ti prego, Caterina, lasciami fare come Caterina — Io salgo. mi pare... Sento avvicinarsi mia madre. Ah! Con­ Zoe — Ma non è possibile... Caterina, ti dico che vento! Ah! Suore! Presto mi vedrete amare un non si fa così la prima volta. nemico della nostra famiglia. Che situazione! Che Caterina — Talcete, Giulietta! Eccoci riuniti per onta! sempre. Hazel (apparendo da dietro la coperta) ■— Ah! Zoe — Io vorrei... Oh, Romeo! Voi mi uccidete! Piglia mia, la tua ancella mi ha confessato tutto... Caterina —■ Vieni, adorabile creatura, vieni dove Tu hai dunque osato guardare quell’indegno che più nulla esiste... fuggiamo insieme... tu mi hai si chiama Romeo. rapito il cuore. (Caterina afferra Zoe). Zoe — Romeo! Ah! Romeo! Il mio cuore è come Zoe — Basta, Caterina. un’eco che ripete il suo nome. Mamma, non è Caterina — Ah, ah! Piccola, tu vuoi sfuggirmi! colpa mia... Eravamo in chiesa, il mio fazzoletto Ma io ti saprò costringere a darmi la tua bocca. cadde, egli lo raccolse e me lo porse gentilmente. (Caterina ha abbracciato Zoe che si dibatte prima Voce di Caterina — Ma no, Romeo non la in­ ridendo, poi con paura). contrò in chiesa. Zoe — Lasciami. Zoe — Insomma, io lo so meglio di te, Caterina. Caterina — Perchè? L’ho recitata già una volta al patronato. Santo Dio, com’è scocciante! Zoe — Non ho più voglia. Caterina — Ma cosa ti prende? Hazel — Finitela... Andiamo avanti... Tu hai osato avvicinarti a quello sciagurato? Onta su te, Hazel — Ebbene, Zoe, cos’hai? figlia perduta! Quando tuo padre rapprenderà, i Zoe — Non posso sopportare che mi si tocchi... suoi capelli incanutiranno! Ne ho orrore! Zoe — Voi credete, mamma? Lungi da me questo Hazel — Non aver paura, non è un uomo. dolore. Non ci penserò mai più, terrò sempre gli Caterina — Sei un’imbecille, Zoe. Cominciavamo occhi bassi, ve lo prometto. a divertirci e tu hai dovuto sciupare tutto... Oh, ne Hazel — L’infame... profittando della ressa di­ ho fin sopra i capelli di questa vita. nanzi alla porta del Signore, ha tentato di sedurti. Zoe — Non mi piace essere toccata, lo sai. Dormi, bambina, ritorna in te. (Hazel scompare, Caterina — Sarebbe meglio che ti facessi suora, poi torna per sedersi pian piano). tu. (Si siedono, tranne Zoe che volge la schiena al Zoe — Sì, madre mia. Buonasera a voi, buona­ pubblico). sera a nostro padre. Notte, tu hai posato il tuo Voce di donna — Luisina dà il buongiorno a En­ nero coperchio sul giorno e sulle mie follie! rico e domanda notizie... Sta bene e domanda no­ Caterina — Sei pronta? Bada che entro... tizie... Pierre è in buo-na salute... Pierre è in buona Zoe — Ma sì... Oh! Ma cosa fa? Dunque... H salute e spera... giardino è il confidente e la tomba del mio amore Caterina — Pensate che Elena ritornerà alle tre? insensato! Ah! Addio colori amati! Addio Romeo!... Hazel — Ma certamente. Caterina, cosa aspetti a venire? Non so più cosa Zoe — Come è buio, oggi. dire... (Caterina appare e poi scompare ancora). Caterina — Già... avete sentito? Caterina — Ricomincia, per piacere... Hazel — Cosa? Zoe — Ricomincio. Dove siete?... Dove sei tu? Caterina — Ho sbagliato, mi pareva che stessero Dove sei tu? per aprire la porta. (Guarda verso il finestrino) Caterina — E’ Giulietta, la leggiadra, al suo bal­ Guardate là... C’è una testa che spunta dal fine­ cone. Preparate la scala di corda. Ecco, il mio amo­ strino... Con due corna... Vi dico che è un dia­ re! Ho preparato tutto... andiamo, vieni! volo... (Hazel si alza e scuote Caterina che manda Zoe — No, non dobbiamo, Romeo. un grido di terrore). QUATTRO DONNE

Hazel — Come sei nervosa, Caterina. Domanderò Zoe — Non si sente più niente. a Marcella che cosa hanno detto le mie carte. Caterina — Perchè non parla più? Caterina — Dillo anche a noi, dopo. (Hazel va Hazel — Chiamerà ancora. Ha avuto paura. al rubinetto dietro la coperta. Si sentono battere Caterina — Cosa succede? Aiutatemi a salire al tre colpi... Pausa, poi...). finestrino, voglio vedere... Voce di Hazel — Sei tu, Marcella? Salve. E’ Voce di donna (si ode appena da lontano un mor­ Hazel... State bene, lassù? Vorrei saperlo. Dimmi morio incomprensibile) — Chi volete... Chi?... Che cosa hanno detto le carte... Sì, aspetto... Ti ricordi numero? ancora del gioco? Hazel — Sì, chiamano una prigioniera, da fuori. Caterina — Tu, Zoe, ci credi alle carte? Caterina — Voglio salire, aiutami. Hazel, sii Zoe — No! E poi non mi piace sentire parlare buona, aiutami a salire, voglio vedere. (Si sente una di me. voce di donna, indistinta). Caterina —• Anch’io non ci credo, ma quando ri­ Hazel —■ Ma stai zitta... sei snervante... velano qualche fatto, mi impressiono... A me piace Voce di donna (un poco meno lontana, ma an­ sentir parlare di me, invece... anche se non è vero cora difficile a intendere) — Per il 412... Chiamano nulla. Caterina da fuori. Voce di Hazel — Avanti, ti ascolto... (Alle al­ Caterina — E se fosse per noi?... tre) State un po’ attente alla porta. Voce di donna (più vicina ancora, fioca) — Per Caterina (andando verso la porta) — Ma dillo il numero 412... Chiamano Caterina da fuori... anche a noi... Voce della Guardiana (nel corridoio) — Silen­ Voce di Hazel — Zitta... Un uomo biondo che mi zio!... Silenzio!... ama... Un avvocato che mi vuol male... Sì, ti sento Voce di donna (chiaramente) —• 412 da fuori... benissimo... Un uomo bruno che pensa a me... Chiamano Caterina da fuori... Caterina — Vedrai che è una donna fatale anche Caterina —■ Oh! per me! E’ per me... Presto, Zoe, lei.. Non ci sono che uomini nelle sue carte. presto, attenta alla porta... Hazel, aiutami a salire, Voce di Hazel — Cambiamento di situazione... svelta... ti supplico, Hazel... Oh, mio Dio, è per me! Caterina — Vuoi scommettere che lei uscirà? Hazel — Su, svelta... Sbrigati... e quando ti dico di tacere, taci subito. Voce di Hazel — ... Denaro e qualche noia... Un Caterina —■ Sì, sì... (Hazel e Zoe fanno da ap­ viaggio di notte... Non c’era altro, Marcella?... Gra­ poggio a Caterina che arriva al finestrino). zie... Anche Elena è all’interrogatorio. Credo che ritornerà insieme a Marion... Ciao... Bisogna che Hazel — Zoe, alla porta... Se ci sorprende è la cella. stia attenta alla guardiana perchè ci sorveglia... Ciao.... Voce di donna (dall’altra parte della cella) — Per il 412... Chiamano Caterina da fuori... Caterina •— Vedrai che ti libereranno. Caterina — E’ lui! E’ lui! Hazel Quelle carte non mi piacciono... Quel Hazel — Zoe, attenta alla guardiana... Sbrigati, viaggio di notte mi preoccupa un po’... Ma so che Caterina. Marcella dice le stesse cose a tutte; perciò non ha Caterina — E’ così lontano! Oh, mio Dio! Aspet­ molta importanza. tate... Sto cercando... Si vede appena che agita le Caterina — Tu ci lascerai presto, ne sono sicura. braccia... Ma chi è? Oh, avessi gli occhi di Hazel (sembra ascoltare lontano) — Zitta! Ta­ un’aquila... cete! Voce di donna (sempre dall’altra parte della cella) Caterina — Cosa c’è? — 412 da fuori... Chiamano Caterina... Hazel — Niente, mi pareva di sentire qualcosa. Hazel — Parla... ci risponderanno. Caterina — Sarà terribile senza di te, Hazel... Voce di donna (c. s., ma lontana, incomprensi­ Non so proprio come farò a resistere. Con te ci si bile al pubblico) — Per il 412... Chiamano Caterina sente più sicure, sei così forte, tu... da fuori... Hazel — Zitta! Caterina (con voce altissima) — Chi sei?... Son Caterina — Ma cosa c’è? Caterina... Amore mio, ti amo!... Sì... ma tu? Tu Hazel — Aspettate... come stai?... Parla chiaro, non capisco... Mio caro! Una voce di donna — Andate... che cosa volete? Ti amo... Ti amo... (Si ode lontana la voce che sembra un’eco. Le Voce della Guardiana (nel corridoio, ma lon­ parole debbono essere incomprensibili per il pub­ tana) — Silenzio!... Silenzio!... blico. Pausa). Zoe •— Attenzione, viene... Caterina — Chi c’è? Hazel — Aspetta... Hazel — Qualcuno che chiama da fuori. Voce di donna (lontana) ■—• 412 da fuori... Cate­ Caterina — Io non sento... rina da fuori... Hazel — Da qui non si può sentire. Bisognerebbe Voce della Guardiana (lontana) ■— Silenzio!... salire al finestrino. Puni...zione... MARCEL MOULOtfDJI

Zoe (con un gesto) — Avanti... Si è allontanata... Zoe — Chiamano... Non si finisce più, oggi... Caterina — Jean, penso sempre a te... Ti amo... Caterina — Sto attenta io... fate pure. Parla più piano. Non capisco bene... Abbracciali... Hazel —• Pronto... pronto... qui Hazel... Chi è Si, grazie, amore mio... stai attento a te... Non che parla? Tu, Odilla?... Sì, era qui... Hanno chia­ dimenticarmi... Pensami, Jean! mato Caterina da fuori... avete inteso?... (Si volta Voce della Guardiana — Silenzio! verso Caterina) Dice che hai una voce formidabile... Zoe —■ Attenzione... ritorna... Pronto, sì... sento... No, non ha dato nessuna no­ Hazel — Caterina, fai presto per l’amor di Dio, tizia... Speriamo che sia presto, Qdil'la... Ho firmato è pericoloso anche per lui... Possono lanciargli i la deposizione ieri... Spero... Ma con quelli non si cani... sa mai... Chi lo sa... (Rumore di chiave nella porta. Caterina —■ Non parlare più... Attenzione... Vat­ Caterina dice: « Attenzione! ». Nello stesso tempo tene... Ci sono i cani... Attento... Scappa... Corri... Hazel salta giù e si mette a lottare con Zoe, men­ Arrivederci... Vattene, ti supplico... Sì, sì... Pensa­ tre Caterina ride e scherza). mi... A rivederci... a rivederci... (.Si lascia cadere La Guardiana (comparendo) — Parlavate... giù aiutata da Hazel e da Zoe) Jean!... Jean!... Zoe — Ma no, neppure per sogno... Ginnastica. Hazel — Calmati. La Guardiana — Cosa fate? Caterina — L'ho visto bene... si è fermato... Ah! Hazel — Facciamo un po’ dì lotta... (La guar­ mio caro... vorrei... è finito... è finito... è fuggito diana esce) Carogna. Cammina senza fare rumore. dietro gli alberi... Come sono felice... sono proprio Per fortuna ho saltato. felice... Hazel, Hazel... oh, grazie di avermi aiutato... Zoe — Deve sospettare che è da qui che hanno Sono così debole... Oh, avrei voluto dirgli tante parlato fuori. cose.. Ma è successo così improvvisamente... Non Hazel — Sì... Bisogna fare attenzione sino a sta­ sapevo più cosa dire... sera... Ci sta spiando di sicuro. Ebbene, Caterina, Hazel — Ti ha messo il sangue in agitazione... non ti sentiamo più. Sei ancora emozionata? Riposati un po’ Caterina. Caterina — Sì... E’ come se qualche cosa si sia Caterina — Mi sento male, Hazel. staccato da me. Non avrei mai creduto di poter Zoe —• Sdraiati. amare tanto. Deve aver saputo da qualcuno che Hazel — Sei contenta di averlo veduto? Ora fi­ si poteva corrispondere sin qui... E’ più sveglio di nirai con le cattive idee... Eri sciocca a pensare che quanto non credessi. l’avevano arrestato... Voce del ragazzo — Mamma... Voglio tue noti­ Caterina — Temevo per lui. zie... Mamma... Voglio bue notizie... Hazel — Cosa ti ha detto? Hazel — Ricomin-cia. (Si sdraia sul pagliericcio Zoe — Ci farebbe tanto piacere sentirlo! dì Caterina). Caterina — Ha detto che sta bene, che anche i Caterina — E’ buffo, ora che me ne ricordo be­ ne... Aveva al collo la sua sciarpa rossa come 1’ul- miei genitori stanno bene. timo giorno... Lì per lì non l ’ho visto, era così lon­ Hazel — Non ti ha dato notizie di fuori? tano... Sono felice che sia libero! Caterina — No, mi sono dimenticata di chie­ Voce di donna — Compagne... abbiate coraggio! dergliele. Zoe — Credi in Dio, Caterina? Hazel — Anch’io non ci ho pensato... Ecco che Caterina — Io? Non ci ho mai pensato. ti ritorna un po’ di colore. Zoe — Hai detto, se non sbaglio, che il giorno Caterina — Mi sento meglio... Come sono conten­ che uscirai di qui andrai a sposarti in chiesa... ta! Non mi capireste... Sono stupita... Ha gridato: Caterina —• Ah, sì! «E’ Jean!». Ha detto: «Amor mio».,. Ho avuto Zoe — Dunque, credi in Dio. freddo al ventre a udire il suo nome... Che bella Caterina — Purché non l’abbiano arrestato... Ha voce che ha! Quando penso che era lui, laggiù... dovuto correre... Sarebbe stupido! così piccolo... Perchè sono stata così sciocca? Ma Zoe — Ti ho domandato qualcosa... Non te ne era per lui che avevo paura... La voce non mi vo­ ricordi più? leva venir fuori... Caterina — Sono un po’ stanca... Di cosa par­ Zoe — Non voleva venir fuori?... Mi chiedo come lavi? la guardiana non sia venuta... E... dimmi, Cate­ Zoe — Del tuo matrimonio in chiesa. rina... ora tuo... tuo marito, conosce il posto, ormai.. Caterina — Ah sì, l’ho promesso. Caterina — Non voglio che ritorni, è troppo pe­ Zoe — E lo farai? ricoloso... Si farà prendere... Se ci avessi pensato, Caterina — Certo che lo farò... se lo vuole anche glielo avrei gridato... Oh, speriamo che non ritorni! lui... Non posso forzarlo... ma se pensa a me tanto (Tre. colpi sordi battuti al soffitto. Hazel e Zoe come io penso a lui, vorrà... D’altronde il matrimo­ corrono verso l’étagère. Zoe fa da sostegno. Hazel nio non cambierà nulla per noi. arriva al buco della stufa... batte tre colpi: ogni Zoe — Credi in Dio? volta che si mette in ascolto si ode una voce de­ Caterina — Io non so credere in Dio come si formata incomprensibile per U pubblico). fa in chiesa... E poi io non ci penso che quando QUATTRO DONNE succede una disgrazia... Non so se questo si può sono fatta per questo, ma mai io complicherò la chiamare credere in Dio... Di tanto in tanto me mia vita per loro... Perchè ridi? ne preoccupo un po’... E tu, Zoe, tu ci credi? Caterina — Non prendertela... Pensavo a ima Zoe — Sì. cosa buffa. Caterina — Perchè non ti fai suora? Zoe — A che cosa? Avanti, dilla. Non sono per­ Zoe — Tu scherzi sempre su tutto... Non si può malosa come credi. parlare seriamente con te neppure per cinque mi­ Caterina — Ti monti troppo la testa, Zoe. nuti. Zoe — Che cosa vuoi dire con questo? Caterina — Hai detto che non ti piacciono gli Caterina — Ma niente... Che cos’hai? uomini. Zoe — Ne ho abbastanza di sentir sempre par­ Zoe — Tu cambi sempre tutto... Una volta ho lare di uomini. detto soltanto che ero stufa di sentir parlare di Caterina — Tu senti delle voci immaginarie, Zoe. loro continuamente. Niente altro. Io voglio avere Zoe — Dal mattino alla sera, non stai mai zitta... un figlio ed essere libera! Sempre la stessa cosa... A sentire te, si direbbe che Caterina — Bisognerà che tu vada con un uomo sono addirittura cibo... Mi fate nausea... Ne ho che ami. (Zoe ride) Tu credi di poter restare sem­ abbastanza delle tue storie sporche... Non sai pen­ pre sola e di non dover pensare che a te? Vedrai... sare altro che a quello... Che nausea! Non si è mai sempre libere... Hazel (.che ha tenuto gli occhi chiusi durante Zoe — Stare in prigione ti fa diventare senti­ la scena) — Via, via, mia piccola Zoe... mentale... Senti il desiderio di avere un uomo ac­ Zoe ■— Non sono la tua piccola Zoe... Basta, da canto perchè sei rinchiusa. ora non vi seccherò più... (Si mette contro U muro, Caterina — Vuoi dire perchè sono lontana da wltando la schiena al pubblico). lui... Ma io sono certo meno sentimentale di te, nonostante le tue arie da vescovo. Hazel — Tu te la prendi per niente. Zoe — Va bene! Vuol dire che mi sarò sbagliata. Caterina — Lasciala piangere, le farà bene. Non parliamone più. Zoe — Non piango affatto, Caterina. E non mi Caterina — Meglio che tu lo riconosca da sola. va di piangere per farti divertire. Zoe, tu sei più istruita di me, ma ci sono delle cose Hazel — Caterina, Zoe, piantatela... Dio sa come che non puoi capire. siete stupide tutte e due! Zoe — E che tu invece sai? Perchè non ho ancora Voce del ragazzo •— Mamma... Non ho paura, ma conosciuto un uomo? So bene che succederà anche voglio tue notizie... Mamma... dammi tue notizie... a me... Caterina — Scusami, Zoe, anche se ho ragione... Caterina — Ma guardala, Hazel... Abbassa la Non fare la superba, via... (Zoe ritorna) Dio, come testa come si vergognasse. siamo nervose, oggi!... Mi sento i capelli come se Zoe — Può darsi in fondo che un uomo mi piac­ fossero fili elettrici. cia, ma non è una ragione questa perchè debba Hazel ■— Che ore potranno essere? prenderlo sul serio... Potrete prendermi in giro fin Caterina — Non ne ho idea. che vorrete, ma so che non potrei pensare sempre Hazel — Non molto più delle tre, credo. Ho il a lui... Non parlerei sempre di lui, come vedevo fare cuore che mi pesa... Vorrei che Elena fosse ritor­ quando ero fuori... Sono sola e lo sarò sempre, an­ nata... che se amerò un uomo. Zoe — Stamani, prima che partisse per l’interrc- Caterina — Te ne accorgerai! gatorio, non finivi di prenderla in giro... Aveva gli Zoe — In casa mia dicevano così quando avevo occhi rossi come se stesse per piangere... Era molto ragione io... Non ho bisogno di aspettare per sa­ meglio che tu la lasciassi in pace... Sei cattiva! pere che ho ragione. Si può benissimo conoscere Caterina — E cosa le ho detto di male? Volevo tutte quelle cose, anche se non è successo ancora farla ridere. nulla. Gli uomini... Zoe — Ma non ne aveva voglia... pareva invece Caterina — Vorrei sapere perchè abbassi sempre che tu volessi farla arrabbiare... Se fossi stata in la testa quando parli di loro. lei ti avrei dato uno schiaffo. Zoe — Me ne infischio, degli uomini. Ti squa­ Caterina — Allora, se vuoi proprio saperlo, ti drano... Ti guardano... ti scrutano come un paesag­ dirò che l’ho fatto apposta... Ho le mie buone ra­ gio... Li conosco... E i loro pensieri cattivi, quella gioni per non farle tanti complimenti... La vostra loro aria pretenziosa, mi offendono. Elena! Che anima! Che magnifici occhi!... E in­ Caterina — Ma che cosa ti piglia, Zoe? Perchè tanto, lei... allora ne parli? Di solito tu non vuoi neppure sen­ Hazel — Taci, Caterina! tirne parlare da noi! Zoe — Ma lasciala dire... non vedi che ha bi­ Zoe — Perchè non m’interessa... Volevo dire sem­ sogno di dire male di qualcuno! plicemente che non credo di potermi attaccare a Caterina — Non vedere sempre le persone come un uomo... L’accetterò perchè è normale e perchè te, Zoe... Dico solo quello che penso, io... E poi, MARCEL MOULOUDJI parlare un po’ male di qualcuno, ogni tanto, fa Voce del ragazzo — Mamma... sarò bravo, ma bene... voglio notizie... Hazel (dai fondo) ■— Cosa volevi dire, Caterina, Caterina —■ Ah, questa voce... tutto il giorno a poco fa'? sentire queste grida... Trovo che dovrebbero rispon­ Caterina —■ Spiegati, non capisco. dergli, dirgli che sua madre sta bene... che non Voce di donna — Lisetta sta bene e ha corag­ c’è motivo che si dia pensiero... gio... Domanda notizia delle compagne... Pierrette Hazel — Non sono affari nostri... Forse non sa ha coraggio e chiede notizie di Marta... Laura ha neppure lui quello che dice... Forse l’avranno pic­ coraggio e manda un saluto a Ginette... chiato e sarà diventato... Hazel —■ Caterina. Voce del ragazzo —■ Mamma... dammi notizie.. Caterina — Sì... Hazel — Non ho mai sentito un lamento così Voce del ragazzo — Mamma... avrò coraggio, sfibrante... ma dammi notizie... Caterina — Non parliamo più di lui... Faccio Hazel — Tu non dormivi stamani, quando... già fatica a sopportare la sua voce... Ah, sono tri­ Caterina — Cosa vuoi dire? ste... proprio triste. Hazel — ... quando hanno dato le notizie... Men­ Zoe — Dal nord passa subito al sud... Si direbbe tre io parlavo con Elena... che tu guardi' sempre nel vuoto. Qualche volta mi stupisci, Caterina... Hai gli occhi che fanno paura... Caterina — No, non dormivo. Caterina — Perchè? Hazel — Lo pensavo. Quando mi sono voltata verso di te ho avuto la sensazione che tu non dor­ Zoe — Perchè si direbbe che guardino senza ve­ missi. dere... Due occhi da cieca... Caterina — Sì... ed è esattamente quello che Caterina — Non l’ho fatto apposta... M’ero ap­ sento io... pena svegliata... Parlavate così forte, tutte e due, che ho sentito senza volerlo. Hazel —• Sei una ragazza straordinaria, tu... Un’ora fa hai avuto la fortuna di parlare con tuo Zoe — E di che si tratta? Come siete misteriose, mio Dio! marito e invece di essere allegra, eccoti lì che sem­ bri una pietra. Hazel ■—• Oh, è una storia tra Elena e me. Caterina — Una pietra. Lui era là, così vicino... Zoe — Allora scusa se sono indiscreta. Quando ho sentito la sua voce è come mi avessero Hazel —• Caterina, ti prego, dimentica le parole strappato il cuore... Dove sarà ora? Almeno non di stamani... E’ tutto quello che ti chiedo... Ho fi­ gli fosse successo nulla... Non ce la farebbe, lui... ducia in Elena... Oh, sono proprio stanca di non far nulla... Caterina — Non mi riguarda. Voce del ragazzo — Mamma... voglio notizie... Voce di donna — Margherita dà il buongiorno a Zoe — Guardate, il cielo è livido, si direbbe che Adriano... E’ tornata dall’interrogatorio... Morale c’è nebbia... Non fa bello, fuori... A me questo tempo alto... Spera sempre... piace... Ricordo che passeggiavo... le strade pare­ Caterina (canta una canzonetta popolare) — vano dei veli... e le case grige dietro la nebbia... Pròre entende-tu le galop qui passe, Le luci... Non vi piace quando cade la sera? L’âpre aboiement des chiens? Hazel — Non so più quello che mi piace, Zoe. C’est nos messieurs qui s’en vont en chasse, Zoe — Stai male? Gloire aux seigneurs terriens! Hazel — Sono un po’ inquieta... Ci sono dei mo­ Toi, bûcheron, travaille, menti in cui proprio non va. Pour leur gagner du pain, Zoe — L’ora che io preferisco è quando si fa Pense que la marmaille sera... La città si fa azzurra dentro la quiete... La Dans la cabane a faim. , gente passeggia nelle strade... Mi piacerebbe essere Grimpe à l’assaut des hêtres. fuori a passeggiare... C’è una strada, con le vetrine, Frappe l’ormeau noueux, e le persone passano nella luce... poi tornano om­ Pour le souper des maîtres; bre nella nebbia... l’aria sa già della notte che sta Vive les vastes feux! per venire... Sì, è l’ora che preferisco... Pare che Zoe — Canta ancora Caterina. Sono così belle la città entri sotto una stazione. le tue canzoni! Caterina —• E’ quasi sera... Ma che noia!... Le Caterina —• No, oggi non va. giornate sono lunghe, eppure il tempo passa così Hazel — Non vedo l’ora che Elena ci porti no­ in fretta... Almeno mi chiamassero domani... Uscire tizie. un po’... Qui si soffoca... I muri sono pesanti come Caterina — Hazel... piombo... Ma perchè sono così triste? Mi fa così Hazel — Sì?... male il cuore, Hazel. Caterina — Pensi anche tu che io sia cattiva? Hazel — Anche a te? Non so neppure cosa abbia Non avrei dovuto stuzzicarla stamani. da qualche ora. Anche quando parlo sto ad ascol­ Hazel —• Non torniamo più su quell’argomento: tare i rumori nel corridoio... Sto aspettando qual­ è chiuso, te l’ho detto. cosa ed ho paura, anche se non so perchè. QUATTRO DONNE

