Dipartimento di Statistica e Matematica Applicata all’Economia Università di Pisa

Lucca e la sua Piana: un sistema urbano in trasformazione

Autori:

Federico Benassi (Dipartimento di Statistica e Matematica Applicata all’Economia - Università di Pisa)

Samanta Particelli (Ufficio Statistica - di )

Silvia Venturi (Dipartimento di Statistica e Matematica Applicata all’Economia - Università di Pisa)

La ricerca è frutto del lavoro comune degli autori che se ne assumono congiuntamente la responsabilità. Tuttavia l’introduzione, la parte 1, la parte 3 (escluso il paragrafo 3.2) e le conclusioni sono dovute a Silvia Venturi; la parte 2, il paragrafo 3.2 della parte 3, i paragrafi 4.1 e 4.3 (escluso il sottoparagrafo 4.3.4) della parte 4 sono dovuti a Federico Benassi; il paragrafo 4.2 e il sottoparagrafo 4.3.4 della parte 4 sono dovuti a Samanta Particelli. L’elaborazione dei dati è stata realizzata da Federico Benassi e Samanta Particelli.

La ricerca è stata coordinata da Odo Barsotti (Dipartimento di Statistica e Matematica Applicata all’Economia – Università di Pisa)

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Sommario

Introduzione ...... 4 1. Città e sistema urbano...... 6 1.1 L’evoluzione della città. Uno spunto descrittivo: il “ciclo di vita urbano” ...... 6 1.2. La città come centro funzionale: abitanti e consumatori ...... 8 1.3. Spazio di vita e spazio vissuto ...... 10 2. Aspetti demografici dell’Area Lucchese ...... 12 2.1 La popolazione residente dal 1951 al 2001 ...... 12 2.2 Movimenti naturali e migratori ...... 19 2.3 La struttura per età ...... 20 3. Struttura e dinamica delle attività economiche nell’Area Lucchese...... 26 3.1 Addetti e unità locali per settori e per Sel ai due censimenti ...... 26 3.2 La struttura economica della provincia e dei suoi Sel nell’analisi Shift-share ...... 32 3.3 Il sistema territoriale lucchese ...... 36 4. Mobilità e interazioni spaziali nell’Area Lucchese ...... 41 4.1 Introduzione ...... 41 4.2 La mobilità residenziale nel periodo 1998-2003 ...... 43 4.2.1 Premessa ...... 43 4.2.2 Dal Centro, verso il Centro ...... 43 4.2.3 All’interno del Centro ...... 46 4.2.4 Struttura per sesso e per età degli ingressi e delle uscite per cambiamento di residenza ...... 50 4.3 La mobilità pendolare per motivi di lavoro e studio ...... 53 4.3.1 Premessa ...... 53 4.3.2 La mobilità pendolare per lavoro e per studio tra le aree provinciali al 1991 53 4.3.3 La mobilità per lavoro e per studio con riferimento all’Area Lucchese al 1991 ...... 57 4.3.4 La mobilità pendolare per motivi di lavoro e studio al 2001 ...... 68 Conclusioni ...... 75 Indice delle Figure...... 79 Indice delle Tabelle ...... 80 Indice dei Cartogrammi ...... 82 Bibliografia ...... 83

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Introduzione

È sempre più sentita l’esigenza di analizzare la costante ed indubbia riorganizzazione del territorio che accompagna lo sviluppo della città. I tradizionali modelli interpretativi, e quindi le analisi conseguenti, non appaiono più pienamente soddisfacenti a cogliere la complessità di un fenomeno sempre più articolato. Anche concordando con Gottmann, per cui la “città è invincibile” (Gottmann, 1983), è indubbio che la sua posizione ed il suo ruolo sul territorio sono andati via via mutando nel tempo, anche in una realtà come quella italiana, caratterizzata da un esteso policentrismo (non per niente uno slogan che ha avuto molto successo cita appunto: “l’Italia delle mille città”) e, a maggior ragione, come quella toscana in cui lo spirito di campanile –nei termini ovviamente di identità e di appartenenza alla città- è, come fa notare recentemente Elia, sempre molto marcato, tanto da fargli parlare della “Toscana delle Toscane” (Elia, 2002). Ciò che ha caratterizzato l’evoluzione del concetto stesso di città è proprio il suo porsi in un sistema di relazioni, anche di tipo gerarchico, con il territorio circostante fino al consolidarsi di una sorta di vera e propria rete che configura e definisce un sistema: il sistema urbano. Da questa prospettiva, l’oggetto dello studio è l’Area Lucchese, cioè Lucca e l’insieme dei comuni che “gravitano” intorno al capoluogo. Dal momento che definire il territorio oggetto di analisi, non è solo una premessa necessaria allo svolgimento dell’indagine, ma “essa stessa” … “strumento conoscitivo capace di rappresentare o falsare i fenomeni in studio” (Casini, 2002), abbiamo focalizzato l’attenzione sul Sel Area Lucchese, così come definito dalla Regione Toscana, nell’ambito del Programma Regionale di sviluppo 1998-2000 . Tale riferimento territoriale ci è sembrato opportuno, ai fini dello studio in oggetto, dal momento che il Sistema economico locale (Sel, appunto) si basa su una logica secondo noi appropriata, che combina l’elemento di natura geografico- amministrativa con un elemento di tipo relazionale. Le strutture territoriali, cioè, possono essere pensate come risultati di due tipi di relazioni spaziali: quelle orizzontali, cioè messe in atto da “soggetti” ubicati in luoghi diversi (per esempio:residenza-luogo di lavoro), e quelle verticali che connettono le caratteristiche e il comportamento attuale di certi soggetti (abitanti, imprese, istituzioni) con le caratteristiche dei luoghi. La regione Toscana è stata così suddivisa in 31 Sel centrati sul comune con il maggior carico demografico –il capoluogo- e costituiti dai comuni, per così dire, periferici che “gravitano” intorno al centro, e l’Area Lucchese, centrata sul comune di Lucca, è appunto uno di essi. In particolare, lo studio si dipana in più parti. Nella prima parte, che ha valenza introduttiva, vengono presentate alcune teorie dello sviluppo della città e del sistema urbano. Certamente, non si ha la pretesa di esaurire quanto in materia, dal momento che si tratta di una problematica ampia che ormai da anni ha visto interessati molti studiosi, di svariate discipline –geografi, demografi, sociologi, economisti, ma più recentemente anche architetti, solo per citarne alcuni- e che ha dato luogo ad un’imponente letteratura. Lo scopo, non era presentare una rassegna, bensì fornire alcuni elementi di riflessione, poi riproposti nel corso dell’analisi, per interpretare e valutare, alla luce delle teorie comunque più diffuse ed interessanti, quanto emerso dalla mera lettura dei dati. Successivamente, si passa all’esame delle caratteristiche demografiche e delle dinamiche naturali e migratorie sia interne all’Area Lucchese, ma anche in confronto con gli altri Sel della provincia, evidenziando poi il solo comune capoluogo per cercare di capire come Lucca si collochi nel processo evolutivo di vita della città che va dall’ urbanizzazione al declino urbano , passando per la suburbanizzazione e la

4 disurbanizzazione . La fonte dei dati è quella censuaria e, nello specifico, i censimenti generali della popolazione, a partire dal 1951, in modo da offrire non solo la situazione al 2001, ma anche quello che negli ultimi 50 anni, per ciò che concerne la popolazione, ha determinato quella situazione. Se la base demografica è ovviamente il punto di partenza imprescindibile, certo non è sufficiente a spiegare l’organizzazione territoriale ed i complessi rapporti che regolano le dinamiche spaziali; non è solamente questione di numeri, quindi di quanto , ma anche di come . Allora, uno dei versanti di indagine che aiuta ad indagare quel come è quello della struttura produttiva, analizzata in termini di addetti ed unità locali, attraverso i dati dei censimenti economici del 1991 e del 2001. In particolare, si mira ad evidenziare, oltre alla struttura produttiva dell’Area Lucchese, eventuali specificità di questa nel panorama provinciale; oltre a cercare, anche attraverso i dati economici, indizi di processi evolutivi del ruolo di Lucca nell’ambito della Piana, nell’arco degli ultimi anni. In altri termini, lo stadio di sviluppo della città misurato solamente in termini di perdita o incremento di popolazione non è di per sé significativo, se non affiancato dalla capacità che essa ha, per esempio, di creare occasioni di lavoro. Il centro può perdere peso demografico, ma acquistare importanza rispetto alla corona sotto il profilo occupazionale o della fruizione dei servizi, e l’analisi della struttura economica fornisce certamente interessanti indizi in tal senso. Per capire allora quanto siano strette le relazioni tra centro e corona, Lucca e la sua Piana, è indispensabile studiare anche gli spostamenti di popolazione sia definitivi, i trasferimenti di residenza, sia temporanei, i movimenti pendolari. Nella quarta parte, quindi, sulla scorta di dati anagrafici, si analizzano i movimenti residenziali all’interno dell’Area Lucchese, ma anche tra le aree della provincia nonché le dinamiche orientate all’esterno dei confini lucchesi. Successivamente, focalizzando l’attenzione sul solo centro si entra nel dettaglio del solo comune di Lucca e delle sue frazioni, per qualificare più specificamente alla frazione interessata le eccedenze positive o negative dei trasferimenti di residenza. Nel suo piccolo, anche la realtà della sola città è composita ed articolabile tra frazioni spesso molto diversificate in quanto a caratteristiche socio-economiche ed abitative, che invece si perdono una volta che consideriamo indistintamente il totale comunale (spesso, peraltro, livello minimo di disponibilità dei dati). Il fatto che un centro urbano, per esempio, perda residenti, può non valere con la stessa intensità per tutti i quartieri, anzi ce ne potrebbero essere alcuni capaci di attrarre popolazione anche da fuori dei confini comunali, per condizioni ambientali particolarmente favorevoli in quanto a servizi offerti, o piacevolezza del contesto architettonico o naturale (la cosiddetta amenity ). Il che, ovviamente, nell’ambito del sistema comporta un valore aggiunto sotto il profilo della gerarchizzazione dei ruoli. Infine, si passa ad analizzare la mobilità pendolare per motivi di lavoro o di studio, gli unici rilevati dal censimento. Purtroppo, non è ancora possibile disporre dei dati completi e “ufficiali” relativi all’anno 2001, quindi lo studio dettagliato si è fermato al 1991. A favore comunque della validità di questa parte dell’indagine, nonostante tale evidente limite, è da notare che si imposta un quadro di riferimento che potrà essere aggiornato rapidamente con i nuovi dati, appena saranno diffusi. Oltre alla metodologia, ripetiamo oggettivamente valida, quindi esportabile nello spazio e nel tempo, è possibile anche in qualche modo estrapolare delle valutazioni che vadano a corredo del modello interpretativo sulla riorganizzazione del sistema urbano lucchese, così come si è delineato dai precedenti stadi di indagine. Semmai, si può lamentare che attraverso le rilevazioni ufficiali non sia ancora possibile cogliere la dimensione, e la direzione, dei flussi motivati diversamente, (quindi svago, cultura, salute, e così via), ma non per questo meno importanti nella definizione del ruolo della città in un sistema gerarchico di funzioni.

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1. Città e sistema urbano.

In una realtà come quella odierna, l’analisi territoriale per meglio capire l’evoluzione demo-economica di un determinato contesto si configura sempre più come un valido strumento sia sotto il profilo meramente conoscitivo, sia quale possibile presupposto per un approccio di tipo programmatorio. Appare suggestivo, in merito, il punto di vista per cui “l’organizzazione economica, sociale e politica del territorio si esprime in un sistema di luoghi” (Sforzi, 2000; pag. 127), sottintendendo il territorio come strumento interpretativo della società come dell’economia. Nello specifico, lo studio effettuato sull’Area Lucchese ha lo scopo di cogliere non solo l’evoluzione quantitativa e, per quanto possibile, qualitativa dei vari aspetti demografici ed economici degli ultimi anni, ma anche di “rileggere”, alla luce di quegli aspetti, il sistema territoriale; i rapporti tra le varie realtà comunali dell’Area e tra queste ed il comune capoluogo. In questo quadro di riferimento, il fenomeno urbano si propone come l’oggetto privilegiato di attenzione, quindi la città diventa l’elemento centrale dell’analisi in quanto imprescindibile punto di partenza nello studio dei complessi rapporti che regolano la vita del sistema lucchese.

1.1 L’evoluzione della città. Uno spunto descrittivo: il “ciclo di vita urbano”

Prima di entrare nel merito della specifica lettura dei dati, illustrata nei capitoli successivi, un’analisi territoriale articolata intorno alla “città” non può prescindere da un richiamo, se pure parziale e rapido, all’impianto teorico che, negli anni, ha definito l’evoluzione del concetto stesso. Molto si è scritto sulla “città”, sul suo ruolo, sul suo “ciclo di vita” ed altro ancora, ma, comunque la si definisca, o la si interpreti, è innegabile che una quota sempre più consistente di popolazione nei paesi sviluppati viva proprio nelle città: si calcola che dal 66,6% nel 1970, la quota di popolazione urbana nei paesi ricchi arriverà al 79,1% nel 2010. Non solo, ma anche nei paesi in via di sviluppo è sempre più evidente la tendenza della popolazione ad inurbarsi tanto che dalla quota di popolazione urbana del 24,7% nel 1970, si prevede di arrivare al 46,8% al 2010 (United Nations, 1998). “Il mondo contemporaneo”, quindi, “è un mondo sempre più urbano” (Bortolotti, 2002; pag. 7). Le città, però, al di là della pura dimensione in termini demografici o territoriali, sono da considerarsi “contesto di vita sociale per moltissimi individui” (Vicari Haddock, 2004; pag. 2). Addirittura, mentre in una prima fase degli studi urbani il problema definitorio -e quindi l’approccio- era legato quasi esclusivamente alla dimensione demografica per cui vi era un limite di popolazione al di sopra del quale un agglomerato veniva considerato “urbano” e al di sotto “rurale” (20.000 abitanti; Golini, 1974), successivamente si sono introdotti ulteriori elementi distintivi, fino ad arrivare a considerare la città in quanto “nodo di relazioni” (Dematteis, 1997; pag. 18). Quindi, non più nemmeno la città come elemento singolo, quasi una monade da indagare nelle sue specificità, ma come punto di una rete che, a sua volta, si colloca in un più ampio sistema di connessioni (Dematteis, 1997). In questo quadro, allora, il centro urbano svolge una funzione propositiva nel contesto dei modelli locali di sviluppo, e la dimensione demografica passa in secondo luogo tanto che, a volte, vi è addirittura perdita di popolazione residente.

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Il fulcro di qualsiasi approccio, a nostro avviso, rimane comunque la città in particolar modo per il contesto europeo nel quale ci collochiamo e, ancor più specificamente, per la realtà italiana prima e toscana poi. Qualunque sia, infatti, l’approccio interpretativo che si voglia utilizzare, non si può non considerare che la validità delle categorie concettuali è subordinata ai tratti specifici del contesto cui ci riferiamo. Con ciò vogliamo sottolineare come alcuni modelli nati negli Stati Uniti non possano essere trasportati senza opportuni adattamenti nella realtà del nostro Paese, poiché l’origine dello stesso oggetto di analisi, “la città”, è profondamente diversa e questa differenza crediamo sia fondamentale per l’interpretazione. L’Europa ha radici storiche e culturali ben diverse da altri ambiti geografici, in particolare, come fa notare la Ennen, nei Paesi della fascia mediterranea vi è stata una continuità dell’occupazione del suolo ma anche del tipo di attività, comportamenti, modo di essere (Ennen, 1983). E, comunque, a livello europeo la maggior parte delle città moderne può considerarsi come un prosieguo dei centri medievali (Sbordone, 2001). Certo, la dimensione demografica è una componente essenziale, ma da sola non è sufficiente a definire il problema o, perlomeno, non considerando i suoi soli aspetti quantitativi. Quindi l’innegabile evoluzione del fenomeno urbano, sotto qualunque assunto teorico lo si ricomprenda, non può essere pienamente colta se non intersecando vari aspetti. Il modello interpretativo del “ciclo urbano di vita” (Van den Berg, 1982) non appare, così, del tutto soddisfacente in quanto la teoria ciclica considera le dinamiche dello sviluppo urbano secondo una visione della città come sistema spaziale in sé indipendente e relativamente autonomo. Certamente, rispetto alla netta contrapposizione urbano-non urbano o, meglio ancora centrale-periferico, che, alla prima manifestazione di decremento demografico delle città dopo una precedente fase di grande richiamo della popolazione dalle aree limitrofe, faceva parlare di controurbanizzazione (Berry, 1976), la teoria ciclica propone un approccio molto più sfumato cogliendo più passaggi intermedi tra le varie fasi. Del resto, alla fine degli anni ’80, Vitali notava come il cambiamento dei modelli di insediamento avvenuti nel nostro Paese tra il 1951 e il 1987 fosse da interpretarsi non tanto come “fuga dalle città”, quanto come “fine della corsa verso le città” per cui, piuttosto che di controurbanizzazione, fosse da parlare di suburbanizzazione intesa come un diffondersi dei valori urbani anche ai centri periferici (Vitali, 1990). Senza quindi voler attribuire alla teoria del ciclo di vita della città alcuna capacità esaustiva nell’interpretare i fenomeni evolutivi che riguardano gli insediamenti urbani, non si può non convenire che comunque propone un modello descrittivo estremamente efficace, partendo dal presupposto che la città sia al centro ( core ) di un sistema periferico che le si articola intorno ( ring ) e che tutto sia determinato dai diversi assetti che la popolazione trova all’interno del sistema. In un primo momento, quindi, si ha una fase iniziale di urbanizzazione , in cui la popolazione si concentra nel core , successivamente si passa ad una fase di suburbanizzazione che si verifica quando la pressione demografica sul ring si allenta e la popolazione comincia a privilegiare la residenza nel ring per cui la crescita, che ancora si verifica, dell’intero sistema è a carico esclusivamente della periferia. Si crea allora una regione funzionale urbana estesa, quella che è stata chiamata anche la “nuova città” (Van der Borg, 1991). Quando, poi, anche il ring comincia a perdere popolazione, per cui tutto il sistema è in deficit demografico, allora si sta attuando la fase della disurbanizzazione , per poi approdare all’ultimo stadio del ciclo quando, con un processo di riurbanizzazione , si ha un ritorno della popolazione all’area centrale. Più recentemente Emanuel (Emanuel, 1997) ha proposto una articolazione maggiore tra le varie fasi del ciclo, letto peraltro come un processo transizionale, comprese tra i due estremi dell’urbanizzazione estesa (la popolazione aumenta sia nel centro che nella corona) e della stagnazione demografica negativa (sia centro che corona sono in fase di declino demografico). All’interno di questo intervallo si collocano situazioni diverse a seconda di quale elemento del sistema cresca , per cui si parla di: urbanizzazione “assoluta” quando il

7 sistema cresce solo grazie al suo centro e “relativa ” quando la crescita del centro non riesce a compensare la contrazione demografica della corona, ma il sistema riesce comunque a mantenersi; suburbanizzazione “assoluta” quando, per contro, la crescita demografica è esclusivamente dovuta alla corona che, compensando ed eccedendo la perdita del centro, fa crescere il sistema e “relativa” quando la capacità di crescita della corona si riduce fino a non bilanciare più il decremento del centro, ma il sistema non è ancora in fase di declino. I passaggi tra uno stato e l’altro avvengono, poi, secondo quattro traiettorie evolutive: periurbanizzazione quando il percorso procede dalla stagnazione demografica negativa all’urbanizzazione estesa, attraverso i due momenti della suburbanizzazione, relativa e assoluta; urbanizzazione quando invece lo stesso percorso passa attraverso i due momenti dell’urbanizzazione relativa prima e assoluta poi; disurbanizzazione quando il percorso è inverso, dall’urbanizzazione estesa alla stagnazione demografica negativa, attraverso la suburbanizzazione assoluta e relativa; declino urbano , quando sempre quel percorso viene effettuato attraverso l’urbanizzazione assoluta e relativa (Emanuel, 1997). Se, però, il valore descrittivo di queste impostazioni appare efficace, le traiettorie sinusoidali delle dinamiche demografiche centro-periferia, i quattro stadi del ciclo di vita urbano con le varie situazioni di concentrazione e deconcentrazione assoluta e relativa, sono tracciati e definiti, per ogni sistema urbano dalla città; è la città (il core ) che cede e riacquista popolazione, in un contesto di asettica indipendenza. Invece, come accennato all’inizio, tutto il sistema urbano è percorso da legami di stretta interdipendenza, all’interno dei quali assumono rilevanza gli specifici aspetti relazionali, di tipo gerarchico-funzionale, tra i diversi contesti spaziali. Gli stessi stadi del ciclo di vita spesso si sovrappongono: suburbanizzazione o deurbanizzazione, per esempio, possono coesistere con la riurbanizzazione selettiva che si attua quando ceti sociali medio-alti si riorientano verso il centro urbano, rivitalizzandolo trasferendovi la residenza (dinamiche di gentrification ). Non è tanto importante, allora, stabilire se le città siano nell’uno o nell’altro stadio, quanto piuttosto comprendere se il loro declino demografico non sottintenda una fase di ristrutturazione delle loro funzioni e dei loro spazi. Una fase in cui acquistano funzioni di rango superiore, diventano centri ricchi di attività direzionali, commerciali, culturali caratterizzati, negli spazi urbani, dalla concentrazione di personale qualificato e di servizi specializzati, con scarsa ma “selezionata” popolazione residente, con presenza di flussi di lavoratori e di consumatori urbani.

1.2. La città come centro funzionale: abitanti e consumatori

Sembra allora legittimo sostenere che da una “forma urbana tradizionale”, identificabile in un ambito territoriale definito in cui risiede stabilmente una comunità e che coincide con una ripartizione amministrativa, si passa ad un ambito più ampio, delineato da un “bacino di pendolarità” dalle aree periferiche, fino ad una “struttura a rete” caratterizzata da vari livelli di interdipendenza (Martinelli, 2004). Quello che definisce il ruolo del centro è così la funzione, piuttosto che la sua vitalità sotto il profilo demografico e una delle prospettive da cui porsi per leggere i mutamenti urbani è quella proposta da Martinotti agli inizi degli anni ’90: le popolazioni urbane (Martinotti, 1993). La città, cioè, si identifica, oltre che in base ai suoi abitanti, anche in base a coloro che quotidianamente vi insistono. E, se in una prima fase del suo sviluppo, si tratta solamente di lavoratori –i pendolari o, per dirla con Martinelli, “la popolazione presente diurna” (Martinelli, 2004)-, in un secondo momento si aggiungono anche coloro che consumano servizi di alto livello, prevalentemente di natura culturale, cioè i “consumatori metropolitani” o “ city users ”. Addirittura, secondo Martinotti, sono proprio questi che “risolvono il paradosso virtuale” per cui le città si spopolano ma appaiono sempre più congestionate. A differenza dei pendolari per motivi di lavoro, che sono meno visibili sul 8 territorio, e meno problematici sotto il profilo dell’impatto e dell’organizzazione dei servizi infrastrutturali, in quanto legati al luogo ove svolgono la loro attività, i consumatori metropolitani sono ben presenti tanto che la città non starebbe affatto morendo a seguito di processi di deurbanizzazione, saremmo solamente noi osservatori ad osservare il fenomeno con lenti sfuocate (Martinotti, 1993; pagg. 148-9). Ma si sta affermando anche una quarta popolazione, in netta crescita, che usando l’ambiente urbano contribuisce al suo dinamismo e ad incrementare la posizione gerarchica della città nell’ambito del sistema. Si tratta dei “metropolitan businessmen ”, individui molto selezionati, che utilizzano la città per incontri di affari, convegni, consulenze e così via, comunque tutte attività di profilo elevato e legate essenzialmente ad affari e scambi. La prevalenza di un’utenza piuttosto che un’altra segna il passaggio tra diversi tipi di città (di metropoli): “di prima generazione”, quando il centro attrae solamente i pendolari, “di seconda generazione”, quando diventa oggetto di interesse anche per i “ city users ”, “di terza generazione”, al momento che si afferma anche il flusso dei “ metropolitan businessmen ”. L’accento si sposta, quindi, dal mero dato statistico sui residenti, al rapporto che gli individui hanno con il territorio. Ciò che acquista importanza è l’utilizzazione che viene fatta della città, non solo per definirne il suo ruolo gerarchico, ma anche per i riflessi che ciò ha sulle sue strutture e infrastrutture: basti pensare all’organizzazione del servizio dei trasporti a seconda che sia orientato verso i soli residenti –che possono essere anche non numerosi e poco propensi allo spostamento- oppure ai lavoratori pendolari o agli studenti che quotidianamente insistono sul territorio, congestionando il sistema in alcune ore del giorno. O, ancora, all’importanza che può avere in termini di bacino di utenza un polo sanitario in grado di far fronte ad esigenze molto diversificate. Non solo, ma anche in termini di impatto, ambientale ma non solo. Sia Martinotti (Martinotti, 1993) che Sbordone (Sbordone, 2001), per esempio, sottolineano come mentre il residente ha un rapporto costante con la città, per i servizi della quale paga le tasse, i pendolari o più in generale quelli che potremmo chiamare “gli affluenti” consumano spazio e risorse in una situazione fiscalmente asimmetrica (per esempio non pagano per i rifiuti solidi urbani che pure contribuiscono ad incrementare). Senza contare la particolare coorte definita dalla popolazione turistica, che non sempre fa un uso appropriato delle città così come i frequentatori di locali che possono creare disagio in termini di eccesso di traffico e rumore soprattutto nelle ore serali e notturne. I diversi modi di consumare lo spazio urbano, inoltre, possono concorrere a determinare conflitti non solo tra abitanti e consumatori, come sopra accennato, ma anche tra gli stessi consumatori. Sbordone cita in merito l’esempio in cui un forte incremento di metropolitan business , che utilizzano e favoriscono la nascita di servizi in segmenti particolarmente qualificati e qualificanti, induce chi amministra il territorio a privilegiare questa fascia di utenza spingendo per il loro insediamento nel centro, costruendo alberghi, centri congressi e strutture di accoglienza. Ciò andrebbe così a penalizzare i city users , per esempio i frequentatori di locali notturni, ma anche i più tradizionali pendolari che comincerebbero a loro volta ad essere espulsi al seguito delle attività tradizionali, messe in fuga dal nuovo riassetto del territorio (Sbordone, 2001). Secondo l’impostazione metodologica derivante dall’approccio delle popolazioni urbane, si tratta allora di un complesso sistema di equilibri in cui l’organizzazione dello spazio, ed il modo di vivere lo spazio cambiano di significato, determinando nel tempo l’evoluzione del concetto stesso di città, il cui ruolo nell’ambito del sistema dipende dalla sua capacità di attrarre e, potremmo dire gestire, le varie figure di “utenti”.

