ALLEGATO A

Direzione Risorse Umane e Patrimonio

Proprietà regionale del Castello di Casotto, Garessio (CN)

Piano Forestale aziendale (periodo 2007-2016)

RELAZIONE TECNICO – ECONOMICA

1

REDAZIONE:

I.P.L.A. Istituto per le Piante da Legno e l’Ambiente Settore Vegetazione e Fauna Corso Casale n. 476 10132 Torino Tel – 011/8998933 Fax – 01/8989333 [email protected]

Coordinamento: Pierpaolo Brenta Impostazione selvicolturale: Pierpaolo Brenta Gestione verde di pertinenza: Andrea Ebone, Silvia Crida* Elaborazione Cartografica: Alessandro Canavesio Piano pastorale: Adriano Belliardo*

Con la collaborazione dell’arch. Federico Finotto del Settore Patrimonio tecnico.

* collaboratori IPLA

2 INDICE

1. Introduzione pag. 1

2. Strumenti di pianificazione pag. 2 2.1 Piano territoriale della Regione Piemonte (P.T.R.) pag. 2 2.2 Piano Territoriale Provinciale (P.T.P.) della Provincia di pag. 3 2.3 Piani Regolatori generali comunali (P.R.G.C.) pag. 4 2.4 Pianificazione Forestale Territoriale: PFT pag. 4 2.5 Pianificazione Forestale Aziendale: PFA pag. 5 2.6 Cogenza del Piano Forestale Aziendale pag. 5

3. Ubicazione e confini pag. 6

4. Ambiente fisico pag. 7 4.1 Clima pag. 7 4.2 Inquadramento geologico, geomorfologico e pedologico pag. 12

5. Consistenza e regime patrimoniale pag. 14

6. Occupazione e usi del suolo pag. 17 6.1 Habitat la cui conservazione riveste interesse comunitario, screening per la Valutazione d’incidenza (V.I.) pag. 20

7. Situazione evolutivo-colturale dei boschi pag. 23 7.1 Faggeta (FA) pag. 23 7.2 Acero-Tiglio-Frassineto pag. 26 7.3 Boscaglia d’invasione planiziali e collinari (BS) pag. 31 7.4 Castagneto (CA) pag. 32 7.5 Rimboschimento (RI) pag. 34

8. Avversità del bosco e fattori critici pag. 36 8.1 Dissesti pag. 36 8.1.1 Recenti interventi di sistemazione idraulica pag. 37 8.2 Condizioni fitosanitarie del bosco e fattori di disturbo pag. 39 8.3 Fattori limitanti lo sviluppo delle radici pag. 40 8.4 Indagine sulla capacità pollonifera dei cedui di faggio pag. 40

9. Indagine zoo-pastorale pag. 42 9.1 Cenni storici pag. 42 9.2 I legami tra zootecnia e turismo pag. 43 9.3 Analisi dello stato attuale pag. 44 9.4 Stima del potenziale foraggero e confronto col carico reale di bestiame pag. 46 9.5 Proposte di intervento pag. 48 9.6 Conclusioni pag. 53

10. Compartimentazione pag. 54

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11. Viabilità, sistemi di esbosco, sentieristica pag. 55 1.1 Viabilità silvopastorale (strade e piste) pag. 55 11.2 Strade camionabili principali (S1) pag. 59 11.3 Strade camionabili secondarie (S2) pag. 59 11.4 Strade trattorabili (S3) pag. 61 11.5 Piste trattorabili (SP2) pag. 62 11.6 Strade attualmente non percorribili (MP): piste per motoagricole pag. 66 11.7 Sentieri (SE) pag. 69 11.8 Tracce di sentieri (SS) pag. 72 11.9 Canali di derivazione idrica e piste di servizio alle carbonaie (CA) pag. 74

12 Incendi: studio della pericolosità di incendio pag. 77 12.1 Zonizzazione degli obiettivi pag. 79

13. Gestione del verde storico, monumentale e di pertinenza di infrastrutture pag. 82 13.1 Bosco parco del Castello pag. 83 13.2 Viale di acceso al castello dalla Correria pag. 83 13.3 Cappella di San Rocco pag. 84 13.4 Fasce boscate di pertinenza di infrastrutture pag. 85 13.5 Metodologia per la valutazione della stabilità degli alberi pag. 91

14. Obiettivi e norme gestionali pag. 92 14.1 Obiettivi per la categoria Faggeta pag. 94 14.2 Obiettivi per la categoria Acero-Tiglio-Frassineto pag. 96 14.3 Obiettivi per la categoria Boscaglie d’invasione pag. 98 14.4 Obiettivi per la categoria Castagneto pag. 99 14.5 Obiettivi per la categoria Rimboschimento pag. 101 14.6 Norme gestionali pag. 102

15 Piano degli interventi selvicolturali e quadro economico pag. 107 15.1 Evoluzione controllata pag. 108 15.2 Diradamento pag. 108 15.3 Conversione pag. 109 15.4 Trasformazione pag. 109 15.5 Ceduazione pag. 109 15.6 Quadro economico pag. 110

16 Bibliografia pag. 113

Allegati Allegato 1: Registro degli interventi e degli eventi Allegato 2: Descrizione particellare Allegato 3: Legenda schede interventi di messa in sicurezza e selvicolturali Allegato 4: Schede interventi di messa in sicurezza e selvicolturali Allegato 5: Schede interventi di messa in sicurezza per l’area esterna le mura del castello Allegato 6: Commento profili V.T.A. strumentale Allegati cartografici Carta forestale e delle altre coperture del territorio, scala 1:5000 Carta delle compartimentazioni e delle destinazioni, scala 1:5000 Carta degli interventi gestionali e della viabilità, scala 1:5000

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1 Introduzione

Con l’acquisto del complesso del Castello di Casotto (Garessio, CN), delle infrastrutture ad esso legate e dell’ampia superficie territoriale di pertinenza, la Regione dispone di una proprietà accorpata di circa 81 ha di straordinario valore storico e naturalistico. La Direzione Patrimonio Tecnico della Regione Piemonte ha deciso, nel 2007, di adottare lo strumento del Piano Forestale Aziendale (PFA) con lo scopo di valorizzare e gestire in modo razionale la proprietà forestale e agricola di pertinenza delle strutture residenziali già oggetto di un progetto di recupero. L’obiettivo è di ottimizzare la polifunzionalità dell’area, perseguendo contemporaneamente una qualificazione delle caratteristiche di naturalità e stabilità ecologica dei diversi habitat e la valorizzazione produttiva e paesaggistica delle superfici forestali ed agricole; ciò ad integrazione degli interventi di riqualificazione svolti recentemente, e in programma nei prossimi anni, a carico dei complessi architettonici storici esistenti, dai più nobili (Castello e Correria) a quelli prettamente agricoli (Cascina del Seccatoio, stalle), oltre che le opere minori testimonianti le tradizionali attività silvopastorale locali (fornaci, carbonaie, mulattiere, canali di irrigazione etc.).

L’attuale proprietà regionale è il risultato di due fasi di acquisto dalla società B.&B. INVEST s.r.l. con sede in Sant’Angelo in Lizzola (PU) che risulta ancora attualmente proprietaria di circa 1.850 ha accorpati attorno all’attuale nucleo regionale, ripartiti fra i Comuni di Garessio, e . Nella prima fase di acquisto (anno 2004) la proprietà ammontava a circa 40,4 ettari, nella successiva (2006) la superficie complessiva è salita agli attuali 81 ettari.

Il presente Piano Forestale Aziendale, di seguito abbreviato in PFA, pur con particolarità derivanti dalle esigenze della Direzione Patrimonio Tecnico, assume il valore di Piano di Assestamento Forestale di dettaglio; esso è redatto ai sensi dell’art. 4 della legge regionale 4 settembre 1979, n. 57.

5 2 Strumenti di pianificazione

La pianificazione forestale, affinché sia effettivamente realizzabile e possa assumere una funzionalità territoriale, deve necessariamente essere normata negli strumenti di pianificazione territoriale attualmente vigenti: • Piano Territoriale Regionale; • Piano Territoriale Provinciale; • Piani Regolatori Generali a livello comunale. Gli Enti interessati hanno compiti e funzioni molto chiari. La Regione predispone il Piano Territoriale Regionale, la Provincia predispone il Piano Territoriale Provinciale, i Comuni partecipano e concorrono alla definizione dello stesso (P.T.P.) e lo attuano attraverso la pianificazione locale. L’ambito territoriale in cui la proprietà regionale si inserisce è stata oggetto di indagine per la redazione dello Studio per il Piano Territoriale Forestale (PFT) dell’area forestale n. 13, Alta Valle Tanaro, Mongia, Cevetta e Langa Cebana, conclusasi nel 2002. La limitrofa proprietà B.& B. INVEST s.r.l. è invece dotata di Piano Forestale Aziendale (PFA), periodo 2005-2014, redatto dallo studio associato Fortea di Torino.

2.1 Piano territoriale della Regione Piemonte (P.T.R.) Il Piano territoriale della Regione Piemonte, approvato dalla delibera 388-9126 del 19 giugno 1997, è il primo strumento di pianificazione di cui si è dotata la Regione Piemonte dopo quasi 30 anni dalla sua nascita. Il P.T.R. impone, da un lato, la salvaguardia di beni strategici e di rilievo primario, che i processi di trasformazione e di crescita non devono alterare, dall’altro, la localizzazione di attività “indesiderate” ma indispensabili per la società regionale nel suo complesso. Per quanto riguarda la tutela e la gestione del patrimonio ambientale, i beni individuati non sono da intendere come vincoli, ma come stimolo per l’attuazione di un disegno complessivo di trasformazione, consapevoli di dover confrontarsi con processi in via di rapido cambiamento.

6 2.2 Piano Territoriale Provinciale (P.T.P.) della Provincia di Cuneo Il Consiglio Provinciale di Cuneo con provvedimento n. 52 in data 5 settembre 2005 ha adottato il Piano Territoriale Provinciale. L'obiettivo del Piano Territoriale è lo sviluppo sostenibile della società e dell'economia cuneese. Attraverso l'analisi degli elementi critici e dei punti di forza del territorio provinciale il PTP presuppone una valorizzazione dell'ambiente cuneese e un disegno d'insieme, in cui tutte le aree di una Provincia estremamente diversificata possano riconoscersi. Nel quadro analitico descrittivo il documento non fa riferimento specifico all’area di pertinenza del Castello di Valcasotto. Nella classificazione dei centri storici inserisce l’intero di Garessio nell’ambito del rango B (centri di notevole rilevanza regionale). Pur sottolineando la marginalità dei territori montani della Provincia, testimoniata dalla rarefazione insediativa, ne esalta le potenzialità turistico- ambientale e paesaggistica sottolienando il fenomeno di crescita di un turismo legato prevalentemente al tempo libero ed allo sport. Il PTP inquadra nella “Carta della Natura” l’area della Valcasotto nell’ambito di “Area ad elevata qualità paesistico ambientale”. Inoltre sottolinea, a livello di provincia, l’importanza di integrare l’attuale insieme di aree già oggetto di conservazione ambientale (Aree protette dei Parchi e dei Siti di Interesse Comunitario – SIC -) con nuove iniziative proposte dal coinvolgimento delle comunità e degli interessi locali mediante l’istituzione delle ANPIL (Aree Naturali Protette di Interesse Locale), anche al fine di realizzare una vera infrastruttura per la fruizione escursionistica del territorio. Nella classificazione delle aree di programmazione commerciale (L.R. 28/99) il Comune di Garessio è classificato come sub-polo, con prioritaria pertinenza sul polo commerciale di Mondovì; questo ai fini di eventuali sbocchi commerciali per i prodotti derivanti dalle piccole filiere locali. Nella classificazione del territorio provinciale, ai sensi della densità abitativa e delle vocazioni produttive, l’intero Comune di Garessio viene definita “area rurale svantaggiata” dove l’agricoltura svolge prevalentemente un ruolo di presidio del territorio, di governo del paesaggio ma che può alimentare piccole e preziose microfiliere del “tipico” e del biologico, importanti per l’attivazione di circuiti turistici. Nella ripartizione territoriale in distretti turistici il Comune di Garessio rientra nel distretto montano n. 44. Di particolare interesse risultano i Progetti di Valorizzazione Ambientale; si tratta di iniziative in cui viene riconosciuto il ruolo primario agli attori locali, Comuni e Comunità Montane, volte alla valorizzazione del territorio rurale, alla gestione sostenibile delle risorse naturali e paesaggistiche e alla diffusione di occasioni di fruizione sociale. Tali progetti prevedono anche riqualificazioni di ambiti compromessi e degradati, interventi di conservazione degli agroecosistemi

7 e della diversità biologica, nel rispetto dell’equilibrio fra bisogni sociali, attività economiche e ambiente: questo anche mediante la riscoperta della cultura materiale e delle tradizioni locali con la promozione di circuiti più vasti “dei saperi e dei sapori”. L’area del Castello di Casotto rientra in pieno in questi obiettivi, anche territorialmente, come indicato dallo stesso PTP “..aree del sistema dei castelli del Tanaro ….fino all’alta Val Tanaro…”.

2.3 Piani regolatori generali comunali (P.R.G.C.) I P.R.G.C. nascono dalla necessità di affrontare una realtà economica e sociale caratterizzata da forti mutamenti, dalle nuove esigenze che si sono delineate, dai nuovi modi che lo stesso ente pubblico, oggi, ha di considerare la realtà territoriale e il suo utilizzo. I fondamenti su cui si basano i P.R.G.C. sono: 1 evitare di ricorrere a schemi precostituiti per portare l’attenzione sui problemi specifici che occorre risolvere e sugli interventi necessari: la crescita deve essere quindi programmata attraverso azioni di razionalizzazione, di ammodernamento e di riqualificazione; 2 garantire un corretto uso del territorio; 3 acquisire la consapevolezza di appartenere ad una dimensione territoriale più ampia in cui si collocano le questioni dello sviluppo; 4 superare la concezione che i P.R.G.C. abbiano la semplice funzione di regolatori dell’attività edilizia, ma siano elementi qualificanti di coordinamento delle attività del comune sia in campo privato che pubblico; 5 valorizzare e salvaguardare l’agricoltura, l’ambiente e il paesaggio, garantire, tramite questi, la manutenzione del territorio.

2.4 Pianificazione Forestale territoriale: studio per il Piano Forestale Territoriale “Alta Val Tanaro, Mongia, Cevetta e Langa Cebana” La cogenza del PFT e l’esatto recepimento nel quadro normativo saranno definiti nella legge forestale regionale attualmente in corso di elaborazione. Dal punto di vista della normativa attualmente vigente il PFT, una volta adottato dagli Enti Locali interessati ed approvato dai competenti organi regionali, assume validità di Piano di gestione forestale, assimilabile al Piano d’assestamento forestale ai sensi delle norme regionali vigenti (L.R. n. 57/79) ovvero a Piano economico per i beni silvo-pastorali dei Comuni di cui alla legge forestale nazionale (R.D.L. n. 3267/23). Per gli aspetti trattati esso sarà sostitutivo delle Prescrizioni di Massima e di Polizia Forestale per tutte le aree boscate individuate in cartografia o che risultino tali secondo la definizione di bosco adottata per l’inventario forestale nazionale. Nel quadro normativo attuale si può dire quindi che il PFT, essendo in veste di studio, non assume al momento valore prescrittivo.

8 La validità del Piano Forestale Territoriale “Alta Val Tanaro, Mongia, Cevetta e Langa Cebana”, area forestale individuata a livello regionale col numero 13, è di quindici anni.

2.5 Pianificazione Forestale Aziendale: Piano Forestale aziendale della “Tenuta del Castello di Casotto” Il livello successivo di pianificazione forestale è rappresentato dal Piano Forestale Aziendale (PFA). Questo è un livello di pianificazione di dettaglio, previsto a livello di singola proprietà di dimensione significativa o di complesso a gestione unitaria, con determinazione della ripresa di materia prima legnosa articolata nello spazio e nel tempo per un periodo definito, generalmente non superiore ai 10 anni. Il PFA rappresenta quindi l’evoluzione del Piano di Assestamento Forestale, strumento ben noto e normato a livello nazionale e regionale, conservandone tutte le caratteristiche previste dalle norme vigenti e contenente ulteriori elementi conoscitivi al fine di attuare una gestione forestale sostenibile, in armonia con gli impegni internazionale e con il D. Lgs 227/2001 recante “indirizzi per la modernizzazione del settore forestale”. L’attuale proprietà regionale del Castello di Casotto è circondata dalla proprietà della Società B&B INVEST che ha fatto redigere nel 2005 il “Piano forestale aziendale della Tenuta del Castello di Casotto”, con periodo di validità 2005-2014, dallo Studio Fortea di Torino.

2.6 Cogenza del presente Piano Forestale Aziendale “Proprietà regionale del Castello di Casotto” Il presente Piano Forestale Aziendale (PFA) “Proprietà regionale del Castello di Casotto”, una volta approvato dai competenti organi regionali, assume validità di Piano di gestione forestale, assimilabile al Piano d’assestamento forestale ai sensi delle norme regionali vigenti (L.R. n. 57/79); la sua validità è decennale (2007-2016). Gli obiettivi e le norme contenute nel presente piano costituiscono un approfondimento armonizzato col Piano Forestale Territoriale (PFT) dell’Area Forestale n° 13 – Alta valle Tanaro, Mongia, Cevetta e Langa Cebana. In tale ottica, il presente Piano integra e dettaglia gli indirizzi gestionali per la superficie forestale di proprietà regionale. Gli obiettivi e gli interventi gestionali del presente documento sono stati definiti per conseguire una gestione forestale sostenibile e polifunzionale, con la priorità di migliorare le condizioni di naturalità e stabilità della componente forestale, assicurando prelievi compatibili di prodotti legnosi diretti e ottimizzando le altre funzioni del bosco.

9 3. Ubicazione e confini

La proprietà regionale “Castello di Casotto” è collocata nel Comune di Garessio (CN), nell’ambito della comunità Montana Alta Valle Tanaro. La proprietà regionale, immersa in un complesso a prevalente copertura forestale, si sviluppa fra il corso del Rio Casotto e la strada provinciale (SP178) che collega Pamparato a Garessio fra le quote 1030 m (Rio Casotto in corrispondenza della Correria) e 1200 m, livello della provinciale nei pressi delle R.ce d’Eicav. La proprietà è inserita in un ambiente di notevole pregio ambientale e paesaggistico; in particolare l’area è compresa fra i Siti d’Interesse Comunitario (SIC) “Faggete di Pamparato, Tana del Forno, Grotte delle Turbiglie e Grotte di Bossea” individuato col codice IT1160026, il SIC “Monte Antoroto” individuato col codice IT1160035 e il Parco Naturale Alta Val Pesio e Tanaro, senza comunque rientrare in nessuno di questi. La strada provinciale definisce il confine superiore (a monte) della proprietà, a nord e ad est. A valle il confine è definito dal Rio Casotto. In prossimità della cappella di S. Rocco il confine di proprietà coincide col Rio che fiancheggia la Cappella su cui poggia anche il limite amministrativo del Comune di Garessio; a sud-est il confine di proprietà è definito da limiti di particella catastali coincidenti con un impluvio ben inciso. In corrispondenza di quest’ultimo sono state segnate con vernice durevole alcune piante al fine di rendere più facilmente individuabile il limite di proprietà. Con riferimento alla “Carta dei paesaggi agrari e forestali del Piemonte” (IPLA, 1992) l’area ricade nell’Unita di Paesaggio dei “Rilievi montuosi e valli alpine a prevalenza di latifoglie”, al cui interno è prevalente l’unità di paesaggio “piano montano a prevalente copertura forestale da 800 a 1400 m s.l.m.” La proprietà regionale, collocata in posizione molto decentrata, non lontana dal confine regionale con la Liguria, risulta di non immediato raggiungimento. Da nord l’accesso è facilitato dall’autostrada verdemare A6; l’uscita di riferimento è . Da qui si prosegue per San Michele Mondovì da dove si imbocca la S.P. 178 in direzione Garessio; questa provinciale definisce il limite superiore della proprietà a monte della Frazione di Valcasotto. Dalla stessa autostrada, se si arriva da sud, è possibile uscire al casello di percorrendo, in direzione Garessio, la S.S. 28. Da qui si imbocca la S.P. 178 che dopo aver raggiunto la Colla di Casotto (1.379 m.s.l.) poi scende fino al Castello di Casotto. Da sud l’area è anche raggiungibile percorrendo la S.S. 28 del Col di Nava che collega Garessio ad Imperia o la S.P. 582 che collega Garessio con Albenga. In tutti e due i casi da Garessio vale la stessa indicazione riportata sopra (Colla di Casotto) . Attualmente l’accesso principale alla proprietà è quello in prossimità della Correria, a 1,9 Km dal centro della frazione di Valcasotto, a 4,1 Km dalla Colla di Casotto.

10 4. Ambiente fisico

4.1 Clima L’analisi delle principali variabili climatiche (precipitazioni e temperature) è fondamentale per la caratterizzazione della vegetazione forestale e per l’articolazione di proposte gestionali compatibili con le potenzialità stazionali. I dati di seguito discussi sono stati reperiti nella Banca Dati Climatologia della Regione Piemonte allegata al vol. 1 della collana “Studi climatologici in Piemonte” (1998). I dati disponibili, relativi all’arco temporale 1951-1986, sono di due tipi: in parte derivano dall’elaborazione statistica di osservazioni giornaliere effettuate per più anni in stazioni meterologiche di rilevamento, scelte fra quelle rappresentative per la proprietà regionale, in parte derivano da elaborazioni che, con metodiche di corrente impiego in climatologia, consentono di caratterizzare il loro intorno geografico. Di seguito, in considerazioni delle finalità del presente piano di gestione, si è elaborato un inquadramento climatico del territorio, col contributo dei dati resi disponibili anche dallo Studio per il Piano Forestale Territoriale (P.F.T.) di riferimento. In tal senso è importante però sottolineare come la proprietà del Castello di Casotto ricade nel Bacino del Rio Casotto, mentre il resto del territorio del Comune di Garessio insiste sul bacino idrografico dell’alta Val Tanaro. La cresta che unisce il Bric Mindino al Monte Antoroto, passando per la Colla di Casotto, separa fisicamente il territorio del Comune di Garessio dalla proprietà regionale costituendo una barriera naturale che determina un cambiamento netto delle caratteristiche climatiche. Di seguito si riporta uno schema di sintesi dei dati stazionali disponibili con indicazione di quota e periodo di osservazioni di riferimento. Tab. 1 Stazioni pluviometriche di riferimento e periodo di osservazione Stazione pluviometrica Quota (s.l.m.) Periodo osservazione n. anni osservazione Garessio 603 1913 - 1984 56 Garessio Cappello 1157 1927 - 1963 28 730 1914 - 1986 57 Ormea 730 1951 - 1977 26

Pluviometria Tab. 2 Dati pluviometrici disponibili: Frequenza media annua giorni di pioggia (n. giorni) Stazione Frequenza media annua giorni di pioggia (n. giorni) Tot Gen feb mar Apr mag giu lug ago set ott nov dic anno Garessio 4 5 6 7 9 6 4 5 5 7 6 5 69 Garessio Cappello 5 5 7 8 11 8 5 5 6 7 8 6 81 Ormea 5 5 7 8 9 8 5 6 6 7 7 5 78

11 Tab. 3 Dati pluviometrici disponibili: precipitazione media annua (mm) Stazione Precipitazione media annua (mm) Tot Gen feb mar Apr mag giu lug Ago set ott nov dic anno Garessio 68 84 119 108 128 80 53 58 108 155 170 105 1.236 Garessio Cappello 74 73 115 126 151 91 56 55 115 162 231 129 1.378 Ormea 72 78 108 97 116 74 42 48 89 128 166 90 1.108

L’area in esame, così come risulta dall’analisi dei dati sopra riportati, è caratterizzata da un regime pluviometrico prevalente di Tipo Sublitoraneo a distribuzione bimodale, con minimo principale in estate, massimo principale in autunno e massimo secondario in primavera. Questo rientra nel normale regime piemontese equinoziale, anche se con una certa attenuazione dei minimi estivi. I quantitativi di precipitazione annui sono mediamente abbondanti, sia nelle porzioni elevate che in quelle di fondovalle. Complessivamente si può affermare che non esiste un gradiente di precipitazione legato alla quota ma che le stazioni a maggiore piovosità sono collocate nella porzione medio alta della valle. In merito alle precipitazioni nevose non sono presenti stazioni di rilevamento quindi non è possibile fornire dati a riguardo; non si segnalano fenomeni di galaverna mentre sono possibili nevicate pesanti, precoci e tardive. In termini di termometria, di seguito vengono elencati i dati resi disponibili dall’unica stazione di riferimento per l’area in oggetto, quella di Ormea.

Tab. 4 Dati termometrici della stazione di Ormea Stazione di Ormea - Termometria Temperatura media annua 10,4 T. media minima del mese più freddo -7,3 T. media massima del mese più caldo 28,8 T. minima assoluta -13 T. massima assoluta 32 T. media gennaio 1,2 T. media febbraio 2,9 T. media marzo 5,9 T. media aprile 9,7 T. media maggio 13,6 T. media giugno 17,2 T. media luglio 19,8 T. media agosto 18,9 T. media settembre 15,5 T. media ottobre 11 T. media novembre 6,2 T. media dicembre 2,5

12 Dai dati disponibili sono stati estrapolati i dati termometrici di riferimento per il Comune di Garessio, di seguito riportati. Tab. 5 Dati termometrici interpolati Termometria: Dati interpolati gen Feb Mar apr Mag giu Lug ago set ott nov dic Annua Garessio 0,8 2,4 5,9 9,7 13,8 17,6 20,3 19,3 15,9 11,1 5,6 2,2 10,7 Garessio cappello -0,7 0,3 3,2 6,7 10,6 14,3 17 16,1 13 8,8 3,6 0,7 8,3

Dai dati riportati per il Comune di Ormea è possibile rilevare l’indice di continentalità termica definito dalla differenza fra la temperatura media del mese più caldo e quella del mese più freddo: risulta inferiore a 20° C, piuttosto basso. Con i dati disponibili è possibile costruire i diagrammi ombrotermici di Bagnouls e Gaussen e il climogramma di Peguy, di seguito riportati, che consentono di valutare l’eventuale presenza di periodi di aridità del suolo, fattore limitante per lo sviluppo del bosco e delle cenosi erbacee.

13 Diagramma ombrotermico di Bagnouls e Gaussen Stazione di Ormea

120 240

110 220

100 200

90 180

80 160

70 140 mm °C 60 120 P 50 100

40 80

30 60

20 40

10 T 20

0 0 GFMAMGLASOND

Climogramma di Peguy Stazione di Ormea A-mesi temperati B-mesi freddi e umidi C-mesi caldi e umidi D-mesi caldi e aridi

250 B

200

M C 150 A mm O G N 100 S M D A A L 50 F

G D

0 0 5 10 15 20 25 30 35 °C

14 Diagramma ombrotermico di Bagnouls e Gaussen Stazione di Garessio

120,0 240

110,0 220

100,0 200

90,0 180

80,0 160

70,0 140 mm °C 60,0 120 P 50,0 100

40,0 80

30,0 60

20,0 40

10,0 T 20

0,0 0 GFMAMGLASOND

Climogramma di Peguy Stazione di Garessio A-mesi temperati B-mesi freddi e umidi C-mesi caldi e umidi D-mesi caldi e aridi

250 B

200

M C 150 A

mm O G N 100 S M D A A L 50 F

G D

0 -5,0 0,0 5,0 10,0 15,0 20,0 25,0 30,0 35,0 °C

Dall’analisi dei dati dei climodiagrammi non è rilevabile la presenza di periodi di aridità.

15 Considerata la modesta eterogeneità degli ambienti racchiusi all’interno della proprietà regionale e il suo prevalente sviluppo sul medio e basso versante è assicurata la freschezza in tutti i periodi dell’anno; eventuali periodi di siccità si possono verificare in modo puntuale in stazioni con particolari caratteristiche pedologiche (suoli poco potenti, erosi, anche dal pascolo, e poveri di sostanza organica).

Conclusione Ai fini della pianificazione forestale e della gestione degli habitat non forestali la caratterizzazione climatica riportata evidenza l’assenza di fattori limitanti lo sviluppo della vegetazione potenziale o di condizioni critiche per l’applicazione delle tecniche gestionali consone alle singole categorie dell’uso del suolo, forestali e non.

4.2 Inquadramento geologico, geomorfologico e pedologico La Val Tanaro ha una forma allungata e si sviluppa prevalentemente in direzione nord – sud in un prevalente ambito montano. La Valle è modellata nel settore centrale delle alpi Liguri, costituite da Unità tettoniche o falde dislocate e sovrapposte durante l’orogenesi alpina, denominate Unità Brianzonesi e Unità Piemontesi. Sono costituite da un basamento precarbonifero cristallino, da un tegumento permo-carbonifero, entrambi anteriori all’orogenesi alpina, e dalle rocce sedimentarie della copertura mesozoica. Le Unità hanno subito una lunga storia deformativa polifasica alpina che ne ha determinato un assetto strutturale molto articolato. L’alta valle Tanaro è modellata nei calcari marmorei giurassici del gruppo Marguareis - Mongioie (calcari di Nava). Localmente affiorano Unità differenti; in prossimità della Frazione Trappa di Garessio affiorano ad esempio gli scisti di Gorra, formati da quarzoscisti e scisti gnessici. Da Garessio, in sinistra idrografica, affiorano i Porfiroidi del Melogno (Bric Mindino) dell’Unità di Ormea. Semplificando, in base alla Carta delle Unità litologiche del Piemonte in scala 1:100.000, la proprietà della Regione si trova in classe 13 (gneiss minuti, micascisti talora eclogitici, scisti filladici, scisti forfiroidi, quarzitoscisti) e in parte nella classe 12 (dolomie e calcari microcristallini, calcari dolomitici ed arenaceo marnosi con subordinate intercalazioni di scisti ardesiaci e brecce calcaree). Le caratteristiche geomorfologiche dell’area in cui ricade la proprietà regionale sono in gran parte dovute alla complessa storia evolutiva del fiume Tanaro e dei suoi affluenti. Fino al Villafranchiano (Pliocene) il Tanaro affluiva al Po all’altezza dell’odierna Carmagnola, aggirando verso ovest l’intero bacio terziario Piemontese. Successivamente deviò verso nord est, in corrispondenza

16 dell’attuale , per ricongiungersi al Po ad Alessandria. L’adeguamento dell’intero reticolo idrografico al nuovo livello di base induce tuttora una generalizzata tendenza erosiva regressiva che si ripercuote sulle aste fluviali di ogni ordine gerarchico. Verso nord, in prossimità della proprietà regionale, i rilievi si fanno più arrotondati con inclinazione media e interessati da una estesa copertura arborea. Sono percorsi da corsi d’acqua a carattere torrentizio, che incidono profondamente la copertura terrigena e, localmente, il substrato roccioso. I processi geomorfologici dominanti sono costituiti dall’erosione lineare delle acque e dai processi gravitativi di massa. L’erosione lineare determina il progressivo approfondimento delle incisioni torrentizie e la mobilizzazione di ingenti quantitativi di materiale appartenenti ad una granulometria molto ampia. Il secondo agente morfogenetico è il trasporto gravitativo di massa che apporta notevoli modificazioni nella forma e nell’inclinazione dei versanti, nonché nella composizione dei depositi detritici superficiali. Il territorio della proprietà regionale, rientrante nel settore intermedio della valle di riferimento, con versanti endovallivi a predominante copertura forestale e con sviluppo fra gli 800 e i 1400 m s.l.m., è caratterizzata da suoli bruni acidi, a cui corrispondono importanti limitazioni dell’uso del suolo; rientrano infatti nella V e VI classe di uso.