Zoe — Son successe tante cose, oggi! Siamo Caterina — Non vi aspettavate di vedermi. stanche. Hazel — Armando è appena uscito. Debbo ri­ Hazel — Manca l’aria qui dentro: è questo che chiamarlo? Avete appuntamento con lui? ci rende così irrequiete. (Guardano verso la finestra Caterina — No. Sono venuto per voi, signora. con la stessa idea). Hazel — A che cosa debbo l’onore della vostra Caterina — Potremmo spaccare un vetro. visita? Zoe — E se poi la guardiana se ne accorge? Caterina — Non siete voi Margherita Gautier, Hazel — Diremo che si è rotto durante un bom­ quella che tutti chiamano la Signora dalle camelie? bardamento. (.Caterina va ad ascoltare alla porta. Hazel — Sì... Ma voi chi siete, infine? Zoe si toglie una scarpa) Forza, un colpo secco... Caterina — Sono il padre di Armando. (Zoe colpisce. Rumore di un vetro che si infrange. Hazel — Oh, signore, come sono contenta di co­ Hazel raccoglie i frantumi e li pone sull’étagère. noscervi. Mi ha tanto parlato di voi... Sono pro­ Zoe ripulisce per terra, sotto la finestra. Tutto molto prio confusa di non avervi riconosciuto... E ora rapidamente) Ah! Come fa bene un po’ d’aria che vi vedo siete proprio come vostro figlio vi ha fresca. dipinto ai miei occhi. Caterina — Si respira meglio. Caterina — Ciò che ho da dirvi sarà breve. Zoe — E’ vero... Poco fa ero tutta vuota... Hazel — Sedetevi su quella poltrona, vi prego. Hazel — E’ tardi... Spero che Elena torni prima Caterina — No, grazie. del rancio. Hazel — Volete gradire un rinfresco? Caterina — Cosa si potrebbe fare mentre aspet­ Caterina — Troppo gentile. Ma ho il tempo con­ tiamo? Sai qualche storia, tu, Zoe? tato e verrò al fatto... Sono venuto a dirvi che Zoe — No. Solo quella del nano e dell’uccellino. il vostro ascendente su mio figlio, gli rovinerà l’av­ Ma la sapete già. venire, perciò vi chiedo di lasciarlo. E’ la sua vita Caterina — Hazel, perchè non recitiamo la morte che è in gioco. Mi abbasso a chiedervi di lasciarlo. di Margherita nella « Signora dalle camelie », co­ Non dovrà sapere che sono stato qui... Trovate voi me l’altro giorno? un mezzo per allontanarlo... Voi siete una ragazza Hazel — Ma non ne ho voglia. perduta, troverete le parole giuste che bisogna Zoe •— Ti prego, Hazel, accontentaci. dire anche in un caso come questo. Caterina ■— Ci faresti piacere. Sii buona, Hazel, Hazel — Signore, voi mi chiedete una cosa im­ andiamo... Se la sapessi recitare io, non mi farei possibile! pregare... Avanti, Hazel... Caterina — Vi ricompenserò largamente. Hazel — Poi mi prenderete in giro... Hazel — Ma io, signore, amo vostro figlio! Zoe — No, anzi. Caterina — Come osate, voi che siete chiamata Hazel — Oh Dio, proviamo... Non ne ho voglia, la Signora dalle camelie, voi che le madri addita­ ma non mi va di fare la preziosa... Caterina, tu no alle figlie come il più triste degli esempi... La­ farai il padre... sciatemi sghignazzare... Caterina —■ Volentieri... però non so che cosa Hazel — Lo amo! Armando è tutto per me! Egli devo dire. Quando arriva? è qui, inciso nel mio cuore, dal momento in cui Zoe — Ma non ti ricordi quando entra a chie­ l’ho visto... E’ così bello, con i suoi capelli fini, il dere che si lasci in pace suo figlio? sorriso così puro... Caterina — Va bene... Cominciamo, io intanto Caterina — Non avete il diritto, voi, di usare mi preparo. (Comincia a farsi i pantaloni. Zoe oneste parole... Non voglio udire oltre... E alla sua ride). carriera non ci pensate? Non ve ne ha parlato Hazel — Ecco, lei comincia già a ridere. - lui - perchè è orgoglioso, ma dopo il suo le­ Caterina — Finiscila di scherzare, altrimenti non game con voi, l’alta società francese non vuole ci sì diverte più. (Si nasconde dietro la tenda) Io più riconoscerlo, tutte le porte gli vengono chiuse sto qui dietro. Così busserò, come a teatro... Pron­ dinanzi. Presto sarà povero... Addio, signora! Ma­ to? (Batte tre colpi). ledico il giorno in cui voi... Hazel (con un gran gesto teatrale) — Addio, Hazel — Oh no, non andatevene... Abbiate pietà! mio caro Armando! (Dolcemente) Mio dolce amore. Come posso dirvi quanto io lo ami, a voi, suo pa­ Come sei bello... come mi piace vedere la tua figura dre?... Voi non vedete in me che ima donna e che passa attraverso i raggi del sole... Io so che tu non potete credere che Armando è per me più ti volgerai verso di me tra un minuto e quando della mia stessa vita... quell’uccello sarà più alto, le tue labbra sorride­ Caterina — Vedo che lo amate. Ma se lo amate ranno e tu mi farai un cenno con la mano... così... veramente, lasciatelo. Vado, so che posso contare (Fa un cenno con la mano a un Armando ideale). su di voi. Caterina (comparendo come in pantaloni) —• Hazel — Sì. Signora, buongiorno. Caterina — Grazie. Vado. (Caterina va a sedersi Hazel — Signore! e ascolta. Zoe sorride). MARCEL MOULOUDJI Hazel — Addio, Armando! Ascolta il mio pianto... Luisa — No, non ho fame. Se non vi dispiace Ascolta il suono amaro delle mie lacrime che ca­ vorrei sdraiarmi subito. Sono stanca... Non ho dono... Ah! E’ finita... Lima versa il tuo gelido sonno, ma vorrei stendermi. pianto... Sole, nascondi il tuo sorriso eterno, togli Caterina — Ti senti male? dinanzi ai miei occhi la tua chioma bionda... che Luisa — No, sono stanca. gli alberi, i prati, e il cielo siano come il mio cuo­ Caterina — Beh, allora riposati. re... Che l’aria gravida del mio dolore, si oscuri... Hazel —• Come sono felice, ragazze. Lo sentivo Voce del ragazzo ■— Mamma... non ho paura... ma dammi tue notizie... (Haz&l ha voltato legger­ sin da stamani che sarebbe successo qualcosa. Ne mente la testa dalla parte in cui si ode la voce del avevo il presentimento, ma non credevo che fosse ragazzo). questo! Sono tanto contenta che ho perfino paura! Caterina — Va’ avanti... (Hazel, turbata, ripren­ Però la guardiana non mi ha detto di prendere de a recitare, e poi poco a poco ci si abbandorna). con me la roba... Quando liberano, avvertono. Hazel — La mia felicità è finita... Non vedrò Zoe —■ Vedrai che prima devi andare in tribu­ più l’uomo per il quale il mio cuore ride e piange... nale a firmare qualche carta per poter uscire... Non sentirò più il calore del suo corpo che adoro... Ti faranno ritornare qui a prendere la roba. Non La sua testa sulla mia spalla... il suo occhio e il preoccuparti, ti prepareremo tutto noi... suo cuore che parlano di me... Non potrò più vivere Hazel — Non ho che il cappotto da prendere... senza di te... Senza di te sarò come chiusa in un Non me lo sarei mai aspettato. sotterraneo senza luce... Ne morirò... Già al solo Caterina — Come sei allegra, Hazel! E’ la prima pensare di non rivederti più, la paura entra nel volta che ti vedo così... Sei diventata più bella... mio petto come ima malattia che porta la morte... Hazel — Mi guarderò a casa davanti allo spec­ Ho bisogno di te... Tu sei la mia vita, il mio amore chio... Ho l’impressione di essere invecchiata di e il mio Dio! Rivederti una volta ancora... Pierre... un anno ogni mese... Ma non riesco a crederci... Pierre... Ricordatelo... Non ne posso più... non ne Farò come se non sapessi niente, ad ogni modo... posso più!... (Si abbatte singhiozzando). Forse tra qualche ora potrei rivedere le strade... Caterina •— Hazel, per l’amor di Dio. Tutto ! Zoe —■ Lasciala. Zoe — Come ti agiti, anche tu, sempre tanto Hazel — Non è niente. M’è passata... (Rumore calma. di chiave nella serratura. Caterina e Zoe si met- Hazel — E’ vero. Vorrei muovermi subito... H tooio davanti alla finestra. La porta si apre, la guar­ tempo non passa più pensando che si deve uscire... Venite, voglio abbracciarvi... Poi non ne avrò il diana entra spingendo una nuova prigioniera). tempo. La Guardiana — Hazel Dupuy... Tribunale. Zoe — Hazel, passa dai miei genitori... Sai l’indi­ Hazel — Io? Subito? rizzo. La Guardiana — Sì, tribunale... Hazel Dupuy. Caterina — E non dimenticarti di me. Hazel — Ma come? Vorrei sapere... Mi lasce- Hazel — Domani stesso andrò a portare le vostre ranno? notizie... Ve lo prometto. La Guardiana — Niente sapere. (Richiude la Caterina — Gli dirai che penso a lui continua­ porta). mente. Caterina — Ti libereranno, Hazel. Sono contenta Hazel — Sì. per te! Caterina —■ Sarà così contento di vederti... Dio, Hazel — Non c’era niente contro di me. come gli farai piacere... Picchierai alla porta, lui Zoe — Ti rilasceranno, Hazel... Che fortuna! aprirà e gli dirai: «Vengo da parte di Caterina»... Hazel —■ Buongiorno. Me lo immagino benissimo... Mi piacerebbe vederlo, Luisa (la nuova prigioniera che è rimasta vi­ quando ti aprirà la porta. cino alla porta) — Buongiorno. Zoe — Ed io quando penso che parlerai con i Hazel — Non ho molto tempo. Sono stata chia­ miei genitori... Vedrai come sono gentili... Di’ loro mata. Hai bisogno di qualche cosa? che non è poi così duro, qui: inutile farli stare Luisa -— VI prego, non occupatevi di me. in pena. Hazel —■ Bisogna che faccia presto a vestirmi... Caterina — Gli dirai che lo amo... Stai per es­ Caterina, vuoi metterla al corrente tu? Dille a che sere liberata, Hazel, ci pensi? Quando succederà a ora è il caffè, il pane... Insomma dille ciò che bi­ me, sarà il più bel giorno della mia vita. sogna sapere. Hazel — Ho voglia di ridere... di cantare, di bal­ Caterina — Stasera il letto toccherà a te. lare... E’ come se avessi bevuto... E’ tanto tempo Luisa — Non vale la pena. che aspettavo questo giorno. Zoe — Si fa sempre così... Tocca una volta Caterina — Quando riapriranno quella porta, per uno. potrai correre. Luisa •— Grazie. Zoe —• Come deve essere bello ritrovarsi tutto ad Zoe — Vorresti mangiare qualcosa? un tratto fuori di qui. QUATTRO DONNE

Caterina — Io, se uscissi, mi metterei a correre. Hazel — Aspettate due o tre giorni... Cercherò avrei troppa paura ohe mi venissero dietro per ri­ di mandarvi un messaggio subito dopo il tribunale, quando saprò se sarò libera o no. E’ per mio prendermi. Hazel — Sono proprio contenta, ma mi dispiace marito. per voi. Mi piacerebbe che veniste anche voi, ¡Caterina — Non dirci nulla, Hazel... non ci ri­ con me. guarda. Zoe — E noi che cosa faremo senza di te? Zoe — Vero, Caterina ha ragione... Qualche volta Caterina — Già... ci mancherai tanto, Hazel. si parla senza farci attenzione e poi si hanno delle storie senza saper come. Ce lo hai insegnato pro­ Hazel — Verrà il momento anche per voi. prio tu, Hazel. Caterina — Speriamo. Hazel — Già... avete ragione... Da questa mat­ Hazel — Tu, Zoe, ritornerai a casa e continue­ tina in poi non ho fatto che sciocchezze. Ma infine rai i tuoi studi... E tu Caterina... non importa... Ad ogni modo aspettate qualche Caterina — Oh, io non so più niente... non posso giorno prima di trasmetterlo. più credere. Caterina — Non stare in piedi, Hazel. Ti stan­ Hazel — Sarà bello camminare, fuori... Tu an­ cherai per nulla. drai con lui dovunque... E andrai in chiesa con Hazel ■— Dio, quanto tempo! lui e vi sposerete come hai detto. Voce del ragazzo — Mamma, sarò bravo... tu Caterina — Mi fai ridere, Hazel, e anche male al lo sai... ma voglio tue notizie... Mamma, avrò co­ cuore... Ho paura di restare qui per chissà quanto raggio, ma voglio tue notizie... tempo, o di essere mandata in un campo senza Luisa (si sveglia) — Chi è? poter ritornare... Zoe — Sei stupida a pensare così... Aspettiamo Hazel — Non farci caso. che se ne sia andata a lamentarci... E’ l’ultimo Luisa — Ho creduto che stessero per strozzare giorno che è con noi! qualcuno. Ho avuto paura. Hazel — Ti assicuro che non sarà così diffìcile Hazel — E’ un ragazzo che grida, dall’altra se non ti farai il sangue cattivo... Cerca di essere parte. meno nervosa... Non hai idea come deprima... Pre­ Luisa — Chi hanno chiamato quando sono en­ sto sarai libera e pon penserai più a tutto questo... trata io? Caterina —• Speriamolo, Hazel... Io non potrei Hazel —• Me. Credo che mi abbiano chiamata restare per molto qui dentro, finirei pazza dalla per liberarmi. paura... Ci sono dei giorni in cui sento come si pos­ Luisa — Che fortuna! Sei contenta? sa diventare pazzi... Almeno mi chiamassero all’in­ Hazel —• Puoi immaginartelo! Giorno di festa. terrogatorio. Caterina fai le presentazioni. (Hazel va aiUa porta Hazel — Ecco fatto, son pronta. Quando farete per ascoltare). il pacchetto della mia roba, non metteteci quel po’ Caterina — Ti presento Hazel e Zoe. Io sono Ca­ di roba da mangiare. Dividetela fra voi. Tenetevi terina. (Ridono insieme). anche la mia coperta e le lenzuola... Metteteci solo Luisa — Felicissima. Io sono Luisa. quelle mie quattro cose... Però mi preoccupa il fatto Caterina —■ Ah, Luisa... che non abbia detto di prepararle, la guardiana. Luisa —■ Perchè? Zoe ■— Se lo sarà dimenticato. Lo sai che non si Caterina —• Oh, niente, pensavo a una cosa... interessa di quelle che escono. Quando ti hanno arrestata? Hazel — Già! Ma ora che cosa aspetta? Quanto Luisa — Ma... io non... sarà che è venuta? Sarà un’ora? Dovrebbero ritor­ Zoe — Sei indiscreta, Caterina. Non farci caso, nare... Luisa, Caterina ha sempre voglia di chiacchierare. Zoe — Hai fretta di lasciarci... Ti capisco. Hazel — E non hai un messaggio per fuori, Hazel — Oh credi, non è questo... Solo che co­ anche tu? mincio ad aver paura. Questa attesa mi snerva... Luisa — Te ne sarei grata... molto... Se non ti Se la guardiana fosse al mio posto, capirebbe. Sen­ dispiace dovresti chiedere al signor Montabet, in tite, ho un messaggio da trasmettere, lo manderete rue de Bougie 8, di mandarmi una sottana e una voi... (Si ricorda della nuova prigioniera coricata camicetta, qualcosa... Capirà che è per me. siti letto e le si avvicina) Stai meglio? Caterina — Che è per Luisa Maucaire, non è Zoe — Dorme. vero? Hazel — Quando penso che sono arrivata an­ Luisa — Come fai a saperlo? ch’io, così, come lei... son più di cinque mesi ormai! Caterina — Ah, perchè è vero? Sentite, ecco il messaggio... Direte: «Hazel è uscita Hazel — Tu sei Luisa Maucaire? e abbraccia Pierre». Non dimenticatelo, è molto Caterina — Avevo ragione di avere i miei so­ importante. spetti, Hazel. Zoe — Lo trasmetteremo domani mattina. Luisa — Io non ho fatto nulla. Cosa volete dire? MARCEL MOULOUDJI

