Anno 15 Numero 31 Dicembre 2010 Foglio della comunità italiana di Capodistria Foto: Danilo Fermo

Il Gruppo filodrammatico Cademia Castel Leon della L'incontro delle bande d'ottoni nell'ambito del programma Comunità degli italiani di Capodistria, guidato da Bruna per le celebrazioni del centenario della Prima Esposizione Alessio, si è esibito il 15 ottobre alla Comunità di Umago. istriana. In primo piano i suonatori di Buie e Albona.

Foto: Il Mandracchio

Il Gruppo di canto La Porporela è composto da Giancarlo Delegazione del Comitato consultivo della Convenzione quadro Ernestini, Mario Gandusio, Evgen Gombač, Josip Bepi per la tutela delle minoranze nazionali del Consiglio d'Europa, Gregorovič, Luigi Maier, Bruno Pečarič e Narciso Stanič. guidata da Rainer Hofmann, coi vertici della CNI in Comunità.

Il chitarrista e cantante blues Francesco Piu, ospite di Rivivono anche le calli minori di Capodistria. Nella foto Lara Drčič nello studio 01 di Radio Capodistria. l'inaugurazione della Galleria artistica Svojc di Vojc Sodnikar-Ponis in Calle Gruden, già Calletta S. Tommaso.

La Città è il periodico semestrale della Comunità degli Italiani di Capodistria. Viene pubblicato nell’ambito dell’attività editoriale prevista dal programma culturale della Comunità autogestita della nazionalità italiana di Capodistria cofinanziato dal Ministero per la Cultura della Repubblica di e dal Comune città di Capodistria, e con il contributo finanziario dell’Unione Italiana. Redattore responsabile: Alberto Cernaz. Stampa: Pigraf s.r.l. Isola. Tiratura: 1.300 copie. Distribuzione gratuita a mezzo posta riservata ai soci della Comunità. Indirizzo: Comunità degli italiani Santorio Santorio di Capodistria, Redazione de La Città, Via Fronte di Liberazione 10, 6000 -Capodistria (SLO). E-mail: [email protected]. Foto di copertina di Ivo Pervan. La città Inaugurato il “Salotto del libro italiano”

È culminata con l’inaugurazione dell’ “Infolibro – Salotto del libro italiano”, la giornata del 3 dicembre dedicata alla presentazione al pubblico del progetto “JezikLingua”, finanziato nell’ambito del Programma per la Cooperazione Transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013.

Foto: Jana Belcijan

»Il Salotto del libro italiano« si trova di fronte a palazzo Carli. Aperto il lunedì, mercoledì e venerdì. “Info-libro” informerà, per ora, Molti i punti previsti nel programma C’è poi il discorso del recupero dei riguardo le pubblicazioni prodotte da svolgere sino al 2013 esposti libri antichi presso la biblioteca della CNI in Slovenia e Croazia. dai responsabili Ivo Corva, capodistriana. Preparati spazi e Saranno così esposti i volumi Maurizio Tremul e da Suzana attrezzature necessari, nel 2011 si dell’EDIT, quelli del Centro di Pertot: l’allestimento del Centro procederà alla digitalizzazione dei Ricerche Storiche di Rovigno, ed i multimediale per la lingua slovena volumi. Il catalogo digitale verrà più svariati libri, monografie, ricerche a San Pietro al Natisone, dei corsi di poi passato su un server. Tre i fondi e giornalini editi dalle singole lingua italiana (in Slovenia) destinati antiquari in questione: il “Rara” - Comunità degli Italiani. A lungo a gruppi target, come polizia, settore mille volumi e quattro incunaboli, termine, invece, si vuole dar vita a sanitario ed operatori pubblici, la il “Fondo dei conventi di S. Anna e una vera e propria libreria italiana. A traduzione di opere della minoranza S. Marta” – duemila volumi e più di progetto europeo concluso il salotto italiana e slovena, la pubblicazione di 300 cinquecentine, il “Fondo della ex potrà iniziare a svolgere un’attività un’antologia sugli illustri istriani e di Biblioteca civica”. commerciale, periodo entro il quale modi di dire della parlata istro-veneta. verrà intanto preparata un’apposita pagina web. L’iniziativa coinvolge l’Unione Italiana di Capodistria, la CAN Costiera, il Centro “Carlo Combi”, la Biblioteca “Srečko Vilhar” di Capodistria, il Centro di studi “Jacques Maritain” di Portogruaro e il Consorzio Universitario del FVG. Importante pure l’apporto di ben quattro poli universitari: Capodistria, Udine, Trieste e Venezia. Obiettivo di fondo: promuovere le lingue, le culture italiana e slovena, attraverso la Foto: Jana Belcijan risorsa rappresentata dalle Comunità Nazionali italiana in Slovenia e Biblioteca centrale: il direttore Markovič con il vicesindaco Scheriani, il presidente Croazia e slovena in Italia. della SSO Štoka, il Ministro per gli sloveni nel mondo Žekš e la Senatrice Blažina.

3 La città »Dal monolinguismo si può guarire« Intervista al prof. Guido Križman, che all’inizio di quest’anno è subentrato alla prof. Oleandra Dekleva nella carica di preside della Scuola elementare » il Vecchio«.

Ci vuoi raccontare qualcosa di te? può generalizzare, ogni alunno è un con loro anche adesso che sei Da parte materna le mie origini sono mondo a sé. preside? del Pinguentino, da parte paterna La »Vergerio« è di fatto la scuola Purtroppo spesso arrivano in invece da Portole. Il nonno parlava lo con lingua di insegnamento italiana ufficio solo quando c’è qualcosa da slavo istriano, mentre la nonna, una più grande in Slovenia. Che eredità rimproverare. Gradirei incontrarli più Persico, è stata quella che ha dato ti ha lasciato la ex preside, prof. spesso, quando fanno cose meritevoli. l’impronta istro-veneta alla famiglia. Dekleva? Comunque ogni colloquio, specie Io nasco a Capodistria il 20 agosto del Io entravo in carica quando l’anno quello che nasce da un problema, è 1968, frequento la scuola elementare scolastico era già avviato, da questo utile. Ogni rosa ha le sue spine, ma italiana di Strugnano, continuo punto di vista è stato un po’ un quelle spine servono a farti capire dalla quinta all’ottava a Isola. Poi vantaggio. Per me è una situazione cosa non funziona. ho frequentato il ginnasio »Carli« del tutto nuova, prima ho insegnato Che rapporto ha la scuola di Capodistria e mi sono laureato in storia e scienze sociali. Il mio elementare italiana di Capodistria storia all’Università di Trieste. Sono primo anno di lavoro l’avevo fatto con le altre scuole slovene del sposato ed ho due figli. proprio qui alla »Vergerio« dunque territorio? A Strugnano la scuola c’e’ ancora, l’ambiente, in parte, lo conoscevo. Se partiamo dai presidi, il Comune ma non ci sono iscritti. Ai tuoi Ora, per dirigerlo al meglio, bisogna di Capodistria ha un attivo dei presi tempi? imparare tante cose. Devo dire che che si incontrano 3-4 volte all’anno. Eravamo in tre, e in sezione combinata una mano determinante me l’ho data Sono momenti in cui, nelle situazioni in quattro. il collettivo: sia gli insegnanti che il più informali, ci si scambia idee, Secondo te, frequentare un scuola personale tecnico-amministrativo, in opinioni, esperienze che nei libri periferica è un vantaggio o no? particolare la vicepreside, che mi ha e nei vari manuali faresti fatica a Ci sono vantaggi e svantaggi, ma aiutato a calarmi nel ruolo. trovare. Certo la nostra scuola è penso che prevalgano gli aspetti Qual’è la cosa più difficile? un po’ specifica, perchè abbiamo positivi. Il fatto che ci sia un rapporto Proprio quella di calarsi nel ruolo, fare meno alunni. La sfera nella quale diverso tra alunno e insegnante… proprio il sistema che la ex preside gravitiamo è molto varia: siamo a essendoci pochi alunni l’insegnante ha creato in questi 17 anni, e cercare Capodistria ma ci sono aspetti che ci diventa quasi uno di famiglia. Nelle a quel punto di dare una personale uniscono alla parte croata dell’ e classi combinate gli alunni più piccoli impronta di gestione. a Fiume, per altri aspetti siamo legati diventano una sorta di fratelli minori Che rapporto hai con gli alunni? a Muggia e Trieste. dei più grandi. A quei tempi vivere Coi ragazzi ho sempre avuto un La scuola è anche fattore di identità in campagna significava vivere un rapporto aperto. Mi piace molto linguistico-culturale? mondo completamente diverso. Oggi scherzare. Penso che senza una dose Anni fa ci si chiedeva se le nostre la campagna è diventata periferia e di ironia non sia possibile lavorare a scuole siano »della nazionalità« o questa grande differenza non c’è più. scuola. »con lingua di insegnamento italiana«. Dicono che i bambini che vengono Ma se scherzi, potrebbero non Io penso tutte e due. Noi comunque dalle periferiche risultano nelle prenderti sul serio. portiamo avanti una tradizione che ha classi superiori più calmi ed Al contrario. Impostare un tipo di origini secolari in queste terre, che si educati. approccio in cui è ben chiaro quando identifica con la nazionalità e con la Può essere. Ma comunque non si si scherza e quando si lavora, porta minoranza italiana. a buoni risultati. Bisogna trovare Ma questa scuola è frequentata un accordo e spiegare agli alunni anche da alunni sloveni e di altre quali paletti non vanno superati. nazionalità… L’atmosfera comunque non deve Chi si iscrive a questa scuola influire sulla valutazione: chi sa sa, abbraccia anche una certa filosofia. chi non sa non sa. E poi un’altra cosa: Ha una scelta abbastanza vasta nel ogni classe è un pianeta differente; Comune di Capodistria. Se sceglie bisogna adattare il proprio modo di la nostra scuola, sia lui che i suoi lavorare, la propria personalità ad genitori, devono essere coscienti ogni classe, se non ad ogni singolo che il ragazzo costruirà il loro primo ragazzo. Io penso di non aver mai sapere in lingua italiana. Oltre alla lavorato allo stesso modo in un lingua la scuola porta avanti anche anno in classi diverse.E’ una cosa dei valori che sono legati alla nostra comunque difficilissima. regione, alla nostra situazione, alla Ti capita di parlare direttamente nostra storia.