17 5 Consistenza e regime patrimoniale

L’intera area oggetto del presente Piano di gestione è di proprietà della Regione Piemonte e deriva da due tranche di acquisto dalla società B&B INVEST s.r.l. con sede in Sant’Angelo in Lizzola (PU). Di seguito si riporta l’elenco dei mappali di proprietà riferite al solo catasto terreni del Comune di Garessio con indicazione della qualità e della superficie di pertinenza. Tab. 1 Elenco mappali e loro descrizione Numero superficie Descrizione stato attuale Note mappale Qualità foglio (m2) 17 495 fabbricato rurale Cascina del Seccatoio non riportato nelle cartografie del Piano 24 16.291 pascolo

25 8.583 bosco ceduo

29 32.805 prato irriguo fabbricato rurale demolito non riportato nelle cartografie del Piano 30 145 Fabbricato rurale

26.891 I 31 Prato

32 31.372 bosco ceduo

37 17.754 Pascolo 38 20.319 prato irriguo 39 3.360 prato irriguo

43 3.232 bosco ceduo

44 16.160 seminativo

45 28.000 bosco ceduo

2 2.106 Prato

Antichi resti diroccati del castello 3 176 area f.d. Antichi resti diroccati del castello Non riportati nelle cartografie del Piano 4 452 area f.d. ma delimitati insieme alle aree di Antichi resti diroccati del castello III 5 684 area f.d. pertinenza del Castello

6 1.929 Prato

7 30.733 prato irriguo 134.000 8 bosco ceduo 19 86.985 bosco ceduo 1 11.8736 prato irriguo 2 112 Fabbricato rurale fabbricato rurale demolito non riportato nelle cartografie del Piano

3 26.770 bosco ceduo Verde di pertinenza di uno degli edifici non riportato nelle cartografie del Piano 5 1.151 Seminativo della Correria ma delimitato insieme alle aree di pertinenza della Correria V 6 20.007 prato irriguo

7 13.079 bosco ceduo

8 23.036 Prato 9 90.298 bosco ceduo 10 59.120 bosco ceduo Catasto terreni sedime e aree di pertinenza – CORRERIA non riportato nelle cartografie del Piano 5 4 7.931 Ente urbano Catasto terreni sedime e aree di pertinenza- CASTELLO non riportato nelle cartografie del Piano 3 1 7.593 Ente urbano Totale 830.305

18 La visualizzazione d’insieme dell’area di proprietà è riportata di seguito; non sono state dettagliate le particelle relative al catasto urbano e quelle del catasto terreni di piccole dimensioni in quanto non significative alla scala di rappresentazione scelta e di alcun interesse al fine pianificatorio. Sono invece stati riportati sulla Carta Tecnica Regionale (CTR) i limiti di particella al fine di una loro più semplice individuazione, definendo una ”carta sinottica catastale”. La superficie catastale complessiva ammonta a poco più di 83 ha contro gli 81 della Carta forestale e delle altre coperture del territorio, differenza di poco superiore al 2% della superficie cartografica, differenza fisiologica considerata la diversa natura dei due supporti cartografici. Dai confronti delle singole categorie d’uso del suolo rilevante risulta la superficie catastale classificata come prati irrigui, circa 22 ha. A conferma dell’importanza di questo pregresso uso del suolo basti pensare al rilevante sistema di canali di derivazione idrica esistente, in parte rappresentato nell’allegato cartografico “Carta della viabilità e sentieristica”. Allo stato attuale tali superfici risultano in prevalenza pascoli o prato pascoli (es. mappale 29, foglio I, mappale 1 foglio V), in parte formazioni boscate (es. mappali 38 e 39, foglio I, parte del mappale 7 foglio III, parte del mappale 6 foglio V). La superficie catastale a seminativo ammonta a circa 1,6 ha, attualmente ripartiti fra prato pascoli e praterie (mappale 44, foglio I) o aree di pertinenza di infrastrutture (mappale 5, foglio V).

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20 6. Occupazione e usi del suolo

Vengono qui di seguito riportati e discussi i dati relativi all’uso e all’occupazione del territorio della Proprietà regionale al fine di redigere indicazioni gestionali volte alla corretta e sostenibile gestione, oltre che alla conservazione e valorizzazione degli habitat, non solo forestali. Gli usi del suolo sono desunti dalla “Carta forestale e delle altre coperture del territorio”, allegato a scala 1:5000 del presente documento, rilevata nel corso del 2005 in occasione dei primi pareri tecnici redatti per caratterizzare l’allora primo nucleo di proprietà regionale (circa 40 ettari) e, successivamente, la nuova porzione acquisita. La Carta Forestale è stata oggetto di correzioni e integrazioni nel corso del 2007 sulla base di indagini a scala di maggior dettaglio svolte per la definizione del particellare assestamentale, per il rilievo della viabilità e della sentieristica e per la programmazione degli interventi. La fotointerpretazione è stata eseguita impiegando foto aeree (AIMA 1998) e le carte tematiche del PFT dell’area forestale di riferimento (Area Forestale n. 13 Alta Valle Tanaro, Mongia Cevetta e Langa Cebana), corrette e integrate con rilievi a terra. La superficie territoriale cartografica complessiva della proprietà ammonta a 81 ha come indicato nella tabella 1, in cui i dati vengono distinti per categorie d’uso.

Tab. 1 Ripartizione della superficie territoriale per categorie di uso del suolo Categoria Superficie (ha) Faggeta 36,6 Acero-tiglio-frassineto 17,1 Boscaglie d'invasione 4,1 Rimboschimento 1,3 Castagneto 1,4 Totale superficie forestale 60,5 Prato-pascoli 11,7 Praterie 6,1 Totale superficie pastorale 17,8 Superficie urbanizzata 1,7 Totale superficie urbano 1,7 Verde di pertinenza infrastrutture 1,0 Totale verde di pertinenza 1,0 Totale complessivo 81,0

I dati evidenziano come la componente forestale risulti quella maggiormente rappresentata, circa 60 ettari, definendo il 75% della superficie complessiva. Rilevante risulta comunque la superficie pastorale, con circa 18 ettari, corrispondenti al 22% della superficie di proprietà. Lo stato attuale dei luoghi è strettamente correlato alla storia dell’area e alle molteplici attività in essa svolte. Il ruolo prioritario del bosco è segnalato dai numerosi segni, in

21 parte ancora ben visibili, testimonianti la stretta connessione che la popolazione locale aveva nei confronti di questa ricca componente (carbonaie, mulattiere per l’esbosco, etc.). L’importanza delle attività pastorali è invece evidenziata dalla significativa superficie di coperture erbacee ancora gestite, sebbene in modo più estensivo. La superficie pastorale, per la cui caratterizzazione si rimanda al relativo capitolo (cap. 9), è ripartita fra prato-pascoli (11,7 ettari, 66% della superficie a pascolo) ossia formazioni destinate anche alla produzione di fieno oltre che al pascolo, e praterie (6,1 ettari, 34% della superficie pastorale), destinate esclusivamente al pascolo di animali domestici. La superficie urbanizzata è modesta, 1,7 ettari, se paragonata al resto della superficie (2% della superficie complessiva) ma rilevante se si considera che è ripartita fra soli 3 nuclei (Castello, Correria e Cascina del Seccatoio). In prossimità del Castello e della Correria sono individuati due nuclei di “verde di pertinenza di infrastrutture”: nel caso del Castello si tratta di una superficie di particolare valenza paesaggistica ripartita fra prato stabile e bosco parco, entrambi in stretto contatto con ruderi e strutture di pertinenza dello stesso (area archeologica, accessi laterali, fontane etc.); nel caso della Correria si tratta di prati, orti e giardini. Di seguito la sola superficie forestale è ripartita, ai fini della pianificazione e sulla base di valutazioni di carattere ecologico-stazionali, in tipi forestali per la cui descrizione si rimanda al relativo capitolo (cap. 7). Tab. 2 Ripartizione della superficie forestale in Tipi forestali Categoria Tipo forestale codice Superficie Faggeta mesotrofica 50X 26,3 Faggeta (FA) variante con latifoglie mesofile 50B 7,6

Faggeta oligotrofica 60X 1,6 variante con castagno 60C 1,0 Totale Faggeta 36,6 Acero-tiglio-frassineto di forra 40X 1,8

variante ad acero di monte 40C 0,3 Acero-tiglio-frassineto d'invasione 50X 3,0 variante a maggiore 50B 2,3 Acero-tiglio-frassineto (AF) variante ad acero di monte 50C 1,1

variante con faggio 50D 8,3 variante con castagno 50E 0,3 Totale Acero-tiglio-frassineto 17,1 Betuleto montano 20X 0,8 Boscaglie d'invasione (BS) variante a pascolo 20K 0,7 Boscaglie d'invasione, sottotipo montano 32X 2,6 Totale Boscaglie d'invasione 4,1 Rimboschimento (RI) Rimboschimento del piano montano, variante a larice europeo 20C 0,6 variante a conifere miste 20H 0,7 Totale Rimboschimento 1,3 Castagneto acidofilo a Teucrium scorodonia delle Alpi 30X 0,3 Castagneto (CA) Variante con faggio 30F 1,1 Totale Castagneto 1,4 Totale complessivo 60,5 22

Prevale la copertura dei boschi di faggio (Faggeta), specie definitiva che caratterizza circa 36 ettari, il 60% della superficie boscata della proprietà, favorita nella pregressa gestione per la produzione di legname da ardere, carbone e lettiera per gli animali. Segue la categoria dell’Acero-Tiglio- Frassineto con 17 ettari (28% della superficie boscata), ripartita in due Tipi a cui corrispondono ruoli ecologico differenti: i popolamenti di forra e quelli d’invasione. I primi si sono sviluppati in corrispondenza delle ripide scarpe dei corsi d’acqua e degli impluvi più incisi e rappresentano cenosi stabili, anzi definitive a causa delle condizioni stazioni fortemente limitanti; i secondi si sono sviluppati su superficie ex agricole, in prevalenza pascoli, prato-pascoli, orti e aree di pertinenza delle abitazioni, in seguito al venir meno della loro regolare gestione, sfruttando le condizioni di fertilità e minor concorrenza determinate dal precedente uso. In tutti i casi si tratta di popolamenti con ottima fertilità, con provvigioni interessanti nei popolamenti di maggiore età, oltre che di rilevante interesse naturalistico e protettivo. Consistente è la superficie attribuita alle Boscaglie d’invasione del piano montano, a cui corrispondo 4,1 ettari, il 7% della superficie forestale. La loro origine è legata anche in questo caso al venir meno della regolare gestione delle superficie agricole, in prevalenza a pascolo. Si tratta di formazioni giovani, di rilevante interesse per l’importante contributo di biodiversità in un complesso dominato dal faggio, a cui corrispondono però valori di provvigione e ritmi di sviluppo modesti. Alcune di queste formazioni sono in fase di affermazione, attualmente ancora pascolate occasionalmente, e possono essere recuperate al loro originale uso pastorale con un adeguamento delle pratiche alpicolturali o con semplici interventi di contenimento della vegetazione arborea come indicato nel piano pastorale (cap. 9). Il Castagneto caratterizza solo 1,4 ettari di superficie (2% della superficie forestale complessiva) a testimonianza che la specie si trova al limite altitudinale della sua distribuzione e la presenza in formazioni pressochè pure è il risultato della pregressa gestione a ceduo. Un tempo formazioni a castagno erano maggiormente diffuse ma il venir meno della loro regolare gestione ha favorito il progressivo inserimento di specie autoctone, più idonee alla stazione, in particolare frassino, acero di monte, faggio o specie pioniere quali betulle, sorbi e maggiociondolo. Questo giustifica l’attuale presenza del castagno come specie relittuale nell’ambito di altre categorie quali Faggeta e Acero- Tiglio-Frassineto. Una modesta porzione della proprietà regionale è caratterizzata dalla Categoria Rimboschimento interessando nel complesso di 1,3 ettari (2% della superficie boscata). Si tratta di due nuclei, uno di abete rosso e pino strobo in prossimità del Castello, a valle della strada che conduce allo stesso, in prossimità del sito un tempo adibito a orto dai monaci, e uno in prossimità della Cascina del

23 Seccatoio a prevalenza di larice. Entrambi i popolamenti non sono stati oggetto di interventi colturali e presentano una densità pressoché originale con negative ripercussioni sul portamento e sullo sviluppo complessivo.

6.2 Habitat la cui conservazione riveste interesse comunitario, screening per la Valutazione d’incidenza (V.I.)

Norme rilevanti in campo di tutela naturalistica sono le direttive europee per la tutela degli habitat e delle specie vegetali e animali d’interesse comunitario (Dir. 79/409/CEE -Uccelli- e Dir. 92/43/CEE -Habitat-), recepite dal Governo Italiano (D.P.R. n. 357/97, modificato con D.P.R. n. 120/03, D.M. Ambiente 20/1/99, D.M. Ambiente 3/4/00). In ottemperanza a tali impegni comunitari, a cura di ciascuna Regione, sono stati individuati Siti di conservazione (Siti d’Interesse Comunitario –SIC- ai sensi della Dir. Habitat e Zone di Protezione Speciale –ZPS- ai sensi della Dir. Uccelli), coincidenti o meno con aree protette già istituite, ufficializzati e approvati dall’Unione Europea come componenti della Rete Natura 2000. In tutti i casi, ai sensi dell’art. 6 DIR Habitat, qualsiasi piano, progetto o intervento gestionale che possa incidere su Habitat e specie per la tutela dei quali è stato istituito un SIC (All. I e II), oppure specie tutelate (All. IV), anche al di fuori dei SIC, dovrà essere sottoposto a procedura di valutazione d’incidenza. Sebbene la proprietà non sia stata individuata quale S.I.C. di seguito si riportano, con indicazione delle superficie di pertinenza, gli ambienti rilevati e cartografati di interesse ai sensi della Direttiva 92/43/CEE (Dir. Habitat). Tab. 3 Habitat d’interesse comunitario cartografati nell’ambito della proprietà regionale Carta forestale e delle altre coperture del territorio Codice Denominazione Natura 2000 Natura 2000 Superficie Tipo, Sottotipo e Variante Codice (ettari) 9180* Boschi di tiglio, frassino e acero di monte di Acero-Tiglio-Frassineto di forra AF40X 1,8 ghiaioni e d’impluvio Acero-Tiglio-Frassineto di forra AF40C 0,3 var. ad acero di monte Castagneto acidofilo a Teucrium 0,3 scorodonia delle Alpi CA30X 9260 Boschi di castagno Castagneto acidofilo a Teucrium 1,1 scorodonia delle Alpi CA30F var. con faggio Faggeta mesotrofica FA50X 26,3 Faggeta mesotrofica var. con 7,6 latifoglie mesofile FA50B 9110 Faggete acidofile Faggeta oligotrofica FA60X 1,6 Faggeta oligotrofica var. con 1,0 castagno FA60C Praterie montano-subalpine a Trisetum 6,1 6520 Praterie PL Flavescens Prato-pascolo PT 11,7 8310 Grotte non attrezzate * habitat prioritari

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Sulla base dei dati attualmente disponibili non sono invece segnalate all’interno della proprietà regionale specie tutelate (All. IV). Queste valutazioni chiariscono come l’attuazione del presente Piano non richieda una Valutazione d’Incidenza in quanto la proprietà non è S.I.C. e, come riportato di seguito, gli interventi selvicolturali proposti sono migliorativi rispetto alla pregressa ed attuale gestione. Per tutti i boschi vanno poi tenute presenti le Raccomandazioni europee per la conservazione di microhabitat forestali; in particolare queste norme interessano la necromassa, soprattutto di grandi dimensioni, costituita da alberi morti in piedi ed a terra, alberi con cavità, colature di linfa ed altre alterazioni che costituiscono microhabitat essenziali per molte specie di organismi saproxilici, indispensabili per la continuità della catena alimentare. Lo stesso vale per la salvaguardia degli ecotoni, quali impluvi, zone umide, radure naturali, che forniscono cibo e rifugio a varie specie animali, tra cui molte di quelle contemplate dalle citate direttive. Si tratta di aspetti di notevole rilevanza che sono stati contemplati nel presente piano forestale aziendale nella definizione degli obiettivi e nella proposta degli interventi. Una corretta gestione forestale nell’ambito degli habitats d’interesse deve porsi l’obiettivo di conservare l’attuale superficie da essi occupata aumentandone i valori di biodiversità naturale, spesso ridotti dalla pregressa gestione, attraverso l’arricchimento della composizione e della struttura. Questo non è in contrasto con la possibilità di valorizzare anche la risorsa legnosa. A tal proposito, stanti agli obbiettivi di conservazione e di valorizzazione di un bene naturale di grande valore ecologico e naturalistico, risulta importante valutare se gli interventi selvicolturali previsti nel presente piano possano alterare o pregiudicare la conservazione degli ambienti e gli equilibri fra le varie componenti delle biocenosi. Gli interventi selvicolturali previsti nel presente piano mirano a: • aumentare la stabilità dei soprassuoli, diversificando la struttura e la composizione. La fustaia plurispecifica con struttura disetaneiforme o coetanea a gruppi, oltre a rappresentare la miglior espressione di un bosco naturale in equilibrio dinamico con l’ambiente e a non destare preoccupazioni sulla sua continuità nel tempo e nello spazio, risulta più efficiente nell’allungare le catene alimentari, aumentare le situazioni di simbiosi ed i rapporti funzionali che da questi discendono. Di conseguenza la disponibilità di abbondanti risorse sia spaziali che trofiche in grado di sostenere ricche comunità animali innesca meccanismi di retroazione che aumentano la stabilità complessiva dell’ecosistema;

25 • ripristinare un adeguato grado di mescolanza tra le specie forestali autoctone; in linea generale una diversificazione della composizione è sempre accompagnata ad un incremento della ricchezza faunistica, quindi da favorirsi rispetto a formazioni omogenee; • creare le condizioni ottimali per l’affermazione della rinnovazione naturale delle specie forestali tipiche dei boschi climatici (es. abete bianco), attraverso il raggiungimento di una struttura disetaneiforme o coetanea a gruppi. In tal modo, infatti, il sistema biologico viene mantenuto costantemente attivo, sia attraverso la maggiore articolazione strutturale che attraverso la valorizzazione delle potenzialità di disseminazione; pertanto, non sarà più necessario attraversare lunghi periodi di attesa come avviene, invece, nei popolamenti coetanei su ampie superfici; • conservare le cenosi d’interesse comunitario o regionale; • mantenere un’opportuna aliquota di materiale morto (a terra e in piedi), in aree in cui non rappresentino una fonte di pericolo per l’eventuale fruizione, a favore della fauna detritivora e microbica, importantissimo anello di chiusura del ciclo della catena ecologica, principio del resto ribadito anche dal comma 3, art. 6 del recente D. Lgs. n. 227/2001 “Orientamento e modernizzazione del settore forestale, a norma dell’articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57”. A tal fine nell’ambito dei boschi saranno rilasciati soggetti ad esaurimento fisiologico con una densità di 2 piante ad ettaro nella compresa assestamentale n. 3 (Faggete Reali), in aree in cui non rappresentino una fonte di pericolo per la fruizione. Questi sono particolarmente importanti per la tutela degli organismi saproxilici (ovvero legati al legno morto o marcescente). La conservazione di questi organismi, a rischio di scomparsa a livello europeo, è intimamente legata al mantenimento di habitat e microhabitat idonei, e richiede il mantenimento di un buon numero di vecchi alberi e alberi morti in piedi, con cavità o branche morte, oltre che necromassa al suolo.

La finalità della gestione attiva delle superfici forestali e pastorali della proprietà regionale, attuata mediante gli interventi di seguito descritti (cap. 15), è perseguire i seguenti obiettivi generali: • ottimizzare la valenza paesaggistica e naturalistica della componente agricola, pastorale e forestale ai fini di una fruizione pubblica compatibile; • attuare una gestione forestale sostenibile in grado di garantire anche la produzione di masse legnose utilizzabili a fini energetici nel complesso del Castello e della Correria; • valorizzare le superfici agro-pastorali con un’azienda a indirizzo biologico.

26 Si ritiene in sintesi che gli interventi selvicolturali proposti nel presente Piano non solo non pregiudicano lo stato di conservazione degli attuali habitat e delle specie d’interesse comunitario, ma anzi siano migliorativi, al massimo neutri, rispetto allo stato di conservazione attuale e che quindi non necessitino la redazione di una formale relazione d’incidenza da sottoporre a valutazione, né di ulteriori misure di mitigazione in fase esecutiva.

7 Situazione evolutiva-colturale dei boschi

Nell’ambito della proprietà regionale la superficie forestale rappresenta la componente naturale prevalente (75% della superficie complessiva) a cui corrisponde un importante contributo in termini di biodiversità. Il patrimonio forestale della tenuta del Castello è fortemente condizionato dalla pregressa gestione antropica, in termini di composizione media, forme di governo e fasi di sviluppo. Di seguito si riporta una descrizione delle attuali fasi evolutivo-colturali dei boschi delle singole categoria al fine di meglio articolare e comprendere gli obiettivi gestionali e gli interventi proposti.

7.1 Faggeta (FA) Si tratta della categoria maggiormente rappresentata (37 ha). E’ il bosco storico, da sempre gestito a ceduo semplice con rilascio di matricine, a fustaia all’interno del bosco parco del Castello. Dal punto di vista ecologico si possono individuare due Tipi: la Faggeta mesotrofica -FA50X- (39,9 ha, 93% della superficie di categoria) e la Faggeta oligotrofica -FA60X- (2,6 ha, il 7% della superficie di categoria). La Faggeta mesotrofica definisce il vasto complesso boscato a sud-est del Castello (Costa Vatè, compresa n. 3 “Faggete Reali”) con esposizione prevalente ovest, quindi nell’ambito di stazioni fresche e di media fertilità come indicato dalla presenza di vegetazione erbacea mesofila nel rado sottobosco (Veronica urticifolia, Salvia glutinosa, Trochiscanthes nodiflora, Prenanthes purpurea, Viola riviniana, Geranium nodosum, Oxalis acetosella). La semplificazione in termini di composizione prodotta dalla pregressa gestione giustifica la minor superficie, circa 7,6 ettari, il 22% della Faggeta mesotrofica, attribuita alla variante con latifoglie mesofile (FA50B), definita dalla presenza di acero di monte, frassino, più sporadicamente tiglio e ciliegio selvatico. Sporadica risulta la presenza dell’abete bianco, con localizzati nuclei di promettente rinnovazione e singoli giovani soggetti di buon portamento; la specie manifesta un’ottima attitudine stazionale. In tutti i casi il faggio contribuisce sempre con percentuali superiori al 95% di frequenza nella definizione della composizione specifica. Sempre presenti risultano il frassino e l’acero di monte

27 ma con densità tali da non permettere sempre l’individuazione delle relative varianti; più sporadici risultano il tiglio e il ciliegio selvatico. In prossimità di aree un tempo non boscate (radure, aie carbonili, vecchi coltivi) si sono sviluppate formazioni a prevalenza di specie pioniere, in particolare pioppo tremolo, betulla, nocciolo, salicone, , sempre su superfici di dimensione tali da non poter essere cartografate. La Faggeta oligotrofica (FA60X), insieme alla variante con castagno (FA60C) definisce 2,6 ettari di superficie forestale, il 7% della superficie di categoria; in prevalenza caratterizza le basse propaggini della Costa Vatè (mappale n. 32, subito a nord della struttura del Castello). Presenta evidenti segni di minore fertilità per effetto della rocciosità affiorante, maggiore pendenza media delle stazioni, maggior ricchezza in scheletro del suolo, prevalenza di esposizioni calde (Sud, sud- est), parametri a cui corrisponde un più rapido drenaggio. Le condizioni di maggior acidità del suolo e maggiore xerofilia stazionale è indicata dalla presenza di vegetazione quale Vaccinium myrtillus, Avenella flexuosa, Luzula nivea, Teucrium scorodonia, Calluna vulgaris, Hieracium gr. silvaticum etc. Anche in questo caso il faggio definisce oltre il 90% della composizione specifica. In corrispondenza della radure per rocciosità affiorante aumenta la presenza di specie pioniere e rustiche quali betulla, nocciolo, frassino, sorbo degli uccellatori, sorbo montano, maggiociondolo, rosa canina, ginepro comune etc.. Di seguito si riporta la ripartizione della categoria in tipi forestali, particelle forestali e tipi strutturali. Tab. 1 Ripartizione della categoria Faggeta per tipo forestale, compresa e tipo strutturale Compresa forestale e tipi strutturali Compresa forestale e tipi strutturali Compresa 2 Compresa 3

Tipo forestale

(codice) Totale FG FG CM CM AM CM CM AM

Ceduo matricine IM Ceduo adulto Ceduo adulto con matricine con matricine con matricine con matricine Ceduo giovane Ceduo giovane Totale compresa 2 Totale compresa 3 invecchiato con Fustaia giovane Fustaia giovane

Faggeta mesotrofica FA50X 0,7 0,9 1,5 23,1 0,4 1,4 24,8 26,3 variante con latifoglie mesofile FA50B 0.9 1,1 2 4,9 0,7 5,6 7,6 Totale faggeta mesotrofica 0,9 0,7 1,1 0,9 3,5 28 0,4 2,1 30,4 33,9 Faggeta oligotrofica FA60X 1,3 0,4 1,6 1,6 variante con castagno FA60C 1 1 1 Totale faggeta oligotrofica 1,3 1 0,4 2,6 2,6 Totale 2,1 1,7 1,1 1,2 6,1 28,0 0,4 2,1 30,5 36,6

28 La Faggeta caratterizza esclusivamente le comprese n. 2 “Castello di Casotto” e n. 3 “Le faggete reali”. Nella particella n. 1 “Correria e sue pertinenze” la categoria è stata cancellata dalla prevalente gestione agricola del suolo sebbene la specie sia ben rappresentata nell’ambito di altre categorie come specie d’accompagnamento. Prevale il tipo strutturale del ceduo giovane con matricine (82% della superficie di categoria), in prevalenza nell’ambito della particella n. 3 e nel Tipo Faggeta mesotrofica; questo a testimonianza delle utilizzazioni a cui buona parte della superficie di categoria che si sviluppa sul versante del Bric Mindino è stata sottoposta a partire dalla fine degli anni ’60. Si tratta di cedui coetanei ed uniformi, caratterizzati da una elevata densità complessiva, risultato di una omogenea e semplificata gestione che ha previsto ceduazioni annuali su fasce limitrofe. In quell’occasione l’esbosco è avvenuto in salita, verso la strada provinciale, con impiego di muli; i segni delle mulattiere sono ancora evidenti ma non più percorribili. Il tipo strutturale del ceduo adulto interessa solo 2 ettari (6% della superficie di categoria), equamente ripartiti fra la Faggeta mesotrofica e quella oligotrofica. Su una superficie di 3,4 ettari (9% della superficie di categoria) è stata rilevato il tipo strutturale della giovane fustaia, in prevalenza (62% della superficie del tipo strutturale) nella compresa 3 che comprende la maggior parte della faggeta di pertinenza del Castello, ascritta alla Faggeta mesotrofica, in cui, a scopo fruitivo e paesaggistico, parte di cedui invecchiati sono stati sottoposti ad un avviamento all’alto fusto. In tutti i casi si tratta interventi eseguiti nel recente passato (20-25 anni) col risultato di aver definito giovani popolamenti coetanei ad alto fusto di particolare valore estetico-paesaggistico, con soggetti di buon portamento e buone possibilità di ulteriore sviluppo. Il ceduo invecchiato interessa solo un modesto ettaro (meno del 3% della superficie di categoria), nella compresa n. 2, riferito alla Faggeta mesotrofica variante con latifoglie mesofile. Nella compresa n. 3 “Faggete reali” sono presenti i segni di vecchie aie carbonili, superfici pianeggianti adibite alla produzione di carbone, e i resti dei ricoveri in pietra utilizzati durante questa attività. I dati relativi alla categoria resi disponibili dallo studio per il PFT Alta Val Tanaro, Area Forestale 13, sono i seguenti (settore 46): Tab. 2 Parametri della categoria Faggeta dell’Area Forestale Alta Val Tanaro

AF 13 Alta Val Tanaro (11 aree di saggio): categoria Faggeta (FA) Parametri Tutte le specie Faggio Numero piante ad ettaro (n. piante/ha) 1.669 1.379 Area basimetrica (m2/ha) 23,3 18,9 Provvigione (m3/ha) 507,9 484,5

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I dati riferiti ai singoli tipi forestali risultano invece i seguenti: Tab. 3 Parametri dei Tipi forestali della categoria Faggeta dell’Area Forestale Alta Val Tanaro

Tipo forestale Faggeta mesotrofica Faggeta oligotrofica

Parametri FA50X FA60X Numero piante ad ettaro n. piante/ha) 1.185 1.313 Area basimetrica (m2/ha) 28,7 26,3 Provvigione (m3/ha) 443,6 462,3

I dati dell’Area Forestale n. 12 (Valli Monregalesi), in cui la proprietà regionale non ricade ma ne rappresenta la naturale continuità territoriale, indicano valori simili di densità e area basimetrica mentre sono di molto inferiori i dati di provvigione: 264 m3/ha nei cedui invecchiati e mediamente 150 m3/ha nei cedui giovani/adulti. Probabilmente questo è dovuto all’impiego di un non opportuno coefficiente di forma per la stima dei volumi in questo ultimo caso. I dati resi disponibili dal Piano Forestale Aziendale (PFA) della proprietà B&B INVEST s.r.l. indica per la categoria una provvigione media di 185 m3/ha di cui 150 m3/ha (81% della provvigione complessiva) attribuibile al solo faggio. Sulla base dei dati riportati, confrontati e corretti coi dati resi disponibili dalle aree di saggio effettuate ai fini del presente Piano, di seguito si riportano i dati di riferimento per i tipi strutturali cartografati e per i quali si prevede una gestione attiva, senza fare distinzione per Tipo forestale, considerata la modesta superficie occupata dalla Faggeta oligotrofica. Tab. 4 Parametri della categoria Faggeta di riferimento per la proprietà regionale

Categoria Faggeta Tipo strutturale Densità Provvigione (m3/ha) (n. piante/ha) Ceduo giovane con matricine (CM) 2.100 150 Ceduo adulto con matricine (AM) 1.300 200 Ceduo invecchiato con matricine (IM) 1.100 250 Fustaia giovane (FG) 1.200 250

7.2 Acero-Tiglio-Frassineto (AF) La superficie cartografica attribuita al Tipo forestale ammonta a 17,2 ha (28% della superficie forestale). E’ la categoria maggiormente rappresentata dopo la Faggeta. A differenza di questa l’Acero-Tiglio-Frassineto comprende popolamenti di recente affermazione, il cui sviluppo è avvenuto in prevalenza a carico di ex superfici agricole quali pascoli freschi e coltivi, il più delle volte a partire dal margine dei boschi già esistenti ma anche dai filari radicati in corrispondenza

30 delle scarpate delle strade, dei prati, dei limiti di proprietà e dei canali di irrigazione, un tempo regolarmente trattati a ceduo o a sgamollo (ceduo alto). Il loro sviluppo è inoltre legato alle fasce riparie, favorito da una loro più estensiva gestione. Dal punto di vista ecologico ed evolutivo si possono individuare due Tipi: l’Acero-Tiglio- Frassineto d’invasione -AF50X- (15,1 ha, 88% della superficie di categoria) e l’Acero-Tiglio- Frassineto di forra -AF40X- (2,1 ha, ossia il 12% della superficie di categoria). L’Acero-Tiglio-Frassineto d’invasione caratterizza tutte gli ambiti della proprietà regionale ed è strettamente correlato ad un pregresso uso non forestale delle superfici attualmente occupate. I popolamenti non di pertinenza delle fasce fluviali presentano mediamente origine più recente (30- 35 anni), coperture non totali e valori di densità inferiori; la copertura infatti è definita da pochi soggetti ad ampia chioma, un tempo gestiti a sgamollo, o da più polloni, con portamento non sempre verticale, sviluppatisi su poche ceppaie un tempo regolarmente ceduate. Numerose sono infatti le ceppaie policormiche su cui risulta ben evidente, per portamento, vigore e dimensione, il soggetto che è stato rilasciato in occasione dell’ultima utilizzazione. Sempre abbondante risulta la rinnovazione delle specie definitive, in corso di affermazione. Si tratta infatti di formazioni di transizione, instabili, ossia che lasceranno spazio ad altri popolamenti, quelli definitivi, favorendone la loro stessa affermazione. A testimonianza della recente affermazione di parte di questi popolamenti e del precedente uso del suolo non forestale, il sottobosco è caratterizzato da una continua copertura erbacea, residua dei precedenti prati, ma selezionata in termini di composizione specifica per effetto del progressivo ombreggiamento. In parte queste aree vengono ancora utilizzate per il pascolo degli animali, in alcuni casi con conseguenze negative sulla funzione paesaggistica o ricreativa (vedi piano pastorale, cap. 9). Non mancano popolamenti di più vecchia affermazione (35 - 50 anni), per lo più in continuità col limite del bosco storico e nelle aree marginali, non più gestire da tempo. Nell’ambito di queste, in seguito al venir meno della loro gestione, le specie pioniere hanno favorito l’inserimento delle specie definitive, in prevalenza faggio. Questo ha contribuito alla successione forestale orientata a definire formazioni climatiche in cui le specie tipiche della categoria iniziale, acero e frassino, assumono progressivamente la funzione di specie accessorie e d’accompagnamento. A testimonianza di questo nell’ambito della categoria prevale la variante con faggio -AF50D- con circa 8,3 ha (48% della superficie di categoria). La restante superficie (7 ha, 41% della categoria) è invece ripartita fra la variante tipica AF50X (3 ha, 17 % della categoria), e le varianti definite dalle due principali specie costitutrici, a frassino maggiore (2,3 ha, 13% della categoria) e ad acero di monte (1,1 ha, 6% della categoria).