Non ho niente a che fare con voi. Non è colpa mia Zoe — Non so come dirtelo... Hazel... se mi hanno cambiato di cella e mi hanno ficcato Hazel — Ma infine! qui... Cosa volete dire? (Tre colpi battuti in alto). Zoe — Come mi dispiace, Hazel! Hazel — Zoe, svelta, rispondi: sarà adilla: Ma­ Caterina — Parla Zoe, per l’amor di Dio... Sei rion deve essere tornata. pallida come una morta... Luisa —• Ma io vorrei saperlo... cosa... cosa ho Hazel — Cosa aspetti, Zoe? Non farmi paura! fatto. Dimmi cosa succede, Zoe! Hazel — Non prendertela. E’ che abbiamo già Zoe — Elena ti ha denunciata... Marion mi ha sentito parlare di te. incaricato di prevenirti. L’ha saputo dal padre stes­ Caterina — Bella roba, quella vostra Elena... so di Elena mentre tornavano nel carrozzone. quando ve lo dicevo io... Ero sicura che avrebbe Hazel — No, non è possibile... Sei sicura di quel­ compromesso qualcuno... La strozzerei... lo che dici? Ma parla, invece di guardarmi a quel Luisa — Chi vi ha parlato di me? modo. Hazel — Non conosci nessuno che si chiami Zoe — Nel carrozzone c’era anche il padre di Elena? (Zoe ha picchiato tre colpi e aspetta). Elena. Luisa — Elena? Una ne conosco, sì... perchè? Hazel — Sì... E cosa ha detto? Caterina — Non è difficile a ca/pire. Questa Ele­ Zoe — Si è messo a gridare che sua figlia aveva na ci ha parlato di voi, stamattina... per certe sue denunciato una prigioniera chiamata Hazel e suo cose personali le hanno chiesto il nome di qual­ marito! Gridava perchè vi avvertissero... (Silenzio). cuno e quella aveva pensato a voi... Se siete qui, è colpa sua. Hazel — Ah! Mio Dio, è colpa mia... Cosa posso fare?... Cosa ho fatto... Ma non può essere vero... Zoe — Pronto... pronto... Qui Zoe... No, non è non può essere possibile... Mio caro!... Mio caro!... ancora tornata... C’è una novità. Ascoltate... Una Zoe — Hazel, calmati! Rifletti prima che ti ven­ bella sorpresa: Hazel sta per essere rilasciata... gano a prendere... 'L’hanno chiamata... La sua questione è chiusa già sin da ieri... Non hanno trovato nulla contro di Caterina — Forse è possibile rimediare... lei... Se l’hanno chiamata è per rilasciarla... Datele Hazel — Rimediare? Ma è finita!... Capite quel­ indirizzi e messaggi... lo che ha fatto? Ah! Se l’avessi un attimo nelle Luisa —- Elena, eh sì... la conosco... E cosa ha mani; con le unghie le farei uscire la lingua di detto? bocca! Vorrei vederla crepare in un angolo... Mi ha Hazel — Zoe... fatto parlare ed io le ho consegnato mio marito... Ma perchè tutto questo? Perchè ho parlato? Pier­ Zoe (al tubo) — Aspettate un attimo! (A Hazel) Cosa? re... Pierre... E’ terribile! Cosa gli faranno ora? Se potessi essere accanto a te! Lo porteranno lontano... Hazel — Di’ che manderò qualcuno a fare le Vorrei che mi scoppiasse la testa... che le mie la­ visite. Io potrei essere pedinata quando esco di crime fossero sangue... Vorrei piangere, sino a mo­ casa e non voglio fare sciocchezze... Di’ che le ab­ rire... braccio. Caterina — Hazel, per l’amor di Dio... Hazel, Zoe — Ci sei Odilla? (A Hazel) Zitta, Hazel. (A calmati... Odilla) Come? Sì, aspetto... Fai presto... Zoe — Lasciala stare. Luisa — Ebbene... Caterina -— Avrà mandato un messaggio a tuo Hazel — Cosa succede? marito per avvertirlo. Zoe — Non lo so. Marion è ritornata... Ha un Hazel — Dove sei? Io ho tanto bisogno di te... messaggio per te... Tu sapessi, dopo questi mesi eterni... E resistere Hazel — Che si sbrighi; la guardiana sarà qui tanto per arrivare a questo... per colpa mia... Cosa da un momento all’altro. (Tre colpi battono in alto posso fare? Non voglio che sia lui a scontare... La­ alla fine della frase). sciatelo... Non voglio che lo tocchino ancora... Lo Caterina — Quando lo dicevo io, Hazel, voi non hanno già picchiato abbastanza... Il tuo sorriso sen­ volevate credere... za denti... Il tuo bel sorriso... Ah, mio Dio, che cosa Hazel — Hai ragione, Caterina... Zitta... è successo! Che cosa ho fatto! Zoe — Pronto... Pronto... Ascolto, sì... Qui Zoe.., Voce del ragazzo — Mamma... Sarò bravo, ma Ciao, Marion... Spicciati, la guardiana sta per ve­ voglio tue notizie... Mamma... voglio tue notizie! nire... Ma sei pazza, Marion! Una voce — Piantala! Hazel — Cos’ha detto? Hazel — Mi scoppia la testa! Zoe —• Sì, ho capito. E da chi lo hai saputo tu? Caterina — Oh, povera Hazel! E credi che sia vero? Hazel — Non sono da compiangere... E’ per col­ Hazel — Zoe... Zoe... pa mia... E poi non piangere! Non posso soppor­ Zoe — Sì, glielo dico subito... Ciao... tare le tue lacrime! Caterina — Allora cosa c’è? Caterina — Io non voglio piangere. Hazel — Hai un viso da funerale. Hazel — Non fate caso a me. QUATTRO DONNE

Caterina — Ma cosa faranno ora? Hazel — Non mi importa sapere se mi uccide­ ranno e come mi uccideranno... Il supplizio più atroce è di non sapere se lui è vivo o è morto. Ora La stessa scena non temo più per la mia vita. Dio, come tutto è degli altri atti. crollato di colpo... Colpa mia... Non mi sarei mai (E’ la fine del giorno. La cella è oscura. I pa­ aspettata una cosa simile da lei... Mai avrei cre­ gliericci sono sistemati per la notte. Zoe è sdraiata. duto che potesse ripetere queste cose... Ah, come Caterina cuce. Hazel è alla finestra. Zoe e Caterina sono stupida! parlano sottovoce). Voce del ragazzo — Mamma... mamma... Voglio Voce di donna — Adriana è tornata dall’interro- tue notizie... gatorio e manda un saluto ai suoi amici... Morale Voce di donna — Attenzione... Messaggio impor­ alto... Spera sempre... Roberto invia baci a Yvon- tante... Attenzione... Messaggio importante... Diffi­ ne... Buona salute e morale alto... Attenzione... date... C’è una spia... (Luisa si alza, guarda le al­ Messaggio importante... Diffidate, c’è una spia nei tre e va verso la porla. Nello stesso momento rumo­ dintorni... re della chiave nella serratura). Caterina — Hazel... Hazel... Stai meglio? Hazel —• Tocca a me... Arrivederci... (La porta si Zoe — Non disturbarla. apre e la guardiana appare). Caterina — Poveretta! Che ora può essere? Vor­ La Guardiana — Luisa Maucaire, presto, in tri­ rei che quella donna cantasse anche stasera. Di bunale... (La porta si richiude dietro Luisa). solito a quest’ora canta. O forse sarà all’interro- Zoe — Forse verranno a prenderti domani. gatorio... Chi lo sa? Ti ricordi l’aria tu, Zoe? Voce del ragazzo — Mamma... voglio tue noti­ Zoe —- No. zie... Mamma... non ho paura, lo sai, ma voglio Caterina — Peccato... Io ho molto orecchio per tue notizie... la musica... Mi piacerebbe avere una bella voce Una voce — Crepa! come lei... Una voce che mette malinconia... Deb­ Altra voce — Te la chiuderanno la bocca... La­ bono sentirla dovunque.... E dove sarà il mio amo­ sciaci in pace. re? Come deve essere contento! Se fosse potuto Caterina — Hazel... entrare sin qui nella cella, l’avremmo nascosto, Hazel — Un momento... Infine cosa ha potuto vero, Zoe?... Cos’hai, Zoe, che non ti sento più? dire?... Che mio marito è qui, sì... Ah, ora capisco... E’ peggio di una tomba, qui... Caterina — Hai un’idea? Zoe — Ti ascolto. Caterina — Smetto perchè non ci vedo più... Ho Hazel — Sì, capisco... Ma non sanno chi è mio le mani di ghiaccio... E le guance che scottano... marito... Quella maledetta non ha potuto dire chi E’ perchè sono debole... Non come mia madre: a è, perchè è qui sotto un nome falso... Non hanno volte mia madre cuce tutta la notte sino alla mat­ la sua fotografia... ho bruciato tutto da tanto tem­ tina... Rammenda la biancheria ohe è un amore. po... Non conoscono che il suo nome vero... Ecco... Non si distingue più dove sia il rammendo... E sai Ora sanno da lei che è qui ma non sanno chi sia... perchè? Perchè invece di adoperare il filo, adopera Solo io lo so... i suoi capelli... Ah! Zoe... Zoe... rispondimi, mi an­ Caterina — Hazel! Hazel! Ma cosa faranno a te noio... E’ come se fossi sola... per saperlo? Voce del ragazzo — Mamma... non ho paura... Hazel — Cosa mi faranno? Lo sai bene... Pier­ Avrò coraggio... re... Pierre, dammi un po’ di coraggio! Zoe — Sì. Caterina — Dio, Hazel, sto male! Non è possi­ Caterina — Quando ero piccola, sognavo che a bile... forza di strapparsi i capelli la mamma rimaneva Zoe — Ma taci! Lasciamola riposare. tutta calva... Ah! Comincia proprio a farsi buio... Hazel — No, no... restate accanto a me. Cate­ Com’è lungo aspettare, aspettare sempre... Zoe. rina non piangere, non sono da compiangere. E’ guarda là, in alto, alla finestra!... Zoe, stammi un tutta colpa mia. Ho parlato senza fare attenzione... poco vicino... Zoe... Zoe — Ma stai calma; due minuti almeno! Zoe — Sì... Caterina — Zoe... Hazel •— Cosa fecero a Marcella? Zoe — Sì... Zoe — Non pensarci. Caterina — Ho paura... E’ così buio... Zoe — Ma di che cosa hai paura? Hazel — La picchiarono a lungo, a lungo e poi... Caterina — Di nulla... Caterina —• Hazel, taci! Zoe — Bene, allora stai zitta! Voce del ragazzo — Mamma... dammi tue no­ Caterina — Non posso stare senza parlare, Zoe: tizie... sarò bravo... ma voglio tue notizie... ho paura dei fantasmi... Ho paura di quella male­ Hazel — Oh, Dio... Almeno m’ammazzassero su­ detta finestra. bito! Zoe — Sta’ tranquilla son qui io, accanto a te. MARCEL MOULOUDJI

Caterina — Sì, Zoe. Fortuna che tu sei qui... se che... Perchè non mi sono venuti più a prendere? fossi sola! Avrei tanta paura che non mi trovereb­ La guardiana avrebbe dovuto venirmi a prendere bero più. Ho terrore della notte... Zoe, senti?... I già da tanto tempo... E ora è troppo tardi, spero... passi nel corridoio... Li senti? Cosa sono questi Qualcosa è successo. Ma che cosa? che cosa? passi? Caterina — Hai trovato qualcosa a proposito di Zoe — Non è niente, ti sbagli. Elena? Caterina — E io li sento. Sono le pantofole del­ Hazel — No... la guardiana? Voce di donna — Un saluto di Francesco agli Zoe — Da quando sei venuta, hai fatto diven­ amici... Fate continuare il messaggio, per piacere. tare paurosa anche me. Finiscila di farmi sudare Hazel — La guardiana mi ha chiamato... Quella freddo con i tuoi fantasmi e il tuo rumore di pas­ Luisa è entrata... Che cosa è successo nel frattempo? si... Dormi. Voce del ragazzo — Mamma... Mamma... dammi Caterina — Sei cattiva, Zoe! Io, anche se de­ tue notizie... bole, ho cercato di essere gentile con te per tutto Hazel — Caterina, quand’è che ci hai parlato di il giorno, ed ecco come mi ripaghi. quel messaggio «C’è ima spia...». Zoe — Bene, scusami, Caterina. Ma lasciamo Caterina — Non lo so proprio. riposare Hazel, ora. Zoe — Neppure io mi ricordo. Perchè? Caterina — Sì... No. Non posso, veramente non Hazel — Cerca di ricordarti... qualcosa mi ave­ posso... e non per colpa mia... Questo silenzio... va colpito, ma che -cosa?! Ho la testa così pesan­ Perchè non si muove? Chiamala, Zoe... non bisogna te... Ma è più avanti... più avanti... La porta si lasciarla sola. Hazel, Hazel... possiamo parlare apre... La guardiana chiama Luisa Maueaire... Sì, senza disturbarti? Vedi, che non sente? Possiamo e Luisa era già vicina alla porta... No, non è al­ parlare piano. lora: prima... Ora mi ricordo... Ma no... Tu non Zoe — Cos’hai da dire? hai notato niente, Zoe?... Sono completamente vuo­ Caterina — Ma niente... Vorrei solo parlare... ta... Ho guardato Luisa Maueaire... e Luisa Mau- Possiamo parlare tutte e due senza disturbarla. caire mi ha guardato... Caterina, non è a questo Zoe — Meglio lasciarla un po’ in pace. punto che avete parlato del messaggio?... No, con­ Caterina — Come l’hai trovata, tu? fondo... Ma tanto non conoscono il suo nome fal­ Zoe — Chi? so... Questo è quello che importa. Caterina —• La nuova venuta! Luisa. Ha un’aria Caterina — E che cosa farai, Hazel? strana... Non mi va troppo quella ragazza... Stringe Hazel —• Che cosa? E cosa vuoi che faccia? la mano in modo poco simpatico... poco leale... Io .Aspetto... Verranno a prendermi durante la not­ non mi fiderei troppo di lei... E poi, è curioso che te... a meno che... Oh, ed io avevo tanta fiducia l’abbiano messa qui con noi, nella stessa cella di di... Come ho potuto sbagliarmi sino a questo Elena... punto?... Perchè ho parlato? Merito la morte, co­ Zoe — Me lo racconterai domani. Per oggi ba­ me lei. Mi battano pure... mi tormentino pure... sta con la maldicenza, Caterina. Urlerò di dolore, con gioia... ma lui, lui no. Caterina — Come sei stupida! Non si può mai Caterina — Ali, ma se quella maledetta ritorna! essere sincere con te... Maldicenza... Non tornerà più, lo so... Sa cosa l’aspetterebbe... Zoe — Bene, allora stai zitta. Avrà chiesto di cambiar cella... Ma io ve lo dicevo, Caterina (forte) —■ No! (Di nuovo sussurrando) io ve l’ho detto sempre... Elena è bella, in appa­ Non mi piace il silenzio... Non posso stare senza renza... Io ho sempre diffidato di lei. parlare nè muovermi tutto il giorno, io! Non sono Hazel — Taci! non vaglio più sentire il suo nome. mi sasso... Tu vorresti tutte sorde e mute... Sei im­ Caterina — Hazel, ascolta... Come, non sentite possibile, tu; sei un’ipocrita! Si vede che non sei fuori?... E’ Elena! Riconosco il passo... infelice, tu! Credi forse di aiutare così Hazel a Hazel —■ Elena? cavarsela? Caterina — Ma sì, eccola, eccola, vedrete! Zoe — Non mi seccare! Hazel — Zitte... Caterina, se è veramente lei Voce del ragazzo — Mamma... dammi tue noti­ vi chiedo di rimanere in silenzio... inteso?... Ca­ zie, mamma... avrò coraggio... pirà, allora... e parlerà. Caterina — No, Zoe, no... Resta accanto a me... Caterina — Eccola... silenzio! (Rumore della Ti chiedo scusa, davvero... Zoe, rimani qui... altri­ chiave nella serratura. La guardiana appare. Elena menti mi metterò a gridare... Mi sento male... entra. La porta si richiude). tanto sola... Elena —■ Buona sera... E’ tardi... Non riesco a Zoe -— Non ne posso più... non sono più libera vedere più nulla. Dio, non vedo più nulla... Nel cor­ neppure di muovermi... ridoio c’è tanta luce e qui fa così buio, sono come Hazel — Cosa c’è? cieca. Hazel, dove sei? Zoe — Niente... Non farci caso, stiamo litigando Voce del ragazzo — Mamma... mamma... Dammi un po’, per passare il tempo. tue notizie... Caterina — Stai un po’ meglio Hazel? Elena — Sono contenta di essere qui. Non ne Hazel — Stavo pensando a qualcosa... Ma non potevo più dalla fatica... Dormi Hazel? Oh, sei capisco... E’ successo qualcosa, ho la sensazione tu... Dio, perchè mi guardate così? Rispondete... QUATTRO DONNE

Perchè mi guardate in quel modo? E’ uno scherzo? morsa le labbra a sangue... Sono uscita... Mio pa­ Se non fossi già per metà morta mi farebbero pau­ dre non c’era più... I soldati avevano fatto alzare ra, questa sera, quelle vostre teste... sembrano quel­ la donna... aveva un po’ di sangue alla bocca- le dei giudici... Smettete, vi prego... Non volete anche lei... Quel silenzio... Non ne posso più, sono parlare? Hazel, Zoe, rispondetemi, cosa vi prende? sfinita... Non posso nepipur piangere... Hazel, tu Non ne posso più, sono come morta e volete farmi hai ucciso qualcosa in me... Non lo dimenticherò paura... Cosa vuol dire quel sorriso, Caterina? Mi mai... mi restava così poco... e tu mi hai tolto an­ vergogno di voi... Per pietà, rispondetemi... O sono che quel poco... Questa mattina io ti ho parlato, in un incubo? Ma mi sento parlare, so che mi in non volevo dirti quello che avevo pensato, ma l’ho tendete, allora perchè non rispondete? Cosa è suc­ fatto... Ho capito subito però che avevo torto a cesso? Per tutta la giornata mi sono sentita così farlo, dal momento stesso in cui ho aperto bocca... misera, non riuscivo più neppure ad avere pietà Ci sono cose che si debbono tener solo per sè, di me stessa, non avevo neppure la forza di pian­ specialmente in prigione... Ma tu non puoi capire gere ancora... Vengo qui, desideravo trovarmi tra in quale solitudine ero caduta questa mattina... Io voi, accanto a tutte voi... Siete spietate! Fucile­ mi sono messa nuda dinanzi a te e tu non hai ranno mio padre, capite!... Hazel... con quel viso avuto fiducia perchè hai intravisto qualcosa di freddo... E tu, Zoe? Tu, Caterina, sapevo che eri sporco... E’ così, non è vero? E tu, Caterina, tu cattiva, ma non sino a questo punto... Non volete ascoltavi, no? ora lo so... Avete potuto credere dun­ parlare con me?... Ma cosa vi ho fatto? Cosa vi è que che io avrei fatto... Ma è proprio perchè ti ho successo? Non dimenticherò mai più i vostri visi... ascoltato, Hazel, che non ho detto niente... Non Sono orribili... Mi fanno orrore... Niente potrà giu­ ti chiedevo che un poco 'di generosità. Ho avuto stificare la vostra crudeltà... Hazel, questa mattina torto... Vuol dire che ho parlato ad un’altra per­ sono arrivata nel corridoio... C’era mio padre... mio sona... Non ti riconosco più, Hazel... Non mi sen­ padre era già là, come avevi detto tu... Per terra... ti? Ma parla, se hai qualcosa contro di me, dilla!... un po’ più in là giaceva una donna... Era guardata Cosa vi ho fatto?... Non volete parlare?... Pazze, da due soldati... Sono rimasta accanto a mio pa­ pazze tutte quante... Con le vostre facce di pietra... dre... a un metro forse... Era come un estraneo, Quell’aria da ispettori... Avanti, ditelo dunque... con me... Non ha voluto rivolgermi la parola... Non ditelo, che il vostro silenzio mi soffoca! (Si stende puoi sapere come ho sofferto... Gli ho detto che sul letto). era condannato a morte per causa mia... Tutto gli Caterina — H letto è riservato a Luisa Mau- ho detto, perchè comprendesse... Mi ha ascoltato caire. senza il minimo gesto, come voi... Parlavo... parlavo Elena — Cosa? Non scherzare, Caterina! Ti ho senza pensare... volevo dimostrargli che ero pronta detto in che stato sono, non cominciare con i tuoi a fare qualunque cosa per lui, ma lui capiva ohe scherzi... Sei contenta, eh? Oh, lo sento benissimo... tutto quello che io dicevo era falso... Mi guardava Ridi... ridi, dunque... Siete così felici! e non diceva una parola... Non potevo più soppor­ Hazel •—• Sei una canaglia! tare il suo sguardo, perchè mentivo... Ha già gli Elena ■— Hazel! Perchè mi insulti? occhi senza vita, come i vecchi che sanno e aspet­ Hazel — Sono calma, Elena! Meglio per te non tano di morire... Gli ho parlato di te... Mi ascolti, essere ritornata che a sera... Ti avrei fatta a pezzi, Hazel?... Gli ho detto che conoscevo una prigio­ tanto ti odiavo... Tu mi hai denunciata, e hai de­ niera che mi aveva aiutato... Gli ho raccontato la nunciato mio marito e anche quella povera Luisa tua storia, gli ho anche mentito un poco... Non so Maucaire... che è qui, nella nostra stessa cella... neppure più quello che gli ho detto di preciso... Sappiamo tutto, abbiamo saputo tutto oggi... Avan­ Tutto era così assurdo, ora me ne rendo conto... ti, continua... hai cominciato, puoi continuare. Volevo solo parlare, parlare, non importa di cosa... Voce del ragazzo — Mamma... dammi tue no­ Come sono stanca... Siete terribili! Cosa vi ho fatto? tizie... Mamma, avrò coraggio, ma dammi tue no­ Avevo tanto bisogno di voi... Non ha parlato mai... tizie... non ha detto una sola parola... Poi son venuti a Hazel —• Non hai neppure il coraggio di con­ prendermi, mi hanno fatto entrare nell’ufficio del­ fessarti... Che cosa hai detto? Non ti toccherò, non l’ispettore... Pensavo a te. ti farò niente, te lo prometto... dimenticherò... di­ Hazel... quegli uffici... l’ispet- Voce di donna menticheremo tutto quello che hai fatto, ma par­ tore dettava a voce alta una _Marcello è tor- la... Bisogna che cerchi di salvarci... Avanti, dim­ lista di gente da arrestare, e nato dal tribuna- mi cosa hai detto all’ispettore. la dattilografa batteva a mac- le> e saluta j com_ Zoe — Parla, Elena, difenditi se puoi, hai un’a­ china... Io stavo davanti alla pagni Baci a Do_ ria così colpevole... scrivania, egli mi guardava loreg_ Coraggi0; Elena — Ti ascolto, Hazel, ti ascolto, ma non con un sorriso!... parlava svel­ capisco... tu credi a questa storia?... Mi hai schiac­ to e sorrideva... Dettava nomi, compagne, ciata... Non posso dirti più nulla. indirizzi; la dattilografa è Voce del ragaz- Caterina — Credi forse di commuoverci con le uscita. Io sono rimasta in 20 — Mamma... tue lacrime? piedi. Ho detto che non co- Mamma... voglio Elena — Falla tacere, te ne supplico!... Falla ta­ noscevo nessuno... Mi sono tue notizie... cere, Hazel, tanto non saprà nulla da me. Tu, MARCEL MOULOUDJI