4 La città Che rapporto ha, o vorrebbe avere, dunque di far vedere che ci siamo, Prima o poi ci arriveremo. L’idea con i genitori? anche collaborando con i mezzi di è quella di ristrutturare l’edificio, Il nuovo sistema da ai genitori maggori informazione. Poi modernizzare realizzando un nuovo piano nelle due possibilità di coinvolgimento nella l’istituto, con la creazione di una ali laterali dell’edificio. Si farà un vita scolastica, ma questa opportunità rete internet (ICT) e di ampliare le livellamento nei confronti del corpo viene sfruttata poco. La famiglia rispettive competenze . centrale della scuola – quello dove si è un elemento fondamentale di Tra l’altro avete rinnovato il sito trova l’aula magna – che in effetti è più questo sistema-scuola. L’istituzione web della scuola (www.vergerio. alto. Questa operazione ci consentità è vista come un insieme di soggetti si). di guadagnare alcune centinaia di che collaborano per condurre Va detto che la ex preside, prof, metri quadri di superficie. gli alunni attreverso la scuola Dekleva, ha fatto molto, ha posto Qualche particolare? dell’obbligo acquisendo le necessarie alcune basi che ora intendiamo Intanto avremo un ambiente nuovo e competenze. portare avanti. Io ho ritenuto rinnovato. Il giardino interno diverrà Come responsabilizzare di più i subito che andava potenziata la coperto, verranno abbattuti i due genitori? comunicazione con l’esterno. E il sito alberi e verranno tolte le vetrate dagli Basterebbe poco. Un amico, docente internet scolastico è, e lo sarà sempre archi in pietra bianca. universitario, di lavoro mi ha detto di più, un mezzo attraverso il quale Quante generazioni sono stete che certe volte i genitori vengono ti fai conoscere nel mondo. Ci sono fotografate davanti a quegli alberi. in facoltà per parlare dei figli. Le genitori che chiamano dall’estero che Non è un peccato abbatterli? cose son cambiate. Per certi aspetti avevano conosciuto la nostra scuola E’ un peccato, però non avendo gli alunni di oggi sono »più avanti« tramite internet e che chiedevano superfici fruibili dai ragazzi per fare rispetto a quanto non lo eravamo informazioni. Era una priorità che un po’ di movimento, d’inverno noi, per altre sono »indietro«. Più abbiamo realizzato. ad esempio…la palestra è sempre riusciremo a responsabilizzare i Ora però aspettate la occupata, o per il ginnasio o per ragazzi e meno possibilità ci sarà che ristrutturazione dell’interno lezioni o per esterni. crescano in dei ragazzi con difficoltà edificio elementare-ginnasio. Date Poi? di confrontarsi con le difficoltà di una le scarse disponibilità finanziarie L’aula magna verrà allargata allo società complessa come la nostra. del Paese, i tempi previsti di sono spazio dove adesso si trova la La scuola ai tempi della Jugoslavia un po’ allungati… biblioteca della scuola elementare. ci dava meno nozioni, ma una buona cultura generale. Ora mi pare il contrario. A 14 anni i ragazzi ti elencano nomi e caratteristiche di tutti i batteri, ma si bloccano se gli chiedi la capitale di un paese europeo… I nuovi curricula di insegnamento nelle varie materie sono già stati preparati, ma non vengono ancora utilizzati. Si parla di snellire i programmi, di puntare più sulle competenze e meno sui nozionismi. Io mi aspetto che questi programmi entrino in vigore quanto prima. Noi abbiamo bisogno di persone che ragionano, persone capaci di uscire dai compartimenti stagni di una volta in cui le materie non venivano trasmesse in modo interdisciplinare. Cosa intende per interdisciplinare? Per dire…noi abbiamo previsto per quest’anno più giornate in cui adatteremo l’orario. Verranno studiati determinati blocchi tematici, nella stessa settimana, però attraverso diverse discipline. Quali obiettivi ti sei posto per i tuoi cinque anni di mandato? Di continuare il discorso di apertura della scuola verso l’esterno,

5 La città Quest’ultima troverà posto in un’altra dando un’alteriore occasione di dimostrano i piazzamenti nelle aula del primo piano. L’aula magna comunicare in italiano anche fuori gare a livello nazionale. diventerà uno spazio enorme di 140 le mura scolastiche. Le verifiche nazionali ci portano metri quadri. E’ prevista qualche aula Certo. Ma anche di relazionare con ogni anno risultati diversi, pur con in più e l’ascensore. gli altri ragazzi. Io vedo questi ragazzi gli stessi insegnanti. Dipende molto Durante la ristrutturazioni, dove si che hanno finito per esempio la nona dunque, anche dalla generazione. farà lezione? classe, sono un gruppo, comunicano, Penso che dobbiamo lavorare di più Di questo non abbiamo ancora sono rimasti amici. Anche se sulla lingua. Dovremmo impostare parlato. Suppongo che si ricorrerà a frequentano scuole diverse, restano un sistema di lavoro che presupponga un rimedio, come è stato fatto per i in contatto. I legami che maturano l’insegnamento della lingua a tutti ragazzi della scuola slovena quando nella scuola dell’obbligo potrebbero i livelli, in tutte le materie; con il si costruiva la scuola in Bonifica. trovare sede in queste situazioni collegamento degli attivi professionali Scuola-Comunità degli italiani: si legate alla Comunità. in senso verticale, dalle inferiori può collaborare? Ovviamente bisogna proporre dei fino alle superiori. Sono discorsi Ho avuto colloqui col presidente contenuti che incontrino l’interesse abbastanza difficili da impostare, ma della CI, Mario Steffè, e abbiamo dei ragazzi… che credo li dovremo affrontare. visto che si potrebbe avviare una Dobbiamo discutere e cercare di E’ difficile gestire, oltre alla sede serie di attività extrascolastiche da capirlo assieme a loro. centrale, anche le tre sezioni svolgersi anche nella sede della Come siete messi con gli insegnanti. periferiche? Comunità. In questo periodo si stanno Riuscite a coprire agevolmente Il mio problema è proprio questo. avviando i corsi di »Tecniche audio- tutte le materie? Vorrei essere molto più presente nelle video«, mentore Damian Fischer, Grossi problemi non ci sono. periferiche, ma per vari impegni ciò e di »Cucina istriana« a cura di Abbiamo due insegnanti che arrivano non è possibile. Mariella Zanco Tavernise. Si voleva dall’Italia, però soltanto uno tramite Possiamo essere soddifatti con il fare di più, ma c’è un problema di la convenzione UI-UPT. I problemi livello delle iscrizioni? orari. Generalmente le attività di per alcune materie di presenteranno Penso di sì, anche se bisogna tener interesse che si svolgono a scuola, si tra qualche anno quando alcuni nostri conto del fenomeno Crevatini. Per me svolgono dalle 13.30 alle 16, specie insegnanti andranno in pensione. Ad sarebbe importante tirare un po’ su il se riguardano l’uso della palestra. esempio per le lezioni di musica. numero delle iscrizioni a Bertocchi Gli insegnanti che fanno attività Musica perchè? Perchè ci sono e Capodistria. A Semedella stiamo d’interesse lo fanno subito dopo le poche ore e un maestro dunque abbastanza bene. lezioni. Per la Comunità è più pratico basterebbe per coprire le esigenze Il fenomeno-Crevatini è accogliere i ragazzi dopo le 16, ma delle scuole italiane di Capodistria, determinato dal fatto che in quella per loro non lo è perchè a quell’ora Isola e Pirano. Bisogna pianificare: scuola si iscrivono, negli ultimi di solito sono già tornati a casa. Se abbiamo chiesto anche una borsa anni, anche bambini del vicino troveremo delle attività interessanti, studio per questo tipo di quadro, forse Comune di Muggia. se ci sarà una buona risposta dei qualcuno avrà interesse ad aderire e a Un fenomeno particolare, ma che non ragazzi certamente proseguiremo il venire a lavorare a scuola. Devo dire mi sorprende. E’ chiaro che alcune discorso. comunque che abbiamo insegnanti materie vengono insegnate in maniera Potrebbe essere anche un molto validi. diversa rispetto all’Italia, tipo la pretesto per farli stare insieme, Abbiamo anche alunni validi. Lo storia, ma per il resto…la matematica resta la matematica. Alcuni genitori di questi bambini muggesani vedono per i loro figli l’opportunità di imparare lo sloveno pur frequentando una scuola con lingua di insegnamento italiana. Una cosa che ho percepito anch’io. E sono contento che questa nuova generazione di genitori cominci ad uscire da certi stereotipi, di chiusura nei confronti della lingua slovena, che erano diffusi oltreconfine. Mi piace ricordare una frase detta da un docente della Ca’ Foscari: »Il monolinguismo è curabile«. E’ evidente che più lingue apprendi e più sei ricco.