31 In tutti i casi il 97% della densità complessiva è definita dal frassino maggiore e dall’acero di monte; nelle varianti a frassino o a acero di monte prevalgono rispettivamente una delle due specie. Sporadici e d’accompagnamento risultano il ciliegio selvatico, il pioppo tremolo, l’ontano bianco, il tiglio selvatico e il salice ripaiolo. Il Tipo forestale Acero-Tiglio-Frassineto di forra (AF40X) è il popolamento di più stretta pertinenza dei corsi d’acqua e degli impluvi più incisi, stazioni in cui definisce popolamenti ad alto fusto, solo localmente sottoposti a ceduazioni recenti. In questi ambiti il Tipo definisce popolamenti stabili e definitivi, ossia che si succedono a se stessi assumendo un importante ruolo naturalistico e protettivo. Nel complesso definisce il 12% della superficie di categoria, come somma di più poligoni, in prevalenza nella compresa n. 1 (1,2 ha) e n. 3. Nella compresa n. 1 la categoria è rappresentata all’estremità occidentale della proprietà oltre l’immissione nel Rio Casotto del Rio Marmorea, in corrispondenza del tratto sotto la cascina del Seccatoio. Nella compresa n. 2 lungo il Canale del Gatto e il Canale Vatè oltre che nel tratto del Casotto sotto la Correria. È la categoria forestale che, per il maggior contributo in termini di biodiversità e articolazione strutturale, assume un importante ruolo ecologico in un ambito forestale molto uniforme, dominato dal faggio; il sottobosco è ricco di specie d’accompagnamento quali nocciolo, sorbo montano, sorbo degli uccellatori, ontano bianco, maggiociondolo, salicone e pioppo tremolo. In particolare l’ Acero- Tiglio-Frassineto di forra (AF40X) è uno degli habitat d’interesse comunitario prioritario (9180*). Di seguito si riporta la ripartizione della categoria in tipi forestali, comprese forestali e tipi strutturali.

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Tab. 5 Ripartizione della categoria Acero-Tiglio-Frassineto per tipo forestale, compresa e tipo strutturale

Compresa Compresa forestale Compresa forestale 1 forestale 2 3

Tipo Forestale (codice)

Totale

medi medi MM medi medi MM

gestione SG matricine AS matricine CM matricine AM matricine AM matricine CM Ceduo adulto con Ceduo adulto con Totale compresa 1 Totale compresa 2 Totale compresa 3 Ceduo giovane con Ceduo giovane con Popolamento senza Ceduo adulto senza Giovane fustaia FG Giovane fustaia FG Giovane fustaia FG

Ceduo invecchiato IM Fustaia adulta a diametri Fustaia adulta a diametri Acero-tiglio-frassineto d'invasione AF50X 0,2 0,3 0,6 1,3 1,1 2,4 3 variante a frassino maggiore AF50B 0,4 0,1 1,3 1,8 0,5 0,5 2,3 variante ad acero di monte AF50C 1,1 1,1 1,1 variante con faggio AF50D 1,1 0,5 0,1 0,4 2,1 1,3 1,3 2,6 2,0 1,7 3,7 8.3 variante con castagno AF50E 0,3 0,3 0,3 Totale Acero-Tiglio- Frassineto d’invasione 2,1 0,6 0,1 1,3 1,5 0,3 5,9 2,6 2,9 5,5 2,0 1,7 3,7 15,1 Acero-tiglio-frassineto di forra AF40X 0,2 0,7 0,9 0,3 0,3 0,7 0,7 1,8 variante ad acero di monte AF40C 0,3 0,3 0,3 Totale Acero-Tiglio- Frassineto di forra 0,2 0,7 0,3 1,2 0,3 0,3 0,7 0,7 2,1 Totale 2,1 0,8 0,1 2,0 1,5 0,6 7,1 2,6 3,2 5,8 0,7 2,0 1,7 4,3 17,2

L’Acero-Tiglio-Frassineto caratterizza tutte e 3 le comprese forestali, con maggior peso nelle comprese n. 1 e 2, rispettivamente con 7,1 e 5,8 ha, il 75% della superficie di categoria. Nella compresa n. 3, caratterizzata dalla prevalenza della Faggeta, l’Acero-Tiglio-Frassineto occupa 4,3 ha (25% della categoria) con popolamenti di particolare interesse naturalistico e paesaggistico. Prevale nettamente il tipo strutturale della “fustaia giovane” (42% della superficie di categoria), in prevalenza nell’ambito della compresa n. 2 e nel Tipo Acero-Tiglio-Frassineto d’invasione, in particolare a testimonianza del venir meno della regolare gestione del pascolo nelle aree prossime al Castello. Segue il tipo strutturale della “fustaia adulta a prevalenza di diametri medi” con 3,2 ha (19% della superficie di categoria), equamente ripartiti fra le comprese n. 1 e n. 3 e, in tutti i casi, con esclusivo riferimento al Tipo Acero-Tiglio-Frassineto d’invasione. Ben rappresentato risulta inoltre il tipo strutturale del “ceduo adulto matricinato” a cui corrispondono 4,1 ha (24% della superficie di categoria) in prevalenza rappresentato nella compresa n. 2, seguita dalla numero 1. La restante superficie è ripartita fra il tipo strutturale del “ceduo

33 giovane con matricine” (16%), esclusivamente nella compresa n. 1, e “senza gestione per limiti stazionali” (3%), anche in questo caso esclusivamente nella compresa 1. I dati relativi alla categoria resi disponibili dallo studio per il PFT Alta Val Tanaro, Area Forestale 13, sono i seguenti (settore 46): Tab. 6 Parametri della categoria Acero-Tiglio-Frassineto dell’Area Forestale Alta Val Tanaro

AF 13 Alta Val Tanaro: Categoria Acero-Tiglio-Frassineto AF Parametri Tutte le specie Densità (n. piante/ha) 914 Area basimetrica (m2/ha) 20 Provvigione (m3/ha) Non disponibile

I dati dell’Area Forestale n. 12 (Valli Monregalesi), in cui la proprietà regionale non ricade ma ne rappresenta la naturale continuità territoriale, sono i seguenti: Tab. 7 Parametri della categoria Acero-Tiglio-Frassineto dell’Area Forestale Valli Monregalesi

AF 12 Valli Monregalesi: Categoria Faggeta FA Parametri Tutte le specie Densità (n. piante/ha) 822 Area basimetrica (m2/ha) 28 Provvigione (m3/ha) 205

Il Piano Forestale Aziendale (PFA) della proprietà B&B INVEST s.r.l. non riporta dati caratterizzanti tale categoria. Sulla base dei dati riportati, confrontati e corretti coi dati resi disponibili dalle aree di saggio effettuate ai fini del presente Piano, di seguito si riportano i dati di riferimento per i tipi strutturali cartografati e per i quali si prevede una gestione attiva, senza fare distinzione per tipo forestale considerato il modesto contributo dell’Acero-Tiglio-Frassineto di forra.

Tab. 8 Parametri della categoria Acero-Tiglio-Frassineto di riferimento per la proprietà regionale

Categoria Acero-Tiglio-Frassineto Tipo strutturale Densità Provvigione (m3/ha) (n. piante/ha) Ceduo giovane con matricine (CM) 1.300 100 Ceduo adulto con matricine (AM) 1.200 200 Ceduo invecchiato con matricine (IM) 1.200 250 Fustaia giovane (FG) 900 250 Fustaia adulta a diametro medio (MM) 800 280 Senza gestione (SG) 650 80

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7.3 Boscaglie d’invasione (BS) Si tratta di una modesta superficie forestale, 4,1 ha (7% della superficie boscata), la cui origine secondaria, ossia d’invasione, è simile a quella degli Acero-Tiglio-Frassineti, ma in ambiti con maggiori limiti stazionali, in particolare rappresentati dalla scarsa profondità del suolo, dalla prevalente esposizione meridionale e maggior drenaggio del suolo. Nel caso specifico la categoria si è sviluppata totalmente a carico di pascoli e prato-pascoli (es. mappale 38, foglio I; mappale 7, foglio III). Prevalgono le formazioni giovani, in corso di progressiva e definitiva affermazione, in parte ancora oggetto di pascolamento a inizio estate. La copertura del suolo è totale se si escludono i betuleti di pertinenza del Canale Vatè e le formazioni quasi rupicole subito a monte dell’ingresso del Castello. L’attitudine forestale di queste stazioni è evidenziata dal fatto che le specie pioniere (betulla, pioppo tremolo, ciliegio, sorbo aucuparia e nocciolo) sono sempre accompagnate da specie definitive, in particolare faggio, castagno, frassino maggiore, acero di monte e ciliegio. Tali formazioni tendono a espandersi a macchia d’olio mediante l’abbondante e costante produzione di semi, in parte anche per via agamica mediante l’emissione di polloni radicali. Il processo è attualmente in corso a scapito delle limitrofe superfici a pascolo, ormai trasformati in prati arborati; è in questi casi, in prossimità delle principali aree a vocazione pastorale, che si è previsto il recupero delle superficie a copertura erbacea come indicato nel piano pastorale (vedi cap. 9). Di seguito si riporta la ripartizione della categoria in tipi forestali, comprese forestali e tipi strutturali. Tab. 9 Ripartizione della categoria Boscaglie d’invasione per tipo forestale, compresa e tipo strutturale

Compresa forestale e tipi strutturali Compresa 1 Totale Compresa 2 Totale compresa Fustaia compresa Totale Tipo forestale Perticaia 1 Perticaia Spessina giovane 2 complessivo (codice) (PE) (PE) (SP) (FG)

Betuleto montano (BS20X) 0,8 0,8 0,8 Betuleto montano, variante pascolata (BS20K) 0,7 0,7 0,7 Totale betuleto montano 0,7 0,8 1,5 1,5 Boscaglie d'invasione, sottotipo montano BS32X 1,6 1,6 1,0 1,0 2,6 Totale boscaglia d’invasione 1,6 1,6 1,0 1,0 2,6 Totale complessivo 1,6 1,6 0,7 1,0 0,8 2,5 4,1

La categoria non è rappresentata nella compresa n. 3 “Faggete reali” dove prevalgono i boschi storici e non sono presenti superfici agricole abbandonate negli ultimi decenni.

35 Prevale invece nella compresa n. 2 “Castello di Casotto” in cui buona parte della superficie pastorale è stata oggetto negli ultimi decenni di una gestione estensiva, per lo più in corrispondenza del Canale Vatè. La restante superficie ricade nella Compresa n. 1 “Correria e sue pertinenze” dove, sebbene più puntuale risulta al gestione zootecnica delle superfici a pascolo, sono in corso di affermazione, attualmente nella fase di perticaia, più poligoni di boscaglia fra la strada che conduce alla Cascina del Seccatoio e la strada Provinciale (mappale n. 38, Foglio I). Prevale il tipo strutturale della “perticaia” (56% della superficie di categoria), ossia di popolamenti in piena crescita che stanno esprimendo i massimi valori di accrescimento in altezza. La restante superficie è attribuita al tipo strutturale della “spessina” (24%), fase evolutiva di recente affermazione (meno di 15 anni di età), e alla “Fustaia giovane” (18%), fase evolutiva più avanzata. In tale categoria non si prevede alcun intervento nel periodo di validità del presente Piano.

7.4 Castagneti (CA) La categoria definisce un modesto 2% della superficie forestale della proprietà, corrispondenti a 1,4 ettari di superficie. Si tratta di una tipica formazione antropica ossia definita dall’uomo e mantenuta pura nel tempo mediante la regolare gestione a ceduo. Il castagno si trova infatti al limite altitudinale della sua distribuzione ottimale; questo giustifica i precoci segni di senescenza e seccume dei rami nei soggetti o ceppaie adulte. A conferma di questo i rilievi hanno evidenziato come nei popolamenti ascritti alla categoria sempre abbondante sia la presenza di specie diverse, autoctone e più idonee alla stazione, in prevalenza faggio, frassino, acero di monte e ciliegio selvatico, che si avvantaggiando progressivamente del deperimento del castagno, come evidenziato dalle varianti cartografate. Di seguito si riporta la ripartizione della categoria in tipi forestali, comprese forestali e tipi strutturali. Tab. 10 Ripartizione della categoria Castagneto per tipo forestale, compresa e tipo strutturale

Comprese forestali e tipi strutturali Compresa 1 Tipo forestale Totale (codice) Ceduo giovane Ceduo adulto Ceduo adulto compresa Totale con matricina con matricine senza matricine 1 CM AM AS Castagneto acidofilo a Teucrium scorodonia delle Alpi CA30X 0,3 0,3 0,3 Castagneto acidofilo a Teucrium scorodonia delle Alpi, variante con faggio CA30F 0,3 0,8 1,1 1,1 Totale complessivo 0,3 1,1 1,4 1,4

36 La categoria è rappresentata nella sola Compresa n. 1 “Correria e sue pertinenze” dove maggiore è l’incidenza delle attività e strutture agricole sul bosco, a dimostrazione dell’origine antropica della categoria. Prevale il Tipo strutturale “ceduo adulto con matricine” (79% della superficie di categoria), segue il Tipo strutturale “ceduo giovane con matricine” (21%) a testimonianza di una pregressa gestione a ceduo della categoria, l’unica idonea alla specie, considerato il modesto vigore dimostrato ad età superiori ai 35-40 anni. I dati relativi alla categoria resi disponibili dallo studio per il PFT Alta Val Tanaro, Area Forestale 13, sono i seguenti (settore 46): Tab. 11 Parametri della categoria Castagneto dell’Area Forestale Alta Val Tanaro

AF 13 Alta Val Tanaro: Categoria Castagneto CA Parametri Tutte le specie Densità 1.470 (n. piante/ha) Area basimetrica 30,6 (m2/ha) Provvigione (m3/ha) 154

I dati dell’Area Forestale n. 12 (Valli Monregalesi), in cui la proprietà regionale non ricade ma ne rappresenta la naturale continuità territoriale (vedi cap. 3), sono i seguenti: Tab. 12 Parametri della categoria Castagneto dell’Area Forestale Valli Monregalesi

AF 12 Valli Monregalesi: Categoria Castagneto CA Parametri Tutte le specie Densità 1.305 (n. piante/ha) Area basimetrica 29,6 (m2/ha) Provvigione (m3/ha) 443,7

Sulla base dei dati riportati, confrontati e corretti coi dati resi disponibili dalle aree di saggio effettuate ai fini del presente documento, di seguito si riportano i dati di riferimento per i tipi strutturali cartografati e per i quali si prevede una gestione attiva. Tab. 13 Parametri della categoria Castagneto di riferimento per la proprietà regionale

Categoria Castagneto Tipo strutturale Densità Provvigione (m3/ha) (n. piante/ha) Ceduo adulto con matricine (AM) 1.500 250

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7.5 Rimboschimenti (RI) La categoria definisce 1,3 ettari di superficie, corrispondenti a circa il 2% della superficie forestale. Si tratta di una categoria antropica ossia definita dall’uomo mediante impianti specializzati, solo sporadicamente oggetto di cure colturali, in particolare diradamenti a carico dei soggetti che progressivamente sono morti. La categoria comprende due nuclei, uno di larice nei pressi della Cascina del Seccatoio, nella compresa n. 1 “Correria e sue pertinenze”, uno di abete rosso e pino strobo in prossimità del Castello, nella compresa n. 2 “Castello di Casotto”. Il rimboschimento di larice è stato realizzato nei primi anni ’60; l’eliofilia della specie, ossia l’esigenza di luce diretta, ha causato la morte di molti soggetti per la densità elevata, non ridotta progressivamente con diradamenti. Tutti i soggetti presentano il fusto vistosamente sciabolato per effetto del peso del manto nevoso nella stagione invernale (raptazione). La progressiva morte dei soggetti meno vigorosi è attualmente in corso contemporaneamente all’affermazione e al progressivo inserimento di altre specie, in prevalenza acero di monte, frassino e faggio. Il secondo rimboschimento è di poco più giovane, risale alla metà degli anni ’60. Anche in questo caso la densità è pressoché quella originale se si escludono i vuoti definiti dalla morte dei soggetti progressivamente dominati. La porzione più prossima al Castello è pura ad abete rosso, l’altra a pino strobo. La copertura è piena e questo ha rallentano il processo d’invasione descritto nel lariceto. Ciononostante sono presenti soggetti affermati o in corso di affermazione in prossimità dei margini del poligono o in prossimità dei vuoti definiti dai morti, in particolare di faggio, acero di monte e sorbo degli uccellatori. Di seguito si riporta la ripartizione della categoria in tipi forestali, comprese forestali e tipi strutturali. Tab. 14 Ripartizione della categoria Rimboschimento per tipo forestale, compresa e tipo strutturale

Comprese forestali e tipi strutturali Compresa 1 Compresa 2 Totale Fustaia adulta a Compresa Totale Tipo forestale diametro medio 1 Fustaia adulta a diametro Compresa 2 Totale (codice) MM medio MM Rimboschimento del 0,6 0,6 0,6 piano montano, variante a larice europeo (RI20C) 0,7 0,7 0,7 Rimboschimento del piano montano, variante a conifere miste (RI20H) 0,6 0,6 0,7 0,7 1,3 Totale rimboschimento 0,6 0,6 0,7 0,7 1,3

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La superficie di categoria è equamente ripartita fra la compresa n. 1 e la n. 2. Nella compresa n. 1 il rimboschimento di larice occupa 0,6 ha di superficie, nella compresa n. 2, quello di abete rosso e pino strobo, caratterizza 0,7 ettari, equamente ripartiti fra le due specie. Considerata la coetaneità degli impianti la totale superficie è stata attribuita al tipo strutturale della “fustaia adulta a prevalenza di diametri medi”. Infatti, considerate l’attuale stadio di sviluppo dei soggetti, le modeste possibilità di ulteriore crescita, i due popolamenti sono da considerarsi a fine ciclo. Nell’impianto di larice l’avanzata fase di colonizzazione da parte di specie forestali autoctone ne sancisce la destinazione a bosco per cui non si può prevedere la modificazione dell’uso del suolo. Questo significa che lo sgombero dei soggetti maturi dovrà avvenire rispettando e rilasciando i soggetti di specie autoctone affermati che definiranno il bosco futuro. Il rimboschimento di abete rosso e strobo, è invece ancora considerabile un impianto di arboricoltura da legno e come tale, dopo lo sgombero delle conifere, è possibile prevedere un cambiamento dell’attuale destinazione forestale del suolo. Considerata la posizione favorevole rispetto al castello e la sua parziale insidenza sugli antichi orti dei monaci, si prevede il recupero a prato arborato della superficie, il recupero dell’area degli orti oltre alla realizzazione di opere di arredo verde, a disposizione dei fruitori dell’area. I PFT delle Aree forestali di riferimento per la proprietà regionale, ossia l’Alta Val Tanaro (AF 13) e l’Area Forestale n. 12 (Valli Monregalesi) non presentano dati dendrometrici statisticamente significativi riferiti alla categoria sebbene ben rappresentata in entrambe. Considerata la modesta superficie a cui si fa riferimento e l’elevata omogeneità dei due popolamenti i migliori dati di riferimento sono quelli relativi alle aree di saggio eseguite per la caratterizzazione dei boschi della tenuta del Castello, di seguito riportati. Tab. 8 Parametri della categoria Rimboschimento di riferimento per la proprietà regionale

Categoria Rimboschimento Tipo strutturale Densità Provvigione (m3/ha) (n. piante/ha) Fustaia adulta a prevalenza di dimetri medi (MM) 1.200 400

39 8 Avversità del bosco e fattori critici

Di seguito si riportano le opportune osservazioni relative ai fattori che possono avere un’azione limitante allo sviluppo quali-quantitativo del bosco e delle superficie pastorali ostacolando la loro gestione polifunzionale. Gli stessi, presi in considerazione anche per l’articolazione delle proposte gestionali, vengono meglio indicate nella descrizione delle singole particelle forestali (vedi allegato n. 2).

8.1 Dissesti I dati resi disponibili dai PFT considerati per la caratterizzazione della tenuta del Castello di Casotto evidenziano come la Val Casotto, in continuità con l’alta Val Tanaro, risulta un’area sensibile a frane e fenomeni erosivi, anche intensi, come si può osservare in campo. Al momento le paleofrane (di crollo e scivolamento) di entità rilevante risultano quiescenti e non suscettibili di riattivazione. Nel dettaglio la proprietà regionale non è interessata da nessuna paleofrana. Nell’ambito della proprietà i dissesti, di piccola dimensione e localizzati, sono legati ai problemi di deflusso idrico e si manifestano con fenomeni di erosione e localizzate frane da scivolamenti superficiale. L’erosione è limitata agli impluvi, anche minori. L’accentuato carattere torrentizio dei rii determina periodicamente forti fenomeni di erosione e trasporto solido, anche in corrispondenza dei semplici canali di scolo naturale, vie preferenziali di scorrimento superficiale delle acque meteoriche, che attraversano sentieri e piste forestali. I fenomeni di erosione innescati dalla pendenza accentuata dei versanti sono modesti e puntuali, le aree a pendenza accentuata e critica risultano in prossimità del Canale del Gatto, di quello del Vatè e del Rio delle Combe. In tutti i casi l’azione erosiva dell’acqua meteorica è mitigata dalla copertura forestale. La gestione forestale di queste aree richiede alcuni accorgimenti come è sottolineato dalla prevalente destinazione protettiva delle stesse. Lungo gli impluvi sopra indicati i rii risultano incisi su lunghi tratti con evidenti fenomeni di erosione delle sponde al piede oltre che di trasporto solido. È questo il motivo che ha consigliato il recente intervento di riprofilatura e delimitazione dell’alveo del Canale Vatè in prossimità del Castello, al fine di garantire la sicurezza idraulica alla reale struttura. Negli altri casi si tratta comunque di dinamiche naturali localizzate in ambiti naturali, da monitorare nel tempo ma sulle quali non è necessario intervenire. I dissesti descritti interferiscono con le attività silvopastorale quando questi interessano la viabilità di servizio o i tracciati di varia natura, compresi i sentieri. Molti sono i tracciati (vedi capitolo 11) resi inagibili a mezzi meccanici, anche per modesti tratti, a causa dell’attraversamento di rii o semplici canali di scolo in corrispondenza dei quali si verificano periodicamente, in occasione delle 40 stagionali portate di massima, fenomeni di erosione del sedime stradale o di accumulo di materiale terroso e lapideo, anche con rocce di grosse dimensioni. Per questo motivo sono stati riportati nel capitolo della viabilità indicazioni puntuali su interventi necessari per regimare le acque dei rii evitando o riducendo l’azione erosiva degli stessi. Tutti gli interventi di adeguamento dei tracciati stradali, come nel caso di eventuale apertura di nuovi tracciati, dovranno prevedere la realizzazione di canalette di scolo, piccoli attraversamenti, preferibilmente da realizzare impiegando materiale legnoso locale (castagno o larice) con le tecniche dell’ingegneria naturalistica. Il distacco di rocce da versante o il rotolamento di materiale lapideo di dimensioni medio-grandi, al di fuori dei rii, è da ritenersi evento occasionale e localizzato in aree in cui non sono prevedibili interventi, ad esempio in prossimità del versante del Bric Mindino che si sviluppa a valle delle Rocce d’Eicav.

8.1.1 Recenti interventi di sistemazione idraulica L’indagine idraulica commissionata dalla proprietà ad uno studio specializzato ha evidenziato la necessità di una riprofilatura dell’alveo del canale Vatè nel tratto di pertinenza del Castello di Casotto al fine di ripristinare condizioni di sufficiente sicurezza idraulica. Gli interventi sono stati eseguiti nella primavera 2007. Parte delle aree dismesse dai cantieri sono state recuperate a verde nell’autunno dello stesso anno. Di seguito si riportano alcune indicazioni d’intervento che potranno essere recepite in un progetto di dettaglio per un completo e corretto recupero dell’intera area oggetto d’intervento. Le lavorazioni, l’abbattimento di soggetti arborei, gli spostamenti dei mezzi meccanici, hanno infatti definito ampie superfici a terreno nudo, spesso impoverito in quanto privato della frazione organica superficiale. Questa probabilmente non è stata asportata prima dell’inizio del cantiere, conservata durante i lavori, per poi essere ridistribuita alla fine degli stessi. Queste superfici devono essere rinverdite con idrosemina o semine a spaglio utilizzando miscele adeguate di graminacee e dicotiledoni (vedere gli elenchi di specie dell’indagine pastorale, cap. 9). Prima di questo è però fondamentale prevedere piccoli interventi di stabilizzazione delle ampie superficie nude al fine di favorire un positivo esito degli interventi di recupero a verde. Preferibilmente gli interventi dovranno fare riferimento alle tecniche di ingegneria naturalistica, a modesto impatto ambientale, che consentono di utilizzare materiale facilmente disponibile in loco riducendo i costi. Il ruscellamento dell’acqua meteorica in occasione delle modeste piogge verificatesi successivamente ai lavori hanno evidenziato l’incipienza di localizzati fenomeni di erosione. Per

41 risolvere questi è indispensabile prevedere la regimazione delle acque meteoriche, in particolare mediante canalette di scolo sulle strade che attraversano l’area di cantiere e canalette di raccolta che conducano le acque nel Canale Vatè in punti prestabiliti. Si consiglia la realizzazione di semplici tipologie di canalette in legname e pietrame. Il materiale lapideo è disponibile lungo i vari corsi d’acqua, il legno potrebbe essere il larice o il castagno disponibile mediante l’esecuzione di parte degli interventi selvicolturali previsti. Nel complesso, a monte del Castello, si è stimata la necessità di 60 m di attraversamenti stradali e 50 m di canale di raccolta a lato strada e scarico nel Canale Vatè. In corrispondenza dell’ampia scarpa definita dalla risagomatura dell’alveo, sul versante in sinistra idrografica e a monte della scogliera, è necessario prevedere la realizzazione di palizzate al fine di stabilizzare il versante, limitare l’azione erosiva dell’acqua meteorica e facilitare l’attecchimento della copertura erbacea ed arbustiva. Si prevedono tre file di palizzate, sfalsate fra loro, di 14 elementi di 3 m di lunghezza per ciascuna fila, per uno sviluppo complessivo di circa 130 m lineari di palizzate. L’area dovrà inoltre essere ricoperta da geojuta al fine di contenere il materiale più fine (circa 2000 m2 di geojuta). In corrispondenza di una palizzata ogni 3 si prevede la messa a dimora di un gruppo di 10 trapianti di specie arbustive scelte fra sambuco rosso (Sambucus racemosa), caprifoglio peloso (Lonicera xilosteum), ligustro (Ligustrum vulgare), biancospino (Crataegus monogyna), sorbo degli uccellatori (Sorbus aucuparia) e maggiociondolo (Laburnum anagyroides). Nel complesso si stimano necessari 500 trapianti. Interventi simili risultano necessari anche a valle del Castello. Anche in questo caso deve essere regimata l’acqua meteorica, in particolare quella proveniente dalla strada di nuova costruzione, e quella raccolta dall’ampia superficie attualmente priva di copertura. Sono necessarie altre palizzate al fine di stabilizzare il terreno nei punti di maggiore pendenza e dove sono visibili i primi segni di erosione superficiale. Si stima la necessità di realizzare 50 m di canalette, fra attraversamenti stradali e canali di raccolta, 50 m di palizzate oltre alla messa a dimora di un centinaio di trapianti arbustivi. Al fine di mascherare la scogliera di massi ciclopici si prevede un rinverdimento della struttura mediante la messa a dimora di talee di salici. Il rinverdimento delle cogliere deve essere previsto già nella fase di progettazione al fine di impiegare correttamente il terreno naturale per il riempimento dei vuoti. Il riempire i vuoti in seguito alla realizzazione della struttura riduce notevolmente le possibilità di successo: per questo motivo si prevede di mettere a dimora talee solo nella porzione più bassa dove maggiore è il livello di umidità all’interno della struttura. Le talee di salice possono essere raccolte lungo il Rio Casotto nei comuni di Pamparato e Roburent, in seguito ad opportuna autorizzazione, dove abbondante è la presenta di salice bianco. L’impiego di questa specie richiede

42 però un maggior onere in termini di manutenzione perché, raggiungendo dimensioni anche consistenti, dovrà essere ceduato con periodicità di 5-7 anni; in alternativa soggetti di salice dafnoide (Salix daphnoides), di dimensioni più contenute, sono presenti lungo il rio Casotto all’interno della proprietà, ma non in quantità sufficienti per l’intera scogliera.

8.2 Condizioni fitosanitarie del bosco e fattori di disturbo Dalle osservazioni fatte in occasione dei rilievi a terra, dalle indagini di caratterizzazione dei diversi habitat, oltre che dalle informazioni rese disponibili dagli inventari forestali svolti per la redazione dei PFT, emerge che le condizioni fitosanitarie dei boschi sono buone, ossia che non sono presenti patologie o avversità con livelli superiori a quelli fisiologici, con riferimento a formazioni seminaturali. Evidenti sono i segni di progressivo deperimento a carico dei soggetti adulti o invecchiati di castagno quali il seccume delle porzioni distali dei rami o la morte di interi polloni sulle ceppaie più vecchie. Il larice del rimboschimento ha manifestato a partire dal 2005 una anomala colorazione giallastra della chioma a partire da fine luglio e una caduta anticipata del fogliame: si tratta dell’attacco del tortricide del larice (Zeiraphera griseana Hùbner), un piccolo lepidottero la cui forma larvare si nutre degli aghi della conifera. Le popolazioni di Z. griseana sono soggette a gradazioni che hanno un andamento “ciclico” in quanto manca una fase di latenza. Il periodo di defogliazione intensa dura circa 3 anni a intervalli di 8-10; la progradazione dura dai 4 ai 5 anni dopo di che riprende subito un'altra gradazione (senza evidente periodo di latenza). La gradazione è dovuta soprattutto a fattori quali spazio, nutrizione e resistenza indotta dalla pianta. L’effetto dell’infestazione è dunque una distruzione di buona parte dell'apparato fogliare senza danni strutturali alla pianta che produce nuovi aghi a partire dall’autunno dell’anno dell’infestazione. Non sono stati rilevati danni significativi da parte di ungulati selvatici alla rinnovazione forestale, compresa quella di abete bianco, presente in modo sporadico all’interno della proprietà regionale. Per questa specie non è la fauna selvatica il fattore limitante bensì la carenza di soggetti portaseme, cancellati dalla pregressa gestione. Danni da pascolamento di ungulati domestici sono invece rilevabili in prossimità delle fasce boscate limitrofe alle superficie pastorali; si tratta di danni a carico della rinnovazione forestale e soprattutto del sottobosco oltre che evidenti sentieramenti del suolo, localmente punti di inizio di processi di erosione per incanalamento delle acque meteoriche. Tale aspetto ha più gravi conseguenze dal punto di vista della fruizione dei boschi della compresa n. 2, di pertinenza del Castello.

43 Danni da rotolamento di rocce sono sporadici e limitati ai fenomeni erosivi stagionali lungo i rii come già indicato nella descrizione dei dissesti (cap. 8.1). Non sono stati registrati danni da incendio, tantomeno segni di eventi storici.

8.3 Fattori limitanti lo sviluppo delle radici Nell’ambito della proprietà regionale non persistono gravi fattori limitanti lo sviluppo degli apparati radicali delle specie arboree. Infatti, se si esclude l’area a monte del piazzale antistante l’ingresso del castello (mappale 32, foglio I), in cui la rocciosità affiora su oltre i 2/3 della superficie, non sono state rilevate altre stazioni in cui la rocciosità è tale da impedire l’affermazione di vegetazione arborea. Nella restante superficie la presenza di rocciosità, inferiore però a 2/3, o la maggiore ricchezza in scheletro del suolo, non è tale da rappresentare un limite allo sviluppo della copertura forestale ma contribuisce a caratterizzare da un punto di vista ecologico e vegetazionale il bosco, come ben evidenziato dai tipi forestali (Faggeta oligotrofica al posto della F. mesotrofica, Boscaglie d’invasione al posto dell’Acero-Tiglio-Frassineto). L’altro fenomeno che può rappresentare un limite allo sviluppo degli apparati radicali e quindi all’affermazione di una stabile copertura forestale è rappresentato dal ristagno idrico, registrato esclusivamente in prossimità del Rio Casotto, a valle della Cascina del Seccatoio, attualmente però destinata ad un uso pastorale.