Hazel, apri gli occhi, sei in errore... Io non'so e Caterina — Ah, tu la prendi ancora per una non voglio sapere come è successo... Mio padre, te piccola santa! Ti aspetti ancora qualcosa da lei, l’ho già detto, sarà fucilato... Mio padre! Sarà fu­ Zoe? Vuoi che denunci anche te dopo averti car­ cilato per colpia mia... Non ne posso più, non ne pito qualche confidenza? posso più... Lasciatemi in pace... vi sbagliate... e Zoe — Dimmi, Caterina, quanti giorni sei sta­ non mi interessa... Vi domando solo di avere un ta nell’ufficio matricola o altrove, subito dopo il po’ di pietà... tuo arresto? Hazel — Riconosci almeno quello che hai fatto, Caterina — Non capisco. Elena: inutile recitare la commedia a noi... Spie­ Zoe — Sì... quanto tempo è passato dal tuo ar­ gati, piuttosto. resto sino al tuo ingresso in questa cella? Elena — Finitela di torturarmi... Difendermi, Voce di donna — Messaggio importante per Vit­ io? Me ne infischio io, me ne infischio di morire... torio da parte di Pierrette... Parto e ti abbraccio ho sete di morire... ma non ti riconosco più, Hazel, forte... Buona salute, morale alto... te l’ho già detto e te lo ripeto. Caterina — Un giorno. Caterina — Allora, secondo te, anche l’arresto Zoe — E tu, Hazel? di Luisa Maueaire è una coincidenza? Hazel — Due giorni. Elena — Avete inventato quella storia per tor­ Zoe — Mi hanno arrestata nelle prime ore del turarmi. pomeriggio e non sono entrata in cella che il gior­ Hazel — Come sei vile, Elena... Credevo che lo no dopo... Come si può dire che questa Luisa Mau­ avessi fatto per tuo padre, ma ora capisco di più... caire sia stata denunciata da Elena stamani? Mi Non è per debolezza, non per denaro che ti hanno capisci, Hazel? Viene arrestata in mattinata e vinta... Sei tu stessa che ti sei data a loro, per non passa nè alla matricola nè altrove e la por­ far male... Non si tratta più di quello che hai tano qui direttamente, nella stessa cella di chi fatto, ma di quello che potevi fare... Bastava che l’ha denunciata... Non è possibile, via, riflettiamo, mi avessi avvertita del male che ci avevi fatto... Hazel... Se l’avessero arrestata stamani, l’avreb­ Ma invece tante lacrime, tante finzioni, tutta quel­ bero tenuta giù almeno un giorno. E poi credi la disperazione! Ti detesto... sei orribile... Ti con­ che l’avrebbero messa nella stessa cella di Elena? cedo sino a domani per parlarmi... Domani io an­ No, non ci credo. drò in tribunale. E anche se non mi porteranno Caterina — Questo prova, se mai, che l’aveva più in questa cella, ti ritroverò lo stesso. denunciata prima, durante l’altro interrogatorio. Voce di donna — Un saluto di Luigi ad Andrea... Zoe — Il tuo discorso non sta in piedi, Caterina. Morale alto... Ritornato dairinterrogatorio... Co­ Caterina — Anzi, ora che mi ricordo... prima raggio... Ginevra saluta Francesco. Domanda sem­ di essere chiamata per andare in tribunale, Lui­ pre notizie. I compagni rispondano se possibile... sa Maucaire ha detto : « Non è colpa mia se mi Voce del ragazzo — Mamma... dammi... dammi hanno cambiato di cella»... Se cerchi di difen­ tue notizie... Non ho paura... Avrò coraggio... dere quella delinquente, sbagli... Faresti meglio a Hazel — Ti ritroverò qualunque cosa succeda, pregare per lei. qualunque cosa possa succedermi. Zoe —■ E’ assurdo, Hazel... riconosci che hai fat­ Caterina — Là sopra ci sono dei pezzi di vetro... to troppo presto ad accusarla. ci si potrebbe ferire, questa notte... Voce di donna — Un saluto di Adriana a Fran­ Zoe — Caterina! cesco... Sempre morale alto... Si chiedono notizie Caterina — Cosa? di Margherita Mouriez... E’ urgente... Fate prose­ Zoe — Tu sei... Tu non hai il diritto... (Mentre guire il messaggio per piacere. Zoe parla, Elena si è alzata per prendere un pezzo Hazel — Capisco che vuoi difenderla, Zoe... di- vetro, poi si è coricata di nuovo) Ah, mi fai or­ ma io non vedo la cosa come te... Se anche l’ar­ rore, tu... sei ubriaca di parole, di fantasmi, di rivo di Luisa Maucaire fosse ima pura coinciden­ paura... Non hai il diritto di giudicare Elena, tu... za, questo non cancella il resto... E poi è a te ohe Te lo proibisco... Tutta quella storia non ci ri­ Marion ha detto la cosa... « Il padre di Elena ac­ guarda... Tu ti ubriachi dell’infelicità degli altri... cusa sua figlia di denunciare una compagna chia­ La gelosia non ti dà pace... mata Hazel e suo marito »... Ha detto così Marion, Caterina — Zoe taci, diventi pazza anche tu? no? Non è chiaro, questo? Zoe — E’ da questa mattina che ti ascolto. Non Zoe — Ma non gridare, Hazel! mi sbaglio, Caterina... è il solo motivo che ti Hazel — « Il padre di Elena accusa sua figlia spinge in questa... Hazel, sono fuori di me, non di aver denunciato una compagna chiamata Ha­ capisco più... bisogna che parli, sto male... Invece zel, insieme a suo marito..!». Sei nella luna o in di cercare di chiarire le cose non hai fatto che per- questa cella per aver ancora dei dubbi? Io non dertiei di più, Hazel. Voglio aver fiducia in Elena. sono diventata pazza, per ora. io, sino alla fine. Non sappiamo di lei, che quello Elena — Marion ha detto questo? che ci ha detto Marion... Non dimenticarlo. Hazel — Sì, tornando' dairinterrogatorio, nel QUATTRO DONNE carrozzone... Dunque vedi che è inutile, Elena... gola così secca ohe non potrei neppure bere... Parla, ■ non continuare a negare. Che -giornata, Hazel... Hazel, muoio, parla... Elena — Non mi crederesti, Hazel... Ero perdu­ Caterina (sospirando) — Ah, questa voce! Que­ ta... Non sapevo più cosa inventare per dargli un sta voce... poco di speranza... Ho parlato di te, improvvisa­ Zoe (si alza) — Non verranno più. mente... Gli avevo appena raccontato la tua sto­ Hazel — Chi è? Ah, sei tu, Zoe... Mi hai fatto ria e gli ho detto anche quello che mi aveva pro­ paura... Ho creduto che fossero qui per prender­ posto l’ispettore... Gliel’ho detto... che avrei fatto mi... Vai a letto, Zoe, dormi. (Zoe si corica). qualunque cosa per lui... « Darò Hazel e suo ma­ Voce del ragazzo (debole) — Mamma non ho rito per la tua vita»... Sì, l’ho detto... Era falso... paura... Voglio tue notizie... Non ho paura... Sarò sono debole... è vero, ma volevo che mi dicesse al­ bravo... Ma voglio tue notizie... meno una parola... Mi vergognavo, Hazel, ma non Una voce —■ Piantala!... Vogliamo dormire!... sapevo cosa fare per strappargli almeno una pa­ Elena — Freddo, silenzio, vuoto... Smettete di rola di addio...Ecco... Mio padre l’ha creduto, dav­ camminare... guardatele... dietro le sbarre... le te­ vero... Perchè ha gridato?... Non cercare altro, ste degli uomini, imbrattate di sangue... Hazel, te lo ripeto: ero perduta, ero pazza... Ec­ Caterina (sospirando) ■—• Hazel, falla tacere. co tutto. Elena — ... finita... Ecco, sto sprofondando in Hazel — Mi prendi forse per un’imbecille, di’? Come puoi raccontarmi delle stupidaggini simili? un cielo pieno di stelle... Hazel... Dove sei? (Cate­ £e non mi trattenessi ti sbatterei la testa contro rina sospira). il muro per farti gridare come una bestia... Avan­ Hazel — Ci sono delle luci laggiù. Si scorgono ti, confessa... Poi sei entrata dall’ispettore, hai appena... Come è buio! E’ l’ora in cui la cella si fatto il mio nome e hai dato le informazioni che muove e se ne va nella notte... E’ l’ora in cui si sapevi. va a mangiare, fuori. E’ l’ora... Egli esce sulla Caterina — Rispondi, maledetta che non sei strada guardando dritto avanti a sè, senza veder nulla... Pierre... Pierre, sono accanto a te... Tu altro... sai che penso a te... Ho sempre pensato a te. U- Hazel — E va bene, Elena: abbiamo tempo sino sciamo, ti seguo... Fa così buio! Non ci sarà allar­ all’alba... Tu, Caterina, vai a letto e stai tranquilla. me questa sera, non ci sono le stelle... Egli volta a Zoe — Meglio che nasconda questi vetri nel mio destra... Ti ricordi, Pierre, una volta, le piccole pagliericcio... (Caterina si corica. Elena è distesa luci rosse delle automobili che passavano... che sul letto. Hazel non si muove. Zoe prega. Elena ha passavano davanti alla casa... E’ l’ora della cena... un lamento, poi...). Tu apri la porta ed ecco, sei nella luce... Siediti, Elena — Hazel... Hazel.. Pierre... Buonasera, eccomi... ho tanto pensato a Caterina — Non seccare! te, Pierre, che la tua immagine è qui, come incro­ Elena — Oh, non ho fatto nulla, domani ve ne stata dietro le mie palpebre chiuse. Puoi vederti accorgerete... non ho fatto nulla, non ho detto nei miei occhi... Lascia che io guardi nei tuoi... nulla per salvarlo... Mi sono conservata bella per te... Pierre, non Hazel -—■ Non mi interessa. voltarti appena uscito... io sono qui, ti ho seguito, Elena — Dimenticate, dimenticate... io non ti ero nella tua cella, dietro a te, come un’ombra... sèrbo rancore, io... Se sapeste come vi voglio be­ Perchè ti alzi? Non andartene così svelto, Pierre ne! E se non ho parlato è proprio grazie a te, Ha­ te ne supplico... Vedi bene che non posso muover­ zel, altrimenti so che l’avrei denunciata... Hazel, mi... Pierre, aspettami... eccomi... Pierre! (Hazel non è passato un minuto senza che avessi il tuo si alza, uscendo dal sogno. Guarda attorno la cel­ volto dinanzi a me... tutto il giorno i tuoi occhi la) E’ vero. Dimenticavo. (Si sentono battere tre mi hanno guardata... Hazel, mi parlerai ancora colpi). come prima?... Sono stata debole, confesso, ma Zoe — Hazel, hai sentito? non ho fatto nulla di male... Anche se tutto è con­ Hazel — Sì, vado. (Passa dietro la coperta. La si tro di me... Sì, è tutto ben calcolato... Ma non mi sente battere tre colpi, poi) Pronto... Pronto... Qui importa! Come sei cambiata, Hazel! Hazel. Sei tu, Marcella? Sì, passalo... Voce del ragazzo —■ Mamma... non ho paura, Zoe — Cosa c’è? ma voglio tue notizie... Mamma... avrò coraggio, Caterina (svegliandosi) — Cos’hai, Zoe? Cos’è ma voglio tue notizie... questo rumore? Una voce — Piantala! Lasciaci in pace! Zoe •— Niente. Elena — Quelle sbarre tremano... Sto morendo, Hazel (dietro la coperta) — Ripeti... Sì, lo farò ecco... Sola! Così... come una bestia. seguire. (Esce da dietro la coperta). Caterina — Lasciaci dormire. (Pausa). Zoe — Un messaggio? Elena — Oh, Hazel, ecco che mi ritrovo e ti Hazel — Sì... Elena perdonami, ho capito solo ritrovo così come tu sei, e come io sono... Hazel, ora... Mi sono ingannata... Elena non potevo sa­ se tu sapessi questa solitudine... E’ dunque questo pere... Elena vuoi perdonarmi? (Zoe si è alzata, morire?... Il vento... Perchè questo vento?... Ho la è andata dietro la coperta e ha battuto tre colpi) MARCEL MOULOUDJI

Elena, come potevo credere ancora che tu eri inno­ Voce della Guardiana — Chiusa... Domattina... cente? Mi sono perduta da me stessa... stavo per Hazel ■— No... subito... bisogna fare presta... essere liberata e Marion mi ha trasmesso il mes­ Portatela subito... saggio di tuo padre... che colpa ne ho? Ero fuori Voce della Guardiana — Silenzio!... Rigore! di me, ho parlato davanti a quella Luisa Mau- Hazel — Voi non potete lasciarla qui... Non è caire... Che era una spia... possibile! L’avevano messa qui per a- ^ 0E . Pronto... Voce della Guardiana — Basta! (.Richiude la scottare... E io ho parlato... Pronto. Qui Zoe. Mar- porta). Elena... Elena, parla, di’ una ’Cella, vuoi ripetere il Zoe — Cosa possiamo fare, Hazel? parola almeno... m essaggio? Cosa? Hazel — Sì. Zoe - Hazel, che cosa Grazie... Te lo dirò Zoe — E’ fredda... vieni... hai fatto? Non piangere. -domani... Ciao... Caterina — Credo che sia morta. (Hazel posa Hazel — Sono stata ingiusta, crudele... Non sa­ la testa sul petto di Elena). pevo cosa mi facevo... Zoe, ho detto qualcosa di Hazel — Sì... il cuore non batte... mio marito? Caterina — Possibile!?... E’ possibile? Zoe ■— Ma no... niente... Voce del ragazzo — Mamma... Dammi notizie... Hazel — Pensaci bene, Zoe... Non ho parlato Mamma... del suo numero di cella...non ho rivelato il suo Hazel — Tu tremi, Caterina... vai a coricarti... nome falso?... Zoe, anche tu... Vi chiedo di andarvi a coricare, Zoe — No... Sanno solamente che tuo marito è tutte e due... qui. Caterina (coricata) — Ho paura... ho paura... Zoe (pregando) — Ti prego... Hazel — Ecco perchè non sono più venuti a Caterina — Dammi la mano, Zoe... prendermi. Hazel (si siede accanto a Elena) — Addio, E- Voce del ragazzo — Mamma... dammi tue noti­ lena... Perdono... zie... Mamma, avrò coraggio... Voce del ragazzo — Mamma... Non ho paura, tu Hazel — Ecco... sì... mi sono voltata... Ti ricor­ lo sai... ma voglio tue notizie... di, Zoe, quando ci hanno avvertite che c’era una Hazel — ...Ora sono pronta anch’io... Pierre, spia? non ho più paura... Credimi, ora che anche tu sei Zoe — Si. così in pace, con me. Il mio cielo blu... non lo Hazel — Mi sono voltata e ho guardato verso vedremo più per molto tempo insieme... non ve­ Luisa Maueaire... Allora lei si è sollevata, bianca drò più niente, insieme a te, mai più... Non rim­ dalla paura... Avvertivo qualcosa di losco... Ma piango nulla... Ti amo tanto che il mio cuore vivo poi, quando se ne è andata, non ci ho pensato più... non ha più importanza... Oh, come avrei voluto Elena, ascoltami, Elena... (Hazel si china su Ele­ vedere il cielo accanto a te, prima della fine... Avrei na e subito si rialza) Presto, Zoe, presto... dell’ac­ voluto essere libera, sotto il peso di questo cielo qua... prendi gli asciugamani... legali intorno alle leggero e sentirmi viva, e toccare la sua dolcezza braccia... e stringi, stringi... e aspirare l’odore di questo mondo che sta per Caterina — Hazel, che cos’è successo? Zoe, morire. aspetta che ti aiuto... Elena! Voce di donna — Ecco le notizie... I russi avan­ Hazel — Prendi una salvietta e asciuga il san­ zano senza sosta... Brest, Saiint Nazaire, Le Havre gue... Elena... Elena cara. Ah, ma ci vuole il dot­ sono state bombardate... Avanzata degli aimeri- tore... (Va alla porta e batte convtro il ferro) A- cani in Italia,... Buonanotte compagne,.. A do­ prite... aprite... Cosa fate?... Aprite. mani! Zoe — Aiutami, Caterina... Tienile il braccio... Voce del ragazzo — Mamma... sarò bravo, ma Non si vede niente, qui... voglio tue notizie... Mamma, non ho paura ma Caterina — E’ tutta fredda... ha la carne ghiac­ domando... (La sua voce cessa come se l’avessero cia anche sotto le vesti... Elena, mi senti... Elena... soffocata). Hazel — Aprite! Aprite!... Quella maledetta non Voce di donna — Buonanotte, compagne... Co­ arriva più... raggio ! Caterina — Tutti e due i polsi... E’ orribile! Zoe — Sverrai più tardi... Tieni il braccio sol­ FINE levato... Hazel —■ Eccola... Eccola che viene... la sento... (Batte ancora alla porta). ® Questa commedia, è stata recitata — con una apposita formazione — il 4 novembre 1947, al Teatro Odeon di Mi­ Voce della Guardiana — Silenzio! lano. Le parti furono così distribuite: Caterina (Vivi Gioi); Hazel — Qui! (La porta si apre. La guardiana Hazel (Cesarina Gheraldi); Elena (Fanny Marchiò); Zoe (Renata Negri); Luisa (Isa Bellini); Una guardiana (Renée non si vede. La luce del corridoio proietta solo la Reggiani). Regìa di Mario Larudi. Scena, su soggetto di stia ombra sul muro della cella). Gianni Ratto, realizzata da B. Montonata Voce della Guardiana — Silenzio! ® Tutti i diritti sono riservati. Per rappresentare la com­ media in Italia, richiedere il permesso, tanto alla Società Hazel — Elena... E’ motto grave... Bisogna por­ Autori in Roma, come alla « Diorama », Corso Venezia, 7 - tarla subito airinfermeria... Milano. ® E' morto a Roma, il 7 dicembre 1947, Ubaldo Arata, il maggior tecnico ita­ liano di ripresa cinematografica. * Appena conclusa l'altra guerra, « Ubaldo » era già considerato nei teatri di vetro dell'allora « Torino, città cinemato­ grafica », un bravo operatore. Ci incontrammo, coetanei e giovanissimi, nel cor­ tile ricoperto di vetri —- il teatro — dell'Aquila Film, in via Tiziano; la più. disprezzata casa cinematografica della città, ma certo una delle più redditizie. Si producevano film per seconda visione, su temi e variazioni alla Carolina Invernizio, ed un locale della centrale ma non odorosa via Viotti, soffocata dalle secentesche catapecchie della vecchia via Roma, sfornava tre pellicole alla settimana in « prima visione », che servivano di lancio alle sale perife­ riche. Erano le tre pellicole che Ubaldo « girava » con Consalvi e Visalli, direttori di scena, un'opulenta prima attrice, sottoprodotto per soldati e came­ riere di Italia Almirante Manzini, ed un gran numero di « artisti » a rotazione, giacché se poveri erano i film, a centesimi si contavano le retribuzioni agli in­ terpreti. All'Aquila film si trovavano sempre e soltanto i disoccupati, gli scarti delle altre case, gli attori di prosa in cerca momentanea di un « cachet », qua­ lifica di prestazione dei figuranti. Da tre lire a dieci: l'ultimo ed il primo. Noi vi entrammo tra i primi, naufraghi di una compagnia di prosa assai modesta, scioltasi innanzi termine di contratto. Chi non voleva cercare domandare pre­ gare attendere ai primi paracarri della via crucis duna scrittura, si recava al- VAquila film, come a casa propria: con la certezza che la porta si sarebbe aperta. Noi giungemmo a Torino una sera tardi, con gran vuoto nello stomaco, e tanto stimolo ci portò in via Tiziano alle otto del mattino seguente. Padrone e signore di quella baracca, era un amabile ed accorto industriale ebreo — l'in- gegner Pugliese — eternamente vestito di nero, con cappello duro

L’ATTORE NEGRO È UN ARTISTA, CIOÈ UNA SENSIBILITÀ SUSCETTIBILE DI PROGRESSO INTELLIGENTE, OPPURE UN ISTINTIVO, UNA SORTA DI FENOMENO DI NATURA? E SONO I NEGRI CAPACI DI CREAZIONE DRAMMATICA, OPPURE LIMITATI A FORNIRE TALE PRETESTO AGLI SCRITTORI BIANCHI, RIDUCENDOSI AD INTERPRETARNE LE PRODUZIONI ?

í¡í Langstm Hughes, poeta negro, in una sua re­ sivamente in virtù di una sollecitazione che vorrei cente composizione: « I am thè darker brother, io definire «astorvea», cioè interiore ed estranea al sono il frateilo più scuro. Mi mandano a mangia­ gioco delle correnti e delle mode culturali e per­ re in •cucina, quando vien gente; ma io rido e man­ tanto assolutamente originale. Proprio al contra­ gio bene e divento forte. Domani siederò a tavola, rio di quanto si è verificato nell’opposto campo quando vien gente. E nessuno oserà dirmi « Mangia delVarte e della cultura « bianca » giunta tardi e in cucina », allora. E vedranno come sono bello, ed con fatica ad acquistare una fisionomia personale avranno vergogna: I, too, am America. Anch’io ove, comunque, si possono sempre rintracciare i sono l’America ». segni della, anzi delle diverse paternità europee: Forse, si può dite, il tono usato suona troppo inglese, in narrativa e in poesia; irlandese e ancora alto e forte —• come di sfida e di minaccia — ma inglese, nel teatro, eccetera. Onde, il paradosso è un’osservazione da ■cui soltanto la forma è inte­ che dicevo: l’orgoglioso Bianco nutre la solida con­ ressata e che comunque, potrebbe ampiamente giu­ vinzione di essere — com’è in effetti — il signore stificarsi nel movente lirico-polemico del testo poe­ e padrone dell’America. Ed ha ragione, fino a che tico. E’ invece compiutamente valida, in sede sto­ parli in termini di politica e di economìa. Ma sba­ rica, la sostanza di esso come appassionata dichiara­ glia quando il discorso sia trasferito intorno alla zione di raggiunta autocoscienza della razza negra questione della priorità intellettuale fra le genti dopo oltre duecentoquarant’anni di effettivo regime del Nuovo Mondo, in cui egli è costretto a ricono­ schiavistico decaduto soltanto con l’approvazione scere non soltanto che il suo dominio viene diviso del XIII emendamento della Costituzione nel 1865, con il disprezzato darker brother di Langston Hu­ e dopo un altro abbondante mezzo secolo di più o ghes, ma che questo « fratello più scuro » gli è meno accettata soggezione sociale che tuttavia per­ senza dubbio maggiore se non per importanza dura come conseguenza di un atteggiamento più quanto meno per originalità creativa. psicologico che razionale della razza dominante e contro il quale — bisogna riconoscere — la massa negra, presa Tueli’handicap di un atteggiamento E’ generalmente accetta­ eguale e contrario, più che impotente è recalci­ ta la notizia che il tea­ trante a combattere: da una parte, cioè, la radi­ tro americano ha raggiunto una sua differen­ cata e indiscussa convinzione della superiorità del ziata individualità solo in questo secolo, anzi Bianco; dall’altra, del pari radicata e fin qui indi­ durante la prima guerra mondiale (i Plays of scussa, la convinzione dell’inferiorità del Negro. thè Sea di Eugene O’ Neill sono del 1916), Ora, accantonando ogni considerazione di ordine mentre per tutto l’Ottocento, e prima, a co­ politico e limitando l’indagine in termini stretta- minciare dal polveroso Prince of Parthia (1765) mente culturali, si potrebbe agevolmente formulare di Thomas Godfrey, aveva più o meno felice­ una constatazione paradossale ma tubt’altro che mente cercato di cogliere gli echi che gli giunge­ priva di fondamento da cui le posizioni sarebbero vano da questa sponda dell’Atlantico e di espri­ invertite, e cioè: fra i pochi motivi genuinamente merli con una superficiale intonazione nazionale. originali della giovane cultura americana, e bene Nè, per quanto riguarda la società bianca, poteva in alto fra essi, si pongono le espressioni dello spi­ rito negro nella varietà delle sue molteplici mani­ essere altrimenti quando si pensi ch’essa era sor­ festazioni, dalle più antiche — come il vigoroso ta e in sostanza seguitava ad essere governata contributo dato dalla gente di colore con gli spi­ da un’austera élite di puritani per i quali il tea­ li rituals, i blues, il jazz allo stabilirsi di una tradi- tro era nè più e nè meno che thè ante-chamber i zione musicale autonoma — alle recenti, come il of thè devii, l’anticamera del demonio, e coloro teatro e, in misura certamente minore, la narra­ che vi si dedicavano erano senz’altro classificati tiva e la poesia. Ognuna di queste realizzazioni ar­ tra i caterpillars of thè commonwealth, i vermi tistiche procede direttamente ed unicamente dal della comunità, tollerati perchè insopprimibili patrimonio culturale negro quale si è venuto accu­ ma naturalmente avversati come corruttori dei mulando nel trapianto doloroso e fecondo della costumi e trattati come pericoli sociali. L’ade­ primitiva sensibilità africana portata a maturare guarsi dell’uomo medio americano a questa biz­ nella esperienza della schiavitù prima, e poi del­ l’inferiorità civile. A questa posizione, appunto, zarra formulazione di principio spiega in parte di schiavitù e di inferiorità, si deve se l’arte negra la vanità dei primi tentativi del tipo, appunto, ha ignorato ogni suggestione extramericana nel di quelli del Godfrey quando, sul finire del XVIII corso della sua formazione e si è sviluppata esclu- secolo il Puritanesimo come sistema politico si IL TEATRO NEGRO