Direttore, tanti auguri. E’ stato un piacere.

6 La città Le ragazze del “Carli” premiate per le poesie in inglese

Ancora una volta gli studenti del ginnasio italiano “Gian Sono molti anni che i ragazzi dell’istituto capodistriano Rinaldo Carli” di Capodistria si sono distinti in ambito ottengono eccellenti risultati, sempre animati ed internazionale tenendo alto il nome della scuola grazie entusiasmati dalla professoressa Pišot, nelle varie alla loro padronanza della lingua inglese. Hanno vinto competizioni e progetti sia statali sia internazionali. Si infatti il primo premio al Concorso Internazionale di tratta di successi importanti, soprattutto se contrapposti poesia Castello di Duino (hanno partecipato 65 scuole al rapporto proporzionale del piccolo numero di giovani da tutto il mondo). L’edizione 2010 ha avuto come tema dell’istituzione CNI in confronto a quelli di altre grandi “Luce/Ombre” – il ciclo naturale del tempo, i colori della scuole del Paese o d’oltreconfine. realtà e dell’anima, le metafore della vita, del pensiero e del dubbio. Il gruppo, composto da Luisa Peress, Barbara Jeretina Grbec, Mia Dellore, Krisel Božič, Angelina Ćirković, Vita Valenti e Valentina Vatovec, ha proposto una raccolta di liriche corredata da fotografie, sempre legate alla tematica stabilita. “Per scrivere e capire la poesia bisogna sentirla nel cuore” rileva Alenka Pišot, professoressa di inglese nonché docente responsabile del progetto stesso e da anni grande spronatrice dei talenti linguistici che passano dal “Carli”, “E questo è ciò che hanno i nostri alunni – quella sensibilità e tenerezza dell’anima che permettono di sentire la vita ed i suoi valori. Per cui mi fa tanto piacere che il loro livello della conoscenza dell’inglese sia tale, da permettere loro di esprimervi i propri sentimenti più profondi”.

Premio “Žagar” alla prof. Loredana Sabaz Alla prof.Loredana Sabaz, docente di fisica e matematica, al Ginnasio “Carli” di Capodistria è stato conferito il Premio Žagar – riconoscimento che la Repubblica di Slovenia dedica dal 1994 a istituzioni e insegnanti che si distinguono per il loro operato. Nella motivazione si legge che la Prof. Sabaz si è prodigata per mantenere le tradizioni attraverso la costituzione di un museo scolastico, ma ha rivolto il suo impegno anche all’innovazione sia nell’insegnamento sostenendo in prima persona progetti nazionali ed internazionali. Nella foto la consegna del premio da parte del Ministro Lukšič.

7 La città La »Festa delle zucche« all’asilo di Semedella

Giovedì, 28 ottobre, all’asilo di Semedella, anche quest’anno sotto Halloween abbiamo organizzato la consueta “Festa delle zucche”. E’ stata una giornata magica! La nostra aula per qualche ora si è trasformata in un castello stregato, addobbato con ragnatele, pipistrelli, streghe, fantasmi, luci intermittenti e zucche intagliate. Le maestre hanno cambiato sembianze in zucche birichine ed hanno preparato una simpatica scenetta.

“Siamo quattro zucche ballerine dette anche birichine. Siamo belle colorate siam rotonde e ben formate. Tante cose noi facciamo: dai bambini noi andiamo e con loro Halloween festeggiamo!”

Noi bambini non siamo stati da meno, e ci siamo trasformati in fantasmini. Tra rumori inquietanti e urla divertite abbiamo ballato e cantato: ci siamo divertiti proprio tanto!

Giuria capodistriana a Potenza Dipartimento di italianistica e scuole del territirio Il Dipartimento di Italianistica qualità di Giuria al Premio Nazionale e dal Circolo Culturale “Silvio della Facoltà di Studi Umanistici di Letteratura per ragazzi “Mariele Spaventa Filippi” - Fondazione dell’Università del Litorale assieme Ventre” (già direttrice del Coro Premio Letterario Basilicata. alle scuole italiane del nostro dei bambini dell’Antoniano di Lo scorso anno (2009/2010) alla territorio è stato invitato dallo scorso Bologna) organizzato dal Comune manifestazione hanno partecipato anno accademico a partecipare in di Sasso di Castalda (Potenza) gli allievi della SE Vincenzo e Diego de Castro di Pirano, quelli del Ginnasio di Capodistria e gli studenti del Corso di Laurea in Italianistica dell’Università del Litorale. Quest’anno in qualità di giuria studentesca hanno collaborato gli allievi del Ginnasio Gian Rinaldo Carli di Capodistria guidati dalla docente Anita Dessardo e gli studenti del Corso di Laurea in Italianistica dell’Università del Litorale. Per il Premio 2010 i ragazzi hanno dovuto leggere 34 libri della categoria narrativa per ragazzi che va da 9 agli 11 anni e 24 libri della categoria narrativa per ragazzi da 12 a 16 anni. Alla cerimonia di premiazione, svoltasi a Potenza il 23 maggio hanno partecipato in qualità di giuria del concorso 25 nostri ragazzi e 4 docenti.

8 La città

DIBATTITO TEMATICO A CAPODISTRIA Sfide e opportunità del bilinguismo

Conoscere ambedue le lingue del Capodistriano e assimilare la ricchezza culturale offerta in regione, consente ai cittadini di poter contare su una “marcia in più”. È la constatazione di fondo emersa al Forum europeo dei cittadini intitolato “Opportunità e sfide della vita in territorio bilingue”. Organizzato presso il Centro “Rotunda” di Capodistria, il momento di incontro e riflessione ha visto la partecipazione del deputato europeo, Zoran Thaler, del presidente della Giunta esecutiva dell’Unione Italiana, Maurizio Tremul, e dell’ex eurodeputato capodistriano, Aurelio Juri. A condurre la serata è stata chiamata la giornalista, Devana Jovan. APERTURE - Ad aprire il dibattito senza contare i vantaggi che ciò può ha detto – le innumerevoli iniziative è stato l’eurodeputato Zoran Thaler, comportare nel mondo del lavoro. promosse dalle nostre istituzioni eletto sulle liste socialdemocratiche, MARCIA IN PIÙ - Per Maurizio passano spesso inosservate sui mezzi che in Istria e precisamente a Padena, Tremul crescere in territorio bilingue d’informazione sloveni, compresi ha stabilito la sua seconda residenza. è una possibilità in più perché tale quelli che per statuto, come la RTV È proprio in Istria che ha potuto condizione apre la strada a conoscere Slovenia, dovrebbero seguirli”. toccare con mano la facilità con cui due lingue, due culture, realtà MONDO SCUOLA - Tra gli altri i residenti nell’area passano da una storiche diverse e a comprendere il temi affrontati in sede di dibattito lingua all’altra e la ricchezza che pensiero dell’altra comunità. Tremul va menzionato quello incentrato sul deriva dall’essere bilingui. La “piccola si è detto favorevole ad un’istruzione mondo della Scuola CNI. “È un tema torre di Babele” gli ricorda molto la plurilingue su tutto il territorio. A delicato, una sfida che va affrontata situazione che vive al Parlamento suo avviso un approccio del genere vista la massiccia iscrizione di europeo, dove al contrario di quanto potrebbe contribuire a colmare bambini di altre nazionalità. La loro si temeva, le lingue dei popoli le lacune ancora esistenti in fatto carente competenza linguistica crea più piccoli, come lo sloveno, non di comprensione della posizione problemi nei processi pedagogici,

