Indice PARTE I

1. INTRODUZIONE...... 2

2. INQUADRAMENTO...... 3

2.1 ASPETTI CLIMATICI...... 4

2.2 ASPETTI GEOMORFOLOGICI...... 4

3. PAESAGGIO 5

3.1 PIANO TERRITORIALE PAESISTICO REGIONALE...... 5

3.2 PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE – RETE ECOLOGICA...... 6

4. USO DEL SUOLO...... 9

5. SUOLO ...... 10

6. IL COMPARTO AGRICOLO...... 14

7. CONCLUSIONI ...... 28

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1. INTRODUZIONE

La presente relazione è parte integrante dei Piani di Governo del Territorio (PGT) dei comuni di: , Provaglio V/S, Casto, Mura, , , , Anfo e . Ai sensi della L.R. n. 12/2005 nel PdR secondo l’art. 10, il PGT disciplina gli interventi sugli edifici e le aree ricomprese nel territorio comunale e tra queste anche le aree agricole. All’art. 15 (contenuti del piano territoriale di coordinamento provinciale), al comma 4 si demanda alla provincia la definizione degli ambiti destinati all’attività agricola analizzando le caratteristiche, le risorse naturali e le funzioni e dettando i criteri e le modalità per individuare a scala comunale le aree agricole. A questo proposito nel corso del processo di VAS e di definizione e studio dei 9 PGT si sono definite le aree agricole strategiche dei comuni indicate nell’allegato grafico. Per la stesura della relazione agronomica si fa riferimento, anche, alla DGR del 19/09/2008 n. 8/8059, che definisce i “Criteri per la definizione degli ambiti destinati all’attività agricola di interesse strategico nei Piani Territoriali di Coordinamento provinciale”. La stessa DGR elenca gli elementi di conoscenza per la caratterizzazione degli ambiti e sono:

 la valutazione e la classe del valore agroforestale;  gli aspetti socioeconomici del settore agro-silvo-pastorale;  la valutazione della vocazione turistica-fruitiva dell’attività agricola;  gli studi e le analisi esistenti in ordine all’economia del settore sotto il profilo della competitività;  la ricognizione della presenza di elementi naturali e di valenza ambientale connessi all’attività agricola, anche con riferimento alla rete ecologica;  la valutazione delle interferenze con le aree urbanizzate  le relazioni con le aree territoriali del Programma di sviluppo rurale 2007-2013.

La relazione che segue ha tenuto conto di quanto sopra, ma “modulando le analisi” in funzione del particolare contesto territoriale dei 9 comuni. Tutti appartengono, infatti, alla tipica realtà montana con elementi comuni come: la stretta commistione tra agricolo-residenziale ed industriale; la bassa produttività dei suoli per questioni climatiche e morfo-pedologiche; la grande propensione degli abitanti all’attività artigianale ed industriale e, non per minore importanza, la bassissima redditività del sistema agricolo montano.

Soprattutto per ciò che riguarda il valore agroforestale dei suoli, non si è ritenuto indispensabile fare approfondimenti attraverso elaborazioni dettagliate come indicato nella dgr sopra citata. L’ambito montano presenta un’alta valenza ambientale ed è in quest’ottica che si è cercato di analizzare il comparto agricolo, ovvero, mero strumento di difesa del suolo, conservazione della natura e delle tradizioni locali, comparto da sostenere e sviluppare ma come vettore, strumento per uno sviluppo turistico.

Sviluppo turistico auspicato anche dal Piano di Sviluppo Socio Economico della CMVS e sempre più necessario per “sostituire”, in parte, l’attività economica più tradizionale e a vocazione industriale con il duplice obiettivo di creare occupazione nel rispetto dell’ambiente.

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2. INQUADRAMENTO TERRITORIALE

I comuni di Anfo, Bione, Capovalle, Casto, Lavenone, Mura, Pertica Alta, Pertica Bassa e Provaglio V/S, appartengono, amministrativamente, alla provincia di . Essi fanno parte della Comunità Montana di Valle Sabbia che, geograficamente, è collocata nella parte nord-est della provincia stessa e confinante con la Regione Alto-Adige. I comuni appartengono alla media e alta Val Sabbia. Dal punto di vista amministrativo la Valle Sabbia inizia con e e termina a , abbracciando 25 comuni con poco meno di 60 mila ettari di territorio e con circa 59.000 abitanti. Nella media Val Sabbia si innestano sull’asta del due sistemi urbano industriali minori (ma non nella scala della valle), attorno ai torrenti Vrenda e Nozza. Il sistema del Vrenda da si protende verso Ovest, toccando , Bione e , allargandosi nella Conca d’Oro e giungendo a breve distanza in linea d’aria dal compatto insediamento di in Valle Trompia. Bione confina con il di Casto a ovest e il comune di a est. La superficie territoriale è pari a kmq 17.6 con un’altitudine media di m 600 slm. Più a Nord, il sistema del Nozza interessa l’area da Vestone a Mura (Piani di Mura) a Casto. In sinistra orografica del fiume Chiese all’altezza del comune di , si dirama la strada per Povaglio V/S . Provaglio V/S è disteso sulle dolci pendici del Monte Castello (m 1071), è composto da numerose frazioni sparse sul versante ad una quota media di m 650 slm, le frazioni sono: Cesane, Marzago, Mastanico, Barnico, Cedessano, Arvenino, Livrio e Arveaco. La superficie territoriale è pari a kmq 14.9. Il Comune di Mura è adagiato alle pendici della Corna di Savallo nel terrazzo verde disposto a corona della Corna stessa a quota di m 600 slm. Solo la frazione Piani di Mura è collocata sulla sponda sinistra del Torrente Nozza e caratterizzata per la presenza del piccolo centro produttivo. Casto con le loc. Alone, Briale, Comero, Famea, Auro e Malpaga, è posto nella parte ad est del territorio comunale ad una quota media di m 500 slm. I principali rilievi sono il Monte Dossone (m 1300) e la Corna di Sonclino (m 1390) che delimitano ad ovest il bacino topografico del Torrente Nozza. Risalendo sempre lungo l’asta del fiume Chiese sulla direttrice est-ovest del torrente Degnone, a nord del comune di Mura, incontriamo Le Pertiche (Pertica Alta e Bassa). Pertica Alta ha una superficie di 20 Kmq sulla quale si distribuiscono le frazioni di: Lavino, dove si trovano sia la scuola materna sia quella elementare; - Navono; - Noffo; - Odeno; - Livemmo (m 893 slm), sede del comune e della canonica. - Belprato. Le principali cime sono il Monte Ario (m 1755) ed il Dosso Falcone (m 1700). Il Comune di Pertica Bassa con le frazioni di :Avenone (Spessio), Beata Vergine, Forno d'Ono (m 580 slm) sede comunale , Levrange , Ono Degno presenta una forma allungata e tipica a “V” delle valli alpine lungo il torrente Degnone. A nord svetta il Monte Frondine (1287m) i cui pascoli ospitano l’omonima malga, il Monte Pezzeda (m 1798) ed il Monte Corna Blacca (m 2004,2). Nei pressi dell’incile del lago d’Idro troviamo Lavenone e ad est il comune di Anfo con i maggiori centri residenziali sui conoidi del Torrente Re e Liperone che si protendono come lingue nel lago d’Idro. Anfo è caratterizzato dalla presenza della Rocca d'Anfo e dalla splendida conca di Baremone (m 1363 slm). Anche Lavenone, come Pertica Bassa, ha un territorio dalla forma allungata ed a “V” lungo il torrente Abbioccolo. Il nucleo residenziale principale è posto nei pressi del fiume Chiese, quindi, concentrato all’estremo sud del territorio comunale. Le cime montagnose cosiddette “piccole dolomiti”, a corona della valle dell’Abbioccolo, sono: la Corna Blacca (m 2004,2) e la Cima della Zerna (m 1362). Le frazioni di Lavenone sono: Bisenzio, Presegno, Vaiale. Infine, ma non meno suggestivo, il comune di Capovalle (quota media di m 1000 slm) posto sopra il lago d’Idro con esposizione prevalente sulla che scende verso il lago di Garda. Capovalle è composto da quattro frazioni: Coccaveglie, Vico, Viè e Zumiè. Il rilievo più importante è il Monte Stino (m 1466). Pagina 3 di 29 PROGETTO AMBIENTE – STUDIO TECNICO