trovò in crisi, e la sorprendente facilità onde il Feel so sad and sorrowful runnin’ over with thè pubblico si piegò ad accogliere come autentici [blues; exploìts di genio gli scarti delle opere dramma­ Feelin’ sad and sorrowful runnin’ over with thè tiche che gli venivano propinando gli autori fal­ [blues; liti di mezza Europa in cerca di più tolleranti If some one buys me poison thut’s thè kind of platee. Mentre la società bianca faceva i conti [death FU choose. (2) con le inibizioni tradizionali della propria origi­ Soltanto dolore. Dalle ore di riposo, dai mo­ ne puritana e giungeva faticosamente alla con­ menti di gioia scatenata da nessun’altra ragione quista della propria maturità artistica, prima che quella di essere, di sentirsi vivi, per espri­ assimilando e quindi a poco a poco trasforman­ mere questa calda e cara vita in modi d’arte, do in espressioni originali le ascoltate suggestio­ sorgevano quelle manifestazioni note poi con ni della cultura europea, la sottostante società il nome di minstrels show (spettacolo di mene­ negra, « relegata, con le parole di Richard Wright, strelli), nate con i primi schiavi sbarcati in negli oscuri bassifondi americani » ; priva di America dalle navi negriere : un gruppo d’uo­ ogni contatto, cioè libera da ogni tentazione mini in un cerchio di spettatori che si esibiva imitativa e abbandonata alla pressione dei pro­ in improvvisazioni genialmente sfrenate di can­ pri istinti ed alla corrente delle proprie incli­ zonette comiche, di ballate, di danze ritmiche nazioni, muoveva per suo conto —■ paziente- ed anche di dialoghetti o monologhi. Come un mente ed oscuramente — a paragonare alla ver­ desiderio e una promessa di teatro. Il sospetto gine sensibilità della razza il bene e il male, delle possibilità spettacolari contenute nei min­ il nuovo, l’America che le si veniva discoprendo strels shows sembra sia venuto dapprima a quei nell’atto stesso in cui collaborava a costruirla. sottili profeti delle imprese affaristiche che sono Primi risultati di questo fortunato incontro gli yankees, gli aguzzi abitanti degli Stati del fra l ’America e l’anima negra sono gli spiri- nord che scendendo nelle regioni meridionali tuals, come documento corale del terrestre si trovavano ad assistere a rudimentali rappre­ avvilimento della razza e della sua perseveran­ sentazioni di artisti negri, ai migliori dei quali te confidenza metafìsica; i blues, e, in altro i proprietari concedevano con una certa fre­ modo, le labor songs come individuali tentativi quenza di allestire le loro scene nella pianta­ di evasione dalla sanguigna realtà quotidiana gione stessa e anche, talvolta, di spostarsi fino lungo la solitaria strada della poesia-ritmo. Dif­ a raggiungere le più vicine città. E poi, i bona­ ficile trovare origine artistica più spontanea e ri piantatori amavano offrire ai loro ospiti lo cioè più nobile di questa: l’espressione segue im­ spettacolo familiare, quasi patriarcale, della mediatamente l’ispirazione senza altri tramiti sommessa carne negra che si prendeva i suoi tecnici oltre un oscuro istinto musicale e senza svaghi innocenti con tanta buona grazia e così altra ricerca formale oltre un primordiale eppur bizzarra fantasia. Ad ogni modo, i Bianchi del efficacissimo accostamento dei poveri vocaboli nord s’impadronirono rapidamente della tecni­ della limitata esperienza di uno schiavo di pian­ ca del minstrel show e, intorno alla metà del tagione. Nessuna intenzione spettacolare, anco­ secolo scorso, cominciarono a portarlo sulle ra: soltanto dolore e desiderio di soffocarlo, di scene di tutta America. Beninteso: portarono lo dimenticarlo nel canto. Lo spiritual Swing Low spettacolo, affidato ad attori bianchi truccati Sweet Chariot, per esempio : da negri chè la gente di colore continuò ad es­ Swing low sweet chariot, sere esclusa dai palcoscenici professionistici fin Comin’ for to carry me home, dopo la guerra civile. Per la storia, si può ricor­ Swing low sweet chariot, dare che il primo complesso di attori bianchi Comin’ for to carry me home. presentatisi con il nome di « menestrelli » al pubblico americano fu quello dei « Virginia Min­ I looked over Jordan, and, what did I see, strels » capeggiarti da Dan Emmet. Teatro, non Comin’ for to carry me home? ancora teatro. A band of angels comin’ after me Ratificata il 18 dicembre 1865 la mozione fat­ Comin’ for to carry me home. (1) ta presentare da Lincoln nel febbraio dello stesso anno, secondo cui « negli Stati Uniti e in o i Mountain Top Blues: tutti i luoghi sottoposti alla loro giurisdizione non vi sarà nè schiavitù nè servitù involonta­ (1) Cullami piano dolce carro che vieni per portarmi a casa, ria... », i Negri, fra le altre cose, ottennero di cullami piano, dolce carro essere accolti nei teatri come attori professio­ die vieni per portarmi a casa. nisti; e i loro uomini, dal ballerino Billy Ker- Guardavo oltre il Giordano e che cosa vidi (2) Mi sento 'tamii o triste e dolente, tutto è malinconia; che veniva per portarmi a casa? mi sento tanto triste e dolente, tutto è malinconia; Una schiera di angeli che veniva per me se qualcuno mi compra veleno, è questa la morte che ohe veniva per portarmi a casa. [sceglierei. IL, TEATRO NEGRO

samds, ai Bothee Brothers, danzatori e cantanti, siasmo di Noble Sissle e Eubie Blake, costituì a Sam Lucas, a James Bland, a Stephen Poster uno dei primi successi del nuovo genere: oltre rivoluzionarono la ormai logora convenzione un anno di repliche a che, per pa­ menestrellistiea contraffatta dai Bianchi e le recchio tempo, continuò a cantare le melodie diedero nuove ed originali espressioni ohe l’aiu­ di Love Will Find a Way e Bandana Days così tarono a vivere ancora per anni. come le aveva imparate dagli interpreti negri Oggi, come forma teatrale, la minstrelsy è de­ della rivista, Miller, Lyles, Florence Mills. E poi, finitivamente tramontata. E forse si può azzar­ sempre in questo campo, Runnin’ Wild, The dare un giudizio sulla sua funzione storica. Ma­ Chocolate Dandies, The Blsackbirds, Plantation le e bene. Nel senso negativo che non fu estra­ Revue, Dixie to Broadway, fino alle recentissi­ nea alla creazione del tipo di negro svagato e me Harlem on Parade e The Sepia and Swing irresponsabile, un po’ scemo e un po’ artista, Piantatimi. che ha imperversato per lungo tempo sulle sce­ Si diceva dell’aspirazione negra a tentare la ne americane anche quando fu ridotto ad una interpretazione e fors’anohe la creazione del­ maschera ormai vuota di significato. Nel senso l’opera drammatica. Ma se era stato relativa­ positivo che indicò a quel teatro la via della mente facile per il black coloured man collocar­ commedia musicale, della danza ritmica e gli si in una condizione di parità sia pur incerta rivelò il segreto di quelle forme ritmo-melodiche e barcollante con i Bianchi nello spettacolo mu­ che Jsaac Goldberg ha definito music of thè sicale in cui sarebbe stato difficile tenerlo più heels e music of thè heart. E, bene o male, è a lungo lontano dal posto cui lo abilitava ine­ stata la prima manifestazione spettacolare ge­ quivocabilmente il suo prepotente istinto rit­ nuinamente americana. mico che, fra l’altro, tornava assai utile come I negri sono gente svelta. Quarant’anni dopo guida e misura ai compositori e agli attori bian­ l’emancipazione essi erano giunti a diminuire chi, assai meno agevole si presentava l’impre­ del cinquanta per cento la massa dei loro anal­ sa di raggiungere il medesimo posto nel teatro fabeti, avevano educato migliaia di maestri, sa­ di prosa. Questo, come patente di nobiltà arti­ cerdoti, avvocati, ingegneri, medici, molti dei stica e come ultimo riconoscimento delle possi­ quali si erano formati nelle Università europee bilità creative della razza negra, rimase ostina­ oltre che in quelle americane del nord e del­ tamente chiuso alla gente di colore ancora per l’est. Gli inventori negri avevano registrato ol­ parecchio tempo dopo l’abolizione della schiavi­ tre quattrocento brevetti. Dai colleges fondati e tù. E non soltanto agli aspiranti attori o ai pos­ diretti da negri erano licenziati ogni anno gio­ sibili scrittori, ma anche al pubblico. Non esi­ vani preparati, futuri capi del loro popolo. steva, naturalmente, nessuna legge che vietasse Anche il teatro s’avviava ad accantonare il ai negri di acquistare un ingresso ad un teatro repertorio comico-sentimentale della sua breve di prosa. Ma nessun negro l’acquistava perchè tradizione ufficiale e proponeva come ben più sapeva, povero figlio, che l’ostilità delle elette degne di interesse le antiche forme, maturate platee bianche gli avrebbero inesorabilmente con nuova sensibilità, degli spirituals e dei demolito la gioia di due ore di spettacolo con blues. Di più, osava finalmente tentare con in­ il martellare del suo disprezzo glaciale. tenzioni originali l ’espressione drammatica. I Sempre con il poeta : They send me to eat freschi innesti praticati sul vecchio tronco della in thè kitchen, when company comes mi man­ minstrelsy le diedero ancora sul finire dell’Ot­ dano a mangiare in cucina, quando vien gente. tocento e nei primi anni del Novecento tanto Onde l’aspirazione dei negri di giungere final­ vigore da illustrare i nomi di Sam Jack con mente a possedere una sala destinata a rap­ The Creole Show; di John W. Isham con The presentare dinanzi al proprio pubblico le opere Octoroons e Orientai America; di Bob Cole di un proprio repertorio composte o quanto con A Trip to Coontown, The Shoofly Regiment, meno scelte dai propri autori e recitate dai Red Moon e soprattutto di Bert Williams con propri attori. Soprattutto, recitate dai propri The Sons of Barn, In Dahomey, Abyssinia, attori che nei musicals si erano già autorevol­ Brandana Land. Nomi venerabili, come quelli mente imposti anche allo spettatore bianco. dei padri non tanto antichi della moderna com­ A legittimare ancor più — se ce ne fosse media musicale che, d’allora, si avviò a diven­ stato bisogno — tale aspirazione sopravvenne tare uno degli spettacoli più popolari di Broad- nella stagione 1910-11 la felicissima accoglien­ way dove cominciarono ad avvicendarsi con za fatta dal pubblico del « New Theatre » ad l’alterno favore delle platee le produzioni origi­ un dramma, ora accolto fra i « classici » di nali negre e quelle concorrenti dei bianchi, ma­ ispirazione negra, The Nigger di Edward Shel- nipolate forse con più mestiere, con più abilità ton ove, appunto, l’azione era centrata sulla fi­ tecnica, con maggiori mezzi finanziari, ma cer­ gura di un uomo politico cui viene stroncata to con minore entusiasmo d’arte. Shuffle Along la splendida carriera con la minaccia di rive­ (1921) nata, appunto, da nient’altro che l’entu­ lare all’elettorato bianco l’incrocio razziale da IL TEATRO NEGRO.