Maurizio Tremul, Zoran Thaler, Devana Jovan e Aurelio Juri. sono minacciate. Ciò fa capire che della Comunità Nazionale Italiana. specialmente se non si riesce nell’Europa unita si sente la necessità “Nonostante tutti i cambiamenti ad affermare l’importanza della di aperture in tema di uso delle lingue avvenuti, la fine delle dittature comunicazione in italiano, pur non e che gli eventuali problemi sono fascista e comunista, ci si chiede volendo negare le altre identità. La innanzitutto delle sfide. Aurelio Juri ancora come mai vi sia una presenza CNI, però – ha concluso Tremul –, è ha rilevato come, pur parlando in italiana in Istria. Servirebbe una sempre stata e rimane contraria alla italiano, si sente perfettamente inserito campagna d’informazione su quanto chiusura delle proprie scuole per gli nella realtà locale capodistriana e accaduto nella regione, sul fatto alunni non italiani”. compreso dalla maggioranza dei suoi che per gli italiani rimasti dopo la concittadini. Conoscere la lingua tragedia dell’esodo sia giustificato il Gianni Katonar dell’alta comunità è, però, a suo bilinguismo, il sistema scolastico e (La Voce del Popolo) avviso un segno di rispetto reciproco, gli altri diritti della CNI. Purtroppo –

9 La città Koper-Capodistria, 15.10.2010

PRILOŽNOSTI IN IZZIVI ŽIVLJENJA NA DVOJEZIČNEM OBMOČJU OPPORTUNITÀ E SFIDE DEL VIVERE SUL TERRITORIO BILINGUE

Vsem lep večer. A tutti buona sera. Začnem naj svoj uvod z največjo prednostjo, ki jo prinaša živeti na dvojezičnem območju: posso parlare anche in italiano e dalla maggioranza dei miei concittadini, di chi vive e abita il mio territorio, venir perfettamente compreso. Almeno qui da noi. So non essere così subito oltre confine, concretamente a Trieste, non attrezzata, pur vivendovi una consistente minoranza autoctona, quella slovena, a territorio bilingue. Lo sono alcune realtà municipali minori nei dintorni, ove la comunità slovena è però in maggioranza.

Se vnaprej opravičujem, če bom preskakoval iz enega v poučevanja, da ne bo tudi kakovost znanja italijanščine drug jezik, a ker je tema, ki k temu kliče, in ker je tu pri upadala? Kako do tega, da se bo manjšinec opogumil nas tako preskakovanje pogosta praksa, verjamem, da mi in bolj pogosto uporabljal svoj jezik v komunikaciji tega ne boste zamerili. Govorimo torej o priložnostih in z večinskim prostorom? Slednja se še vedno odvija izzivih življenja na dvojezičnem območju. Priložnosti predvsem v slovenščini. Govorim o opogumljanju, ker se ponujajo same po sebi občanki in občanu, še zlasti najdeš tu pa tam še ljudi, ki zaradi predsodkov, ignorance v mladosti, ko pričenjata poklicno ali karierno pot, če in drugih razlogov, italijanščino sprejemajo silom prilike, obvladata oba tukajšnja jezika, poleg njiju pa še vsaj ti dajo vedeti, da jim je težko z njo občevati, ali jo celo enega od svetovnih. Kot prvo, z obvladovanjem obeh odkrito zavračajo. Pripadnica, oziroma pripadnik narodne jezikov okolja, izkazujeta pripadnost svojemu prostoru skupnosti se praviloma v taki situaciji jezikovno poskrije in njegovi specifični zgodovinski-kulturni identiteti ter ter spregovori v jeziku sogovornika, da ga ne bi izzival in spoštovanje soobčanke in soobčana druge narodnosti in si delal težav. jezika, kar je ključ normalnega, ustvarjalnega in prijetnega Non ultima, un’ altra importante sfida in specie per sobivanja. Kot drugo, je sporazumevanje lažje tako doma la comunità minoritarie... come fare perchè il suo kot do soseščine, kjer je pretežno v uporabi jezik tvojega appartenente, oltre alle difficoltà che incontra sul territorio manjšinskega sokrajana. coi concittadini avversi all’italiano e, se vogliamo, con la E così vivi meglio il proprio spazio culturale e meglio carenza di cura dei suoi diritti costituzionali da parte delle percepisci quello accanto o che interagisce col tuo, come istituzioni preposte, non si ritrovi estromesso, emarginato, nel caso del territorio bilingue. Personalmente mi sento, »scomunicato« nel suo essere esponente della minoranza, come appartenente a questo territorio, più ricco, più per quanto non eletto, anche dalla comunita stessa, ovvero completo, più a casa ovunque vada. da chi la rappresenta e ne gestisce formalmente le sorti, nel Abbandonando la dimensione metafisica e rientrando nel momento in cui, parimenti ai cittadini della maggioranza, concreto, chi conosce entrambe le lingue, oltre a possedere entra in politica, entra in un partito politico, che se opera la specifica qualifica richiesta, trova sul nostro territorio in un contesto nazionale o globale multiculturale non lavoro prima, di chi ne conosce una sola. Do per scontato può che essere sovranazionale, e quindi attento a tutti i ovviamente il rispetto delle regole. La conoscenza attiva cittadini, sloveni, italiani e di altra etnia. dell’ italiano è per altro prescritta per tutti quei posti di Ho avuto l’ onore di esser stato, eletto sulle liste lavoro nella struttura pubblica di servizio alla cittadinanza socialdemocratiche, sindaco per quasi due mandati ed è raccomandata anche per chi si impiega nelle aziende di questa città, successivamente per tre legislature e nei servizi privati, specie in quelle attività che operano consecutive deputato al parlamento nazionale e per una oltre confine e col resto d’Italia. supplenza di 9 mesi, prima dell’amico Thaler, anche a Raziskave pričajo, da kdo odrašča v dvojezičnem okolju, quello europeo, ma sento dire di non aver soddisfatto, pristopa lažje tudi k tujim jezikom, k učenju tujega ali almeno come sindaco, le aspettative dei miei connazionali tujih jezikov. In kakšni so izzivi, če ne ostajamo le pri capodistriani. Non mi si spiega il perchè, ma ne prendo priložnostih in prednostih življenja na dvojezičnem atto. Ad ognuno il diritto di giudizio e scernita. Ma non è območju? Ja, veliko jih je. questo che mi si è rinfacciato quando mi sono candidato al Za že odraslega priseljenca, ki če iz tujine, mora pristopiti seggio specifico alla Camera di stato. Non ero il candidato na novo k obema jezikoma okolja, če iz notranjosti giusto e qualificato a rappresentare la comunità italiana Slovenije pa k njemu še tuji italijanščini… kako čim prej solo perchè per lunghi anni esponente anche di spicco del do čim boljšega in temu prostoru primernega jezikovnega partito socialdemocratico. znanja in boljših zaposlitvenih možnosti? Ob upadanju, Evo, tudi kako iz predsodka, da ko vstopiš v strankarsko zavoljo asimilacije in drugih družbeno-kulturnih politiko se idejno okužiš in izgubiš objektivnost v presoji procesov, števila avtohtonih Italijank in Italijanov, ki so manjšinske problematike, zatorej narodne skupnosti ne vendarle nosilci tukajšnjega drugega okoljskega jezika, moreš več predstavljati, je eden od pomembnih izzivov ob upadanju števila njihovih otrok v italijanski šolah in življenja na dvojezičnem, oziroma narodnostno mešanem poraščanju števila otrok druge jezikovne pripadnosti, ki območju, s katerim se mora pa spopasti manjšina sama. jim je italijanščina vsaj na začetku tuja, ki jo doma s starši ne govorijo… kako do ohranjanja nivoja jezikovnega Aurelio Juri

10 La città Costruite cent’anni fa, ma le chiamano ancora Le Case nove Abbiamo incontrato la signora Irene Kravos, nata Paoli, residente dal 1933 alle Case nove. Il caseggiato venne costruito nel primo decennio del secolo scorso per accogliere operai e impiegati. Delle 28 famiglie che lo abitavano fino agli anni ‘50, oggi ne rimangono due.