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1.3. Spazio di vita e spazio vissuto

Sempre sotto il profilo del rapporto con lo spazio, si colloca anche l’approccio dello spazio di vita e dello spazio vissuto , che appare come uno dei più promettenti per definire un sistema territoriale. Esso, infatti, in qualche modo cerca di coniugare la dimensione oggettiva dell’uso del territorio con gli aspetti soggettivi, intesi come percezione che l’individuo ha dello spazio. Da una parte, cioè, si colloca l’utilizzazione concreta dello spazio –spazio di vita-, vale a dire l’insieme dei solchi più o meno profondi che l’individuo traccia con i suoi spostamenti sul territorio e che rappresenta la trama dei suoi rapporti sociali; dall’altra si pone il suo senso di percezione dello spazio –spazio vissuto-, cioè il senso di alienazione od appartenenza ad un ambiente. Potremmo dire, citando Micheli, che “spazio di vita” è una “categoria logica ….. che definisce i contorni del territorio in cui si esplica la rete delle attività ordinarie e delle relazioni sociali primarie dell’individui”, mentre “spazio vissuto” è “una categoria dello spirito”, una “dimensione a cavallo tra il fisico e l’immaginario” (Micheli, 1994). Ovviamente, mentre lo spazio di vita è oggettivabile e quindi misurabile, ben più difficile è cogliere la dimensione dello spazio vissuto, in quanto fortemente definito dagli aspetti individuali, ma non per questo meno importante. La decisione di trasferire o meno la residenza o di utilizzare lo spazio in un modo piuttosto che in un altro non sono necessariamente indotte da agenti esterni. In altri termini, si può decidere di rimanere ad abitare nel comune, nella frazione, nel quartiere, dove si è sempre abitato, perché quella è la dimensione territoriale che sentiamo come “casa”, anche se mutamenti nella vita lavorativa –diversa allocazione del proprio posto di lavoro, o diverso posto di lavoro tout court - possono trasformarci in pendolari. Del resto, il trasferimento di residenza che ha portato molti abitanti della città a vivere nelle aree più periferiche fino alle varie forme di suburbanizzazione per dirla con i termini del ciclo di vita, se ha avuto una concausa importante nel mercato immobiliare là, almeno all’inizio, più favorevole, si può pensare sia stato anche indotto da valutazioni individuali in termini di guadagno in a menity e, più in generale, qualità della vita che il centro urbano sempre più congestionato non garantiva più. Se questa impostazione appare suggestiva, non è però di facile attuazione, dal momento che, come già rilevato, la misurazione della componente individuale è estremamente problematica. Si può però cercare di intravedere in qualche modo indirettamente questa componente attraverso la lettura degli spostamenti nello spazio, legati alle loro motivazioni, quindi con metodi di analisi della mobilità spaziale. Attraverso l’uso dello spazio il soggetto soddisfa i propri bisogni ed i propri obblighi, realizza i suoi tempi di lavoro e di studio ed i suoi tempi di vita per cui gli spostamenti quotidiani rappresentano uno dei processi di adeguamento spaziale tra domanda ed offerta di lavoro e servizi rappresentando, i cambiamenti di residenza, uno degli altri modi di adeguamento. D’altra parte, i due tipi di spostamento sono spesso fortemente interconnessi. Se consideriamo in particolare il fenomeno della mobilità spaziale delle forze di lavoro, esso può essere interpretato sia come “risposta allo spazio economico”, cioè come processo di adeguamento a cui il lavoratore è soggetto nella sua funzione di fattore produttivo e di consumatore, sia come “condizione di equilibrio dello spazio”, cioè come processo condizionante l’intero sistema delle localizzazioni. Grazie alla sua mobilità, ciascuna unità lavorativa può offrire la sua capacità di lavoro in tutti i punti dello spazio e tale offerta può concretizzarsi sia attraverso lo spostamento periodico tra luogo di residenza e luogo di lavoro, sia cambiando il luogo di residenza, sia entrambi. In sintesi, il processo di adeguamento spaziale dell’individuo quale fattore produttivo può avvenire secondo tre modalità: attraverso la modificazione della relazione con lo spazio a seguito di un cambiamento di residenza e/o di lavoro, attraverso lo

10 spostamento periodico tra i due luoghi; attraverso una combinazione dei due. Questo determina, tra le varie aree in cui si articola lo spazio una serie di rapporti di scambio tra individui e, a seconda della modalità in cui si estrinseca la risposta migratoria, gli spostamenti definitivi e quelli periodici possono trovarsi in situazioni di concorrenzialità o di complementarietà, oppure in una combinazione delle due (Termote, 1969; Bottai, Barsotti, 2003). L’esempio utilizzato, però, è fortemente riduttivo dal momento che le relazioni spaziali tra i luoghi in cui si articola un sistema, non avvengono certo solamente per lavoro; e la localizzazione della residenza non è più orientata esclusivamente verso l’annullamento della distanza residenza-lavoro, ma è determinata anche da altre valutazioni. Non solo, ma tale distanza è sempre meno la motivazione esclusiva dei movimenti giornalieri e dell’utilizzazione quotidiana dello spazio. Nell’analisi della mobilità spaziale si tiene conto spesso solo dei movimenti alternanti quotidiani, come gli spostamenti per lavoro o per studio per i quali, peraltro, vi è grande disponibilità di dati. Talvolta, tuttavia, nel quadro delle analisi gravitazionali si considerano anche gli spostamenti per acquisti, ma movimenti legati al tempo libero, alle attività ricreative e culturali, ai rapporti sociali, alla salute e così via sono generalmente trascurati. È vero che la frequenza di questi tipi di spostamento non è giornaliera, la loro importanza è indubbiamente crescente nella misura in cui possono superare il volume di quelli dovuti a motivi di lavoro o di studio, quotidiani e quindi decisivi nel definire lo spazio di vita. La minore ricorrenza, allora, è in qualche modo compensata dalla massa considerevole di interazioni che esse inducono e dal fatto che sono elementi caratterizzanti la qualità della vita (Bottai, Barsotti, 1994). Se, quindi, non si riesce facilmente a cogliere in termini quantitativi la dimensione individuale che caratterizza lo spazio vissuto, lo studio della mobilità quotidiana disaggregata per motivazione dello spostamento, consente comunque di definire la complessa organizzazione dei rapporti che definiscono un territorio. La mobilità quotidiana, infatti, è indotta dalla gerarchizzazione dei sistemi urbani, in quanto specializzazione delle varie parti del territorio in funzioni specifiche -residenziali, produttive, di servizi- di diverso rango, ma fortemente integrate. La sovrapposizione degli spazi di vita e degli spazi vissuti dà corpo al sistema urbano e identifica le zone di indifferenza nelle quali due o più sistemi urbani si intersecano. Allora, in sintesi, il problema dell’evoluzione della città, la contrapposizione tra urbano e non urbano, questioni come la dicotomia urbanizzazione-contrurbanizzazione appaiono superati, o almeno superabili quando, se pur utilizzando categorie definitorie come quelle più o meno numerose dei vari stadi del ciclo di vita della città, si inquadra il problema anche sotto il profilo dell’uso e del consumo dello spazio. Ci si inserisce, allora, in una prospettiva reale di “sistema” e più ancora di “rete” in cui la città appare come un “nodo di relazioni” che da un ambito circoscritto dal perimetro comunale, come era nel passato, si è estesa allargando i suoi confini fino a dove arriva il suo “sistema urbano giornaliero”. Questo, definito dalla complessità dei movimenti pendolari, fa sì che tutto il territorio interessato sia da considerarsi urbano, se pure non con “intensità e modalità” costanti (Dematteis, 1997). L’oggetto di analisi privilegiato diventa allora il “sistema urbano locale” (Emanuel, 1997), al centro del quale comunque si colloca “la città originaria” ….. che rimane …..“il cuore e la forza trainante di tutto l’insieme poiché in essa si concentrano i poteri decisionali e le funzioni di rango più elevato ed è in rapporto ad essa che si organizzano flussi e relazioni verso l’esterno” (Sbordone, 2001; pag. 76). Ciò che la città ha diffusamente perso in termini di abitanti, ma anche di funzioni produttive, lo ha guadagnato nel quadro di un generale riassetto dei sistema in termini di funzioni gerarchiche. “Ciò che” ….. infatti ….. “caratterizza la città moderna sono le sue funzioni gerarchiche, le sue caratteristiche di incubatore del potere prometeico della cultura moderna, non la quota di popolazione e di occupazione che esprime: è una questione di quid, di rango delle funzioni e di qualità della

11 cultura, piuttosto che di quantum, di stoccaggio di unità fisiche” (Piccolomini, 1994; pag. 119).

2. Aspetti demografici dell’Area Lucchese

In questa parte del lavoro analizzeremo i dati, di natura censuaria, relativi alla popolazione del comune di Lucca e della sua provincia. L’intento è quello di evidenziare le dinamiche demografiche differenziali che hanno caratterizzato nel tempo Lucca rispetto agli altri comuni della propria area e l’Area Lucchese rispetto al resto del territorio provinciale.

2.1 La popolazione residente dal 1951 al 2001

Primi interessanti spunti possono essere colti attraverso la lettura dell’andamento della popolazione residente ai censimenti (1951-2001) nella provincia e nel comune di Lucca. Dall’analisi dei dati, si nota innanzitutto come la provincia di Lucca abbia sperimentato una fase di rapida crescita della popolazione residente ed una successiva fase di altrettanto rapida decrescita: l’ammontare della popolazione è salito da poco meno di 377.000 unità nel 1951 ad oltre 385.000 unità nel 1981, con un incremento nel trentennio pari al 5,2%; dal 1981 la tendenza si è radicalmente invertita, ed in 20 anni la popolazione è scesa a poco più di 372 mila unità con una perdita del 3,5%, in linea con quanto avvenuto a livello regionale dove la popolazione, sempre a partire dal 1981, è diminuita di 83.245 unità con una perdita del 2,3% (Tabella 1).

Tabella 1: Popolazione dei comuni dell’Area Lucchese, della Provincia di Lucca e della Regione Toscana. Censimenti 1951-2001.

1951 1961 1971 1981 1991 2001 Comuni 7.254 7.462 8.688 9.580 9.976 11.152 41.874 39.794 41.403 44.041 43.874 42.454 Lucca 88.302 88.428 90.995 91.246 87.100 81.862 Montecarlo 3.834 3.499 3.300 3.655 4.065 4.345 Pescaglio 5.897 4.759 3.859 3.824 3.762 3.718 5.403 5.476 6.044 6.699 6.827 7.109 2.822 2.670 2.369 2.166 2.028 1.792 Area Lucchese 155.386 152.088 156.658 161.211 157.632 152.432 Provincia di Lucca 366.899 365.540 380.356 385.876 377.101 372.244 Toscana 3.158.811 3.286.160 3.473.097 3.581.051 3.529.946 3.497.806

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

Anche la popolazione residente nel comune di Lucca mostra una traiettoria evolutiva con l’alternarsi di una fase di crescita a una fase di forte contrazione: essa passa da circa 88 mila unità nel 1951 a oltre 91 mila unità nel 1981, con un incremento pari al 3,3%. Dal 1981 la popolazione registra un rapido declino, arrivando nel 2001 a poco meno di 82 mila unità, con un decremento pari al 10,3%. E’ interessante sottolineare due aspetti: il primo è che, sia a livello provinciale che comunale, il 1981 rappresenta un vero e proprio punto di svolta nelle dinamiche evolutive della popolazione residente; il secondo è che la crescita della popolazione del comune di Lucca nella prima fase è stata relativamente meno accentuata rispetto a quella della

12 provincia nel suo insieme, e la diminuzione nella seconda fase è stata invece relativamente più marcata. Il risultato al termine dei 50 anni di osservazione è che la popolazione provinciale rimane leggermente al di sopra del livello toccato agli inizi del periodo, mentre la popolazione del comune di Lucca ne scende nettamente al di sotto (Figura 1 e Figura 2). Non solo, ma la forte tendenza all’accelerazione della contrazione della base demografica del comune capoluogo, negli ultimi anni, è ancora più evidente se tradotta in termini di tasso geometrico (come lo stesso grafico sembra suggerire); esso, infatti, mostra come Lucca dal 1991 al 2001 abbia perso, annualmente, oltre 6 unità di popolazione ogni 1000 residenti, a fronte di –4,6 per mille nell’intervallo intercensuario precedente. In altri termini, se permanesse la tendenza attuale, tra poco meno di 20 anni, il comune capoluogo potrebbe scendere ben al di sotto degli 81.000 residenti. D’altra parte, la tendenza demografica del comune di Lucca sembra inserirsi perfettamente nel quadro già delineato da Martinotti nei primi anni ’90, in cui si evidenziava come le città comprese le piccole città non metropolitane (50.000-100.000 abitanti) perdessero in tutta Italia popolazione, quando i comuni minori (fino a 50.000 abitanti) incrementavano notevolmente (Martinotti, 1993). Figura 1: Popolazione residente nella provincia di Lucca. Censimenti 1951-2001.

390.000

385.876 385.000

380.000 380.356 377.101 375.000

372.244 370.000 366.899 365.000 365.540 Frequenze assolute Frequenze 360.000 Popolazione residente nella provincia di Lucca 355.000

350.000 1951 1961 1971 1981 1991 2001 Anni censuari

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

Figura 2: Popolazione residente nel comune di Lucca. Censimenti 1951-2001.

92.000 90.995 91.246 90.000

88.302 88.428 88.000 87.100 86.000

84.000

82.000 81.862 Frequenze assolute Frequenze 80.000 Popolazione residente nel comune di Lucca

78.000

76.000 1951 1961 1971 1981 1991 2001 Anni censuari

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

13

Le differenze nei ritmi di variazione appaiono poi ancora più evidenti se la dinamica della popolazione del comune capoluogo si raffronta con quella della popolazione del resto della provincia (ossia della popolazione della provincia al netto di quella del comune capoluogo). Come si osserva dalla Figura 3, l’andamento delle curve dei numeri indice (anno base 1951) mostra che i ritmi di crescita della popolazione dei due aggregati territoriali sono sostanzialmente simili fino a metà degli anni ‘60; poi i ritmi di variazione seguono percorsi diversi con crescenti divaricazioni. Infatti, mentre la popolazione del resto della provincia tende a stabilizzarsi sui livelli raggiunti al censimento del 1971, la popolazione del solo comune di Lucca sperimenta dai primi anni ‘80 ritmi di decremento crescenti. Al termine di mezzo secolo di dinamica demografica la popolazione del comune di Lucca è diminuita di oltre il 7% ed invece la popolazione del resto della provincia registra un incremento del 4%. L’andamento demografico differenziale ha naturalmente ridotto l’importanza relativa della popolazione del comune di Lucca sulla popolazione dell’intera provincia.

Figura 3: Popolazione residente nel comune di Lucca e nel resto della provincia lucchese. Censimenti 1951-2001.

110

105,8 105 103,9 104,2 104,1 103,0 103,3

100 100,1 100 99,5 98,6

95 Valori numeri Valori indice 92,7

Resto provincia di Lucca 90 Comune di Lucca

85 1951 1961 1971 1981 1991 2001 Anni censuari

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

Semmai è interessante osservare che il comune capoluogo perde peso nei confronti della popolazione della provincia già nel 1971, ovvero 10 anni prima rispetto all’anno di svolta delle dinamiche evolutive del sistema territoriale lucchese (Figura 4).

14

Figura 4: Incidenza della popolazione del comune di Lucca rispetto alla popolazione della provincia lucchese. Censimenti 1951-2001.

24,5 24,2 24,1 Incidenza della popolazione residente nel 24 23,9 comune di Lucca

23,6 23,5

23,1 23

22,5 %

22,0 22

21,5

21

20,5 1951 1961 1971 1981 1991 2001 Anni censuari

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

Riducendo il dettaglio territoriale, passiamo a studiare le dinamiche evolutive che hanno caratterizzato Lucca nei confronti dei restanti comuni che compongono la sua piana e, in questo esame, ci riferiamo a modelli di crescita urbana di più largo uso nella letteratura geo-demografica, che fondano l’analisi sulla ricognizione degli stadi percorsi dai sistemi urbani in un ipotetico processo di transizione. Più specificatamente, utilizziamo la classificazione tipologica prospettata nello schema di Emanuel (Emanuel, 1997). Il modello presuppone l’identificazione di un centro ( core ) e di una periferia ( ring ) del sistema urbano. Nel nostro caso il core è rappresentato dal comune di Lucca e il ring dai restanti comuni dell’Area Lucchese trattati, almeno per il momento, come un insieme omogeneo. 1 Dalla Figura 5, si nota come le traiettorie evolutive del comune di Lucca e del resto dell’area si diversifichino nettamente, con scarti che fino ad oltre la metà degli anni ‘70 “avvantaggiano” il core del sistema urbano. Da quel momento la divaricazione tra le traiettorie si capovolge sempre più decisamente, nel senso che i saggi di variazione sono nettamente favorevoli al ring del sistema urbano, con scarti maggiori rispetto a quelli che avvantaggiavano precedentemente il core del sistema.

1 I restanti comuni appartenenti al Sel “Area Lucchese” sono: Altopascio, Capannori, Montecarlo, , Porcari, Villa Basilica. 15

Figura 5: Andamento della popolazione residente nel comune di Lucca e nel resto dell’Area Lucchese ai censimenti 1951-2001.

108

106 105,1 105,2 104 104,3 103,0 103,3 102

100 100 100,1 98,6 98 97,9

96 94,9 94

Valori deiValori indice numeri 92,7 92

Popolazione residente nel resto dell'Area 90 Lucchese Popolazione residente nel comune di 88 Lucca

86 1951 1961 1971 1981 1991 2001 Anni censuari

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

Seguendo lo schema concettuale di Emanuel, si può azzardare una classificazione delle fasi che hanno caratterizzato le dinamiche insediative dell’area. Come si osserva dalla Tabella 2, negli anni ‘50 il sistema urbano inizia a sperimentare una fase di urbanizzazione relativa, con la crescita di popolazione del core che non riesce a bilanciare ed eccedere la perdita nel ring mentre, nel decennio successivo, il sistema territoriale lucchese transita nettamente verso una situazione di urbanizzazione estesa in cui, appunto, crescono entrambe le componenti del sistema urbano. Questa fase si estende anche agli anni ‘70, durante i quali però comincia a manifestarsi una situazione di suburbanizzazione in cui la crescita complessiva è esclusivamente a carico della corona, situazione che prende decisamente corpo tra gli inizi degli anni ‘80 e gli inizi degli anni ‘90 e si consolida nel decennio che conclude il XX secolo quando si configura come vera e propria suburbanizzazione relativa con il tendenziale complessivo declino della popolazione del sistema, nonostante la tenuta della corona, dovuto alla sensibile contrazione del comune capoluogo.

Tabella 2: Variazioni del Centro e della Corona dell’Area Lucchese.

Anni 1951-61 1961-71 1971-81 1981-1991 1991-2001 Centro 126 2.567 251 -4.146 -5.238 Corona -3.424 2.003 4.302 567 38 Variazioni -3.298 4.570 4.553 -3.579 -5.200

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

Abbiamo considerato fin qui come un insieme omogeneo i comuni dell’aggregato territoriale definito come ring . In realtà, questi comuni hanno registrato dinamiche demografiche assai differenziate. La disomogeneità può essere apprezzata attraverso la 16 lettura delle curve riportate nei grafici sottostanti. In particolare, si nota come i comuni di Altopascio e Porcari, a partire dal 1961, presentino trend di crescita sostenuta, senza alcuna discontinuità, lungo tutto il successivo quarantennio di analisi. Montecarlo, dopo una prima fase di incertezza, dal 1971 segue una traiettoria evolutiva costante che lo porta, a fine periodo, ad un livello di crescita di sicuro interesse. Al contrario, i comuni di Villa Basilica e di Pescaglia hanno sperimentato trend negativi: la popolazione del primo decresce con continuità seguendo un percorso di tipo lineare, quella del secondo diminuisce rapidamente fino al 1971, per poi mantenersi sostanzialmente stabile (Figura 6 e Figura 7).

Figura 6: Trend della popolazione residente nei comuni dell'Area Lucchese in "crescita". Censimenti 1951-2001.

180

160 153,7

140 131,6 120 113,3 100 100 101,4

80

Valori numeriValori indice 60 Altopascio Capannori 40 Montecarlo Porcari 20

0 1951 1961 1971 1981 1991 2001 Anni censuari

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

Figura 7: Trend della popolazione residente nei comuni dell'Area Lucchese in "decrescita". Censimenti 1951-2001.

120

100 100

80

63,5 60 63,0

Pescaglia

Valori numeri Valori indice 40

Villa Basilica

20

0 1951 1961 1971 1981 1991 2001 Anni censuari

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

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E' comunque opportuno sottolineare che alcuni comuni del Sel hanno un’ampiezza demografica piuttosto modesta (Tabella 3).

Tabella 3: Popolazione dei comuni dell'Area Lucchese al censimento 2001.

Comuni dell'Area Popolazione al Lucchese censimento 2001 Lucca 81.862 Altopascio 11.152 Capannori 42.454 Montecarlo 4.345 Pescaglia 3.718 Porcari 7.109 Villa Basilica 1.792 Totale 152.432

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

Senza quindi enfatizzare eccessivamente, non è comunque privo di rilievo il fatto che a seguito dei differenziali di crescita demografica, nella seconda metà del XX secolo, è mutata l’importanza relativa dei 7 comuni del sistema. Infatti (Tabella 4) se nel 1951 Porcari era il quarto comune in ordine decrescente di importanza, escluso il capoluogo, nel 2001 guadagna oltre un punto percentuale e sale al terzo posto; Pescaglia subisce il percorso inverso con una perdita di incidenza di ben 1,4 punti percentuali. Ma il guadagno maggiore è sicuramente quello di Altopascio che nel 2001 raccoglie il 7% dei residenti dell’Area Lucchese rispetto a neppure il 5% di 50 anni prima.

Tabella 4: Distribuzione percentuale della popolazione per comune di residenza nell’Area Lucchese.

Comuni dell'Area Lucchese 1951 2001 Lucca 56,8 53,7 Altopascio 4,7 7,3 Capannori 26,9 27,8 Montecarlo 2,5 2,9 Pescaglia 3,8 2,4 Porcari 3,5 4,7 Villa Basilica 1,8 1,2 Totale resto area 43,2 46,3 Totale area 100,0 100,0 Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

Il sistema “Lucca e la sua Piana” quindi sembra sperimentare pienamente, fino al compimento del processo, quanto già rilevato per il “modello” dell’area del Centro (Italia) all’inizio degli anni ’80 (Barsotti, Bonaguidi 1981), seguendo un percorso di spill- over (Barsotti, Bottai 1992) fino all’attuale traiettoria verso la disurbanizzazione (Emanuel, 1997). In base a questa analisi più dettagliata il sistema territoriale lucchese appare allora più complesso: la “periferia” si arricchisce nel corso del tempo di elementi di centralità che acquistano un’autonoma capacità di crescita demografica; una capacità di

18 crescita indotta da processi di crescita economica e produttiva e non solo da fenomeni di suburbanizzazione, di trasferimenti di residenze dal core del sistema.

2.2 Movimenti naturali e migratori

Il senso della dinamica, il ruolo delle diverse tipologie territoriali, gli shifts temporali dipendono però in modo prevalente dal movimento migratorio. Il tasso di variazione per movimento naturale è meno differenziato tra le varie componenti territoriali del sistema di quanto lo sia il movimento migratorio. Quest’ultimo, quindi, appare più espressivo della redistribuzione della popolazione all’interno del bacino territoriale. Per questo motivo sono stati costruiti i bilanci demografici di 5 anni contigui “centrati”, di decennio in decennio, sugli anni dal 1961 al 2001. Il ricorso ad almeno un quinquennio è dovuto alla necessità di ridurre quanto più possibile gli effetti distorcenti dovuti ai “piccoli numeri”. Il commento, quindi, riguarderà i dati aggregati per quinquennio e distinti tra il comune di Lucca (il centro), e il resto dell’area (la corona). Come si osserva dalla Tabella 5, tra la fine degli anni ‘50 e gli inizi dei ‘60 la corona del sistema territoriale lucchese è tributaria del centro: il comune di Lucca registra nel quinquennio un saldo migratorio netto di oltre 800 unità, gli altri comuni subiscono una perdita migratoria netta di 2.550 unità di popolazione. Dopo appena un decennio, alla fine degli anni del “miracolo economico”, il ring comincia a sostituire il centro come area più vitale sul piano dello sviluppo demografico: l’afflusso migratorio netto si riversa ora in misura preponderante nei comuni del resto dell’area (quelli stessi comuni che 10 anni prima segnavano una forte deflusso netto) mentre il comune capoluogo accenna ad un certo rallentamento. Gli inizi degli anni ‘80 segnalano importanti mutamenti nel regime demografico. La contrazione delle nascite, che ha cominciato a manifestarsi con crescente intensità dalla metà degli anni ‘70, determina saldi naturali negativi nell’intero sistema territoriale lucchese. Ma, mentre l’afflusso migratorio netto nel ring riesce ad eccedere le perdite naturali, nel core esso non è sufficiente. La diminuzione delle nascite provoca una vera e propria caduta della natalità nel corso del decennio successivo. Il deficit naturale, anche per effetto del progressivo invecchiamento della popolazione, si aggrava. Nei 5 anni tra la fine degli anni ‘80 e gli inizi degli anni ‘90, l’apporto migratorio netto riesce a colmare solo poco più di 1/5 delle perdite naturali nel comune di Lucca (10 anni prima ne copriva i 2/3). Nel resto del territorio dell’Area Lucchese l’eccedenza del saldo migratorio su quello naturale si riduce rispetto a 10 anni prima di oltre il 50% (dall’84% al 45%).

Tabella 5 : Quadro riassuntivo dei saldi naturali e migratori. Lucca e resto dell'Area Lucchese.

Periodi SN SM ST SN/P *1000 SM/P * 1000 Lucca 1371 810 2181 15,49 9,15 ANNI '59-'63 Resto Area Lucchese -117 -2.429 -2.546 -1,8 -37,6 Lucca 374 234 608 4,1 2,6 ANNI '69-'73 Resto Area Lucchese 466 2.510 2.976 7,1 38,2 Lucca -1.926 634 -1.292 21,1 6,9 ANNI '79-'83 Resto Area Lucchese -1.082 1.991 909 -15,5 -28,5 Lucca -2.497 578 -1.919 -28,8 6,7 ANNI '89-'93 Resto Area Lucchese -1.390 2.015 625 -19,7 28,6 Lucca -1.930 1.871 -59 -23,1 22,4 ANNI '99-'03 Resto Area Lucchese -866 3.607 2.741 -12,2 50,7 Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

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Il nuovo millennio sembra segnare l’inizio di un recupero della “vitalità” demografica del comune capoluogo: nel quinquennio compreso tra gli ultimi anni del ventesimo secolo e i primi anni del ventunesimo, l’afflusso migratorio netto risulta più che triplicato rispetto a dieci anni prima e colma pressoché totalmente il saldo naturale ancora negativo, ma più contenuto. Questo timido accenno di “riurbanizzazione” non attenua affatto il fenomeno della suburbanizzazione, che continua ad essere la principale modalità insediativa del sistema urbano lucchese. Il saldo migratorio netto del resto dell’Area Lucchese (la corona) è, infatti, ulteriormente cresciuto ed appare meno scalfito dalle perdite naturali. Da notare (ancora Tabella 5), che tutti i comuni della Piana, ad eccezione di Villa Basilica, contribuiscono positivamente alla formazione di detto saldo ed in tutti l’apporto migratorio compensa ed eccede il deficit naturale. La variazione per movimento migratorio esalta ancor più della variazione per movimento totale il ruolo “guida” nel processo di redistribuzione della popolazione dal centro verso la periferia dei comuni di Altopascio e Capannori, e più recentemente di Porcari e Montecarlo. La recente performance del comune capoluogo, in termini di crescita migratoria, è certamente dovuta, in larga misura, alla forte crescita della componente “estera” del saldo migratorio. Ma potrebbe sottintendere anche l’avvio o il rafforzamento di un processo di “gentrification ”, di ritorno nel centro storico dei segmenti emergenti dei ceti sociali medi ed alti per il “ripristino di proprietà immobiliari”; una riurbanizzazione selettiva che farebbe riacquistare al centro storico la sua funzione residenziale, condividendola con quella di rappresentanza politica ed economica. Si tratta, comunque, di dinamiche molto complesse in cui si intrecciano fattori demografici ma anche economico-sociali in una successione non necessariamente “lineare”, anzi più frequentemente in concomitanza o in concatenazione. La stessa “gentrification” viene da alcuni già messa in discussione come categoria interpretativa delle nuova realtà urbana, almeno per ciò che concerne la sua dimensione sociale in quanto la nuova colonizzazione delle aree centrali urbane da parte dei ceti medio-alti non farebbe necessariamente diminuire, in queste aree, le sacche di povertà (Sbordone, 2001). Valutare, quindi, se questo processo sia davvero in atto ed eventualmente quali siano la sua dimensione e la sua valenza; se ed in che misura sia la conseguenza dei pregressi fenomeni di suburbanizzazione; quanto rappresenti una specifica fenomenologia dell’attuale modello di differenziazione sociale ed economica e di ristrutturazione dello spazio urbano, tutto questo (ed altro) potrebbe essere il compito di una futura ricerca.

2.3 La struttura per età

Il raffronto dell’evoluzione demografica del centro e della periferia ci ha fornito un quadro sufficientemente dettagliato delle dinamiche insediative che hanno caratterizzato il sistema territoriale lucchese dagli anni cinquanta ai primi anni del duemila. La transizione da una tipologia d’insediamento a un’altra, segnata dai diversi ritmi di crescita demografica delle componenti del sistema, ha agito tuttavia non solo sulla dimensione e sulla distribuzione territoriale della popolazione, ma anche sulla sua struttura. Sono note le relazioni tra gli elementi del sistema demografico: i flussi (naturali e migratori) influenzano la numerosità, ma anche la struttura per età della popolazione; d’altra parte i flussi dipendono, in senso assoluto, dall’ammontare della popolazione e, in senso sia assoluto che relativo, dalla sua struttura per età. I flussi, però, oltre che da questi elementi strutturali, dipendono anche dai comportamenti (De Santis, 1997).