8.4 Indagine sulla capacità pollonifera dei cedui di faggio La caratterizzazione della categoria Faggeta ha evidenziato come prevalgano popolamento giovani; i cedui invecchiati, ossia popolamenti con età media superiore ai 35 anni, sono stati cartografati su una modesta superficie, circa 1,1 ettari. A questi è stato attribuito l’intervento della conversione, trattamento che non fa riferimento alla capacità pollonifera della specie bensì alla rinnovazione gamica, per seme. Non si presenta quindi il problema di ripristinare il trattamento ceduo nell’ambito di popolamenti invecchiati, condizioni in cui si rischierebbe di non ottenere un adeguato riscoppio vegetativo con conseguente perdita di superficie attribuibile alla categoria. Al contrario la conservazione del trattamento a ceduo dei popolamenti a regime (età inferiore ai 35 anni), nel rispetto del norme in vigore e delle indicazioni di Piano, considerata la modesta superficie nel cui ambito è prevista (cap. 15), non pregiudica la conservazione della categoria. Ciò nonostante, dal momento che uno degli obiettivi del piano è quello di garantire il rifornimento di assortimenti energetici per le strutture in corso di ristrutturazione, di seguito si riportano alcune

44 considerazioni derivate dall’analisi dei dati disponibili circa la capacità pollonifera dei cedui di faggio in Val Casotto. I dati disponibili sono quelli contenuti nello studio eseguito da IPLA “Indagine sulla capacità pollonifera dei cedui invecchiati” (inedito, 2002) e nel Piano Forestale Aziendale della Tenuta del Castello di Casotto (periodo 2005-2014) relativo alla proprietà privata della società B&B INVEST s.r.l.. In entrambi gli studi sono stati rilevati i dati di mortalità o ricaccio delle ceppaie di faggio utilizzate in popolamenti di età diversa, al fine di valutare la compatibilità degli interventi. I dati confermano la correlazione fra diametro delle cicatrici di taglio e la mortalità delle ceppaie: maggiore è il diametro del taglio, minore è la percentuale delle ceppaie vitali. La presenza di matricine o tirasucchi determina sempre un aumento del numero di ricacci vitali. Il numero di ricacci e la vitalità di questi non risulta però correlata alla sola età delle ceppaie ma è fortemente condizionata da altri parametri stazionali quali esposizioni, fertilità, periodo di utilizzazione. Di particolare rilievo risultano le modalità di esecuzione del taglio e il periodo di esecuzione dello stesso. Al fine di favorire il ricaccio delle ceppaie è fondamentale eseguire il taglio delle ceppaie il più basso possibile al fine di limitare l’incidenza di falsi polloni (polloni proventizzi) e facilitare l’eventuale affrancamento dei polloni aumentandone la stabilità meccanica. È inoltre importante rispettare le scadenze di taglio previste dalla prescrizioni di massima e polizia forestale (dal 1 ottobre al 30 aprile per l’area di nostro interesse, compresa nella fascia altimetrica 800-1200 m s.l.m.); entro tale data deve svolgersi anche l’esbosco al fine di evitare con questa operazione, eseguita tardivamente, di danneggiare i ricacci che intanto si sono sviluppati. Si tratta di opportuni accorgimenti che dovranno essere rispettati o fatti rispettare nel caso in cui si farà riferimento a ditte esterne per l’esecuzione degli interventi proposti, evitando di compromettere la conservazione della componente forestale. Per l’area in esame non sono quindi stati registrati problemi in termini di capacità pollonifera come si può ben constatare nell’ambito dei numerosi lotti che sono stati eseguiti a partire dagli anni ’60 all’interno della proprietà. Allo stato attuale, considerato gli assetti evolutivi medi (cap. 7), non si auspica la conservazione del trattamento a ceduo, se non nelle aree in cui è stato specificatamente previsto, a favore della prevalente funzione protettiva. La realizzazione degli interventi proposti dal presente Piano potrà anche essere utilizzata quale occasione per raccogliere ulteriori dati relativi alla risposta in termini di ricaccio pollonifero della specie.

45 9. Indagine zoo-pastorale

Nell’ambito della proprietà, in continuità e spesso intercalata alla prevalente superficie boscata, risulta ben rappresentata la superficie pastorale definita da aree prative e pascolive ancora in attualità d’uso. La proprietà regionale del Castello di Casotto è inserita in un territorio, quello della Val Casotto, caratterizzato da grande tradizione agricola, pastorale e casearia. La produzione del Raschera ha qui “radici profonde” e il fatto stesso che un imprenditore privato abbia deciso di far sorgere in zona un complesso per la stagionatura del formaggio Raschera ne è la migliore testimonianza. La fruizione turistica è il secondo aspetto che va rimarcato. La bellezza dei luoghi, la presenza del Castello, i prodotti caseari di grande tradizione e qualità sono richiami importanti per un turismo di qualità.

9.1 Cenni storici Fino agli anni settanta i Signori Baldracco, proprietari del Castello di Casotto, allevavano una mandria di circa cento bovine di razza Piemontese. La stalla presente in località Correria era stata ricavata dal locale usato negli anni cinquanta come segheria e deposito del carbone di legna; attualmente tale fabbricato è inagibile. Sempre presso la Correria, oltre ad una scuderia, esistevano dei locali adibiti alla lavorazione del latte ed alla stagionatura del formaggio: di questi solo la scuderia è in ottimo stato di conservazione e presenta particolari architettonici di pregio, meritevoli di essere valorizzati. La consistente mandria allevata utilizzava una superficie pascoliva ben più estesa di quella attualmente di proprietà delle Regione Piemonte ed in particolare la monticazione avveniva presso l’Alpe Pietra Bruna, nel Comune di Garessio. Dall’attività casearia si otteneva burro e formaggio Raschera. Nel rispetto della tradizione erano allevate anche le capre il cui latte veniva miscelato a quello vaccino per la produzione del Raschera. Le pecore, seppur allevate, sono sempre state numericamente inferiori rispetto alle capre. Nella conduzione zootecnica al Sig. Baldracco sono seguiti margari che affittavano i terreni ed i locali necessari alle loro attività. Tra questi si cita il Sig. Borgna Angelo che ha continuato l’attività di ceseificazione, limitatamente al periodo della monticazione. Dal 1992 l’affittuario è il Sig. Bottero Aldo, proprietario di una mandria di circa 145 capi di razza Piemontese (80 vacche e 65 capi giovani, da rimonta), 7 pecore di razza Frabosana e 13 capre meticce. La gestione attuale prevede che gli animali svernino presso la Correria. Nella prima parte del mese di aprile si pratica il pascolo sulle superfici di proprietà regionale, ma dopo circa 15 giorni le risorse foraggere sono esaurite e si è costretti a ritornare all’alimentazione

46 “secca”. La superficie a disposizione per il pascolo è in realtà ulteriormente ridotta dal momento che parte dei pascoli di proprietà regionale vengono affittati ad un secondo margaro, che fa monticare un centinaio di capi dal fondovalle. Da metà giugno a fine settembre gli animali pascolano presso i vicini alpeggi Prato Rotondo e Bric Mindino, nel Comune di Garessio. A fine settembre gli animali tornano presso la Correria dove pascolano ancora per circa 10 giorni prima di essere definitivamente chiusi in stalla per l’intero periodo invernale. Dato il carico di bestiame elevato in rapporto alla capacità produttiva del territorio utilizzato, il Sig. Bottero provvede ad acquistare fieno, alimenti concentrati, coltivazioni di mais in fase “cerosa” che vengono insilate presso la Correria.

9.2 I legami tra zootecnia e turismo L’attività zootecnica in questa zona può trovare una valida sinergia con la fruizione turistica per svariati motivi. In primo luogo perchè le dimensioni aziendali non potranno essere paragonabili a quelle che altri ambienti sono in grado di esprimere. A meno che si accetti di ricorrere a lunghe permanenze del bestiame fuori dalla proprietà regionale e/o all’acquisto di ingenti quantitativi di alimenti dal mercato, il carico di bestiame dovrà attestarsi tra le 30 e le 40 UBA. Un’azienda zootecnica di modeste dimensioni come quella ora prospettata deve necessariamente ricorrere ad altri introiti se vuole produrre reddito ed avere concrete possibilità di rimanere sul mercato. La presenza sul territorio di importanti richiami in ambito storico, religioso, architettonico, naturalistico, gastronomico sono opportunità da coltivare e valorizzare e ben si coniugano con un’attività zootecnica adeguatamente dimensionata, a modesto impatto ambientale, con forti legami col territorio. Se si riuscisse a far nascere un’azienda zootecnica di tipo didattico, con annessa attività casearia e agrituristica, sarebbe essa stessa un richiamo per eventuali visitatori.

Cenni metodologici L’indagine delle superficie pastorali sono state finalizzate a: • Rilevare le categorie pastorali dell’uso del suolo, limitatamente alle aree a prevalente copertura erbacea. Nello specifico sono state individuate le superfici a prato-pascolo (PT) sulle quali si realizza ancora lo sfalcio oltre al pascolo, le praterie in attualità d’uso (PL) pascolate da ungulati domestici, con copertura vegetale erbacea superiore al 50%, sulle quali può essere

47 presente una componente minoritaria cespitose, e ancora le superfici di verde di pertinenza urbana (UV); • Caratterizzare la vegetazione di interesse pabulare stimando il valore pastorale della cotica; • individuare le caratteristiche della viabilità utilizzabile ai fini agro–pastorali; • localizzare le strutture, anche non in attualità d’uso, recuperabili per l’attività zootecnica e ad esse collegate; • individuare punti acqua, aree critiche o degradate (es. sentieramenti, eccesso di fertilità evidenziata dalla flora nitrofila).

Da colloqui avuti con persone con profonda conoscenza del territorio si sono desunte informazioni relative alle seguenti tematiche: ⇒ evoluzione delle attività agricole e zootecniche dagli anni cinquanta ai giorni nostri; ⇒ produzioni tipiche della zona; ⇒ consistenza dei capi allevati e provenienza dei medesimi; ⇒ modalità di utilizzo delle superfici pascolive e gestione degli animali; ⇒ necessità di eventuali interventi e relative priorità.

Sulla base delle informazioni desunte, ricorrendo ad elaborazione delle medesime quando necessario, si è provveduto a redigere la presente relazione.

9.3 Analisi dello stato attuale Accesso e viabilità Le zone d’interesse agro-pastorale sono ben servite dalla viabilità attualmente esistente, anche se non tutti i tracciati sono in condizioni di manutenzione adeguata (cap. 11). Questo fatto è la testimonianza di un recente passato durante il quale la presenza dell’uomo era capillare e l’attività agricola aveva un’importanza determinante nel tessuto economico e sociale del territorio. La presenza della strada provinciale facilita l’accesso alla zona più in quota, specie i prati-pascoli in prossimità della Correria. La strada sterrata che dalla cappella di S. Rocco raggiunge la Cascina del Seccatoio e prosegue fino alla Correria serve bene l’area di maggior interesse pastorale, ma in alcuni tratti necessita urgentemente di interventi di manutenzione straordinaria. Tratti di strada si diramano dalla viabilità principale e rendono accessibile ai macchinari agricoli quasi l’intera superficie d’interesse pabulare.

48 Servizi Data la vicinanza alla Frazione di Casotto i servizi dell’area risultano buoni se confrontati con altre zone montane; in particolare va segnalata la presenza di locali pubblici quali bar, negozio, ristorante ed albergo. I fabbricati in attualità d’uso sono dotati di corrente elettrica, acqua potabile e servizi igienici.

Strutture La presenza di fabbricati è rilevante, anche se molti di essi versano in condizioni non buone. Presso la Correria vi sono fabbricati in abbondanza, utilizzati in parte a scopo abitativo e in parte con finalità agricole e zootecniche. Lo stato di conservazione è discreto per alcuni corpi di fabbrica (es. ex scuderia e abitazioni) e pessimo per altri (es. fabbricato un tempo usato come stalla per bovini ed attualmente non agibile). Il Seccatoio, presso la Cascina del Seccatoio, per posizione ed importanza è meritevole di interventi sostanziali in quanto nello stato attuale non può essere usato in modo proficuo per alcuna attività, mentre in passato la stalla ospitava 20 - 25 vacche. Non esistono locali a norma per la caseificazione del latte e la stagionatura dei formaggi.

Attrezzature I punti acqua sono numerosi e gli animali al pascolo non hanno problemi per abbeverarsi. Seppur non più in attualità d’uso esistono canali di modesta sezione utilizzati per l’irrigazione dei prati e dei coltivi (patate, segale, grano saraceno). L’affittuario dei pascoli e di parte dei locali della Correria possiede macchinari agricoli necessari alle attività di movimentazione del letame e degli alimenti per il bestiame, oltre ad un minimo di attrezzature per la fienagione. Nelle stalle non è presente il nastro trasportatore del letame. Nei sopralluoghi effettuati non si è notata la presenza di recinti o altra strumentazione necessaria per effettuare un pascolo turnato; per contro è disponibile una struttura metallica mobile costituita da tettoia con rastrelliera per la somministrazione del fieno agli animali al pascolo.

Attività agro - pastorale Attualmente la superficie pascoliva viene utilizzata per un limitato lasso di tempo da una mandria di bovini piemontesi composta da circa 80 fattrici e 65 animali da rimonta, cui vanno aggiunte 7 pecore frabosane e 13 capre meticce. Tali animali svernano nelle stalle della Correria. L’insufficiente produzione di foraggio dalla modesta superficie a prato-pascolo fa sì che il gestore

49 debba precocemente trasferire i propri animali su alpeggi esterni all’area oggetto della presente indagine e, nel periodo invernale, ricorrere all’acquisto di alimenti dal mercato. In particolare vengono utilizzati gli alpeggi Prato Rotondo e Bric Mindino, nel Comune di Garessio. Per limitare i costi della razione invernale il proprietario della mandria provvede ad acquistare coltivazioni di mais “in piedi”, in fase di maturazione cerosa della granella, nella zona di pianura e a realizzare in loco il silomais. Gli acquisti riguardano anche fieno ed alimenti concentrati. Questa gestione, ampiamente giustificabile dato il divario tra il carico di animali reale e quello mantenibile con le produzioni foraggere della proprietà regionale, porta ad un’utilizzazione estensiva delle praterie, con abbandono della pratica dello sfalcio e più in generale una minor cura delle superfici pabulari. La mancanza di un idoneo locale per la trasformazione del latte e la stagionatura dei formaggi rende inoltre impossibile l’attività casearia; questo fatto contrasta con la vocazione dei luoghi e la stessa volontà espressa dal proprietario degli animali.

9.4 Stima del potenziale foraggero e confronto col carico reale di bestiame Dall’elaborazione cartografica delle superfici e dei dati raccolti in occasione dei rilievi svolti in campo si è giunti ad una stima delle occupazioni del suolo come di seguito riportate. Prati pascoli. Sono superfici a colture erbacee foraggere permanenti in attualità d’uso, sottoposta almeno ad uno sfalcio e in seguito pascolate. Nell’area oggetto di indagine tale uso del suolo interessa 11,7 ettari posti ad una quota altimetrica media di 1000 metri, con pendenze lievi che consentono l’uso di semplici attrezzature per la fienagione. Le più rappresentative tipologie erbacee di interesse foraggero riscontrate sono riconducibili a: • Festuceti a Festuca gr. rubra. Molto rappresentati, sono indice di un equilibrato rapporto tra prelievi di foraggio e restituzione di fertilità oltre che di suoli freschi e discretamente fertili. Apprezzati per la buona varietà floristica, se ben gestiti possono impedire l’ingresso di specie a minor valore pabulare. A questa tipologia si è attribuito un valore pastorale medio di 30 - 35. • Arrenatereti La loro modesta diffusione è comunque importante testimonianza dell’azione antropica nel recente passato (sfalci, concimazioni, irrigazione) oltre che di suoli sufficientemente profondi e fertili. A questa tipologia si è attribuito un valore pastorale medio di 55 - 60. • Formazioni a Dactylis.

50 Simili all’Arrenatereto per diffusione ed indicazioni ecologiche e gestionali. A questa tipologia si è attribuito un valore pastorale medio di 45 - 50. • Formazioni a Trifoglio. Presentano una buona diffusione, anche se non raggiungono estensioni rilevanti. Sono sicuramente apprezzate per l’autosufficienza nei confronti della nutrizione azotata e per l’elevato contenuto proteico del foraggio che forniscono. A questa tipologia si è attribuito un valore pastorale medio di 40 - 45.

Stima del Carico Proponibile (C.P.) Adottando un valore pastorale medio pari a 45, un coefficiente di trasformazione del valore pastorale in carico pari a 0,02 data la quota altimetrica e un coefficiente di fragilità della cotica di 0,95 date le pendenze modeste dei suoli, si ottiene C.P. = 45 x 0,02 x 0,95 = 0,855 UBA / ettaro x anno che su una superficie di 11,7 ettari porta ad un carico di 10 UBA annue.

Praterie Sono superfici con cotiche stabili, spontanee o modificate nella composizione dalle pratiche alpicolturali, in attualità d’uso, pascolate da ungulati domestici. La copertura vegetale erbacea totale minima è almeno del 50%; può essere presente una componente minoritaria basso arbustiva o cespitosa. Nell’area oggetto di indagine tale occupazione interessa 6,1 ettari posti ad una quota altimetrica media di 1000 metri, con pendenze medie che consentono comodamente il pascolo da parte dei bovini. Le più rappresentative tipologie erbacee di interesse foraggero riscontrate sono riconducibili a: • Festuceti a Festuca gr. rubra. Valgono le stesse indicazioni sopra riportate con riferimento ai prato-pascoli. In questa occasione alla tipologia è attribuito un valore pastorale medio di 22 – 25 per la minore presenza di specie ad elevato valore pabulare. • Festuceti a Brachypodium caespitosum. Occupano alcune modeste aree aventi pendenze elevate ed esposizione calda, spesso poco visitate dai bovini al pascolo. Sono potenzialmente oggetto di invasione da parte del cespuglieto. A questa tipologia si è attribuito un valore pastorale medio di 15 - 18.

51 Stima del Carico Proponibile (C.P.) Adottando un valore pastorale medio pari a 22, un coefficiente di trasformazione del valore pastorale in carico pari a 0,02 data la quota altimetrica e un coefficiente di fragilità della cotica di 0,90 date le pendenze non elevate dei suoli, si ottiene C.P. = 22 x 0,02 x 0,90 = 0,396 UBA / ettaro x anno che su una superficie di 6,1 ettari determina un carico di 2,4 UBA annue.

L’intera superficie pascoliva di proprietà regionale ha pertanto la capacità di sopportare un carico annuo di circa 12 - 13 UBA. Nell’ipotesi in cui la superficie pabulare venisse usata solo come pascolo estivo, per un lasso di tempo di circa 100 giorni che rappresenta la durata media del periodo della monticazione, tale carico salirebbe a 43 - 44 capi.

9.5 Proposte di intervento Qualunque intervento venga previsto per l’area oggetto d’indagine deve preliminarmente misurarsi e rapportarsi con gli aspetti di seguito esposti. a) Fruizione turistica La vocazione che il territorio esprime può essere vista come un limite all’attività zootecnica e pastorale condotta in modo tradizionale. A titolo esemplificativo si pensi ai problemi di impatto dati dai fabbricati di grandi dimensioni, realizzati con materiali non adatti al luogo, al disagio che possono creare le emanazioni gassose delle deiezioni non stagionate, al potenziale rischio fisico per le persone rappresentato da alcune categorie animali (es. toro). Nel contempo però la presenza di turisti fornisce potenzialmente un’opportunità di reddito estremamente interessante per chi la sa cogliere. b) Tradizione gastronomica Questi sono luoghi in cui storicamente si è prodotto il Raschera e attualmente rientrano a pieno titolo nella zona D.O.P. di tale pregiato formaggio. A pochi chilometri di distanza si producono le rinomate Paste di Meliga di Pamparato, apprezzate ben oltre i confini comunali. Le possibilità offerte in tale senso sono già state in parte messe a frutto da un imprenditore privato che ha ristrutturato con cura e rispetto della tipologia architettonica del luogo parecchi fabbricati presso l’abitato di Casotto destinandoli a locali per la stagionatura del Raschera, bar e ristorante.

52 Sempre per volontà dello stesso imprenditore, in località Cascina Grangia è stata reintrodotta la coltivazione della segale e del grano saraceno.

c) Rapporti con l’esterno La superficie pabulare di proprietà regionale è modesta per sostenere un carico di bestiame compatibile con un’azienda zootecnica di dimensioni accettabili, tali cioè da permettere una gestione che possa reggere dal punto di vista economico. Anche solamente ipotizzando una stalla con circa 50 UBA sorge il problema dell’approvvigionamento degli alimenti, solo in modesta parte recuperabile dal miglioramento della produttività delle cotiche. Ne consegue che si dovranno cercare aree in prossimità dei terreni di proprietà regionale da utilizzare principalmente come pascolo e provvedere all’acquisto di modesti quantitativi di alimenti concentrati per gli animali più produttivi quali le lattifere in piena produzione. d) Possibilità di intervento, in rapporto all’esistente Nella zona in questione la probabilità di successo degli interventi agropastorali sono migliori rispetto ad altre realtà montane piemontesi per i seguenti motivi: 1) la dotazione in termini di servizi, acqua, viabilità e fabbricati è ottima, seppur siano necessari interventi migliorativi e di recupero; 2) la fase di gestione “estensiva” delle superfici pabulari è molto recente per cui il recupero a pascolo di aree invase da cespugli ed il recupero a prato sfalciato di aree pascolate è ancora possibile, a patto che si intervenga in tempi rapidi; 3) esistono chiari segnali d’interesse verso questo territorio da parte di imprenditori privati che hanno investito per avviare attività che potrebbero ben integrarsi con eventuali interventi di miglioramento della proprietà regionale.

Alla luce delle considerazioni sopra riportate si espongono quelli che sono i possibili, utili interventi da effettuare in ambito pastorale, zootecnico ed agricolo per il rilancio di tali attività sui terreni di proprietà della Regione Piemonte. I singoli interventi proposti, seppur realizzabili in tempi differenti, sono tra loro fortemente collegati in quanto facenti parte di un progetto generale di valorizzazione di una proprietà e di un territorio.

53 Primo intervento: realizzazione dei ricoveri per il bestiame Le strutture attualmente usate dal Signor Bottero sono poco razionali, richiedono molta manodopera per la gestione della mandria, mal si coniugano con la fruizione turistica del luogo e i principi del benessere animale. Prima di fornire dei consigli in merito alla realizzazione della stalla occorre ipotizzare quale tipologia di allevamento potrebbe utilmente sorgere. Secondo il parere di chi scrive, a regime, l’allevamento dovrebbe essere costituito da circa 25 - 30 vacche di una razza da latte di montagna (Bruna Italiana o Pezzata Rossa Italiana) più una quindicina circa di animali giovani da rimonta. Sicuramente sarebbe interessante allevare un modesto numero di capre, anch’esse di razza da latte di montagna (si consiglia la Camosciata) per questioni legate alla fruizione turistica, alla tradizione, all’utilizzo di superfici pascolive non adatte ai bovini. Fatte queste premesse, la stalla per l’allevamento bovino dovrebbe essere realizzata secondo la tipologia “a stabulazione libera” con lettiera permanente inclinata e veicolazione delle deiezioni in platea mediante un nastro trasportatore al fine di coniugare le seguenti esigenze: benessere animale, risparmio di manodopera, limita produzione di liquami a vantaggio del letame. La soluzione con cuccette anzichè lettiera permanente in altre realtà sarebbe preferibile per questioni igieniche oltre che di risparmio di spazio e di paglia, ma nel luogo specifico la gestione dei liquami potrebbe essere davvero problematica. Annessa alla stalla è da prevedere la realizzazione della sala di mungitura e un locale dove posizionare la cisterna refrigerata per lo stoccaggio del latte. Dato il numero non elevato di animali in mungitura, la sala potrebbe essere sostituita da una postazione di robot di mungitura. L’affidabilità di queste innovative attrezzature è ormai tale da far prendere in seria considerazione tale soluzione in alternativa alla classica sala di mungitura per i seguenti vantaggi: minor spazio occupato, elevatissimo controllo della mandria, massima igiene di mungitura, sicurezza degli operatori, frequenza del numero di mungiture giornaliere in rapporto alla capacità produttiva della bovina, tempi di mungitura differenti per ogni quarto cui consegue massimo rispetto della secrezione lattea, risparmio di manodopera. La presenza di un discreto numero di robot di mungitura in Piemonte testimonia che la scelta non è affatto azzardata. Il ricovero per le capre è tecnicamente più semplice da realizzare, ma sempre si deve fare riferimento ad una soluzione per la stabulazione degli animali liberi su lettiera permanente. In fase progettuale occorrerà prevedere la realizzazione di un adeguato numero di box al fine di separare le capre a seconda delle diverse fasi produttive e riproduttive e la costruzione di una sala di mungitura.

54 Per finalità turistiche e didattiche si potrebbe valutare l’allevamento di un modesto numero di capi di altre specie. In particolare i cavalli potrebbero trovare ottima collocazione ed essere ospitati presso la Correria, nel bel locale dell’ex scuderia che con lievi interventi diventerebbe idoneo allo scopo. Per quanto concerne la localizzazione della stalla per bovini, potrebbe essere utilmente riadattato il Seccatoio, presso la Cascina del Seccatoio. A fronte di interventi importanti e costosi, la localizzazione proposta avrebbe una serie di vantaggi così sintetizzabili: utilizzo di un fabbricato esistente senza necessità di dover occupare altro suolo, il sito è prossimo alle aree di maggior valenza pabulare, ben collegato alla Correria ma al contempo sufficientemente lontano da essa in modo da non interferire negativamente con la presenza di turisti e visitatori e con le attività di trasformazione e vendita. Al fine di ridurre l’impatto negativo che una eventuale nuova struttura potrebbe avere si raccomanda il ricorso a materiali locali quali pietra e legno, anche se internamente i locali per la mungitura e lo stoccaggio del latte andranno impermeabilizzati. I volumi del Seccatoio consentono una limitata capacità di stoccaggio di foraggi e lettimi per cui si dovrà ricorrere all’uso di una tettoia posta alla Correria località che, a differenza della Cascina Seccatoio, risulta comodamente raggiungibile anche da mezzi di grandi dimensioni.

Secondo intervento: realizzazione di un caseificio Il latte prodotto dagli animali allevati trova come naturale collocazione la trasformazione in burro e formaggio Raschera d’Alpeggio D.O.P, secondo la migliore tradizione locale. Il suggerimento è di localizzare tale struttura presso la Correria data l’elevata disponibilità di locali ed il flusso di turisti e visitatori. Il latte prodotto e stoccato in località Seccatoio potrà agevolmente essere trasferito con mezzi agricoli al caseificio della Correria con evidenti vantaggi in termini di igiene e di garanzie per il consumatore rispetto alla trasformazione casearia nelle immediate vicinanze della stalla. Senza voler entrare nel dettaglio della realizzazione di questa struttura, si dovranno prevedere una serie di locali destinati a: ricevere il latte, caseificare il medesimo, stagionare il formaggio, oltre ai soliti locali richiesti dalla normativa vigente quali bagni, docce, spogliatoi, eventuale piccolo laboratorio di analisi. Siccome la collocazione migliore dei prodotti è la vendita diretta, occorrerà prevedere la realizzazione di un punto vendita, come esposto nel paragrafo successivo.

55 Terzo intervento: realizzazione di strutture recettive e commerciali La Correria, per posizione e disponibilità di locali, è il luogo ideale per far sorgere attività di ricezione turistica e di vendita dei prodotti del territorio. Dai colloqui avuti con alcune persone del luogo si può dedurre che la domanda di ospitalità a scopo turistico non viene completamente soddisfatta dalla vicina Locanda del Mulino con le sue otto camere doppie, né dagli alloggi della zona concessi in affitto per una stagione o anche per l’intero anno. Si potrebbe ipotizzare pertanto la realizzazione di un punto vendita dei prodotti del territorio, un bar, un ristorante o un agriturismo, un albergo o un bed&breakfast. Inoltre si propone di considerare le realizzazione di un’area di sosta, a pagamento, per camper, destinata ad accogliere 8 - 10 mezzi al fine di ampliare, con un investimento modesto, l’offerta turistica della zona.

Quarto intervento: manutenzione straordinaria della viabilità Ai fini zootecnici, pastorali e turistici è prioritaria la sistemazione del sedime e di alcuni tratti di banchina della strada sterrata che collega il Borgo di Casotto alla Correria passando dalla Cascina Seccatoio (tracciato n. 12, cap. 11), al fine di renderla praticabile in condizioni di sicurezza da mezzi meccanici quali le trattrici agricole. La stessa strada potrebbe essere percorsa a piedi anche da persone anziane e da carrozzine per bambini e disabili. L’uso a scopi agricoli e pastorali di questa strada sarebbe ancora più strategico se si realizzassero gli interventi descritti ai punti precedenti.

Quinto intervento: miglioramento delle cotiche Al fine di creare un ambiente più curato e produttivo va ripristinato lo sfalcio in tutte le zone dove da alcuni anni si pratica solamente più il pascolo; le condizioni di modesta pendenza e limitata presenza di cespugli consentono tale recupero. Le zone a cespuglieto ancora pascolabili vanno recuperate a praterie mediante interventi quali il pascolo con i cavalli e con gli ovicaprini seguito dal decespugliamento meccanico per asportare i residui di vegetazione arbustiva. Il pascolamento va attuato in modo turnato, delimitando le superfici quotidianamente assegnate agli animali mediante recinzioni mobili, elettrificate. Particolare attenzione dovrà essere attribuita alle restituzioni animali che, se ben gestite, saranno in grado di assicurare un progressivo aumento dell’omogeneità della fertilità dei terreni.

56 Il letame prodotto dagli animali in stalla dovrà essere lasciato maturare per un tempo adeguato e distribuito su tutti gli appezzamenti, senza escludere quelli più lontani dalla stalla o più difficili da raggiungere con i mezzi meccanici. Il ripristino della rete irrigua sarebbe auspicabile al fine di consentire la reintroduzione di tale pratica agronomica che, in alcuni periodi dell’anno e limitatamente ad alcuni ambiti, potrebbe essere utilmente trasformata in fertirrigazione allo scopo di smaltire la modesta quantità di liquame prodotto.

9.6 Conclusioni La possibilità che le attività prospettate prendano avvio dipende principalmente dall’attuazione degli interventi indicati in quanto lo stato attuale delle produzioni foraggere e soprattutto delle strutture non consente di programmare un serio rilancio delle attività agricole e pastorali. Le probabilità che, una volta avviate, le attività prospettate siano in grado di progredire, produrre reddito ed autofinanziarsi dipenderà in gran parte dalla formula utilizzata per la gestione. Data la complessità delle attività previste e le loro forti sinergie, occorre infatti poter contare sulla collaborazione di persone serie, capaci, motivate e responsabilizzate. In sintesi è fondamentale procedere ad un accordo con una persona o una società che si impegni non solo a pagare un canone per l’uso dei terreni, dei locali e delle attrezzature, ma che sia disposta a gestire in proprio con criteri imprenditoriali l’attività e a seguire tutta una serie di prescrizioni in merito ad aspetti fondamentali quali: numero e caratteristiche degli animali allevati, conduzione delle superfici pabulari, gestione alimentare e sanitaria del bestiame, tipi di produzioni casearie da realizzare, tempi e modalità di permanenza degli animali su superfici diverse da quelle di proprietà regionale.

57 10 Compartimentazione

Il territorio della proprietà regionale Castello di Valcasotto si estende su una superficie di 81 ettari. Sulla base delle caratteristiche orografiche del territorio, della prevalenza della copertura forestale o pastorale e delle prevalenti destinazioni, la proprietà è stata ripartita nelle seguenti 3 comprese forestali:  Compresa n. 1: Correria e sue pertinenze  Compresa n. 2: Castello di Casotto  Compresa n. 3: Faggete reali come riportate sull’allegato cartografico “Carta delle compartimentazione e delle destinazioni” a scala 1:5000. Di seguito la superficie territoriale complessiva della proprietà regionale viene ripartita per uso del suolo e compresa forestale. Tab. 1 Ripartizione della superficie territoriale per uso del suolo e compresa forestale

Comprese Compresa 1 Compresa 2 Compresa 3 Totale Categoria d’uso del suolo (ha) (ha) (ha) (ha) Faggeta (FA) 6,1 30,5 36,6 Acero-Tiglio-Frassineto (AF) 7,1 5,8 4,3 17,1 Boscaglie d’invasione (BS) 1,6 2,5 4,1 Castagneto (CA) 1,4 1,4 Rimboschimento (RI) 0,6 0,7 1,3 Totale bosco 10,7 15,1 34,8 60,5 Prato-pascoli (PT) 8,6 3,1 11,7 Praterie (PL) 1,9 4,2 6,1 Totale pascoli 10,5 7,3 17,8 Superficie urbanizzata (UI) 0,8 0,8 1,7 Verde di pertinenza infrastrutture (UV) 0,2 0,8 1,0 Totale altre superfici 1,00 1,7 2,7 Totale complessivo (ha) 22,2 24,0 34,8 81,0

Considerata la dimensione media e l’omogeneità delle singole comprese non sono state individuate particelle assestamentale al loro interno. In allegato al Piano è disponibile la descrizione del particellare forestale con una analisi particolareggiata delle singole unità gestionali (ubicazione, confini, aspetti geomorfologici) con ripartizione nelle categorie d’uso del suolo, indicazioni sulla stabilità e l’assetto evolutivo del bosco e la ripartizione, con descrizione, degli interventi previsti.

58 11. Viabilità, sistemi di esbosco, sentieristica

La redazione del presente Piano di gestione ha previsto il rilievo della viabilità silvopastorale secondo le norme Tecniche regionali di Pianificazione. Tale attività, effettuata facendo riferimento ai dati della base del Politecnico di Torino, si è svolta nell’estate 2007 utilizzando un GPS topografico e correggendo i dati in post-processing. Oltre alla viabilità sono stati rilevati i sentieri e ciò che rimane di antichi percorsi, canali di derivazione acqua, piste di servizio alle carbonaie, a testimonianza delle antiche attività svolte nell’ambito della proprietà. Complessivamente sono state censiti 44 tracciati fra strade, piste, sentieri e canali per uno sviluppo complessivo di 18,9 km, riportati sull’allegato cartografico “Carta degli interventi, priorità e viabilità” a scala 1:5000.