Ci parli di lei, signora Irene? restada mia mama. E dopo son restada soprannome di Calcaovi? Son nata del 1929. Mio papà xe mi perché mia mama xe andada via. Sàpola-ovi ghe disevimo, per el suo morto che gavevo 4 anni, quasi no lo Tre generassioni de portinaie. Me modo de caminar, come che ghe ga gnanca conossù che ‘l iera sempre ricordo che mia mama xe andada via mancassi l’apogio. pei ospedai ch’el iera tubercoloso. in otobre del ’55; e in novembre, un Le Case nove sorgono su un terreno Se ciamava Antonio Paoli, nativo de mese dopo, la iera za a Capodistria. che prima era un grande orto. Santa Domenica de Visinada. El iera Dopo che la se ga fato el passaporto. Sì, dela casa vecia (casa Baseggio, vegnù a Capodistria per lavorar, el La stava tre quatro giorni e dopo la ex Vida e Gravisi-Tiepolo, ndR) qua iera guardian dele carceri. andava a Trieste. de drio che adesso i la sta metendo E ha sposato una capodistriana? Ricorda qualche vicino di casa di a posto fina in Carantan. Per andar a Maria Kosir. Sua mama, mia nona, allora? scola, in via Combi (oggi Via Krelj, che la nasseva Marsich – prima Me ricordo i Tòdero, del altra parte ndR), passavo per l’atrio de quela cugina del dotor - se gaveva sposà iera i Iacuzzi – lu iera maestro e casa. No me ocoreva gnanca meter el co’ un de Lubiana, e dopo i taliani de diretor de questi blocchi – el maestro capoto. Nella via, oggi Via Pobega, Kosir i ghe ga messo Cossi. La stava Cherini che stava al numero 6 in ma in quela volta Calle dei Benedettini in quela casa de l’Ospedaleto. Iera pianteren, el vecio maestro Venturini (fino al 1956, ndR), per vegnir in qua l’ospedaleto per le malatie infetive; in secondo pian co’ la moglie Pinota ti dovevi verzer el porton, che ‘desso iera un fradel de mia nona, Cesare, che fasseva teatro e la sonava el piano. no ‘l xe più. che fasseva infermier. Là stava anca La iera soto el Circolo italian, mi so, Accanto alle Case nove c’era la una certa Adele, che la xe restada me ricordo che la andava al Circolo lavanderia… dopo l’esodo, e la se ocupava de tanti italian; e in più la fasseva teatro. Tuti vegniva qua a lavar. Nela casa gati. Perché chiamavano il Venturini col che i sta governando adesso iera, al La ga fradei o sorele. ‘Vevo un fradel che xe morto a Trieste. Anca mia mama xe andada a Trieste, che se no la andava no la gaveva la pension de guera de mio papà. E la xe restada sola? Sì, ma mi iero za sposada, qua. Da quando abita alle Case nove? De quando gavevo 4 anni…nel 1933. Qua in piassaleto giogavimo la fefa. E’ passato un secolo da quando hanno costruito questi palazzi, ma i capodistriani li chiamano ancora le Case nove. No cambierà più questo nome. Case nove restarà sempre. Per chi vennero costruiti questi edifici? De una parte, qua dove stago mi, iera tuto guardiani delle carceri, de l’altra iera per i impiegati…che lavorava in banca, maestri, professori… Gente del posto o che veniva da fuori? No no, iera dela Sicilia, anca un napoletan…insoma della bassa. Voi siete venuti subito in questo appartamento? Sì, perché xe morta una portinaia e dopo i ga trovà mia nona. La ga fato la portinaia e dopo che la xe morta xe

11 La città pianteren, due grandi cisterne per gaveva le ciave dela cesa. altri interventi, alcune persone hanno scaldar l’acqua. Mi quando che son Quando si è sposata? chiuso quelle che erano aperture vegnuda qua iera za l’acqua in casa, Nel ’54. normali dove circolava l’aria. ma se andava cior anche ale pompe. Quando i capodistriani erano L’hanno chiusa e dunque s’è formata Una iera zo de Betalè. ancora a casa. poi l’umidità. Ciò ha provocato la Come si lavava la biancheria? Sì, mia mama xe andada via nel ’55. caduta di intonaci e altri danni. Ingrumavo la roba in mastela, e Dopo aver fatto la portinaia, cos’ha Gli appartamenti hanno superfici lavavo con savon. Quando che iera fatto nella vita, Irene? diverse? mace, metevimo senera e acqua de In fabrica de pesse e dopo go fato la Quei che sta in mezo xe più pici rispeto boio. Vigniva bel bianco e profumà. pulitrice ala scola economica slovena, alle ale laterali. L’altro palazzo aveva Suo marito Franc di dov’è? qua de drio. I me ga sempre rispetà, i sempre doppi servizi perché era De Aidùščina. Ga trovà lavor ala maestri, i diretori…come Novak, e i destinato agli impiegati, mentre da Frutus… altri. questa parte c’erano gli operai. E’ per Fra voi parlate sloveno o italiano? I suoi figli hanno fatto la scuola questo che l’altro palazzo ha meno Sempre italian. Mio marì ga fato slovena o italiana? famiglie, perché gli appartamenti sono le scole italiane, l’aviamento e el Sia Liliana che Bruno ga fato la scola più grandi. Hanno anche un cortile ginasio. Saveva parlar in lingua, con slovena in Belveder, però i sa parlar interno che dà sul Carantan; anche mi ga imparà el nostro dialeto. italian, anca scriver e leger. la nostra casa aveva un cortile cinto Quali erano le mansioni del Ha mai raccontato loro della da mura che purtroppo ci passano portinaio delle Case nove? Capodistria di una volta? tutti: hanno costruito dei parcheggi Scovar le scale, de inverno se serava Ghe parlava più mia mama. Ela ghe chiaramente abusivi, sono state fatte i portoni ale 9 de sera, d’estate se piaseva contar come che iera prima. delle aperture di casa di appartamenti portava l’aqua…perché bisognava Irene, di fronte a lei abitava Nicolò che lì non c’erano una volta. Quello domandarghe ala gente che ne Vascon… una volta era il cortile interno della daghi l’aqua per fregar le scale. Noi Nicolò e i sui iera amici de tuta la nostra casa. Era tutto prato che la ‘vevimo l’aqua in casa che gran parte familia de mia mama. Ma sì, lu xe gente utilizzava per stendere i panni. a Capodistria ancora no i ‘veva. Solo vignù dela Russia qua. E poi anche qui davanti, tra i due in tempo de guera iera serade le pipe, Dalla Russia? palazzi, c’erano quattro sentierini alora andavimo cior dove che iera… Ai tempi del fassismo xe scampà lastricati che portavano alle entrate; ala Muda, che vegniva dal Bolàs che in Russia che a iera comunista. Xe tutto il resto era erba. xe una campagna fora che se ciama restà no so quanto tempo e dopo xe IRENE: Grasiella, ma vara che l’erba Bolàs. Go fato tante ciacolade con tua tornà a Capodistria c’una russa…una la xe ancora? nona (Stefania, ndR). bela dona. Ma no i ga vudo fioi. La GRAZIELLA – Sì…quella che La conosceva? xe sepelida qua in Canzan. Iera una nasce tra il cemento. Mama mia, quante volte son andà de bon’anima iera, Nicolò. Siora Irene, cossa ghe manca dela ela a bever cafè. Go anca lavorà con A distanza di cent’anni, oggi come Capodistria de una volta? ela nela fabrica del pesse. si sta nelle Case nove? Ma (lunga pausa, ndR)…niente! Mi diceva che, per un periodo, lei I austriaci ti sa che i costruiva come Ghe piasi la cità come che la xe ha frequentato l’Istituto Grisoni… se devi. Ottima anche la struttura, ogi? Perché mia mama la voleva che no iera de cossa lamentarse. Stanze Logico che me piase. Se i podessi far divento qualcossa, che studio. Go spaziose, ogni quartier ga un suo toco altrimenti saria bon anca quel ha ha fato l’Istituto fina la quinta e dopo de cantina, e un suo toco de sofita. (ride, ndR)…ma per dir la verità mi son vegnuda qua de drio, che iera la Una vicina di casa, la professoressa no me interessa. Oramai go otantaun scola feminile. E là go fato ancora Graziella Ponis-Sodnikar, presente ani, quel che sarà sarà… intanto due classi. E lei dove la sta? all’incontro, s’inserisce nella vegnarò bisnonna. Spero che rivarò: Mi son qua rente. Mani Galinassa conversazione e rileva quanto ancora un mese manca. me ga dito che la iera la vecia segue. casa dei Scoci, Schìpiza. La se li GRAZIELLA – Problemi sono A metà novembre è nata Živa. ricorda? venuti dopo, quando ci sono stati Auguri bisnonna Irene! Come no? Se capissi. E che manzi che i ‘veva! Caro grande per andar in Foto del 1910 campagna. Iera paolani. Ma iera tanti paolani in questa zona? No tanti, i più iera ala Muda. In piassal de Bartoli…presenpio gavevo la sorela de mia mama che la stava propio visavi l’Ospedaleto, la iera sposada Vascotto. Dove andavate in chiesa voi delle Case nove? In Domo, in Sant’Ana e i Capussini. La nona de Graziela (Ponis, ndR) la

12 La città Prima Esposizione Provinciale Istriana: riflessioni e confronti sull’Istria e la «finis Austriae» di Kristjan Knez* Quest’anno si stanno celebrando i cent’anni della Prima Esposizione Provinciale Istriana che, concepita sul modello di altre esposizioni universali – come quelle di Londra (1851), Filadelfia (1876) e Parigi (1900) – fu inaugurata a Capodistria il 1.mo maggio 1910. La mostra, divisa in sette sezioni – Agraria, Industriale, Marittima (con acquario), Didattica, Belle arti-scienze-lettere, Stabilimenti balneari-stazioni climatiche-villeggiatura sportiva, Corporazioni autonome-istituzioni sanitarie –, presentava al pubblico lo sviluppo culturale, storico ed economico della regione dalla Preistoria al XX secolo. Per ricordare l’importante anniversario sono state allestite, a partire dalla primavera/estate 2010, diverse mostre, organizzati eventi, conferenze, incontri e visite organizzate. Uno degli appuntamenti più significativi è stato il convegno scientifico internazionale tenutosi a Palazzo Gravisi, sede della Comunità degli Italiani “Santorio Santorio” di Capodistria, in quanto ha rappresentato un momento di riflessione su quell’accadimento di un secolo or sono, nonché sul contesto storico in cui si colloca. Le iniziative rievocative, che hanno portato all’attenzione della cittadinanza, e non solo, una pagina di storia regionale, si sono concluse con due giornate di studio che hanno proposto vari tasselli attraverso i quali è stata ricostruita la cornice di quell’epoca.