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A questo proposito, si può ragionevolmente presumere che i comportamenti che danno vita ai flussi naturali (la fecondità ed i rischi di morte alle varie età) siano stati e siano ancora sostanzialmente omogenei all’interno dell’Area Lucchese. Al contrario si deve invece ritenere che i comportamenti migratori (i tassi specifici per età di immigrazione e di emigrazione) tra il centro e la periferia del sistema - ed anche tra alcune unità territoriali della periferia - siano stati e siano ancora significativamente differenti. Queste due assunzioni si possono provare solo indirettamente, in mancanza di misure dirette delle propensioni; la loro validità si può scorgere dal confronto, tra il centro e la periferia, dei tassi del saldo naturale e dei tassi del saldo migratorio. Le differenze dei primi sono sempre molto più contenute di quelle dei secondi. Ciò significa che le differenze nei livelli del movimento naturale netto sono dovute quasi esclusivamente alle differenze nella struttura per età, mentre a determinare le differenze nei livelli del movimento migratorio netto tra il centro e la periferia concorrono assai più le differenze nei comportamenti che nella struttura per età della popolazione. Le differenti traiettorie demografiche sono dunque causa ed effetto dei tratti di diversità che, nel corso del tempo, hanno segnato la struttura per età della popolazione delle due componenti del sistema territoriale. Comunque sia, seppur in maniera diversa, la popolazione di tutti i comuni dell’Area Lucchese ha sperimentato il processo di invecchiamento in atto ormai da tempo in tutto il paese. L’indice di vecchiaia (Iv), infatti (Tabella 6) calcolato come rapporto tra gli anziani (popolazione con oltre 64 anni) e i giovanissimi (popolazione da 0 a 14 anni), cresce lentamente negli anni ‘50 e ‘60, mostrando valori leggermente superiori nella corona rispetto al centro (Figura 8). A partire dalla metà degli anni ‘70, per effetto dell’avvio di quei cambiamenti nel regime demografico che si affermeranno vistosamente nei decenni successivi, i ritmi di crescita dell’indice subiscono una rapida accelerazione, più evidente per il comune di Lucca che per il resto dei comuni della Piana. Già al censimento del 1981 il capoluogo risulta più invecchiato e l’invecchiamento progredisce, assai più rapidamente rispetto al resto dell’area, nei decenni successivi. Il risultato finale delle traiettorie del cinquantennio è che l’indice di vecchiaia del comune di Lucca é salito da 57 anziani ogni 100 giovani nel 1951 a 197 anziani ogni 100 giovani nel 2001 e l’indice di vecchiaia dei rimanenti comuni dell’Area Lucchese da 55 anziani ogni 100 giovani nel 1951 a 172 anziani ogni 100 giovani nel 2001. In entrambi i casi, si tratta comunque di valori nettamente superiori al livello nazionale dal momento che per l’Italia Iv 2001 = 131,38. Riprendendo l’analisi a livello locale ed entrando più nel dettaglio comunale, le divaricazioni negli andamenti appaiono ancora più evidenti se l’evoluzione dell’indice di vecchiaia lucchese si confronta con quelle degli indici dei comuni della piana a più intensa crescita demografica (in particolare Altopascio e Porcari), dove il processo d’invecchiamento risulta meno accelerato.

Tabella 6: Indice di Vecchiaia dei comuni dell’Area Lucchese. Censimenti 1971-2001.

Comuni dell'Area Anni Censuari Lucchese 1971 1981 1991 2001 Altopascio 80,6 90,8 126,9 147,7 Capannori 76,5 92,4 144,4 184,4 Lucca 78,3 101,9 169,0 196,3 Montecarlo 89,5 90,7 113,9 131,0 Pescaglia 128,2 137,0 194,7 191,6 Porcari 62,6 77,6 126,0 155,5 Villa Basilica 78,1 127,0 172,4 220,2 Resto Area lucchese 78,9 93,7 140,9 172,4 Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

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Figura 8: Andamento dell'Indice di vecchiaia comune di Lucca e resto dell’Area Lucchese. Censimenti 1951-2001.

250,0

Lucca 200,0 196,3 Resto Area Lucchese 169,0 172,4

150,0 140,9

101,9

Valori di Iv di Valori 100,0 93,7 77,8 78,9 57,6 78,3 75,1 50,0 55,1

0,0 1951 1961 1971 1981 1991 2001 Anni censuari

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

Il più rapido invecchiamento del comune capoluogo, a partire dalla metà degli anni settanta, é l’effetto congiunto di una maggiore dilatazione del vertice della piramide (invecchiamento dall’alto) e di una maggiore “erosione” della base (invecchiamento dal basso) che ha caratterizzato la popolazione di Lucca in modo significativo. Questo appare chiaramente nella Figura 9 in cui si evidenziano le traiettorie dell’indice (Ipg)- ossia il rapporto tra la quota dei giovani residenti a Lucca e la quota di giovani residenti nella Piana -e l’indice (Ipa), che misura in maniera analoga il rapporto fra le quote di anziani.

Figura 9: Andamento di Ipg e Ipa. Anni censuari 1951-2001. Comune di Lucca e resto dell’Area Lucchese.

1,10 1,08

1,05 1,06

1,01 1,00 0,99 0,98 0,96 0,96 0,95 0,95 0,92 0,92 0,93 0,90 0,88

0,85 Ipg Ipa

0,80 1951 1961 1971 1981 1991 2001 Anni censuari

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

Le dinamiche demografiche differenziali emerse, tra le diverse componenti della popolazione (distinte per grandi classi di età), si possono cogliere anche dall’andamento

22 dell’Indice di dipendenza (Id). Questo, costruito come rapporto tra la somma di giovani e anziani su la popolazione in età attiva (misura indiretta del c.d. carico sociale, anche se non ha assolutamente valenza economica, bensì esclusivamente demografica), infatti, mostra (Tabella 7) come si sia passati, almeno a livello di Area, da una fase di tendenziale aumento (1971-1981) ad una successiva di flessione (1981-1991) per poi riprendere leggermente quota negli anni ’90. Se l’andamento iniziale è stato presumibilmente dovuto ai primi effetti sul numeratore del processo di invecchiamento, per cui gli oltre 64enni hanno iniziato a compensare fino poi ad eccedere la contrazione dei giovanissimi, negli anni ’80 potrebbe avere agito maggiormente il denominatore. In quel periodo, infatti, è entrata pienamente nell’età attiva la coorte dei nati nel periodo di massima fecondità sperimentata dalla popolazione italiana tutta ( baby boom ) che in qualche modo ha bilanciato gli effetti dell’invecchiamento, per altro sempre più marcato. Questo effetto “benefico” si sta progressivamente esaurendo mentre si consolida il sempre maggiore peso della componente anziana che, incrementata più che proporzionalmente anche alla riduzione del contingente di 0-14enni, induce il nuovo aumento dell’indice negli anni ‘2000.

Tabella 7:Indice di dipendenza nei comuni dell’Area Lucchese. Censimenti 1971-2001.

Comuni dell'Area Anni Censuari Lucchese 1971 1981 1991 2001 Altopascio 56,1 55,0 49,3 49,2 Capannori 53,7 58,1 47,8 48,7 Lucca 53,1 54,5 47,8 51,6 Montecarlo 54,1 56,1 49,9 48,0 Pescaglia 61,8 64,9 52,2 55,5 Porcari 50,5 52,4 48,0 49,8 Villa Basilica 57,0 59,5 58,6 59,1 Resto Area lucchese 54,3 57,4 48,7 49,5

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

Può essere interessante, infine, esaminare se le differenti dinamiche demografiche abbiano concorso a determinare anche un diverso grado di invecchiamento della sola popolazione in età attiva, ossia dell’offerta potenziale di lavoro. Un indicatore del grado di invecchiamento di questa componente della popolazione è il così detto indice di struttura della popolazione attiva (Is), calcolato come il rapporto tra le 25 generazioni più vecchie (ovvero quelle tra i 40 e i 64 anni) e le 25 generazioni più giovani (dai 15 ai 39 anni) che saranno destinate a sostituirle. Come si osserva dalla Tabella 8 i dati confermano quanto accennato in precedenza. L’ingresso in età di attiva di fasce più consistenti di popolazione giovane fa prevalere la componente dei 15-39enni, determinando un abbassamento dell’indice fino all’inizio degli anni ’90. Come poi, nell’ultimo periodo, comincia a prevalere l’invecchiamento generalizzato della popolazione, l’indice riprende a crescere mostrando come il rapporto tra le due componenti della popolazione in età attiva tenda alla parità.

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Tabella 8: Indice di struttura della popolazione attiva dell’Area Lucchese. Censimenti 1971-2001.

Comuni dell'Area Anni Censuari Lucchese 1971 1981 1991 2001 Altopascio 101,0 93,0 87,9 90,9 Capannori 99,8 95,6 94,3 102,5 Lucca 104,0 98,5 98,7 106,8 Montecarlo 107,8 91,4 87,4 93,0 Pescaglia 120,2 107,6 100,9 104,9 Porcari 98,8 91,2 89,7 94,3 Villa Basilica 111,6 101,2 90,0 99,3 Resto Area lucchese 101,7 95,3 92,8 99,2

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

Se focalizziamo l’attenzione sul comune capoluogo nei confronti della Piana, vediamo come anche limitatamente alla sola popolazione in età attiva Lucca evidenzi un più marcato processo di invecchiamento per tutto il periodo considerato (Figura 10). Ciò potrebbe costituire un freno alla capacità di sostituzione nell’ambito dell’offerta potenziale di lavoro, superiore nel capoluogo piuttosto che nel resto dell’Area.

Figura 10 : Andamento dell’indice di struttura della popolazione attiva per i comuni dell’Area Lucchese.

110

106,8 105 104,0

101,7 100 99,2 98,5 98,7

95 95,3 Valoridell'indice 92,8

Lucca 90 Resto Area Lucchese

85 1971 1981 1991 2001 Anni censuari

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

Il comune di Lucca, quindi, si affaccia al XXI secolo con un contingente di residenti “impoverito” sotto il profilo quantitativo a vantaggio di alcuni dei comuni della sua corona (in particolare Altopascio e Capannori), ma anche tendenzialmente meno dinamico sotto il profilo demografico. Gli andamenti dei movimenti naturali e migratori, con saldi costantemente negativi negli ultimi 25 anni, e il conseguente invecchiamento della

24 popolazione pure nella fascia “strategica” dell’età attiva, configurano anche in un prossimo futuro una base demografica più debole perfino sotto il profilo qualitativo. Se però leggiamo questi dati alla luce non di un’ottica puntiforme: Lucca e i singoli centri della sua Piana, ma di un sistema reticolare in cui il ruolo è definito e dalle funzioni e dal network di rapporti che ogni centro riesce ad attivare, allora anche andamenti e situazioni demograficamente sfavorevoli possono non costituire necessariamente freni allo sviluppo. La perdita di popolazione residente, cioè, può essere bilanciata da un forte afflusso di “utenti” di servizi altamente specializzati city users, metropolitan business (Martinotti, 1993) che riqualificano la città capoluogo in quanto ne definiscono la sua posizione gerarchica su un livello elevato. L’affievolirsi del contingente di chi ci abita, quindi, di per sé non è sufficiente per dichiarare il declino della città tanto più se questa diventa meta di un considerevole flusso di chi ci lavora e ci “consuma”. Ma sarebbe riduttivo affrontare il problema solo analizzando i dati sul pendolarismo – come peraltro nel prosieguo dello studio - , è necessario riflettere in un quadro di riferimento di “sistema”, il sistema urbano appunto, indagando prima di tutto sull’evoluzione delle attività produttive che negli ultimi anni ha accompagnato quella della base demografica.

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3. Struttura e dinamica delle attività economiche nell’Area Lucchese

Come accennato in precedenza e sottolineato anche in chiusura nella parte di analisi più squisitamente demografica, il ruolo della città nel sistema di relazioni spaziali dipende non tanto dal suo “peso” demografico, quanto piuttosto dal rango delle funzioni che svolge, dalle sue capacità di incubazione dell’innovazione culturale e tecnologica, e di diffusione delle conoscenze. Ecco allora che appare essenziale, per l’analisi, affiancare quanto emerso dalla lettura dei dati sulla popolazione con ciò che riguarda il sistema economico produttivo in quanto la “lettura combinata” dei due aspetti certamente aiuta nell’interpretare il “percorso di sviluppo della città…in un sistema reticolare” (Celant, Gemmiti, 2004). Conoscere non il quantum ma la “qualità” di un centro urbano per valutarne il ruolo sinergico e propositivo in un ambito di “sistema” non è, però, una operazione semplice. In questa sede, si può solo ricorrere alle informazioni fornite dai censimenti economici, per cogliere le caratteristiche fondamentali delle unità locali insediate nel centro (il comune di Lucca) e nella corona (il resto della piana), la quantità e la “qualità” della occupazione prodotta (posti di lavoro), ed i principali mutamenti intercorsi tra il censimento 1991 e quello del 2001.

3.1 Addetti e unità locali per settori e per Sel ai due censimenti

Un primo livello di analisi, quindi, riguarda la situazione generale della provincia e dei quattro Sel in cui si articola, analogamente a quanto per la parte di analisi più prettamente demografica, confrontando le ultime due rilevazioni censuarie di natura economica: il censimento generale dell’Industria e dei Servizi del 1991 e il censimento generale dell’Industria e dei Servizi del 2001. Dal punto di vista, poi, della disaggregazione settoriale, per il momento si considerano i 15 settori di attività economica raggruppati nei tre macrosettori canonici: “Agricoltura” (che comprende il comparto A: Agricoltura, caccia e silvicoltura; ed il comparto B: pesca, piscicoltura e servizi connessi); “Industria” (C: estrazione di minerali; D: attività manifatturiere; E: produzione e distribuzione di energia elettrica, gas e acqua; F: costruzioni); “Altre Attività” (G: Commercio ingrosso e dettaglio, riparazioni di auto, moto e beni personali; H: alberghi e ristoranti; I: trasporti, magazzinaggio e comunicazioni; J: intermediazione monetaria e finanziaria; K: attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca e sviluppo, altre attività professionali; L: pubblica amministrazione e difesa, assicurazione sociale obbligatoria; M: istruzione; N: sanità e altri servizi sociali; O: altri servizi sociali, pubblici e personali) 2. Possiamo notare subito, quindi, come in un regime generale di incremento sia di addetti che di unità locali, vi sia una differenza consistente tra i Sel in cui si articola la provincia lucchese. Per quanto riguarda gli addetti, infatti (Tabella 9), l’Area Lucchese, insieme alla Media Valle, mostra una capacità di crescita superiore (in termini relativi, rispettivamente: +6,6% e +6,4%) a quella espressa dall’intero territorio provinciale che, con il suo +4,6%, si è mosso, sotto il profilo considerato, pressoché all’unisono con l’ambito regionale (+4,7%). Questo andamento differenziale delle due aree più dinamiche ha comportato, così, l’incremento di un punto percentuale nel peso degli addetti raccolti da Area Lucchese e Media Valle, attualmente intorno al 56% del totale provinciale. Molto meno dinamica

2 Si ringrazia L’Istat sede per la Toscana che ha gentilmente fornito i dati. 26 appare invece la Versilia, il cui volume di addetti cresce di solo il 2,7% e addirittura in regresso la Garfagnana che, a fine decennio, perde l’1,5%.

Tabella 9: Addetti nei Sel nei tre macro settori di attività economica ai censimenti 1991 e 2001.

Agricoltura Industria Altre Attività Totale Var. % Sel 1991 2001 1991 2001 1991 2001 1991 2001 (2001-1991) Area Lucchese 288 177 26.192 26.070 34.995 39.314 61.475 65.561 6,6 Garfagnana 113 125 2.577 2.831 4.915 4.536 7.605 7.492 -1,5 Media Valle 50 64 5.713 5.975 5.144 5.564 10.907 11.603 6,4 Vesilia 381 240 17.450 16.188 34.143 36.933 51.974 53.361 2,7 Provincia di Lucca 832 606 51.932 51.064 79.197 86.347 131.961 138.017 4,6 Toscana 10.455 8.190 512.718 494.350 782.718 865.336 1.305.891 1.367.876 4,7

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

Ciò che invece accomuna tutti i Sel è l’incremento del rapporto tra addetti e popolazione in età attiva che, mediamente, passa da 0,52 a 0,56 (Tabella 10). Come è noto, la capacità del dato sugli addetti di rappresentare la quota di offerta di lavoro effettivamente occupata non è totalmente soddisfacente, ma può costituire una buona approssimazione. Il fatto, però, che il rapporto cresca non necessariamente significa che la provincia abbia aumentato la sua capacità di assorbimento di forza lavoro, almeno non nei termini in qualche modo ottimistici che il confronto tra i due rapporti agli ultimi due censimenti indurrebbe a ritenere. È vero, infatti, che il volume degli addetti è aumentato piuttosto diffusamente, ma è anche vero che si è molto contratta, come abbiamo visto, la base demografica dell’offerta di lavoro. In altri termini, la popolazione in età attiva -il denominatore del rapporto- si è contratta di quasi il 4% e ciò sicuramente spiega come anche in Garfagnana, nel 2001 rispetto al 1991, si registrino 2 addetti in più ogni 100 residenti da 15 a 64 anni, a fronte di una diminuzione degli addetti dell’1,5%. Nell’area, infatti, il contingente in età attiva ha subito una contrazione del 6,7%. Tenendo quindi presente l’effetto distorcente sul rapporto addetti/popolazione in età attiva dell’erosione della base demografica da cui scaturisce l’offerta di lavoro, l’Area Lucchese –ancora insieme alla Media Valle- è il Sel con i guadagni maggiori aumentando di 7 unità il contingente degli “occupati”, ogni 100 potenziali lavoratori.

Tabella 10: Rapporto addetti su popolazione in età attiva per comune dell’Area e per Sel ai censimenti 1991 e 2001.

Addetti/Pop (15-64) *100 Comuni 1991 2001 Altopascio 66,0 73,9 Capannori 54,9 61,2 Lucca 57,2 63,1 Montecarlo 41,2 34,8 Pescaglia 41,2 42,3 Porcari 91,6 120,3 Villa Basilica 52,1 51,1 Area Lucchese 57,8 64,8 Garfagnana 37,6 39,7 Media Valle 53 60,6 Versilia 47,7 49,7 Provincia di Lucca 51,5 56,0

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

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Ritornando adesso al panorama descritto dagli andamenti degli addetti, non possiamo non sottolineare l’estrema differenziazione per macrosettore di attività. Infatti, anche gli anni ’90 si sono confermati anni di crisi per l’occupazione in Agricoltura sia in Toscana (-27,7%) che in provincia di Lucca (-27,2%), così come è continuata la difficile fase dell’Industria in provincia, però, in termini meno marcati che a livello regionale, rispettivamente: -1,7% e -3,6%. Sostanzialmente analogo, nei due ambiti territoriali, l’andamento positivo del Terziario, se pure in provincia di Lucca con un incremento lievemente inferiore a quello medio toscano: +9,0% e +10,6%. Quindi, allo stato attuale, la provincia si configura come lievemente più “industrializzata” della regione a fronte di una tendenzialmente minor vocazione terziaria, se pure si tratta di differenze ben poco evidenti (Figura 11)

Figura 11: Distribuzione degli addetti per macro settore in provincia di Lucca e in Toscana ai censimenti 1991 e 2001.

70,0

Provincia di Lucca 62,6 63,3 60,0 Toscana

50,0

40,0 37,0 36,1 %

30,0

20,0

10,0 0,4 0,6 0,0

Agricoltura Industria Altre Attività

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

Decisamente più marcate, invece, sono le differenze intra-provinciali. Per quanto riguarda il settore Primario, infatti, se nell’Area Lucchese ed in Versilia ha visto diminuire di oltre 1/3 gli addetti, soprattutto nel primo Sel, in Garfagnana ed in Media Valle ha dato qualche segno di incremento. Si tratta, però, di valori assoluti talmente piccoli che non pare possano essere significativi, neanche in termini relativi: la Garfagnana, per esempio, dove l’Agricoltura pesa più che altrove, al 2001 arriva a raccogliere appena l’1,7% degli addetti dell’area. Più interessante, almeno sotto il profilo quantitativo, la distribuzione degli addetti nell’Industria nei vari Sel. Dal 1991 al 2001, il settore si è contratto solamente in Versilia (- 7,2%), mentre ha mostrato una sostanziale tenuta nell’Area Lucchese (-0,5%) ed è addirittura cresciuto in Media Valle (+4,6%) ed in Garfagnana (+9,9%). In quest’ultimo Sel, l’incremento degli addetti nel secondario ha portato il settore ad incidere da circa il 33% nel 1991 a poco meno del 36% dieci anni dopo anche se il più industrializzato appare l’Area Lucchese con quasi il 40% degli addetti occupati nell’Industria. Questa particolare connotazione del Sel cui appartiene il capoluogo si può evidenziare maggiormente immaginando una distribuzione del tipo: appartenenza al Sel o

28 no; addetto all’Industria o no. Vediamo allora, attraverso l’odds ratio 3, che la propensione nell’Area Lucchese a rivolgersi all’Industria è 1,25 volte quella degli addetti in altri Sel. Opposta, ma di segno inverso, è sempre in Garfagnana la dinamica del Terziario. È infatti l’unico Sel a perdere addetti nel settore (-7,7%), in un regime generale di crescita anche se, nel 2001, il Sel meno terziarizzato appare la Media Valle, area in cui il settore raccoglie solo il 48% degli addetti, contro quote a partire dal 60% degli altri. In particolare, specificamente vocata in tal senso appare la Versilia ove il 69,2% degli addetti è, nel 2001, occupata nel terziario -con una propensione di 1,60 volte superiore ad indirizzarsi ad attività di servizi, rispetto agli addetti degli altri Sel- anche se l’incremento maggiore in tale ambito è quello registrato dall’Area Lucchese (+12,3%). Ulteriori dinamiche differenziali si notano poi all’interno del macrosettori. Soprassedendo sull’Agricoltura in cui si ha, comunque, più meno diffusamente un andamento recessivo, già nell’Industria i “comportamenti” non sono così omogenei. Posto che gli addetti nel comparto aumentano ovunque, come abbiamo già evidenziato, l’incremento generale degli addetti nel Secondario in Garfagnana è dovuto in particolar modo alle attività manifatturiere così come, se pure in misura minore, in Media Valle. Ciò colpisce particolarmente poiché, a livello provinciale, gli addetti impiegati in tali attività si contraggono di circa il 6%. In effetti, il manifatturiero è un comparto estremamente variegato, articolato in molte tipologie che, almeno per quanto riguarda la dimensione provinciale -l’unica peraltro per cui è stato possibile disporre delle informazioni necessarie in tal senso-, mostrano andamenti sensibilmente diversi. Tutte le attività nell’ambito del Tessile, dell’Abbigliamento e della Concia e Pelli, per esempio, perdono addetti per quasi il 27% (solo il Tessile: -41,7%); mentre il cartario (+17,0%) e soprattutto la fabbricazione di macchine e apparecchi elettrici (+53,4%) crescono, portando l’incidenza dei loro addetti sul totale del manifatturiero dal poco più del 15 % nel 1991 a quasi il 20% dieci anni dopo. Complessa la situazione pure per quanto riguarda il Terziario, anch’esso estremamente articolato il che comporta di nuovo dover considerare insieme, almeno quando si analizza la dimensione comunale e quindi il Sel, le attività per esempio, di noleggio e quelle immobiliari, da un lato –servizi, quindi, di tipo più tradizionale- e quelle di ricerca e di informatica, dall’altro, cioè più orientate verso il così detto Terziario avanzato. Comunque sia, la prima cosa che colpisce è la diffusa perdita di occupazione nel Commercio, spesso su livelli superiori a quello regionale (-4,8%), tranne che nell’Area Lucchese la quale, con -2,8%, mostra di contenere la perdita di addetti nel comparto. Sempre l’Area Lucchese si segnala per una maggior capacità di crescita nell’alberghiero e ristorazione (+33,8%), anche rispetto a Sel con maggiore vocazione turistica quale la Versilia (+10,0%). D’altra parte in Versilia, presumibilmente, c’era già in partenza un tradizionale tessuto recettivo più strutturato e con maggiore capacità di accoglienza, quindi i margini di crescita potrebbero essere, anche per tale motivo, minori rispetto ad altre realtà fino ad ora meno organizzate sotto questo profilo. Il comparto Trasporti perde ovunque (-0,6% a livello provinciale), ed in controtendenza con quanto in Toscana (+1,7%), tranne che nella Media Valle in cui gli addetti incrementano del 46,8% passando da 427 a 627 unità. Intermediazioni, attività immobiliari, noleggio, informatica ecc. (tutto quanto, cioè, ricade nel sottoinsieme in partenza indicato con K) sono in crescita in tutti i Sel, ma l’Area Lucchese si evidenzia particolarmente. Qui, infatti, gli addetti nel comparto pressoché raddoppiano, passando da 2.428 nel 1991 a 4.927 nel 2001, arrivando a rappresentare il 12,5% di chi, nell’area, si occupa nel Terziario, contro il precedente 6,9%. Come già

3 Come noto, l’odds ratio (OR) è dato, in una tabella 2 x 2, dal rapporto tra il prodotto delle frequenze nelle celle diagonali ed il prodotto delle frequenze nelle celle extra-diagonali. 29 sottolineato, però, l’estrema eterogeneità del sottosettore non consente di cogliere il contributo che attività molto diverse danno all’andamento globale seppure, dato l’evolversi del mercato immobiliare, si potrebbe ritenere elevato l’apporto dato dalla specifica “voce”, soprattutto in un ambito territoriale che comprende il sistema urbano centrato sul capoluogo. Ciò anche in considerazione del fatto che la città di Lucca, in un recente rating nazionale riguardante il mercato residenziale, si pone su livelli di dinamicità sensibilmente superiori alla media nazionale 4. Non solo, ma in quanto a trend dei contratti di vendita negli ultimi anni ’90, Lucca si qualifica come il comune in cui c’è stato, dal 1997 al 1999, l’incremento maggiore a livello regionale (+42,0%) e decisamente superiore a quello nazionale (appena +11,0%) (Censis, 2002). D’altra parte, se consideriamo il totale provinciale, gli addetti alle sole attività immobiliari incrementano di quasi l’81%, cioè in modo pressoché analogo a chi lavora nell’Informatica (+81,5%), ma il volume del primo contingente è estremamente più considerevole rappresentando oltre il 16% del comparto K, contro l’appena 0,9% del secondo. Continuando l’analisi specifica per sottosettori ancora nel contesto delle attività terziarie, la Pubblica amministrazione, che per il complesso della provincia rimane invariata in quanto a numero di addetti (-1,1% in Toscana), cala sensibilmente in Garfagnana e Media Valle (intorno a -31% in entrambi i Sel), mentre aumenta di circa 1/5 in Versilia. Il comparto “Istruzione”, in un regime provinciale segnatamente più negativo di quello regionale (-6,6% a fronte di -2,2%), è ancora capace di incrementare gli addetti in Media Valle (+20,0%), che arrivano così a pesare quasi il 9% sul complesso degli addetti nell’Istruzione in provincia di Lucca. Tutta in crescita la situazione di Sanità e altri servizi sociali che, a livello medio provinciale, incrementano gli addetti del 32,4%, pari a 12,4 punti percentuali in più di quanto globalmente in Toscana. In termini assoluti, ciò significa essere passati da 7.101 addetti nel 1991 a ben 9.291 nel 2001, aumentando quindi l’incidenza relativa nel Terziario da neanche il 9% a quasi l’11%. Questo andamento, differenziando per Sel, è ancora più marcato in Versilia (+62,1%) -dove presumibilmente la rilevazione censuaria del 2001 è stata in grado di contabilizzare la nuova realtà ospedaliera-, ma anche in Media Valle (+48,8%), mentre è molto più contenuto nell’Area Lucchese (+12,3%) e decisamente modesto in Garfagnana (+3,4). Infine, il sottosettore “Altri servizi sociali, pubblici e privati”, che nell’intervallo intercensuale vede aumentare il numero di addetti in Toscana (+5,7%), in provincia di Lucca subisce una flessione (-3,7%) -particolarmente sensibile in Media Valle (-31,0%)- tanto che, se nel 1991 raccoglieva poco meno del 10% di addetti nel Terziario, nel 2001 ne raccoglie appena il 6%. Per quanto riguarda, poi, le unità locali (Tabella 11), gli anni ’90 hanno visto una loro crescita in tutte le aree della provincia (+13,5%, contro +17,0% in Toscana), ma in particolar modo nell’Area Lucchese (+19,4%). L’incremento delle unità locali del Sel, infatti, contribuisce per quasi il 55% alla formazione del saldo totale e, disaggregato per settore, mostra come sia dovuto quasi esclusivamente al Terziario: delle 2.572 unità in più nell’Area, 2.368 sono appunto nel comparto. Sotto il profilo della concentrazione, si registrano livelli moderatamente indicativi dato che R= 0,53 5; semmai appare più interessante il fatto che mentre Industria e Terziario si appiattiscono sul livello medio provinciale –ovviamente, dato che sono i settori con la

4 Ci riferiamo ad una valutazione, riportata dal Censis, effettuata da MonitorImmobiliare, sulla base delle compravendite di alloggi per 1.000 abitazioni (Censis, 2002) 5 Si tratta dell’indice di concentrazione: R= ∆/2m, in cui ∆ rappresenta le differenze medie senza ripetizione e m è la media aritmetica della distribuzione. Potendo ipotizzare una perfetta redistribuzione del carattere, 2m è il valore massimo raggiungibile da ∆ per cui i valori limite di R sottintendono: una perfetta distribuzione tra tutte le unità statistiche se pari a 0, un “regime di monopolio”, cioè massima concentrazione in una sola unità, se pari ad 1. 30 quota preponderante di unità locali- l’Agricoltura mostra una maggiore diffusione territoriale delle sue unità, registrando un valore dell’indice pari a 0,43. Ritornando alla disamina degli andamenti, si osserva inoltre che, a differenza di quanto avvenuto per gli addetti, nell’Industria le unità locali in provincia sono incrementate (+7,7% e +6,7% in Toscana) e, relativamente ai Sel, ciò non si è verificato solo in Media Valle (-3,2%). Vi è stata, invece, una generale diminuzione nel Primario (tranne che in Media Valle ove c’è sostanziale stabilità) che ha portato le unità locali a contrarsi di oltre il 22%, quando l’analogo processo per l’intera regione si è fermato al solo -5,0%.