2.1 Aspetti climatici1

Il territorio in questione è caratterizzato regime climatico continentale, con inverni rigidi e relativamente secchi ed estati calde ed umide. I trimestri primaverile ed autunnale risultano i più piovosi. La temperatura media alla stazione di Idro (seppure sia mitigata dal lago) si presenta con massimi estivi (luglio e agosto) intorno a 20° e minimi invernali (gennaio) intorno a -2°. I fenomeni di gelo/disgelo si possono presentare da fine ottobre a fine aprile, con massima frequenza in gennaio. Alla stazione pluviometrica di Ono Degno le precipitazioni medie mensili rilevate dal 1921 – 70 variano da 65 mm (gennaio) a 170 mm (maggio). I giorni di pioggia sono correlati con le precipitazioni, variando da 5 g/mese in gennaio a 13 g/mese in maggio, confermando il regime climatico di tipo continentale. Dall’esame dell’elaborato “Isoiete 24 ore – precipitazioni medie annue – curve di ugual durata della neve al suolo”, Comunità Montana Valle Sabbia –Piano urbanistico, 1988 sulla base dei dati rilevati nel cinquantennio 1921-1970 si deduce che le precipitazioni medie annue superano i 1600 mm nella fascia più settentrionale montana, e i 1400 mm nella fascia meridionale e meno elevata; la persistenza della neve al suolo raggiunge i 150 g/anno nella fascia settentrionale montana e i 50 g/anno nella fascia meridionale; le precipitazioni di 24 h con frequenza 50anni sono comprese fra 160 mm (fascia settentrionale) e 120 mm fascia meridionale).

2.2 Aspetti geomorfologici2

Dall’esame della Carta geologica delle Prealpi Bresciane a sud dell’Adamello, 1972 si può notare che le formazioni più estese nel territorio in questione risultano: -l’Arenaria di Val Sabbia, la formazione di San Giovanni Bianco e la Dolomia Principale soprattutto nei comuni di Bione, Casto e Mura Pertica Bassa e Alta. I depositi detritici si trovano estesamente in tutta la fascia pedemontana che circonda i rilievi rocciosi della Corna di Savallo sino a coprire parzialmente i nuclei abitativi. I depositi alluvionali si trovano nel tratto terminale del torrente Nozza, e subordinatamente nel tratto terminale del torrente Tovere prima della confluenza nel T. Nozza, in corrispondenza della zona industriale di Mura e Casto. A Provaglio V/S compare il Calcare di Esino e Porfiriti non quarzifere soprattutto verso il comune di Barghe. A Pertica Bassa compare il Calcare di Esino e di Angolo. Molto diffusi sono poi i depositi eluviali. Il territorio comunale dal punto di vista tettonico può essere suddiviso in due zona a comportamento meccanico diverso. L’area settentrionale, essendo costituita prevalentemente da litotipi rigidi (Dolomia Principale, Calcare di Esino e Calcare di Angolo) presenta fratturazioni e faglie subverticali orientate prevalentemente NE-SW e NNW-SSE. L’area settentrionale è compresa fra due importanti sovrascorrimenti: il sovrascorrimento settentrionale che si sviluppa lungo il confine comunale in direzione NNE-SSW e il sovrascorrimento meridionale (noto come sovrascorrimento di “Forno d’Ono”) che si sviluppa in senso E-W con vergenza a sud, attraversando le loc. La Passata, Beata Vergine, Forno d’Ono, Avenone e la Valle del Bastoncino, dove si sono formate fasce cataclastiche alla base dell’unità sovrascorse. L’area meridionale, posta a sud del sovrascorrimento di Forno D’Ono, è sottoposta a deformazioni più plastiche in quanto costituita da Arenarie di Val Sabbia e formazione di Wengen, i calcari di Prezzo e di Buschenstein, tutti litotipi poco competenti e sottilmente stratificati.

1 Tratto da Studio geologico dei nove comuni ; Dott. Geol Massimo Marella n. 1178 o.g.l. dott. Geol. Marco Carraro n. 701 o.g.l. 2 Giuseppe Berruti;1981; Geologia del territorio bresciano – Grafo edizioni Pagina 4 di 29 PROGETTO AMBIENTE – STUDIO TECNICO

Le formazioni più estese nel territorio di Lavenone sono le Arenarie di Val Sabbia (area montuosa intorno all’abitato), la Dolomia Principale (settore centro settentrionale) e Calcare di Angolo (associata alle restanti formazioni triassiche, nel settore orientale del territorio comunale). Per quanto riguarda gli aspetti geomorfologici i depositi fluvioglaciali ed i depositi alluvionali sono presenti nel fondovalle. Uno studio più recente introduce inoltre le Brecce di Agro, costituite da elementi dolomitici particolarmente alterati. Essi vengono cartografati in due zone in sponda sx del torrente Abbioccolo, dove quest’ultimo interseca le seguenti quote: 360- 390 mslm e 400-420 mslm. Ad Anfo sono presenti la Dolomia Principale e le facies eteropiche della stessa. Le sollecitazioni tettoniche nel mesozoico sono prevalentemente distensive, con apice nella formazione epicontinentale della Dolomia Principale, la quale si presenta come un enorme “piastrone rigido monolitico” sovrascorso verso SE e S al di sopra di formazioni con comportamento plastico (es. formazione di san Giovanni Bianco, ben che non affiorante nella zona). Le strutture plicative presentano direttrici E-W e ENE- WSW ricollegabili alla linea della Val Trompia. In prossimità del lago d’Idro le direttrici sembrano ricalcare quelle di tipo giudicariense disposte NNE-SSW e NESW. Dal punto di vista geomorfologico il territorio comunale di Anfo si presenta caratterizzato dalla presenza imponente del piastrone dolomitico con le sue tipiche forme acclivi, sino a creste, torrioni etc.. con numerosi accumuli detritici ai piedi delle pareti affioranti e/o sub-affioranti e/o ricoperte da un sottile strato eluviale. Nei fondovalli dei torrenti principali (Re e Liperone) si trovano fasce di larghezza variabile di depositi alluvionali recenti che determinano, sullo sbocco a lago, due conoidi di deiezione lacustre. Infine Capovalle le cui formazioni più estese sono la Dolomia Principale ed il Calcare di Zorzino. Nel territorio comunale si individua uno spesso (140 m) accumulo di megabrecce con blocchi di dimensioni metriche (depositi di scarpata di piattaforma), sovrapposto alla Dolomia Principale. Seguono sedimenti bacinali (circa 700 m) del Calcare di Zorzino e circa 400 m di Argillite di Riva di Solto. Nella parte meridionale (monti Manos e Carzen) al di sopra della Dolomia Principale si trova direttamente il Calcare di Zorzino per un spessore di circa 200 m. in loc. Cavallino della Fobbia si segnala un potente accumulo (300 m) di megabrecce di scarpata disposte con immersione verso sud, con al di sopra il Calcare di Zorzino (almeno 100 m), l’Argillite di Riva di Solto (circa 20 m) e il Calcare di Zu (almeno 150 m) che localmente può trovarsi a contatto direttamente dei depositi di scarpata.

3. PAESAGGIO

3.1 Piano Territoriale Paesistico Regionale

Il Piano Territoriale Paesistico Regionale classifica la maggior parte della Valle Sabbia nella “fascia prealpina”, con prevalenza dei “paesaggi della montagna e delle dorsali” rispetto al “paesaggio delle valli prealpine” che caratterizza il fondovalle. La porzione più meridionale del territorio, caratterizzata da rilievi calcarei (comuni di Villanuova, , Serle e Paitone), è invece classificata nella “fascia collinare” (“paesaggio delle colline pedemontane”). Il Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Brescia, spingendosi nell’individuazione delle unità di paesaggio, suddivide la Valle Sabbia in 7 unità rientranti nell’Ambito della Valle Sabbia e Riviera del Garda: 1. Ripiano sopraelevato di Bagolino 2. Valli laterali dei torrenti Abbioccolo, Degnane e Tovere 3. Depressione del lago d’Idro 4. Vallata trasversale tra Casto e Lavenone 5. Val Degagna 6. Conca di Sabbio, dalla Forra di Barghe alla strettoia di Carpeneda

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7. Fascia di fondovalle: Vallio, Gavardo, Nel P.T.P.R., inoltre, si individuano, per quanto riguarda la zona valsabbina, zone di “Viabilità di rilevanza paesistica”: 20. S.P. 50 da Tavernole a Pertica Alta e Nozza 21. S.P. 7 da S. Antonio a Bagolino e al Passo di Croce Domini 25. S.S. 237 da Lavenone a Ponte 34. strada del Passo di Baremone da Anfo al Passo del Maniva

Fig. 1. % superficie tutelata – Fonte: Agenda 21 Locale.