Gli interventi hanno analizzato i più svariati aspetti: dai l’“Atene dell’Istria”, per cinque mesi si esaltò l’italianità. disaccordi politici tra le varie etnie del Litorale austriaco L’appuntamento giustinopolitano fu un ottimo strumento al patrimonio culturale, dall’agricoltura all’istruzione, di promozione nazionale e al contempo rientra nel dalla pesca alla sanità, dall’archeologia al turismo e alla novero di quelle iniziative collettive che alimentarono fotografia e potremmo continuare ancora. L’Esposizione, l’irredentismo giuliano e promossero l’idea secessionista. infatti, si era prefissata di presentare quanto la nostra La parzialità della Prima Esposizione Provinciale Istriana penisola offriva agli albori del Novecento, proponendo fu una conseguenza diretta dei dissapori esistenti tra le sia una sintesi del suo retaggio del passato sia l’offerta del etnie della regione, che non seppero accantonare la carica momento. L’evento tenutosi nel centro storico della città nazionalistica e di conseguenza si trincerarono dietro di San Nazario, tra maggio ed ottobre del 1910, si annovera alle loro posizioni, che divennero baluardi inespugnabili. tra le maggiori e più interessanti iniziative promosse Come scrisse lo storico Ernesto Sestan, il periodo che in Istria, che riscontrò giudizi positivi e l’interesse del precedette il Primo conflitto mondiale fu contraddistinto pubblico. Grazie ad uno sforzo non indifferente e a un progetto chiaro e ben definito, i promotori furono in grado di riunire un numero elevatissimo di espositori, di prodotti, di oggetti e manufatti in generale che spaziavano in tutti i settori ed abbracciavano un arco temporale vastissimo, che dalla protostoria arrivava al Ventesimo secolo. Quell’iniziativa, come pure altre manifestazioni coeve, era figlia del suo tempo, pertanto non dobbiamo osservarla e considerarla con i nostri parametri. Anche la sua genesi non fu facile, ma accompagnata da polemiche e dissidi tra le forze politiche delle tre anime della penisola, che continuarono anche nei mesi in cui la mostra era in corso ed esplosero con notevole violenza una volta terminata, cioè nel momento in cui i rappresentanti italiani avrebbero invitato i membri della Dieta provinciale ad approvare il finanziamento attraverso il quale saldare il disavanzo prodotto.

Levate di scudi nel campo politico Nel campo politico sloveno e croato ci fu una levata di scudi e prevalse il rifiuto categorico; essi mai avrebbero accolto quella proposta in quanto l’esposizione, benché si fregiasse dell’aggettivo “provinciale”, a loro dire non rispecchiava le caratteristiche di tutto il territorio. Essa, ricordiamolo, era una “vetrina” in cui si presentarono gli Italiani, fu un momento in cui essi esposero i frutti del loro lavoro e le testimonianze del passato ancora gelosamente conservate e attribuite quasi sempre alla componente romanza. In quella che un tempo era definita Lo storico Kristjan Knez, organizzatore del simposio.

13 La città da un’esaltazione patologica dell’identità nazionale, Quella decisione politica aveva quindi lasciato gli Italiani caratteristica che non fu assente in alcun popolo. Il a decidere da soli e di conseguenza impostarono l’evento capitano provinciale, Lodovico Rizzi, s’impegnò con in base alle loro aspettative, proponendo la loro visione ed veemenza e, grazie alla mediazione del governo e dell’i. i valori che erano tipici dei liberalnazionali. La rinuncia r. Luogotenenza, intavolò le trattative con gli ambienti fu poi vista come una sorta di timore di fronte ad un politici. Si era quasi arrivati ad un accordo; Matko Laginja popolo “evoluto” che poteva fare riferimento sulla forza non accantonò la proposta della collaborazione, anzi del presente e sulle glorie del passato. Non deve, allora, riteneva che, sebbene l’evento dovesse avere un carattere sorprendere se quella circostanza fu da subito utilizzata prevalentemente italiano, anche la componente slava per accusare gli slavi di “inferiorità” e la manifestazione doveva essere in qualche misura coinvolta. Al contempo, divenne un momento importante per decantare il primato però, si attendeva un sostegno reciproco da parte italiana, degli Italiani, che al tempo stesso avrebbe costituito qualora si fosse proposta un’esposizione croata. Alla fine la prova tangibile di chi dovesse tenere le redini della non si fece nulla perché la posizione radicale di Vjekoslav provincia. Era la logica imperante perseguita dagli Spinčić prevalse e questi invitò pubblicamente i Croati a ambienti politici, che difficilmente prevedeva la possibilità non partecipare e addirittura a non visitarla. di una comune collaborazione, seppure a livello pratico fosse poi facile riscontrare alleanze tra i partiti italiani e Il naufragio dei tentativi di conciliazione sloveni in cui la questione nazionale scendeva in secondo piano e a prevalere erano soprattutto gli esiti elettorali. Un’iniziativa che avrebbe potuto costituire un momento Malgrado lo scoglio rappresentato dagli interessi legati di incontro dopo tante polemiche, diatribe e contrasti, alle singole etnie, che impedirono un avvicinamento tra i naufragò completamente. L’Esposizione di Capodistria, popoli, l’evento giustinopolitano fu un’occasione in cui la altresì, se da un lato era nata emulando i grandi parte economicamente più evoluta dalla penisola espose appuntamenti che da tempo si stavano promuovendo, con i risultati delle proprie attività, dell’offerta culturale e spirito positivistico, in varie parti del vecchio continente, didattica nonché quanto ogni singolo segmento della vita dall’altro fu espressione di miopia. La proposta di italiana del territorio proponeva. La Prima Esposizione una collaborazione tra Italiani, Sloveni e Croati, che si Provinciale Istriana fu, pertanto, una festa italiana del auspicava potesse andare in porto e contribuisse anche alla lavoro e della cultura. Dalle relazioni e dalle discussioni buona riuscita di un compromesso nazionale, che avrebbe, emerse anche un altro aspetto, cioè quello dell’ultima finalmente, portato ad una vita politica meno burrascosa fase della duplice monarchia che non può essere definita in seno alla Dieta, fallì definitivamente. La penisola proprio con l’espressione di “Austria Felix”. Tra Otto istriana, terra plurale ed intreccio di presenze, lingue e e Novecento l’impero di Francesco Giuseppe non era culture, pertanto non trovò alcun spazio. L’intransigenza contraddistinto da quell’immagine edulcorata, come politica croata non fu da tutti giudicata come una buona ci è stata trasmessa da una certa produzione letteraria e strategia. Una volta inaugurata l’esposizione, l’“Edinost” cinematografica, rappresentata dalla corte viennese, dalle di Trieste, ad esempio, criticò quella ostinazione, feste e dai giri di valzer nonché da un senso di ordine evidenziando che, accanto al patrimonio storico- generale. artistico legato agli Italiani, anche gli slavi avrebbero potuto esporre le testimonianze della loro presenza, Il lato meno nobile e più cinico della politica viennese come le iscrizioni glagolitiche oppure i testamenti o ancora i libri battesimali redatti con quell’alfabeto. Va considerato anche il lato meno nobile e la politica sovente cinica con la quale furono gestiti i problemi di quella compagine entro la quale si trovavano popoli diversi con aspirazioni sempre più definite. A seconda del contesto un’etnia veniva appoggiata oppure contrastata, cosa che stimolò non poco lo scontro ed alimentò i dissapori. Era la logica del “divide et impera”, la risposta a problemi vieppiù manifesti che la corte e l’entourage della capitale non erano in grado di risolvere in chiave moderna. Allo scoppio della Grande guerra quella stessa esperienza fu utilizzata anche lungo il fronte austro-italiano, che con abilità fu trasformato in uno scontro etnico tra l’Italia e il mondo slavo meridionale. Grazie all’impiego di una propaganda studiata a tavolino, di un meticoloso lavoro di intelligence e dei fattori psicologici, come il timore sloveno di venir fagocitati dal Regno sabaudo, l’imperial e regio esercito si assicurò una difesa efficace costituita da soldati, per lo più slavi, che si “battevano come leoni” Peter Štoka, responsabile del settore Storia-patria della pur di impedire il passaggio alle truppe di Cadorna. Biblioteca centrale »Srečko Vilhar« mostra il libro Quella pagina poco nota e divulgata fu ampiamente manoscritto titolato a penna »Trasporto degli oggetti studiata dallo storico militare di origine piranese Antonio per la Prima Esposizione provinciale istriana«. Sema, ma non fu accolta da tutti con la dovuta attenzione.