Tabella 11: Unità locali nei Sel nei tre macro settori di attività economica ai censimenti 1991 e 2001.

Agricoltura Industria Altre Attività Totale Var. % Sel 1991 2001 1991 2001 1991 2001 1991 2001 (2001-1991) Area Lucchese 111 93 4.017 4.239 9.133 11.501 13.261 15.833 19,4 Garfagnana 38 32 497 553 1.713 1.768 2.248 2.353 4,7 Media Valle 21 121 811 785 1.698 1.837 2.530 2.743 4,6 Vesilia 180 24 4.464 4.966 12.188 13.650 16.832 18.640 11,1 Provincia di Lucca 350 270 9.789 10.543 24.732 28.756 34.871 39.569 13,5 Toscana 3.191 3.031 92.128 98.316 215.845 262.800 311.164 364.147 17,0

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

Anche là ove si sono avuti processi di crescita, però, l’aumento delle unità locali è stato molto più sensibile di quello degli addetti il che, in termini di dimensione media, ha provocato generalmente una tendenziale diminuzione sia per quanto riguarda il settore, sia sotto il profilo territoriale. Infatti (Tabella 12), tranne che in Media Valle, dove il numero di addetti per unità è rimasto pressoché invariato (appena 0,08 addetti in più per unità), negli altri Sel si è avuta, nell’intervallo 1991-2001, una variazione di segno negativo, soprattutto nell’Area Lucchese (0,5 addetti in meno per unità) anche se, a livello provinciale rapportato all’ambito toscano, la dimensione media è diminuita meno sensibilmente (-0,29 in provincia, -0,44 in regione). Per quanto riguarda il settore –per il momento ancora in termini “macro”- la massima contrazione si è avuta nell’Industria in cui il numero medio di addetti per unità locale è passato da 5,31 a 4,84 il che, comunque, non toglie al Secondario il primato in quanto a dimensione media. Ciò, una volta che focalizziamo all’ambito intra-provinciale, è particolarmente evidente in Media Valle ove il numero medio di addetti per unità nell’Industria è addirittura aumentato arrivando, nel 2001, alla soglia di 7,6, in assoluto la dimensione media maggiore sia per quanto riguarda il settore che il Sel.

Tabella 12: Dimensione media delle unità locali nei Sel ai censimenti 1991 e 2001.

Agricoltura Industria Altre Attività Totale Var. Sel 1991 2001 1991 2001 1991 2001 1991 2001 (2001-1991) Area Lucchese 2,59 1,90 6,62 6,15 3,83 3,42 4,64 4,14 -0,50 Garfagnana 2,97 3,91 5,19 5,12 2,87 2,57 3,38 3,18 -0,20 Media Valle 2,38 2,67 7,04 7,61 3,03 3,03 4,31 4,39 0,08 Vesilia 2,10 1,98 3,91 3,26 2,80 2,71 3,09 2,85 -0,24 Provincia di Lucca 2,38 2,24 5,31 4,84 3,20 3,00 3,78 3,49 -0,29 Toscana 3,28 2,70 5,57 5,03 3,63 3,29 4,20 3,76 -0,44

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

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Spigolando, poi, all’interno dei macrosettori, e trascurando il Primario per la sua scarsa importanza, appare interessante la crescita che la dimensione media delle aziende ha avuto nel manifatturiero in alcuni Sel. Infatti, quando a livello provinciale essa rimane pressoché stabile (7,1 nel 1991 e 7,3 nel 2001), nell’Area Lucchese passa da 8,3 a 9 ma, soprattutto in Media Valle, aumenta in modo evidente tanto che, nel 2001, arriva a 11,6 con un incremento di circa 2 addetti per unità. Scorrendo gli altri comparti, non si nota niente di particolarmente rilevante -nel senso che l’entità e la direzione del cambiamento sono omogenei per Sel, anche in riferimento all’ambito regionale- fino a quello che raccoglie le attività di intermediazione monetaria e finanziaria. Qui, infatti, vi è stata una sorta di “polverizzazione”, soprattutto nell’Area Lucchese dove si è passati da una dimensione media di 7,3 a una di 5,9, quando la più consistente perdita nell’ambito provinciale, per il comparto, è di 0,7 addetti per unità locale. Del resto, in Toscana, la dimensione media di unità locali in tali attività è scesa, nel decennio, da 6,6 a 5,0. Sempre nell’Area Lucchese, invece, è aumentato molto più che altrove il rapporto addetti/unità locali nel comparto “Pubblica amministrazione”, incrementato di 14,5 unità (attualmente è 45,8) a fronte di un aumento molto più contenuto negli altri Sel (in Garfagnana e in Media Valle addirittura mostra tendenza alla contrazione), così come in provincia nel complesso ove è passato da 23,0 a 30,2; provincia che si muove su dimensioni inferiori, per entrambi gli anni considerati, a quelle regionali (rispettivamente: 25,2 e 33,2). Provincia e regione si muovono in modo analogo –in crescita, ma con la prima sempre su livelli inferiori- per quanto riguarda il sottosettore dell’Istruzione che, in una lettura intra-provinciale vede imputare l’aumento della dimensione media a tutti i Sel, tranne l’Area Lucchese in cui rimane costante. Sanità e servizi sociali, invece, in provincia diminuiscono la loro dimensione media meno della regione (rispettivamente: da 5,7 a 5,2 a da 6,5 a 5,7) ma, in Versilia con 0,4 addetti in più per unità locale e soprattutto in Media Valle con un addetto in più, si ha il processo inverso.

3.2 La struttura economica della provincia e dei suoi Sel nell’analisi Shift-share

Le variazioni tra il censimento del 1991 e quello del 2001 delle unità locali e degli addetti osservate nelle quattro aree (Sel) della provincia di Lucca hanno già messo in luce differenze di rilievo nelle dinamiche dei sistemi produttivi. Per valutare meglio le “prestazioni” di ciascuna area, in termini di “produzione” di occupazione tra il 1991 e il 2001, si può ricorrere al cosiddetto metodo “ shift-share ”. Lo scopo di questo metodo, ampiamente usato nell’analisi economica regionale, è scomporre la crescita economica di un’area in due principali componenti: la crescita dovuta alla struttura dell’area all’inizio del periodo e alle condizioni economiche del più vasto contesto territoriale in cui l’area è inserita, e la crescita dovuta alla presenza di condizioni locali che possono accelerare o rallentare lo sviluppo (Termote et al ., 1992, p.91). Nel caso specifico, la crescita economica è misurata in termini di tasso di variazione degli addetti alle unità locali di imprese e istituzioni tra il 1991 e il 2001, il contesto territoriale di riferimento è la provincia di Lucca ed il metodo di scomposizione è applicato ad ognuno dei quattro sistemi economici locali (Sel) in cui la provincia è suddivisa. Sarà

32 così possibile confrontare l’effetto “netto” di ciascuna componente sulla variazione degli addetti nell’Area Lucchese rispetto agli altri tre sistemi economici locali della provincia 6.

Indicando:

= il numero di addetti nel settore produttivo i dell’area j al 1991; Aij = il saggio di variazione degli addetti nel settore produttivo i dell’area j; rij = ri il saggio di variazione provinciale degli addetti nel settore produttivo i; = Ai il numero degli addetti della provincia nel settore produttivo i al 1991; A = il numero totale (per tutti i settori produttivi) degli addetti della provincia al 1991; = D j la variazione totale (per tutti i settori produttivi) degli addetti dell’area j tra il 1991 e il 2001; = Aj il numero totale (per tutti i settori produttivi) degli addetti dell’area j nel 1991;

= D j = r j il saggio di variazione totale (per tutti i settori produttivi) degli addetti dell’area j tra il 1991 e il Aj 2001. se:

[∑n + ∑n ( − )] = Dj = i Aij ri i Aij rij ri r j Aj Aj e anche:

(1) (2) (3) (4)

                   n n   n n  ∑  Ai   + ∑  −  Ai    ∑  Ai  ()− + ∑  −  Ai  ()−  i   Aj ri i Aij   Aj ri i   Aj rij ri i Aij   Aj rij ri   A     A      A     A    = + r j Aj Aj allora:

= {[(1)+ (2)]+ [(3)+ (4)]} r j

Procedendo allora nel “leggere” la formula (il termine destro dell’equazione), il primo elemento (1) riflette la variazione percentuale di addetti che sarebbe avvenuto nell’area j se essa avesse avuto la stessa struttura economica della provincia ed ogni settore di attività avesse sperimentato un saggio di variazione degli addetti identico a quello registrato dalla provincia. Coincide, quindi, con la variazione percentuale del totale degli addetti della provincia di Lucca, ed é uguale per tutte le aree (Sel). Rappresenta una sorta di

6 Lo stesso metodo (senza però evidenziare l’interazione) è stato applicato in un recente studio (citato in bibliografia) riferito ai Sel dell’Area interprovinciale Livorno-Pisa-Lucca, realizzato dall’Istat sede per la Toscana e dal Dipartimento di Statistica e Matematica Applicata all’Economia, Università di Pisa. 33 effetto di “trascinamento” dell’andamento degli addetti dell’intero contesto provinciale sulla dinamica occupazionale dell’area (“componente tendenziale”, Istat sede per la Toscana e Dipartimento di Statistica e Matematica Applicata all’Economia, Università di Pisa, 2003, p.20). Il secondo elemento (2) rappresenta invece la variazione percentuale dovuta alla differenza nella struttura economica (cioè nella distribuzione percentuale degli addetti per settore produttivo) dell’area j rispetto a quella provinciale, indipendentemente dalle differenze tra le aree nei saggi specifici di variazione degli addetti per settore produttivo. La somma di questi due elementi rappresenta la componente “strutturale” della variazione, ossia il saggio di incremento degli addetti atteso in assenza di fattori locali che agiscano sulla capacità di crescita del sistema produttivo. Il terzo elemento (3) esprime la variazione percentuale degli addetti dovuta ai differenziali dei saggi specifici di crescita per settore produttivo (dell’area j rispetto a quelli dell’intera provincia), al “netto” delle differenze strutturali, cioè standardizzata in base alla composizione percentuale degli addetti per settore produttivo della provincia; mentre il quarto elemento riflette l’effetto, in termini di variazione percentuale, delle interazioni tra le differenze nella struttura degli addetti per settore produttivo e le differenze nei saggi di crescita. La somma del terzo e del quarto elemento costituisce la componente locale (la cosiddetta shift component ), ossia l’effetto dei fattori locali sulla variazione percentuale degli addetti dell’area j. Questa somma corrisponde alla media aritmetica ponderata, con pesi proporzionali all’importanza degli addetti nei corrispondenti settori produttivi dell’area, dei differenziali tra i tassi specifici di crescita effettivi degli addetti per settore produttivo e quelli “teorici” -nell’ipotesi di variazioni relative uguali a quelle dell’intera provincia (Termote, 1992, pagg. 92-95). Di seguito (Tabella 13), si riportano i risultati del calcolo di scomposizione del saggio di variazione totale degli addetti per ciascuna area territoriale:

Tabella 13: Scomposizione del saggio di variazione degli addetti per ciascuna area territoriale (Sel).

Aree (Sel) Componenti Variazioni totali 1 2 3 4 Area Lucchese 4,59 -0,30 3,00 -0,64 6,65 Versilia 4,59 0,91 -2,59 -0,24 2,67 Media Valle 4,59 -2,00 2,22 1,57 6,38 Garfagnana 4,59 -0,92 -0,09 -5,07 -1,49

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

Il valore leggermente negativo della componente strutturale nell’Area Lucchese indica che la crescita dell’occupazione è stata un po’ penalizzata da una composizione iniziale (cioè relativa al 1991) degli addetti in cui hanno tendenzialmente più peso i settori produttivi che a livello dell’intera provincia sono risultati meno dinamici. L’effetto negativo della struttura è però nettamente compensato dall’impatto positivo della componente locale che, al netto dell’interazione, spiegherebbe poco meno del 50% della crescita complessiva degli addetti (3 punti percentuali su 6,6). L’interazione tra le differenze nella composizione (iniziale) degli addetti per settore produttivo e le differenze nei tassi di crescita ridurrebbero invece di 0,6 punti percentuali l’effetto della componente locale. Confrontando l’Area Lucchese con le altre aree della provincia, si nota che l’effetto positivo delle condizioni locali sul saggio di crescita degli addetti sarebbe superiore soltanto nella Media Valle, soprattutto per il contributo del fattore di interazione. La Media

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Valle risulterebbe, invece, più sfavorita dell’Area Lucchese riguardo alla struttura produttiva. La componente strutturale risulta di segno positivo solo in Versilia, area che sarebbe, però, decisamente penalizzata nella dinamica dell’occupazione dai fattori locali. Da notare, infine, come il saggio di decremento degli addetti nella Garfagnana sia da attribuire quasi del tutto al pesante effetto negativo del fattore di interazione, ossia alla “covariazione” negativa tra le differenze nella struttura produttiva, che penalizzano di più la Garfagnana, e le differenze tra i saggi specifici locali di crescita. In altre parole, alle eccedenze positive (negative) delle quote di addetti nei vari settori produttivi dell’area su quelle della provincia si associano molto più frequentemente eccedenze di segno opposto (che dello stesso segno) nei corrispondenti differenziali dei saggi specifici di variazione. Per valutare, seppure indirettamente, come le quattro aree territoriali si collochino nell’ambito della regione toscana, in base all’ importanza delle componenti strutturali e ambientali sull’ evoluzione dell’occupazione, è stato applicato il metodo “ shif-share ” alla provincia nel suo complesso. Come si può notare (Tabella 14), la dinamica degli addetti nella provincia di Lucca si discosta solo marginalmente, sia per l’intensità della crescita sia per l’importanza delle componenti che la determinano, da quella della regione nel suo complesso.

Tabella 14: Scomposizione del saggio di variazione totale degli addetti della provincia di Lucca.

Componenti Provincia di Variazione Lucca 1 2 3 4 totale 4,75 -0,59 -0,62 1,05 4,59

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

La componente tendenziale (ovvero il tasso di crescita regionale del numero totale degli addetti, pari al 4,75%) risulterebbe ridotta di neppure 0,6 punti percentuali come conseguenza di una struttura produttiva solo leggermente meno favorevole di quella regionale ed accresciuto di poco più di 0,4 punti percentuali per il blando effetto netto positivo della componente locale (ottenuto come somma algebrica dell’incremento negativo dovuto ai differenziali del saggio di crescita, -0,62%, e dell’incremento positivo dovuto all’effetto interazione, 1,05%). Questi risultati fanno ritenere che, con riferimento alle caratteristiche della dinamica evolutiva dell’ occupazione, la “distanza” dalla regione toscana nel suo complesso da ciascuna delle quattro aree sia sostanzialmente la stessa, misurata rispetto alla provincia di cui fanno parte. Chiudiamo quest’analisi con una nota di cautela. Il metodo “ sfit-share ”, come qualunque procedimento di standardizzazione diretta o indiretta, permette di sintetizzare gli effetti delle differenze dei comportamenti (i tassi specifici di variazione degli addetti) o delle strutture (la composizione della struttura produttiva), neutralizzando, in un caso, l’influenza della diversa composizione degli addetti per settore di attività economica e, nell’altro, l’influenza dei differenziali di crescita. In realtà la neutralizzazione non è mai perfetta: il risultato dipende dalla distribuzione degli addetti tipo o dai saggi specifici di crescita tipo utilizzati per la standardizzazione, e varia con essi. Il risultato della nostra applicazione differisce, per esempio, da quello presentato sugli stessi sistemi economici locali nel citato studio realizzato dall’Istat e dall’ Università

35 di Pisa (2003), nel quale il contesto “base”, in termini di struttura degli addetti e di saggi specifici di variazione, è l’area interprovinciale formata dalla province di Lucca, Pisa e Livorno. Le differenze riguardano le intensità delle componenti, non i segni che invece sono identici. Nel caso specifico, poi, il risultato può dipendere anche dal numero dei settori produttivi che vengono utilizzati nell’analisi ed eventualmente dai criteri in base ai quali sono stati aggregati. Gli elementi di arbitrarietà nelle scelte inducono, dunque, a interpretare con prudenza i risultati dell’analisi “ sfiht-share ”. Lo stesso significato di componente locale, intesa come fattore di dinamismo (la “competitività”) delle singole aree è ambiguo. La crescita (o la diminuzione) più o meno forte del numero degli addetti nei vari settori produttivi, registrata in termini di differenziali nei saggi specifici di variazione tra l’area e la provincia nel suo insieme (vale a dire l’effetto della condizioni locali sullo sviluppo dell’area), potrebbe dipendere dalla dimensione assoluta della occupazione dei settori produttivi (un ammontare elevato potrebbe produrre aumenti o decrementi assoluti più consistenti, ma meno importanti in termini di variazioni relative) e potrebbe dipendere anche dal fatto che i settori che “producono” meno occupazione sono quelli a più alta intensità di capitale e tecnicamente più avanzati. In sostanza, gli effetti più o meno favorevoli, registrati dal segno e dall’intensità del saggio di variazione attribuito alla componente locale, potrebbero essere connessi a diversità “strutturali” di natura quantitativa (la dimensione media delle unità locali) e qualitativa (il grado di tecnologia) dei sistemi economici. In questo caso, dunque, un apporto relativamente limitato della componente locale al saggio di crescita totale dell’occupazione dell’area non sarebbe necessariamente espressione di condizioni ambientali poco favorevoli allo sviluppo (quali, ad esempio, l’assenza o l’inadeguatezza di politiche di industrializzazione, di piani territoriali favorevoli agli insediamenti produttivi; l’insufficienza di infrastrutture e servizi alle imprese tecnologicamente avanzati, l’inadeguatezza quantitativa e qualitativa delle reti di comunicazione).

3.3 Il sistema territoriale lucchese

Esaurito il confronto tra le aree, si può entrare ora all’interno del sistema territoriale lucchese, con lo scopo di mettere in luce le diversità di struttura e di comportamento nel comparto dell’economia (in termini di “densità degli addetti, di composizione per settori produttivi e di dinamiche evolutive) tra il centro (il comune capoluogo) e la corona ( il resto della Piana). L’obbiettivo di questa analisi, in linea con quella demografica, è di valutare se il territorio sia “gerarchizzato” nella distribuzione quantitativa e qualitativa delle unità locali e degli addetti e come il fenomeno della “specializzazione” degli insediamenti produttivi nell’area si sia evoluto negli anni novanta (dal censimento 1991 al censimento 2001).

Ad una prima analisi del panorama generale, vediamo come l’incremento di area sia per gli addetti che per le unità locali nasconda in realtà situazioni molto differenziate soprattutto per ciò che concerne i primi. Infatti (Tabella 15), capaci di crescere sono solamente i comuni di Capannori (+ 8,4%) ma, soprattutto, Altopascio (+25,2%) e Porcari (+35,1%) a fronte di un incremento quasi globale delle unità locali, in contrazione solamente a Villa Basilica (-19,8%). Questi diversi andamenti hanno indotto, nel decennio, il ridimensionamento della dimensione media delle unità locali e, sotto questo profilo, ciò che spicca di più è, da un lato, la forte riduzione che essa ha subito nel capoluogo passando da 4,75 a 3,78 addetti/unità locale e, dall’altro, il sensibile aumento proprio a Villa Basilica dove la dimensione media da 3,76 nel 1991 è arrivata a 4,05, cioè su un valore di poco inferiore alla 36 media dell’Area (4,14). D’altra parte, ciò è la logica conseguenza del fatto che se a Lucca gli addetti sono rimasti quasi stazionari, crescendo di appena l’1%, e le unità locali sono invece aumentate di poco meno del 27% (oltre 7 punti percentuali in più del Sel nel suo complesso), a Villa Basilica si è verificato che la contrazione degli addetti è stata inferiore della contrazione che pure si è verificata per le unità locali. Tabella 15: Addetti, Unità locali e dimensione media delle unità locali nell’Area Lucchese per comune ai censimenti 1991 e 2001.

Addetti Unità locali Dimensione Media Comuni 1991 2001 Var.% 1991 2001 Var.% 1991 2001 Lucca 33741 34057 1,0 7108 9008 26,7 4,75 3,78 Altopascio 4413 5525 25,2 1007 1257 24,8 4,38 4,29 Capannori 16280 17652 8,4 3664 3878 5,8 4,44 4,55 Montecarlo 1116 1022 -8,4 382 417 9,2 2,92 2,45 Pescaglia 1033 1021 -1,2 287 291 1,4 3,6 3,52 Porcari 4226 5709 35,1 636 840 32,1 6,64 6,8 Villa Basilica 666 575 -13,7 177 142 -19,8 3,76 4,05 Totale Piana 27734 31504 13,6 6153 6825 10,9 4,51 4,62 Totale Area Lucchese 61475 65561 6,6 13261 15833 19,4 4,64 4,14

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat Interessante appare, nel quadro del sistema economico locale lucchese, la situazione di Porcari in quanto la forte crescita del numero degli addetti (+35,1%), a fronte di un più modesto incremento della popolazione in età attiva (+2,3%), ha portato il rapporto tra i due contingenti a ben 120,3, quando nel 1991 ogni 100 15-64enni, nel comune, si avevano “appena” 91,6 addetti, comunque il rapporto sempre più elevato dell’Area. Quindi, il tessuto produttivo di Porcari sembra denotare, già a questo livello di analisi, una capacità attrattiva particolarmente marcata anche in relazione a quanto succede a Altopascio, l’altro comune con cui condivide il primato della crescita di addetti. Qui, infatti, tale crescita (+25,2%) pur superiore all’aumento dell’offerta potenziale di lavoro (+11,8%) fa variare di neanche 8 addetti per 100 15-64enni il rapporto, quando la variazione per il resto dei comuni della Piana è 8,2. Questo a livello molto generale. Interfacciando, però, il comune con il settore di attività –se pure per il momento a livello di macroaggregazione- emergono ulteriori differenze, degne di una qualche considerazione. Possiamo notare, per esempio (Tabella 16), come l’unico elemento di spicco per l’Agricoltura sia la fortissima riduzione degli addetti a Montecarlo, passati da 110 unità ad appena 25 (-77,3%) così che se nel 1991 il comune raccoglieva il 57% circa degli addetti nel settore della Piana, nel 2001 ne raccoglie meno del 26%. Ma il Primario, come abbiamo visto in precedenza, nell’Area Lucchese è un comparto molto poco significativo, incidendo per il solo 0,3%. Certamente più interessante è l’analisi di Industria e Terziario.

Tabella 16: Addetti per settori di attività nei comuni dell’Area Lucchese ai censimenti 1991 e 2001.

Agricoltura Industria Altre Attività Totale Comuni 1991 2001 1991 2001 1991 2001 1991 2001 Lucca 95 79 9.182 7.801 24.464 26.177 33.741 34.057 Altopascio 14 9 2.405 3.029 1.994 2.487 4.413 5.525 Capannori 53 36 10.097 10.005 6.130 7.611 16.280 17.652 Montecarlo 110 25 513 434 493 563 1.116 1.022 Pescaglia 9 15 662 673 362 333 1.033 1.021 Porcari 4 4 2.867 3.772 1.355 1.933 4.226 5.709 Villa Basilica 3 9 466 356 197 210 666 575 Totale Piana 193 98 17.010 18.269 10.531 13.137 27.734 31.504 Totale Area Lucchese 288 177 26.192 26.070 34.995 39.314 61.475 65.561 Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

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Ecco allora emergere con chiarezza la specializzazione territoriale con Capannori e Porcari dove gli addetti al Secondario sono rispettivamente: ben oltre la metà (56,7%) e circa 1/3 del totale comunale (66,1%). Soprattutto Porcari mostra, nel decennio, maggiore vitalità aumentando il volume degli addetti, in tutti gli anni ’90, di quasi il 32%, concorrendo così per circa il 72% alla formazione del saldo positivo che, nel periodo, il settore ha mostrato nella Piana. Nello specifico, si tratta essenzialmente delle attività manifatturiere che raccolgono nelle due realtà locali la quasi totalità dell’occupazione industriale (nel 2001, dei 13.777 addetti nell’Industria a Capannori e Porcari, 12.186 sono assorbiti dal manifatturiero), anche se a Capannori nel decennio il comparto ha subito una flessione leggermente negativa (- 3,4%) mentre a Porcari ha continuato a crescere in modo decisamente evidente (+24,8%). Per converso, il comune capoluogo perde occupazione industriale (-15,0%) in qualche modo uniformandosi alla posizione di chi “legge” la deindustrializzazione o, meglio, il decentramento delle attività produttive, come una delle concause di perdita di importanza del centro urbano –anche se, in Europa, non sempre l’urbanizzazione è stata indotta solamente dall’industrializzazione (Sbordone, 2001), anzi anche quando è legata all’Industria, si è comunque “radicata sull’organizzazione gerarchica del passato” (Vicari Haddock, 2004; pag.32)-e quindi uno dei fattori di spinta per la popolazione verso i comuni del ring . “Le dinamiche demografiche negative”, in particolare nell’Italia centro- meridionale, sono generalmente associate o a situazioni strutturalmente deboli: “sistemi urbani sfavoriti” dalla loro posizione geografica; o, come potrebbe essere il caso di Lucca a “processi di ristrutturazione e riconversione produttiva” non necessariamente negativi sotto il profilo economico anche se possono non favorire lo sviluppo demografico (Emanuel, 1997; pag.186). Disaggregando per sottosettore, si può inoltre notare che la perdita, per così dire, di capacità di assorbimento di manodopera nel secondario nel capoluogo è quasi esclusivamente a carico dell’estrattivo e della produzione e distribuzione di energia elettrica, gas e acqua. Di segno opposto, invece, l’andamento del Terziario che a Lucca aumenta di importanza più sensibilmente che altrove, e i 1.713 addetti in più registrati nel 2001 costituiscono quasi il 40% dell’aumento del settore nell’Area. Ma in termini di crescita relativa, l’occupazione terziaria nel capoluogo aumenta del solo 7%, a fronte del +24,7% che si verifica negli altri comuni della Piana; e, come per l’Industria, il più vitale appare Porcari, come di consueto, (+42,7%). Di nuovo entrando nel merito delle singole “voci” del comparto si nota un più o meno diffuso calo di addetti nel Commercio, che mostra una certa vitalità solamente ad Altopascio, Montecarlo e Porcari, ma su cifre assolute molto modeste (+261 unità per tutti e tre i comuni). Nella posizione di maggior sfavore il comune di Villa Basilica dove gli addetti al Commercio sono passati dai pur soli 65 nel 1991, agli appena 45 nel 2001. Ancora Villa Basilica, questa volta insieme a Pescaglia, si muove in contro tendenza perciò che concerne l’Alberghiero (-43,8% e –17,0%, rispettivamente), che invece cresce ovunque. Anzi, attraverso la scomposizione per comune, si vede bene come l’incremento già evidenziato nella lettura differenziale per Sel che il settore mostra nell’Area Lucchese sia in larghissima misura dovuto al contributo del comune capoluogo. A Lucca, infatti, i 501 addetti in più registrati a fine periodo rappresenta o quasi il 71% del saldo complessivo di Area per l’Alberghiero. Il comparto dei Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni ha un andamento disomogeneo ma, la contrazione che subisce nel capoluogo –relativa all’ammontare assoluto di gran lunga superiore (tanto che poco meno di 2/3 degli addetti nell’Area sono a Lucca)- trascina verso il decremento, ancorché modesto (-1,3%), la variazione a livello di Sel quando, invece, per il resto della Piana si verifica un aumento (+67,9%), cui contribuisce in larghissima misura Capannori (+129,0%).