3.2 Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale – Rete Ecologica

L’alta Valle Sabbia rappresenta uno scrigno importante di conservazione, tutela e valorizzazione delle ricchezze naturalistiche, delle valenze faunistiche e delle peculiarità geomorfologiche esistenti. Già allargando ed alzando lo sguardo in quota è possibile riconoscere i caratteri fisici che identificano un grande e complesso ecosistema, un corridoio ecologico, appunto, di collegamento tra il Parco dell’Adamello e il Parco Alto Garda. Il comune di Capovalle confina, poi, con il sito rete Natura 2000 IT2070402: ZPS Alto Garda Bresciano e il SIC Valvestino IT 2070021. Il comune di Anfo, invece, con la ZPS Val Caffaro IT2070302. Sempre a confine con il comune di Capovalle troviamo l’area Wilderness della Val di Vesta. Essa è una delle vallate prealpine lombarde più isolate e selvagge, fa parte della più grande Valvestino, nel bacino del Lago di Garda, si è originata a seguito della costruzione della diga di Valvestino (o diga di “Ponte Cola”) e occupa una superficie di 1525 ettari nel Comune di (BS). Entrambi i versanti della valle e le zone ad essa limitrofe, ad eccezione della testata della valle (che sconfina nei comuni di

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Capovalle e Vobarno) ricadono interamente all’interno della Foresta Regionale “Gardesana Occidentale”, e allo stesso tempo anche all’interno della ZPS “Alto Garda Bresciano”. Tocca la massima quota nel Monte Zingla, di 1497 m slm. L’elevato valore naturalistico della zona ha fatto sì che la Val di Vesta venisse inserita all’interno del sistema delle Aree Wilderness Italiane nel 1998, sistema istituito affinché ogni valore della natura non sia più considerato solo in un’ottica economica, ma anche spirituale ed in cui la natura viene preservata perché abbandonata a se stessa, in un equilibrio naturale che si manterrà nel tempo. Il PTCP individua inoltre un ambito a rilevanza naturalistica su tutta la porzione est del comune di Anfo. Il lago d’Idro ospita poi un’area SIC Lago d’Idro sul comune di Paitoni (TN) In corrispondenza dei rilievi dei comuni dell’alta Valle (Anfo, Capovalle, Lavenone e le Pertiche) si ha la presenza di un flusso migratorio tardo/estivo – autunnale e di un flusso migratorio primaverile. Il primo attraversa su ampio fronte l’Europa centrale con direzione prevalentemente da NE a SW e con minore intensità verso Sud (per lunghi trasferimenti) e verso Ovest (per brevi tratti). In corrispondenza delle Alpi la maggior parte degli uccelli provenienti da latitudini maggiori, tende ad evitare l’ostacolo montuoso, piegando sensibilmente verso Ovest lungo i contrafforti più esterni. Le Alpi rappresentano uno dei primi ostacoli che gli uccelli provenienti da Nord devono superare per raggiungere i quartieri di svernamento: ostacolo relativamente limitato per i migratori a lunga distanza (transahariani) ma tra i più considerevoli per quelli svernanti nel bacino del Mediterraneo (intrapaleartici). Solo una piccola parte tende ad attraversare le Alpi in direzione francamente meridionale per il variare delle condizioni atmosferiche (perturbazioni e venti da occidente) e delle differenti condizioni fisiologiche ed energetiche degli animali. Oltre alle aree/siti di passo le montagne della Valle Sabbia sono importanti per l’avifauna. La presenza di roccoli con pozze di abbeverata e specie baccifere invogliano la sosta dell’avifauna . La Valle Sabbia è all’interno del comprensorio faunistico C7 . Diversi studi e rilievi in campo hanno dimostrato la presenza in Valle del Gallo forcello con sufficiente continuità anche se in calo numerico. Punti di canto sono rilevati in loc. Baremone (Anfo), in loc. Monte Manos (Capovalle), in loc Selva Gardon (Lavenone) , in loc. Nasego (Casto), in loc. Cima Furca (Pertica Alta), in località Frondine (Pertica Bassa). Sono poi presenti caprioli e cervi (Bagolino/Anfo) ed altra fauna minore.

La rete ecologica del PTCP inserisce il territorio dei nove comuni in ecomosaici, per cui devono essere promosse azioni comunali e intercomunali di riqualificazione e certificazione della sostenibilità ambientale.

Il progetto di Rete ecologica del PTCP orienta, infatti, i contenuti del Piano rispetto alle tematiche Ambientali e di Sviluppo Sostenibile offrendo un quadro di riferimento per il governo del territorio verificando le attività produttive, ricreative e sociali in essere e proposte, ma anche valutando l’efficacia delle azioni e degli interventi a tutela dell’ambiente e del paesaggio finora attuati. Alla base delle scelte del progetto, vi è l’individuazione degli ecomosaici strutturanti il territorio provinciale, dove per ecomosaico si intende un insieme definibile spazialmente di unità ecosistemiche potenzialmente collegate sotto il profilo strutturale e/o funzionale nel quale le relazioni interne risultano più evidenti (forti) e quindi consentono di separarle da altri insiemi. Per gli ecomosaici individuati, si sono stimate le seguenti caratteristiche di qualità ambientale e criticità:

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Fig. 2. Uso Ecomosaici - Fonte: PTCP.

Fondovalle Capovalle e Idro. 3 ECM 33 antropizzato del Chiese Mosaico montano , , Irma, 3 articolato tra Monte , Lodrino, Palo e Corna Zeno Casto, Mura, Pertica ECM 39 Alta, Pertica bassa, Lavenone Anfo, Bagolino, Idro e Vestone. Linea insediata tra , Lodrino, 3 ECM 40 Marcheno e Lavenone Casto, Mura, Vestone e Lavenone. Lago d’Idro Anfo, Lavenone, 3 ECM 41 Idro, Capovalle e Bagolino. Sistema dei crinali , 4 verso Trento Tremosine, Valvestino, ECM 42 Magasa, Capovalle e Idro. Ambiti montani del , 4 Monte Predosa, Marcheno, Lodrino, Palosso, Conche, Casto, Bione, Clana, Pino e Doppo Lumezzane, , , , Bovezzo, Nave, ECM 47 , Agnosine, Odolo, Vallio, Gavardo, Sabbio Chiese, Villanova sul Clisi, Vobarno, Vestone, , Barghe. Fondovalle Bione, Preseglie, 2 antropizzato della Barghe, Provaglio Val media Val Sabbia ed Sabbia, Agnosine ECM 48 ambiti collegati Odolo, Sabbio Chiese, Vobarno e Roè Volciano Ambito della Valvestino, Capovalle, 4 Valvestino Magasa, Gargnano, ECM 50 Vobarno, Toscolano Maderno, e Tremosine.

LEGENDA 4 Alta naturalità e bassa antropizzazione 3 Bassa naturalità e bassa antropizzazione 2 Alta naturalità e alta antropizzazione 1 Bassa naturalità e alta antropizzazione

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4. USO DEL SUOLO

Di seguito una tabella ottenuta dall’elaborazione della DUSAF sull’uso del suolo nei 9 comuni interessati (sottolineatura rossa). L’analisi mostra chiaramente la netta predominanza della copertura boscata e la mancanza di seminativi. Solo Provaglio V/S presenta 1,1 ha a seminativo.

Fig. 3. Uso del suolo - Fonte: Agenda 21 Locale.

I boschi ricoprono essenzialmente le aree più acclivi e sono rappresentati principalmente dagli orno – ostrieti governati a ceduo matricinato composti da roverella, carpino nero, frassino orniello, nocciolo tipici di un substrato calcareo con poco suolo e poca disponibilità d’acqua. Nei versanti più freschi troviamo il castagneto dei substrati carbonatici, mentre nelle are più pianeggianti e “degradate” compaiono i corileti. Da quota 800 m slm compaiono i faggeti nelle stazioni più fresche che lasciano lo spazio alla pecceta (boschi di Abete rosso ) a quote intorno ai 1200 m s.l.m mescolandosi poi il larice al limite della vegetazione arborea che coincide con la presenza dei pascoli montani. E’ da evidenziare la quasi totale mancanza di vegetazione tipica delle aree umide di greto come i salici, gli ontani ecc. nonostante il territorio sia percorso dal fiume Chiese.