11.1 Viabilità silvopastorale (strade e piste) La viabilità d’interesse silvopastorale viene suddivisa in categorie in base alle caratteristiche costruttive e al tipo di mezzi che la possono percorrere. I tracciati che presentano una massicciata, anche se in costituzione assai semplificata, e/o sono provvisti di opere di sostegno e sgrondo delle acque sono classificabili come strade. In base alla larghezza della carreggiata, alla pendenza dell’asse stradale ed al raggio minimo di curvatura dei tornanti, si distinguono le seguenti categorie: • strade camionabili principali; • strade camionabili secondarie; • strade trattorabili; Le strade camionabili principali consentono la circolazione di autotreni e autoarticolati, le camionabili secondarie di autocarri anche pesanti, le strade trattorabili permettono il transito di trattori ed autoveicoli 2WD per il trasporto di persone. Le piste invece non hanno massicciata e quasi mai altre opere d’arte; la larghezza delle sezioni trasversali distingue i tracciati camionabili da quelli per trattori, che non dovrebbero scendere al di sotto rispettivamente di 3 e 2,2 metri. I tracciati con sezione ancora più limitate vengono classificate come piste per motoagricole, si tratta di tracciati che attualmente non offrono funzioni di servizio perché non transitabili da trattori di impiego forestale, ma unicamente da motocoltivatori o, in casi eccezionali, da autovetture a trazione integrale (tipo panda 4X4); esse però, per le favorevoli caratteristiche del tracciato, in particolare la pendenza percentuale, potrebbero rientrare nel novero della viabilità silvo-pastorale previo interventi di adeguamento di contenuta entità. Di seguito si riporta una tabella di sintesi delle caratteristiche costruttive di strade e piste.

59 Tab. 1 Caratteristiche costruttive di strade e piste

PISTE STRADE STRADE STRADE STRADE STRADE PISTE PER PRINCIPALI PRINCIPALI SECONDARIE SECONDARIE CAMIONABILI CAMIONABILI CAMIONABILI TRATTORABILI TRATTORABILI TRATTORABILI MOTOAGRICOLE MOTOAGRICOLE CARATTERISTICHE CARATTERISTICHE PISTE CAMIONABILI PISTE CAMIONABILI

Sigla identificativa S1 S2 S3 P1 P2 MP Larghezza prevalente 5 4 3 4 3 - piano viabile (carreggiata + banchina)* (m) Larghezza minima nei 3,5 3 2,5 3 2,2 1,5 rettifili (m) Raggio minimo di 8 5 4 5 4 - curvatura (m) Pendenza ottimale 3 – 8 (%) Pendenza media 10 15 15 10 15 - massima (%) Pendenza massima 15 20 25 20 25 25 per brevi tratti** (%) Contropendenza max 10 10 10 10 15 - (%) Tipo di autoveicoli cui Autotreni è possibile il transito Autoarticolati Autocarri Autovetture 2WD Autocarri*** Autoveicoli Motoagricole, Autocarri Autovetture 2WD Autoveicoli 4WD Autovetture 4WD trattori Autovetture 2WD Autoveicoli 4WD Trattori 2WD*** Trattori cingolati da Autoveicoli 4WD Trattori Autoveicoli 4WD vigneto, in Trattori Trattori qualche caso autovetture utilitarie 4WD * Per le strade la larghezza aumenta di 1 m nel caso in cui siano previste cunetta a monte e/o banchina a valle. ** Per breve tratto si intende una lunghezza massima di 50 m. In caso che vi siano più tratti a forte pendenza, lo sviluppo di questi non deve superare il 20% della lunghezza complessiva del tracciato. *** Limitatamente a condizioni di fondo asciutto.

Ai fini della pianificazione la classificazione deve però tener conto dei limiti e degli ostacoli, anche su piccoli tratti, tali da rendere inutilizzabile buona parte o la totalità di un tracciato. Come esempio si riporta il caso della Strada per Garessio che, allo stato attuale, per la mancanza di manutenzione e la presenza di frane che ne intersecano piccoli tratti, viene classificata come pista non percorribile, se non con piccoli mezzi agricoli. Si tratta però di un tracciato che con un modesto intervento potrebbe essere annoverata fra le strade trattorabili e, con un intervento poco più impegnativo, fra le strade camionabili secondarie; in entrambi i casi con positive ripercussioni in termini gestionali. Di seguito si riporta una tabella di sintesi dei tracciati (Tab. 2), ripartiti per categoria e grado di percorribilità.

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Tab. 2 Strade, piste, sentieri e canali rilevati nell’ambito della proprietà, loro numerazione e sviluppo

Numero identificativo tracciato Tipo costruttivo (codice) sviluppo (m) 46 Strada camionabile principale (S1) 3.917 Totale strade camionabili principali 3.917 2 Strada camionabile secondaria (S2) 76 3 “ 310 7 “ 355 10 “ 1.292 16 “ 148 Totale strade camionabili secondarie 2.181 12 Strada trattorabile (S3) 470 Totale strade trattorabili 470 1 Pista trattorabile (P2) 200 11 “ 860 15 “ 233 23 “ 369 31 “ 409 34 “ 185 38 “ 337 44 “ 258 45 “ 150 Totale piste trattorabili 3.001 13 Strada attualmente non percorribile (MP) 175 14 “ 176 17 “ 766 18 “ 186 21 “ 406 22 “ 605 27 “ 347 Totale strade attualmente non percorribili 2.661 Totale strade, strade non percorribili e piste 12.230 8 Sentiero (SE) 151 9 “ 79 19 “ 110 20 “ 407 24 “ 304 29 “ 172 33 “ 21 35 “ 399 40 “ 441 Totale sentieri 2.084 26 Traccia di sentiero (SS) 129 28 “ 321 30 “ 88 36 “ 107 37 “ 51 39 “ 577 42 “ 483 Totale tracce di sentieri 1.756 4 Canale di derivazione idrica o servizio carbonaie (CA) 480 5 “ 191 6 “ 584 43 “ 379 47 “ 169 Totale canali 1.803 Totale generale tracciati rilevati 17.873 61 Nell’ambito della proprietà regionale, se si esclude l’unica strada camionabile principale, la provinciale 178 che consente l’accesso all’area ma non ha un ruolo primario nella gestione della stessa, prevalgono le piste trattorabili con 3 Km di sviluppo (24% della viabilità rilevata - S1+S2+S3+P2+MP-). Rilevante è lo sviluppo dei tracciati attualmente non percorribili, definite “piste per motoagricole” (21% della viabilità rilevata, corrispondenti a 2,6 Km), seguono le strade camionabili secondarie che corrispondono al 17% della viabilità rilevata, ossia 2,2 Km. Le strade trattorabili, a cui corrisponde il 4% della viabilità, ammontano a soli 0,5 Km. La sintesi appena riportata evidenzia lo stato di abbandono e la mancata manutenzione di importanti tracciati, quali quelli storici che conducono a Garessio (tracciato n. 22), o al fiume e ai siti attualmente fuori della proprietà regionali, quali i pascoli dell’Alpe Roccassone e i boschi di Sabbionere (tracciato n. 17 e 18). Nel complesso però la ricchezza di tracciati, circa 8,3 Km fra strade e piste, definiscono una densità viaria, riferita alla sola superficie boscata, di circa 44 m/ha per le sole strade (trattorabili e camionabili secondarie) e 49 m/ha di piste percorribili (piste trattorabili), addirittura 93 m/ha di piste se si considerano anche quelle attualmente non percorribili (piste trattorabili e strade attualmente non percorribili). Nella compresa n. 1 “Correria e sue pertinenze” il servizio della superficie boscata è semplificata dalla dolce morfologia che garantisce la percorribilità delle superfici pascolive. La densità viaria ha però solo un valore di sintesi e non può descrivere le condizioni di accessibilità della singola particella forestale, né se la viabilità presente ha una distribuzione razionale rispetto alle zone boscate da servire. Altro indice per valutare il grado di servizio dei boschi è la “spaziatura” ossia la distanza minima, espressa in metri, fra due strade misurata sul piano orizzontale e perpendicolarmente alle curve di livello. Tale indice è però oggi sostituito dalla “Quota parte di superficie Servita” (QS) ossia la porzione di superficie forestale servita rispetto al totale della superficie sottoposta a gestione attiva. Questo parametro richiede calcoli più laboriosi che però sono facilmente eseguibili grazie all’impiego dei sistemi informativi territoriali (GIS). Esso esprime meglio del precedente la condizione media complessiva di servizio di una zona esaminata. Una zona è considerata “ben servita” quando questo indice assume valori superiori al 70%, “mediamente servita” fra il 60 e 70%, “scarsamente servita” quando il valore di QS è inferiore a 60 (Dietz et al, op. cit.). Nell’ambito delle proprietà regionale, sulla base della percorribilità attuale delle strade e delle piste, la compresa n. 1 “Correria e sue pertinenze” risulta “ben servita”, la compresa n. 2 “Castello di Casotto” "mediamente servita” e la particella 3 “Faggete reali” “scarsamente servita”. L’esecuzione

62 degli interventi previsti per la viabilità, di seguito indicati per singolo tracciato, garantirebbe il servizio della quasi totalità della superficie forestale a gestione attiva delle 3 comprese. Nell’ambito del periodo di validità del Piano non si prevede la costruzione di nuova viabilità bensì la manutenzione e l’adeguamento di quella esistente; in caso contrario la costruzione di nuova viabilità forestale dovrà essere realizzata secondo i criteri dettati dalla L.R. 45/89 e delle norme di tutela dei beni ambientali, al fine di garantire il rispetto dell’assetto idrogeologico del territorio e del paesaggio. Di seguito si riporta una breve descrizione delle caratteristiche, delle finalità e delle esigenze di adeguamento e manutenzione dei singoli tracciati. Tali considerazioni derivano dalle esigenze gestionali dell’area ma anche dalle finalità fruitive e turistico-ricreative che di volta in volta possono prevalere.

11.2 Strade camionabili principali (S1) Tale classe comprende solo la strada provinciale n. 178 che collega la Frazione di Casotto a Garessio e definisce il limite superiore della proprietà regionale. Ha uno sviluppo complessivo di 3,9 Km e definisce il 32% dello sviluppo della rete viaria rilevata. Consente di raggiungere e di accedere alla proprietà ma ha modesta funzione in termini gestionali. Lungo il suo sviluppo sono stati cartografati dei punti di sosta, alcuni coincidenti con punti panoramici, che solo occasionalmente possono essere utilizzati come accesso al bosco per l’esecuzione degli interventi di utilizzazione e di esbosco.

11.3 Strade camionabili secondarie (S2) Hanno uno sviluppo complessivo di 2,2 Km e definiscono il 17% dello sviluppo della rete viaria rilevata. Si tratta in prevalenza di viabilità di vecchia esistenza, adeguata nella primavera 2007 in occasione dei lavori di sistemazione idraulica del Canale Vatè, in minima parte ottenuta adeguando i tracciati di sentieri storici.

Tracciato n. 10 “dalla provinciale al retro del Castello” E’ la strada di maggior sviluppo (1,3 Km) che dalla provinciale SP 178 (ingresso alla proprietà) scende alla Correria e, scendendo oltre il passaggio attualmente regolato da una sbarra metallica, oltrepassa il Canale del Gatto e il Canale Vatè risalendo, fra i prati, ai limiti delle Faggete reali (compresa n. 3). Da qui, con una stretta curva a sinistra, prosegue costeggiando a sud il muro esterno del bosco parco del Castello e giunge nuovamente in prossimità del Canale Vatè sul retro

63 del castello. Qui, con un’ampia curva a sinistra si collega all’accesso retrostante il Castello. In corrispondenza dell’ultima ampia curva a sinistra il cantiere di sistemazione idraulica ha reso disponibile un’ampia area destinabile a imposto camionabile per eventuali depositi del legname esboscato. La strada presenta fondo migliorato. Criticità e esigenze d’intervento La strada, a valle del Castello, attraversa il Canale Vatè con un guado; la mancata regimazione del corso d’acqua rischia di rendere non percorribile il tracciato in occasione di eventi di piena, anche ordinaria, causa il trasporto solido. La soluzione può essere rappresentato da un guado a corda molla o, considerata la prevalente destinazione di fruizione dell’area, con un attraversamento in legno adeguatamente dimensionato per il passaggio di mezzi pesanti. I recenti lavori di allargamento del tracciato hanno interessato la limitrofa copertura arborea. Questo, a monte del Castello, ha creato aperture causando condizioni di instabilità di alcuni soggetti arborei insistenti sul muro esterno del bosco-parco del castello. Parte di questi sono stati individuati con vernice rossa e risultano da abbattere, altri da monitorare, come meglio indicato nel relativo capitolo (cap. 13). È necessario prevedere la realizzazione di canalette di scolo sul sedime stradale per la regimazione delle acque meteoriche.

Tracciato n. 3 “dalla Correria al Castello” Con uno sviluppo di 0,3 Km è la strada che dallo slargo in prossimità della Correria conduce al Castello. Superando con un ponte in pietrame il canale del Gatto (I curva, a destra) sale di quota (II curva, a sinistra) e, con un ultimo tratto rettilineo, giunge al piazzale in corrispondenza della manica nord del Castello. Il tracciato è caratterizzato da un doppio filare di piante autoctone (acero campestre, frassino e larice) per la cui descrizione si rimanda al relativo capitolo (cap. 13). Il fondo, naturale e con residue porzioni di un vecchio sedime acciottolato, si presenta irregolare a tratti. Criticità e esigenze d’intervento Il doppio filare che costeggia la strada comprende piante morte e instabili che devono essere asportate come meglio indicato nel relativo capitolo (cap. 13). È necessario prevedere la regolarizzazione e stabilizzazione del sedime stradale, alcuni attraversamenti per la regimazione delle acque meteoriche e un programma di manutenzione ordinaria.

64 Tracciato n. 2 “ingresso sud del castello” È il breve tratto (76 m) che unisce l’ingresso laterale sud al tracciato 10. Era il vecchio accesso al bosco e alle principali strade storiche, quella per Garessio (tracciati 23 e 22) e quelle che conducevano al fiume (tracciati 17, 18, 19, 20) dove, oltre ai ponti in legno non più esistenti, conducevano ai pascoli e ai boschi del versante opposto. Criticità e esigenze d’intervento Il tracciato è caratterizzato da un doppio filare di frassino maggiore comprendente soggetti morti in piedi e deperienti di cui si deve prevedere l’abbattimento.

Tracciato n. 16 “accesso al basamento del Castello” È il breve tracciato (148 m) aperto in occasione dei lavori di sistemazione idraulica sul Canale Vatè che consente, dal tracciato 10, poco oltre il guado sul canale Vatè, di raggiungere la parte anteriore del Castello dove è stata ripristinata un’ampia superficie classificata come verde di pertinenza del Castello. Criticità e esigenze d’intervento È necessario prevedere la realizzazione di attraversamenti per la regimazione delle acque meteoriche.

Tracciato n. 7 “da Valcasotto alla Frazione Tagliante” È la porzione di strada ricadente nella proprietà regionale che dall’abitato di Valcasotto sale verso la frazione Tagliante percorrendo la Valcalda. Ha un modesto interesse forestale ma definisce un ingresso alternativo alla proprietà. La limitrofa presenza di superfici a pascolo favorisce il raggiungimento delle fasce boscate lungo il Casotto. In prossimità delle copertura erbacea è possibile attrezzare un imposto camionabile. La vicinanza della Cappella di San Marco, della Cascina del Seccatoio e di panoramici percorsi che conducono al Castello, attualmente da migliorare, rendono possibile il suo impiego come accesso indiretto al Castello, definendo un parcheggio e un percorso guidato verso la reale struttura. Criticità e esigenze d’intervento Nessuna.

11.4 Strade trattorabili (S3) Hanno uno sviluppo complessivo di 0,5 Km e definiscono il 4 % dello sviluppo della rete viaria nell’ambito della proprietà regionale.

65 Si tratta di antichi tracciati modificati e adeguati nel tempo per il passaggio di mezzi agricoli utilizzati nella gestione della prevalente superficie agricola limitrofa.

Tracciato n. 12 “accesso alla Cascina del Seccatoio” È la strada che collega il tracciato 7, strada camionabile che conduce alla Frazione Tagliante, alla Cascina del Seccatoio. Si sviluppa per 470 m circa con modesta pendenza e con un sedime in buone condizioni Criticità e esigenze d’intervento Sebbene abbia una prevalente funzione pastorale serve tutta la fascia di vegetazione arborea che si sviluppa fra il suo tracciato e la strada provinciale. La mancata utilizzazione dei limitrofi boschi ha favorito uno sviluppo a tunnel della vegetazione e una riduzione, localmente anche rilevante, della carreggiata disponibile, limitandone la transitabilità. È necessario prevedere un contenimento della vegetazione arborea ai lati della strada che rientra comunque nella normale gestione della superficie forestale. Sono inoltre necessari alcuni attraversamenti per la regimazione delle acque meteoriche. Con un semplice intervento di regolarizzazione del fondo stradale e un modesto allargamento della sua sezione il tracciato può essere facilmente elevato a strada camionabile secondaria (S2), con utili ripercussioni considerato la proposta di recupero della Cascina del Seccatoio (cap. 9). Subito sotto la cappella di San Marco è presente un’area modestamente attrezzata da parte del gruppo degli amici della Valcasotto con campo da bocce e un vecchio tavolo. Tale area si presta bene a essere destinata ad area attrezzata, con eventuali bacheche esplicative, anche in considerazione della proposta di ingresso indiretto secondario al castello come indicato nella descrizione del tracciato n. 7.

11.5 Piste trattorabili (SP2) Hanno uno sviluppo complessivo di 3 Km e definiscono il 24% dello sviluppo della rete viaria nell’ambito della proprietà regionale. Si tratta di antichi tracciati che hanno assunto nel tempo funzioni anche molto diverse; sono stati modificati e allargati per il passaggio di mezzi agricoli dove prevale la superficie pastorale e forestali, ma anche per altri impieghi (ad esempio l’“ex poligono militare”).

Tracciato n. 1 “accesso all’ex poligono di tiro” È un percorso di modesto sviluppo, circa 200 m, che si origina dal tracciato 10, a destra subito dopo il guado sul Canale Vatè. Scende verso il Rio Casotto con dolci curve e pendenza sempre contenuta raggiungendo l’area dell’ex poligono che risulta ancora in parte recintata e nel cui ambito sono

66 presenti relitti di veicoli (una macchina e un furgone), strutture in legno (traversine ferroviarie) e rifiuti di vario tipo. Risulta di particolare interesse forestale in quanto serve una buona fascia di vegetazione di pertinenza del Rio di cui è prevista la gestione attiva. Il percorso continua nel tracciato 21 (strada attualmente non percorribile, vedi oltre) ma che potrebbe servire un’altra ampia fascia forestale di particolare interesse. In vista di servire tutta la porzione bassa della compresa n. 3 (Faggete reali) il tracciato può essere facilmente elevato a strada trattorabile con un semplice intervento di miglioramento e allargamento della sua sezione oltre che di contenimento della vegetazione arborea ed arbustiva limitrofa. Questo presuppone però anche l’adeguamento del successivo tracciato 21, a cui si rimanda, attualmente non percorribile con mezzi adeguati per la gestione forestale. Criticità e esigenze d’intervento La sezione del tracciato è limitato dallo sviluppo della componente arborea che si sviluppa sul lato a valle. Inoltre risultano necessari alcuni attraversamenti per lo smaltimento delle acque meteoriche, in particolare in prossimità del suo innesto nel tracciato 10, di cui raccoglie le acque di scorrimento.

Tracciato n. 11 “dalla Cascina Seccatoio alla Correria” Il tracciato, dello sviluppo di 0,86 Km, oltre a garantire il facile accesso alle superfici a pascolo che si sviluppano fra la Cascina del Seccatoio e la Correria, garantisce il servizio alla fascia boscata radicata a valle della provinciale. Dal tracciato partono inoltre altre piste che scendono ai pascoli e alle fasce riparie boscate. Allo stato attuale la percorribilità è fortemente condizionata in alcuni punti in cui lo scorrimento superficiale dell’acqua, in particolare in primavera e autunno, causa piccoli smottamenti, erosioni della carreggiata riducendone il tracciato utile e limitandone la transitabilità. Arrivando dalla Correria, poco prima dell’immissione dei tracciati 15 e 38, la strada è caratterizzata, in corrispondenza di un piccolo impluvio, da un guado. In corrispondenza della Correria, dove persistono tracce di un antico sedime acciottolato, il fondo risulta di pessima conformazione per la presenza di numerosi pietre sporgenti che ne limitano la percorribilità. Criticità e esigenze d’intervento Considerata l’importanza, anche in relazione alla possibilità di un ingresso indiretto al Castello, di cui si è detto descrivendo i tracciati 12 e 7, risulta prioritario il ripristino del sedime stradale. Con modesti interventi il tracciato può essere trasformato in strada trattorabile o strada camionabile considerata la modesta pendenza e l’assenza di curve strette.

67 Tracciato n. 15 “discesa al Torrente Casotto” È una pista di modesto sviluppo, 230 m, che partendo dal tracciato 11 scende dolcemente al Rio Casotto. Sul Rio, in corrispondenza del tracciato, è presente un’inestetico ponte in cemento armato attualmente non utilizzabile in quanto non collegato alla pista. È un tracciato importante in quanto consente di raggiungere la porzione bassa dei pascoli limitrofi al Rio ma anche le fasce boscate ripariali. Criticità e esigenze d’intervento Nessuna.

Tracciato n. 23 “dal castello alla strada per Garessio” Questo tracciato corrisponde allo storico percorso che veniva utilizzato, anche coi carri, per raggiungere l’abitato di Garessio. Si sviluppa a partire dal tracciato 10 per una lunghezza di 370 m, per poi continuare nel tracciato 22, attualmente non percorribile. Risulta essere un tracciato storico, da cui partivano più sentieri che salivano a monte e di cui rimangono solo più modeste tracce, non rilevabili e non riportate in carta. Il tracciato intercetta vecchi canali di derivazione idrica che hanno origine o dal Canale Vatè o dal Rio Casotto, impiegati per irrigare le storiche superfici agricole attualmente scomparse, ma anche piste di servizio delle aie carbonili utilizzate per l’esbosco a soma del carbone. Criticità e esigenze d’intervento La percorribilità attuale è limitata dall’irregolarità del sedime stradale oltre che da una folta vegetazione a tunnel che limita la sezione utile. Risulta necessaria un ripristino della pista insieme a quella del tracciato 22; un semplice intervento può elevare il tracciato a strada camionabile lungo la quale è necessario prevedere alcuni piazzali da adibire a imposti camionabili. Il tracciato ha infatti un importante ruolo forestale per l’ampia fascia di faggete che serve ma anche perché definisce un ingresso secondario alla proprietà consentendo l’accesso delle macchine operative che eviterebbero di transitare dalla compresa n. 2 in cui prevale la destinazione di fruizione. È necessario inoltre prevedere un sistema di attraversamenti stradali per la regimazione delle acque meteoriche.

Tracciato n. 31 “dalla Correria alla pesca facilitata e ai pascoli” Si tratta del tracciato di 400 m di sviluppo che conduce al lago della pesca facilitata e, di seguito, ai pascoli a monte della Correria. Il tracciato definisce inoltre l’accesso alla fascia boscata del canale del Gatto con mezzi forestali.

68 Criticità e esigenze d’intervento Nessuna

Tracciato n. 34 “discesa al Rio Casotto lungo il Canale del Gatto” È un tracciato di modesto sviluppo, 185 m, che oltre a servire le praterie a valle della Correria, scende verso il Rio Casotto servendo la fascia boscata che si sviluppa sul Canale del Gatto e quella di pertinenza del Casotto. Il tracciato consente inoltre di attraversare il Casotto mediante un guado. Criticità e esigenze d’intervento Il tracciato non è più utilizzato nel tratto successivo alla prateria. Lo sviluppo della vegetazione arborea ed arbustiva delle limitrofe fasce boscata ne riduce la sezione utile. Risulta necessario l’adeguamento del sedime, il contenimento della vegetazione e la realizzazione di alcuni attraversamenti per la regimazione della acque meteoriche.

Tracciato n. 38 “attraversamento dei pascoli sotto la Cascina del Seccatoio” La pista si sviluppa a partire dal tracciato n. 15, “discesa al Torrente Casotto”, poco sotto la pista “dalla Cascina Seccatoio alla Correria” (tracciato n. 11). Col suo percorso di 337 m attraversa in diagonale l’ampia prateria a valle della Cascina del Seccatoio, interrompendosi in corrispondenza del piccolo impluvio con acqua permanente che scende a lato del Seccatoio. Da qui il tracciato si trasforma in sentiero. Criticità e esigenze d’intervento Allo stato attuale risulta di nessuna utilità in quanto interrotto a metà del complesso pascolivo di cui potrebbe garantirne una completa fruizione. È opportuno prevedere la sua continuazione oltre il piccolo rio e l’ulteriore sviluppo seguendo il percorso della traccia di sentiero n. 39. Il suo adeguamento consentirebbe un ulteriore accesso indiretto al Castello ad integrazione di quanto già detto in occasione dei tracciati n. 7, 12, 41.

Tracciato n. 44 “dal castello alle Faggete reali” Con uno sviluppo di 258 m collega il tracciato 10, strada camionabile secondaria, al tracciato 17, attualmente non percorribile. Presenta caratteristiche intermedie ai due tracciati; si tratta infatti di un percorso storico che è stato oggetto di parziale adeguamento in occasione dei recenti lavori di sistemazione idraulica del canale Vatè. Risulta di prioritaria importanza per la gestione delle fasce boscate in cui si sviluppa.

69 Criticità e esigenze d’intervento Deve esser migliorato il sedime stradale, anche con attraversamenti per regimare le acque meteoriche, per poterla elevare a strada camionabile secondaria, alla stregua del tracciato n. 10 da cui ha origine.

Tracciato n. 45 “discesa al rio Casotto” È una ramo del tracciato 44 che scende verso il Rio Casotto immettendosi prima nel tracciato 18. Vale quanto detto per il tracciato 44. Criticità e esigenze d’intervento Deve essere regolarizzato il sedime stradale per migliorarne la percorribilità ma non si valuta opportuno elevarla a strada camionabile.

11.6 Strade attualmente non percorribili (MP): piste per motoagricole Hanno uno sviluppo complessivo di 2,7 Km e definiscono il 21% dello sviluppo della rete viaria nell’ambito della proprietà regionale. Si tratta anche in questo caso di antichi tracciati con funzioni differenti, attualmente a prevalente valenza forestale, se si esclude l’accesso alla Cascina del Seccatoio (tracciato n. 13).

Tracciato n. 13 “accesso alla Cascina del Seccatoio” Con un breve percorso di 175 m definisce l’accesso principale e diretto alla Cascina del Seccatoio dalla provinciale SP 178. Criticità e esigenze d’intervento Allo stato attuale risulta non percorribile evidenziando lo stato di abbandono della Cascina di cui rappresenta l’accesso. A metà del suo sviluppo è attraversata da un piccolo rio che ne può compromettere la percorribilità nei periodi di maggiore piovosità. Nel suo tratto iniziale il sedime è compromesso da un piccolo cedimento della scarpa a valle. La mancata gestione della vegetazione arborea ed arbustiva ne limita la percorrenza. Risulta indispensabile ripristinare e adeguare la sezione del sedime stradale al fine di elevarla a strada trattorabile.

Tracciato n. 14 “discesa alla centralina idroelettrica” Sebbene di sviluppo contenuto, 176 m, risulta un tracciato di rilevante importanza; definisce infatti la discesa al Rio Casotto oltre che la pista di servizio alla centralina idroelettrica (ad integrazione

70 dell’accesso pedonale da sotto la Correria, tracciato n. 36). Inoltre la pista serve una ricca fascia fluviale di buona attitudine produttiva se si escludono i tratti di forra. Criticità e esigenze d’intervento Allo stato attuale non è percorribile per l’abbondante sviluppo di vegetazione arborea, arbustiva e di alte erbe infestanti che nascondono a punti lo stesso tracciato. Prioritaria risulta il ripristino e l’adeguamento della sezione e del sedime del tracciato al fine di elevarla a strada trattorabile, prevedendo i necessari attraversamenti per la regimazione delle acque meteoriche.

Tracciato n. 17 “vecchia strada per l’alpeggio” Il percorso di sviluppa nell’ambito della compresa n. 3 “Faggete Reali”, a valle della strada per Garessio (tracciato n. 22) e parallelamente alla stessa. Oltre al ruolo storico attualmente ha una prevalente funzione forestale. Si sviluppa per poco più di 760 m fino a raggiungere il Rio Casotto. Il percorso veniva un tempo utilizzato per spostare gli animali al pascolo presso l’Alpe Roccassone; lo stesso era anche percorribile con carri trainati da buoi. Nell’ultimo terzo del suo sviluppo il tracciato è ridotto a poco più di un sentiero, causa la mancata manutenzione e alcune localizzate frane. Criticità e esigenze d’intervento Allo stato attuale, a causa di frane, erosioni e depositi di materiale litoide localizzati, risulta un tracciato non percorribile ma di facile ripristino, anche per le pendenze e raggi di curvatura sempre contenuti.

Tracciato n. 18 “discesa alle fornaci” Il tracciato si sviluppa a partire dalla “discesa al Rio Casotto” (tracciato n. 45) e con uno sviluppo di 186 m giunge al Rio Casotto in corrispondenza del quale era presente un ponte in legno. Oltre la metà del suo tracciato sono presenti più tracce di sentieri che scendono al fiume e che servono porzioni di bosco, probabilmente in corrispondenza di vecchie aie carbonili. Alcuni di questi si collegano all’attuale tracciato n. 21 che si sviluppa a partire dall’ex poligono militare. Di questi è stato rilevato solo il tracciato n. 19, il più significativo. In prossimità del Rio Casotto il tracciato conduce ad una grotta naturale, censita dalla Regione Piemonte e, oltre, ai resti di una fornace di particolare interesse storico. Criticità e esigenze d’intervento Di prioritario interesse forestale oltre che storico, risulta indispensabile l’adeguamento della sezione e del sedime stradale lungo tutto il suo sviluppo; intervento di facile realizzazione nel primo tratto, di maggiore impegno nel secondo. Inoltre è opportuno il ripristino del collegamento col tracciato 21.

71

Tracciato n. 21 “pista del poligono” È la continuazione del tracciato n. 1 “accesso all’ex poligono di tiro” che si sviluppa parallelamente al corso del Rio Casotto lungo una fascia a morfologia favorevole, in gran parte all’interno dell’ex poligono militare, e di rilevante interesse naturalistico oltre che produttivo, se si escludono i tratti di forra. Criticità ed esigenze d’intervento Allo stato attuale risulta non percorribile a causa dei resti delle attività del poligono (strutture in traversine ferroviarie, carcasse di autoveicoli, cumuli di terra) oltre che alcuni attraversamenti stagionali d’acqua e la vegetazione invadente. Prioritario risulta il suo adeguamento, di modesto impegno, e il ripristino del collegamento col tracciato n. 19 al fine di servire una buona porzione delle compresa n. 3 “Faggete reali”.

Tracciato n. 22 “Strada per Garessio” È lo storico tracciato che conduce alla colla di Garessio e da qui all’abitato di Garessio; veniva percorso, anche con carri, per raggiungere il principale mercato della Val Tanaro. Con uno sviluppo di 600 m attraversa tutta la compresa n. 3 “Faggete reali” rappresentando un importante tracciato per la gestione attiva di questa porzione di bosco. Criticità e esigenze d’intervento Allo stato attuale la presenza di localizzati cedimenti delle scarpe stradali, di erosioni e depositi di materiale litoide in corrispondenza dei rii e degli impluvi che il tracciato intercetta, risulta percorribile solo a tratti. Ciò ha determinato la sua classificazione come pista non percorribile. Il ripristino della sua funzionalità risulta alquanto facilitato dalla morfologia dolce e dall’assenza di curve strette e di matrice rocciosa affiorante.

Tracciato n. 27 “accesso al pascolo del Canale Vatè” Si tratta di un tracciato che, con un modesto sviluppo, circa 350 m, definisce l’accesso e l’attraversamento del pascolo che si sviluppa fra il Canale Vatè e la provinciale. Si tratta di un pascolo in avanzata fase di ricolonizzazione forestale che in parte è già stato cartografato come bosco, sebbene come formazione di recente invasione. Allo stato attuale il poligono risulta ancora regolarmente pascolato.

72 Criticità e esigenze d’intervento Allo stato attuale il tracciato risulta non percorribile in quanto non più utilizzato se non per l’accesso degli animali al pascolo. Risulta di modesta utilità anche in vista del recupero a pascolo del bosco in corso di affermazione.

11.7 Sentieri (SE) Hanno uno sviluppo complessivo di 2 Km. Si tratta di antichi tracciati che hanno assunto nel tempo funzioni di servizio al bosco e alle superfici agricole ma anche di trasferimento a siti esterni all’attuale proprietà regionale, ai luoghi di lavoro oltre che di meditazione. Mantengono attualmente un importanza rilevante ai fini fruitivi per scoprire gli angoli d’interesse della proprietà, di natura storica, culturale, architettonica e forestale. Si tratta sempre di tracciati con una larghezza superiore a quella dei tradizionali sentieri di montagna in quanto un tempo percorsi con carri. Proprio per i loro parametri costitutivi favorevoli (ampia sezione, pendenze e curve modeste) alcuni di questi si prestano ad un adeguamento ai fini della gestione forestale.

Tracciato n. 8 “salita alla strada per Garessio” Il tracciato è una storico percorso per carri che collegava alla strada per Garessio (tracciati 23 e 22) i tracciati che si sviluppano a valle del Castello. Ha uno sviluppo di circa 150 m con pendenza sempre contenuta. Criticità e esigenze d’intervento Non presenta criticità per la percorribilità pedonale. Ai fini della gestione forestale risulta non percorribile con mezzi meccanici per la sezione ridotta e il sedime irregolare ma di facile adeguamento a pista o strada trattorabile.