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Attività di intermediazione monetaria e finanziaria, per contro, sono decisamente più vitali; capaci cioè di far crescere di quasi 1/5 il volume degli addetti dal 1991 al 2001, in particolar modo a Porcari anche se la variazione relativa (+94,9%) nasconde valori assoluti per il momento poco significativi. Semmai, colpisce la situazione di Capannori che, pur mantenendo il primato nella Piana –escluso quindi il capoluogo- per la presenza di addetti nel sottosettore -70,8% l’incidenza dei suoi addetti; ed una concentrazione che sfiora l’80% (R=0,795)- , non ha incrementato, come ad indicare una sorta di saturazione che, nel comune, denuncerebbe il comparto. Decisamente concorde, invece, l’andamento dell’occupazione nelle Attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca e altre di tipo professionale, dal momento che cresce ovunque, ovviamente con intensità diverse. A Montecarlo e Pescaglia, per esempio, aumenta di circa il 50% “solamente”, ma altrove più che raddoppia (di nuovo trascuriamo l’incremento relativo elevatissimo di Villa Basilica in quanto le 9 unità in più esauriscono quasi il volume degli addetti nel comparto a livello comunale, nel 2001). Tendenzialmente in calo ovunque la Pubblica amministrazione, a fronte di una diminuzione dell’Istruzione (- 15,6%) pressoché esclusivamente imputabile alla contrazione di occupazione nel settore nel solo comune capoluogo (-24,8%). La Sanità mostra di essere un comparto generalmente vitale e, là dove perde qualche unità in termini di addetti –Capannori, Pescaglia e Villa Basilica-, si tratta di cifre trascurabili (20 in tutto). Anche nell’ambito degli Altri Servizi sociali si ha un incremento e, se a livello di Sel appare modesto (+1,8%), in realtà è molto più significativo per la Piana solamente (+37,3%). Il valore globale quindi viene trascinato dal capoluogo che, nel sottosettore, perde addetti per oltre l’11%.

Come abbiamo fin qui già visto indirettamente, focalizzando adesso in ultima analisi sul capoluogo, la crescita percentuale del totale degli addetti di Lucca è stata molto più contenuta (sfiora l’1%) che nel resto dei comuni della piana (6,6%). Questo modesto incremento è risultato essere, però, la media di una distribuzione molto variabile del tassi specifici di variazione degli addetti per settore produttivo (Tabella 17): il campo di variazione oscilla, infatti, da –64,5% (Estrazione di minerali) a +102,9% (Attività immobiliare, informatica, ecc.) così, nonostante il basso saggio di crescita degli addetti, l’elevata variabilità della distribuzione ha avuto l’effetto di modificare in modo positivo la struttura dell’occupazione iniziale (al 1991) del comune capoluogo, nel senso che è aumentato il peso di quei settori produttivi che nel decennio si sono mostrati più dinamici.

Tabella 17: Variazione percentuale degli addetti nel comune di Lucca per sottosettore di attività. Censimenti 1991 2001.

A+B C D E F G H -16,9 -64,5 -18,0 -37,1 -0,5 -6,5 38,1

IJKLMNO -26,9 24,3 102,9 -1,4 -24,8 13,5 11,3

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat • A: Agricoltura, caccia e silvicoltura; • B: Pesca, piscicoltura e servizi connessi; • C: Estrazioni di minerali; • D: Attività manifatturiere; • E: Produzione e distribuzione di energia elettrica, gas e acqua;

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• F: Costruzioni; • G: Commercio ingrosso e dettaglio, riparazioni di moto auto e beni personali; • H: Alberghi e ristoranti; • I: Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni; • J: Intermediazione monetaria e finanziaria ; • K: Attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca e sviluppo, altre attività professionali; • L: Pubblica amministrazione e difesa, assicurazione sociale obbligatoria; • M: Istruzione; • N: Sanità e altri servizi sociali; • O: Altri servizi sociali, pubblici e personali.

Per valutare l’effetto “potenziale” sul saggio totale di crescita dell’occupazione di questo mutamento strutturale, si può calcolare la media aritmetica dei tassi specifici di variazione degli addetti per settore, ponderata con pesi proporzionali al numero degli addetti nei corrispondenti settori produttivi alla fine del periodo (2001). Il risultato è una proiezione, a partire dalla composizione dell’occupazione per settore economico al 2001 e a tassi specifici costanti (quelli sperimentati dal 1991 al 2001), della variazione percentuale degli addetti dal 2001 al 2011. Sottraendo questo tasso “teorico” a quello effettivamente realizzato negli anni novanta, si ottiene una misura della potenziale incidenza sul dinamismo occupazionale del comune capoluogo del cambiamento della sua struttura economica dal 1991 al 2001. Ecco allora che il valore atteso della variazione sarebbe pari a +11,52%, con una eccedenza, quindi, di circa 10,5 punti percentuali rispetto a quella effettivamente realizzatasi, che si traduce in potenzialità di espansione per l’occupazione nel capoluogo. Il pur piccolo incremento reale, cioè, ha in realtà un impatto rilevante sulla struttura dell’occupazione. In altri termini, Lucca sarebbe ancora più svantaggiata se non ci fosse la struttura locale che, nel 1991, era evidentemente connotata dai settori meno dinamici. E visto che i settori più dinamici sono quelli più legati al Terziario così detto avanzato (intermediazione monetaria e finanziaria ma anche informatica e ricerca), ciò rivaluta il ruolo del capoluogo nel suo sistema urbano. Lucca, allora, recupererebbe in termini gerarchici nell’ambito delle funzioni quell’importanza che sotto il profilo demografico sembrerebbe avere ormai perduto. Si tratterebbe, cioè, di un processo di “riconversione selettiva” in base al quale la città espelle attività di più basso profilo a vantaggio di attività sempre più specializzate il che, da una parte favorisce il decongestionamento del territorio urbano dall’altra “rafforza il suo ruolo guida” in termini di sviluppo e competitività guadagnando in termini di “funzionalità a scapito della congestione” (Sbordone, 2001; pagg. 29-30). E, infatti, in una provincia che abbiamo visto essere leggermente più vocata all’Industria della media regionale e in un Sel- l’Area Lucchese- più industrializzato tra i Sel provinciali, il capoluogo mostra di aver abdicato al suo ruolo di “città completa” che aveva alla fine degli anni ’70 (unica città del Centro Italia in un cluster che comprendeva solo città del Nord) quando si caratterizzava per essere sì terziaria ma anche industriale (Bottai, Costa, 1979). Lucca ha cioè perso occupazione nel Secondario, presumibilmente a vantaggio di alcuni comuni del ring –Capannori e Porcari sono infatti estremamente vitali sotto questo profilo-, ma mostra di essere in grado di recuperare sul versante dei Servizi, tra cui quelli di rango superiore sembrano avere particolare importanza.

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4. Mobilità e interazioni spaziali nell’Area Lucchese

4.1 Introduzione

Le dinamiche insediative delle residenze e delle attività economiche, di cui si è discusso in precedenza, concorrono a forgiare il territorio lucchese in un sistema reticolare in cui i nodi, più o meno densi, sono le localizzazioni delle famiglie e delle unità di produzione di beni e servizi. I “fili”, più o meno spessi, che connettono quei nodi sono l’insieme di interazioni economiche, sociali e culturali che configurano multiformi spazi di vita dei soggetti e sensazioni di appartenenza ad uno spazio condiviso. I cambiamenti di residenza ed i movimenti pendolari, come si è accennato nella parte introduttiva di questo lavoro, sono le due forme principali di interazione spaziale e rappresentano due strumenti, competitivi o complementari, mediante i quali la “funzione di consumo” e la “funzione di produzione” di beni e di servizi si incontrano sul territorio. L’analisi dell’intensità, della struttura e della direzione (origine-destinazione) dei flussi migratori e degli spostamenti giornalieri aiuta a comprendere il ruolo che nell’organizzazione delle funzioni del sistema urbano lucchese giocano le varie componenti, ed in particolare il centro (il comune capoluogo) e la corona (il resto della piana). Prima di procedere è, però, opportuno soffermarci sulla natura e le caratteristiche dei dati utilizzati. I dati sulle iscrizioni e sulle cancellazioni per trasferimenti di residenza riferite agli anni più recenti (1998-2003) sono state direttamente raccolte dall’anagrafe comunale. E’ noto come questa fonte non descriva sempre perfettamente il movimento migratorio che effettivamente ha luogo: il valore amministrativo di ogni atto in essa registrato può introdurre alcune distorsioni nei dati ed inoltre su di essa si vengono a sedimentare eventuali errori ed omissioni di vario tipo (ritardi nelle iscrizioni, mancate cancellazioni, iscrizioni plurime). Pur con questi limiti, la fonte anagrafica rappresenta l’unico strumento istituzionale che consente di costruire misure dell’intensità e della cadenza della mobilità per migrazioni e di quantificare la direzione dei flussi. I dati raccolti riguardano, però, solo il comune di Lucca. Non è possibile, dunque, confrontare se e come il comportamento migratorio si diversifichi tra il comune capoluogo ed il resto dei comuni della Piana e, naturalmente, non è neppure possibile costruire una matrice di mobilità dell’intero sistema territoriale che dia conto del sistema di interazioni spaziali espresso dai cambiamenti di residenza. I risultati dell’analisi non potranno che essere parziali. Sul piano delle relazioni territoriali avremo modo di valutare, oltre all’apporto in termini quantitativi e qualitativi dei flussi migratori sulla popolazione residente nel comune di Lucca, gli acquisti e le perdite del comune capoluogo rispetto a ciascun altro comune della piana, al resto della provincia e della regione, al resto del paese e all’estero. Rimane esclusa la possibilità di conoscere come la corona interagisce con il centro e come il sistema territoriale lucchese nel suo complesso interagisce, in termini di movimenti migratori, con le altre aree della provincia e con le altre province toscane. La fonte dei movimenti pendolari sono i censimenti del 1991 e del 2001. I movimenti pendolari, che formano il cosiddetto “sistema urbano giornaliero” (Dematteis, 1997), rilevati dal censimento, riguardano, però, solamente gli spostamenti per motivi di lavoro e di studio. Ma se il lavoro e lo studio sono due delle principali motivazioni di uso dello spazio e due dei più forti legami di aggregazione territoriale, non sono certo gli unici. Vi sono numerose altre funzioni dell’esistenza che implicano spostamento periodico dal luogo di abitazione e fruizione del territorio: acquisti, tempo libero, salute, ecc. L’intreccio cumulato di tutti questi spostamenti disegna una trama di legami tra località che danno

41 conto, indirettamente, anche della “posizione” che esse occupano nella gerarchia delle funzioni di organizzazione dell’area urbana (Bottai, Barsotti, 1994). E’ proprio questa distinzione tra funzioni dell’esistenza e dell’utilizzo del centro urbano, poste in relazione alla natura stessa dei movimenti e dei soggetti in questi coinvolti, che identifica, secondo alcune recenti teorie, il grado di sviluppo raggiunto dall’urbe in analisi. E’ indubbio che la città contemporanea possa definirsi “luogo soprattutto di flussi di persone”, ed è quindi interessante ripercorrere i cambiamenti di queste persone in movimento, spesso definibili come vere e proprie popolazioni, e collegarli alle modificazioni che sono intervenute nella forma e nella struttura delle città stessa (Vicari Haddock, 2004). In questo senso, ecco che i movimenti pendolari per motivi di studio e/o di lavoro, definiscono una popolazione, quella dei pendolari appunto, che si somma a quella degli abitanti, secondo precisi ritmi ricamati sopra a quelli propri dei sistemi urbani giornalieri. Sarebbe questo preciso fenomeno ad identificare una forma urbana che Martinotti – come già evidenziato in precedenza- definisce metropoli urbana di prima generazione , ovvero una città connotata dal fenomeno del pendolarismo (Martinotti, 1993). E’ questa prima forma urbana che, in funzione dei dati a nostra disposizione, possiamo analizzare nei riguardi di Lucca ma, come accennato sopra, tale forma non è la sola esistente. Con l’aumento dei redditi familiari e la diffusione del tempo libero, infatti, alla popolazione dei pendolari e degli abitanti se ne affianca una terza, quella dei consumatori o city users, formata da persone che gravitano nell’urbe per massimizzare le funzioni di ricreazione e divertimento, acculturazione, relazionalità, shopping . Tale popolazione identifica il passaggio ad una seconda forma urbana definita come metropoli di seconda generazione . Anche i consumatori, o city users , sono di fatto una popolazione temporanea, come quella dei pendolari, ma con spostamenti altamente imprevedibili sia nel tempo che nello spazio: la loro presenza può prolungarsi nel tempo, avere cadenza stagionale o essere in corrispondenza di determinati eventi (Vicari Haddock, 2004). Questa seconda forma di mobilità sembra, oggi, interessare la città di Lucca più da vicino: in un’indagine condotta agli inizi degli anni novanta sulle funzioni di utilizzazione dello spazio all’interno della provincia di Lucca (Bottai, Barsotti, 1994) si evidenziava come la città di Lucca esercitasse una forza di attrazione non solo in termini di spostamenti pendolari classici, ma anche in termini di mobilità del tipo city users, caratterizzandosi, già da allora, come un’urbe in transito all’interno della seconda generazione delle forme urbane. Proseguendo con l’identificazione delle popolazioni in movimento all’interno e/o verso la città, Martinotti individua una quarta popolazione definita come dei metropolitan businessmen. Tale popolazione si reca in città per lavorare e consumare, ma in entrambe le attività si differenzia in modo netto dalla popolazione dei pendolari per l’alto livello della collocazione professionale e per modelli di consumo anch’essi di alta fascia. La presenza di questa popolazione segnala l’avvento della terza generazione nella forma metropolitana , caratterizzata dallo sviluppo delle attrezzature necessarie alle attività di questa popolazione: alberghi, centri per congressi, ristoranti, luoghi di intrattenimento, nonché dei servizi di livello elevato a queste attrezzature collegati. Dell’entità e delle caratteristiche di questa popolazione nel contesto urbano lucchese non possiamo dire per il momento niente se non, seppur solo in via teorica, essere concordi sulla possibile esistenza anche nella città di Lucca di questa popolazione di indubbio fascino e interesse scientifico. Magari la sua quantificazione e il suo studio potrebbero essere oggetto di future indagini non solo per l’estrema attualità e interesse di queste nuove forme di mobilità urbana ma anche per le ricadute che, in termini di infrastrutture urbanistiche, l’esistenza di una popolazione di questo tipo potrebbe avere nel medio/lungo periodo. Questo fenomeno dovrebbe essere analizzato anche in connessione con eventuali manifestazioni di riurbanizzazione selettiva ( gentrification ) che potrebbero sovrapporsi alle

42 dinamiche di suburbanizzazione. In tal modo le due forme di interazione spaziale sarebbero ricondotte, almeno in alcuni loro aspetti, ad uno schema interpretativo unitario.

4.2 La mobilità residenziale nel periodo 1998-2003

4.2.1 Premessa

Nella seconda parte, è stato evidenziato come il comune di Lucca abbia sperimentato una forte crescita del saldo migratorio agli inizi del nuovo millennio rispetto a quello di 10 anni prima. In questo capitolo ci soffermeremo, più in dettaglio, sulla mobilità residenziale più recente (il sessennio 1998-2003). In particolare verrà illustrato il movimento migratorio da/per il comune di Lucca, ovvero l’interscambio di residenti tra il comune stesso e il resto del Mondo (comuni contermini della sua Piana, comuni della provincia, regione, di altre regioni, estero), soffermando l’attenzione sui movimenti in entrata ed uscita da e verso i comuni interni all’area, alla provincia e alla regione. Sarà inoltre analizzata la composizione dei flussi migratori secondo il sesso e l’età. Abbiamo in precedenza osservato come l’indisponibilità della matrice di mobilità residenziale non consenta di far piena luce sul sistema delle interazioni spaziali per cambiamento di residenza che caratterizzano l’intera Area Lucchese. Il vettore dei flussi in entrata e quello dei flussi in uscita riferiti al comune di Lucca permettono, tuttavia, di avere qualche elemento ulteriore per valutare le dinamiche più recenti del modello insediativo lucchese e l’impatto che il movimento migratorio ha sulla struttura per età della popolazione del comune capoluogo.

4.2.2 Dal Centro, verso il Centro

Come già accennato, il periodo esaminato è quello degli ultimi 6 anni disponibili, ovvero dal 1998 al 2003. In questo periodo la popolazione residente nel comune di Lucca è rimasta sostanzialmente stazionaria, grazie ad un saldo migratorio positivo che ha compensato totalmente l’ancora pesante deficit naturale. Dalla Figura 12 si osserva, inoltre, come il saldo migratorio si mantenga sempre positivo in ognuno dei sei anni considerati. Figura 12: Tassi di immigrazione e emigrazione (*1.000) nel comune di Lucca. Anni 1998-2003.

30

25

20

15

10

tasso di immigratorietà 5 tasso di emigratorietà

0 1998 1999 2000 2001 2002 2003

Fonte: nostre elaborazioni su dati anagrafici

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La distribuzione dei flussi in ingresso ed in uscita secondo la provenienza/destinazione per aggregati territoriali ed i relativi saldi, mostra che il comune di Lucca, nell’intero periodo perde più popolazione per trasferimenti di residenza di quanto ne guadagna nei confronti del resto dell’Area Lucchese e che, al contrario, ne acquista più di quanto ne cede rispetto sia all’insieme delle altre aree della provincia che al resto della regione sia, soprattutto, in relazione al resto del paese ed all’estero (Tabella 18). Da notare inoltre che il movimento totale (Ingressi+Uscite) di gran lunga più elevato –ossia gli interscambi di residenze con il resto dell’Area Lucchese- produce il saldo (in valore assoluto) di gran lunga più basso e che l’eccedenza migratoria con l’estero è sostanzialmente uguale al movimento in entrata. Quest’ultimo dato indica che la propensione dei residenti lucchesi è quella di emigrare verso un altro comune italiano ma non all’estero.

Tabella 18: Iscritti, cancellati, movimento migratorio e saldo per aggregati territoriali analizzati. Periodo 1998-2003.

Movimento Aggregati Territoriali Iscritti Cancellati migratorio totale Saldo Resto Area Lucchese 3.182 3.354 6.536 -172 Resto Provincia di Lucca 1.401 1.184 2.585 217 Resto Toscana 1.713 1.338 3.051 368 Resto Italia 2.601 1.456 4.057 1.145 Estero 2.220 58 2.278 2.132 Totali 11.117 7.390 18.507 3.690

Fonte: nostre elaborazioni su dati anagrafici

Scandagliando all’interno degli aggregati territoriali si osserva quanto segue:

a) a fronte di un’eccedenza negativa degli scambi di popolazione con il resto della sua area, il comune di Lucca registra, in effetti, saldi migratori negativi, nel sessennio 1998-2003, solo nei confronti dei comuni di Capannori e Altopascio. L’eccedenza delle uscite sulle entrate per trasferimento di residenza è sostanzialmente nulla riguardo al comune di Montecarlo. Positivi, invece, sono i saldi degli interscambi di residenza con i comuni di Porcari, Pescaglia e Villa Basilica (Tabella 19 e Cartogramma 1);

Tabella 19: Iscritti e cancellati nel/dal comune di Lucca da/verso gli altri comuni dell’Area Lucchese. Periodo 1998-2003.

Comuni Iscritti Cancellati Saldo Altopascio 101 194 -93 Capannori 2.521 2.646 -125 Montecarlo 62 65 -3 Pescaglia 227 215 12 Porcari 237 215 22 Villa Basilica 34 19 15 Totale Area Lucchese 3.182 3.354 -172

Fonte: nostre elaborazioni su dati anagrafici

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Cartogramma 1: Saldo migratorio del comune di Lucca rispetto ai comuni dell'Area Lucchese. Periodo 1998-2003.

Pescaglia Saldo migratorio

[1 ; 25] 12 15

Villa Basilica [26 ; 50]

[51 ; 75]

[76 ; 100]

Capannori [101 ; 125] Lucca Montecarlo -125 -3

22 Saldo migratorio -93 Porcari [-25 ; -1] Altopascio [-50 ; -26]

[-75 ; -51]

[-100 ; -76]

[-125 ; -101]

Fonte: nostre elaborazioni su dati anagrafici

b) considerando gli scambi di residenza con il resto della provincia (esclusa l’Area Lucchese), si osserva come il comune di Lucca guadagni popolazione sia con la Media Valle che con la Garfagnana, mentre c’è una sostanziale parità tra iscritti e cancellati con la Versilia (Tabella 20);

Tabella 20: Iscritti e cancellati nel/dal comune di Lucca da/verso le aree della provincia (esclusa l’Area Lucchese). Periodo 1998-2003.

Aree Iscritti Cancellati Saldo Versilia 745 738 7 Media Valle 437 329 108 Garfagnana 219 117 102 Totale Resto Provincia di Lucca 1.401 1.184 217

Fonte: nostre elaborazioni su dati anagrafici

c) all’interno dell’aggregato resto della Toscana, il comune di Lucca acquista popolazione per trasferimenti di residenza più di quanto ne perde nei confronti di tutte le province, con eccedenze assolute più elevate negli scambi con quelle di Pisa, Firenze e Massa (Tabella 21);

45

Tabella 21: Iscritti e cancellati nel/dal comune di Lucca da/verso il resto della regione Toscana (province). Periodo 1998-2003.

Province Iscritti Cancellati Saldo Massa 117 82 35 Pistoia 272 258 14 Firenze 293 211 82 Livorno 188 170 18 Pisa 657 482 175 Arezzo 18 11 7 Siena 41 26 15 Grosseto 66 44 22 Resto Toscana 1.652 1.284 368 Fonte: nostre elaborazioni su dati anagrafici

d) seppure gli interscambi totali di popolazione per trasferimento di residenza, fin qui analizzati, tra il comune di Lucca, i comuni della propria area, le altre aree della provincia e le altre province toscane siano assai consistenti, danno tuttavia luogo a saldi sia positivi che negativi (a favore o svantaggio di Lucca) di scarsa entità. Da questi interscambi Lucca guadagna, dunque, complessivamente poco in termini di popolazione. Guadagni assai più consistenti di popolazione Lucca ricava, invece, come si è visto, dagli interscambi con il resto del paese e con l’estero.

In conclusione, l’analisi dettagliata dei flussi migratori da e verso il comune di Lucca secondo la destinazione e l’origine sembra confermare che l’Area Lucchese stia sperimentando ancora una situazione di suburbanizzazione relativa: è emerso, infatti, che il centro (il comune capoluogo) del sistema territoriale perde popolazione in termini di migrazioni –sia pure in misura contenuta- a favore dei comuni contermini (la corona). Acquista però più popolazione di quanta ne perda dalle altre aree della provincia e dal resto della Toscana, ma specialmente dal resto dell’Italia e dall‘estero. Sembra di poter dire che Lucca sia meno privilegiata in termini di scambio netto di residenze dai flussi migratori di più breve raggio e sia invece più privilegiata dai flussi a raggio via via più lungo. E’ come se stesse avvenendo una sostituzione della popolazione “più lucchese” con quella “meno lucchese”. Se questo processo sia un segnale che alla situazione di suburbanizzazione si accompagni un fenomeno di riurbanizzazione selettiva è una questione che rimane aperta.

4.2.3 All’interno del Centro

Una risposta esaustiva al quesito posto a conclusione del paragrafo precedente si potrebbe dare solo attraverso un’indagine sul campo che evidenziasse le caratteristiche socio-demografiche (per età, professione,titolo di studio, condizione economica,…) degli immigrati e degli emigrati verso/da il Centro storico per provenienza/destinazione e li comparasse con quelli delle altre frazioni che compongono il comune di Lucca. Tuttavia, qualche interessante elemento di conoscenza si può acquisire attraverso l’analisi della mobilità per cambiamento di residenza all’interno del comune riferito al triennio più recente 2001-2003. La mobilità di cui sopra è stata scomposta nella componente interna al comune (intracomunale, ovvero interfrazionale) e nella componente esterna ovvero la mobilità di ciascuna frazione con l’esterno del comune.

46

Come si osserva dal Cartogramma 2, il Centro Storico, il core vero e proprio del sistema urbano, acquista più popolazione per cambiamento di residenza di quanto ne perde negli scambi con le altre frazioni del comune; mentre le frazioni che fanno corona al centro storico subiscono un “drenaggio” di popolazione più evidente rispetto ad altre frazioni del comune. Meno chiara risulta la situazione man mano che ci si allontana dall’area più centrale. Se si esclude un’area più immediatamente contigua che registra saldi positivi degli scambi di residenza intracomunali, sia pure più contenuti di quelli del centro storico, la distribuzione dei saldi secondo il segno e l’intensità nel resto del territorio comunale non sembra seguire una qualche “regolarità” in funzione della distanza dall’area più centrale. Frazioni molto periferiche, collocate sulle colline circostanti, perdono popolazione per scambi di residenza intracomunali mentre altre ne acquistano senza alcuna apparente “logicità”. Va detto che su questi risultati può influire sia l’effetto distorcente dei piccoli numeri, sia il fatto che alcuni trasferimenti di residenza possono essere puramente fittizi. Meno confusa appare invece la situazione relativa agli scambi di residenza tra ciascuna frazione e l’esterno del territorio comunale. Dal Cartogramma 3 si osserva come il centro storico e le frazioni che ne fanno corona realizzino i maggiori guadagni per movimenti migratori e come quasi tutte le frazioni registrino comunque un segno positivo del saldo migratorio con l’esterno. Questi dati, seppur da accogliere con cautela per i motivi più volte detti, sembrerebbero rendere ancora più plausibile l’ipotesi che il comune di Lucca, sia pure all’interno di una situazione di suburbanizzazione relativa nei confronti dell’Area Lucchese, sperimenti una situazione di riurbanizzazione selettiva: fenomeno alimentato sia dagli spostamenti dalle frazioni contermini, sia dai cambiamenti di residenza che provengono dall’esterno. Da notare che l’apporto positivo degli scambi di residenza con l’esterno colma le perdite nette nelle frazioni contigue al core vero e proprio del sistema urbano.

47

Cartogramma 2:Movimenti migratori intra comunali. Saldo migratorio per frazione. Periodo 2001-2003.

Gignano Piazza B.li Legenda

Pieve B.li Ombreglio 161 ; 200 Piaggione 121 ; 160 S. Ilario B.li Deccio B.li 81 ; 120 S. Giusto B.li 41 ; 80 S. Lorenzo B.li Tramonte 1 ; 40 Gugliano Aquilea Sesto 0 S. Gemignano -15 ; -1 Palmata -30 ; -16 Ciciana -45 ; -31 Mastiano Torre S. Stefano M.no -60 ; -46 Saltocchio -75 ; -61 Mammoli S. Pancrazio Castagnori -90 ; -76 S. Lorenzo M.no Cappella -105 ; -91 S. Cassiano M.no S. Michele M.no Piazzano Pieve S. Stefano Arsina Vecoli S. Quirico S. Concordio Mutigliano M.no

Stabbiano S.Macario in Monte S. Pietro a Vico

S.Martino in Vignale Chiatri Carignano Monte S. Quirico Formentale S. Alessio Farneta S. Cassiano a Vico

SS. Annunziata S.Macario in Piano Picciorana S. Marco Maggiano S. Vito S.Maria a Colle Nave Tempagnano S. Anna Arliano S.Angelo Arancio Antraccoli Centro Storico S. Filippo Nozzano S. Pietro Montuolo Fagnano S. Donato S.Concordio C.da

Balbano Nozzano Castello Mugnano Meati Cerasomma Gattaiola Sorbano Vescovo Pontetetto Castiglioncello Vicopelago Sorbano Giudice

Pozzuolo S.Michele in Escheto

Massa Pisana

S. Lorenzo a Vaccoli

S. Maria del Giudice

Fonte: nostre elaborazioni su dati anagrafici

48

Cartogramma 3: Movimenti migratori extra comunali. Saldo migratorio per frazione. Periodo 2001-2003.