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3Il tratto di Fiume Chiese tra il lago d’Idro e Gavardo, dal punto di vista della vocazionalità ittica teorica, appartiene ad una zona mista Salmonidi e Ciprinidi reofili, con possibilità di accogliere anche le specie tipiche della zona a trota marmorata e temolo. Attualmente si può ritenere prevalentemente soddisfatta la vocazionalità ciprinicola, in quanto la presenza di marmorata e temolo è ridotta e limitata a singoli tratti. Il pessimo stato delle popolazioni di questi due pregiati Salmonidi è causata in primo luogo dalle alterazioni ambientali dovute alle derivazioni idriche, che riducono e banalizzano l’habitat acquatico, e che facilitano un eccessivo riscaldamento delle acque in estate. La presenza della trota fario è anch’essa limitata e prevalentemente artificiale, poiché legata a ripopolamenti o ad immissioni per gare o manifestazioni.

5. SUOLO

Lo studio del suolo rappresenta un elemento molto importante per determinare la fertilità dei suoli e quindi la vocazionalità agricola di un’area. I primi studi effettuati in Italia nel 1968 da F. Mancini-G.Ronchetti e dai quali si è estratta l’immagine di Figura 4 mette in evidenza la bassa potenzialità dei suoli dei comuni oggetto di indagine. Stesso risultato è visionabile nelle figure 4-5-6-7 dei più recenti studi effettuati dall’ERSAF per conto della Regione Lombardia. La potenzialità dei suoli è ricavata considerando le principali proprietà vale a dire la profondità, la granulometria, l’aggregazione, il drenaggio interno, la sostanza organica, le riserve minerali, la capacità di scambio cationico e la saturazione in basi del complesso assorbimento

Fig 4. Estratto carta delle potenzialità dei suoli d’Italia (F. Mancini-G.Ronchetti 1968)

3 Fonte: Piano Ittico Provinciale Pagina 10 di 29 PROGETTO AMBIENTE – STUDIO TECNICO

Come si può notare il colore marroncino ( Suoli a potenzialità moderata 3° classe) interessa praticamente tutti i nove comuni. Solo Capovalle ed Anfo presentano anche dei suoli a potenzialità bassa di 5° classe (colore giallo) Nella terza classe le limitazioni offerte dai suoli iniziano ad avere un certo peso sulle scelte colturali che si dovranno fare con attenzione anche in funzione dei diversi ambienti ecologici. Nei nostri territori dove la morfologia è alquanto penalizzante tali suoli sono destinati soprattutto ai prati/pascoli con possibilità di sviluppare la viticoltura e colture frutticole. Nella quinta classe rientrano terreni con scarsa profondità, scarsa capacità idrica con attitudini colturali più forestali che agrarie. Sempre leggendo la carta dei suoli d’Italia emerge che: Il comune di Anfo è caratterizzato da suoli come Podzol bruni, suoli bruni acidi e litosuoli (parte verso lago) e pdzol umo-ferrici a quote superiori. Il comune di Capovalle è interessato principalmente da regosuoli, litosuoli e andosuoli. I comuni di Lavenone, Mura, Pertica Alta e Bassa, Casto, Bione e Provaglio V/S da suoli bruni calcarei, Rendizina e suoli bruni lisciviati. Ulteriore indagine nell'ambito del progetto "Prima approssimazione della base dati georeferenziata dei suoli d'Italia alla scala 1:250.000" è stata creata una banca dati che copre l'intero territorio della Lombardia. Sono state individuate 5 Regioni pedologiche (Soil Regions), 18 Province (Soil Sub- Regions), 65 Distretti (Great Soilscapes) e 1038 Paesaggi (Soilscapes). Le Unità Tipologiche di Suolo (UTS) sono state classificate in base al WRB (FAO, 1998): ognuna di esse può comparire in più Paesaggi e può essere associata ad altre unità tipologiche in percentuali differenti. I Luvisols sono i suoli più diffusi all'interno della pianura (sviluppati su depositi glaciali e fluvioglaciali e depositi delle alluvioni antiche degli affluenti del fiume ), insieme con Cambisols e Calcisols, questi ultimi nella parte orientale su superfici del tardo Pleistocene. In montagna e collina i suoli largamente dominanti sono i Cambisols, spesso con tipologie di transizione ai Podzols sui substrati acidi cristallini. Ad essi si affiancano i Podzols veri e propri, gli Umbrisols e i Leptosols nelle aree alpine (questi ultimi specialmente dove le pendenze sono maggiori), Regosols e Leptosols dei substrati cartonatici sulle Prealpi e Luvisols presso il margine con la pianura.

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Fig.5 Distribuzione dei Suoli bruni forestali (fonte ERSAF)

Localizzazione CMVS

Cambisols I Cambisuoli, o “suoli bruni”, sono caratterizzati da un orizzonte cambico,che mostra evidenza di alterazione, una struttura ben espressa, una tessitura franco-fine o più fine e dei colori più forti rispetto agli orizzonti sottostanti;sono i suoli largamente dominanti in montagna ed in collina. I Cambisuoli della Lombardia sono essenzialmente di tre tipi: Cambisols tipici, o “suoli bruni della fascia dei fontanili”, Cambisols Forestali, o “suoli bruni della fascia delle Prealpi”, Cambisols Vertici, o “suoli bruni dell’Appennino Pavese”.

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Localizzazione 9 comuni

Fig. 6 – Carta Suoli della Lombardia (fonte ERSAF)

LEGENDA legf

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Fig. 7 Valore agricolo dei suoli in Lombardia (fonte ERSAF)

6. IL COMPARTO AGRICOLO

La Valle Sabbia nel PSR 2007-20013 rientra nelle aree “C” - Le aree rurali intermedie. “In questo gruppo rientrano aree situate prevalentemente in territori di collina che conservano caratteristiche a valenza rurale e nello stesso tempo presentano anche una certa diversificazione delle attività economiche; inoltre una parte della montagna significativamente rurale e in particolare quella più inserita nei processi di sviluppo extra agricolo. In queste aree una specifica priorità è quella di favorire l’integrazione dell’azienda agricola con il contesto territoriale, soprattutto nel caso in cui l’imprenditore voglia impostare la propria attività sui canali commerciali brevi o sulla diversificazione o, ancora, sviluppare produzioni tipiche e di qualità anche in relazione a piccole filiere locali” . La provincia di Brescia si estende su una superficie pari a 4.782 kmq suddivisa in 206 comuni, dei quali il 55,5% situati in zona montana, il 15,7% in collina e il 28,8% in pianura. La Superficie Agraria Utilizzata della provincia di Brescia è pari a 173.860 ettari e così ripartita: 64,1% di seminativi;

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33,6% di prati permanenti; 2,3% di colture legnose agrarie, quali vite, ulivo o frutteti. Il comparto agricolo bresciano è composto di 14.810 aziende che impegnano complessivamente una forza lavoro di 18.850 persone, pari al 2,87% della forza lavoro totale. Per quanto riguarda la dimensione aziendale il comparto agricolo è notevolmente frammentato: il 60,3% delle aziende svolge la propria attività su una superficie inferiore a 5 ettari, il 36,5% su una superficie tra 5 e 50 ettari, mentre il restante 3,3 % possiede una superficie agraria superiore a 50 ettari 4.

L’analisi del sistema agricolo dei nove comuni mira ad approfondire le tematiche relative alle classi produttive ed alla caratterizzazione delle aziende agricole del comune stesso. Attraverso i dati ISTAT del 2000 si ottiene un quadro conoscitivo generico e relativamente datato, mentre i dati SIARL 2008 forniscono una visione più aggiornata della situazione territoriale. Seppur non confrontabili, le due fonti di dati sono importanti per avere una panoramica dell’agricoltura dei nove comuni in oggetto.