14 La città Anzi, fu giudicata una valutazione esagerata, rifiutando Don Giovanni Gasperutti il concetto dello scontro etnico. Eppure lungo l’Isonzo, (1925-2010) sul versante alpino e sulle pietraie del Carso i rancori che avevano caratterizzato la vita negli anni antecedenti il conflitto furono incanalati ed ulteriormente fomentati con l’intento di rafforzare l’esercito asburgico, obiettivo alla fine raggiunto, dato che ancora a Vittorio Veneto quei reparti si mostrarono ostinati nei combattimenti e leali all’aquila imperiale.

Ricompattare le memorie e collaborare a livello transfrontaliero L’idea di formare una Jugoslavia assieme alla Serbia non era molto seguita, e anche i leader sloveni, sino a poche settimane prima del crollo del fronte, attendevano ancora un possibile riassetto dell’impero danubiano. I contributi e le argomentazioni hanno poi evidenziato un altro aspetto, e cioè quello della stretta unione tra l’Istria e Trieste, città, quest’ultima, che era considerata una sorta di capitale dell’intero territorio. L’area costiera in particolare, grazie anzitutto ai rapporti marittimi, aveva intessuto una serie di rapporti che interessavano praticamente ogni singolo settore: dall’istruzione alla politica, dallo smercio dei prodotti agricoli alla cultura e ai legami umani in senso lato. Quelle due realtà formavano un corpo unico, inscindibile e complementare. Nemmeno mezzo secolo più tardi un confine imposto avrebbe reciso quel territorio, alterato gli equilibri e mutato il contesto, depauperando quello spazio geografico della sua componente autoctona, in primo luogo quella italiana, che quasi scomparve. Lo studio del passato deve cogliere e studiare gli errori dei nostri predecessori, non deve, invece, rappresentare un freno anacronistico. Le memorie di tutti vanno rispettate e al contempo dovrà esserci una maggiore sensibilità da parte delle istituzioni competenti nei confronti di coloro che ancora attendono giustizia per i torti subiti. “Senza don Gasperutti la Festa della Semedella non Oggi quella stessa area geografica sta lentamente sarà più la stessa”. E’ il commento che si sente nelle ricomponendosi, seppure con non poche difficoltà. La vie di Capodistria tra quanti hanno conosciuto questo mobilità delle persone, delle merci, delle idee e della sacerdote nato 85 anni fa nei palazzoni austro-ungarici cultura la chiamiamo “collaborazione transfrontaliera”, delle Case nove. Ultimo prete italiano ad abbandonare anche se sarebbe più opportuno parlare di un ritorno agli la città con l’esodo, don Giovanni Gasperutti arriva “antichi sentieri”, che si auspica possa contribuire a far sì a Trieste riuscendo prima a realizzare, nella sacrestia che questa terra torni nuovamente a formare uno spazio del Duomo, un calco in gesso del patrono San Nazario comune – a prescindere dalle sovranità statali – in cui la utilizzando il busto originale del ‘600. Alla guardia gente non si sentirà più “straniera” dall’una o dall’altra confinaria disse che il busto raffigurava un suo parente. parte di quello che non era stato solo un semplice confine. Continuò la sua missione spirituale nel campo profughi * Già pubblicato sulla Voce del Popolo il 17.11.2010 di Opicina. Nel 1959 è all’oratorio di Muggia dove opera a stretto contatto con i giovani. Nel ‘75 la nomina a parroco di Aquilinia. Persona buona e schietta, sapeva sdrammatizzare situazioni con una battuta, ma sapeva anche emozionarsi. Come quando dieci anni fa celebrò nel Duomo di Capodistria una messa di ringraziamento nel 50.mo anniversario della sua consacrazione sacerdotale, organizzata dalla locale Comunità degli italiani. Don Giovanni veniva a Capodistria almeno due volte all’anno: per Ognissanti - l’ultima volta poche settimane fa - e per la festa della Madonna di Semedella. Nelle sue omelie ricordava sempre l’importanza di adeguarsi ai tempi moderni senza dimenticare le tradizioni. Ci mancherà, Avviso d'altri tempi. don Gasperutti.

15 La città L’INTRODUZIONE DEL BILINGUISMO (TRILINGUISMO) NEL CAPODISTRIANO (1945–1948)

Aleksandro Burra

Il presente articolo, sintesi dell’articolo pubblicato sull’Acta Histriae, tratta uno degli aspetti di maggior valenza nazionale in un’area di frontiera come quella del Litorale: la lingua. Il tema in questione, ovvero l’introduzione del bilinguismo, o meglio del trilinguismo, nel distretto di Capodistria è stato studiato nell’immediato dopoguerra, contestualizzato e calato all’interno delle complesse vicende che caratterizzarono il confine orientale d’Italia che si protrassero con l’annosa questione di Trieste.

La liberazione di queste terre di confine non rappresentò l’inizio di una nuova stagione di pace e di distensione, bensì esse divennero subito un nuovo focolaio di tensione tra le potenze. Questi territori furono testimoni di una nuova visione del mondo che avrebbe segnato il continente ed il mondo per quasi mezzo secolo. Sullo sfondo della guerra fredda, localmente, invece, s’infiammava sempre più la lotta tra jugoslavi e italiani per l’appartenenza del territorio, sviluppatasi rispettivamente lungo le linee di contrapposizione nazionale e ideologica. Le vicende che portarono all’introduzione del bilinguismo sono collegate con le vicende che caratterizzarono queste terre durante la guerra e nel dopoguerra. Con sorpresa degli stessi alleati, le truppe armate jugoslave riuscirono a liberare tutta la Venezia Giulia, realizzando anche sul campo quanto si erano proposti nelle risoluzioni del Plenum supremo del Fronte di Liberazione (OF)1 e nella dichiarazione del secondo congresso del Consiglio antifascista di liberazione popolare della Jugoslavia (AVNOJ). Laddove si rivendicò l’annessione di tutto il Litorale sloveno e di quello croato con l’Istria e Trieste. Tito, arrivando per primo a Trieste e nella Venezia Giulia, era consapevole, per dirla alla Churchill, che “il possesso costituisce nove decimi del diritto”, dimostrando inizialmente tutta la sua intransigenza e sollevando non poco le ire degli alleati, prima dell’improvviso cambio di rotta2. Dopo alcune dure note degli alleati, le truppe di Tito dopo quaranta giorni di presenza furono costrette a ritirarsi dal capoluogo il 12 giugno 1945. Nelle disposizioni previste nell’accordo di Belgrado del 9 giugno 1945 e in quello successivo di Duino, la Venezia Giulia veniva divisa in due amministrazioni militari civili provvisorie: la zona A sotto la giurisdizione della GMA o Governo militare alleato; invece la zona B, sotto il controllo della VUJA o Governo militare jugoslavo con sede ad Albona. I primi comitati sorti durante la guerra partigiana coprivano capillarmente il territorio e rappresentavano un potente mezzo di controllo su ogni aspetto della vita personale, civile e delle istituzioni, poiché deliberavano sulle materie più diverse, tra cui le confische dei beni e le epurazioni (Križman, 2004). Questi facevano riferimento nell’area al Comitato regionale di Liberazione nazionale del Litorale (PNOO), sorto nel settembre del 1944 da parte dell’Avnoj con l’avallo del Consiglio di Liberazione sloveno per colmare il vuoto di poteri nell’area della Venezia Giulia, rendendo possibile l’annessione di queste terre alla Jugoslavia di Tito. Il PNOO realizzava le sue prerogative in maniera piramidale attraverso i Comitati di Liberazione distrettuali, circoscrizionali e quelli nazionali locali. A liberazione avvenuta il PNOO costituì tre circoscrizioni: Gorizia con 17 distretti; Trieste con 9 distretti (di cui faceva parte il distretto di Capodistria), e la circoscrizione autonoma della città di Trieste. Dopo circa un mese i poteri popolari, a seguito degli accordi con gli alleati, dovettero adeguarsi a questa nuova divisione riformando la rete amministrativa, che da allora ebbe una funzione politico-ammistrativa (Gombač, 2003, 277-278). Il distretto capodistriano, oggetto del presente articolo, costituito dalle aree della zona B comprese nel Litorale sloveno, dai municipi di Capodistria, Isola e Pirano, era a larghissima maggioranza italiana nelle cittadine (pari a circa il 90% stando ai censimenti austriaci del 1900), mentre possedeva un contado prettamente sloveno (Cadastre national, 1946; Perselli, 1993). Dopo quasi un anno dalla presa della città di Capodistria, gli organi dirigenti del partito erano consapevoli della fragilità dei poteri popolari nel Capodistriano. Della presente situazione si trova conferma dalla relazione del Comitato Cittadino capodistriano del Partito comunista regionale giuliano (d’ora in poi P.C.R.G.) al Comitato Circondariale del P.C.R.G. di Aidussina, datato 22 gennaio del 1946, in cui “[...] Capodistria ha speciali tradizioni servili perché la maggior parte è vissuta delle briciole della borghesia capodistriana per cui ancor oggi la gran parte della popolazione parla bene delle famiglie borghesi e dei padroni in genere. A causa di questa mancanza di coscienza sociale è facile comprendere che la gente capodistriana non ha potuto né seguire né comprendere la lotta di liberazione, tanto più che a Capodistria in proporzione al numero di abbiamo la più forte percentuale di fascisti convinti, che in tutte le altre cittadine della costa” (ARC, 1). Pertanto, la politica seguita dagli jugoslavi si caratterizzò per una ricerca del consenso seguendo la linea della