Legenda

161 ; 200 121 ; 160

81 ; 120 Gignano 41 ; 80 Piazza B.li 1 ; 40 Pieve B.li 0 Ombreglio -15 ; -1 Piaggione

-30 ; -16 S. Ilario B.li Deccio B.li -45 ; -31 S. Giusto B.li S. Lorenzo B.li -60 ; -46 Tramonte Gugliano -75 ; -61 Sesto -90 ; -76 Aquilea S. Gemignano -105 ; -91 Palmata Ciciana Torre Mastiano S. Stefano M.no Saltocchio Mammoli S. Pancrazio Castagnori Cappella S. Lorenzo M.no

S. Cassiano M.no S. Michele M.no Piazzano Vecoli Pieve S. Stefano Arsina S. Quirico S. Concordio M.no Mutigliano

Stabbiano S.Macario in Monte S. Pietro a Vico S.Martino in Vignale Chiatri Monte S. Quirico Carignano Formentale S. Alessio S. Cassiano a Vico Farneta

S.Macario in Piano SS. Annunziata Picciorana S. Marco Maggiano Nave S. Vito

S.Maria a Colle Tempagnano S. Anna Arliano S.Angelo Arancio Centro Storico Antraccoli Nozzano S. Pietro S. Filippo Montuolo S. Donato Fagnano S.Concordio C.da Balbano Nozzano castello Mugnano

Gattaiola Cerasomma Meati Sorbano Vescovo Pontetetto Castiglioncello Sorbano Giudice Vicopelago

Pozzuolo S.Michele in Escheto

Massa Pisana

S. Lorenzo a Vaccoli

S. Maria del Giudice

Fonte: nostre elaborazioni su dati anagrafici

49

4.2.4 Struttura per sesso e per età degli ingressi e delle uscite per cambiamento di residenza

Per avere qualche elemento di valutazione dell’influenza del movimento migratorio sulla struttura demografica del comune di Lucca, è opportuno analizzare la distribuzione del movimento stesso secondo il sesso e l’età, nel periodo 1998-2003. Per quanto riguarda il genere, si nota che il saldo migratorio complessivo (3.725 unità) è attribuibile in misura più alta (1.959 unità) alle donne rispetto agli uomini (1.767 unità), i quali incidono “soltanto” per il 47,4% del totale. Gli uomini risultano più presenti delle donne nei flussi emigratori (3.899 contro 3.708), mentre hanno la stessa incidenza nei flussi immigratori (5.666 contro 5.667). Informazioni più interessanti si ottengono disaggregando il movimento migratorio per classi di età (Figura 13 e Figura 14). In particolare, dalla Figura 14, si nota che la propensione a migrare è molto alta nelle età da 25 a 35 anni, che presenta un certo rilievo nelle età infantili (da 0 a 5 anni) e che tende a declinare lentamente da 40 anni in poi. Questo andamento risulta ben noto nelle analisi demografiche: si tratta della classica struttura dei flussi migratori del tipo “ labour dominant” valida in quasi tutti i contesti territoriali. Essa dipende dal fatto che una delle cause principali della migrazione (sia essa immigrazione che emigrazione) è ascrivibile a motivi di lavoro. Proprio per questa ragione il picco nella mobilità si riscontra nelle età da 25 a circa 40; ed inoltre, il trasferimento di una persona occupata implica spesso anche lo spostamento del partner . Se una famiglia, poi, ha figli in età infantile, anche questi sono coinvolti dal trasferimento di residenza. E questo spiega perché la propensione a migrare è relativamente alta anche nelle età 0-5 anni (Rogers, Castro, 1978; Bonaguidi, 1985).

Figura 13: Curva per classi d’età quinquennali e sesso degli iscritti italiani e stranieri nel comune di Lucca. Periodo 1998-2003.

900

F ita M ita 800 F stra M stra 700

600

500

400

300

200

100

0 0-4 5-9 10-14 15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 65-69 70-74 75-79 80-84 85-89 90-94 95-99

Fonte: nostre elaborazioni su dati anagrafici

50

Figura 14: Tassi specifici di migratorietà e saldo per classi d’età quinquennali. Comune di Lucca. Aggregato degli anni 1998-2003.

0,06

tasso specifico immigratorietà 0,05 tasso specifico emigratorietà saldo

0,04

0,03

0,02

0,01

0 0-4 5-9 10-14 15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 65-69 70-74 75-79 80-84 85-89 90-94 95-99 -0,01

Fonte: nostre elaborazioni su dati anagrafici

Distinguendo i flussi migratori in entrata italiani ed esteri, nel periodo dal 1998 al 2003, si osserva che l’età media dei flussi di immigrati provenienti dall’estero risulta molto più bassa rispetto a quella dei flussi di immigrati “italiani” (Figura 15), e in misura maggiore nei maschi (27,89 contro 33,86) che nelle femmine (32,86 contro 35,38).

Figura 15 :Età media dei flussi di immigrati italiani e stranieri per sesso. Anni 1998-2003.

42 ETA' MEDIA 40 STRANIERI ETA' MEDIA STRANIERE 38 ETA' MEDIA ITALIANI

36

34

32

30

28

26

24

22 1998 1999 2000 2001 2002 2003

Fonte: nostre elaborazioni su dati anagrafici

51

Prima di concludere vale la pena dare uno sguardo alla composizione secondo classi di età del saldo degli scambi di popolazione per trasferimenti di residenza tra il comune di Lucca ed il resto della sua Area. Si può cogliere così un aspetto di ordine più qualitativo della situazione, più volte ricordata, di suburbanizzazione relativa che sembra ancora sperimentare il sistema territoriale lucchese. Dalla Figura 16, si può notare come le perdite di popolazione dal centro alla periferia riguardino quasi esclusivamente le classi in età attiva 25-29 e 50-54: molto probabilmente quindi i trasferimenti di residenza sono connessi a motivi di lavoro o a fasi del ciclo di vita familiare (matrimonio, nascite di figli, uscite dei figli dall’unità familiare) che spingono ad una riconsiderazione della situazione abitativa.

Figura 16: Saldo migratorio per classi d’età. Comune di Lucca da/verso Area Lucchese. Periodo 1998- 2003. Valori assoluti.

20

10

0 0-4 5-9

-10 10-14 15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 65-69 70-74 75-79 80-84 85-89 90-94 95-99

-20

-30 saldo -40

-50

-60

-70

-80

Fonte: nostre elaborazioni su dati anagrafici

52

4.3 La mobilità pendolare per motivi di lavoro e studio

4.3.1 Premessa

In questa parte del lavoro ci soffermeremo sull’analisi dei processi di interazione spaziale letti attraverso gli spostamenti giornalieri della popolazione per motivi di lavoro e di studio. I dati a cui faremo riferimento sono quelli del censimento 1991 e quelli, ancora provvisori, del censimento 2001. Nel paragrafo introduttivo del capitolo è stato osservato come i movimenti per lavoro e per studio, seppure importanti, esprimano solo una parte dei legami di aggregazione territoriale e come sarebbe opportuno integrare la loro analisi con quella degli spostamenti periodici per soddisfare altre funzioni dell’esistenza. Oltre a queste considerazioni è opportuno, prima di procedere, evidenziare alcuni limiti dei dati che andremo a utilizzare. In primo luogo, i movimenti pendolari per motivi di lavoro si riferiscono alle unità lavorative “ufficialmente “ occupate (la componente esplicita della forza lavoro) ma, naturalmente, non comprendono gli spostamenti delle unità lavorative occupate non ufficialmente (la componente implicita della forza lavoro). In secondo luogo, i dati sulla dimensione e sulla direzione degli spostamenti nulla possono dirci sulle modalità con le quali il rapporto residenza-lavoro si estrinseca (cadenza degli spostamenti, costi monetari e non, mezzi utilizzati, tempo impiegato, distanza effettiva) e quindi sono da ritenersi insufficienti per uno studio adeguato di un fenomeno così complesso come quello del pendolarismo (Barsotti, 1986). Infine, va aggiunto che i dati disponibili, per il censimento del 1991, riguardano i movimenti che si realizzano all’interno della regione, non comprendono perciò i lavoratori che pur svolgendo la loro attività all’interno della regione non vi risiedono e i lavoratori che risiedono in Toscana, ma svolgono la loro attività all’esterno della regione. Per il censimento 2001, la matrice origine-destinazione dei flussi si “chiude” ulteriormente, perché è stato possibile disporre solo dei dati, peraltro ancora provvisori, riferiti ai movimenti pendolari per motivi di lavoro che si esauriscono all’interno della provincia di Lucca. Quest’ultima limitazione, ossia la chiusura della matrice a livello regionale (1991) e a livello provinciale (2001), concerne anche i movimenti pendolari per motivi di studio.

4.3.2 La mobilità pendolare per lavoro e per studio tra le aree provinciali al 1991

A) La mobilità pendolare per lavoro

Dalla lettura della distribuzione riportata nella Tabella 22, si può apprezzare il ruolo che, al censimento del 1991, l’Area Lucchese svolgeva all’interno del sistema della mobilità pendolare per motivi di lavoro rispetto alle altre aree (Sel) della provincia di Lucca. L’area lucchese, qui trattata come un insieme omogeneo, presenta, infatti, il più alto grado di auto-contenimento della propria forza lavoro, ovvero la quota di forza lavoro residente e occupata nei comuni interni all’area stessa, con un valore di circa 92 punti percentuali, seguita dalla Versilia, 90,1%, dalla Media Valle, 83,2%, e dalla Garfagnana, 77%. Se intendessimo concepire la mobilità per motivi di lavoro come una sorta di “risposta alla spazio economico”, potremmo da subito notare come la risposta che interessa lo spazio economico dell’Area Lucchese trovi, quasi esclusivamente, domanda all’interno dell’Area Lucchese stessa (Bonaguidi, 1998). L’idea che la mobilità pendolare residenza- lavoro dell’Area Lucchese possa definirsi, a prima vista, una mobilità essenzialmente intra- area trova riscontro nell’analisi dei movimenti in uscita dall’area stessa; infatti, il

53 movimento in uscita dall’Area Lucchese, ovvero la quota di unità lavorative (occupate) che “evade” dall’area risulta di poco superiore all’8% del totale dei movimenti pendolari residenza-lavoro dell’area. Più specificamente, poi, si nota come di questi movimenti solo il 2,8% si diriga verso altre aree della provincia lucchese mentre il 5,6%, ovvero i 2/3, verso il resto delle province toscane. Un movimento in uscita dall’Area Lucchese, quindi, che sembra interessarsi maggiormente alle altre province toscane piuttosto che ai restanti Sel della provincia di Lucca. Queste caratteristiche non sembrano estendibili alla mobilità sperimentata dalla forza lavoro dei restanti Sel della provincia di Lucca, dove, a ben vedere, il pendolarismo per motividi lavoro sembra assumere modalità quasi inverse rispetto a quelle appena descritte per l’Area Lucchese. Anche in questo caso è utile soffermarsi sulle distribuzioni percentuali dei movimenti in uscita dai Sel in questione. La Versilia, che presenta una quota di forza lavoro in uscita dal proprio Sel pari a circa il 10% del totale dei movimenti residenza-lavoro dell’area, ha come prima destinazione dei movimenti pendolari in uscita l’aggregato “Altre province toscane”, 5,3%, subito seguito dall’Area Lucchese, 4,1%, con uno scarto tra il “peso” dei due movimenti pendolari, soprattutto se riferito all’enorme etoregeneità dell’aggregato altre province toscane, molto basso, 1,2%. La Media Valle presenta una quota di movimenti in uscita dal proprio territorio per motivi di lavoro di poco inferiore al 17% del totale dei movimenti residenza-lavoro dell’area; tali movimenti si distribuiscono per la quasi totalità all’interno della provincia lucchese e, in particolar modo, nell’Area Lucchese, 12,3%, e nella Garfagnana, 3,3%. Infine la Garfagnana, presenta il valore percentuale più elevato di movimenti pendolari in uscita dal proprio territorio, pari al 23% del totale dei movimenti residenza-lavoro dell’area. La prima destinazione di tali movimenti è la Media Valle 13,1%, seguita dall’Area Lucchese, 7%. In complesso, quindi, l’Area Lucchese riceve una quota di forza lavoro pendolare residente nei restanti Sel superiore ai 23 punti percentuali del totale provinciale dei movimenti pendolari residenza-lavoro. Dalla lettura della Tabella 23 possiamo individuare la provenienza dei movimenti in entrata all’interno dei diversi Sel. In termini percentuali, l’Area Lucchese risulta essere la zona più interessata a movimenti pendolari per motivi di lavoro provenienti da zone esterne alla provincia lucchese, 6,4%, riconfermando la sua vocazione di “apertura” verso i movimenti pendolari residenza-lavoro non ascrivibili all’interno dei confini territoriali provinciali lucchesi. Seguono poi la Versilia, 5%, la Garfagnana, 1,5, e la Media Valle, 1,1%. Dalla lettura della composizione dei movimenti in entrata nei diversi Sel della provincia lucchese, si nota come il Sel che accoglie la percentuale maggiore dei movimenti residenza-lavoro originati da sel intra-provinciali è la Media Valle, 17,6%, seguito dalla Garfagnana, 8,9%, dall’Area lucchese, 6,7%, e dalla Versilia, 2,0%. Più nel dettaglio, la Media Valle accoglie il maggior numero di pendolari residenza- lavoro dalla Garfagnana, 11,3%, la Garfagnana dalla Media Valle, 4,4%, l’Area Lucchese dalla Versilia, 3,4%, e, infine, la Versilia, dall’Area Lucchese, 1,7%. A livello di Sel si evidenzia quindi, una doppia interazione “gravitazionale” all’interno della provincia lucchese: una prima interazione, percentualmente dominante, è quella tra la Garfagnana e la Media Valle e una seconda, percentualmente minoritaria, tra Area Lucchese e Versilia. Nella Tabella 24, infine, sono riportati i saldi dei movimenti pendolari per motivi di lavoro tra le varie aree provinciali e tra ciascuna di esse e il resto del territorio regionale.

54

Tabella 22: Distribuzione percentuale dei movimenti pendolari per motivi di lavoro in uscita dai Sel della provincia di Lucca. Censimento 1991.

Destinazione Altre province Origine Area Lucchese Garfagnana Versilia Media Valle toscane Totale Area Lucchese 91,6 0,4 1,4 1,0 5,6 100 Garfagnana 7,0 77,0 1,2 13,1 1,7 100 Versilia 4,1 0,3 90,1 0,2 5,3 100 Media Valle 12,3 3,3 0,2 83,2 0,9 100

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

Tabella 23: Distribuzione percentuale dei movimenti pendolari per motivi di lavoro in entrata nei Sel della provincia di Lucca. Censimento 1991.

Destinazione

Origine Area Lucchese Garfagnana Versilia Media Valle Area Lucchese 87,0 2,6 1,7 5,4 Garfagnana 1,1 89,5 0,2 11,3 Versilia 3,4 1,9 93,0 0,9 Media Valle 2,2 4,4 0,1 81,4 Altre province toscane 6,4 1,5 5,0 1,1 Totale 100 100 100 100

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

Tabella 24:Matrice dei saldi dei movimenti pendolari per motivi di lavoro tra i Sel della Provincia di Lucca. Censimento 1991.

Destinazione Media Altre province Saldo Origine Area Lucchese Garfagnana Versilia Valle toscane complessivo Area Lucchese -424 -1.129 -684 -634 -2.871 Garfagnana 424 -44 819 33 1.232 Versilia 1.129 44 69 -103 1.139 Media Valle 684 -819 -69 -18 -222 Altre province toscane 634 -33 103 18 722 Saldo complessivo 2.871 -1.232 -1.139 222 -722

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

B) La mobilità pendolare per studio

Dalla lettura della Tabella 25 possiamo notare come, anche sul piano della mobilità per motivi di studio, l’ Area Lucchese presenti il più alto grado di auto-contenimento della popolazione pendolare, 87,3%, seguito dalla Garfagnana e dalla Versilia, entrambi con percentuali superiori all’80% e, infine, dalla Media Valle, 37,9%. Anche quella per motivi

55 di studio sembra essere una mobilità che, almeno per il sel Area lucchese, può definirsi come intra-area. In effetti disaggregando la percentuale dei movimenti in uscita dall’Area Lucchese per motivi di studio, 12,7%, ci accorgiamo che quasi la totalità di questi, 11,4%, hanno come meta l’aggregato “altre provincia toscane” (si tratta probabilmente di studenti universitari), mentre i rimanenti, complessivamente di poco superiori ad un punto percentuale, si distribuiscono abbastanza uniformemente nei restanti sel della provincia lucchese. La Garfagnana e la Media Valle, a fronte di percentuali di popolazione studentesca in uscita dal proprio territorio relativamente diverse (esigua quella relativa al primo sel, 17,4%, e estremamente elevata quella del secondo, 62,1%) evidenziano, anche in termini di mobilità pendolare per motivi di studio, un alto livello di interazione reciproca, però con una fortissima asimmetria a favore della seconda area. Circa il 5% dei garfagnini in “movimento” si dirige, infatti, verso la Media Valle mentre più della metà, il 53% circa, dei pendolari in uscita dalla Media Valle si dirige verso la Garfagnana. La Versilia, dal canto suo, sembra invece uniformarsi maggiormente alla modalità caratterizzanti la mobilità pendolare descritta per l’ Area lucchese. I movimenti in uscita per motivi di studio dal proprio territorio sono infatti abbastanza contenuti, 17,6%, e presentano come meta principale l’aggregato “Altre province toscane”, 13,8%, distribuendosi poi in modo uniforme nei restanti sel della provincia lucchese. La distribuzione riportata nella Tabella 26 ci permette di leggere la composizione dei movimenti in entrata nei diversi Sel secondo la provenienza. Anche in questo caso, si rende manifesta la significativa “apertura” dell’Area Lucchese sia verso flussi provenienti dall’esterno della provincia lucchese, 3,6%, sia verso flussi pendolari provenienti da altri Sel della stessa provincia, complessivamente di poco superiori ai 6 punti percentuali, nonché nei confronti dei flussi pendolari extra-provinciali che interessano gli altri Sel lucchesi, in media circa lo 0,6%. Si ritrova quindi l’interazione con la Versilia, 3,6% delle entrate pendolari totali nell’Area Lucchese, e anche con la Media Valle, 2,2%. Anche negli altri Sel la composizione dei movimenti pendolari per motivi di studio in entrata secondo luogo di provenienza, si mantiene in linea con quanto sottolineato precedentemente a proposito della mobilità pendolare per studio in uscita. Le due aree con maggiore interazione gravitazionale reciproca restano, infatti, la Media Valle e la Garfagnana. La prima riceve dalla Garfagnana più del 6% dei movimenti in entrata nel proprio territorio, mentre la seconda vede provenire dalla Media Valle quasi il 60% dei movimenti pendolari per motivi di studio in entrata nel proprio territorio. La Versilia, pur confermando una certa apertura verso movimenti in entrata provenienti da province esterne a quella lucchese, 1,2%, mostra una scarsa attrazione, in termini di movimenti pendolari per motivi di studio, verso le altre aree della provincia.

Tabella 25: Distribuzione percentuale dei movimenti pendolari per motivi di studio in uscita dai Sel della provincia di Lucca. Censimento 1991.

Destinazione Altre province Origine Area Lucchese Garfagnana Versilia Media Valle toscane Totale Area Lucchese 87,3 0,9 0,2 0,2 11,4 100 Garfagnana 3,4 82,6 4,4 4,6 5,0 100 Versilia 3,5 0,2 82,4 0,1 13,8 100 Media Valle 6,9 52,6 0,0 37,9 2,6 100

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

56

Tabella 26: Distribuzione percentuale dei movimenti pendolari per motivi di studio in entrata nei Sel della provincia di Lucca. Censimento 1991.

Destinazione

Origine Area Lucchese Garfagnana Versilia Media Valle Area Lucchese 90,1 2,8 0,3 1,6 Garfagnana 0,6 45,4 0,9 6,2 Versilia 3,6 0,6 97,6 0,9 Media Valle 2,2 50,8 0,0 90,9 Altre province toscane 3,6 0,3 1,2 0,4 Totale 100 100 100 100

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

Infine, nella Tabella 27 si riportano le eccedenze (positive o negative) dei movimenti pendolari per motivi di studio che si realizzano tra le aree della provincia e tra ognuna di esse e il resto della regione.

Tabella 27: Matrice dei saldi dei movimenti pendolari per motivi di studio tra i Sel della Provincia di Lucca. Censimento 1991.

Destinazione Area Media Altre province Saldo Origine Lucchese Garfagnana Versilia Valle toscane complessivo Area Lucchese 74 -834 -497 2.064 807 Garfagnana -74 149 -4.015 200 -3.740 Versilia 834 -149 26 3.271 3.982 Media Valle 497 4.015 -26 197 4.683 Altre province toscane -2.064 -200 -3.271 -197 -5.732 Saldo complessivo -807 3.740 -3.982 -4.683 5.732

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

4.3.3 La mobilità per lavoro e per studio con riferimento all’Area Lucchese al 1991

Attraverso l’analisi delle interazioni spaziali tra Sel, considerati come insiemi omogenei, abbiamo delineato le principali caratteristiche della mobilità intra-provinciale lucchese ed il suo grado di apertura verso il resto del territorio regionale. Passiamo ora ad analizzare la mobilità che, sempre sulla base delle risultanze del Censimento demografico del 1991, ha interessato più nel dettaglio l’Area Lucchese e i comuni che la compongono.

A) La mobilità pendolare per lavoro

Dalla lettura dei dati riportati nella Tabella 28 possiamo notare come Lucca presenti tra tutti i comuni della Piana il più alto livello di “auto-contenimento” dei movimenti pendolari per motivi di lavoro, 75,8%. I movimenti residenza-lavoro, interessano il comune di Lucca in modo abbastanza marcato in riferimento a tutti i restanti comuni della Piana di Lucca. In particolar modo, si nota una quota percentuale molto alta dei movimenti

57 residenza-lavoro in uscita da Capannori che hanno come destinazione Lucca, 30,3%, e in uscita da Pescaglia sempre aventi come destinazione il capoluogo della provincia lucchese, 32,1%. Di converso, i movimenti pendolari residenza-lavoro in uscita dal comune di Lucca presentano come unica destinazione di rilievo il comune di Capannori, 12,2%, seguito a lunga distanza dal comune di Porcari, 2,1%, e si distribuiscono poi in modo relativamente uniforme nei restanti comuni dell’Area Lucchese. Complessivamente, ben più della metà dei movimenti pendolari per motivi di lavoro in uscita dai comuni della Piana presenta come destinazione prioritaria il comune capoluogo. La Tabella 29 ci permette di leggere i movimenti pendolari residenza-lavoro in entrata nei diversi comuni della Piana secondo il comune di origine. Sotto questo profilo di analisi si nota come la componente principale delle entrate nel comune di Lucca per motivi di lavoro tragga origine dal comune di Capannori, 14,4%, e come il peso percentuale dei movimenti residenza-lavoro provenienti dal resto dei comuni della piana abbia una rilevanza scarsamente significativa, complessivamente inferiore ai 3,5 punti percentuali. Situazione speculare sembra caratterizzare il comune di Capannori, che riceve rilevanti quote di movimenti pendolari per motivi di lavoro dal comune di Lucca, 25,9%, e dal comune di Porcari, circa il 3%, palesando poi una scarsa forza di attrazione nei riguardi dei movimenti pendolari residenza-lavoro generati dal resto dei comuni dell’Area Lucchese. Interessante notare come il comune di Porcari eserciti una forza di attrazione ben perequata tra tutti i comuni della Piana, ricevendo movimenti pendolari residenza-lavoro percentualmente significativi dal comune di Capannori, circa il 22% del totale delle entrate, ma anche dal comune di Lucca, 16,6%, e dal comune di Altopascio, quasi 6 punti percentuali. E’ da sottolineare, inoltre, come Lucca “esporti” forza lavoro pendolare in tutti i comuni della propria area con pesi percentuali del tutto rilevanti sulle unità occupate negli stessi. Il peso percentuale medio dei movimenti residenza-lavoro che traggono origine dal comune di Lucca, in entrata nei comuni dell’Area Lucchese, è infatti pari a 13,8 punti percentuali con una deviazione standard pari a 7,7. Anche i comuni di Altopascio e Capannori danno origine a significative quote di popolazione pendolare per motivi di lavoro che hanno come destinazione i restanti comuni della Piana, seppur con pesi diversi rispetto a quello esercitato da Lucca. Il peso percentuale medio dei movimenti residenza– lavoro che hanno come origine il comune di Altopascio e come destinazione gli altri comuni della Piana è infatti pari a 5,2 con una deviazione standard pari a 6,5, mentre il peso medio dei movimenti residenza-lavoro che hanno origine nel comune di Capannori, è pari a 10,6 con una deviazione standard pari a circa 6. Nella Tabella 30 sono riportati, infine, le perdite o i guadagni di popolazione pendolare per motivi di lavoro di ogni comune dell’Area Lucchese in relazione ad ogni comune della stessa area, del resto della provincia e della regione. Il comune di Lucca fa registrare il valore positivo più alto, in termini di saldi dei movimenti pendolari residenza-lavoro, di tutti i restanti comuni della Piana. Il suo guadagno, è da individuarsi principalmente nei riguardi del comune di Capannori, +1.111 pendolari residenza-lavoro giornalieri, a fronte di perdite non eccessive nei confronti di Altopascio, -90 pendolari residenza-lavoro giornalieri, e Porcari, -301. Il secondo valore complessivo più alto in termini di saldi è da attribuirsi al comune di Porcari che guadagna popolazione pendolare per motivi di lavoro nei confronti di tutti i restanti comuni della Piana e, in particolar modo, nei riguardi di Capannori, +443, Lucca, +301, e Altopascio, +117. Proprio questo ultimo comune è, insieme a Lucca e Porcari appunto, il terzo e ultimo comune che presenta un saldo complessivo positivo, seppur abbastanza modesto, +660. I suoi guadagni si concretizzano nei riguardi di Capannori, +112 e Lucca, +90, a fronte però di una sensibile perdita nei riguardi di Porcari, -117. Al fianco dei comuni di Montecarlo, Pescaglia e Villa Basilica, che fanno registrare come prevedibile saldi complessivi negativi, si pone Capannori che registra un saldo

58 complessivo fortemente negativo, -1.662. In effetti, in termini di movimenti pendolari residenza-lavoro, il comune di Capannori perde molta popolazione nei riguardi di Lucca, - 1.111, di Porcari, -443, e di Altopascio, -112.

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Tabella 28: Matrice di mobilità per motivi di lavoro anno 1991. Valori percentuali sul totale delle uscite pendolari per motivi di lavoro.

Destinazione Villa Area Resto Provincia di Resto Regione Origine Altopascio Capannori Lucca Montecarlo Pescaglia Porcari Basilica Lucchese Lucca Toscana Totale Altopascio 60,6 4,2 6,0 4,9 0,1 6,9 0,2 82,8 0,6 16,6 100 Capannori 1,5 56,0 30,3 0,4 0,2 5,1 0,4 93,9 1,6 4,5 100 Lucca 0,9 12,2 75,8 0,2 0,6 2,1 0,1 91,9 3,6 4,5 100 Montecarlo 18,7 7,2 10,2 29,8 0,3 13,2 0,2 79,6 1,3 19,1 100 Pescaglia 0,3 8,7 32,1 0,0 45,9 2,1 0,0 89,1 9,8 1,1 100 Porcari 3,9 15,5 13,5 1,9 0,1 59,6 0,2 94,6 1,4 4,0 100 Villa Basilica 1,0 8,2 7,8 0,5 0,0 5,2 58,6 81,3 2,4 16,3 100 Area Lucchese 5,0 24,4 52,6 1,3 1,4 6,0 0,9 91,6 2,8 5,6 100 Resto Provincia di Lucca 0,1 0,7 4,2 0,0 0,3 0,3 0,0 5,7 90,1 4,1 100

Tabella 29: Matrice di mobilità per motivi di lavoro anno 1991. Valori percentuali sul totale degli ingresso pendolare per motivi di lavoro.

Destinazione Villa Area Resto Provincia di Origine Altopascio Capannori Lucca Montecarlo Pescaglia Porcari Basilica Lucchese Lucca Altopascio 49,7 0,9 0,6 18,2 0,3 5,6 0,9 4,4 0,0 Capannori 6,5 62,7 14,4 7,3 3,3 21,7 10,4 26,0 0,4 Lucca 7,4 25,9 68,4 7,5 19,4 16,6 3,5 48,2 1,7 Montecarlo 6,1 0,6 0,4 44,1 0,3 4,3 0,3 1,7 0,0 Pescaglia 0,1 0,7 1,2 0,0 57,1 0,7 0,0 1,9 0,2 Porcari 2,5 2,6 1,0 5,4 0,2 37,4 0,7 3,9 0,1 Villa Basilica 0,2 0,4 0,1 0,4 0,0 0,9 64,2 0,9 0,0 Area Lucchese 72,4 93,8 86,0 82,9 80,6 87,2 80,0 87,0 2,4 Resto Provincia di Lucca 2,5 3,3 8,5 1,7 18,6 5,7 2,3 6,6 93,6 Resto Regione Toscana 25,1 2,8 5,5 15,3 0,8 7,0 17,7 6,4 4,0 Totale 100 100 100 100 100 100 100 100 100

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

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Tabella 30: Matrice dei saldi dei movimenti pendolari per motivi di lavoro tra i comuni dell’Area Lucchese. Censimento 1991.