DATI ISTAT Dall’ultimo Censimento Generale dell’Agricoltura (ISTAT 2000) è stato possibile ricavare il numero delle aziende agricole, la superficie agricola totale e le principali utilizzazioni dei terreni. Sebbene i dati ISTAT siano aggiornati all’anno 2000, e quindi non attuali, sono fondamentali per una visione sull’evoluzione del comparto agricolo dei nove comuni considerati. Analizzando i grafici e le tabelle riportate di seguito si può notare che le aziende agricole attive complessivamente presenti sul territorio dei nove comuni sono 273 per una Superficie Agricola Totale pari a 9.606,23 ettari. Sul totale delle aziende, oltre il 40% rientrano nella classe tra i 2 e i 5 ettari indice di realtà di modeste dimensioni. La presenza sul territorio di 3 aziende con superfici maggiori a 100 ettari rivela la presenza di vaste superfici a prati e pascoli, comuni nei territori di montagna. Sono certamente interessanti le 32 aziende agricole che si collocano negli intervalli tra i 10 e i 100 ettari, in quanto possiedono, purtroppo solo teoricamente, le potenzialità per essere competitive economicamente si tratta, infatti, di pascoli adatti all’alpeggio.

4 Guida breve al PSR Regione Lombardia Pagina 15 di 29 PROGETTO AMBIENTE – STUDIO TECNICO

Fig. 8. Aziende e superficie agricola totale – Fonte: ISTAT 2000.

CLASSE DI SUPERFICIE TOTALE (superficie in ettari)

Senza 50- 100 ed TOTALE superficie 0-1 1-2 2-5 5-10 10-20 20-50 100 oltre

N. aziende 273 5 23 37 110 59 20 8 4 3

Aziende (%) 100,00% 1,83% 8,42% 13,55% 40,29% 21,61% 7,33% 2,93% 1,47% 1,10%

Superficie (ha) 9606,23 0 2,32 22,89 259,11 597,22 671,71 818,15 129,58 7105,3

Superficie (%) 100,00% 0,00% 0,02% 0,24% 2,70% 6,22% 6,99% 8,52% 1,35% 73,97% Fig. 20. Aziende e superficie agricola totale – Fonte: ISTAT 2000.

45,00%

40,00%

35,00%

30,00%

25,00%

20,00%

N. aziende N. (%) 15,00%

10,00%

5,00%

0,00% Senza 0-1 1-2 2-5 5-10 10-20 20-50 50-100 100 ed superficie oltre Classe di dimensione aziendale (ha)

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Fig. 9. Aziende e superficie agricola totale – Fonte: ISTAT 2000.

8000

7000

6000

5000

4000

3000 Superficie (ha) Superficie 2000

1000

0

Senza 0-1 1-2 2-5 5-10 10-20 20-50 50-100 100 ed superficie oltre Classe di dimensione aziendale (ha)

Nel grafico seguente sono stati paragonati i dati, relativi alla superficie, della parte montana della provincia di Brescia con i 9 comuni studiati. Si nota che i 9 comuni possiedono una percentuale maggiore di superficie compresa negli intervalli: tra i 2 e i 20 ettari. Ciò significa, come già accennato, che nel territorio analizzato si ritrovano realtà di medio-piccole dimensioni. Come già segnalato in precedenza, nella classe dimensionale di 100 ettari ed oltre, sono collocate 3 aziende che gestiscono quasi il 75% della superficie agricola totale dei 9 comuni. Tale dato, in base anche alla collocazione e alla morfologia del territorio, fa intendere la presenza di alcune attività alpicolturali.

Fig. 10. Aziende e superficie agricola totale – Fonte: ISTAT 2000.

90,00%

80,00%

70,00%

60,00%

50,00%

40,00% Supericie (%) 30,00%

20,00%

10,00%

0,00%

Senza 0-1 1-2 2-5 5-10 10-20 20-50 50-100 100 ed superficie oltre Classe di dimensione aziendale (ha)

9 Comuni Provincia di Brescia

Sempre da fonte ISTAT sono stati estrapolati i dati relativi alle principali coltivazioni agro-forestali. Nella tabella e nel grafico seguenti è evidente che la maggior parte della superficie è coperta da bosco, seguita da prati permanenti e pascoli.

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E’ da evidenziare che l’elevata superficie a prati permanenti e pascoli, pari a 2171,36 ettari, è indice della presenza nei territori comunali di pratiche d’alpeggio. Le restanti tipologie agrarie non sono significative per quanto riguarda il comparto agricolo studiato.

Fig. 11. Tipologie produttive agricole nei 9 comuni – Fonte:ISTAT 2000.

Coltivazioni Prati legnose permanenti Altre TOTALE Seminativi agrarie e pascoli Boschi superfici

Superficie (ha) 7614,17 15,02 5,29 2171,36 4814,01 608,49

Superficie (%) 100,00% 0,20% 0,07% 28,52% 63,22% 7,99%

Fig. 12. Tipologie produttive agricole nei 9 comuni – Fonte:ISTAT 2000.

100,00%

90,00%

80,00%

70,00%

60,00%

50,00%

40,00% Superficie (%) Superficie 30,00%

20,00%

10,00%

0,00% Seminativi Coltivazioni Prati permanenti Boschi Altre superfici legnose agrarie e pascoli

DATI SIARL Dai dati SIARL, aggiornati a marzo 2008, si evidenzia che le tipologie agrarie principali sono bosco misto e prati permanenti e pascoli. Le tipologie agrarie di maggior pregio, e che produrrebbero un maggior reddito sono invece secondarie nell’economia agricola del territorio considerato. Da tali considerazioni si può quindi affermare che l’agricoltura praticata è tipicamente montana, con vaste superfici a prati permanenti e pascoli, utilizzate per la pratica d’alpeggio in estate e l’utilizzo di foraggi secchi durante la stagione invernale. Sebbene l’alpeggio non sia un’attività economicamente, troppo, redditizia, è fondamentale per il mantenimento dell’ambiente e del paesaggio che solamente la presenza dell’uomo può fare perdurare. E’ inoltre importante sottolineare che l’attività alpicolturale permette un controllo costante del territorio, in quelle aree che, al contrario, sarebbero abbandonate e di difficile monitoraggio.

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Si ricorda infine che in alpeggio è spesso svolta l’attività di caseificazione con produzione di formaggi tipici, importanti per la tutela delle tradizioni locali.

Fig. 13. Tipologie produttive agricole nei 9 comuni – Fonte:SIARL 2008.

PRATI ALTRA VIVAIO TOTALE OLIVETO FRUTTETO E PASCOLI E

SEMINATIVI SUPERFICIE PERMANENTI COMUNE BOSCOMISTO ANFO 1,75 25,73 122,52 150,00

BIONE 1,91 516,36 185,67 703,94 CAPOVALLE 0,20 1257,77 172,34 1430,31

CASTO 14,32 366,94 193,26 0,06 574,58 LAVENONE 48,91 539,08 169,01 756,99 MURA 1,88 337,26 126,94 466,09

PERTICA ALTA 9,95 106,43 0,61 199,45 0,51 316,94 PERTICA BASSA 3,78 161,48 0,50 298,64 464,40

PROVAGLIO VAL SABBIA 0,12 24,90 0,10 0,03 46,09 0,03 0,11 71,38 SUP AGR TOT (ha) 82,80 3.335,97 1,21 0,03 1.513,91 0,60 0,11 4.934,63

Fig. 14. Tipologie produttive agricole nei 9 comuni – Fonte:SIARL 2008.

4000,00

3500,00 3000,00

2500,00 2000,00

1500,00 1000,00

500,00 0,00 ALTRA BOSCO FRUTTETO OLIVETO PRATI SEMINATIVI VIVAIO SUPERFICIE MISTO PERMANENTI E PASCOLI

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Fig. 15. Superficie Agraria Totale 9 comuni – Fonte:SIARL 2008.

1600,00

1400,00

1200,00

1000,00

800,00

600,00

400,00

200,00

0,00

ANFO BIONE CAPOVALLE CASTO LAVENONE MURA PERTICA PERTICA PROVAGLIO ALTA BASSA VAL SABBIA

GLI ALPEGGI5 L’Alpicoltura è l’insieme delle attività agricole svolte sia nei fondovalle sia nei pascoli in quota. Essa quindi si sviluppa sui principali cardini rappresentati dalla coltivazione dei campi, dalla gestione delle foraggiere estensive (prati e pascoli) e dall’allevamento. Le aziende zootecniche, in particolare quelle che allevano bovini per la produzione di latte, ma anche quelle con ovini e caprini, ricorrono tradizionalmente a due fonti principali di foraggio: i prati di fondovalle per assicurarsi le scorte nei mesi invernali e i pascoli per l’alimentazione nei mesi estivi. Le malghe, i pascoli e gli alpeggi sono così unità fondamentali per il sistema socio-economico delle aree alpine.