cui egli discende. Serratissimo lo svolgimento si ritrovava fra le mani il miracolo di un tea­ polemico dal quale non si può dire che la razza tro poetico di ispirazione popolaresca. Si chia­ dominante ci uscisse molto lusingata. Questa, mava Ridgely Torrence ed aveva fatto le sue pertanto, la causa occasionale da cui l’avan­ prime prove come poeta lirico. Era nato in un guardia intellettuale negra fu persuasa a dare borgo dell’Ohio, Xenia, dove prima della guerra al suo popolo l’opportunità di assistere nelle civile si erano stabiliti molti piantatori che per migliori condizioni alla trasfigurazione dram­ una ragione o per l’altra non credevano più matica dei fatti della propria vita, delle pro­ alla possibilità di sopravvivenza del sistema prie emozioni, degli atteggiamenti del proprio schiavistico. Parecchi dei loro servi li avevano spirito. Lester Walton, critico del « New York seguiti, per affezione o per interesse, così che Age », si fece interprete e realizzatore di questa si era venuta formando una nutrita colonia aspirazione e riuscì a mettere insieme una negra assai ben vista dalla cittadina. Qui, ap­ compagnia di valentissimi artisti (fra i quali punto, fu educato Ridgely Torrence che fu a quel Charles Gilpin che poi salì in gran fama scuola con coetanei di colore, giocò, si scaz­ come splendido interprete di The Emperor Jo­ zottò con loro quando ne era il caso. Li co­ nes) che si presentò al « Lafayette » con un nobbe, come gente della sua gente. Onde, cartellone dove alle tradizionali esibizioni ne­ quando la suggestione irlandese premendo in gre erano aggiunte opere drammatiche di ca­ lui lo spinse a cercare la sua forma drammatica rattere popolare come On Trial, Madame X, ed egli cominciò a scrivere i suoi Three Plays Dr. Jekill and Mr. Hyde, The Count of Monte for a Negro Theatre, le situazioni ed i perso­ Cristo, Within in Law e un interpre­ naggi erano già lucidamente presenti nella sua tato da E. S. Wright e Margaret Brown da cui mente e non attendevano che di essere fermati i critici del tempo furono impressionati assai ed espressi. Le tre « pièces » — The Rider of favorevolmente. Dreanis, a Negro folk comedy ove è narrata la Come altre cose di questo mondo provvisorio, vicenda di una donnina laboriosa che tenta la compagnia del «Lafayette», nonostante il invano di metter da parte tanto da comprarsi buon successo iniziale, fu costretta a sciogliersi una casetta e del suo pigro marito « il cava­ dopo circa un anno di attività. Ma, senza con­ liere dei sogni » per il quale il danaro rappre­ tare che in sede artistica il suo bilancio era senta soltanto il mezzo per mantenersi nell’o­ più che positivo, l’esempio era almeno servito zio; Simon thè Cyrenian, a passion interlude ad incoraggiare analoghi tentativi in ogni parte sull’uomo che portò la croce al Cristo, e Gran- degli Stati, sì che prima dell’altra guerra c’e­ ny Maumee, mossa sulla situazione psicologica rano in America numerosi teatri negri, oltre di una vecchia negra che, educata in un am­ che a New York, a Chicago, New Orleans, biente di positivo cristianesimo, non riesce più Jackson, Memphis, Atlanta, Columbus (Ohio), anche volendo a odiare il bianco dal quale è Jacksonville (Florida), Yazoo City, Baton Rouge stata atrocemente offesa nella persona di ima e Plaquemine (Louisiana). sua nipote — furono presentate allo « Old Tutto questo, come si dice, «fervore d’opere», Garden Theatre » nell’aprile 1917, alla vigilia non andava però oltre i limiti di un promet­ dell’intervento americano, e suscitarono ■— cito tente sperimentalismo, soprattutto per la man­ una cronaca 'dell’epoca — thè most unanimous canza di opere nuove e vigorose, tali da évo- and spontaneous burst of criticai approvai a care nella sensibilità delle pigre platee qual­ theatre performance in New York ever had, cosa di più durevole e profondo dell’interesse cioè « il più unanime e spontaneo impulso di di mera curiosità onde fin qui erano seguiti gli approvazioni della critica che. mai uno spetta­ sforzi dei teatranti di colore. Ma, mentre la colo abbia avuto a New York». La guerra so­ costituzionale inclinazione della razza a reci­ pravvenuta vietò che questo primo significativo tare faceva sì che abbondassero gli attori ca­ incontro della vigorìa creativa dei Bianchi e paci dietro cui premevano i sempre freschi rin­ della felice suscettibilità interpretativa dei Ne­ calzi provenienti da quei vivai delll’arte che gri maturasse immediatamente le sue conse­ erano i teatrini periferici del « vaudeville » e guenze. La relativa fugacità del passaggio dei delle superstiti esibizioni menestrellistiche, la Three Plays for a Negro Theatre sulle scene inettitudine altrettanto naturale dei negri alla di Broadway fu determinata dal precipitare di composizione sistematica — complicata ancora avvenimenti travolgenti: una coincidenza sfor­ dal fatto che le condizioni sociali da cui erano tunata. Ma ormai rincontro era avvenuto e le appena usciti avevano pressoché vietato loro sue estreme conseguenze, ormai certe, sareb­ ogni dimestichezza con la tecnica della crea­ bero comunque emerse nel tempo. Intanto si zione teatrale — li inchiodava alle forme or­ poteva prender atto con soddisfazione dei pri­ mai scontate della loro pur brillante tradi­ mi risultati: gli attori negri erano pervenuti a zione. A questo punto pericoloso dell’esperienza entrare in contatto col temuto pubblico bianco drammatica negra giunge fortunatamente il attraverso un’opera drammatica da cui veni­ soccorso di un autore bianco, maturato nella vano finalmente presentati nella loro dolente atmosfera letteraria di Synge e ansioso di ri­ realtà, quella degli spirituals e dei blues. E in­ produrre col vergine materiale americano' che sieme, per la prima volta, erano invitati a con- IL, TEATRO NEGRO- siderare la possibilità di un valido contributo Wilson come il protagonista, Abraham Mac bianco al progresso della loro ricerca teatrale. Cranie; Rose Me Clendon, nella parte della mo­ D’altra parte i Three Plays scopersero nella glie, e Abbie Mitchell, la madre. La titolazione comunità bianca la presenza di spiriti sensibili, stessa della sua produzione posteriore, tolta dal aperti alle voci che giungevano loro dal basso patrimonio classico degli spirituals e dei blues e capaci di ripeterle in accenti di vasta intelli­ (.Lonesone Road; Rim Sweet Chariot), o ripe­ genza drammatica. tuta da espressioni del linguaggio misticheggian- Tre anni dopo Eugene O’ Neill dava ali alla te caro agli orecchi della gente di colore (The sua fama presentando al « Provincetown Play- Field God), confermano il perdurante orienta­ house » il suo Emperor Jones per l’interpreta­ mento della sua indagine artistica. zione di Charles Gilpin che l’anno avanti ave­ Ancora di O’ Neill. va registrato una chiara affermazione perso­ I got-a wings, you got-a wings, nale nella parte del reverendo William Custis All o’ God’s Chillun got-a wings. in una rievocazione storica, Abraham Lincoln When I get to heab’n I ’m goin’ to put on my di John Drinkwater e che ora, disoccupato — [wings, gli impresari bianchi non erano ancora molto I ’m goin’ to fly all ovah God’s Heab’n. teneri con gli attori negri, specialmente di pro­ Heab’n, Heab’n, sa — si era acconciato a fare il « ragazzo del­ Ev’rybody talkin’ ’bout heab’n ain’t goin’ dere; l’ascensore ». Gilpin era esattamente l’uomo Heab’n, Heab’n, che occorreva ad O’ Neill. Anzi, egli era la l ’m goin’ to fly all ovah God’s Heab’n (3). creatura del sogno di O’ Neill: il selvaggio in­ Tutti i figli di Dio hanno le ali. Ali bianche civilito a metà, impastato di bluff come uno di e ali nere che non possono volare insieme: il quegli epici giocatori della mitologia del West problema del matrimonio misto posto, anzi im­ rappresentati da Bret Harte, e di ancestrale posto da un palcoscenico di teatro alla coscienza superstizione, perseguitato dal risentimento nazionale nonostante che fin dalla sua pubbli­ della sorte e degli uomini, e più ancora vinto cazione —• molti mesi prima sull’» American in partenza dalla fragilità vanamente nascosta Mercury » — l’opera avesse incontrato la fiera della propria argilla barbara. Raramente si è ostilità delle stampa da cui il pubblico era in­ dato il caso di una così perfetta intesa fra vitato a prendere posizione contro il patente l’autore e il suo interprete che, insieme, divi­ tentativo di sovversione morale operato dal sero per parecchio tempo gli entusiastici con­ drammaturgo. Dall’esasperato esame polemico sensi di un pubblico assolutamente conquistato. delle intenzioni di O’Neìll, il furor suscitato da La recitazione di Gilpin fu registrata negli an­ All God’s Chillun Got Wings passò in breve a nali del teatro di New York come una fra le porre in discussione il significato della recita­ dieci più efficaci dell’anno. Per mesi di seguito zione che l’opera aveva stimolato (Paul Robeson il botteghino del « Provincetown » vide la res­ vi aveva fatto la sua prima prova di grande sa di quanti volevano assistere al miracolo impegno) e di qui l’indagine seguitò a spostarsi O’ Neill-Gilpin, la vittoriosa tesi di laurea del fino ad investire in pieno il problema della fun­ teatro nazionale. zione dei negri nel teatro americano. L’attore Alla fine della lunga serie di repliche, l’Im­ negro — ci si chiedeva — è effettivamente un peratore Jones-Charles Gilpin tornava a fare il artista, cioè una sensibilità suscettibile di pro­ « ragazzo dell’ascensore ». gresso intelligente o semplicemente un istintivo, Oltre ad O’ Neill, altri autori venivano frat­ vale a dire una sorta di fenomeno di natura, tanto dedicando la loro attività creativa al pro­ ponimento drammatico della vita delle comunità sordo alle sollecitazioni del divenire e immobile negre: Paul Green anzi tutti, il quale doveva di­ nella sua perfezione? E che cosa è in sostanza ventare in seguito se non il più ispirato certo il il dramma della gente di colore? I modi della più devoto illustratore di questa società che vita delle comunità negre trasferiti in espres­ amava con intelligenza di studioso e cuore di sioni di teatro hanno in sè possibilità poetiche uomo. A lui il teatro americano va debitore di tali da costituire un apporto veramente positivo, alcune fra le opere più rivelatrici del complesso oppure la loro portata è destinata ad esaurirsi psicologico della gente di colore. Il suo primo nella soddisfazione di una moderata curiosi­ tentativo d’impegno dopo la serie fortunata de­ tà folkloristica? E ancora: concesso che il gli atti unici allestiti a cura dei « Carolina dramma della vita dei negri possa essere mo­ Playmakers » è In Abraham’s Bosom ove è nar­ vente di feconde emozioni, a chi spetterà di rata la vicenda di un giovane contadino negro fermarle in un linguaggio di universale intelli- che nel vano tentativo di evadere dallo stato (3) Io ho le iaili, voi avete le ali, di inferiorità razziale da cui è soffocato si pone Tutti i figli di Dio hanno le ali. in contrasto con la sua gente stessa e con i ne­ Quando sarò in cielo mi metterò ali, Volerò per tutto il cielo di Dio. mici bianchi e spinto infine alla violenza e al­ Cielo, Cielo, l’omicidio finisce per esserne travolto. Premio Non tutti quanti ne parlano andranno in cielo; Pulitzer per il 1926, In Abraham’s Bosom si gio­ Cielo, Cielo, vò della splendida interpretazione di Frank Volerò per tutto il cielo di Dio. Il, TEATRO NEGRO genza teatrale? E’ possibile che i negri si pie­ di prosa dalla musica e che anzi insegnava ad ghino alla disciplina tecnica che condiziona la impiegare la musica come un personaggio o creazione drammatica ovvero essi ne sono costi­ meglio come un sensibilissimo coro invisibile, si tuzionalmente incapaci e pertanto si limiteran­ affiancava finalmente ai bianchi da cui era no a fornire il pretesto di questa creazione agli stato preceduto nel trasfigurare teatralmente un scrittori bianchi, riducendosi a interpretarne le memento 'della vita della sua gente. Che, nel caso produzioni? specifico, questo « momento » si svolgesse in­ Alla prima domanda (che, a guardarci bene, torno al conflitto fra due sette religiose degli contiene in sè il sottile veleno di una implica­ stati del sud conta assai poco. Conta invece come zione politica) rispondeva la realtà di attori ne­ una svolta determinante per il futuro sviluppo gri come Richard Harrison, Frank Wilson, Rose dell’arte negra il fatto che Run Little Chillun Me Clendon e lo stesso Paul Robeson, i quali sul giungeva in buon punto a dimostrare la rag­ fondo dell’istinto ritmico, mimico, imitativo della giunta maturità di un popolo il quale, oltre che razza erano pervenuti a costruire organicamen­ interpretare per naturale inclinazione alla ri­ te ima individualità artistica pienamente con­ balta i propri stati d’animo, dava prova di sa­ sapevole. All’altra — che cosa è il dramma della perli proiettare fuori di sè, di assistere ad essi gente di colore — replicavano gli autori rile­ e quindi di riprodurli in espressioni dramma­ vando in esso la presenza dei modi dell’evolu­ tiche. Lunga come quella di Tipperary, la strada zione americana allo stato' elementare e pre­ sulla quale si erano logorate generazioni di arti­ gnante. E seguitando a centrare la loro ispira­ sti negri, cominciava a promettere una meta zione sugli atteggiamenti religiosi, morali e so­ degna dello sforzo compiuto. Contemporanea­ ciali dei negri soddisfacevano anche alla terza mente un’altra voce, Never No More di James proposizione. Rimaneva tuttavia insoluta la que­ K. Killen, un bianco, si alzava in un’appassio­ stione del passaggio (elevazione) dei negri dalla nata condanna della selvaggia pratica del lin­ posizione riflessa di interpreti dell’opera dram­ ciaggio mentre gli faceva eco, come un altro matica a quella originale di creatori di essa. Ma segno che la razza oppressa maturava coscienza questa era una questione di tempo. e cresceva dignità di sè, rincalzante protesta Intanto l’ammissione più o meno- esplicita poetica di un lirico negro, Claude McKay: onde i teatranti bianchi riconoscevano la va­ lidità ispirativa in senso drammatico della so­ If we must dìe, let it not be like hogs cietà negra veniva confermata dal fatto che Hunted and penned in an inglorious spot, fra le trenta produzioni eccellenti sulla massa While round us bark the mad and hungry dogs, delle duecentosettanta della stagione di Broad- Making their mock at our accursed lot. (4). way 1927-28, una di esse, Porgy di Du Bose- Heyward, da quella società appunto era stata E altre testimonianze — in bianco e nero, au­ dettata. Porgy, documento veristico fino alla bru­ tori ed attori — del crescente interesse che talità, ma umano e teatralissimo, era stato insce­ i’Ameri'ca dedicava ai suoi figli di colore segui­ nato al Theatre Guild sotto la direzione di Rou- vano con They Shall Not Die, di John Wexley; ben Mamoulian e per l’intenpretazione di Frank Stevedore, di George Sklar e Paul Peters cui si Wilson, Gèorgette Harvey, Jack Carter (poi sosti­ aggiungevano con altre intenzioni e in tutt’altra tuito da Paul Robeson) e Rose Me Clendon. E a forma i lirici Four Saints in Three Acts di Virgil due anni di distanza — dopo l’intermezzo di Thomson e Gertrude Stein e le divagazioni per Harlem, dello scrittore negro Wallace Thurman, danza e canto di Kykunkor. e di Lulu Belle — seguiva quello che qualcuno « Anch’io sono l’America » : nel 1935, il Mulatto ha voluto definire « miracolo nel senso medie­ di Langston Hughes, ove venivano gloriosamen­ vale del termine » : The Green Pastures, di te confermate e mantenute le promesse di Thur­ Marc Connelly. Miracolo per l ’eguale ripetersi man e di Johnson e che segnò il più lungo corso del successo nel corso delle 557 repliche deter­ di repliche mai verificatosi a Broadway per minato 'da quell’altro miracolo' che è la fre­ l’opera di un autore negro. schezza, l ’incantata devozione onde l ’autore sul­ Poi, con musiche di George Gershwin su li­ l ’esile trama delle stories di Roark Bradford era bretto della coppia, marito e moglie Du Bose- giunto a costruire il suo fable-play cui era da Heyward, la prima opera lirica di ambiente e aggiungersi la recitazione di Daniel Haynes, personaggi negri: Porgy and Bess. Wesley Hill, Jesse Shiip, Homer Tutt, Tutt Whit- Nel 1935, inquadrato nel vasto programma di ney, Richard B. Harrison commentata dagli spi- rinnovamento politico e sociale, il « New Deal », di rituals di Hall Johnson. rooseveltiana memoria, nacque il « Federai Thea­ Fu appunto Hall Johnson, con Run Little tre » che, nonostante le lentezze burocratiche, le Chillun nel medesimo anno 1930, ad accennare complicazioni professionali derivate dagli inter- il primo importante tentativo di soluzione del (4) Se morire dobbiamo, facciamo che non sia come problema, che si diceva più sopra, del negiro come [porci cacciati e ingabbiati in un luogo senza gloria scrittore per il teatro drammatico. In quest’ope­ mentre intorno a noi cani pazzi e famelici latrano ra, un artista di colore che era giunto alle scene e alzano risa sulla nostra sorte maledetta. IL, TEATRO NEGRO. venti politici non sempre tempestivi e dalle in­ sentino con qualche intenzione di pensiero, è certezze delie sovvenzioni finanziarie, ebbe il gran­ vero altresì che nessun pubblico al mondo, an­ dissimo merito di divulgare oltre i « palcoscenici che cresciuto nel clima di quel teatro e di quello d’oro» di Broadway la conoscenza della produzione solo, può negare il suo consenso al dramma dì teatrale negra, originale e di derivazione; di av­ idee sorretto da una recitazione veramente va­ viare decine di migliaia di negri, fin qui allo stato lida e orchestrato da una direzione veramente di spettatori potenziali, a prender confidenza con intelligente. Sarebbero stati, dunque, uomini di le sale di recitazione in ogni parte degli Stati, teatro assai incauti quelli che avessero rifiutato da Seattle a Hartford a Philadelphia a Newark Native Son dopo aver assistito ad un saggio del­ a Boston a San Francisco; di tenere a contatto l’interpretazione di Canada Lee come Bigger con questo nuovo pubblico oltre che con il vec­ Thomas, carme e sangue di uomo e significazione chio gli autori negri che si venivano affermando, universale di simbolo. Il negro Bigger Thomas, e di creare nutriti quadri negri di tecnici spe­ la razza negra, milioni di Bigger Thomas in cializzati (851 nel 1939). Senza contare che il lotta contro la società che contesta il di­ « Federai Theatre » favorì l’impiego di attori ritto alla vita, alla libertà, alla felicità. Pen­ di colore in spettacoli di varia natura, da One siero o no, il dramma esercitò una influenza pro­ Tliird of a Nation al Doctor Faustus nella ma­ fonda e durevole sulla coscienza sociale del suo nipolazione di Orson Welles. Il quale Orson Wel- pubblico. Onde non fa meraviglia che un critico les doveva di lì a poco inscenare quella sua bianco abbia dichiarato in una significativa Maebeth « a.ll-negro » interpretata da Edna Tho­ sconfessione di radicati pregiudizi razziali : « Sa­ mas, Jack Carter e Canada Lee, il cui ricordo si rà un gran giorno per il teatro quello in cui Ri­ sta tramandando in America come una specie di chard Wright gli darà un’altra pièce di questa leggenda del teatro. medesima intensità, anzi maggiore, perchè sarà Al momento in cui il « Federai Theatre » fu scritta con dirette intenzioni spettacolari e non abolito per decisione del Congresso, i teatranti dovrà passare, come è stato il caso di Native Son, negri tirando le somme dell’attività svolta sotto attraverso la mediazione di un adattamento po­ le sue ali paterne potevano ben a ragione con­ steriore ». siderarsi soddisfatti in quanto, oltre ad essersi Organizzarsi. Far massa per resistere e quindi imposti artisticamente e commercialmente come travolgere altre masse secondo il comandamento ottimi attori, autori, tecnici avevano avuto la del secolo. L’esigenza avvertita dai più aggior­ possibilità di educare una folta schiera di gio­ nati rappresentanti dell’intellighenzia negra fino vani rincalzi cui, andandosene, la generazione dal primo delinearsi di concrete possibilità per anziana era certa di poter affidare per il meglio il futuro del teatro di colore in America, infor­ le sorti di quel teatro per affermare il quale non mò l’attività di un appassionato e colto anima­ si era risparmiata. tore, Frederick O’Neal che, nel 1920, tentò con Quella che segue è storia contemporanea, di qualche fortuna di riunire in una forma asso­ questi anni intorno alla seconda guerra mon­ ciativa a carattere sperimentale gli amatori diale. In cui, accanto alle perduranti afferma­ della città di St. Louis dove si trovava a vivere. zioni di autori bianchi già noti per le loro pre­ Qualcosa di più, sempre però in campo dilet­ cedenti scorribande nel teatro di colore, come tantistico, ripetè nel 1927 con la formazione del Mamba’s Daughters di Dorothy e Du Bose-Hey- gruppo detto degli « Aldridge Players » (dal ward, e alle altre di nuovi ingegni, come Cabin nome di Ira Aldridge, il più antico. attore del in thè Sky, rivista più che rivista di Lynn Root, teatro negro che impersonò nel 1833 un Otello Vernon Duke e John Latouche, le ribalte ameri­ a fianco del celebre Kean). Dieci anni più tardi cane conoscono con sempre maggior frequenza si trasferì a New York dove fu per qualche le opere di una minoranza di scrittori negri tempo con i «Rose Me Clendon Players», un ormai stabiliti su un piano di parità — sia pure altro complesso di dilettanti intitolato al nome polemica, quasi armata — con i bianchi. Si re­ della celebre attrice scomparsa nel 1935, finché citava ancora Cabin in thè Sky quando Orson liberatosi definitivamente dell’ambiente e del­ Welles e John Houseman allestirono al St. Ja­ l’abito filodrammatico e associatosi al comme­ mes Theatre un adattamento che Paul Green, diografo negro Abraham Hill, riuscì nel giugno bianco, e Richard Wright, negro, avevano rica­ 1940 a gettare le basi di quell’« American Negro vato da un racconto di quest’ultimo, Native Son, Theatre » (A.N.T. per gli americani che amano ambientato nei bassifondi di Chicago. Alla voce le sigle) su cui, oggi, si fonda legittimamente che questo crudissimo pezzo di narrativa stava buona parte delle speranze della drammatica per entrare in teatro furono in molti a gridare negra. Oltre ad aver formulato uno statuto o allo scandalo e ad anticipare previsioni cata­ costituzione interna che è un edificante esempio strofiche. Come regolarmente accade in questi di buon senso e di praticità, l’A.N.T. ha prodotto casi non ci fu lo scandalo e non si verificarono le opere originali di primissimo ordine: fra l’altro previsioni: perchè se è vero che gli uomini del — per non soffermarmi sulla ormai celebre teatro cosiddetto commerciale sono generalmen­ Anna Lucasta (956 repliche) di Philip Yordan, te negativi dinanzi a quelle opere che si pre­ nota anche da noi attraverso la copiosa pubbli- Iti TEATRO NEGRO

cistica giunta fm qui e ampiamente divulgata — equivalente in dignità a quello dei bianchi (la Naturai Man, di Theodore Brown e Home is thè medesima equivalenza di dignità che pur era Hunter, di Samuel Kootz. Riconosciuta la se­ stata accettata al fronte) si vede sistematica- rietà dell’A.N.T. e la rilevanza dei suoi risultati mente scacciato. Donde la sua ribellione e quin­ nel campo artistico, la Rockefeller Foundation di la sua sconfitta. Umiliato e percosso, bruciata ha recentemente deliberato di sovvenirlo con un la sua casa, egli deve allontanarsi dalla città. notevole fondo. La morale è sottintesa. Analogo a questo nel fine di valorizzare la La riduzione in forma drammatica operata drammatica negra soprattutto offrendo agli au­ dalla stessa autrice Lillian Smith del suo ro­ tori l’opportunità di manifestare il loro talento manzo Strange Fruit, che ha diviso con Deep in un ambiente favorevole, è il teatro che Wil­ are thè Roots e Jeb gli allori concessi dal pub­ liam F. Dunn e George D. Dersene hanno creato blico di questo dopoguerra alle commedie di nel quartiere newiorchese di Bronx e che fun­ ispirazione negra, ripropone invece il problema ziona come un oculato « centro di smistamento » dei sangue-misti tornando a rilevare l’urgenza dal quale scrittori e attori vengono intelligente­ della revisione deU’atteggiamento tradizionale mente avviati ai palcoscenici di tutta America. nei loro confronti, e si colloca per ciò stesso La guerra, cui i negri parteciparono con nu­ nella corrente ormai consacrata del genere, se­ merose divisioni pesanti e manesche (ed anche gnalandosi soltanto per talune sue innegabili con il meglio dei loro artisti, circa trecento, qualità di disinvoltura e di persuasività. che si produssero in condizioni non sempre fa­ Qui giunti, il rimanente che l’acerbità della vorevoli ma sempre con eguale successo nelle presentazione fa oggetto dì cronaca è fuori del retrovie dei fronti di combattimento, nei campi nostro interesse specifico. E possiamo, con la di riposo, negli ospedali distinguendosi fra gli sommarietà di cui ci obbligano i chilometri (un­ elementi più entusiasti degli U.S.O. Camp dicimila) che stanno fra noi e Harlem di New Shows), valse in definitiva a far cadere le ulti­ York, fare il punto. Sì e no. Sembrerebbe, dun­ me resistenze onde da parte bianca si seguiva que, che allo stato attuale delle cose il teatro la tensione della gente di colore verso il pieno negro in America abbia via libera. Nel senso che riconoscimento del suo sforzo artistico. A Broad- il clima politico del Paese è tale da offrire strade way, appunto negli anni del conflitto, furono diritte e pressoché sgombre di ostacoli a chiun­ presentati spettacoli di elevato livello anche tec­ que — nero o bianco — possegga il fiato per nico, sia nel campo dei « musicals » (Carmen percorrerle. Anatomicamente ortodosso, il tea­ Jones, adattamento di Oscar Hammerstein II tro di colore si è messo per queste strade con dalla Carmen di Bizet, che resse per 231 sere il paio di polmoni — attori ed autori — che di consecutive; Hollyvjood, Pine f or e, di George Kauf- quel fiato sono principio e cagione. Ma il fun­ rnann), che dei classici e delle riprese (Otello, con zionamento di questi organi appare ancora di­ Paul Robeson; Duchess of Malfi, con Canada seguale. Perchè mentre gli attori sono già per­ Lee; The Emperor Jones e All God’s ChiUun Got venuti ad affiancarsi ai compagni bianchi e Wings, ancora con Robeson), che della produ­ ormai procedono indisturbati con essi grazie zione originale in prosa (Big Whìte Fog, di alle inattaccabili dimostrazioni che hanno fatto Theodore Brown; Anna Lucasta). seguire alla formulazione della loro tesi, gli au­ I problemi del dopoguerra, come aspirazioni tori si muovono tuttavia irrequieti — nonostante nate e cresciute nella lontananza, conservate il progresso che siamo venuti documentando — quali ragioni di nuova vita e quindi al ritorno in una posizione malcerta e non chiara ove la frantumate nello scontro con una società che nota più costante e sensibile seguita a risuonare non aveva camminato con il passo del combat­ in chiave di «persecuzione». Con un sospetto tente, oltre in Deep are thè Roots di Arnaud di quella « retorica della persecuzione », cono­ D’Usseau e James Gow, di cui il nostro Caimi sciuta anche da noi, che nasconde un complesso ha già dato ampia notizia nel corso delle sue di inferiorità l’evasione dal quale comporta uno corrispondenze da New York, sono fatti oggetto stato permanente e volontario di agitazione. Di di acuta indagine nel Jeb, di Robert Asdrey qui, per proseguire, occorrerebbe spostare il di­ meno noto ma forse più espressivo del prece­ scorso su piano diverso — sociale e politico — dente in quanto più universalmente intelligibile che ci è estraneo, e indagare sull’orientamento è il suo tema. Un soldato negro che torna e effettivo di quest’agitazione. In sede di valuta­ avverte in sè qualcosa di nuovo. Forse sempli­ zione teatrale, però, questo solo importa, che la cemente la coscienza di essere come i bianchi, passione dell’umanità negra di ieri e di oggi si ora che ha combattuto come i bianchi. Di qui, esprima in termini di arte positiva, così come da questa illazione che i fatti dichiareranno il­ ha fatto e continuerà a fare nei meglio. legittima, la giustificazione dello sviluppo pole­ Gigi Crii© mico dell’opera. Il reduce che cerca un lavoro Copyright « II Dramma ». - Vietata la riproduzione anche parziale. VOLTI E ATTEGGIAMENTI DEL TEATRO NEGRO

Sopra: L’attore CHARLES GILPIN, il primo e più grande interprete di Imperatore Jones di O’Neill * Sotto: Ethel Waters, in Le figlie di Mamba di Du Bose - Heyward

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Sopra: Nel seno di Abramo di Paul Green. Premio Pulitzer 1926. Attori: Frank Wilson; Rose Me Clendon; Abbie Mitchell * Sotto a sinistra: Verdi pascoli di M. Connelly, con Richard Harrison * A destra: Porgy di Du Bose - Heyward, con Frank Wilson; Georgette Harvey; Paul Robeson; Wesley Hill QUESTA

Elsa Meriini ha recitato, a Roma,’ La locandiera di Goldoni; con lei Cesco Baseggio Pilotto, in L'uragano di Ostrovvsky, al Piccolo Teatio di Milano (Foto Ghibli) 1