Destinazione Villa Area Resto Provincia di Resto Regione Saldo Origine Altopascio Capannori Lucca Montecarlo Pescaglia Porcari Basilica Lucchese Lucca Toscana complessivo Altopascio -112 -90 -76 0 117 -1 -162 -75 -423 -660 Capannori 112 1.111 -27 -72 443 8 1.575 -225 312 1.662 Lucca 90 -1.111 -61 -195 301 -29 -1.005 -1.708 -467 -3.180 Montecarlo 76 27 61 3 114 -1 280 1 104 385 Pescaglia 0 72 195 -3 23 0 287 -61 5 231 Porcari -117 -443 -301 -114 -23 -29 -1.027 -180 -166 -1.373 Villa Basilica 1 -8 29 1 0 29 52 2 1 55 Area Lucchese 162 -1.575 1.005 -280 -287 1.027 -52 -2.246 -634 -2.880 Resto Provincia di Lucca 75 225 1.708 -1 61 180 -2 2.246 -212 2.034 Resto Regione Toscana 423 -312 467 -104 -5 166 -1 634 212 Saldo complessivo 660 -1.662 3.180 -385 -231 1.373 -55 2.880 -2.034

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

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A.1) Misure di preferenza

Può essere interessante, prima di concludere su questo aspetto della mobilità, misurare il grado di preferenza verso un comune piuttosto che un altro come meta di un movimento pendolare per motivi di lavoro, all’interno dell’Area Lucchese. A questo fine può essere utilizzato l’indice proposto da Bachi (1961) e applicato, tra gli altri, anche da Bonaguidi (Bonaguidi, 1981). Nel caso si voglia misurare l’attrazione che il comune K esercita sui residenti del comune i, l’indice assumerebbe l’espressione:

= Pik = Pik I ik   P*ik  /  ∑Pij  ∑Pik ∑ ∑Pij  j ii j 

dove e sono rispettivamente il flusso osservato da i a k e il corrispondente Pik P*ik flusso “atteso” in caso di “indifferenza” tra i e k. Il flusso atteso è ottenuto nel seguente modo: dividendo il flusso di coloro che entrano nel comune k (per spostamenti pendolari) per il totale degli spostamenti otteniamo la “propensione” media di un pendolare dell’intera area considerata (in questo caso l’Area Lucchese) di lavorare nel comune k. Tale propensione media avrà l’espressione:

/ ∑Pik ∑ ∑Pij i i j

moltiplicando tale propensione per l’ammontare complessivo del flusso in uscita dal comune i otteniamo il numero “atteso” di pendolari dal comune i verso il comune k nell’ipotesi che la propensione a spostarsi da i a k fosse uguale a quella media dell’intera area, cioè nel caso che non vi fosse alcuna preferenza dei residenti in i a spostarsi in k. In modo formale:

  =  /  P*ik ∑Pij ∑Pik ∑ ∑Pij  j  i i j 

Il rapporto, allora, tra il flusso osservato e quello atteso in base alla sopra indicata ipotesi si può assumere come indice di preferenza di i nei confronti di k. Quando Pik > 1 P*ik esiste una preferenza da parte dei migranti da i a spostarsi in k, preferenza che cresce, ovviamente, al crescere dell’eccedenza del flusso reale su quello teorico 7.

In primis abbiamo misurato il grado di preferenza dei comuni dell’Area Lucchese nei confronti del comune di Lucca che, in quanto capoluogo e urbe di dimensioni comparativamente superiori rispetto agli altri comuni della Piana, dovrebbe esercitare una funzione di attrazione preferenziale nei riguardi delle forze lavoro pendolari all’interno dello spazio economico della Piana di Lucca.

7 Cfr.G.J. Wunsch-M.Termote, 1978 62

Tabella 31:Valori dell’indice di preferenza per i comuni i dell’Area Lucchese rispetto a k (comune di Lucca).

Comuni Indice di preferenza (Iik) i k Altopascio Lucca 0,63 Capannori Lucca 1,85 Montecarlo Lucca 0,47 Pescaglia Lucca 1,72 Porcari Lucca 0,89 Villa Basilica Lucca 0,79

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

Dalla lettura della Tabella 31 si nota come su 6 movimenti pendolari residenza- lavoro relativi ad altrettanti comuni presi in esame solo due di questi, i flussi relativi a Capannori e Pescaglia, presentino valori superiori di quelli “attesi” nell’ipotesi di “indifferenza”. Gli altri 4 flussi, risultano essere assai inferiori a quello teorico nell’ipotesi di preferenza nulla. Tutto questo sta a significare che il comune di Lucca non esercita, almeno nei riguardi dei flussi pendolari originati dai comuni del proprio Sel, un ruolo di particolare importanza inteso come capacità attrattiva di forza lavoro residente nel proprio Sel. In tale contesto, giocano un ruolo a se stante i comuni di Capannori e Pescaglia che presentano alti valori di “preferenza” nei riguardi del comune di Lucca come ipotetico luogo di destinazione di movimenti pendolari residenza-lavoro. Se applichiamo il solito indice ad alcuni dei comuni dell’Area Lucchese che, sotto il profilo delle dinamiche demografiche e/o economiche hanno manifestato una certa vitalità nell’arco del periodo 1951-2001, si osserva quanto segue:

Tabella 32: Valori dell’indice di preferenza per alcuni comuni i dell’Area Lucchese rispetto a k comuni della stessa area.

Comuni Indice di preferenza (Iik) i k Lucca Altopascio 0,91 Lucca Capannori 2,34 Lucca Montecarlo 0,54 Lucca Porcari 0,93 Altopascio Capannori 0,58 Capannori Altopascio 0,65 Montecarlo Altopascio 6,05 Montecarlo Capannori 0,45 Porcari Capannori 1,36 Porcari Altopascio 1,8

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

E’ evidente come i flussi pendolari per motivi di lavoro da Lucca a Capannori siano nettamente superiori, più del doppio, di quelli “attesi” nell’ipotesi di “indifferenza”. Se andiamo a comparare tali informazioni con quelle desumibili dalla lettura della Tabella 31 per i flussi da Capannori verso il comune capoluogo, si nota come tra i due comuni in

63 questione vi sia, in termini di flussi pendolari per motivi di lavoro, un rapporto preferenziale di “reciprocità” anche se con uno scarto favorevole al comune di Capannori. Più bassi rispetto ai flussi teorici nell’ipotesi di indifferenza risultano, invece, i flussi pendolari da Lucca verso Montecarlo e, in misura minore, verso Porcari. Mentre i flussi pendolari da Altopascio verso Capannori e da Capannori verso Altopascio si mantengono sensibilmente al di sotto di quelli “attesi” nell’ipotesi di indifferenza, sembrano interessanti i valori assunti dai flussi che si muovono da Montecarlo verso Altopascio, ben 6 volte al di sopra del valore teorico nell’ipotesi di preferenza nulla, e dai flussi che da Porcari si muovono verso Capannori e verso Altopascio, circa il doppio del valore teorico. Si può affermare quindi come, tra tutti i restanti comuni della Piana, Altopascio e Capannori giochino un ruolo di primaria importanza sul piano delle interrelazioni territoriali e dei processi di adeguamento spaziale dell’offerta di lavoro che, proprio all’interno della piana di Lucca, hanno origine. Dal canto suo il comune di Lucca, almeno a questo livello di analisi, sembra esercitare un ruolo di attrazione verso la forza lavoro del bacino gravitazionale costituito dal comune di Capannori e di Pescaglia. In modo speculare, però, lo stesso capoluogo sembra originare dei flussi pendolari per loro natura aperti verso più punti di destinazione dello spazio economico denominato Area Lucchese.

B) La mobilità pendolare per studio

Esaurita questa prima parte di analisi sui movimenti pendolari residenza-lavoro che si realizzano all’interno dell’Area lucchese, è opportuno, al fine di interpretare in modo più accurato il complesso e multiforme sistema delle interrelazioni spaziali giornaliere dell’area oggetto di studio, estendere lo studio anche al movimento pendolare per motivi di studio caratterizzante Lucca e la sua piana. Come è abbastanza intuibile, in questo tipo di pendolarismo, o di mobilità, gioca un ruolo ancora prioritario la dislocazione gerarchica dell’esercizio delle funzioni su di un determinato territorio così da rendere tale forma di mobilità, comprensibilmente, difficilmente inscrivibile all’interno del quadro concettuale definito nella parte introduttiva del presente lavoro. Dalla lettura della Tabella 33, si nota il ruolo preminente del comune capoluogo sia nei confronti della propria popolazione studentesca che nei confronti di quella residente nei restanti comuni della Piana. In effetti, quello che può essere considerato una sorta di indice della capacità di auto-contenimento assume a Lucca un valore percentuale decisamente alto, superando gli 85 punti percentuali; inoltre, le quote di popolazione pendolare in uscita dai propri comuni e avente come destinazione il capoluogo sono significativamente elevate per ciascun comune dell’Area Lucchese, per tutti superiori ai 10 punti percentuali Da notare la relativa forza attrattiva esercitata, anche in questo caso, dal comune di Porcari che riceve significative quote di popolazione pendolare per motivi di studio in uscita dai comuni di Altopascio, 6,3%, Capannori 4,6%, e Montecarlo, 8,6%. Anche dall’analisi dei movimenti pendolari per motivi di studio secondo i comuni di origine, Tabella 34, si nota come Lucca imponga il suo status di capoluogo, qui inteso come centro dell’esercizio di determinate funzioni quali l’istruzione, nei confronti della popolazione pendolare per motivi di studio dell’Area Lucchese. In effetti, i comuni da dove traggono origine i flussi in entrata nel comune di Lucca sono praticamente tutti i comuni della Piana. Tra gli altri, assume un valore rilevante il peso percentuale, sul totale della popolazione, originato dal comune di Capannori, 11,4%. Anche in questo tipo di analisi, spicca nuovamente l’elevata capacità attrattiva del comune di Porcari che riceve quote di pendolari per motivi di studio provenienti, praticamente, da tutti i comuni della Piana; tra gli altri Capannori, 22,0%, Altopascio, 7,6%, Montecarlo, 4,0%, e Lucca, 3,2%.

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Dalla lettura dei dati relativi ai saldi della popolazione pendolare per motivi di studio possiamo rilevare i guadagni e le perdite di ciascun comune rispetto agli altri comuni della Piana, del resto della Provincia e della (Tabella 35). Il comune capoluogo guadagna popolazione studentesca nei confronti di tutti i comuni dell’Area Lucchese totalizzando un saldo complessivo dei movimenti pendolari per motivi di studio pari a +3.020. Tale guadagno riguarda soprattutto il comune di Capannori, +1.844, e di Altopascio, +205 ma anche i comuni più periferici del sistema territoriale lucchese come Pescalgia, +119, e Villa Basilica, +42. Da rilevare infine che l’altro comune della Piana con un saldo complessivo positivo è il comune di Porcari. Tale comune, pur tributando a Lucca quasi 120 unità giornaliere di studenti, guadagna nei riguardi di Altopascio, +107, Capannori, +269,e di Montecarlo, +59.

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Tabella 33: Matrice di mobilità per motivi di studio anno 1991. Valori percentuali sul totale delle uscite pendolari per motivi di studio.

Destinazione Area Resto Provincia di Resto Regione Origine Altopascio Capannori Lucca Montecarlo Pescaglia Porcari Villa Basilica Lucchese Lucca Toscana Totale Altopascio 51,1 2,2 11,6 1,8 0,0 6,3 0,0 73,0 12,4 14,6 100 Capannori 0,1 56,7 28,4 0,0 0,0 4,6 0,0 89,8 0,5 9,8 100 Lucca 0,0 1,1 86,2 0,0 0,0 0,3 0,0 87,6 0,5 11,8 100 Montecarlo 5,5 1,6 14,1 53,1 0,0 8,6 0,0 82,8 0,1 17,0 100 Pescaglia 0,0 0,4 36,3 0,0 59,1 0,0 0,0 95,8 1,0 3,2 100 Porcari 0,3 4,4 13,9 0,0 0,0 71,4 0,1 90,1 0,7 9,3 100 Villa Basilica 0,0 0,7 14,2 0,0 0,0 1,0 62,8 78,7 0,7 20,6 100 Area Lucchese 3,7 16,4 58,4 1,5 1,2 5,3 0,7 87,3 1,3 11,4 100 Resto Provincia di Lucca 0,0 0,0 4,1 0,0 0,0 0,0 0,0 4,2 85,4 10,4 100

Tabella 34: Matrice di mobilità per motivi di studio anno 1991. Valori percentuali sul totale degli ingressi pendolari per motivi di studio.

Destinazione Area Resto Provincia di Origine Altopascio Capannori Lucca Montecarlo Pescaglia Porcari Villa Basilica Lucchese Lucca Altopascio 91,8 0,9 1,2 7,7 0,0 7,6 0,0 5,1 0,7 Capannori 0,6 93,1 11,4 0,5 0,9 22,0 0,0 25,2 0,1 Lucca 0,0 3,6 71,3 0,2 2,2 3,2 0,0 50,4 0,2 Montecarlo 3,9 0,3 0,6 88,2 0,0 4,0 0,0 2,3 0,0 Pescaglia 0,0 0,0 1,0 0,0 92,0 0,0 0,0 1,9 0,0 Porcari 0,4 1,2 0,9 0,0 0,0 58,0 0,5 4,3 0,0 Villa Basilica 0,0 0,0 0,2 0,0 0,0 0,2 96,9 0,9 0,0 Area Lucchese 96,7 99,2 86,7 96,6 95,1 95,0 97,4 90,1 1,0 Resto Provincia di Lucca 0,2 0,2 9,0 0,5 4,6 0,5 1,0 6,4 98,1 Resto Regione Toscana 3,1 0,6 4,4 2,9 0,3 4,5 1,6 3,6 0,9 Totale 100 100 100 100 100 100 100 100 100

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

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Tabella 35: Matrice dei saldi dei movimenti pendolari per motivi di lavoro e studio tra i comuni dell’Area Lucchese. Censimento 1991.

Destinazione Area Resto Provincia di Resto Regione Saldo Origine Altopascio Capannori Lucca Montecarlo Pescaglia Porcari Villa Basilica Lucchese Lucca Toscana complessivo Altopascio 32 205 -6 0 107 0 338 217 228 783 Capannori -32 1.844 -9 1 269 -2 2.071 24 664 2.759 Lucca -205 -1.844 -96 -176 -119 -42 -2.482 -1.488 950 -3.020 Montecarlo 6 9 96 0 59 0 170 -1 105 274 Pescaglia 0 -1 176 0 0 0 175 -10 15 180 Porcari -107 -269 119 -59 0 -2 -318 -1 -44 -363 Villa Basilica 0 2 42 0 0 2 46 0 58 104 Area Lucchese -338 -2.071 2.482 -170 -175 318 -46 -1.257 2.064 807 Resto Provincia di Lucca -217 -24 1.488 1 10 -1 0 1.257 3.668 4.925 Resto Regione Toscana -228 -664 -950 -105 -15 -44 -58 -2.064 -3.668 Saldo complessivo -783 -2.759 3.020 -274 -180 273 -104 -807 -4.925

Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat

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4.3.4 La mobilità pendolare per motivi di lavoro e studio al 2001

Come già accennato, i dati sugli spostamenti giornalieri per lavoro e per studio riferiti al censimento del 2001 sono ancora provvisori. La loro analisi richiede, dunque, cautela ed è, per il momento, limitata alla sola provincia di Lucca, considerata come un sistema territoriale chiuso. Questo significa trascurare i flussi in entrata e in uscita da e verso il resto della regione. Motivi di “prudenza” ci inducono a fornire dati espressi in percentuali. L’esame dei risultati ed il confronto con quelli analoghi del 1991 verranno condotti separatamente per ciascuna delle due motivazioni (lavoro e studio) dei movimenti pendolari.

a) La mobilità pendolare per lavoro

Al Censimento 2001 l’Area Lucchese esercita un’azione di forte auto-contenimento della propria forza lavoro (Tabella 36): oltre il 96% delle unità di lavoro residenti nell’Area prestano la loro attività all’interno dell’Area stessa. Di conseguenza la quota di “fughe” dall’Area verso le altre aree della provincia per motivi di lavoro risulta decisamente trascurabile (inferiore al 3%) e quasi equamente ripartita tra le destinazioni della Media Valle e della Versilia. Anche gli altri Sel mostrano quote di auto-contenimento apprezzabili ma inferiori, eccetto la Versilia (oltre il 94%). La Tabella 36 evidenzia, infine, che la Versilia e la Media Valle “attribuiscono” le unità di lavoro “evase” principalmente all’Area Lucchese, mentre le forze lavoro residenti in Garfagnana e ivi non occupate mostrano “preferire” la Media Valle agli altri Sel della provincia come sede lavorativa.

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Tabella 36: Distribuzione percentuale dei movimenti pendolari per motivi di lavoro in uscita dai Sel della provincia di Lucca. Censimento 2001.

Destinazione Villa Area Totale Provincia di Origine Altopascio Capannori Lucca Montecarlo Pescaglia Porcari Basilica Lucchese Garfagnana Media Valle Versilia Lucca Altopascio 64,1 9,0 10,1 4,3 0,0 11,5 0,2 99,2 0,2 0,2 0,4 100 Capannori 2,0 55,3 31,4 0,8 0,2 7,8 0,3 97,9 0,2 1,0 1,0 100 Lucca 1,0 14,6 75,5 0,4 0,6 3,8 0,1 95,9 0,3 1,5 2,3 100 Montecarlo 21,7 14,6 13,1 28,5 0,0 20,8 0,4 99,1 0,1 0,4 0,4 100 Pescaglia 0,8 10,4 35,7 0,2 34,1 3,2 0,0 84,4 0,7 11,7 3,2 100 Porcari 5,9 22,6 16,0 2,1 0,1 51,6 0,5 98,9 0,1 0,3 0,7 100 Villa Basilica 4,5 15,9 12,1 1,2 0,0 7,4 57,5 98,6 0,0 1,2 0,2 100 Area Lucchese 5,9 26,4 52,8 1,5 1,2 8,2 0,7 96,7 0,3 1,4 1,7 100 Garfagnana 0,2 1,0 5,5 0,0 0,2 0,4 0,0 7,4 71,6 20,2 0,8 100 Media Valle 0,3 3,9 9,4 0,1 0,7 1,4 0,0 15,8 5,7 78,1 0,4 100 Versilia 0,1 0,7 3,8 0,0 0,3 0,3 0,0 5,2 0,3 0,2 94,3 100 Tabella 37: Distribuzione percentuale dei movimenti pendolari per motivi di lavoro in entrata nei Sel della provincia di Lucca. Censimento 2001.

Destinazione Villa Area Origine Altopascio Capannori Lucca Montecarlo Pescaglia Porcari Basilica Lucchese Garfagnana Media Valle Versilia Altopascio 64,4 2,0 1,0 17,6 0,0 8,0 1,8 5,7 0,1 0,1 0,0 Capannori 9,8 57,5 15,5 14,9 3,9 25,8 11,5 27,0 0,3 1,4 0,3 Lucca 9,3 28,1 69,3 14,1 19,9 23,1 6,6 49,1 1,1 3,8 1,4 Montecarlo 8,1 1,2 0,5 43,0 0,0 5,3 1,2 2,1 0,0 0,0 0,0 Pescaglia 0,3 0,8 1,4 0,3 46,7 0,8 0,0 1,8 0,1 1,3 0,1 Porcari 4,9 4,1 1,4 7,2 0,3 29,4 3,6 4,7 0,0 0,1 0,0 Villa Basilica 0,7 0,5 0,2 0,7 0,0 0,8 73,1 0,9 0,0 0,1 0,0 Area Lucchese 97,3 94,2 89,3 97,8 70,8 93,2 97,9 91,3 1,7 6,7 1,9 Garfagnana 0,5 0,7 1,8 0,3 2,3 0,9 0,3 1,3 89,3 18,1 0,2 Media Valle 0,8 2,8 3,2 0,7 8,0 3,3 0,6 3,0 7,5 74,4 0,1 Versilia 1,4 2,3 5,8 1,2 18,9 2,6 1,2 4,5 1,6 0,8 97,8 Totale Provincia di Lucca 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 Fonte: nostre elaborazioni su dati censuari provvisori

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La Tabella 37 rileva, poi, che nell’Area Lucchese le unità lavorative occupate provenienti dalle altre aree della provincia sono ripartite in misura sostanzialmente identica tra la Media Valle e la Versilia, le forze lavoro occupate nell’Area e provenienti dalla Garfagnana risultano in numero esiguo (appena l’1,3%). Quest’ultima, invece, assorbe unità lavorative quasi esclusivamente dalla Media Valle (7,5%) e la Media Valle ha fra i propri occupati una buona percentuale di garfagnini (18,1%) sul totale dei lucchesi (residenti nella provincia di Lucca) occupati nell’Area. Da quanto sopra, emergono scambi significativi tra l’Area Lucchese, la Media Valle e la Versilia, e tra la Garfagnana e la Media Valle. La Versilia sembra essere coinvolta solo in marginalmente anche negli interscambi di unità di lavoro pendolari con le altre aree della provincia. Entrando all’interno dell’Area Lucchese, si osserva dalla Tabella 37 che al censimento del 2001 l’attrazione del comune di Lucca sembra interessare soprattutto il resto dell’Area dalla quale provengono circa i 2/3 dei flussi provinciali per motivi di lavoro. Scomponendo i flussi secondo le aree nelle quali si distingue tradizionalmente la provincia, si osserva che i legami del capoluogo sono assai consistenti non solo con il resto dell’Area Lucchese ma anche con la Versilia e, a seguire, con la Media Valle; sono invece di scarsa entità con la Garfagnana.

Tabella 38:Distribuzione percentuale dei movimenti pendolari per motivi di lavoro in uscita dai comuni dell’Area Lucchese. Censimento 2001.

Destinazione Villa Area Origine Altopascio Capannori Lucca Montecarlo Pescaglia Porcari Basilica Lucchese Altopascio 64,6 9,1 10,2 4,3 0,0 11,6 0,2 100 Capannori 2,1 56,5 32,1 0,8 0,2 8,0 0,3 100 Lucca 1,1 15,2 78,7 0,4 0,6 3,9 0,1 100 Montecarlo 21,9 14,8 13,2 28,7 0,0 21,0 0,4 100 Pescaglia 0,9 12,3 42,3 0,2 40,4 3,8 0,0 100 Porcari 6,0 22,9 16,2 2,2 0,1 52,2 0,5 100 Villa Basilica 4,6 16,1 12,3 1,2 0,0 7,5 58,3 100

Tabella 39: Distribuzione percentuale dei movimenti pendolari per motivi di lavoro in entrata nei comuni dell’Area Lucchese. Censimento 2001.

Destinazione Villa Origine Altopascio Capannori Lucca Montecarlo Pescaglia Porcari Basilica Altopascio 66,1 2,1 1,2 18,0 0,0 8,5 1,9 Capannori 10,0 61,1 17,4 15,3 5,5 27,7 11,7 Lucca 9,5 29,9 77,6 14,4 28,2 24,8 6,8 Montecarlo 8,3 1,2 0,6 44,0 0,0 5,7 1,2 Pescaglia 0,3 0,9 1,6 0,3 65,9 0,9 0,0 Porcari 5,0 4,3 1,5 7,3 0,4 31,5 3,7 Villa Basilica 0,7 0,6 0,2 0,7 0,0 0,8 74,7 Area Lucchese 100 100 100 100 100 100 100 Fonte: nostre elaborazioni su dati censuari provvisori

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Dal lato opposto, è interessante osservare (Tabella 38 e Tabella 39) che alcune località dell’Area Lucchese esercitano un’attrazione nei confronti delle unità di lavoro residenti nel capoluogo maggiore di quanto il capoluogo stesso ha verso queste stesse località. E’ il caso di Porcari che si consolida come polo di attività industriali, mentre lo scambio di forza lavoro tra la città di Lucca con gli altri comuni è sostanzialmente “bilanciato” (in particolare con Altopascio e Capannori).

b) La mobilità pendolare per studio

L’Area Lucchese e la Versilia sono, come era prevedibile (Tabella 40), i due sistemi territoriali che hanno un’offerta di strutture scolastiche tali da coprire quasi integralmente la domanda di istruzione della loro popolazione giovanile residente, esclusa ovviamente la domanda per istruzione universitaria per la quale non è possibile rilevare i “tassi di evasione” perché non sono disponibili i movimenti pendolari con le altre province toscane: le uscite pendolari per motivi di studio costituiscono infatti appena l’1,4% per la prima e circa il 3% per la seconda. Per la Garfagnana, al contrario, si rileva una percentuale di “evasione” del 15%, con destinazione principalmente la Media Valle (oltre il 10%); per quest’ultima si osserva che il 14,5% degli studenti sceglie gli istituti scolastici dell’Area Lucchese e il 6% quelli della Garfagnana. Ancora una volta si nota che la Versilia è l’area che entra di meno nel circuito di interazione degli scambi pendolari fra i Sel della provincia. Le quote di popolazione studentesca assorbite dall’Area Lucchese appaiono naturalmente fortemente ridimensionate se si calcolano con riferimento al totale dei posti di studio messi a disposizione dall’Area stessa: così le entrate dalla Media Valle e dalla Vesrilia sono inferiori al 3% e la Garfagnana risulta quasi assente (Tabella 41).

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Tabella 40: Distribuzione percentuale dei movimenti pendolari per motivi di studio in uscita dai Sel della provincia di Lucca. Censimento 2001.

Destinazione Villa Area Totale Provincia di Origine Altopascio Capannori Lucca Montecarlo Pescaglia Porcari Basilica Lucchese Garfagnana Media Valle Versilia Lucca Altopascio 68,6 3,2 13,7 7,6 0,0 6,5 0,0 99,5 0,1 0,2 0,2 100 Capannori 0,3 64,0 31,6 0,1 0,0 2,6 0,0 98,6 0,0 1,0 0,3 100 Lucca 0,1 3,0 95,0 0,1 0,1 0,4 0,0 98,6 0,0 0,8 0,5 100 Montecarlo 14,2 6,9 13,7 52,9 0,0 11,7 0,2 99,5 0,0 0,2 0,3 100 Pescaglia 0,0 0,4 34,5 0,0 58,9 0,4 0,0 94,3 0,2 5,3 0,2 100 Porcari 1,3 8,7 16,4 0,1 0,0 72,5 0,1 99,1 0,0 0,4 0,5 100 Villa Basilica 0,6 5,0 10,0 0,6 0,0 3,3 78,9 98,3 0,0 1,7 0,0 100 Area Lucchese 5,3 20,1 63,3 2,2 1,4 5,5 0,8 98,6 0,0 0,9 0,4 100 Garfagnana 0,0 0,2 2,6 0,0 0,0 0,0 0,0 2,8 86,3 10,8 0,1 100 Media Valle 0,0 0,4 13,9 0,0 0,1 0,1 0,0 14,5 6,6 78,9 0,1 100 Versilia 0,0 0,0 2,7 0,0 0,1 0,0 0,0 2,9 0,2 0,1 96,9 100 Tabella 41: Distribuzione percentuale dei movimenti pendolari per motivi di studio in entrata nei Sel della provincia di Lucca. Censimento 2001.

Destinazione Villa Area Origine Altopascio Capannori Lucca Montecarlo Pescaglia Porcari Basilica Lucchese Garfagnana Media Valle Versilia Altopascio 88,0 1,1 1,3 23,5 0,0 7,8 0,0 6,4 0,0 0,1 0,0 Capannori 1,3 86,7 12,5 1,2 0,0 13,0 1,3 25,8 0,1 1,5 0,1 Lucca 1,3 8,0 74,2 1,9 2,0 3,7 1,3 50,9 0,1 2,5 0,3 Montecarlo 8,1 1,0 0,6 73,0 0,0 6,3 0,7 2,9 0,0 0,0 0,0 Pescaglia 0,0 0,1 1,2 0,0 92,0 0,2 0,0 2,1 0,0 0,7 0,0 Porcari 1,3 2,2 1,2 0,2 0,0 67,4 0,7 4,9 0,0 0,1 0,0 Villa Basilica 0,1 0,2 0,1 0,2 0,0 0,5 94,7 0,9 0,0 0,1 0,0 Area Lucchese 100,0 99,2 91,3 100,0 94,0 99,0 98,7 93,9 0,2 5,0 0,4 Garfagnana 0,0 0,2 0,7 0,0 0,0 0,1 0,0 0,5 91,7 11,3 0,0 Media Valle 0,0 0,4 3,8 0,0 0,7 0,4 0,7 2,6 7,0 83,4 0,0 Versilia 0,0 0,2 4,2 0,0 5,3 0,5 0,7 2,9 1,1 0,3 99,5 Totale Provincia di Lucca 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100

Fonte: nostre elaborazioni su dati censuari provvisori

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Scendendo ad analizzare il sistema di interazioni per motivi di studio all’interno dell’Area Lucchese, dalla Tabella 42 si osserva che Lucca, come prevedibile, presenta la percentuale di gran lunga più elevata (96%) di studenti che risiedono e studiano all’interno del comune; il residuo 4% non utilizzato è esportato principalmente verso Capannori (3%). Le unità di studio che escono dagli altri comuni si dirigono principalmente verso il comune capoluogo, realizzando circa il 20% dei movimenti pendolari in ingresso (Tabella 43). L’altro comune in cui affluiscono, in misura anche relativamente maggiore, unità di studio “esterne” è Porcari dove oltre il 30% dei “posti di studio offerti” è coperto da studenti provenienti da altri comuni dell’Area.