Tracciato n. 9 “lungo il muro del bosco parco del Castello” È un breve tracciato di 80 m di lunghezza che si sviluppa all’esterno e a monte del muro di cinta del bosco parco, lungo il lato est del Castello. Anche questo tracciato presenta una sezione ampia con pendenza sempre contenuta. Criticità e esigenze d’intervento Non presenta criticità per la percorribilità pedonale. Ai fini della gestione forestale risulta non percorribile con mezzi meccanici per la sezione ridotta e il sedime irregolare; è di modesto interesse in quanto la superficie forestale limitrofa risulta già servita.

73 Tracciato n. 19 “discesa al Torrente Casotto” È uno dei numerosi sentieri che, sviluppandosi a partire dal tracciato 18, scende al Rio Casotto, attraversa il ceduo di faggio e serve vecchie aie carbonili. Criticità e esigenze d’intervento Non presenta criticità per la percorribilità pedonale. Ai fini della gestione forestale risulta non percorribile con mezzi meccanici per la sezione ridotta e il sedime irregolare; il suo adeguamento a pista trattorabile risulta di modesto impegno.

Tracciato n. 20 “dal Castello al torrente Casotto” È un percorso di notevole bellezza, con sezione ampia e pendenza sempre contenuta, in parte delimitato nel suo tratto iniziale da un filare di grossi faggi. Criticità e esigenze d’intervento Non presenta criticità per la percorribilità pedonale. Ai fini della gestione forestale risulta non percorribile con mezzi meccanici per la sezione ridotta in alcuni tratti; risulta di facile adeguamento a pista trattorabile. Per aumentarne la funzione forestale deve essere collegato al tracciato n 21.

Tracciato n. 24 “lungo il Canale Vatè” Si sviluppa a partire dal tracciato n. 10 “dalla provinciale al retro del Castello” e segue il percorso del canale Vatè. A metà del suo sviluppo è interrotto da uno smottamento localizzato del versante. Criticità e esigenze d’intervento La percorribilità pedonale è ostacolata dalla vegetazione arborea ed arbustiva che, non più contenuta in occasione delle utilizzazioni, sta sviluppandosi sul tracciato. Ai fini della gestione forestale risulta non percorribile con mezzi meccanici per la sezione ridotta. È l’unico tracciato che possa servire la porzione nord della compresa n. 3; il suo adeguamento a pista trattorabile risulta però impegnativo (apertura nuovo tracciato).

Tracciato n. 29 “lungo il Canale del Gatto” Il sentiero, dello sviluppo di 172 m, parte dal tracciato n. 3 “dalla Correria al Castello” in prossimità della curva sul Canale del Gatto e segue, in modo irregolare, il percorso del rio, attraversandolo in corrispondenza della metà del suo sviluppo. Criticità e esigenze d’intervento La percorribilità pedonale è ostacolata nella seconda parte del suo sviluppo per l’irregolarità del sedime, la presenza di materiale litoide periodicamente fluitato e la presenza di aree umide riattivate in occasione delle piogge. Ai fini della gestione forestale risulta non percorribile con mezzi

74 meccanici per la sezione ridotta, il sedime irregolare e la presenza di acqua. Il suo adeguamento a pista trattorabile risulta impegnativo nel secondo tratto ma importante per servire una fascia boscata per la quale è prevista una gestione attiva. In alternativa è importante il suo adeguamento almeno in qualità di sentiero per consentire la fruizione di un’area boscata di bell’aspetto e non lontana dal Castello.

Tracciato n. 33 “accesso all’ex area attrezzata” E’ l’accesso all’area pianeggiante che si sviluppa a sinistra, salendo dalla Correria, del tracciato n. 3 “dalla Correria al Castello” in prossimità del rimboschimento di abete rosso. L’area era un tempo adibita ad area attrezzata come indica la presenza di alcuni tavoli e panchine. In occasione dei cantieri per il rifacimento dei tetti del Castello la stessa è stata impiegata come deposito di materiali. Criticità e esigenze d’intervento La percorribilità pedonale non presenta criticità. Ai fini della gestione forestale non presenta alcun interesse. Necessita al contrario di un migliore innesto sul tracciato da cui si origina.

Tracciato n. 35 “sentiero della Costa Vatè” È il solo sentiero che consente una visuale elevata del Castello. Si origina dal tracciato 3 “dalla Correria al Castello” e con uno sviluppo di circa 400 m si sviluppa sulle ultime propaggini della Costa Vatè raggiungendo la provinciale. Presenta una sezione ampia con pendenza sempre contenuta in quanto un tempo veniva percorsa con animali e carri per accedere ai pascoli della Costa Vatè. Nel tratto terminale sono presenti resti di recinti con filo spinato. Il tracciato, sebbene di sviluppo contenuto, presenta un interesse per la fruizione dell’area e rappresenta un accesso pedonale secondario al castello. In prossimità della provinciale, a cui giunge, è presente uno slargo utilizzabile come piccolo parcheggio. Criticità e esigenze d’intervento La percorribilità pedonale presenta modeste criticità a causa della vegetazione arborea non più contenuta da una manutenzione ordinaria. Ai fini della gestione forestale presenta un certo interesse solo in corrispondenza delle due estremità dove la morfologia dei boschi limitrofi si fa più favorevole.

Tracciato n. 40 “verso il Castello lungo il Rio Casotto” Il tracciato si sviluppa per circa 440 m ai margini della fascia boscata riparia, sul margine inferiore del prato-pascolo a valle del Seccatoio, fino a raggiungere il tracciato n. 7 “da Valcasotto alla Frazione Tagliante”. Oltre la strada camionabile il sentiero continua ma solo più come traccia.

75 Attraversa una porzione della proprietà di particolare rilevanza paesaggistica assumendo un importante ruolo per la fruizione. Anche questo tracciato definisce un accesso secondario pedonale al castello integrando quanto già scritto per i tracciati n. 7, 12 e 35. Criticità e esigenze d’intervento La percorribilità pedonale presenta criticità a causa della vegetazione erbacea invadente che, non più contenuta da una manutenzione ordinaria, ha cancellato alcuni tratti e ostacola, limita e non invoglia la percorribilità di altri. Inoltre sono presenti alcune aree acquitrinose in corrispondenza di piccoli impluvi o dove la superficie si fa pianeggiante in cui è necessario facilitare la percorrenza con piccoli attraversamenti in legno o regimazione delle acque. Ai fini della gestione forestale non presenta alcun interesse.

11.8 Tracce di sentieri Hanno uno sviluppo complessivo di circa 1,8 Km. Si tratta per lo più di tracciati in continuità coi sentieri descritti sopra, non più utilizzati per il venir meno delle attività antropiche per le quali erano stati previsti, cancellati dal tempo e dalla dinamica forestale. Sono stati censiti i tracciati con uno sviluppo di almeno 50 m. Alcuni potrebbero riacquistare importanza ai fini fruitivi per integrare la rete di sentieri già descritta, altri si prestano ad un adeguamento ai fini della gestione forestale, sebbene con interventi di maggiore entità.

Tracciato n. 26 “continuazione del sentiero 24: lungo il Canale Vatè” È la continuazione del tracciato 24. Presenta uno sviluppo difficile per la morfologia del sito, influenzata dalla presenza del corso d’acqua. Il suo adeguamento consente però, ad integrazione del tracciato 24, di attraversare un’area mesofila di particolare bellezza. Criticità e esigenze d’intervento La percorribilità pedonale presenta criticità per l’accidentalità del sedime e l’abbondante vegetazione arborea. Il suo adeguamento a pista trattorabile risulta interessante per la gestione forestale.

Tracciato n. 28 “continuazione del sentiero 29: “lungo il Canale del Gatto” È la continuazione del tracciato 29. Presenta uno sviluppo difficile per la morfologia del sito, influenzata dalla presenza del corso d’acqua. Il suo adeguamento consente però, ad integrazione del tracciato 29, di attraversare un’area mesofila di particolare interesse naturalistico.

76 Criticità e esigenze d’intervento La percorribilità pedonale presenta criticità per l’accidentalità del sedime e l’abbondante vegetazione arborea. Il suo adeguamento a pista trattorabile risulta importante per attuare la gestione attiva prevista per le superfici forestali che attraversa. Difficile risulta il suo innesto sulla provinciale ma la progettazione di un’area di manovre potrebbe consentire di invertire il senso di marcia degli eventuali mezzi di impiego forestale.

Tracciato n. 30 “ramo del sentiero 29: “lungo il Canale del Gatto” È una breve ramificazione del sentiero 29 che, subito dopo il guado sul canale del Gatto, permette di raggiungere i prato-pascoli sotto la provinciale. Criticità e esigenze d’intervento Attualmente il percorso è reso difficile per il sedime rovinato dal passaggio degli animali domestici. Il suo adeguamento non presenta alcun interesse.

Tracciato n. 36 “discesa alla centralina idroelettrica dalla Correria” È la traccia di sentiero che, seguendo il tracciato della condotta forzata di alimentazione della centralina idroelettrica, consentiva di scendere al Torrente Casotto dalla Correria. Criticità e esigenze d’intervento Attualmente l’area attraversata dal tracciato risulta fortemente degradata per l’accumulo di deiezioni animali, fognature a cielo aperto e discarica di materiale vario. Il sentiero non è percorribile; il suo adeguamento avrebbe una esclusiva funzione di accesso alla centralina.

Tracciato n. 37 “collegamento tracciati n. 3 e n. 10” Tracciato di modesto sviluppo, circa 50 m che, in corrispondenza del ponte sul Canale del Gatto, collega la strada di accesso al Castello (tracciato n. 3) con quella più a valle, di ugual ordine (tracciato n. 10). Il sentiero ha esclusivo interesse fruitivo. Criticità e esigenze d’intervento Allo stato attuale il tracciato è vistosamente deteriorato da camminamenti degli animali domestici e dall’erosione delle acque meteoriche. Importante risulta il recupero di tutta l’area, compreso il limitrofo rimboschimento di abete rosso e pino strobo (cap. 7), la migliore delimitazione del tracciato e la regimazione delle acque meteoriche.

77 Tracciato n. 39 “continuazione del sentiero 38: “attraversamento dei pascoli sotto la Cascina del Seccatoio” È la continuazione del tracciato 38 oltre il rio che scende a lato del Seccatoio e che si sviluppa fino al tracciato n. 7 “strada per Tagliente”. A valle della strada prosegue lungo i margini della fascia boscata di pertinenza del Rio Casotto. Il suo adeguamento ha esclusiva funzione fruitiva in qualità di percorso pedonale alternativo per giungere al Castello, ad integrazione di quanto detto per i tracciati n. 7, 12, 38 e 35. Criticità e esigenze d’intervento La percorribilità pedonale è resa difficile a valle del tracciato n. 7 dalla vegetazione arborea ed arbustiva non più contenuta; non presenta interesse forestale.

Tracciato n. 42 “salita alla Fontana del Beato Guglielmo” È una delle tracce dei percorsi che si sviluppavano sul basso versante della Costa Vatè all’interno della proprietà regionale. È quella attualmente di maggior sviluppo e i cui resti risultano più facilmente individuabili, in particolare in autunno dopo la caduta delle foglie. E’ stato un importante percorso coi carri per raggiungere l’attuale provinciale e, a monte della stessa, la Fontana del Beato Guglielmo e i pascoli del Piano dell’Accampamento. Criticità e esigenze d’intervento Attualmente non è percorribile neanche a piedi perché in buona parte cancellato dalla vegetazione arborea e da localizzati fenomenici di erosione superficiale. Il suo ripristino avrebbe un esclusiva funzione fruitivia al fine di attraversare bei cedui di faggio, raggiungere alcune aie carbonili e le strutture in prossimità di queste. L’allargamento e la regolarizzazione del sedime per elevare il tracciato a pista trattorabile non avrebbe senso nel traccialo riportato in cartografia. L’eventuale nuovo tracciato per servire questo settore forestale dovrebbe seguire l’andamento del tracciato n. 6 scendendo gradualmente alla strada per Garessio (tracciato n. 23).

11.9 Canali di derivazione idrica e piste di servizio alle carbonaie Hanno uno sviluppo complessivo di circa 1,8 Km. Si tratta di ciò che rimane di antichi canali di derivazione d’acqua dal Torrente Casotto, dal Canale Vatè e Canale del Gatto, utilizzati per rendere facilmente disponibile la risorsa acqua in tutte le superfici della proprietà attorno al Castello, a fini agricoli e zootecnici. Altri tracciati sembrerebbero invece semplici percorsi di servizio delle aie carbonili al fine di facilitare l’accesso a queste ma soprattutto facilitare l’esbosco del carbone coi muli Si tratta in tutti i casi di tracciati che si sviluppano lungo le curve di livello ma che allo stato

78 attuale risultano colmi di fogliame e ormai colonizzati da vegetazione arborea in fase di affermazione. In prossimità delle aie carbonili sono quasi sistematicamente presenti resti di strutture in pietra di piccole dimensione che avevano probabilmente la funzione di ricoveri per chi conduceva le carbonaie. Di particolare interesse storico-culturale sarebbe il ripristino di almeno uno dei canali d’acqua, ad esempio il canale che alimenta la vasca di raccolta sul Canale del Gatto (tracciato n. 4) passando per l’area degli orti dei monaci, e che prosegue nella vasca di raccolta e di alimentazione della centralina idroelettrica (tracciato 47). Di ugual interesse sarebbe il recupero di una delle strutture di servizio alle aie carbonili e la costruzione, a scopo didattico, di una vera aia carbonile.

Tracciato n. 4 “dal Rio Casotto al Canale del Gatto” È la traccia a più bassa quota fra ciò che rimane dei canali di derivazione idrica. Si origina dal Rio Casotto in prossimità del tracciato n. 21, oltre l’ex poligono militare, si sviluppa fino al tracciato n. 10, in corrispondenza dell’innesto del recente tracciato n. 16, per poi continuare fino al canale Vatè. Un tempo lo stesso continuava oltre l’attuale tracciato 10, percorreva la parte bassa della Costa Vatè, serviva l’area degli orti dei monaci per poi giungere al Canale del Gatto. Criticità e esigenze d’intervento Attualmente in stato di totale abbandono, per la sua prossimità al Castello, assume priorità in un eventuale progetto di recupero.

Tracciato n. 5 “condotta forzata della centralina idroelettrica” È la storica condotta forzata di alimentazione della centralina idroelettrica che si sviluppa a valle della Correria lungo la massima pendenza. Criticità e esigenze d’intervento Il tracciato ha sviluppo in un’area fortemente degradata, di cui si è già detto a proposito del tracciato n. 36, da recuperare nell’ambito di un progetto di valorizzazione della Correria che preveda anche il ripristino del funzionamento della centralina.

Tracciato n. 6 “dal canale Vatè alla strada per Garessio, medio versante” È la traccia a più alta quota fra ciò che rimane dei canali di derivazione idrica compresi nella proprietà regionale. Si origina probabilmente dal Canale Vatè e, seguendo le curve di livello, attraversa la parte alta del versante del Vatè fino ad intercettare la strada per Garessio (tracciato n.

79 22). Lungo il percorso sono evidenti i segni di più aie carbonili e di ciò che rimane delle limitrofe strutture di ricovero. Criticità e esigenze d’intervento Attualmente in stato di totale abbandono potrebbe essere recuperato a pista trattorabile al fine di servire questo settore della compresa n. 3.

Tracciato n. 43 “dal canale Vatè alla strada per Garessio, basso versante” È la traccia del canale di derivazione idrica compresa fra il canale n. 6 e n. 4. Si origina probabilmente dal Canale del Vatè e ha sviluppo parallelo al tracciato n. 10, poco a monte dello stesso. Criticità e esigenze d’intervento Attualmente in stato di totale abbandono, non si prevede il suo recupero concentrando gli sforzi in tal senso sui due tracciati descritti prima.

Tracciato n. 47 “dal canale del Gatto alla Correria” E’ il canale che si origina dallo sbarramento sul canale del Gatto e che si sviluppa fino alla Correria immettendosi nella vasca d’acqua di alimentazione della centralina idroelettrica. Criticità e esigenze d’intervento Il tracciato risulta in buone condizioni ma in prossimità della vasca della pesca facilitata è necessario prevedere un suo adeguamento per evitare gli occasionali fenomeni di tracimazione.

80 12 Incendi: studio della pericolosità d’incendio nell’area oggetto del Piano

L’analisi degli incendi boschivi nel territorio della proprietà regionale è stata condotta sulla base dei dati contenuti nel “Piano regionale per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi - 2003-2006” a cura dell’Assessorato Economia Montana e Foreste della Regione Piemonte. Il territorio regionale è stato suddiviso in zone sulla base delle caratteristiche legate agli incendi boschivi, in modo da delineare un criterio sulla quale verranno organizzati gli interventi antincendio. Elementi importanti per la valutazione degli incendi sono la pericolosità e la gravità. La prima è la risultante dei fattori di insorgenza, propagazione e difficoltà di contenimento degli incendi boschivi e si esprime con alcune variabili caratterizzanti, il cui insieme definisce un “profilo di pericolosità” caratteristico del Comune stesso. La seconda esprime le variazioni che gli incendi hanno comportato nell’ambiente con il quale hanno interagito; come parametro indicatore della gravità si è utilizzata la superficie percorsa, accettando la semplificazione che vede la gravità direttamente proporzionale a questa. Per la valutazione della pericolosità e della gravità di incendio i dati riportati nel piano antincendio si riferiscono alla serie storica di incendi del periodo 1987 – 1997 (11 anni). Il grado di dettaglio con il quale si riconosce la localizzazione spaziale degli incendi boschivi verificatisi è legato all’unità geografica di descrizione del fenomeno, che corrisponde al territorio amministrativo dei Comuni. Osservando la distribuzione degli eventi nel Comune di Garessio si evidenzia una forte eterogeneità interna al complesso forestale. La proprietà del Castello rientra totalmente nel Comune di Garessio; dal punto di vista ortografico la stessa ricade però nel bacino del Torrente Casotto, mentre il resto del territorio comunale insiste sul bacino idrografico dell’alta Val Tanaro. La cresta che unisce il Bric Mindino e il Monte Antoroto, passando per la Colla di Casotto, rappresenta infatti una barriera naturale che determina un netto cambiamento delle caratteristiche termopluviometriche tra il versante dell’alta Val Tanaro, più caldo e meno piovoso, ed il versante della Valle Casotto con maggiori precipitazioni e temperature medie inferiori (vedi cap. 4). Tali caratteristiche determinano una sensibile diminuzione delle cause predisponenti gli incendi rispetto al versante della Val Tanaro. Per questo motivo si riportano di seguito, oltre ai dati relativi al Comune di Garessio (Area Forestale Alta Valle Tanaro, n. 13) in cui la proprietà ricade, quelli del Comune di Pamparato, limitrofo al primo ma compreso nell’area forestale n. 12 (Area Forestale Valli Monregalesi, n. 12), più rappresentativo della realtà della proprietà regionale.

81 Tab. 1 Dati disponibili, riassunti per Comune e relativa classe di pericolosità

Rapporto Media Rapporto percentuale Sup. rapporti Superficie Superficie percentuale Sup. boscata anni Sup. Sup. sup. max Superficie Coefficiente N° mediana superficie percorsa boscata sup. percorsa/ n° con boscata media percorsa Classe di Comune territoriale boscosità IB>30 IB (ha) percorsa/ media percorsa percorsa/ superficie IB IB percorsa a IB da IB pericolosità ha durata annua media superficie boscata [%] [ha] (ha) [ha] intervento annua territorio comunale (ha/ora) comune

Garessio 10.519,3 80 % 51 2 73 644,9 12,6 1,2 460 1,95 58,63 53,40 0,45% 0,51% 7

Pamparato 3.471 82 % 4 5,30 5

82 Nelle due aree forestali sono stati relativamente rari gli incendi di grandi dimensioni (maggiori di 30 ha) e concentrati in pochi Comuni tra cui Garessio. Nello stesso Comune è da segnalare l’incendio di massima estensione verificatosi nel corso del decennio di riferimento, con un evento di 460 ha. Le classi di pericolosità attribuite ai Comuni e indicati in tabella sono così descritte: classe 5: comprendi i Comuni nei quali gli incendi si verificano con una certa continuità (1 anno su 3 in media) ma nel complesso non sono ancora molto numerosi (in media 5 incendi per Comune nel corso degli 11 anni della serie storica). Gli incendi sono inoltre caratterizzati mediamente da una limitata superficie percorsa e raggiungono raramente superfici di una certa estensione. classe 7: comprende i Comuni in cui maggiore è la frequenza degli incendi (oltre 2 incendi ogni 3 anni); gli stessi presentano un comportamento difficile e sono molto estesi. Numerosi sono gli incendi con superficie maggiore ai 20 ettari, elevato risulta il rapporto superficie/durata.

12.1 Zonizzazione degli obiettivi La pianificazione antincendi boschivi mira alla riduzione della superficie percorsa e non a ridurre il numero totale degli incendi, che nel medio periodo tende a restare costante (Bovio, 1990). L’obiettivo è dunque contenere la superficie percorsa annualmente dal fuoco entro limiti accettabili. Il Piano regionale AIB 2003–2006 prevede una serie d’interventi necessari per ridurre la superficie percorsa dagli eventi. Per quantificare questa riduzione si utilizza un indice sintetico detto RASMAP (Riduzione attesa della superficie media annua percorsa). Nella tabella seguente si riportano i valori di RASMAP previsti per le Aree di base considerate per caratterizzare al meglio la proprietà regionale, quella in cui amministrativamente ricade e quella che meglio la rappresenta dal punto di vista ambientale.

Tab. 2 Valori di RASMAP prevista dal Piano regionale AIB 2003-2006 Area N° Area di Nome RASMAP per forestale Base territorio n. [ha/anno] (Comunità montana 13 Alta valle Tanaro e 12 36 valli Mongia e Cevetta) 12 Comunità Montana 11 20 Valli Monregalesi

Nel primo caso (Alta Val Tanaro) il risultato è perseguibile, sempre secondo il Piano Antincendio, con interventi di prevenzione selvicolturale (ripristino viali tagliafuoco, manutenzione sentieri e viabilità forestale, contenimento della biomassa bruciabile) su una superficie di circa 20 ettari, la realizzazione di una piazzola per elicottero e la creazione di 2 nuovi punti di rifornimento idrico. 83 Nel secondo caso (Valli monregalesi) l’obiettivo è perseguibile con una serie d’interventi selvicolturali (cure colturali, spalcatura in rimboschimenti, decespugliamento sentieri e tagliafuoco) su 10 ettari di superficie, la realizzazione di 4 nuovi punti acqua. Nessuno dei progetti previsti ricade nella proprietà regionale; allo stato attuale inoltre nessuno degli interventi previsti nelle aree di base considerate risultano realizzati o in fase progettuale.

Di seguito si riporta la descrizione dei principali interventi e strutture previste dal Piano Antincendio ai fini di raggiungere la RASMAP prevista per l’area di base: - interventi di prevenzione selvicolturale: atti a ridurre l’intensità del fuoco ed eliminare la continuità tra sottobosco e chioma, comprendono spalcature nei rimboschimenti di conifere, conversioni del ceduo in fustaia, cure colturali, decespugliamenti di sentieri e viali tagliafuoco. Gli interventi selvicolturali previsti nel presente PFA hanno tutti anche il positivo effetto di prevenzione antincendio. - viali tagliafuoco: non si prevede l’apertura di nuovi viali tagliafuoco ma occorre effettuare la corretta manutenzione di quelli eventualmente esistenti al fine di mantenerne la funzionalità. Nell’ambito della proprietà non esistono e non sono previsti viali tagliafuoco ma l’adeguamento e la corretta gestione della sentieristica e della viabilità esistente assumono un importante effetto anche in questo senso. - punti di rifornimento idrico: la Regione Piemonte ha previsto, con la collaborazione degli Enti territoriali (CM e Comuni), la realizzazione di punti acqua per l'attività di estinzione degli incendi boschivi con priorità per le Aree di base che presentano maggior rischio d’incendio. Nell’ambito della proprietà regionale la presenza di ampie aree a prevalente copertura erbacea e la ricca rete di corsi d’acqua permanenti rende possibile la predisposizione di punti mobili di rifornimento idrico. La gestione attiva della componente arborea di pertinenza della vasca adibita alla pesca facilitata alla trota, in prossimità della Correria, consentirebbe inoltre di disporre di un punto fisso di approvvigionamento idrico. - viabilità: la viabilità forestale ha lo scopo di permettere la penetrazione nel complesso boscato. Essa deve rispettare alcuni criteri generali riguardanti sia le caratteristiche costruttive (pendenza, raggio minimo di curvatura, larghezza minima, sgrondi trasversali etc) sia le caratteristiche dei mezzi che si prevede di usare. La viabilità attuale della proprietà regionale consente un facile raggiungimento delle principali strutture abitative o agricole e delle loro immediate pertinenze a verde mentre, a causa dell’assenza di manutenzione, non sono attualmente percorribili per garantire l’accesso alla restante superficie forestale.

84 Gli interventi di adeguamento dei tracciati viari rilevati assumono quindi un importante ruolo anche per la sicurezza contro gli incendi boschivi. - piazzole per elicotteri: la Regione Piemonte ha la disponibilità di un servizio elicotteri per attività antincendi boschivi ed altre attività di pubblico interesse. Per assicurare l'operatività degli elicotteri sono necessarie delle piazzole di atterraggio nelle aree in cui è maggiore la probabilità di sviluppo del fuoco. Le piazzole dovranno essere collegate alla viabilità di servizio forestale ed essere raggiungibili da piccole autobotti usate per rifornimento. Il numero, la localizzazione e la priorità delle piazzole sono state stabilite in funzione del rischio e della RASMAP delle Aree di base. Lo sviluppo della proprietà regionale rende agevole in più punti l’atterraggio di eventuali elicotteri di soccorso e di servizio antincendio, in prossimità sia di punti mobili e fissi di rifornimento idrico, in diretto collegamento con la viabilità forestale presente e di cui si prevede l’adeguamento.

Allo stato attuale nell’area forestale 12 (valli monregalesi) si è riscontrata la disponibilità di 5 punti acqua: • rio del Frocco (Comune di ): si tratta di 3 invasi del Consorzio Irriguo di Pascomonti; • stabilimento I.C.L. (Comune di S.- Michele di Mondovì): si tratta di un invaso industriale con capienza fino a 200 mc e profondità di 5 m ; • località S. Lorenzo (Comune ): vasca di 200 mc di proprietà del Comune; • laghetto presso la località di Prato Nevoso (Comune di Franosa sottana): laghetto artificiale di proprietà della Ditta Prato Nevosi Ski s.r.l.. • località dello seccatoio Filippi (Comune ): vasca mobile di 25 mc.

Inoltre non sono classificati ma sono utilizzabili 2 laghetti alpini, della Raschera e delle Moglie (Comune di Roburent). È infine da ricordare che entrambe le stazioni forestali della Comunità montana Valli monregalesi sono dotate di piccole vasche mobili della capacità di 2,5 mc; ciascuna può essere posizionata in prossimità di torrenti o altri fonti d’acqua ed essere alimentata da motopompe. Il posizionamento in località libere da vegetazione o da ostacoli al volo permetterebbe il rifornimento degli elicotteri anche nell’ambito della proprietà regionale.

Conclusioni Sulla base delle classificazioni e delle indicazioni d’intervento qui presentate ai fini della protezione della proprietà regionale dagli incendi boschivi, considerato il grado di pericolosità e di gravità effettivo dell’area, il livello di priorità assegnato in ambito regionale a tali interventi non è elevato. Considerata la gravità reale degli incendi boschivi, il territorio della proprietà regionale viene

85 collocato nella classe di pericolosità 2 (riferita ad aree e non a singoli Comuni) “incendi frequenti e piccoli”, ossia area caratterizzata da una buona frequenza di incendi con superfici medie limitate e bassa diffusibilità. Pur essendo rappresentati gli incendi di superficie superiore a 30 ha sono rari gli eventi di estensione eccezionali. Inoltre la proprietà regionale rientra nella classe di gravità 3, definita di impatto ridotto, in cui la superficie totale percorsa dal fuoco è contenuta (0,2 %).

13. Gestione del verde storico, monumentale e di pertinenza di infrastrutture

Con la finalità di porre in sicurezza e conferire maggiore stabilità al patrimonio arboreo radicato nelle aree di pertinenza del Castello, del bosco parco sui lati est e sud del Castello, dell’ingresso della Correria e lungo il viale di accesso al Castello (strada n. 3), ove prevale la destinazione di fruizione o si concentrano le attività antropiche, si è proceduto a svolgere le seguenti attività: A. Cartellinatura dei singoli soggetti arborei, con numerazione permanente, rilievo dei parametri dendrologici e diagnostici individuali in apposite schede (All. I e II). B. Elaborazione di indicazioni d’intervento (potature, abbattimenti e VTA strumentale) e relativa priorità, previa valutazione visiva per la messa in sicurezza dei singoli soggetti e dei popolamenti in cui sono radicati (All. I e II).

A tutela del muro di recinzione sul lato esterno est e sud del castello, su tutti i lati della Correria, della Cappella di San Rocco, della Cascina del Seccatoio e del seccatoio stesso, in una fascia di ampiezza variabile in relazione all’altezza media della vegetazione limitrofa, non si è proceduto alla cartellinatura dei soggetti arborei ma sono state individuate con bolli di vernice rossa o verde le piante da abbattere, giudicate instabili e a rischio di schianto (All. III).

I sopralluoghi sono stati effettuati nelle seguenti aree: 1. Bosco parco interno alle mura del lato est e sud del Castello; 2. Viale di accesso al Castello giungendo dalla Correria (strada n. 3); 3. Correria; 4. Perimetro esterno del Muro di cinta, lato est e sud del Castello; 5. Cappella di San Rocco; 6. Cascina del Seccatoio; 7. Seccatoio.

86 13.1 Bosco parco del Castello Nell’ipotesi di una fruizione intensiva dell’area boschiva interna alle mura del Castello si è ritenuto necessario procedere con un intervento principalmente finalizzato alla riduzione della densità del soprassuolo arboreo; nel tempo l’assenza di interventi ha generato una forte concorrenza fra i soggetti determinando la crescita di piante instabili a causa dell’elevato rapporto altezza/diametro raggiunto. Si è sostanzialmente operato un leggero diradamento selettivo a carico dei soggetti soprannumerari, dominati o codominanti, permettendo così la crescita delle piante contigue in condizioni più favorevoli, con maggiore disponibilità idrica e di luce. Contestualmente si è proceduto ad assegnare al taglio le piante deperenti, morte o con gravi carie al fusto o al colletto e quelle incombenti sul castello, sul muro di cinta o sui resti della certosa originaria (area archeologica). Sul lato sud del castello è presente un doppio filare composto da circa una ventina di abeti bianchi monumentali per i quali, data la notevole altezza (circa 40 m) e la vicinanza all’edificio, è stata prevista un’analisi fitostatica di dettaglio mediante l’utilizzo di strumenti elettronici quali il resistograph. Dall’analisi strumentale e visiva è emerso che le piante con numero di cartellinatura 1171, 1172, 1174 e 1134 ricadono nella categoria di rischio B. Le categorie di rischio utilizzate si rifanno a quelle definite dal gruppo di lavoro sulla stabilità di S.I.A. (Società Italiana Arboricoltura), comunemente accettate dal Settore Verde Pubblico del Comune di Torino e facenti parte della classificazione internazionale FRC. Esse sono in totale 5 (A, B, C, C-D e D) e classificano le piante in base alla presenza di difetti morfologici e strutturali sempre più rilevanti (in modo crescente da A a D), definendo le azioni necessarie a prevenire e ridurre il rischio di cedimento meccanico. Alla classe B appartengono le piante per le quali i lievi difetti strutturali rilevati suggeriscono comunque un monitoraggio (VTA visivo) almeno entro i prossimi 3 anni. Viceversa le piante 1135, 1173, 1175 e 1358 ricadono nella classe di rischio C; per tali soggetti è necessario mantenere un costante monitoraggio visivo e strumentale (entro 1 anno) al fine di evidenziare tempestivamente l’insorgere di nuovi sintomi. Si allega alla presente la relazione stilata dal tecnico incaricato (All. IV).

13.2 Viale di acceso al castello dalla Correria Lungo il viale di accesso (strada n. 3), tra la Correria e il Castello, composto in prevalenza da acero di monte e frassino maggiore, il sopralluogo ha evidenziato la presenza di numerosi soggetti morti e deperenti la cui chioma seccaginosa rende pericoloso il transito di auto e pedoni per il rischio di

87 caduta rami. Il sesto troppo ravvicinato con il quale era stato posto a dimora il doppio filare e la crescita del bosco sui versanti hanno generato una forte concorrenza tra i soggetti arborei. La successiva perdita di vigore delle piante dominate ha favorito l’insorgere di numerosi elementi di instabilità. Si è dunque proceduto prevedendo l’abbattimento delle piante morte e deperenti, potature di rimonda del secco, di contenimento e ringiovanimento dei soggetti più vigorosi. Si sottolinea che la potatura di contenimento si rende necessaria per dimensionare la pianta in relazione ai vincoli presenti nell'ambiente (fabbricati, manufatti, strade ecc. ...); deve essere eseguita rispettando il più possibile il portamento e la forma tipici della specie, mantenendo equilibrato il volume e il peso della chioma. La potatura di ringiovanimento è destinata a rinvigorire i soggetti ormai invecchiati la cui chioma risulta ridotta e con minore vigore vegetativo; in tale caso si opererà un alleggerimento e apertura della chioma alla luce con tagli di diradamento e rimonda, sopprimendo i rami secchi, soprannumerari o concorrenti. In ogni caso è consigliato utilizzare la tecnica del taglio di ritorno.