STAGIONE TEATRALE REGISTI DI QUESTA STAGIONE TEATRALE

Giorgio Streliler, per L'uragano di Ostrowsky, al Piccolo Teatro di Milano

Alessandro Brissoni, per Anfitrione 38 di Giiaudoux, al Teatro Nuovo di Milano. Nella foto sotto: Mario Landi, per Quattro donne di Marcel Mouloudji. la commedia di maggior successo del dicembre scorso, che pubblichiamo in questo fascicolo Ebbene, bambino ha recitato e ha scritto dialoghi per il teatro; perciò, si corre il rischio di pen­ sarlo tra le quinte e le ribalte anche allora. E notate che, a re­ citare, ha cominciato male; cioè cosi infarinato o incarbonato, che la sua mamma, a vedere quel bimbo mal tinto, esclamò: « che orrore » e si coprì gli oc­ chi con le mani. Pochi anni do­ po, dodicenne o tredicenne, scrisse, con un collaboratore un po' più maturo di lui, una com­ media intitolata Casigliani, che fu presentata a Ermete Novelli. Nelle sacre tavole della storia del teatro non si legge che quel­ la commedia sia stata rappre- I sentata; e neppure si legge che abbia conosciuto i fuochi della ribalta un'altra commedia in un alto, che Sabatino scrisse poco più che sedicenne, e che fu letta da Francesco Garzes e da Er­ mete Zacconi; e l'uno e l'altro gli scrissero lodandone il dìa- ■ logo. Fin da allora! Felice pre­ cocità! Quante commedie ha scritto dopo, il nostro Lopez? Quanti dialoghi schietti, vividi, sapo­ riti, comici e drammatici ha in­ trecciato, da allora, tra perso­ SABATINO naggi ben osservati o bene in­ ventati? lo mi rallegro che i IL 10 DICEMBRE 1947, SABATINO LOPEZ, ILLUSTRE dialoghi, i personaggi, le com­ medie di Lopez siano numero­ COMMEDIOGRAFO, HA COMPIUTO OTTANTANNI sissimi; non solo per il grande * Sabatino Lopez compie gli ottani'anni. Per lo meno ho udito piacere che, a me spettatore, questa mormorazione, che egli, interrogato, non ha smentito. Se egli ha dato tante volte; ma essa ha, come Sabatino conierma, una base nei registri dello Stato anche perchè scrivere dialoghi Civile di Livorno, io mi procuro il piacere di immaginare questo scene e commedie è sempre sta­ caro amico, questo uomo esemplare, questo scrittore che ha dato to per lui fa gioia più lucente-, al nostro teatro tante commedie sì belle, com'era anche prima e perciò, negli ottani'anni che che lo conoscessi. Treni'anni or sono, o giù di lì, era un simpa­ coglie ora, sempre più buono, tico brunetto, vivido, cordiale, amico e protettore dei più giovani sempre più sereno e saggio, di lui, innamorato del teatro più di quanto lo si possa essere di molti giorni di felicità egli ha una bella Elena rediviva; ricondurre quel viso arguto, ridente, goduto. E ricordandoli, può an­ animato di scrittore già illustre all'espressione che doveva avere che dimenticare il male che la prima che i baffi gli spuntassero e gli si arricciassero, prima che crudele ingiustizia gli ha latto i suoi cappelli prendessero il vezzo o il vizio di piantarglisi un e sorridere, nella dolce tran­ po' indietro e un po' storti sui capelli neri densi e corti, e, in un quillità della sua casa, accanto angolo della bocca, gli spuntasse, per vegetazione spontanea, un alla sua Sisa, contento, ben a virginia pressoché perenne, perchè era più spesso spento che ragione, dei suoi due figli e di acceso, non mi riesce facile, e mi sarebbe gradevole. Quel bene­ tutte quelle figliole, tanto spes­ detto uomo ha fatto tante cose nella vita, e tutte degne che ci so ben maritate col successo, fanno sempre pensare a lui non più fanciullino, non più ragazzo-, che sono le sue commedie. Tan­ ma qualche cosa avrà pur fatto anche da ragazzo, che appartenga ti auguri, Sabatino. proprio alla puerizia, sì che mi sia dato di ricostruirlo bambino. Renaio Si moni da quelle invenzioni assurde, paradossali, che, appena formu­ late, rientravano nella normalità del buon senso e di un'osser­ vazione minuta e lepida. Era per sin riuscito a creare dei mezzi- caratteri; e di lui si era profetizzato, a proposito di M. Codomat, che sarebbe arrivato alle grandi commedie di carattere. Si fermò al « vaudeville » con certi personaggi alquanto meccanizzati e con­ venzionali, nati e viventi sugli equivoci da palcoscenico ma anche sorretti da un realismo di tocchi, calzante e larsesco. Rappresentandosi nel 1907 Monsieur Codomat, Maurice Bois- sard, critico deliziosissimo e bizzarro, disse che, avendo un'altra volta accennato alla iredda mistificazione di Bernard, voleva ora parlare di qualcosa d'altro, dei suoi doni di osservatore fine e ra­ pido. La trovata del personaggio di Codomat era felice, umoristica su uno sfondo naturalistico: tipo di borghese di una gravità e mae­ stà imponenti, solido di princìpi, attornialo da un'alta considera­ zione, bell'uomo. Ma per mantenere la famigliuola, questo cittadino integerrimo proteggeva le ragazze facili, s'era preso sotto l'ala del moralismo una cocotte di cui era l'amante e alla quale spil­ lava quattrini avuti da altri uomini. Ironia sorniona1 e in Co­ domat si vide poi la trasfigurazione del celebre Le Trouhadec, di Jules Romains. Fantasioso nello spunto, egli si aggirava volen­ tieri in un mondo di personaggi di poco conto: e gli episodi, gli atteggiamenti riuscivano particolarmente vivi quanto più erano tratteggiati iamigliarmente, con indifferenza e disinvol­ tura. A volte la disinvoltura era troppa e l'abbozzo di una buona commedia si perdeva ed era un peccato. Da questo « vau- devilliste » traspariva un moralista. E' suo quel Jules, Juliette e Julien, eh'è fatto di personaggi senza rilievo, di una vicenda ba­ nale, e che pur ha una sua conclusione piuttosto amara, diremmo desolata nella serie dei luoghi comuni. Una giovane va sposa a m i o un uomo ricco, pedante, previdentissimo, anti-lirico e anti-av- venturoso-, qualunque donna, anche la più paperina, desidera, al­ f bre 19,47 è morto a Parigi rnarifr meno negli otto o dieci giorni della luna di miele, un po' d'av­ ventura, un po' di lirismo. E la sposina si prende un amante. Non è una grande esperienza. Confessa tutto al marito, e allora il pedante rivela improvvisamente la sua tenerezza celata. E la vita dei due si rifà modesta e mediocre, come per tanti altri milioni . Bernard era diven- di creature. Manca a questa commedia l'estro capriccioso e pro­ p la cerchia di Parigi, fondo, ch'è il dono degli autentici umoristi. Ma i personaggi par­ ie di più modesto ma tecipano a un gioco futile e pungente di scettica malinconia e di Shaw. I suoi motti di satira. La satira di certa società borghese si propaga in un dia­ spiri/o erano subito dittusi, le logo di battute leggere, indefinibili e spiritose, procede gaia, ¡ri­ sue/sentenze sui latti del gior­ volo, diffusa in una fredda superficialità di « boutades », che quasi no, i pareri, le battute amene, tendono a velare le intime intenzioni dello scrittore. Nella svaga- ripetuti con compiaciuta ilarità. tezza comica, v'è un modo petulante, malizioso, evasivo, imper­ I giornali pubblicavano volen­ tinente, che vivifica le più fuggevoli allusioni. tieri le sue trovate con la loto- Nei momenti meno felici questo modo diventava fine a se grafía accanto; e quella gran stesso, e le sue commedie ci si presentavano amene e scialbe. Ma barba candida, l'occhio largo e alcune sue piccole invenzioni divennero celebri; si pensi a Tri- ruvido, e nell'arguzia quasi se­ plepatte (1), toccato con fantasia lieve, con calmo sorriso. Enu­ vero, erano popolarissimi. L'u­ merare titoli è forse inutile; essi non richiamano gran che di un morismo di Bernard aveva un autor comico che non si raccomanda all'approfondimento dei temi, che di bonario, lo stile un che ma al dialogo brillante, lepido e fuggitivo. L'Anglais tei qu’on le di placido e ílemmatico, i suoi parie, Daisy, Le petit café, Le sexe fort: v'è un po' dappertutto personaggi apparivano sbanda­ verità e buonumore, figurine schematiche e sparsa virtù d'osser- ti, indecisi, indolenti. Era stato romanziere, giornalista, autore (1) « Il Dramma », vecchie serie, n. 6, del Io maggio 1926. di teatro. E al teatro dovette la celebrità. Ma il tono era sem­ pre quello: comicità che nasce da piccole cose, da un nulla, o vatore e moralista. Scoperta la misura di questo autore di com­ in cui sono vissuto e con la medie e romanziere (i Mémoires d’un jeune homme bien rangé quale mi trovavo poi perfetta­ del 1899 sono il suo libro più celebrato), trovata la sua vena ch'è mente d’accordo nell'apprezzare un'amenità distaccata e disincantata entro un involucro lucci­ le manifestazioni intelligenti de­ cante, si può assaporarne lietamente l'istinto comico e il dilet­ gli amabili peccati della carne. Non nego. Può essere vero o toso artificio. E le sue figurette a volta a volta automatiche o au­ abbastanza vero come qualsiasi tonome, saranno pur esse rappresentazione di un tipico mondo, altra cosa — qualsiasi altra del­ un po' vero e un po' falso tra l'800 e '900, e testimoni di un modo le tante cose — che si sono det­ frivolo, ironico non senza qualche malinconia, di interpretarlo con te o scritte: su di me. Ma ciò parole leste e facili. Francesco Bcrnardclli appartiene al passato. Ciò ri­ guarda un Tristan Bernard con il quale io non ho più nulla da dividere, che appena appena ri­ cordo. Un Tristan Bernard che, probabilmente, ai tedeschi ve­ nuti per arrestarlo con relegan­ te pretesto delle misure razziali, non avrebbe detto come questo che rimane: « Grazie, amici. Fin qui mia moglie ed io siamo vis­ suti neirinquistudine. Voi, ora, ci portate a vivere nella speran­ za ». I nazi. Li avevo già cono­ * « Quest'autore estroso e ironico — scriveva quarantanni fa il sciuti un’altra volta, quando e- castigato abate Louis Béthléem in un suo libretto intitolato Les rano stati nel mio appartamento pièces de théàlre — non è da collocarsi fra quelli che si distin­ di rue Villaret-de-Joyeuse a guono per eccezionale rispetto dei costumi e della decenza... ». Cannes, e ne avevano asportato Quell'autore ero io che, al tempo in cui si fermava su di me danaro e gioielli. E, purtroppo, questo disinvolto giudizio, avevo passato da poco la quarantina. anche la mia gioia di vivere. E dunque ancora per tanti anni, quanti ce ne son voluti per colmare la mia vita fino a quest'ottantesimo in cui scrivo, io ho Vorrei ritrovare il mio vec­ dovuto ascoltare e leggere di me la definizione che il vecchio chio abate:: per presentarmi a abate, incerto fra il professionale orrore per il peccato e l'umana lui dal seggiolone di questi compiacenza per le forme più amabili di esso, aveva formulato miei tanti anni, e parlare con una volta per tutte. Personalmente, però, non credo di aver mai lui con le mie parole di adesso dato soverchio peso al giudizio del mio prossimo, abate o no. — di uomo solo, senza più ami­ Dirò, anzi, che non mi sono mai curato del mio prossimo. Il bene ci, senza più illusioni (morte e il male che di me ha potuto' dire o non dire la gente è sempre anche le poche che mi hanno stato escluso dal mio orizzonte emotivo. A Tristan Bernard è aiutato a vivere, parecchio tem­ stata sempre a cuore soprattutto la stima di Tristan Bernard. Per po fa), senza più quella mali­ .guadagnarmela, questa autoconsiderazione, non mi sono rispar­ zia ch'egli, povero caro abate, miato mai, dedicandomi al mio lavoro con applicazione forse un constatava perplesso — e pre- poco bizzarra ma sistematica @ aliena da compromessi. Come : parlo di ringraziare per me il quando, scritta una commedia nuova, ne fermavo il titolo possi­ suo buon Dio che tante brutte bile su una mia lavagnetta che tenevo ad una parete di casa ■— cose mi ha fatto vedere in que- a modo di domestico cartellone — e sostavo sovente dinnanzi ad essa nel corso della giornata a considerare « l'effetto », ogni volta ■ sti miei ultimi anni perchè io paragonandolo con i miei riflessi di uomo della strada oltre che di me ne potessi andare senza scrittore. E se, passandogli davanti e sempre rileggendolo, il rimpianto. Tristan Bernard titolo non mi dava un senso di fastidio fisico, di nausea, allora Il brano che abbiamo riportato lo ritenevo valido e senz'altro lo adottavo. Nel caso contrario, appartiene al volume di Memorie un colpo di spugna alla lavagnetta e un altro titolo alla prova. cui Tristan Bernard ha lavoralo*in quésti" Ultimi ' mesi e che uscirà Si è detto e scritto di me che, preciso in fondo a tutti i placidi prossimamente. Il nostro Marcel Le nonconformisti del mio Ottocento, io avrei limitato la mia critica Due lo ha ottenuto dalla gentile e il mio ironico dissenso alle stortura superficiali della società concessione dell’editore. # André Obey, non è molto noto alla vita teatrale italiana, sebbene nessuno può aver dimenticato quel capolavoro del suo esordio, nel 1931, che è La Q U E S T A sorridente signora Beudet, scritta in collaborazione con il già celebre, al­ lora, Denys Amiel. ^ Renato Simoni ha scritto, l’indo­ mani della, rappresentazione: « Gen­ ^ Al Teatro delle Arti di Roma, la Compagnia «Città di Roma» - dell’Istituto tilissima commedia, leggiadra come de! Dramma italiano - ha rappresentato, il 15 Dicembre 19-17, la nuova una fiaba, religiosa come una pre­ ghiera pronunciata da un fanciullo, commedia in 1 redatti di Leopoldo Trieste : N. N. Prima recita in Italia. viva di colori mattutini, eppure, in fondo, velata un poco di una mesti­ I GIOVANI AUTORI E LEOPOLDO TRIESTE — Anche in teatro, zia vespertina. Essa ci presenta la la questiofie ideU’uovo e della gallina. Gli attori e i registi sostengono semplice storia di Noè, presso a poco come la narra la Genesi, vissuta da perfln0''dalla ribalta che non possono rappresentare lavori di giovani uomini antichi e bonariamente leg­ autori, perche non trovano mai quel copione che ne valga la pena. gendari che parlano però il nostro I giovani autori ribattono difendendo il valore delle proprie opere, linguaggio ricco di cose e di espe­ e aggiungendo, per scrupolo di coscienza, che non potranno mai di­ rienze moderne: eppure, malgrado questo anacronismo, o forse per effetto venire autori veri e propri finché non saranno in possesso dell’espe­ di esso, che li scioglie da ogni so'.en- rienza di palcoscenico, e non oltrepasseranno le prime necessarie nità, restano gustosamente ingenui ». prove. Ma non gliele consentono, appunto, perchè non hanno espe­ « Qual’è il segreto di freschezza e di grazia che rende mirabilmen.e in­ rienza... E qui interviene la Direzione Generale del Teatro, promet­ teressante questa rievocazione bibli­ tendo larghi premi a chi rappresenterà novità italiane. ca? Una specie di fanciullezza dei Tutti hanno ragione e tutti hanno torto. Alle Compagnie si può personaggi. Tutti, compreso il vec­ chio Noè, che al tempo del Diluvio osservare che, se mancano i capolavori, non mancano però le opere aveva già qualche secolo sul grop­ degne di essere rappresentate, più dei lavori stranieri che vengono pone, vivono con anima adolescente abbondantemente importati. Ma anche a questa obbiezione si muo­ in un mondo che rinasce. La Bibbia ci dice che prima che Dio sterminas­ ve obbiezione: gli autori stranieri sono già staiti provati su altri pal­ se 'l’umanità divenuta malvagia, vive­ coscenici, spesso con ottimo esito, e si può avere quindi una certa vano, tra gli uomini, nefandissimi i garanzia. Per di più, siccome questa situazione dura almeno da un giganti. In questa commedia i giganti sono morti; e sono morti tutti gli decennio, i nostri autori, giovani e non più giovani, per il fatto adulti; e sull’arca sono rimasti solo stesso di non essere mai rappresentati, soffrono di una specie di i cuori fervidamente giovanili. Il di­ anchilosi che li rende meno teatrali e meno abili di quelli stranieri. sastro che ha distrutto quasi tutto il seme d’Adamo, i pericoli che Noè e A parità di valori è quasi sempre l’autore straniero il più esperto, e i suoi figli corrono, la gioia che pro­ quindi il più grato al pubblico. vano quando torna il santo sole dopo Inoltre: ho letto anch’io, perchè penso che sia doveroso farlo, i le orribili pioggie, i loro sgomenti, le sorprese e il rapimento quando la migliori copioni dei giovani autori. Devo confessare che per pochis­ colomba torna, la felicità di rivedere simi di essi mi sentirei di combattere a spada tratta nel seno di una la terra e di ricamminarla, sono pre­ nostra Compagnia, già in difficoltà finanziarie con un repertorio nor­ sentati, detti, vissuti, con semplicità d’anima, con una felicità addirittura male. A questo potranno ovviare i premi ministeriali. Ma non si elementare che incita ai giuochi e tratta che di un rimedio, e come tale, del tutto provvisorio. alle danze. Questo fervore di vita Per un lungo periodo, dopo la Rivoluzione Francese, il teatro di identificato con la primitività che non conosce complicazioni spirituali, prosa, come artigianato e come industria, ha avuto una sua norma­ e che, anche del divino ha un senso le ragione d’essere economica, come qualsiasi impresa. Ora in molti tra riverente e confidenziale, ci ha paesi, se non in tutti, il rischio è talmente cresciuto, che questa ra­ sorriso con purezza gaia e lieve e trasparente. Ecco il perchè del vivo gione si è persa. Lo Stato e gli Enti pubblici ne assumono la gestione successo della commedia di Obey ». ed il teatro prende dal suo canto una fisionomia culturale, culturale purtroppo anche in senso scolastico. Cessano le difficoltà economi­ NEL PROSSIMO FASCI- che, sorgono 'difficoltà di altro genere. Comunque la vita degdi autori CO LO PUBBLICHEREMO è assicurata, ed il cammino si spiana anche per i giovani. Da noi si è ancora alle mezze misure. E non so d’altra parte fino a qual punto potrebbe essere utile al teatro cadere nelle mani della amministrazione statale. Allora? Vi sono molte ed anche eccellenti iniziative giovanili che tendono a sottrarre il teatro all’impresa pri­ vata. Spetta ad esse far conoscere i giovani autori, tanto più che avendo ima sede stabile e formazioni poco costose, possono affrontare la rappresentazione con minori alee. Diversi errori, come è inevita­ bile, accompagnano il sorgere di questi nuovi teatri, in cui tutti ve­ COMMEDIA IN CINQUE ATTI DI diamo il fondamento di un sistema organizzativo nuovo e salutare per l’Italia. Il meno scusabile mi sembra quello di non dare larga A N D R É O B E Y parte al nuovo repertorio italiano. Con tutto il rispetto per Giacosa, credo assai più adatti da ogni punto di vista, per inaugurare questi VERSIONE ITALIANA DI MAUD giovani teatri, Pinelli o Fabbri, Zerboni o Joppolo, Chiesa o Troiani, ED ALESSANDRO BRISSON1 dovine o Terra (giovani come autori teatrali). Affermano che occor­ Rappresentata al Teatro del Vieux re prima farsi le ossa con i classici. Ma solo i grandissimi fra i clas­ Colombier di Parigi, con le scene di Barsacq ed i costumi di Dasté, l’opera sici hanno un vero richiamo (a meno che gli altri non siano legati fu anche inscenata, per la prima volta ad una singolare interpretazione). Non si confonda ancora la storia in Italia, al Teatro dell’Arte di Mi­ del teatro con il teatro! E ad ogni modo, si lasci fare la storia del lano. il 23 novembre 1946. con la re­ gia di Bnssom ed ì cosxumi di M. teatro ad organismi saldi e attrezzati come la « Comédie Française » Strudthoff. e i diversi Teatri Nazionali, che a questo ormai si rassegnano. COPERTINA A COLORI Alle iniziative di nuovo tipo, che non vogliono adottare il reper­ DI FULVIO BIANCONI torio normale, spetta quindi di far conoscere i giovani autori. I gio- STAGIONE TEATRALE