Tabella 42: Distribuzione percentuale dei movimenti pendolari per motivi di studio in uscita dai comuni dell’Area Lucchese. Censimento 2001.

Destinazione Villa Area Origine Altopascio Capannori Lucca Montecarlo Pescaglia Porcari Basilica Lucchese Altopascio 68,9 3,2 13,8 7,6 0,0 6,5 0,0 100 Capannori 0,3 64,9 32,0 0,1 0,0 2,7 0,0 100 Lucca 0,1 3,0 96,3 0,1 0,1 0,4 0,0 100 Montecarlo 14,3 7,0 13,8 53,1 0,0 11,7 0,2 100 Pescaglia 0,0 0,5 36,6 0,0 62,5 0,5 0,0 100 Porcari 1,3 8,8 16,6 0,1 0,0 73,1 0,1 100 Villa Basilica 0,6 5,1 10,2 0,6 0,0 3,4 80,2 100

Fonte: nostre elaborazioni su dati censuari provvisori

Tabella 43: Distribuzione percentuale dei movimenti pendolari per motivi di studio in entrata nei comuni dell’Area Lucchese. Censimento 2001.

Destinazione Villa Origine Altopascio Capannori Lucca Montecarlo Pescaglia Porcari Basilica Altopascio 88,0 1,1 1,5 23,5 0,0 7,9 0,0 Capannori 1,3 87,4 13,7 1,2 0,0 13,1 1,4 Lucca 1,3 8,0 81,4 1,9 2,1 3,8 1,4 Montecarlo 8,1 1,0 0,7 73,0 0,0 6,3 0,7 Pescaglia 0,0 0,1 1,3 0,0 97,9 0,2 0,0 Porcari 1,3 2,2 1,3 0,2 0,0 68,1 0,7 Villa Basilica 0,1 0,2 0,1 0,2 0,0 0,6 95,9 Area Lucchese 100 100 100 100 100 100 100

Fonte: nostre elaborazioni su dati censuari provvisori

c) Dal 1991 al 2001: un confronto

Vale la pena ricordare che la mancanza di ufficialità dei dati sui movimenti riferiti al Censimento del 2001 impone particolare cautela nel confronto con gli analoghi dati del Censimento del 1991. Inoltre, il confronto potrà essere fatto soltanto per i movimenti pendolari che si “concludono” all’interno della provincia. Pur con queste limitazioni, alcune variazioni nelle distribuzioni percentuali riferite al 2001 rispetto a quelle del 1991 appaiono significative e quindi lasciano intravedere qualche modificazione nel sistema di interazioni spaziali per motivi di lavoro e di studio. Con riferimento alla motivazione lavoro si può osservare come la Garfagnana e la Media Valle abbiano visto ridursi la loro capacità di auto-contenimento di forza lavoro (di circa 6 punti percentuali) mentre l’Area Lucchese e la Versilia tendono a mantenere sostanzialmente lo stesso livello. La tendenza ad una maggiore “apertura” della Garfagnana e della Media Valle verso l’esterno sembra orientare ancora di più la loro forza lavoro in uscita, per la prima verso la Media Valle, e per la seconda verso l’Area Lucchese. Passando agli spostamenti pendolari per motivi di studio la dinamica particolare che salta all’occhio è l’elevato aumento tra il 1991 e il 2001 della quota di unità studentesche che risiedono nella Media Valle e frequentano gli istituti scolastici ivi ubicati (dal 39% all’80%). Come conseguenza di questo innalzamento del grado di auto-contenimento della propria popolazione studentesca da parte della Media Valle, la Garfagnana che nel 1991 raccoglieva oltre la metà degli studenti residenti nella Media Valle, 10 anni dopo ne enumera poco meno del 7%. La crescita dell’auto-contenimento della Media Valle e la perdita di attrazione della Garfagnana sulla Media Valle sono presumibilmente la conseguenza di un potenziamento dei servizi scolastici nella Media Valle che si è realizzato nel decennio 1991-2001. E’ semmai da sottolineare come il 20% di studenti che evade da questa area si diriga ora piuttosto verso gli istituti dell’Area Lucchese che non verso quelli della Garfaganana.

In fase conclusiva pare interessante valutare l’impatto numerico che i movimenti pendolari per motivi di studio e lavoro hanno sulla città di Lucca. Al censimento del 1991 il dato, rilevato con riferimento ad uno specifico giorno della settimana, enumerava un flusso totale di spostamenti giornalieri in entrata e in uscita pari a 17.513 unità lavorative e a 7.020 unità di studenti; ed il saldo tra gli spostamenti quotidiani in entrata e quelli in uscita, risultava pari a oltre 6.000 unità (3.180 per motivi di lavoro e 3.020 per motivi di studio), oltre il 7% della popolazione residente rilevata al Censimento (87.100 unità). Tutto questo solo per quel che riguarda le due motivazioni importanti, ma non certamente esclusive, che spingono al consumo quotidiano di spazio; come già detto, se avessimo potuto quantificare anche gli innumerevoli spostamenti determinati da altre funzioni dell’esistenza, l’ampiezza dei flussi e la dimensione del saldo positivo sarebbero risultati ben maggiori. Al Censimento 2001, ma il confronto con il 1991 è limitato solo agli spostamenti pendolari interni alla provincia esclusi quindi quelli del capoluogo con il resto della regione, i dati provvisori indicherebbero una sostanziale stabilità del movimento pendolare totale per motivi di studio e lavoro ed un saldo positivo tra entrate e uscite del comune di Lucca un po’ più basso rispetto a quello di 10 anni prima.

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Conclusioni

Nel tirare le fila dei vari aspetti esaminati nel corso dell’analisi centrata su Lucca e la sua Piana, possiamo senz’altro sottolineare interessanti spunti di riflessione. I vari approcci utilizzati, sia quello basato sulle variabili demografiche come esplicative dello stadio evolutivo del sistema urbano, sia quello su variabili di natura più economica come strumento per la comprensione dei rapporti in termini di funzioni, come quello ancora centrato sulla mobilità quale indizio della rete di relazioni intessute attraverso i modi di fruizione del territorio concorrono, integrandosi, a delineare un quadro sostanzialmente concorde dell’Area Lucchese. Questa, infatti, intesa in quanto a confini territoriali e quindi di analisi, come Sel, mostra di configurarsi sempre più come un sistema urbano organizzato gerarchicamente intorno al comune capoluogo. È indubbio che, sotto il profilo prettamente demografico, Lucca perda progressivamente di “importanza”. La sua popolazione residente diminuisce continuamente dal 1951 al 2001 e, a causa di dinamiche demografiche sfavorevoli, per cui il saldo migratorio non è sufficiente a bilanciare e tanto meno ad eccedere quello naturale costantemente negativo a partire dai primi anni ’70, invecchia a ritmi piuttosto sostenuti che spiccano in una provincia pur sensibilmente anziana a sua volta di una delle regioni più anziane d’Italia. Se, però, analizziamo quanto sopra in parallelo con ciò che accade nei restanti comuni della Piana vediamo come, soprattutto per merito di Altopascio, Porcari e Montecarlo, ma pure Capannori nella sua discontinuità ha contribuito, la corona del sistema abbia sostanzialmente tenuto. L’evoluzione del sistema dal 1951 al 2001, quindi, è passata da una fase iniziale, verificatasi negli anni ’50, quando si configurava una situazione di urbanizzazione relativa crescendo Lucca ma non gli altri comuni, ad una, nel decennio successivo, più espansiva di urbanizzazione estesa in cui tutto il sistema sperimentava dinamiche demografiche positive. A partire dagli anni ’70, inizia la fase della suburbanizzazione, quando cioè il centro comincia a perdere popolazione, ma la corona incrementa ancora sostenendo la crescita dell’intero sistema; suburbanizzazione che diventa relava a partire dagli anni ’80 quando neanche la crescita demografica dei restanti comuni della Piana riesce più a bilanciare il decremento di Lucca e l’Area inizia a perdere popolazione. Questa tendenza induce a collocare il sistema urbano di Lucca, secondo il modello concettuale da noi utilizzato, in una traiettoria di disurbanizzazione, su un percorso i cui estremi sono l’urbanizzazione estesa e la stagnazione demografica negativa. Nel periodo più recente –primi anni ‘2000-, peraltro, i dati direttamente attinti dall’anagrafe del comune di Lucca segnalano una ripresa della popolazione del comune: il saldo migratorio positivo riesce a bilanciare ed eccedere quello naturale ancora negativo. Ma come abbiamo più volte sottolineato, il versante demografico non è un sufficiente –ancorché necessario- punto di osservazione della complessa rete di interrelazioni che determinano l’identità stessa di un aggregato territoriale. Il centro, quindi, può perdere popolazione ma acquistare importanza in quanto a funzioni, per esempio nell’ambito del sistema economico. E, in effetti, l’analisi dei dati sugli addetti e sulle unità locali induce a ritenere che ciò possa essersi verificato. Intanto, merita sottolineare come l’intero sistema urbano definito dal Sel Area Lucchese, dal 1991 al 2001, mostri una capacità di crescita sensibilmente superiore al contesto provinciale che, peraltro, si muove su ritmi analoghi a quelli regionali, almeno per quel che riguarda gli addetti (un po’ al di sotto per le unità locali). Capacità di crescita che sembra confermata dall’incremento, nel decennio, del rapporto addetti/popolazione in età attiva superiore di quasi 9 unità ogni 100, rispetto alla provincia nel suo complesso. In

75 particolare, sotto questo profilo, si presenta Porcari ove il rapporto è maggiore di 100, a significare che le opportunità di lavoro offerte da questo comune della corona, superano il volume dell’offerta potenziale ivi residente. Ma, a parte questo caso singolare, è nel comune capoluogo (insieme ad Altopascio) che troviamo il maggior numero di addetti per 100 potenziali lavoratori. In particolare, scendendo nel dettaglio del settore di attività, la crescita si è mostrata interessante soprattutto nel Terziario, anche se non è da sottovalutare la capacità di tenuta dell’Area Lucchese per quanto riguarda l’Industria tanto che, ancora al 2001, è il Sel più industrializzato della provincia. Nell’ambito dei servizi, poi, sono aumentati soprattutto quelli legati ad attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca e sviluppo, ma anche intermediazione monetaria e finanziaria e, a fronte di una contrazione del commercio, sono cresciute le specifiche attività alberghiere e di ristorazione. Quindi sembra di scorgere una interessante tendenza allo sviluppo di quei comparti, per quanto riguarda il Terziario, più promettenti in quanto maggiormente orientati a servizi di alto profilo, particolarmente localizzati proprio nell’Area Lucchese. Non solo, ma il tentativo di scomporre l’andamento generale dell’occupazione nelle componenti: strutturale e locale, attraverso l’analisi shift share evidenzia come sia proprio l’effetto dei fattori locali a bilanciare l’effetto negativo della struttura inziale dell’occupazione (quella al 1991) che vedeva incidere maggiormente i settori produttivi poi dimostratisi meno dinamici a livello provinciale. In questo contesto, Lucca mostra, in un quadro generale di modesto incremento di attivi, una innegabile perdita di occupazione industriale a fronte di una propensione alla crescita nel Terziario molto marcata nel settore di attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca e sviluppo, ma interessante l’incremento che ha riguardato anche le attività di intermediazione oltre a quelle alberghiere e di ristorazione. Questi andamenti così diversificati hanno provocato una variazione positiva sulla struttura iniziale dell’occupazione (1991), aumentando anche nel capoluogo maggiormente quei comparti più dinamici. Vi sono allora tutti i segnali per ridefinire il ruolo del capoluogo all’interno del sistema urbano, in termini di gerarchia delle funzioni. La perdita di occupazione industriale di Lucca, infatti, sembra assorbita dai comuni di Porcari e Capannori, ma la deindustrializzazione del capoluogo, piuttosto che ridurne l’importanza, sembra aver lasciato spazio ad attività di livello gerarchico più elevato come quelle nel campo dell’informatica e della ricerca, ma anche quelle legate alla ricettività in quanto connesse con lo sviluppo turistico o congressuale (quindi della “produzione culturale”), così come quelle immobiliari cresciute a Lucca, negli ultimi anni ’90, al ritmo maggiore tra i comuni toscani e molto superiore al tasso medio di incremento a livello nazionale. Sembrano così esserci le premesse di un processo di “riconversione selettiva”, secondo il quale il centro urbano si “alleggerisce” dalla pressione e dal congestionamento che determinate attività produttive provocano, promovendosi come guida in termini funzionali nello sviluppo del sistema. In altri termini, il centro si riqualifica come centro funzionale. La posizione gerarchica del centro urbano, però, è definita anche dall’uso dello spazio e quindi dai movimenti che giornalmente interessano la città (per qualunque motivo) oltre alle dinamiche insediative delle residenze, elementi riconducibili alle diverse popolazioni urbane distinte a seconda si tratti di abitanti o di consumatori a vario titolo. Iniziando dai trasferimenti definitivi, dai dati anagrafici del periodo 1998-2003, emerge una conferma dello squilibrio demografico tra Lucca e la sua Piana nel senso che il capoluogo perde più popolazione per trasferimenti di residenze di quanto ne guadagni nei confronti del resto dell’Area che, per contro, guadagna sia nei confronti del resto della provincia che della regione. Se questo conferma l’ipotesi di un processo di suburbanizzazione relativa in cui il centro perde popolazione nei confronti dei comuni della corona, fa indubbiamente riflettere il fatto che contemporaneamente Lucca sia capace

76 di attrarre popolazione oltre che dagli altri Sel lucchesi e dalle altre province toscane, anche dall’Estero. Quasi un indizio di un possibile ricambio di popolazione “più lucchese” con popolazione “meno lucchese”. Entrando nel dettaglio della mobilità residenziale a livello intracomunale, limitatamente agli ultimi tre anni, il dato certamente più degno di nota è che il Centro Storico di Lucca attrae residenze più di quante non ne espella nei confronti delle altre frazioni del comune e, se spostiamo l’attenzione all’ambito extracomunale, si nota come la capacità attrattiva del Centro Storico si allarghi, per così dire, alle frazioni limitrofe nel senso che anche’esse si dimostrano capaci di guadagni per movimenti migratori, con saldi positivi nei confronti dell’esterno. Tutto ciò potrebbe allora far pensare vi siano i presupposti per un processo di riurbanizzazione selettiva che indurrebbe fasce “selezionate” di popolazione a trasferire la propria residenza nel Centro Storico o comunque nell’area centrale del comune di Lucca la cui “specificità” evidentemente sarebbe un forte elemento di attrazione che riqualificherebbe il capoluogo anche all’interno del suo sistema urbano. Per quanto riguarda invece i movimenti pendolari per motivi di lavoro, anche se i dati nel dettaglio si fermano al 1991 (per il 2001 vi sono solo distribuzioni percentuali e riferite solamente alla mobilità pendolare che si realizza all’interno della provincia), ma comunque sufficienti a tracciare un utile quadro di riferimento, si vede come l’Area Lucchese mostri un forte autocontenimento della forza lavoro, poiché gli spostamenti residenza-luogo di lavoro si esauriscono in larghissima misura nel suoi confini. Ciò non esclude assolutamente che sia capace di attrarre forza lavoro, anzi riceve una quota di forza lavoro residente negli altri Sel della provincia di alcuni punti percentuali in più rispetto al volume complessivo di movimenti pendolari che interessa la provincia di Lucca nel suo complesso. All’interno dell’Area, poi, sola la forza lavoro residente a Capannori e Pescaglia sembra mostrare una significativa preferenza per il capoluogo come luogo in cui svolgere l’attività –preferenza misurata nei confronti di un teorico valore atteso nel caso di indifferenza della direzione del flusso-, mentre molto più marcata sarebbe la preferenza dei lavoratori lucchesi a dirigersi verso Capannori. La quota di lucchesi, però, che risiede nel capoluogo e lavora altrove è la più bassa di tutto il Sel, dal momento che Lucca mostra, sotto questo profilo, il più elevato tasso di autocontenimento per cui chi vive a Lucca in larga misura tende anche a svolgervi l’attività lavorativa. Ancora più marcata la capacità di autocontenimento, ma anche di attrazione, del capoluogo per quanto riguarda gli spostamenti per motivi di studio. Tutti i comuni della Piana, infatti, sono tributari in termini di pendolarismo scolastico nei confronti di Lucca e interessante è anche il fatto che l’intero Sel sia interessato da flussi di popolazione scolastica anche da fuori dei confini provinciali. D’altre parte l’offerta formativa può essere altamente specifica e localizzata, pensiamo per esempio a Licei artistici o linguistici che non sono diffusi al pari di altre scuole o, come può essere esemplare per Lucca, al Conservatorio. Sarebbe interessante, come già osservato, poter indagare oltre che sugli abitanti e i pendolari, anche sui consumatori di servizi culturali, sanitari, ma anche uomini di affari che frequentano convegni o forniscono consulenze per le quali necessitano di più giorni di permanenza e quindi di strutture adeguate ma, per il momento ciò non è possibile se non con indagini mirate. Tutti gli elementi emersi dallo studio condotto, comunque, concordano a definire la città di Lucca come il centro di un sistema urbano che sta sperimentando una fase di suburbanizzazione relativa cui si affianca una “riconversione selettiva” per cui la perdita di peso demografico del centro è in qualche modo recuperata con il ruolo che questo sta assumendo per quanto riguarda la gerarchizzazione delle funzioni. Tende infatti ad assumere sempre più un ruolo dominante, attirando e concentrando quelle attività di livello

77 superiore, dopo aver espunto quelle di natura più industriale che, rilocalizzandosi spesso nella corona, hanno comunque indotto uno sviluppo anche di questa. Lucca è anche il centro delle trame insediative residenziali, soprattutto nel suo Centro Storico capace ancora oggi di attrarre popolazione, sottintendendo possibili fenomeni di riurbanizzazione selettiva (per esempio la gentrification ), che varrebbe sicuramente la pena di indagare più dettagliatamente. Considerevole anche il sistema delle interrelazioni spaziali che interessano il capoluogo, come dimostrano i movimenti pendolari per motivi di lavoro e soprattutto di studio. Sarebbe interessante in proposito, avere qualche notizia in più sui consumatori dello spazio urbano anche per altri motivi, per esempio di ordine culturale (spettacoli teatrali, e così via), o di affari ( metropolitan businessmen ), in quanto contribuiscono anch’essi a definire il ruolo della città, con la richiesta di specifiche strutture o servizi. In questa direzione, probabilmente, si può leggere il dato sull’incremento del comparto alberghiero e della ristorazione, che potrebbe essere proprio conseguente ad un aumento della domanda di ricettività generata dall’incremento di soggetti che gravitano su Lucca per questioni di affari, consulenze e simili, e che hanno bisogno di pernottare e mangiare in città. Allo stato attuale non è possibile disporre informazioni adeguate in tal senso, soprattutto quando si affronta l’indagine esclusivamente in base alle statistiche di mera natura demografica ed economica, peraltro le uniche generalmente disponibili. Ma la sola ricerca quantitativa non può fornire una risposta definitiva, troppe sono le questioni che rimangono aperte. Può essere però l’occasione per cogliere importanti spunti per impostare una ricerca sugli aspetti di qualità delle funzioni del core urbano e magari valutare la possibilità di far leva su di esso per superare la dimensione fondamentalmente economica del Sel e costruire il “distretto culturale” della Piana lucchese.

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Indice delle Figure

Figura 1: Popolazione residente nella provincia di Lucca. Censimenti 1951-2001...... 13 Figura 2: Popolazione residente nel comune di Lucca. Censimenti 1951-2001...... 13 Figura 3: Popolazione residente nel comune di Lucca e nel resto della provincia lucchese. Censimenti 1951-2001...... 14 Figura 4: Incidenza della popolazione del comune di Lucca rispetto alla popolazione della provincia lucchese. Censimenti 1951-2001...... 15 Figura 5: Andamento della popolazione residente nel comune di Lucca e nel resto dell’Area Lucchese ai censimenti 1951-2001...... 16 Figura 6: Trend della popolazione residente nei comuni dell'Area Lucchese in "crescita". Censimenti 1951-2001...... 17 Figura 7: Trend della popolazione residente nei comuni dell'Area Lucchese in "decrescita". Censimenti 1951-2001...... 17 Figura 8: Andamento dell'Indice di vecchiaia comune di Lucca e resto dell’Area Lucchese. Censimenti 1951-2001...... 22 Figura 9: Andamento di Ipg e Ipa. Anni censuari 1951-2001. Comune di Lucca e resto dell’Area Lucchese...... 22 Figura 10 : Andamento dell’indice di struttura della popolazione attiva per i comuni dell’Area Lucchese...... 24 Figura 11: Distribuzione degli addetti per macro settore in provincia di Lucca e in Toscana ai censimenti 1991 e 2001...... 28 Figura 12: Tassi di immigrazione e emigrazione (*1.000) nel comune di Lucca. Anni 1998-2003...43 Figura 13: Curva per classi d’età quinquennali e sesso degli iscritti italiani e stranieri nel comune di Lucca. Periodo 1998-2003...... 50 Figura 14: Tassi specifici di migratorietà e saldo per classi d’età quinquennali. Comune di Lucca. Aggregato degli anni 1998-2003...... 51 Figura 15 :Età media dei flussi di immigrati italiani e stranieri per sesso. Anni 1998-2003...... 51 Figura 16: Saldo migratorio per classi d’età. Comune di Lucca da/verso Area Lucchese. Periodo 1998-2003. Valori assoluti...... 52

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Indice delle Tabelle

Tabella 1: Popolazione dei comuni dell’Area Lucchese, della Provincia di Lucca e della Regione Toscana. Censimenti 1951-2001...... 12 Tabella 2: Variazioni del Centro e della Corona dell’Area Lucchese...... 16 Tabella 3: Popolazione dei comuni dell'Area Lucchese al censimento 2001...... 18 Tabella 4: Distribuzione percentuale della popolazione per comune di residenza nell’Area Lucchese...... 18 Tabella 5 : Quadro riassuntivo dei saldi naturali e migratori. Lucca e resto dell'Area Lucchese...... 19 Tabella 6: Indice di Vecchiaia dei comuni dell’Area Lucchese. Censimenti 1971-2001...... 21 Tabella 7:Indice di dipendenza nei comuni dell’Area Lucchese. Censimenti 1971-2001...... 23 Tabella 8: Indice di struttura della popolazione attiva dell’Area Lucchese. Censimenti 1971-2001. 24 Tabella 9: Addetti nei Sel nei tre macro settori di attività economica ai censimenti 1991 e 2001.....27 Tabella 10: Rapporto addetti su popolazione in età attiva per comune dell’Area e per Sel ai censimenti 1991 e 2001...... 27 Tabella 11: Unità locali nei Sel nei tre macro settori di attività economica ai censimenti 1991 e 2001...... 31 Tabella 12: Dimensione media delle unità locali nei Sel ai censimenti 1991 e 2001...... 31 Tabella 13: Scomposizione del saggio di variazione degli addetti per ciascuna area territoriale (Sel)...... 34 Tabella 14: Scomposizione del saggio di variazione totale degli addetti della provincia di Lucca....35 Tabella 15: Addetti, Unità locali e dimensione media delle unità locali nell’Area Lucchese per comune ai censimenti 1991 e 2001...... 37 Tabella 16: Addetti per settori di attività nei comuni dell’Area Lucchese ai censimenti 1991 e 2001...... 37 Tabella 17: Variazione percentuale degli addetti nel comune di Lucca per sottosettore di attività. Censimenti 1991 2001...... 39 Tabella 18: Iscritti, cancellati, movimento migratorio e saldo per aggregati territoriali analizzati. Periodo 1998-2003...... 44 Tabella 19: Iscritti e cancellati nel/dal comune di Lucca da/verso gli altri comuni dell’Area Lucchese. Periodo 1998-2003...... 44 Tabella 20: Iscritti e cancellati nel/dal comune di Lucca da/verso le aree della provincia (esclusa l’Area Lucchese). Periodo 1998-2003...... 45 Tabella 21: Iscritti e cancellati nel/dal comune di Lucca da/verso il resto della regione Toscana (province). Periodo 1998-2003...... 46 Tabella 22: Distribuzione percentuale dei movimenti pendolari per motivi di lavoro in uscita dai Sel della provincia di Lucca. Censimento 1991...... 55 Tabella 23: Distribuzione percentuale dei movimenti pendolari per motivi di lavoro in entrata nei Sel della provincia di Lucca. Censimento 1991...... 55 Tabella 24:Matrice dei saldi dei movimenti pendolari per motivi di lavoro tra i Sel della Provincia di Lucca. Censimento 1991...... 55 Tabella 25: Distribuzione percentuale dei movimenti pendolari per motivi di studio in uscita dai Sel della provincia di Lucca. Censimento 1991...... 56 Tabella 26: Distribuzione percentuale dei movimenti pendolari per motivi di studio in entrata nei Sel della provincia di Lucca. Censimento 1991...... 57 Tabella 27: Matrice dei saldi dei movimenti pendolari per motivi di studio tra i Sel della Provincia di Lucca. Censimento 1991...... 57 Tabella 28: Matrice di mobilità per motivi di lavoro anno 1991. Valori percentuali sul totale delle uscite pendolari per motivi di lavoro...... 60

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Tabella 29: Matrice di mobilità per motivi di lavoro anno 1991. Valori percentuali sul totale degli ingresso pendolare per motivi di lavoro...... 60 Tabella 30: Matrice dei saldi dei movimenti pendolari per motivi di lavoro tra i comuni dell’Area Lucchese. Censimento 1991...... 61 Tabella 31:Valori dell’indice di preferenza per i comuni i dell’Area Lucchese rispetto a k (comune di Lucca)...... 63 Tabella 32: Valori dell’indice di preferenza per alcuni comuni i dell’Area Lucchese rispetto a k comuni della stessa area...... 63 Tabella 33: Matrice di mobilità per motivi di studio anno 1991. Valori percentuali sul totale delle uscite pendolari per motivi di studio...... 66 Tabella 34: Matrice di mobilità per motivi di studio anno 1991. Valori percentuali sul totale degli ingressi pendolari per motivi di studio...... 66 Tabella 35: Matrice dei saldi dei movimenti pendolari per motivi di lavoro e studio tra i comuni dell’Area Lucchese. Censimento 1991...... 67 Tabella 36: Distribuzione percentuale dei movimenti pendolari per motivi di lavoro in uscita dai Sel della provincia di Lucca. Censimento 2001...... 69 Tabella 37: Distribuzione percentuale dei movimenti pendolari per motivi di lavoro in entrata nei Sel della provincia di Lucca. Censimento 2001...... 69 Tabella 38:Distribuzione percentuale dei movimenti pendolari per motivi di lavoro in uscita dai comuni dell’Area Lucchese. Censimento 2001...... 70 Tabella 39: Distribuzione percentuale dei movimenti pendolari per motivi di lavoro in entrata nei comuni dell’Area Lucchese. Censimento 2001...... 70 Tabella 40: Distribuzione percentuale dei movimenti pendolari per motivi di studio in uscita dai Sel della provincia di Lucca. Censimento 2001...... 72 Tabella 41: Distribuzione percentuale dei movimenti pendolari per motivi di studio in entrata nei Sel della provincia di Lucca. Censimento 2001...... 72 Tabella 42: Distribuzione percentuale dei movimenti pendolari per motivi di studio in uscita dai comuni dell’Area Lucchese. Censimento 2001...... 73 Tabella 43: Distribuzione percentuale dei movimenti pendolari per motivi di studio in entrata nei comuni dell’Area Lucchese. Censimento 2001...... 73

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Indice dei Cartogrammi

Cartogramma 1: Saldo migratorio del comune di Lucca rispetto ai comuni dell'Area Lucchese. Periodo 1998-2003...... 45 Cartogramma 2:Movimenti migratori intra comunali. Saldo migratorio per frazione. Periodo 2001- 2003...... 48 Cartogramma 3: Movimenti migratori extra comunali. Saldo migratorio per frazione. Periodo 2001- 2003...... 49

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