L’ubicazione e lo stato fitosanitario generale delle piante impone un monitoraggio con cadenza orientativamente di 2-3 anni in modo da poter procedere tempestivamente alla rimozione del secco o all’abbattimento di eventuali soggetti morti o deperenti. Il monitoraggio deve essere garantito in seguito ad eventi atmosferici di forte intensità (vento, neve, galaverna, incendio etc). Nel caso degli ampi spazi creati dagli abbattimenti si potrà valutare la messa a dimora di giovani soggetti al fine di conservare la struttura originaria del filare.

Sul lato est della Correria è prevista l’eliminazione di alcuni grossi frassini ad alto fusto insistenti sulla struttura, specie potenzialmente instabile a causa delle dimensioni e della suscettibilità ai marciumi radicali; in questo caso si consiglia una gestione a ceduo che non permetta lo sviluppo di piante con altezza superiore ai 10-15 m. Di seguito (Tab. 3) si riporta una sintesi delle piante, ripartite per aree di esame, per le quali sono previsti interventi di diversa natura.

13.3 Cappella di San Rocco I due grossi abeti bianchi presenti anteriormente alla Cappella (piante n. 1357 e 1358) sono stati oggetto di analisi strumentale (Resistograph). La pianta 1357 è risultata sana. La n. 1358 presenta una zona di degradazione visibile dall’esterno e compresa tra 2 contrafforti; l’albero sta reagendo alla degradazione che deve però essere monitorata con la ripetizione, tra 1 anno, dell’esame strumentale.

88 Nel frattempo si consiglia la ripulitura della parte degradata mediante slupatura (asportazione del legno alterato) e disinfezione con rame e polvere Caffaro.

Si allega alla presente la relazione stilata dal tecnico incaricato (All. IV).

13.4 Fasce boscate di pertinenza di infrastrutture Di seguito vengono riportate le indicazioni d’intervento riferite alle superfici boscate e alle fasce di vegetazione arborea non considerate precedentemente ma di pertinenza delle strutture comprese nella proprietà. In tali ambiti non si è provveduto alla cartellinatura dei singoli soggetti in quanto rientrano, una volta recuperata la grave situazione attuale di abbandono, nella normale gestione forestale. La cartellinatura è stata eseguita nel caso di soggetti di cui si è prevista un’analisi di maggiore dettaglio (visiva e strumentale); in questo caso, con l’indicazione della numerazione, si rimanda ai relativi allegati (All. 4 e 5). Le indicazioni d’intervento, dettate da una condizione di libera evoluzione della vegetazione in concomitanza del grave e prolungato stato di abbandono delle strutture comprese nella proprietà, sono derivate dall’esigenza di preservare gli edifici da ulteriori danni. Ovviamente gli interventi sarebbero ottimizzati da progetti di recupero e valorizzazione delle singole costruzioni oltre che dagli interventi previsti per la viabilità. In occasione dei sopralluoghi sono stati individuati con un bollo di vernice gialla i soggetti arborei che dovranno essere tagliati. Non sono stati segnati i soggetti di dimensioni inferiore ai 10 cm ma nella seguente descrizione vengono conteggiati al fine di avere dei parametri di riferimento per la quantificazione degli interventi previsti.

Cascina del Seccatoio L’edificio, ottimamente localizzato rispetto al prevalente sviluppo delle superfici pastorali, si presenta in pessime condizioni, anche a causa di vegetazione arborea troppo prossima alle mura, in parte in corso di affermazione su alcune residue porzioni del tetto, e di specie rampicanti e/o arbustive che si sviluppano ai piedi e lungo i muri perimetrali. Sul retro dell’edificio lo stato di abbandono delle superfici pastorali hanno determinato lo sviluppo di vegetazione arborea troppo prossima alla struttura sebbene recentemente trattata a ceduo. Sono infatti radicate su una scarpata instabile alcune ceppaie di castagno e alcuni soggetti da seme di ciliegio, betulla, faggio e acero di monte oltre ad arbusti di salicone e rosa canina. È necessario prevedere il taglio di tutta la vegetazione, nel complesso si tratta di 16 soggetti di diametro medio di 15 centimetri e altezza media di 8 metri, quindi un intervento di facile esecuzione che può rientrare nel progetto di recupero delle limitrofe superfici pastorali.

89 Lungo la facciata anteriore (lato sud) non sono radicati soggetti arborei se si esclude un solo frassino di recente sviluppo in prossimità dell’ingresso principale. È invece presente un soggetto di edera che ormai da più anni si sviluppa rampicandosi sul muro. A valle della Cascina è presente un muretto a secco su cui si sono affermate alcune ceppaie di nocciolo, salicone, sambuco e rosa canina; tali soggetti devono essere devitalizzati ed eliminati al fine di evitare un accelerazione del processo di destabilizzazione del muretto, causa lo sviluppo degli apparati radicali. Sul lato est devono essere devitalizzati ed eliminati due polloni di frassino di diametro medio di 15 cm e altezza media di 12 m. Sul retro della porzione più stretta della Cascina deve essere definita una fascia di ampiezza di 10 m in cui devitalizzare le giovani ceppaie di specie arboree radicate (castagno, acero di monte, faggio) oltre ai soggetti da seme di ciliegio, faggio e betulla. Anche i questo caso il risultato si può ottenere mediante il recupero delle superficie a pascolo. In particolare andrà eliminata una ceppaia di acero di monte prossima al muro, con 5 polloni di diametro medio di 20 cm e altezza 10 m, oltre alcuni soggetti di betulla sviluppatisi sul tetto. Si tratta anche in questo caso di un intervento di semplice esecuzione che interessa complessivamente 45 polloni di diametro di 10-15 cm e altezza compresa fra 6 e 12 m.

Seccatoio La struttura è circondata da superfici a prevalente copertura erbacea. Ciononostante sul lato ovest è radicato, molto prossimo al muro, un acero di monte da devitalizzare ed eliminare (diametro 10 cm e altezza 6 m); sul retro e sul lato est non vi è vegetazione arborea. In prossimità del lato sud devono essere abbattuti il grosso ciliegio morto in piedi e pericolante (diametro 50 cm, altezza 15 m), il salicone, anch’esso morto in piedi (diametro 20 cm, altezza 6 m), e deve essere sfoltita, rilasciando i due soggetti migliori, una ceppaia di frassino di 10 polloni di diametro 15 cm e altezza 10 m.

Casotto diroccato Si tratta di una vecchia struttura di piccole dimensioni di cui rimangono solo più parte delle mura esterne. Al fine di garantire la sua conservazione e maggiore visibilità si prevede il taglio di 2 ceppaie di nocciolo, un soggetto da seme di castagno deperente (diametro 75 cm, altezza 15 m) e un pollone di castagno vivo ma fortemente pendente (diametro 20 cm, altezza 12 m). La struttura acquista particolare fascino per la presenza del faggio monumentale (soggetto n. 1363) che lo sovrasta totalmente. Il soggetto, in buone condizioni, deve essere oggetto di controlli annuali; si dovrà prevedere l’eventuale contenimento della prima corona di rami nel caso in cui si preveda la

90 necessità di avvicinarsi con mezzi meccanici per la ristrutturazione del casotto diroccato o del seccatoio.

Cappella di San Rocco I soggetti arborei di maggior rilevanza sono i 2 abeti bianchi radicati a valle della struttura. Si tratta di soggetti di grosse dimensioni per i quali si rimanda alla indicazioni delle indagini visive e strumentali (soggetti n. 1357 e 1358). Sul lato sud della struttura sono radicati 2 soggetti di frassino stabili e di bel portamento che vanno rilasciati e monitorati nel tempo; sul retro altri due frassini, uno senescente e uno radicato sul muretto a secco, devono invece essere tagliati (diametro medio 20 cm e altezza 12 m). In prossimità dello spigolo nord della struttura, in prossimità del rio, sono radicate due grosse ceppaie di castagno ormai invecchiate come testimoniano i sintomi di deperimento (rami secchi); si prevede la ceduazione di entrambe le ceppaie (5 soggetti di altezza 20 m e diametro compreso fra 25 e 40 cm sulla prima ceppaia, due polloni di 40 e 15 cm sulla seconda con uguale altezza) e la successiva selezione di 1-2 polloni vigorosi e di buon portamento, capaci di affrancarsi, al fine di favorire lo sviluppo di pochi soggetti stabili. A nord della cappella, sulla sponda del rio, si sviluppa un filare a prevalenza di acero di monte. Si tratta di soggetti molto filati, spesso di modesto portamento e vigore a causa della forte concorrenza determinata dall’eccessiva densità. Al fine di favorire i soggetti più stabili e definire un popolamento di maggior valore estetico, si prevede l’abbattimento dei soggetti individuati con bollo di vernice gialla. Si tratta in tutto di 10 soggetti con diametro compreso fra 10 e 20 cm e altezze comprese fra 8 e 15 m.

Correria Si tratta di una struttura di estremo valore storico-architettonico, allo stato attuale quasi del tutto nascosta e sovrastata dalla limitrofa vegetazione arborea, non più oggetto di una regolare gestione. Risulta quindi prioritario l’intervento di taglio dei soggetti arborei che insistono sulla struttura e il ripristino della ceduazione a turno breve dei filari in prossimità della stessa. Sul lato nordest la vegetazione è limitata ad un filare ceduo di frassino e acero di monte radicato sul rio che scorre parallelamente alla struttura. Si tratta di polloni adulti ed in parte invecchiati come testimonia spesso il modesto vigore. Si prevede la ceduazione di tutto il filare e la gestione a turno di 10 anni. Sullo stesso lato sono stati cartellinati alcuni soggetti (dal n. 1270 al 1278) per i quali si rimanda ai relativi allegati (All. 4 e 5). Sul lato nordovest è stata individuata una fascia dello sviluppo di circa 15 m in cui sono state segnate con bollo di vernice gialla (da abbattere) tutti i soggetti che, troppo prossimi alla Correria o

91 con chioma che ne sovrastano il tetto, devono essere abbattuti; su una fascia di maggior sviluppo (25 m) sono invece stati individuati nello stesso modo i soggetti da abbattere perché vistosamente pendenti nella direzione della struttura. I restanti soggetti, di miglior portamento e ottimo vigore, rientrano nella normale gestione della superfici forestale a cui appartengono. Di seguito (Tab. 1) si riportano i dati dei soggetti destinati al taglio, secondo l’ordine con cui si incontrano spostandosi lungo il lato nordovest:

Tab. 1 Piedilista piante da abbattere nei pressi della Correria

Specie Diametro Altezza Frassino 15 5 Acero di monte 20 10 Acero di monte 15 10 Frassino 15 10 Frassino 50 25 Acero di monte 85 25 Acero di monte 35 18 Acero di monte 60 22 Frassino 40 25 Frassino 40 25 Frassino 35 20 Acero di monte 40 22 Acero di monte 50 25 Acero di monte 60 25 Frassino 45 22 Acero di monte 35 16 Acero di monte 30 12 Acero di monte 25 10 Frassino 20 15 Acero di monte 40 18 Acero di monte 40 18

Lungo il recinto esterno della stalla a vetro della Correria la vegetazione arborea ha uno sviluppo più contenuto e non rappresenta mai fonte di pericolo per le strutture; per questo motivo non si prevede alcun intervento. Sullo lato sudovest, in prossimità della struttura in cemento armato e del condotto di alimentazione della centralina idroelettrica, sono stati individuati al taglio i seguenti soggetti arborei (Tab. 2).

92

Tab. 2 Piedilista piante da abbattere nei pressi della Correria, lato sudovest

specie Diametro Altezza Acero di monte 10 8 Acero di monte 25 15 Frassino 45 18

Lungo il lato sudest della Correria, sulla scarpa di raccordo al sottostante prato-pascolo, si è sviluppato recentemente un fitto popolamento di olmo campestre che ha avuto origine dall’unico soggetto adulto presente (75 cm di diametro e 20 m di altezza). Si tratta nel complesso di circa 100 soggetti di diametro di 15 cm e altezza di 8 m. Si prevede, considerata la vicinanza ad una delle ali della Correria, il recupero dell’area a superficie pascoliva col rilascio del solo olmo adulto. Sono inoltre presenti due frassini, uno gestito nel passato a sgamollo (ceduo alto) per la produzione di frasca (diametro 60 cm, altezza 25 m) e uno più giovane (diametro 25 cm, altezza 15 m), entrambi da rilasciare, eventualmente ripristinando il trattamento a sgamollo. Un acero di monte di diametro 65 cm e altezza 18 m è da ripristinare a capitozza.

93 Tabella 3. Sintesi interventi su fasce boscate di pertinenza di infrastrutture TIPOLOGIA DI INTERVENTO AREA CL. ALTEZZA PIANTE A C PD PS-PD PD-PR PR PS T VTA TOTALE Correria 1 1 1 Correria 2 10 2 1 13 Correria Totale 11 2 1 14 Entro le mura accesso laterale castello 2 9 9 Entro le mura accesso laterale castello 3 3 2 2 7 Entro le mura accesso laterale castello 4 3 2 6 11 Entro le mura accesso laterale castello Totale 15 3 7 25 Entro le mura lato est castello 1 1 1 Entro le mura lato est castello 2 13 2 15 Entro le mura lato est castello 3 6 10 1 1 18 Entro le mura lato est castello Totale 20 12 1 1 34 Entro le mura lato sud/est castello 1 1 1 Entro le mura lato sud/est castello 2 19 2 21 Entro le mura lato sud/est castello 3 2 2 4 Entro le mura lato sud/est castello Entro le mura lato sud/est castello Totale 22 4 26 Entro le mura sotto sentiero lato sud castello 1 1 1 Entro le mura sotto sentiero lato sud castello 2 7 1 8 Entro le mura sotto sentiero lato sud castello 3 2 1 3 Entro le mura sotto sentiero lato sud castello Totale 10 2 12 Lato esterno mura curva su viale 1 1 1 Lato esterno mura curva su viale 2 3 1 4 Lato esterno mura curva su viale 3 2 2 Lato esterno curva su viale Totale 4 3 7 Cappella S. Rocco 4 2 2 4 Cappella S. Rocco Totale 2 2 4 Viale alberato lato monte 1 9 1 10 Viale alberato lato monte 2 28 3 5 36 Viale alberato lato monte 3 6 1 2 2 1 12 Viale alberato lato monte Totale 43 4 2 2 7 58 Viale alberato lato valle 1 2 2 Viale alberato lato valle 2 12 10 1 5 28 Viale alberato lato valle 3 6 4 1 2 2 14 29 Viale alberato lato valle 4 Viale alberato lato valle Totale 20 14 1 2 2 1 17 57 Lato est e sud fuori le mura 1 3 3 Lato est e sud fuori le mura 2 13 13 Lato est e sud fuori le mura 3 8 8 Lato est e sud fuori le mura Totale 24 24

Totale complessivo 169 42 6 4 2 2 27 1 9 262 Legenda: Classe di altezza 1 <10 m, 2 > 10 < = 20, 3> 20< = 30, 4> 30< = 40: interventi A= abbattimento, C= controllo, PD= Potatura di contenimento della chioma, PS= Rimonda delle branche e dei rami secchi, PR= Potatura di ringiovanimento della chioma, T= Posa di tiranti, VTA = Controllo visivo e strumentale

94 13.5 Metodologia per la valutazione della stabilità degli alberi

Dei soggetti arborei radicati nelle aree indicate all’inizio del cap. 13, sono stati rilevati, attraverso analisi visive non strumentali condotte da terra, i principali parametri dimensionali e i caratteri diagnostici utili a definire gli interventi necessari e la priorità di questi, ai fini della messa in sicurezza, utilizzando una scheda appositamente predisposta.  Le indagini di stabilità riguardano tutte le parti direttamente visibili dell’albero; l’eventuale necessità di approfondimento attraverso l’uso di indagini strumentali o dall’alto su cestello viene annotata sulla scheda (All. 4 e 5) e successivamente affidata a personale specializzato. La verifica fonda le sue basi su nozioni di patologia vegetale, botanica, meccanica, tecnologia del legno; si pone particolare attenzione a tutti i caratteri diagnostici direttamente correlabili con una perdita di stabilità dei soggetti arborei quali: l’inclinazione del fusto o delle branche, la presenza di branche prominenti, morte o gravemente danneggiate, di danni sul tronco, al colletto o alle radici (eventuali scavi), di rilevanti fenomeni di carie sul fusto, all’inserzione delle branche principali e sulle branche stesse, di carpofori o anomalie (rigonfiamenti, contrafforti ecc.) indicatori di possibili cavità, carie o marciumi occulti. Nella valutazione dei caratteri diagnostici presenti è necessario considerare le caratteristiche dell’area di insidenza e quelle ambientali in cui l’albero si trova, con particolare riferimento a caratteristiche del suolo, pendenza, eventuali limitazioni allo sviluppo di chioma e radici (presenza di ostacoli, cordoli, fossi, muri ecc).

Si precisa che lo scopo della valutazione non è di predire se un albero (o sua porzione) esaminato potrà schiantarsi oppure no, ma se possiede o meno le caratteristiche biomeccaniche e strutturali idonee a mantenerne la stabilità sulla base delle conoscenze e condizioni attuali.

In tal senso la sicurezza per la fruizione potrà essere considerata idonea solo se verrà: • attuato il piano d’interventi che l’indagine svolta ha previsto garantendo il monitoraggio negli intervalli temporali indicati nelle schede di valutazione; • vietato l’accesso alla proprietà nell’eventualità di fattori abiotici intensi e/o prolungati nel tempo, in particolare eventi atmosferici (neve, vento, pioggia, galaverna, incendio etc), anche mediante l’impiego di apposita cartellonistica; • garantito il monitoraggio, anche con sopralluoghi speditivi, dopo eventi intensi, atmosferici o di altro tipo quali morie, deperimenti, disseccamenti diffusi causati anche da fattori biotici (insetti, fitopatologie etc.)

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14 Obiettivi e norme gestionali

Di seguito sono riportati e discussi gli obiettivi e le norme relative agli interventi gestionali previsti. Gli obiettivi vengono presentati e discussi con riferimento alle categorie forestali di cui si prevede una gestione attiva nel periodo di validità del Piano. Le norme prescrivono i parametri e gli accorgimenti da adottare e rispettare in occasione degli interventi in bosco e dell’attività del pascolo, al fine di garantire la conservazione degli elementi naturali di pregio, una gestione polifunzionale e sostenibile del patrimonio silvopastorale. Di seguito (Tab. 1) si riportano i dati di superficie delle categorie forestali ripartite per destinazione prevalente. Tab. 1 Ripartizione, in ettari, della superficie forestale (ha) per Categoria e destinazione prevalente

Totale Fruizione protettiva Protettiva Produttiva Categoria Produttiva- Faggeta 2,9 26,4 1,6 5,7 36,6 Acero-Tiglio-Frassineto 5,5 3,0 5,0 3,6 17,2 Boscaglie d’invasione 2,5 1,6 4,1 Castagneto 1,4 1,4 Rimboschimento 0,7 0,6 1,3 Totale 11,6 29,5 10,2 9,3 60,6

Prevale la destinazione produttiva in senso stretto (49% della superficie forestale), riferita alle due principali categoria forestali, la Faggeta (90% della superficie di categoria) e l’Acero-Tiglio- Frassineto (10%). Questo a sottolineare l’ottima attitudine forestale della proprietà regionale, le buone condizioni di fertilità e di incremento. Considerata la polifunzionalità della proprietà regionale, sulla cui base è stata articolata la compartimentazione, tale scelta non significa però riproporre i trattamenti impattanti e non sostenibili applicati dalla precedente proprietà. L’obiettivo in tutte le categorie è l’applicazione di trattamenti selvicolturali orientati ad una selvicoltura naturalistica che persegua popolamenti misti in cui vengano rispettate e riproposte su piccole superfici tutte le fasi silvigenetiche dei boschi seminaturali. Superfici fra loro simili sono state attribuite alla destinazioni della fruizione e della produzione- protezione. Nel primo caso, circa 12 ettari (19% della superficie forestale), sono in prevalenza interessate le formazioni d’invasione nelle aree limitrofe al Castello e lungo gli impluvi che attraversano la Compresa n. 2 (Canale del Gatto e Vatè), in particolare Acero-Tiglio-Frassineto

96 (47% della superficie di destinazione) e Boscaglie d’invasione (22%). Su queste si concentrano infatti l’afflusso e gli spostamenti dei fruitori. La superficie attribuita al Rimboschimento fa riferimento al popolamento artificiale in prossimità del Castello di cui si prevede una trasformazione con recupero degli orti dei monaci (cap. 15). In questo caso l’obiettivo è l’applicazione di trattamenti che migliorino l’aspetto paesaggistico del bosco perseguendo popolamenti ad alto fusto, misti, valorizzando gli elementi di pregio presenti (grandi alberi, sentieri, scorci panoramici etc). La destinazione Produttiva-protettiva (10 ettari, 17% della superficie boscata) è riferita a tutte le categorie, con prevalenza dell’Acero-Tiglio-Frassineto (49% della superficie di destinazione) seguito da Faggeta, Boscaglie d’invasione e Castagneto (circa 15% per ciascuna categoria) e da Rimboschimento (5%). L’obiettivo è l’applicazione di trattamenti finalizzati a favorire lo sviluppo delle specie autoctone con soggetti di buon portamento e vigore, condizione indispensabile per avere popolamenti stabili dal punto di vista ecologico e meccanico, idonei alla fruizione e alla protezione generale. La destinazione protettiva è stata attribuita alla restante superficie forestale, 9,3 ettari (15% della superficie forestale), ed è riferita alla categoria Faggeta (61% della superficie di destinazione) e Acero-Tiglio-Frassineto (39%). È la destinazione che prevale su tutte le altre destinazioni in termini di priorità in quanto è dettata dalle difficili e limitanti condizioni stazionali che influenzano lo sviluppo dei popolamenti ma anche le possibili attività antropiche. L’obiettivo è il monitoraggio delle aree e la definizione di popolamenti misti di specie autoctone, definiti da soggetti stabili, ben conformati, radicati fuori dall’alveo attivo dei corsi d’acqua, giovani, leggeri e con apparati radicali efficaci sulle scarpate più acclivi. In tutti i caso dovranno essere salvaguardati gli arbusti e le formazioni specializzate quali i saliceti arbustivi e gli alneti di ontano bianco, presenti su superfici modeste e come tali non cartografate. Di seguito (Tab. 2) si riporta una tabella di sintesi degli interventi previsti al fine di perseguire gli obiettivi sopra sintetizzati.

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Tab. 2 Ripartizione, in ettari, della superficie forestale per Categoria e intervento Totale controllata Evoluzione Ceduazione Conversione Diradamento Pascolamento Categoria Trasformazione Faggeta 6,4 2,6 27,5 36,6 Acero-Tiglio-Frassineto 0,6 3,7 10,3 2,6 17,2 Boscaglie d’invasione 3,4 0,7 4,1 Castagneto 0,3 0,8 0,3 1,4 Rimboschimento 1,3 1,3 Totale 0,9 10,9 12,9 33,8 1,3 0,7 60,6

14.1 Obiettivi per la categoria Faggeta Di seguito la superficie di categoria è ripartita fra destinazione e tipi forestali. Tab. 3 Ripartizione, in ettari, della categoria Faggeta per Tipo forestale e destinazione prevalente Fruizione protettiva Protettiva Produttiva Tipo forestale Codice Produttiva- Totale Faggeta mesotrofica 50X 1,5 24,1 0,8 26,3 variante con latifoglie mesofile 50B 2,3 0,8 4,4 7,6 Faggeta oligotrofica 60X 0,4 1,3 1,6 variante con castagno 60C 1,0 1,0 Totale Faggeta 2,9 26,4 1,6 5,7 36,6

Per meglio comprendere gli obietti a livello di categoria è però necessario far riferimento ai tipi strutturali cartografati e di seguito riportati in tabella (Tab. 4). Il tipo strutturale è l’informazione, espressa con un codice riportato anche sulla Carta Forestale e delle altre coperture del territorio, che sintetizza la forma di governo e la fase di sviluppo del bosco.

Tab. 4 Ripartizione, in ettari, della Faggeta per tipo strutturale e intervento Totale controllata Evoluzione Ceduazione Conversione Diradamento Categoria Tipo strutturale Ceduo giovane con matricine (CM) 3,3 26,8 30,1

Ceduo adulto con matricine (AM) 2,1 2,1 Faggeta (FA) Ceduo invecchiato con matricine (IM) 1,1 1,1 Fustaia giovane (FG) 2,6 0,7 3,3 Totale Faggeta 0 6,4 2,6 27,5 36,6

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Circa l’82% della superficie di categoria è definita da popolamenti giovani trattati a ceduo (CM). La netta prevalenza di soprassuoli giovani è giustificata dalle utilizzazioni che si sono succedute annualmente, a partire dalla fine degli anni ’60, sul basso e medio versante del Bric Mindino (compresa n. 3) e, più recentemente (anni ’90), su alcune delle porzioni servite dalle strade allora percorribili. Nel primo caso l’esbosco è stato realizzato con l’impiego di muli in salita sfruttando le mulattiere che portavano all’attuale provinciale. La pregressa gestione ha creato una condizione di estrema semplificazione ed uniformità non solo in termini di composizione ma anche di struttura e fasi di sviluppo. Per la prevalenza dei cedui giovani (89%) l’intervento proposto è l’evoluzione controllata ossia il non intervento nel periodo di validità del Piano. L’obiettivo è quindi il lasciar esplicare i naturali processi di concorrenza intra ed interspecifici, di selezione naturale e di aumento della provvigione al fine di ottenere popolamenti di origine agamica (da polloni), adulti, per i quali si dovrà proporre una gestione a fustaia in occasione della prossima revisione del piano. La scelta dell’evoluzione controllata interessa anche una modesta superficie, poco meno di un ettaro, di fustaia giovane, in corso di affermazione lungo il Rio Casotto, nei pressi della grotta e della fornace di calce, in cui attualmente nessun intervento avrebbe utili ripercussioni oltre che alcun interesse in termini di biomassa ritraibile. Il prossimo intervento in grado di ottimizzare e valorizzare le potenzialità di questi popolamenti, attualmente giovani, sarà l’avviamento all’alto fusto finalizzato ad ottenere popolamenti ad alto fusto (fustaie invece di cedui), più stabili, più ricchi, di maggior valore paesaggistico e naturalistico. La conversione è l’intervento previsto nel periodo di validità del presente piano solo su 3,3 ettari dei cedui giovani (9% della superficie di categoria), con riferimento a popolamenti pur sempre giovani ma che, per la fertilità stazionale o perché primi nella sequenza storica delle tagliate, si prestano ad interventi di conversione all’alto fusto. L’obiettivo è di limitare la concorrenza fra polloni, favorire l’affrancamento dei polloni migliori, integrando la copertura rilasciando i soggetti da seme e parte delle matricine. Scelta questa che ben si presta sia nel caso della destinazione Produttiva-protettiva, come nei pressi del Rio Casotto, a valle dei tracciati n. 45 e n. 18 (compresa n. 3), sia di quella protettiva (Canale Vatè e Canale del Gatto). L’intervento non è stato proposto al resto dei popolamenti giovani per motivi di carattere economico (intervento a macchiatico negativo) ma sarebbe auspicabile su altre superfici al fine di anticipare i tempi della conversione, favorendo il successivo sviluppo di popolamenti ad alto fusto, disetanei a gruppi.

99 La conversione è stata invece proposta sulla totalità dei cedui adulti e invecchiati con matricine, interessando 3,2 ettari (9% della superficie di categoria). Si tratta dei popolamenti in cui massima risulta l’efficacia dell’intervento al fine di strutturare il popolamento futuro ma anche per la provvigione ritraibile. Si tratta dei poligoni a ridosso del Canale del Gatto (a monte dei tracciati 28 e 29), del Canale Vatè (fra canale e tracciato n. 35) e ancora la Faggeta a valle della Correria, attraversata dal tracciato 34 (compresa n. 2). L’intervento di diradamento è invece riferito a 2,6 ettari (7% della superficie di categoria) di giovane fustaia. Si tratta di più poligoni, per lo più di pertinenza della compresa n. 2 “Castello di Casotto”, a prevalente destinazione fruitiva, derivati da interventi di avviamento all’alto fusto eseguiti circa 20- 25 anni orsono, e che allo stato attuale sono suscettibili di un nuovo intervento, sebbene di leggera intensità. L’obiettivo è massimizzare l’aspetto paesaggistico favorendo i soggetti meglio conformati e riducendo la densità.

14.2 Obiettivi per la categoria Acero-Tiglio-Frassineto

Considerato il valore naturalistico della categoria, sottolineato dall’inserimento delle formazioni di forra nell’elenco degli Habitat prioritari della Direttiva Habitat, l’obiettivo per la categoria è la sua conservazione nel tempo, prevedendone una gestione ad alto fusto che favorisca i naturali processi di ulteriore evoluzione. Per i popolamenti di forra è stata prevista la sola destinazione protettiva causa i limiti stazionali.

Tab. 5 Ripartizione, in ettari, della categoria Acero-Tiglio-Frassineto per Tipo forestale e destinazione prevalente Fruizione protettiva Protettiva Produttiva Tipo forestale Codice Produttiva- Totale Acero-tiglio-frassineto di forra 40X 1,8 1,8 variante ad acero di monte 40C 0,3 0,3 Acero-tiglio-frassineto d'invasione 50X 2,4 0,6 3,0 variante a frassino maggiore 50B 0,5 1,8 2,3 Variante ad acero di monte 50C 1,1 1,1 Variante con faggio 50D 2,6 3,0 1,7 1,0 8,3 Variante con castagno 50E 0,3 0,3 Totale Acero-Tiglio-Frassineto 5,5 3,0 5,0 3,6 17,2

La destinazione protettiva interessa in parte anche il Tipo d’invasione, con riferimento a formazioni di pertinenza dei corsi d’acqua, non in stazione di forra, che svolgono un’azione di protezione generale del suolo. Nel complesso la destinazione è attribuita a 3,6 ettari, il 21 % della superficie di categoria.

100 La destinazione produttiva è attribuita a due poligoni nel settore più meridionale della proprietà (compresa n. 3) per una superficie complessiva di 3 ettari (17%). Si tratta di belle fustaie giovani in cui la specie è accompagnata dal faggio, già oggetto di avviamento e diradamento nel passato. Le superfici maggiori sono però interessate dalla destinazione della fruizione, circa 5,5 ettari (32%) e da quella produttiva-protettiva, 5 ettari (29%). Il primo caso (fruizione) interessa i poligoni che si sviluppano attorno al Castello (Compresa 2), su ex superfici a prato e pascolo, il secondo (produttiva-protettiva) ai poligoni che si sviluppano ai margini delle superficie pastorali (compresa n. 1) e che in parte tendono ad invadere.

Tab. 6 Ripartizione, in ettari, del Acero-Tiglio-Frassineto per tipo strutturale e intervento Totale controllata Evoluzione Ceduazione Conversione Diradamento Categoria Tipo strutturale Ceduo giovane con matricine (CM) 0,7 2,0 2,8 Ceduo adulto con matricine (AM) 0,5 2,9 3,5 Ceduo invecchiato con matricine (IM) 0,1 0,1 Acero-Tiglio-Frassineto (AF) Fustaia giovane (FG) 6,8 0,3 7,1

Fustaia adulta a prevalenza di diametri medi (MM) 3,2 3,2 Senza gestione (SG) 0,3 0,3 0,6 Totale AF 0,6 3,7 10,3 2,6 17,2

La conservazione della categoria, il suo miglioramento in termini strutturali e di composizione, oltre che la gestione ad alto fusto, vengono perseguiti mediante gli interventi a cui è stata attribuita la quasi totalità della superficie di categoria, ossia il diradamento, 10 ettari (58% della superficie di categoria) e la conversione, 3,7 ettari (22%). Il primo intervento è riferito ai popolamenti di maggiore età, più sviluppati e non sottoposti al trattamento del taglio ceduo nel recente passato. L’intervento sarò di tipo selettivo finalizzato a rilasciare i soggetti meglio conformati e più stabili, liberare progressivamente le aree in rinnovazione, favorire l’ingresso di specie definitive, conservare le latifoglie mesofile d’accompagnamento (ciliegio, tiglio, ontano bianco, pioppo tremolo etc.). La conversione fa riferimento invece a quei popolamenti che, della stessa origine dei primi, sono stati oggetto di ceduazione per la produzione di assortimenti energetici. L’obiettivo è convertire i popolamenti all’alto fusto perseguendo, in tempi successivi, gli obiettivi indicati per i popolamenti ascritti alla giovane fustaia. L’intervento della ceduazione è indicato su una modesta superficie, 0,6 ettari (3,5%), di pertinenza del Rio Casotto in corrispondenza della cascina del Seccatoio (Compresa n. 1). In questo caso l’obiettivo è garantire nel tempo un popolamento giovane, con un sviluppato apparato radicale,

101 leggero, accompagnato da specie arbustive, in grado di garantire una maggiore sicurezza idraulica ed esplicando la prevalente funzione protettiva. Alla restante superficie è stato attribuito l’intervento dell’evoluzione controllata ossia del non intervento nel periodo di validità del Piano. L’obiettivo è in questi casi, sia per le formazioni a ceduo che quelle a fustaia, di lasciar libero corso ai naturali processi silvogenetici, allo stato attuale più efficaci di qualsiasi intervento antropico. Lo stesso obiettivo vale per il poligono a cui è stato attribuito il tipo strutturale “senza gestione”, sul rio Casotto in prossimità di San Rocco, formazione giovane in fase di sviluppo, fortemente condizionato dai limiti della stazione.