L’Alpicoltura, in molte aree alpine organizzata sul trinomio malga, pascolo, alpeggio non è solamente un’attività economica, ma svolge anche un ruolo ecologico e sociale, e viene espressa attraverso quattro funzioni principali:

Funzione produttiva Come organizzazione razionale e sostenibile delle risorse foraggere necessarie per l’allevamento del bestiame, e di conseguenza, per la produzione di prodotti locali con caratteristiche organolettiche inimitabili.

Funzione paesaggistica La gestione e la cura dei pascoli mantiene il paesaggio ad elevati livelli qualitativi, contrasta l’avanzata del bosco e della brughiera, rende maggiormente fruibile l’ambiente montano.

Funzione biologica L’attività pastorale amplia il mosaico delle specie (flora e fauna) e delle comunità che costituiscono il sistema vegetale e animale alpino.

Funzione di protezione dei versanti Il manto erboso pascolato trattiene la coltre nevosa, riduce i rischi di slavine, determina condizioni di continuo monitoraggio delle risorse e dei versanti.

5 Fonte: Fondazione Foianini – Milano – e Regione Lombardia -Studio dei pascoli della Comunità Montana di Valle Sabbia Pagina 20 di 29 PROGETTO AMBIENTE – STUDIO TECNICO

Nei comuni di Anfo, Capovalle, Casto, Lavenone, Pertica Alta e Pertica Bassa sono presenti alcuni alpeggi brevemente descritti di seguito ed evidenziati nell’allegata cartografia.

ALPEGGIO BAREMONE - DOSSO ALTO La malga Baremone (1450 m s.l.m.) è di proprietà del comune di Anfo, mentre la malga Dosso Alto (1.645 m) è del comune di Bagolino. Dai dati SIALP 2000 si riscontra che i giorni in alpeggio sono pari a 94, dai primi di giugno a metà settembre; il carico UBA complessivo è pari a 104,65 di cui 88,60 sono bovini, principalmente di razza bruna. In alpeggio avviene la lavorazione del latte con produzione di formaggi semigrassi, formaggi caprini, burro e ricotta. Il siero è destinato per produrre ricotta o è utilizzato come alimento per i suini.

ALPEGGIO CORPAGLIONE L’alpeggio e la malga Corpaglione sono di proprietà del comune di Capovalle, la quota del pascolo varia dai 1000 m, ai 1150 m slm. Il carico dell’alpeggio avviene da metà Luglio a fine Agosto. Al 2000 le UBA caricate erano pari a 22,60 tutte di razza bruna. Il latte bovino prodotto in malga è lavorato per produrre un formaggio semigrasso e burro. Negli ultimi due anni una nuova azienda agricola ha inziato a pascolare e recuperare il pascolo del Monte Stino appoggiandosi ad una struttura posta a quota inferiore.

ALPEGGIO ECOLO CON PIAN DEL BENE BASSO L’alpeggio Ecolo con Pian del Bene è collocato nel comune di Pertica Alta da una quota di 1100 m fino a circa 1550 m slm. Per raggiungere la malga Ecolo si usufruisce di una strada sterrata facilmente fruibile da mezzi fuoristrada che parte dall’abitato di Odeno, frazione di Pertica Alta. La stalla può ospitare circa 30 bovine, è presente un ricovero per gli ovini e un altro per i suini. Il pascolo presenta una forte pressione boschiva, con presenza di giovani esemplari di Abete rosso. Il bestiame monticato è gestito in mandria unica con recinto elettrico, il totale dei capi è 50 con la prevalenza di bovine da latte. Il medesimo carico animale è trasferito verso la fine giugno nel pascolo più alto di Pian del Bene dove monticherà fino alla fine di Agosto, per poi trasferirsi nuovamente a Ecolo. Il pascolo della malga di Pian del Bene di Sotto si sviluppa su una vasta superficie acclive, raggiungibile attraverso il proseguimento della strada sterrata che giunge a Ecolo. L’acqua potabile è garantita dalle vicine sorgenti.

ALPEGGIO RONCHI L’alpeggio Ronchi, nel comune di Pertica Alta al 2008 non è stato monticato, da fonti del 2000 si sottolinea la presenza di 9 vacche lattifere con un’esigua produzione di latte.

ALPEGGIO FRONDINE –CUGNI L’alpeggio è posto in comune di Pertica Bassa ad uno quota di circa 1.500 m s.l.m. ed è raggiungibile dalla strada che porta all’abitato comunale per poi proseguire su strada carrabile e su sentiero, oppure passando attraverso la cresta spartiacque tra i comuni di Pertica Bassa e Pertica Alta per giungere fino al pascolo di Campo di Nasso. Le malghe sono di proprietà privata. L’alpeggio è caricato dai primi di giugno fino a metà settembre. Al 2000 il carico totale presente era pari a 36 UBA di cui 26 erano vacche lattifere con una produzione media di latte pari a 170 kg. Si sottolinea che l’’acqua potabile non è presente, viene utilizzata la sola acqua meteorica raccolta in apposita cisterna. La condizione del cotico potrebbe essere migliorata con interventi mirati quali un corretto carico animale. In alcune zone si nota un avanzamento di bosco di neoformazione.

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ALPEGGIO VAL SORDA – PIOMBATICO E’ posto nel comune di Pertica Bassa, a uno quota minima di 1180 m e una massima di 1798 m s.l.m. Il carico UBA all’anno 2000 era pari a 20,20, di 19 vacche lattifere, con una discreta produzione di formaggio semigrasso. Da sopralluoghi effettuati nel 2008 si evidenza una forte avanzata del bosco in prossimità della Malga Val Sorda.

ALPEGGIO GARDO – SELVA E’ collocato nel comune di Lavenone tra una quota minima pari a 1150 m e una massima di 1310 m slm. I giorni d’alpeggio sono pari a 97, da fine giugno a fine settembre. Il carico animale presente all’anno 2000 era formato da 23 vacche lattifere e 6 bovini con età inferiore ai due anni, per un totale di 26,60 UBA, con una produzione media di latte di 142 kg.

ALPEGGIO ZENO E collocato a cavallo tra il Comune di Anfo e il Comune di Lavenone. (Trattasi in realtà di due alpeggi distinti dal punto di vista amministrativo). Dal comune di Anfo si raggiunge percorrendo una strada sterrata che porta alla prima malga monticata all’anno 2008 con circa 20 asini. Proseguendo sulla stessa strada si sale verso la seconda malga posta nel comune di Lavenone e monticata con vacche da carne e manze per un totale di 30 UBA.

ALPEGGIO NASEGO E’ situato nel comune di Casto tra 850 e 1300 m slm. Al 2000 era caricato da fine giugno a fine settembre con 10 bovini di età superiore a due anni. In malga non avveniva alcuna lavorazione.

In generale si possono identificare le problematiche connesse agli alpeggi nei punti seguenti: - mancanza di una rete viaria solida per il raggiungimento delle malghe; - debolezza di rifornimento elettrico; - presenza di specie infestanti cespitose poco appetibili al bestiame nei pascoli presi in esame; - insufficiente presenza di personale in malga - ridotto carico animale.

AGRITURISMI E AZIENDE AGRICOLE All’interno del territorio dei nove comuni sono presenti agriturismi certificati dalla Regione Lombardia, contrassegnati dal tipico gallo. Sul territorio studiato si contano complessivamente tre agriturismi certificati posti nei comuni di Casto e Lavenone. L’ agriturismo “Le Cole” in località Auro, a Casto, gestito da Jacopo Fontana. può ospitare fino a 50 coperti e presenta 5 posti letto. E’ inoltre attivo il maneggio e i comfort per diversamente abili. Nel territorio di Lavenone sono presenti gli altri due agriturismi. Il “Piccole dolomiti” di Liliana Zorzi posto in località Vaiale, ha 8 posti letto mentre la sala ristorante ospita fino a 60 persone. Vi è la possibilità di pescare e effettuare escursioni in mountain bike. Infine, l’agriturismo “Al Bastarel” di Fausta Almarosa Zanaglio è sito in località Presegno di Lavenone. La sala ristorante può ospitare fino a 20 persone, come servizi offre possibilità di escursioni a piedi e in bicicletta.