vani autori contribuiscano sotto e ai cattivi da melodramma (iper durra). Le scene di Mario Chiari, ogni forma a farlo sorgere. Ac­ quanto Millo abbia dato al suo così vive e forti di colore, anda­ canto al compito di avvicinare personaggio una naturalezza e vano oltre il dramma: per stile nuovamente il teatro ai C6ti me­ una verità ammirevoli, e Paola e significato. Gli applausi sono di e al proletariato, che oggi ne Veneroni al suo un accento stati caldi e amichevoli: non si sono respinti per tante ragioni, schietto e puro). Non crediamo può non essere amici di un gio­ questa mi sembra, su di un pia­ alle prostitute (anche se hanno >a vane autore così dotato e coscien­ no artistico, la vera ragione di prestito il dolore e la bellezza di te come Trieste. Ma bisogna trat­ essere dei nuovi teatri. E solo Anna Proclemer) e nemmeno ai tenerlo a tempo dalla china del­ quando saranno rappresentati, piccolo-borghesi di buon cuore la facilità e della oleografia. potremo dare un quadro esau­ (con il simpatico aspetto di Scan- Tito Pandoliì riente dei nostri giovani autori. Leopoldo Trieste fa eccezione alla regola. Da tre anni, in ogni stagione, abbiamo assistito ad un suo dramma. Non si può affer­ mare che ciò sia dovuto ad una sua effettiva superiorità sugli altri autori. Piuttosto ad una sua maggiore duttilità, alla circostan­ za favorevole di un maggiore realismo teatrale, all’abile fattu­ ra del dialogo e delle scene (so­ prattutto in Cronaca). Più matu­ ro di altri, Trieste ha saputo mo­ derare le ambizioni e i propositi, così da non abbandonare mai il necessario terreno della reaità e ha preferito la cronaca alle ri­ cette metafisiche. E’ rimasto vo­ lutamente nell’ambito della pro­ duzione media : in Cronaca con scorci acuti e rivelatori. Ma que­ sto N. N., che è stato presentato con vero amore e con sottile in­ telligenza dalla regìa di Gerardo Guerrieri, ha denunciato tutti i pericoli della sua tattica: che sono molti. Capita spesso, ed è capitato anche a Trieste, che più ci si intende avvicinare alla real­ Al Teatro Odeon dì Milano, il 10 più contendere quell’oggetto agli tà, più si è portati a vederla con dicembre 1917, la Compagnia Adani altri compratori, confida il suo occhio consueto e sotto la specie Cimara ha rappresentalo la com­ grave segreto a un’amica presen­ della convenzione. Si trova il media in (re alti di Aldo De Be­ te, Laura Varelli, che, avendo mondo corretto e torbido come nedetti: L’A KM ADI ETTO CINESE. anch’ella amorosamente carteg­ non mai (invece che come sem­ giato col conte, teme che nell’ar- pre) e gli si accosta un po’ di I mobili, i quadri, tutto l’arre­ madietto ci siano, forse, lettere morale. Dopoguerra, depravazio­ damento e la decorazione del­ sue. Le complici ansie delle due ne, gioventù perduta da un lato, l’appartamento elegante di un belle donne acuiscono la gara; dall’altro gli ideali della mater­ conte che, prima di rovinarsi, ha e i mariti di esse, per ilare punti­ nità e infanzia. Siamo invece in ricevuto nelle sue stanze molte glio, fanno salire a cifre altissi­ un dopoguerra come gli altri, belle signore arrendevoli, sta per me le offerte. L’asta si svolge con purtroppo tendente al bigottismo essere venduto all’asta. Tra que­ animazione molto comica; e su al punto da trascinare anche i gli oggetti è un armadietto ci­ di essa trema l’ombra delle ap­ bene intenzionati come Leopoldo nese, ricco di ripostigli. La si­ pendici frontali dei due uomini. Trieste. gnora Francesca Pieri mostra un Le appendici frontali hanno Facciamo molto caso alla cro­ desiderio inquieto di entrarne in rameggiato in molto teatro, at­ naca nera, perchè il fascismo per possesso; e ne ha ben ragione. traverso i secoli. Nella sua svelta vent’anni l’aveva abolita. Non e- In uno dei cassettini di quello sti­ e piacevole commedia Aldo De sitiamo a scagliarci dal pulpito po son rimaste chiuse le lettere Benedetti si riattacca con mali­ contro lo smarrimento delle co­ compromettenti che ella ha scrit­ zia bonaria e giocosa al vecchio scienze. Ma in realtà neanche to al conte fallito; e quando, tema. Ecco, l’armadietto che il ora riusciamo a credere ai buoni sopraggiunto suo marito, non osa marito di Francesca ha pagato quasi centomila lire — e ne po­ teva valere duemila — è ora in casa del suo nuovo proprietario, il marito di Francesca; e costei e l’amica Laura, corsa da lei, cercano di far scattare le sue molle segrete, fin che i loro ma­ riti sono lontani; e trepidano, tremano, allibiscono, parecchie volte interrotte nei loro sforzi vani. Poi, presenti i due uomini che, incuriositi, frugano anche essi neU’armadietto, da prima lo spavento di Francesca e idi Lau­ ra si stempera nel ritmo d’una musichetta da carillon che sgor­ ga dal mobile misterioso; poi, ohimè, saltan fuori anche lette­ re; e le signore inventano mille pretesti perchè i mariti non le leggano e suscitano così i loro sospetti: ma quando poi essi le leggono, quelle epistole risultano IL SECONDO VOLUME DELLA COLLANA tutt’altro che pericolose: sono conti non pagati, cambiali pro­ I CAPOLAVORI ESCE IN QUESTE SETTIMANE testate. La commedia, che ha fatto il suo giuoco senza inventare la pol­ vere, ma divertendo, avrebbe, a questo punto, esaurito il suo te­ ma; ma essa è una di quelle che i francesi chiamavano, molti an­ ni fa, à tiroir, e si rinnova, non per interna propulsione ma per FIGLIO aggiunti episodi. Ecco, giunge un personaggio misterioso, mandato UN GRANDE MAESTRO DEL TEATRO dal conte in rovina, e chiede, a ♦ Questo volume raccoglie le quindici opere più note ed nome di costui, di togliere dal- universalmente conosciute del maggior rappresentante l’anmadietto mi pacco di lettere del Teatro Romantico: Dumas, figlio: LA SIGNORA DAL­ di donna che vi sta chiuso; e in­ LE CAMELIE - DIANA DE LYS - DEMI-MONDE - LA QUESTIONE DANARO - IL FIGLIO NATURALE - fatti le trova e poi, per distrug­ UN PADRE PRODIGO - L’AMICO DELLE DONNE - gerle, le butta nel caminetto. Il LE IDEE DI MADAME AUBRAY - LA PRINCIPESSA fuoco comincia a divorarle e GIORGIO - LA MOGLIE DI CLAUDIO - IL SIGNOR nei rimasugli bruciaticci di quel­ ALFONSO - LA STRANIERA - LA PRINCIPESSA DI BAGDAD - DIONISIA - FRANCILLON. Tutte le versioni le carte la commedia trova un sono state condotte, espressamente per noi, sulla edi­ pretesto per rinnovarsi; quei ri­ zione definitiva Michel Lévy, 1867; quella alla quale masugli sono adorni di caratte­ Alessandro Dumas, figlio, fece precedere alla « Signora dalle camelie » la storia vera dell’eroina del romanzo e ri che i due mariti conoscono del dramma: Alfonsina Plessis. Storia che è interamente troppo; la gelosia si'acuisce; co­ riportata, per la prima volta, in questo volume. Ogni minciano due interrogatori che commedia ha un cenno introduttivo a sè, e l’opera gene­ rale ha un saggio di Renato Simoni. Le versioni, si svolgono un po’ secondo la rispettivamente come sopra elencate, sono di: Lucio Ri­ tradizione, con atteggiamenti denti - Piero Ottolini - Domenico Lanza - Manliio Dazzi delle due signore e dei due signo­ - Eligio Possenti - Gino Damerini - Alessandro Varaldo ri già stinti da molte luci di ri­ - Mario Corsi - Carlo Lari - Lorenzo Gigli - Aldo Ca­ merino - Celso Salvini - Bruno Brunelli - Piero Rai­ balte; ma il De Benedetti ha la mondi - Gigi Michelotti. mano felice e tocca con leggerez­ za vecchi temi e trova modo 'di ♦ Sono state fatte due edizioni: una normale; l’altra di lusso, come per l’IBSEN, il nostro primo volume della interessare. Che succederà ora? Collana « I Capolavori ». Prenotate il volume che deside­ Entra un secondo personaggio rate: se vi occupate di Teatro, non potete farne a meno. sconosciuto, un poliziotto che, come sapremo poi, non è un po­ L’EDIZIONE COMUNE COSTA L. 3200 * L’EDIZIONE DI LUSSO, liziotto; e costui spaventa tutti ♦ AD PERSONAM- CON RILEGATURA DA AMA'I’ORE L. 4500 con un’accusa di spionaggio che il molto denaro pagato per l’ar- FnmnMI ni «Il I1RAMMA» EDITRICE SET - C: VAI COCCO. 9 - TORINO madietto e le lettere buttate al fuoco e altre circostanze giusti- ficano; e i due mariti, quando ma della separazione; ma nei cor­ voler darsi la morte ma rifiuta quell’oscuro pericolo si dissolve, so degli anni di lontananza, cia­ di dire perchè. non hanno più voglia di essere scuno dei due si è svolto alteran­ Le querele contro ignoto non gelosi; anzi coccolano le loro do l’immagine che di sè aveva la­ sono nuove al teatro. La prima, donne, e, traditi da esse, ridono sciato all’altro; e ora, avidi del­ forse, la pronunciò l’Edipo così di sè perchè hanno sospettato di l’amore di prima, non lo ritrova­ detto Coloneo prima di morire, no più; il auarto querelante e protestando contro l’ingiustizia esse. Il finto poliziotto ha com­ morituro è Plusckin, che non ha del Fato — cioè dell’ignoto per piuto la sua missione. da lamentarsi che dell’antipatia eccellenza; — questi querelanti La commedia dilettosa e legge­ che effonde, o crede di effondere, di Neveux, per metà sofferenti ra finisce allegra, tra gli applau­ da sè; è stanco del suo viso ug­ e per metà umoristici, per metà si del pubblico, che sono stati gioso, che gli pare proietti l ’ug­ uomini e per metà concetti, ri­ caldi e frequenti e ripetuti dopo gia nella vita che lo circonda, mangono sospesi nel limbo dei ogni atto. L’armadietto cinese è soffre per la impossibilità di su­ personaggi non compiutamente stato recitato bene, con sincerità scitare vivacità, cordialità, pensie­ nati. Ma non lo danno troppo a vivace e con garbo giocondo da ri di bellezza intorno a sè. Aveva divedere e interessano forse più Laura Adani; da Andreina Paul convissuto con una moglie inco­ perchè sembrano veri, che per il lore, goffa, timida, mal vestita e « grottesco » che compongono. Il con comicità e misura; e da Ci- se n’era liberato col divorzio; ed procuratore Karaul s’affanna a mara, da Calindri, da Franco ecco quella femmina stinta, pas­ dimostrare ad essi che la vita è Volpi e da Ernesto Sabbatini con sando ad altre nozze, era diven­ bella; e, per provarlo, descrive la la più schietta amenità. tata una stupenda signora, vivi­ propria vita. Procuratore impru­ Renato Simoni da, affascinante, desiderata. Que­ dente! La felicità che egli de­ sti quattro, prima di uccidersi, canta è quella ch’egli prova sve­ % AI «Pircnlò IVufro» di Milano, il vogliono, con un atto legale, pro­ gliandosi nel letto soffice, o fa­ 17 diesimire, "1947, la Compagnia testare contro chi li ha fatti così cendo il bagno, o spirando auto­ stabile dcLrealro stesso, ha rappre- e li ha ammessi nella loro infe­ revolezza dai gesti e dai sorrìsi. seiriatoyfa commedia in due alti di licità. Dio, o l’ignoto querelato, Qui la commedia rivela un suo Giorgio Neveaux: QUKUK1.A CON-, kveva la possibilità di farli na­ intento parodistico; perchè alle 'I RÒ IGNOTO, nella prima veri scere alla gioia e alla serenità. sottigliezze delle infelicità dei pri­ ..sione italiana di Giancarlo Vigorclli. Per quale crudeltà non l’ha fatto? mi quattro querelanti contrappo­ (Sono dunque irresponsabili del­ ne una felicità idiota gonfia e Quattro persone si presentano, la loro vita e dei loro mali; il flaccida e sciacquata, da farsa. I a Ivan Karaul, procuratore im­ contrario degli uomini di Sartre; morituri non hanno da fare gran­ periale, nel 1910, in una piccola appariscono avvolti da un’aura de fatica a dimostrare a Karaul città russa, per sporgere una que­ da Processo di Kafka; accusato­ che egli è ben più infelice di lo­ rela cumulativa contro Dio; e poi­ ri, non accusati, e sciolti da ogni ro; e gli propongono di pren­ ché il degno magistrato non per­ ombra d’enigma e di mistero. dere coscienza di sè e di guardarsi mette che si manchi di rispetto Il procuratore Karaul, che è a vivere in uno specchio piran­ alla divinità, si rassegnano a que­ un uomo contento di sè, è preso delliano. E mentre egli s’accorge relare un ignoto, cioè quella tra­ da un sentimento di pietà per la d’essere un povero uomo, essi si scendenza, quella potenza, quel « disperazione » kierkegaardiana rendono conto che l’aver sofferto è o T « angoscia » esistenzialista di ricchezza, e bellezza di vita; e non mistero che ha creato l’uomo. I pensano più a uccidersi, anche quattro accusatori sono disperata- quei quattro; pietà che nasce in perchè vengono a sapere che la mente infelici, tanto che hanno ilui dal bisogno di sapere che tut- povera prostituta che s’è aggiun­ deciso di uccidersi; uno, Kopak, Iti intorno a lui sono contenti, o ta ad essi, desidera la morte per­ perchè, dopo essere stato povero almeno di non sapere con preci­ chè sta per essere madre, e non per tant’annì e aver patito la fa­ sione che ci sono degli infelici vuole che le nasca un figlio che poi me e la privazione di ogni bene, e dei morituri. Nell’ironia segreta si vergogni di lei. L’annunzio di ha vinto un milione di rubli alla della commedia, che talora ha quella maternità empie i cuori di lotteria e ora tutte le pingui sfumature parodistiche, ma spes­ tutti di zuccherina sentimentali­ possibilità che gli si offrono, gli so anche ha accenti e intere sce­ tà. La commedia ironica, acuta, ricordano con maggiore pietà, le ne drammatiche, questo perso­ mordente, e spesso prolissa, più miserie del passato, e, per di più, naggio del procuratore è, fino a volte inciampante nelle vecchie lo costringono a immaginare i che non ha funzioni dimostrati­ formule, pur per esprimere idee mille e mille e millanta volte mil­ ve, il più spiccato e meglio respi­ non vecchie, si risolve con la ri­ le che ora sono poveri e denutriti rante. Egli pianta sull’uscio del­ nuncia alla querela contro Dio e al suicidio dei querelanti. Il solo come egli era prima; sì che ogni la sua casa qualche agente di po­ che si uccide è il procuratore, cibo e ogni agio gli sanno ormai lizia, per impedire che i quattro l’uomo che si credeva felice e s’è di cenere e tosco; altri due, Mi­ visitatori vadano in giro per la accorto d’essere senza passioni chele e Dora, vogliono morire città a uccidersi. Ed ecco che la senza amici, senza ricordi di do­ perchè, sposi innamorati e fede­ presenza e i discorsi della polizia lori e di pianto : vuoto. li, sono stati divisi dalla guerra; attirano in casa del procuratore Querela contro ignoto, limpida­ e durante la separazione, Miche­ due altri inattesi querelanti e mente tradotta da Giancarlo Vi- le, prima combattente e poi pri­ morituri: una vecchia nonna cui, gorelli, è più appariscente per le gioniero, ha vagheggiato la sua enorme ingiustizia dell’arcano invenzioni esteriori (la stravagan­ donna secondo il ricordo visivo querelando, è morto un nipotino te querela contro Dio, il suicidio che ne portava con sè; e Dora ha fanciullo, e una giovane e sfinita cumulativo) che originale; ma ini pensato il marito quale era pri­ ragazza da strada che dichiara di pare, in ogni modo, un’opera no-

(// i, /o^¿£4 fe cJ^f t/O-t £■/ /> h*-¿*0 /ixìcetA /clC^ *2^ v tevole. E’ stata recitata, con l’ot­ tima regìa di Mario Landi, par­ ticolarmente bene. Valenti ed ade. guati all’assunto tutti gli attori; che la disattenzione per le cose Camillo Pilotto (applaudito anche artistiche, dovuta alla guerra, a scena aperta), per quella sua una leggenda si inserì tra le bella e sostanziosa e colorita cor­ pieghe di quei consensi, e cioè, dialità. Gianni Santuccio, attore ^ Quasi si fa uno sforzo a che la commedia —■ prima a di ricca natura e di esperta arte; portare la specifica di grotte- Lilla Brignone che a una parte dire o scrivere Luigi Chiarelli; non grande, seppe dare molto sono trini'anni che lo abbiamo Ì sco — si fosse trasformata nel­ poetico rilievo; la brava Mirella chiamato soltanto « Gigi ». E di le mani miracolose di Virgilio Pardi; l’Alzelmo, attore prezioso questo affettuoso vezzeggiativo Talli, e che da semplice dram­ Esperia Sperani e il Battistella. aveva ormai perfino l'esteriore ma, era diventata grottesco nel­ Ingegnosa la scena inventata dal amabilità, come aperto era il la trasposizione dei toni di re­ Ratto. I due lunghi atti furono suo volto al sorriso, pronto lo citazione. A questa assurda ascoltati con continua attenzio­ storiella, smentita mille volte e ne e ripetutamente applauditi. spirito attento e « romano » lo Renato limoni spolvero di spavalderia che lo mille altre riaccreditata, hanno fece caro ad Ettore Petrolini. E' perfino dato valore alcuni stra­ morto il 20 dicembre, nella sua nieri nella esposizione criti­ * Al Teatro Eliseo di Roma, il ca del Teatro italiano del pri­ 17 dicembre, la Compagnia di casa di Roma, Luigi Chiarelli, Renzo Ricci, ha ripreso il primo commediografo d'Italia, mo Novecento. La leggenda di Shakespeare. La tragedia — dopo la scomparsa di Pirandel­ nacque, invece, sia dalla uni­ forse la maggiore, o una delle lo. E' morto fisicamente, cioè, versale esaltazione dielle quali­ maggiori, senza dubbio, che conti che da tre anni la sua anima ha tà direttoriali di Virgilio Talli l’Arte — tramata d’un senso u- sgranato l'intero rosario della — che ogni difetto di opera o mano e religioso, commista di ter­ sofferenza materiale, ha soffer­ di interprete sapeva trasforma­ reno e di soprannaturale, di real­ to l'agonia dei « sepolti vivi », re in motivo di risorsa scenica; tà e d’incubo, è stata messa in poi perchè in quell'epoca, Talli, scena da Renzo Ricci, interprete di coloro che prima di irrigi­ e regista, con un impegno e tale dirsi davanti al segno della cat­ seguendo effettivamente tal me­ amore da ripagarci delle facilone, tiva compagna stanca d'aspet­ todo di trasposizione, aveva rie che andiamo registrando, a tare, un male atroce costringe a voltato in comico una brutta Roma stessa, in questa stagione sentire la morte salire lungo il commedia, « La moglie di Ar­ teatrale. Silvio d’Amico dice che corpo; salire ogni giorno di un turo », scritta e rappresentata « la furibonda passione di Renzo centimetro. Come Ettore Petro- seriamente. Caduta come dram­ Ricci per il teatro, che tutti co­ lini: la medesima lunga agonia ma, riapparve quale divertente nosciamo da un pezzo, l’abbiamo cosciente, la stessa interna di­ commedia e « La moglie di Ar­ risentita più che mai, evidente e sperazione, l'uguale involonta­ turo » rimase a lungo nel reper­ commovente in questo Macbeth. ria rinuncia alla vita. E' morto torio della Compagnia Talli, Vi si respiravano lo sforzo imma­ perciò veramente a sessantun per l'interpretazione di Alberto ne e l ’impegno minuto, l’amoro­ anno (era nato a Trani, nel Giovannini. L'eco di quella pa­ sissima cura di infiniti particolari radossale ed acrobatica inver­ e l’ingegnosa profusione dei modi 1886), ma solo per l'Ufficio di con cui tutti i problemi, di inter­ stalo civile. sione si confuse con la specifi­ pretazione estetica e di difficoltà Fu sempre, o parve, un uomo ca di « grottesco » della « Ma­ scenotecniche erano stati posti e sereno; accettò il successo, l'in­ schera »; specifica non ancora risolti dal Ricci attore e regista ». successo e qualche volta, pur­ bene assimilata dalla folla ac­ Renzo Ricci, come già in Amie­ troppo, anche l'indifferenza, corsa al richiamo dell'opera, to e Otello, ha toccato con questo con compassata imperturbabi­ ma di essa paga col superficiale suo Macbeth, la più alta misura lità. Il suo nome ha visto le ta- divertimento. Non fu difficile delle sue grandi qualità di inter­ belline dei teatri di tutto il mon­ da ciò generare un equivoco, prete. Un successo vivissimo ha do; la sua celebre commedia ripagato la sua bella e nobile fa­ mantenuto poi in vita da orec­ « La maschera e il volto » era, chianti inesperti e da collezio­ tica, quella di Èva Magni, assurta forse, il volto e la maschera dalla sua consueta dolcezza alla nisti di aneddoti in scatola. sua stessa. Forse l'uomo si na­ Della « Maschera e il volto » terribilità di Lady Macbeth, con scose sempre■ dietro l'artista; una volontà ed una misura lode- certo le irrequietezze dell'arti­ sanno tutti, in tutte le lingue. volissime, e di tutti i compagni •— sta furono sempre sorvegliate, L'assunto di essa consiste nel ed Oppi tra i migliori — che han­ grottesco della legalità condot­ no concorso a questa rappresen­ distese e placate dalla serenità dell'uomo. 11 primo turbamento ta all'assurdo, alla illegalità tazione, cui — estraneo lo Stato, estrema: la convenzione, pre­ gli interessi della direzione del seguì a ruota la già famosa, ap­ Teatro con le sue sovvenzioni, il pena nata, « Maschera »: nel valendo sul sentimento origina­ pettegolume della gente di tea­ momento stesso che il successo rio dell'animo: maschera e vol­ tro — ha ottenuto un consenso di clamoroso e prorompente pas­ to, parallele che non si incon­ pubblico sempre crescente, dalla sava le frontiere, superando an­ treranno mai. Perchè ciò avve- spontaneità dell’applauso alla o- vazione all’interprete. sua stessa opera e da quel tito­ w m m lo; divenne per i facili commen­ tatori « il fortunato autore del­ la maschera e il volto ». Pure, * Sono contento. Proprio conten­ scrisse negli anni seguenti, com­ to, perchè con A Streetcar Named medie eccellenti, e se qualcuna Desire (Un tram chiamato « De­ fallì in parte lo scopo, in altre siderio ») che ho visto al « Bar- ebbe risorse magnifiche. La rymore Theatre » credo di aver scala di seta; Fuochi d'artificio; assistito finalmente al varo di Le lacrime e le stelle; La mor­ una notevolissima opera di tea­ ta degli amanti; Yolli... Fin tro. Non dico capolavoro. Ma cer­ to una delle più notevoli opere qui un grande autore. Poi la di teatro 'di questi ultimi tempi. vena incominciò a scemargli, Tennessee Williams è stato all’al­ a venirgli meno quell'estro che tezza delle sue cose migliori e era la sua personalità: lo scher­ Jessica Tandy, come interprete, no irridente alternato all'azzur­ ha fornito una delle più splen­ ro della speranza e della fede, dide prestazioni che io le ricordi, cioè la sua saporosa originalità. entrando in carne e sangue nella Divenne uno « scrittore di com­ personalità dell’eroina. Veramen­ medie », e molte di esse fatica­ te, un caso da portare ad esempio rono a trovare la via della sce­ di faustissime nozze fra lo scrit­ tore e l’attore in quanto la pa­ na, altre uscirono malconce rola scritta e la sua proiezione dalla rappresentazione; alcune scenica hanno trovato la loro pie­ rimasero nel libro: Carne bian­ na esplicazione nella limpidezza ca; Enea come oggi; Pul­ dell’interpretazione con così per­ cinella ecc. Senza averne l'aria, fetta fusione che mi riesce dif­ anzi dimostrando il contrario, ficile identificare la linea di su­ ha scritto molto e lavorato sem­ tura alla quale la Tandy ha co­ pre; un certo momento si dedi­ minciato a infondere il calore cò anche alla pittura,

TUTTO IL TEATRO PIRANDELLIANO

IN UNA NUOVA EDIZIONE RILEGATA DIRETTA DA FRANCESCO FLORA ★ SOMMARIO

LU IG I PIRANDELLO LE LETTERE E LE ARTI * Traiano Boccalini - Ragguagli inediti. * Mai io Fubini - Motivi e figure della po­ lemica romantica. * Riccardo Bacchelli - Dieci anni di ansie. * Carlo Pellegrini - La contessa d’Albany. * Manlio Dazzi - Dino Campana. MASCHERE NUDE * Stefano Bottari - Nicola Pisano. * Raffaele Pettazzoni - Idea di una storia IL PRIMO VOLUME DI 658 PAGINE, RILEGATO E CON SOVRA- religiosa in Italia. COPERTA A COLORI DI GIORGIO TABET, COMPRENDE : VIVAIO * Domenico Rea - Mazza e panelle [racconto). * Piero Bigongiari - Un anno calmo [racconto). SEI PERSONAGGI IN CERCA * Giorgio Cabiobe - Significato dell’ermetismo. * Gianandrea Gavazzeni - Le domeniche D’AUTORE * CIASCUNO A SUO musicali. IL ROMANZO MODO * QUESTA SERA SI RECITA * Guido Piovene - I falsi redentori [fine). A SOGGETTO * L’UOMO DAL IDEE E MITI DEL TEMPO * Francesco Flora - Piogresso tecnico e FIORE IN BOCCA * IL GIOCO progresso morale. * Gabriele Pepe - Luigi Blanch, storiografo DELLE PARTI * IL PIACERE e pensatore politico. * Massimo Mila - Destino spagnuolo [Ri­ cordo di Renzo Giua). DELL’ONESTÀ * L’IMBECILLE * * Emilio Lavagnino - Danni di guerra ai monumenti dell’Italia centrale e setten­ L’UOMO, LA BESTIA E LA trionale. VIRTÙ * COME TU MI VUOI LE CRONACHE * Vito Pandolfi - Il diamma sovietico nelle vicende dell’Europa. Eccezionale favore ha riscontrato la nuovissima ristampa di I LIBRI * LE NOTIZIE tutto Pirandello in dieci «Omnibus». Dopo i primi due DELLE LETTERE dei quattro che raccoglieranno le NOVELLE PER UN ANNO, apparsi da qualche tempo nelle librerie, è CONDIZIONI uscito il primo dei quattro dedicati al teatro; gli DI ABBONAMENTO PER IL 1948 altri, compresi i due dei romanzi, seguiranno gradatamente. Abbonamento annuale per VItalia . L. 2500 Abbonamento annuale per l'estero . » 3500 Abbonamento semestrale per l'Italia » 1300 Abbonamento semestrale per l'estero » 2300 Fascicolo isolato per l'Italia . . . » 250 Fascicolo isolato per l'estero . . . » 330 Fascicolo arretrato per l'Italia . . » 350 Fascicolo arretrato per l'estero . . » 450 GENTILE EDITORE - MILANO REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE: VIA C. BATTISTI, 1 - TEL. 71-132 Lav and a L in e tti

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