14.3 Obiettivi per la categoria Boscaglie d’invasione

La categoria caratterizza superfici marginali ma di rilevante interesse naturalistico per il contributo in termini di biodiversità e di protezione generale.

Tab. 7 Ripartizione, in ettari, della categoria Boscaglie d’invasione per Tipo forestale e destinazione prevalente

Totale Fruizione protettiva Produttiva- Tipo forestale Codice Betuleto montano 20X 0,83 0,83 Betuleto montano pascolato da animali domestici 20K 0,7 0,7 Boscaglia d’invasione, sottotipo montano 32X 0,96 1,62 2,58 Totale Boscaglie d’invasione 2,49 1,62 4,11

La destinazione di fruizione è riferita ai poligoni della Compresa n. 2 “Castello di Casotto”, in continuità con le altre formazioni forestali o pastorali, su percorsi lungo i quali si spostano attualmente i fruitori. L’obiettivo in questo caso è la conservazione di un ambiente forestale diverso da quelli storici, più aperto, luminoso e di maggior valore paesaggistico. In particolare in prossimità del Canale Vatè l’obiettivo è favorire la conservazione di una prateria arborata con soggetti stabili e ben conformati. Particolare valore paesaggistico ha il poligono che si sviluppa fra il Castello (manica nord) e il tracciato n. 35, in continuità con formazioni aperte a prevalenza di arbusti e specie erbacee che consentono un’ottima visuale sul castello e, in parte, sulla retrostante area archeologica. In questo caso l’obiettivo è mantenere la prevalente copertura erbacea ed arbustiva, limitando l’ingresso di specie arboree e l’eccessivo sviluppo di quelle arbustive. La destinazione produttiva-protettiva è invece riferita alla compresa n. 1, in cui la categoria ha sottratto e sta continuando a sottrarre superfici agli usi pastorali. I popolamenti stanno esplicando i massimi incrementi in altezza e di provvigioni con buone opportunità produttive.

102 Di seguito gli interventi previsti per la categoria sono correlati ai tipi strutturali.

Tab. 8 Ripartizione, in ettari, della categoria Boscaglie d’invasione per tipo strutturale e intervento

Categoria Tipo strutturale

Totale Pascolo animali domestici controllata Evoluzione

Spessina (SP) 1,0 1,0 Boscaglie d’invasione (BS) Perticaia (PE) 1,6 0,7 2,3 Fustaia giovane (FG) 0,8 0,8

Totale BS 3,4 0,7 4,1

La giovane età media dei popolamenti e le intense fasi di crescita che gli stessi stanno manifestando consiglia nella quasi totalità dei casi, 3,4 ettari (83% della superficie di categoria), il non intervento nel periodo di validità del Piano. Successivamente saranno invece auspicabili interventi di diradamento finalizzati ad una gestione ad alto fusto della categoria. L’indicazione del pascolo di animali domestici è riferito al piccolo poligono (0,7 ettari, 17% della superficie di categoria) che si sviluppa nella compresa n. 2, fra la provinciale e il canale Vatè, a monte del piccolo nucleo di prateria in attualità d’uso. L’obiettivo, determinato dall’incipiente fase di rimboschimento e il tradizionale pascolo a inizio stagione, è il recupero a pascolo dell’area. Il risultato è ottenibile mediante il pascolo di animali domestici, ad esempio vacche, seguite da specie meno esigenti quali cavalli e capre. Sarà inoltre necessario un intervento di eliminazione della residua vegetazione arbustiva e di parte di quella arborea.

14.4 Obiettivi per la categoria Castagneto La modesta superficie di questa categoria è definita da 3 poligoni, tutti all’interno della compresa n 1 “Correria e sue pertinenze”, in continuità con superfici pastorali.

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Tab. 9 Ripartizione, in ettari, della categoria Castagneto per Tipo forestale e destinazione prevalente protettiva Tipo forestale Codice Produttiva- Totale Castagneto acidofilo a Teucrium scorodonia delle Alpi 30X 0,3 0,3 variante con faggio 30F 1,1 1,1 Totale CA 1,4 1,4

All’intera superficie è stata attribuita la destinazione produttiva-protettiva. L’obiettivo per tali popolamenti è di accelerare il processo in atto, ossia la spontanea conversione all’alto fusto, il progressivo inserimento di specie diverse, autoctone, e l’affrancamento di quelle già presenti. Il castagno non è idoneo alla stazione e lo sta dimostrando con stadi vegetativi molto compromessi. La specie verrà comunque conservata assumendo nel tempo la funzione di specie accessoria o d’accompagnamento in popolamenti misti, tutelando una categoria che è stata individuata come habitat d’interesse. Di seguito gli interventi previsti per la categoria sono correlati ai tipi strutturali.

Tab. 8 Ripartizione, in ettari, della categoria Castagneto per tipo strutturale e intervento

Totale controllata Evoluzione Ceduazione Conversione Categoria Tipo strutturale Castagneto (CA) Ceduo giovane con matricine (CM) 0,3 0,3 Ceduo adulto con matricine (AM) 0,3 0,8 1,1 Totale CA 0,3 0,8 0,3 1,4

Tali obiettivi sono perseguibili con l’intervento della conversione nei cedui adulti, 0,8 ettaro (57% della superficie di categoria), ossia mediante il loro avviamento all’alto fusto, rilasciando uno-due polloni per ceppaia, scelti fra i migliori, e rispettando sempre i soggetti, anche di specie diversa, nati da seme. Nei cedui giovani, oggetto di recenti utilizzazioni, l’indicazione è l’evoluzione controllata (0,3 ettari, 21% della superficie di categoria), ossia il non intervento nel periodo di validità del Piano. L’intervento della ceduazione è invece indicata per il poligono nei pressi della Correria, fra la provinciale e il tracciato n. 11; si tratta di un ceduo adulto, in parte invecchiato, in cui la specie si presenta stentata, con molti soggetti esauriti o senescenti, mentre abbondante è la presenza di soggetti giovani di specie autoctone (faggio e acero di monte) in corso di affermazione. La

104 ceduazione ha in questo caso la doppia finalità di favorire le specie in corso di affermazione ma soprattutto di rivitalizzare le ceppaie di castagno, favorire l’emissione di nuovi e vigorosi polloni su cui sarà necessaria una successiva selezione al fine di favorirne un più rapido affrancamento e regolare accrescimento.

14.5 Obiettivi per la categoria Rimboschimento La categoria si sviluppa in due poligoni, uno nella compresa n. 1 in cui prevale la destinazione produttiva-protettiva e uno nella compresa n. 2 in cui prevale la destinazione della fruizione.

Tab. 9 Ripartizione, in ettari, della categoria Rimboschimento per Tipo forestale e destinazione prevalente

Fruizione protettiva Tipo forestale Codice Produttiva- Totale Rimboschimento del piano montano, variante a larice europeo 20C 0,6 0,6 variante a conifere miste 20H 0,7 0,7 Totale Rimboschimento 0,7 0,6 1,3

Il primo poligono è un rimboschimento di larice in cui l’origine artificiale è in parte nascosta dall’abbondante inserimento e sviluppo di altre specie nel sottobosco. In questo caso l’obiettivo è lo sgombero dei soggetti maturi e l’apertura delle specie in corso di affermazione. Andranno rilasciati almeno 100 larici ad ettaro, scelti fra quelli meglio conformati e con chioma viva più bassa, a testimonianza dell’impianto precedente e per completare la copertura ancora non continua delle specie autoctone inseritesi. Il secondo poligono è un impianto di abete rosso e pino strobo che può ancora essere classificato come impianto di arboricoltura da legno, il cui turno è però concluso. Se ne prevede lo sgombero complessivo anche in vista del recupero complessivo dell’area, in parte da destinare al ripristino degli orti dei monaci con colture storiche quali segale, grano saraceno, patata, canapa, erbe aromatiche, in parte al recupero del canale di derivazione idrica a valle dell’impianto e il resto a prato arborato con elementi di arredo in legno. Di seguito gli interventi previsti per la categoria sono correlati ai tipi strutturali.

Tab. 10 Ripartizione, in ettari, della categoria Rimboschimento per tipo strutturale e intervento e e zione orma Total Categoria Tipo strutturale Trasf Fustaia adulta a prevalenza di diametri Rimboschimento (RI) medi (MM) 1,3 1,3 Totale RI 1,3 1,3

105 In entrambi i casi i popolamenti sono fustaie adulte; l’intervento indicato è la trasformazione con cui si intende il cambiamento della composizione del popolamento prevedendo lo sgombero dei soggetti arborei.

14.6 Norme gestionali Viene di seguito riportata la normativa relativa alla gestione forestale e degli habitat correlati ad integrazione delle indicazioni contenute nei differenti capitoli della relazione di Piano.

Art. 1 Destinazione forestale In tutta la proprietà regionale assumono destinazione forestale le zone individuate in cartografia come bosco, rimboschimento, fasce boscate lineari, aree verdi di pertinenza, ovvero in evoluzione a bosco; in tali ambiti non sono ammesse modificazioni di destinazione d’uso del suolo. Devono inoltre essere considerate boschi le eventuali ulteriori zone non cartografate rispondenti alla definizione del D. Lgs 227/01 "Orientamento e modernizzazione del settore forestale ”, in particolare l’art. 2 “definizione di bosco e di arboricoltura da legno” di seguito sintetizzata: “……aree con copertura forestale arborea e/o arbustiva pari almeno al 20% della superficie, di estensione superiore ai 2000 metri quadri, larghe almeno 20 m, misurate al piede degli alberi” e con le seguenti integrazioni” …..comprese le aree di qualunque estensione con tali caratteristiche di superficie e copertura se distanti meno di 100 m da aree boscate; nonché cenosi di neoformazione, di altezza media di almeno 2 m”. Per tali aree si applica l’impostazione gestionale contenuta nella relazione e le prescrizioni della presente normativa.

Art. 2 Interventi selvicolturali Gli interventi selvicolturali all’interno della proprietà regionale sono normati dal presente Piano, che ha valenza di Piano d’assestamento forestale ai sensi della L.R. n. 57/79. Le prescrizioni per gli interventi eventualmente non eseguiti alla naturale scadenza del presente Piano e gli indirizzi gestionali di lungo termine restano comunque vigenti fino all’approvazione delle revisioni; queste ultime dovranno tenere conto degli indirizzi vincolanti contenuti nel presente piano.

Art. 3 Estensione delle tagliate e superfici d’intervento Per diradamenti, tagli di avviamento a fustaia e tagli di sgombero di rimboschimenti di specie esotiche anche naturalizzate, mirati alla loro sostituzione, la superficie massima accorpata

106 percorribile è di 3 ettari, ampliabili a 5 se si delimitano subaree interne, di superficie complessiva non inferiore al 20% del lotto, da lasciare intatte. I lotti devono essere separati da fasce boscate ampie almeno 100 m, non percorse da intervento negli ultimi tre anni e con rinnovazione o ricacci alti non meno di 3 m. Le superfici d’intervento indicate in cartografia e nella relazione di Piano sono da considerarsi al lordo di tare ed eventuali aree con diverse caratteristiche non rilevabili in carta. In caso di mancata rinnovazione affermata entro 5 anni dal taglio è obbligatorio un rinfoltimento.

Art. 4 Indici di prelievo negli interventi selvicolturali La percentuale di prelievo negli interventi intercalari non può superare i seguenti valori rispetto alla provvigione reale (massa legnosa) iniziale di ciascun lotto:  diradamenti e completamento della conversione a fustaia di cedui composti: 35%;  tagli di avviamento a fustaia di cedui semplici: 50%. Gli indici minimi di prelievo sono fissati in entrambi i casi in 1/5 della provvigione. La percentuale di prelievo nei tagli di rinnovazione in fustaia, nel primo intervento di taglio a scelta colturale o sementazione per gruppi, può variare tra il 20 e il 35%.

Art. 5 Turni e matricinatura dei cedui I cedui di faggio, ovvero di qualunque specie avente età superiore a 35 anni al momento della richiesta di taglio, sono da considerarsi fuori regime e devono essere avviati a fustaia, con le tecniche descritte nel Piano, anche a prescindere da eventuali diversi interventi indicati in cartografia. Per i cedui semplici a regime, individuati nella carta degli interventi, il turno minimo è di 15 anni. La matricinatura prevista per tutte le specie è di 100 piante ad ettaro prevedendone il rilascio a gruppi, indicativamente di 5-10 esemplari tra loro distanziati di 2-4 m. Le matricine dovranno essere scelte prioritariamente fra i soggetti nati da seme; in caso di carenza di queste ultime è possibile il reclutamento fra altre specie. In caso di eccessiva snellezza devono essere rilasciati più polloni di una stessa ceppaia per accompagnamento, i quali verranno computati come unica matricina. Le matricine o riserve devono essere scelte tra i soggetti dominanti e in migliori condizioni vegetative, indipendentemente dalla loro regolare distribuzione sulla superficie e tra le classi; deve essere altresì rilasciato il novellame di specie spontanee, pur non avente ancora le caratteristiche di riserva (diametro < 10 cm). Dopo il taglio la copertura del soprassuolo arboreo non potrà comunque essere inferiore al 30%.

107 Art. 6 Avviamento a fustaia dei cedui L’intervento consiste in una selezione massale dei polloni sulle singole ceppaie finalizzato a rilasciare almeno un pollone per ciascuna di queste. I prelievi minimi e massimi in termini di numero di piante sono rispettivamente 30% e 60% della frequenza iniziale, in termini di provvigione 30% e 50%. Gli interventi di conversione dei cedui semplici e gli interventi di diradamento sono eseguibili non prima dei 20 anni di età del ceduo. Prima di questa età sono possibili eventuali interventi di cure colturali e sfolli qualora necessari, lasciando le piante d’avvenire a contatto di chioma. Devono essere conservate almeno 2/3 delle riserve di più turni di specie autoctone, con preferenza per quelle della classe diametrica maggiore. La scelta dei soggetti da rilasciare deve essere condotta sulla base della specie di appartenenza, dell’origine da seme o da pollone, del piano sociale, dal portamento e della distribuzione nell’ambito delle singole tagliate. Nel conteggio delle riserve devono essere preferibilmente scelti soggetti nati da seme o comunque affrancati, sempre di buon portamento e appartenenti al piano dominante della vegetazione. Nel caso di soggetti di diametro contenuti dovrà essere previsto il rilascio di altri soggetti limitrofi per aumentare la stabilità e resistenza a fattori di disturbo esterni.

Art. 7 Età di riferimento per le fustaie Pur non fissando un turno delle fustaie esistenti o derivanti dalla conversione dei cedui, in relazione all’indirizzo gestionale verso popolamenti disetanei in prospettiva trattati a taglio a scelta colturale per gruppi, l’ètà minima di riferimento per la rinnovazione della faggeta è di 80 anni, posticipabile a 100 in assenza di fenomeni di senescenza, di 50-60 anni per l’Acero-Tiglio-Frassineto, di 45-55 anni per il Castagneto.

Art. 8 Alberi deperenti, morti, di scarso valore commerciale Gli esemplari arborei morti e/o schiantati in occasione di eventi atmosferici intensi, oltre ai soggetti con legno di scarso valore per qualità specifiche (es. pioppi, salici, betulla, ontano) o per scadenti caratteristiche tecnologiche (fusti curvati, biforcati, a fibratura deviata, colpiti da fulmine, ecc.), devono essere rilasciati, almeno in parte, in piedi o sul letto di caduta. Essi infatti sono di elevato valore per l’ecosistema forestale, in quanto habitat per molte specie animali (avifauna, roditori, insetti, ecc.) che vi trovano cibo e rifugio. Il numero da rilasciare al momento di qualsiasi intervento selvicolturale è in media di 2 piante ad ettaro. I soggetti da rilasciare dovranno essere di diametro maggiore ai 20 cm, scelti fra i più grandi.

108 Fanno eccezione i soggetti arborei che possono creare pericolo per la pubblica incolumità nelle aree aperte al pubblico, che possono ostruire la viabilità permanente o impedire il deflusso delle acque; questi andranno abbattuti e prelevati o sistemati sul letto di caduta in modo da eliminare eventuali fonti di pericoli.

Art. 9 Trattamento delle ramaglie e dei residui degli interventi selvicolturali Le ramaglie, i cimali e il materiale legnoso di piccole dimensioni derivanti da interventi selvicolturali o dal recupero della necromassa, possono essere utilmente lasciati in bosco, sparsi al suolo, evitando di coprire il novellame e le aree in rinnovazione o raccogliendoli in cumuli di volume non superiore ai 3 m3. Le ramaglie non vanno accumulate a ridosso dei tronchi degli alberi rilasciati in piedi. Non è ammesso l’abbruciamento dei suddetti residui in qualunque periodo dell’anno. Al fine della protezione dagli incendi boschivi nelle aree a confine con colture agrarie e lungo la viabilità principale si prescrive di lasciare fasce di discontinuità prive di residui larghe almeno 5 metri per lato. La viabilità, anche pedonale, dovrà essere sempre mantenuta sgombra dai residui, così come gli alvei dei corsi d'acqua.

Art. 10 Trattamento degli arbusti Su tutta l’Area il taglio e la soppressione indiscriminata degli arbusti spontanei, di qualunque specie, sono vietati, per il positivo ruolo biologico che tali specie svolgono all'interno del bosco, sia in popolamenti arbustivi sia nel sottopiano di cenosi arboree. E’ ammissibile il taglio parziale della suddetta vegetazione nella misura in cui intralci effettivamente le pratiche selvicolturali, e comunque per una superficie non superiore al 50% di quella da essa coperta. Non è ammessa la cosiddetta "pulizia" del bosco o del sottobosco, in quanto pratica onerosa ed inutile dal punto di vista selvicolturale, dannosa per la biodiversità. Sono fatti salvi gli eventuali interventi di protezione dagli incendi boschivi volti alla creazione di fasce di riduzione del combustibile ai lati della viabilità, nonché il taglio della vegetazione avventizia pregiudizievole della stabilità del bosco, quale edera e rovi.

Art. 11 Trattamento del novellame e specie da proteggere Il novellame delle specie forestali spontanee deve essere salvaguardato e messo in luce durante gli interventi selvicolturali in quanto costituisce il futuro del bosco ed il modo più economico per ottenerne la rinnovazione o il miglioramento della composizione.

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Art. 12 Esercizio del pascolo Il pascolo di ungulati domestici in bosco è vietato su tutta la proprietà regionale al fine di non esporre la maggior parte dei boschi a seri danni, senza considerare l’intransitabilità di molte aree e la scarsità di risorse foraggere in bosco. L’esercizio del pascolo può al contrario essere una efficace pratica per il mantenimento e il ripristino di formazioni erbacee.

Art. 13 Viabilità, sentieri La viabilità attualmente presente risulta sufficiente per le attività forestali e la fruizione, pertanto non si prevede l’apertura di nuova viabilità (piste o strade); sono consentiti gli interventi previsti di adeguamento e di manutenzione ordinaria della viabilità esistente. È permesso il ripristino di sentieri attualmente abbandonati, anche tramite la costruzione di manufatti (passerelle, piccoli ponti, ecc.) e la messa in posa di paline segnaletiche allo scopo di migliorarne la percorribilità. La realizzazione di nuovi sentieri e aree attrezzate non dovrà essere in contrasto con le prioritarie finalità di conservazione dell’ambiente naturale e delle specie selvatiche. Per ridurre l’impatto di visitatori non particolarmente motivati nelle aree di maggior pregio del sito, eventuali aree attrezzate saranno predisposte in zone adeguate ma marginali; in tali luoghi potranno essere sistemate panchine, tavoli, bacheche informative, cestini per i rifiuti, eventuali punti di rifornimento idrico.

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15. Piano degli interventi selvicolturali e quadro economico

Di seguito si riportano i dati relativi agli interventi riferiti alla superficie forestale, ripartita per compresa assestamentale e priorità. La gestione attiva interessa potenzialmente l’intero patrimonio forestale ma nel periodo di validità del presente Piano sono previsti interventi solo su circa 27 ettari (44% della superficie forestale). Alla restante superficie, circa 34 ettari (56%), è stata attribuita l’evoluzione controllata ossia il non intervento nei prossimi 10 anni per la giovane età dei popolamenti o per la non opportunità economica ed ecologica.

Tab. 1 Ripartizione, in ettari, della superficie forestale per intervento e priorità

Intervento Breve (B) Media (M) Differibile (D) Nessuna (N) Totale % Diradamento (DR) 5,9 3,9 3,2 12,9 21 Conversione (CO) 2,8 5,0 3,1 10,9 18 Trasformazione (TR) 1,3 1,3 2,2 Ceduazione (CE) 0,8 0,2 0,9 1,5 Pascolo di animali domestici (MR) 0,7 0,7 1,1 ha Totale a gestione attiva 10,7 9,0 7 26,7 44 % 40 33,7 26,3 100 Evoluzione controllata (EC) 33,8 33,8 56 Totale complessivo 10,7 9,0 7 33,8 60,6 100

Di seguito gli interventi vengono ripartiti per compresa assestamentale oltre che per priorità.

Tab. 2 Ripartizione, in ettari, della superficie forestale per intervento, compresa e priorità

COMPRESE FORESTALI E PRIORITA’ Totale Totale Intervento Compresa n. 1 Totale Compresa n. 2 Comp. Compresa n. 3 Comp. Comp. 1 2 3 Totale B M D N B M D N B M D N % Evoluzione 56 controllata (EC) 3,5 3,5 3,3 3,3 26,9 26,9 33,8 Diradamento (DR) 2,7 0,4 0,7 3,8 1,5 2,1 0,5 4,1 1,7 1,4 2,0 5,0 12,9 21,3 Conversione (CO) 1,1 0,4 0,3 1,8 1,7 4,6 6,3 2,8 2,8 10,9 18 Trasformazione (TR) 0,6 0,6 0,7 0,7 1,3 2,1 Ceduazione (CE) 0,8 0,2 0,9 0,9 1,5 Pascolo di animali 1,1 domestici (MR) 0,7 0,7 0,7 Totale 5,2 0,9 1,1 3,5 10,7 3,8 6,7 1,2 3,3 15,1 1,7 1,4 4,8 26,9 34,8 60,6 100

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15.1 Evoluzione controllata Su questa superficie non sono previsti interventi nel periodo di validità del Piano per la giovane età media dei popolamenti forestali; tale scelta prevale nella compresa n. 3 “Faggete reali”. Considerata la destinazione prevalente della compresa, protettiva in senso stretto, in occasione della prossima revisione del Piano sarà opportuno auspicare una gestione attiva basata sull’applicazione di trattamenti tipici dell’alto fusto, in grado di soddisfare anche gli obiettivi produttivi.

Tab. 3 Ripartizione, in ettari, dell’intervento Evoluzione controllata per compresa e priorità

Intervento Numero compresa Nessuna Totale 1 3,5 3,5

Evoluzione controllata (EC) 2 3,3 3,3 3 26,9 26,9 Totale EC 33,8 33,8

La scelta del non intervento nei prossimi 10 anni è dettata da una valutazione di opportunità economica, giustificata dalla modesta provvigione e dal valore di macchiatico negativo. Questo non esclude però la possibilità di svolgere, soprattutto se si prevede un’applicazione in economia del Piano, interventi colturali di selezione, diradamento e sfollo, finalizzati a regolare la mescolanza specifica, regolare la concorrenza e influenzare positivamente le prossime fasi di crescita della fustaia.

15.2 Diradamento L’intervento interessa circa 13 ettari (21% della superfici forestale), ripartiti equamente nelle 3 comprese. La maggior parte dell’intervento è pianificato nel primo triennio (46% della superficie d’intervento); la superficie residua è ripartita fra il secondo triennio (30%) e il terzo (24%).

Tab. 4 Ripartizione, in ettari, dell’intervento Diradamento per compresa e priorità Intervento Numero particella Breve Media Differibile Totale 1 2,7 0,4 0,7 3,8 Diradamento (DR) 2 1,5 2,1 0,5 4,1

3 1,7 1,4 2,0 5,0 Totale DR 5,9 3,9 3,2 12,9

Considerate le provvigioni e le favorevoli condizioni stazionali l’intervento si presenta a macchiatico positivo.

112 15.3 Conversione L’intervento interessa circa 11 ettari (18% della superfici forestale), in prevalenza di pertinenza della compresa n. 2 (58% della superficie di intervento), più limitatamente della n. 3 (26%) e della n. 1 (16%). La maggior parte dell’intervento è pianificato nel secondo triennio (45% della superficie d’intervento), la superficie residua è ripartita fra il terzo triennio (28%) e il primo (26%). Considerate le provvigioni e le favorevoli condizioni stazionali l’intervento si presenta a macchiatico negativo. Tab. 5 Ripartizione, in ettari, dell’intervento Conversione per compresa e priorità Intervento Numero compresa Breve Media Differibile Totale 1 1,1 0,4 0,3 1,8 Conversione (CO) 2 1,7 4,6 6,3 3 2,8 2,8 Totale CO 2,8 5,0 3,1 10,9

15.4 Trasformazione L’intervento è equamente ripartito fra le comprese 1 e 2 ed è pianificato nel primo triennio.

Tab. 6 Ripartizione, in ettari, dell’intervento Trasformazione per compresa e priorità Intervento Numero compresa Breve Totale Trasformazione (TR) 1 0,6 0,6 2 0,7 0,7 Totale TR 1,3 1,3

L’intervento è a macchiatico positivo.

15.5 Ceduazione L’intervento, previsto in modo puntuale su superfici minime in cui prevale la destinazione protettiva, interessa la sola compresa 1 con periodicità riferita al primo e secondo triennio.

Tab. 7 Ripartizione, in ettari, dell’intervento Ceduazione per compresa e priorità Intervento Numero compresa Breve Media Totale Ceduazione (CE) 1 0,8 0,2 0,9 Totale CE 0,8 0,2 0,9

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15.6 Quadro economico Di seguito gli interventi previsti sono ripartiti per categoria, tipo strutturale, priorità e compresa, a sintesi di quanto presentato e descritto nei capitoli precedenti e rappresentato negli allegati cartografici. Tab. 8 Ripartizione, in ettari, degli interventi per categoria, tipo strutturale, priorità e compresa

Ceduazione Conversione Diradamento Trasformazione

Totale

Categoria Compresa Breve Breve Breve Breve Breve Breve Breve Totale Media Media Totale Media Totale Totale Tipo strutturale Differibile Differibile ceduazione conversione diradamento trasformazione

AM 0,4 0,2 0,5 0,3 0,3 0,8 1 CM 0,3 0,4 0,7 0,7 FG 1,3 0,7 2,0 2,0

IM 0,1 0,1 0,1

MM 1,1 0,4 1,5 1,5 SG 0,3 0,3 0,3

1 Totale 0,4 0,2 0,6 0,3 0,3 0,4 1,0 2,7 0,7 0,4 3,8 5,4 2 AM 2,6 2,6 2,6 FG 1,1 0,5 1,3 2,9 2,9 2 Totale 2,6 2,6 1,1 0,5 1,3 2,9 5,5

Acero-Tiglio-Frassineto (AF) 3 FG 2,0 2,0 2,0 MM 1,7 1,7 1,7

3 Totale 1,7 2,0 3,7 3,7 Totale AF 0,4 0,2 0,6 0,3 0,3 3,0 3,7 5,5 3,2 1,6 10,3 14,6 Castagneto (CA) 1 AM 0,3 0,3 0,8 0,8 1,1 1 Totale 0,3 0,3 0,8 0,8 1,1 Totale CA 0,3 0,3 0,8 0,8 1,1 AM 1,7 1,7 1,7 2 CM 0,9 0,9 0,9

FG 0,4 0,9 1,2 1,2 IM 1,1 1,1 1,1 2 Totale 1,7 2,0 3,6 0,4 0,9 1,2 4,9 AM 0,4 0,4 0,4 3 Faggeta (FA) CM 2,4 2,4 2,4 FG 1,4 1,4 1,4

3 Totale 2,8 2,8 1,4 1,4 4,2 Totale FA 1,7 2,8 2,0 6,4 0,4 2,2 2,6 9,0 1 MM 0,6 0,6 1,2 Rimboschimento 1 Totale 0,6 0,6 1,2 (RI) 2 MM 0,7 0,7 1,4 2 Totale 0,7 0,7 1,4 Totale RI 1,3 1,3 2,6 Totale complessivo 0,8 0,2 0,9 2,8 3,1 5,0 10,9 5,9 3,2 3,9 12,9 1,3 1,3 27,4

114 Gli interventi selvicolturali si dividono in interventi a macchiatici positivo (diradamento, trasformazione) e interventi a macchiatici negativo (conversione). L’intervento di ceduazione è stato inserito nel gruppo di interventi a macchiatico positivo sebbene la superficie interessata sia molto esigua. Considerate le condizioni medie in cui è stato previsto l’intervento della conversione si stima un costo medio a ettaro di 4.000 €. Il valore degli assortimenti ritraibili si stima possa coprire il 40% del costo dell’intervento, la restante parte rimane a carico della proprietà. L’applicazione di questo intervento di miglioramento, ossia finalizzato a qualificare il bosco residuo e ad aumentare il valore dei futuri assortimenti, garantisce però di ricavare circa 920 m3 di legname nel prossimo decennio, come di seguito riportato. I dati ottenuti sono stati calcolati ipotizzando un tasso di prelievo del 45% della provvigione.

Tab. 9 Ripartizione della ripresa per l’intervento della conversione Priorità Intervento Breve Media Differibile Totale

Conversione Ripresa totale (m3) 270 437 212 917

Nella tabella di seguito si riportano le riprese previste e l’importo ritraibile dagli interventi a macchiatico positivo nel corso del decennio di validità del Piano. I dati ottenuti sono stati calcolati ipotizzando un tasso di prelievo del 70% della provvigione nel caso delle ceduazioni, dell’85% nella trasformazione e del 35% nel diradamento; il valore unitario del legname è stato stimato in 25 €/m3 nel caso del faggio, 20 €/m3 per castagno, 10 €/m3 nel caso del pino strobo, 15 €/m3 per l’abete rosso, frassino e acero di monte, 30 €/m3 nel caso del larice europeo.

Tab. 10 Stima del legname ritraibile dagli interventi a macchiatico positivo nel periodo di validità del Piano Priorità Intervento Breve Media Differibile Totale

Ripresa totale (m3) 528 354 280 1.162 Diradamento Valore di macchiatico (euro) 8.270 7.320 4.200 19.790 Ripresa totale (m3) 442 - - 442 Trasformazione Valore di macchiatico (euro) 9.095 - - 9.095 Ripresa totale (m3) 133 28 - 161 Ceduazione Valore di macchiatico (euro) 2.290 420 - 2.710 Ripresa totale (m3) 1.103 382 280 1.765 Valore di macchiatico (euro) 19.655 7.740 4.200 31.595

Di seguito (Tab. 11) i valori economici sono ripartiti per compresa.

115 Tab. 11 Dettaglio economico, per compresa, degli interventi di Piano Breve Media Differibile Intervento n. compresa categoria prevalente € € € Totale 1 Acero-Tiglio-Frassineto 3.450 585 915 4.950 Diradamento 2 Acero-Tiglio-Frassineto 2.315 3.685 660 6.660 3 Acero-Tiglio-Frassineto 2.505 3.050 2.625 8.180 Totale diradamento 8.270 7.320 4.200 19.790 1 Rimboschimento 6120 - - 6.120 Trasformazione 2 Rimboschimento 2.975 - - 2.975 Totale trasformazione 9.095 - - 9.095 Ceduazione 1 Acero-Tiglio-Frassineto 2.290 420 - 2.710 Totale ceduazione 2.290 420 - 2.710 Totale complessivo 19.655 7.740 4.200 31.595

Nel complesso, considerando anche l’intervento di conversione, si stima di ritrarre circa 2.700 m3 di legname nei prossimi 10 anni, periodo di validità del presente piano, come riportato di seguito.

Tab. 12 Ripresa complessiva ripartita per trienni Priorità Breve Media Differibile Ripresa (m3) Totale

1.373 819 492 2.684

Il maggior valore del primo triennio è da attribuire all’intervento di trasformazione dei due rimboschimenti di cui si è previsto lo sgombero a breve per i progetti di recupero delle limitrofe strutture di pertinenza (Castello e Cascina del Seccatoio); se si esclude questo contributo i primi due trienni hanno riprese simili. Il minor valore del terzo triennio consentirà invece di recuperare eventuali ritardi nell’attuazione degli interventi previsti nei trienni precedenti.

116 16 Bibliografia

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