Alcune aziende agricole poste nei nove comuni utilizzano ancora oggi metodi tradizionali per i loro prodotti. La valorizzazione delle lavorazioni montane e la conservazione di prodotti tipici è un’importante ricchezza che deve essere preservata. Nel comune di Casto sono l’Azienda Agricola “La Fattoria” di Zappa Fiorenzo, in località Rosaghe e l’Azienda Agricola “Ruche” di Freddi Stefano in via Rosaghe; entrambe le aziende agricole producono formaggi di capra e vaccini.

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L’Azienda Agricola “Dase” di Flocchini Gianfranco, con sede in Via Avenone nel comune di Pertica Bassa, propone un’agricoltura con prodotti biologici quali confetture e miele. A Pertica Alta, in Via Odeno, è situata l’Azienda Agricola di Brescianini Costantino che produce miele e tartufi. Infine, in Via Molino a Bione, si trova l’Azienda Agricola “ Ca’ Rosada Dos de le Biline” che propone insaccati tradizionali di suino.

Anche l’attività agricola è ridotta e principalmente a carattere “famigliare”. Questo è probabilmente dovuto alla scarsa tradizione agricola e alla ridotta superficie a disposizione delle aziende. Spicca fra tutte l’allevamento di ovini da carne che mantiene, come secoli fa, la tradizione della transumanza per tutta la media valsabbia.

ALLEVAMENTI La valutazione della consistenza degli allevamenti posti nei territori dei nove comuni si è basata su dati forniti dalla Provincia di Brescia, aggiornati a Maggio 2008. Nella tabella e nel grafico che seguono si sono voluti evidenziare le principali specie allevate all’interno di ogni comune in modo tale da mostrare le specie prevalenti. Dall’analisi è emerso che in tutti i comuni sono allevati bovini e ovi-caprini per un totale rispettivamente di 1280 e 1756 capi. I suini sono allevati in 4 comuni con un unico allevamento di medie dimensioni collocato nel comune di Casto e avente 77 capi. Per quanto riguarda le altre specie allevate si può affermare che l’uso è prevalentemente familiare o, per quanto riguarda gli equini, ricreativo. Il comune di Mura possiede il maggior numero di bovini, mentre il comune di Casto possiede la quantità maggiore di caprini (198) e suini (77).

Fig. 16. Allevamenti presenti nei 9 comuni. Fonte: Provincia di Brescia (2008) SPECIE ALLEVATE COMUNE Asini Bovini Caprini Equini Ovini Polli Suini TOT ANFO 2 93 42 19 156 BIONE 108 44 78 12 242 CAPOVALLE 114 58 80 252 LAVENONE 75 89 93 257 2 62 134 15 70 283 PERTICA ALTA 103 181 3 61 9 357 PERTICA BASSA 5 174 143 2 113 3 4 444 MURA 6 335 195 6 53 7 602 CASTO 12 216 198 1 105 77 609 TOTALE 27 1280 1084 27 672 3 109 3202

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Fig. 17. Allevamenti presenti nei 9 comuni. Fonte: Provincia di Brescia (2008)

400

350

300

250

200

150

100

50

0 ANFO BIONE CAPOVALLE LAVENONE PROVAGLIO PERTICA PERTICA MURA CASTO VAL SABBIA ALTA BASSA

Asini Bovini Caprini Equini Ovini Polli Suini

L’ATTIVITA’ FORESTALE La Comunità Montana di Valle Sabbia non è ancora dotata di Piano di Indirizzo Forestale. Tutti i comuni hanno le proprietà pubbliche forestali corredate di Piano di Assestamento Forestale. La percentuale (in media) di territorio comunale assestato è di circa il 25% con una “anomalia” per il comune di Capovalle che raggiunge l’80%. La superficie boscata nei 9 comuni è rappresentata da ha 8.617,40 da boschi di latifoglie, ha 3.866,5 da boschi misti (latifoglie e conifere) e da ha 166,6 di boschi di conifere. Nei nove comuni non è presente nessuna impresa boschiva iscritta all’albo regionale. Sono presenti invece n. 3 imprese boschive sul territorio della Valle Sabbia (n. 1 a Bagolino, n. 1 a Vobarno e n. 1 a Roè Volciano). In Val Sabbia non è presente nessun Consorzio Forestale. L’attività selvicolturale è svolta principalmente dai proprietari dei boschi. Soprattutto l’Alta Val Sabbia ha un numero molto elevato di famiglie che si riscaldano con la legna da ardere, ciò è riscontrabile sia dalle analisi ARPA sulla qualità dell’aria, sia dalla bassa spesa pro-capite per l’uso del gas rispetto agli abitanti delle aree urbane.

Nonostante la scarsa importanza del comparto forestale in termini economici, è invece importante evidenziare e richiamare l’alto valore ambientale, ecologico e turistico- ricreativo delle aree boscate. A questo proposito si inseriscono di seguito alcune considerazioni che avvalorano l’alto valore ambientale e, non ancora, economico delle superfici boscate.

6.1 IL PROTOCOLLO DI KYOTO

La concentrazione in atmosfera dei gas responsabili dell’effetto serra, in particolare di anidride carbonica (CO2), è in continuo aumento. L’IPCC (gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico) nel suo terzo rapporto di previsione afferma che il clima cambierà più rapidamente di quanto storicamente osservato. Per ridurre i rischi connessi con i cambiamenti ambientali, l’Italia, insieme agli altri paesi industrializzati, si è impegnata nell’ambito della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici (United Nations Framework Convention on Climate Change, UNFCCC, Rio de

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Janeiro, 1992), di cui il Protocollo di Kyoto è uno degli strumenti attuativi, a stabilizzare prima e ridurre poi le proprie emissioni di gas serra del 5,2% rispetto a quelle del 1990, entro il periodo 2008-2012. Recenti osservazioni hanno mostrato che la biosfera terrestre ed in particolare le foreste rappresentano elementi attivi nell’assorbimento dell’eccesso di anidride carbonica nell’atmosfera (IPCC, 2000). Per questo motivo le attività forestali fanno parte oggi degli accordi di Kyoto e potrebbero rappresentare un’opzione a costi più bassi per il contenimento dell’anidride carbonica atmosferica. Il Protocollo di Kyoto, negli art. 3.3 e 3.4, prevede, l’impiego dei pozzi (sinks) di carbonio per la riduzione del bilancio netto nazionale delle emissioni di gas serra. Art. 3.3 – Afforestazione, Riforestazione, Deforestazione (ARD) Art. 3.4 – Gestione forestale, dei suoli agricoli, dei pascoli e rivegetazione (attività addizionali) Relativamente ai sinks, il 31/12/2006 sono state comunicate al segretariato UNFCCC le decisioni dell’Italia relative all’eleggibilità delle attività addizionali –solo l’ attività di gestione forestale è stata inclusa -Allo stato attuale delle cose, l’Italia prevede di realizzare attraverso i sinks (settore forestale) un assorbimento di carbonio pari a 10.2 MtCO2 per anno (per il dettaglio delle attività e relativi contributi si veda la tabella 6 – ora in corso di aggiornamento- della Delibera CIPE 123/02 ) Le modalità attraverso cui raggiungere questo obiettivo sono oggetto di un apposito piano, il “Piano dettagliato per la realizzazione del potenziale massimo nazionale di assorbimento di carbonio, triennio 2004-2006” (PPNAC), realizzato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, di concerto con il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, in attuazione dell’art. 7.1. della stessa Delibera CIPE. La strategia di fondo che caratterizza il PPNAC consiste essenzialmente nella promozione di interventi volti ad una più efficiente gestione del patrimonio forestale esistente e nella realizzazione di nuove piantagioni, avendo presente l’obiettivo di contribuire, allo stesso tempo, alla sicurezza idrogeologica del territorio ed all’aumento del volume di biomassa disponibile per la produzione di energia rinnovabile. Per la contabilizzazione dei sinks di carbonio e la successiva esigibilità dei crediti da assorbimento dovute all’attività forestale, è stato istituito il Registro Nazionale dei serbatoi di carbonio agroforestali (DM del 1 aprile 2008). Purtroppo ad oggi non è ancora stato emanato un regolamento che possa attivare il Registro stesso. Il PK e la conferenza di Bali non hanno sciolto alcune problematiche tra cui la fissazione troppo alta al riconoscimento dei crediti per le attività di gestione forestale che ridurrebbe l’incentivo allo sviluppo e all’adozione di standard tecnologici a maggiore sostenibilità per l’industria. La materia sarà oggetto di discussione al prossimo vertice sui cambiamenti climatici di Copenaghen nel mese di dicembre 2009.

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Funzionamento dei pozzi e delle fonti di carbonio

Fig. 18 - Estratto dal sito del dipartimento ambiente della confederazione svizzera

Il periodo di immagazzinamento del carbonio nel bosco varia a seconda del luogo in cui avviene:

• nelle foglie e negli aghi: da qualche ora a qualche anno, • nei rami: da qualche anno a qualche decennio, • nel tronco: da qualche decennio a qualche secolo, • nel suolo: da qualche secolo a qualche millennio.

E’ importante evidenziare come il bosco divenga un “pozzo” quindi assorba CO2 solo nella fase di massima produttività. L'incenerimento o la marcescenza successivi alla morte o all'utilizzazione di un albero liberano, completamente o in parte, il carbonio, che si mescola con l''ossigeno e forma l'anidride carbonica.

Per questo motivo l’uso del legno sia come prodotto secondario (mobili ecc.) sia come biomassa contribuisce, nel primo caso, a “bloccare” la CO2 nel legno stesso e nel secondo caso ad evitare l’uso di energia fossile. Dal punto di vista delle emissioni di CO2, il legno è una materia prima neutra, la cui utilizzazione permette di prevenire emissioni di CO2.

Infine è importante sottolineare come il più apprezzabile pozzo di carbonio nei boschi è il suolo. Nel Cambiosols, suolo presente principalmente nei nove comuni indagati, i valori medi di C-stock 0-30 cm t/ha è pari a 52,8-79,76. I dati emersi a livello regionale vedono: 1) Stock nelle foreste circa 55tC/ha 2) Stock nei suoli 117 tC/ha

6 Valori indicativi del progetto Kyoto Lombardia – giugno 2008 Pagina 26 di 29 PROGETTO AMBIENTE – STUDIO TECNICO

In sintesi il sinck forestale lombardo è in grado di sequestrare circa un decimo delle emissioni di CO2 di origine antropica lombarde.

Punti di forza e criticità del comparto agricolo e forestale dei 9 comuni:

COMUNE PUNTI DI FORZA CRITICITA’ Alpeggio Baremone e Dosso Poco ricambio Alto di buona qualità e generazionale nel settore produttività. agricolo ANFO Poca superficie agricola Qualità dei suoli bassa Mancanza di agriturismi Produzione tipica di insaccati Poco ricambio di suino. generazionale nel settore Buona disponibilità di agricolo. BIONE superficie agricola di qualità Attività agricole numerose discreta (classe 3) ma con bassa superficie aziendale Buona superficie a pascolo. Poco ricambio Buona presenza di attività generazionale nel settore agricole minori per la agricolo CAPOVALLE produzione di miele (a livello Alpeggio Corpaglione però solo amatoriale) poco sfruttato.

Alto numero di aziende Poco ricambio agricole. Presenza di generazionale nel settore CASTO agriturismi e vendita diretta agricolo. Attività agricole dei prodotti agricoli numerose ma con bassa superficie aziendale - Alpeggio Gardo – Selva LAVENONE poco sfruttato Buon numero di capi di Poco ricambio bovini e ovini in grado di generazionale nel settore “sfruttare” la superficie a agricolo. Attività agricole MURA prato/pascolo esistente numerose ma con bassa superficie aziendale e bassa redditività Buona la presenza degli Poco ricambio alpeggi e di attività agricole generazionale minori Alpeggio Ronchi poco PERTICA ALTA sfruttato. Infrastrutture poco attrezzate Poco ricambio Buona la presenza degli generazionale nel settore alpeggi e di attività agricole agricolo. Mancanza di PERTICA BASSA minori come la produzione viabilità per gli alpeggi. di piccoli frutti e miele Infrastrutture poco attrezzate Buona presenza di prati Poco ricambio pascoli. generazionale nel settore PROVAGLIO VAL agricolo SABBIA Attività agricola “secondaria” con ovini e caprini

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7. CONCLUSIONI

Concludendo è possibile effettuare le seguenti considerazioni: Dal punto di vista meramente agricolo si evidenzia l’assenza di un tessuto imprenditoriale organizzato secondo logiche di distretto o di filiera produttiva, le aziende agricole presentano un numero di addetti molto basso lo stesso dicasi per la superficie agricola a disposizione delle aziende. Un’altra importante osservazione riguarda il fatto che la maggior parte dei titolari d’azienda agricola risulta un’attività accessoria non dedicando ad essa più del 50% del loro tempo ( in Lombardia tale soglia europea sale addirittura al 72%). L’agricoltura montana, ancor oggi praticata abbastanza diffusamente, anche se non più a titolo principale, risulta infatti complementare ad altri tipi di lavoro (anche stagionali) consentendo di integrarne significativamente i redditi. L'agricoltura è praticata principalmente in aziende a conduzione familiare e con elevato lavoro part-time o stagionale. L’agricoltura è basata quasi esclusivamente sull’allevamento zootecnico (soprattutto l’allevamento bovino ad indirizzo lattiero), attuato per lo più secondo modalità e consuetudini secolari e come unico strumento di utilizzo razionale ed economico di un territorio costituito da vaste aree, vocate quasi esclusivamente alla produzione foraggiera spontanea. La risorsa agricola principale sono i prati da cui tramite la falciatura gli allevatori ottengono i foraggi per l’alimentazione del bestiame. Di scarsissima importanza nei nove comuni, per dimensione e redditività, sono invece i terreni coltivati a seminativo . La valorizzazione ed il recupero degli alpeggi e delle malghe costituisce sicuramente un elemento centrale per il rilancio dell’alpicoltura in valle Sabbia efficiente ed efficace solo a Bagolino per la presenza del formaggio bagosso IGP. Mentre a Bagolino l’adeguamento igienico-sanitario dei fabbricati e dei locali di lavorazione del latte e conservazione dei prodotti è praticamente concluso, per gli altri alpeggi molto rimane ancora da fare soprattutto per sfruttare meglio le dotazioni ed i pascoli presenti. E’ necessario ed improrogabile agire su una filiera corta produttore /consumatore. Le piccole realtà montane possono sopravvivere e dare un reddito soddisfacente ai giovani solo ottenendo valore aggiunto attraverso la trasformazione dei prodotti come il latte in formaggio, gli animali in insaccati e la frutta e/o verdura in confetture. Si conclude esortando e auspicando una maggiore preparazione, aggiornamento e professionalità degli operatori agricoli in sinergia però con il sostegno mirato da parte delle istituzioni nell’organizzazione e nella promozione dei prodotti. Anche per il bosco vale quanto espresso per l’attività agricola: è necessario creare la “filiera del legno” con la produzione di energia (biomasse, carboni attivi, teleriscaldamento), artigianato (segherie, mobili e materiali edilizi per costruzioni, ecc.), qualità ambientale (pulizia dei boschi, regimazione delle acque, manutenzione e quindi tutela e valorizzazione di un ambiente attraente per il turismo) . La multifunzionalità rappresenta il pilastro dell’agricoltura di montagna, in grado di migliorare sia la crescita reddituale e professionale degli agricoltori che la qualità ambientale del territorio. L’azienda agricola, secondo l’attività prevalente, l’organizzazione e le risorse umane disponibili, dovrebbe svolgere attività complementari o integrative per poter sopravvivere ovvero: - nell’agriturismo e nelle attività ad esso collegate - nella prevenzione manutenzione e gestione dell’ambiente - nella salvaguardia e valorizzazione della biodiversità (flora, fauna) e del paesaggio; Pagina 28 di 29 PROGETTO AMBIENTE – STUDIO TECNICO

Per questo motivo nella redazione comune dei 9 PGT è stata indicata un’area strategica ambientale denominata “le Tre Corne” (indicata nella cartografia del singolo comune in allegato e presente nelle tavole dei servizi dei 9 PGT) all’interno dalla quale sviluppare l’agricoltura, il turismo e al contempo migliorare l’ambiente.

Allegati: 1. Tavola inquadramento attività agricole ed alpeggi 2. Tavola inquadramento rete ecologica 3. Tavola di dettaglio

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