1 Tale atto dichiarativo aveva un carattere prettamente simbolico, fondamentalmente politico e senza alcun valore dal punto di vista del diritto internazionale. Infatti, in un telegramma inviato da Tito, il 1° ottobre del 1943, al Comando militare generale di Croazia, si afferma che “la dichiarazione sull’unione dei territori annessi alla Croazia in linea generale è ben concepita. Non va bene però il punto in cui si parla dell’autonomia alla minoranza italiana. Se si tratta di autonomia culturale era necessario dirlo. Mentre non c’è posto per alcuna autonomia politica, in quanto questa minoranza è sparpagliata. È necessario sottolineare che alla minoranza italiana si garantisce la piena libertà e la parità dei diritti” (Zbornik NOR, 1954–1956; Giuricin, 1990, 13–14; Bogliun-Debeljuh, 1994, 128). 2 Per una breve storia sul periodo in questione si vedano: Gombač, 2003; La Perna, 1993; Paola Romano, 2005.

16 La città fratellanza italo-slava e con l’introduzione graduale della “nuova democrazia”. Questa doveva avvicinare oltre alle masse degli operai italiani (nella maggioranza meglio disposti ad abbandonare la prerogativa nazionale a favore della rivoluzione sociale), anche quelli che non contrastavano l’adesione alla nuova Jugoslavia; operazione che non fu priva di difficoltà3. Politica di conquista delle istituzioni non facile quando si cercava di inserire elementi estranei alla città: “Un incidente non indifferente è stato il fatto che molti elementi non capodistriani hanno dovuto essere impiegati nei vari uffici per cui la reazione ha speculato generando una campagna diffamatoria in base alla quale faceva credere che ci fossero delle ingerenze nazionalistiche nella cittadina italiana della costa” (ARC, 1). Dalla nota apprendiamo che era cominciato il graduale inserimento nelle amministrazioni cittadine dell’elemento sloveno, argomento che per la sua importanza verrà approfondito in seguito. Comunque, nell’opera di graduale conquista delle istituzioni e di consenso delle masse italiane l’inserimento dell’elemento italiano fedele al regime nell’organigramma partitico assumeva un ruolo di primaria importanza. È altresì vero che tale presenza era di tipo proporzionale negli organi di potere, subordinata per grado a quella slovena, a cui faceva seguito un atteggiamento linguistico “accondiscendente” verso l’elemento italiano: in seno ai vari comitati l’italiano rimaneva la lingua di discussione anche in presenza di un solo membro italiano4. Tali “concessioni” ritenute indispensabili ai fini della politica rivoluzionaria, avevano lo scopo di “attutire” i mutamenti sociali onde non trasformarli inevitabilmente in questioni nazionali, garantendo una parvenza di continuità, in quanto, come afferma l’austromarxista Otto Bauer “se il funzionario o il giudice appartiene ad un’altra nazione, se parla una lingua straniera, allora il fatto che la massa del popolo è soggiogata da un potere straniero risulta lampantemente visibile e quindi insopportabile” (Bauer, 1999, 109). Fu la VUJA e l’amministrazione civile sempre nell’ambito della politica della fratellanza italo-slava, a riconoscere l’autoctonia dell’elemento italiano e in via di principio ad introdurre il bilinguismo (Troha, 1996, 74). La denominazione di “principio” è allo stato delle ricerche sicuramente appropriata, in quanto, dallo studio fatto sui fondi dell’Archivio regionale di Capodistria e da quella di Nevenka Troha sui decreti del Comitato regionale di liberazione nazionale per il Litorale (CRLNL) non risulta promulgato nessun provvedimento legislativo riguardante il bilinguismo. Dalla ricerca svolta presso l’Archivio regionale di Capodistria, a partire dal periodo che va dall’instaurarsi dei nuovi poteri popolari, nella zona B il primo documento che parla di bilinguismo è la circolare della Presidenza del Comitato popolare distrettuale di Capodistria del 28 febbraio del 1947. Questa, emanata a soli 18 giorni dalla firma del trattato di pace di Parigi, siglato il 10 febbraio del 1947, – nel quale veniva a cessare per il diritto internazionale l’autorità italiana a favore della creazione del mai nato Territorio libero di Trieste (TLT) – serviva a preparare gli organi amministrativi specificando ambiti e modi di applicazione del bilinguismo: una sorta di guida operativa sul bilinguismo prima che questo, per applicazione dell’articolo 7 dello statuto del TLT, si formalizzasse e diventasse in seguito oggetto del decreto del Comitato popolare circondariale dell’Istria (CPCI) del 14 settembre del 1947. Quest’ultimo decreto, considerato il “deliberato” sul bilinguismo, trilinguismo nell’area, definiva tre lingue ufficiali nel Circondario dell’Istria: italiano, sloveno e croato, e autorizzava il Comitato popolare esecutivo del circondario dell’Istria a rendere esecutivo il decreto. Oltre ad introdurre la cornice formale legislativa necessaria a garantire la pariteticità delle tre lingue, quest’atto legislativo andò a colmare un vuoto giuridico in materia, costituito solo da dichiarazioni di principio, fornendo in tal modo anche una formale giustificazione ad un bilinguismo che si era già affermato nella prassi, stando alla mole di documenti bilingui redatti dalle varie organizzazioni partitiche dell’epoca. Il legislatore non articolava ulteriormente la proposta, né definiva gli ambiti di applicazione del bilinguismo e trilinguismo. L’elaborazione antecedente alla presente normativa, l’abbiamo riscontrata in maniera più diffusa sia nella circolare della Presidenza del Comitato popolare distrettuale di Capodistria, appena citato, relativa all’amministrazione e alle istituzioni pubbliche, che nella relazione della conferenza del Partito comunista del TLT per il distretto capodistriano del marzo 1947. Accanto a questi documenti saranno presentati altri documenti successivi al cosiddetto “deliberato” sul bilinguismo, che mettono ulteriormente luce sull’applicazione della normativa.

3 Come riferimento del contesto operativo dei poteri popolari tra i ceti sociali nel capodistriano, dalla medesima relazione possiamo notare che la massa dei contadini seguiva il clero e frequentava l’associazioni cattoliche mentre era staccata dal partito e dai poteri popolari, dato che questa era composta solo da operai. Per quanto riguarda gli operai si ravvisava che “…sono poi ostili ai contadini perche’ questi ultimi nel periodo di guerra hanno avuto modo di guadagnare più di loro”. Sempre sugli operai: “Ad essi manca la coscienza sociale e la comprensione per lo stato popolare. Contemporaneamente però temono il ritorno dell’Italia in queste terre per cui non vogliono compromettersi con le nostre organizzazioni. Questa mentalità è abbastanza diffusa…”Gli artigiani invece “…sono simpatizzanti per la bandiera rossa ma decisamente ostili all’UAIS. I ceti medi sono indicati come “…le forze di linea della democrazia cristiana. Hanno avuto parte attiva nell’organizzazione dello sciopero. Seguono da vicino la politica della Voce libera e sono quelli che sperano più vivamente di tutti il ritorno di queste terre all’Italia. Ai ceti medi fanno parte anche gli intellettuali i quali rappresentano la parte ideologica dell’irredentismo locale e sono di conseguenza per l’Italia.” La borghesia rurale ”…in gran parte nobile, che hanno un largo seguito fra il ceto impiegatizio e l’intellettuale sono il fulcro dell’irredentismo capodistriano.” Le classi degli impiegati “…che ha dato il maggior numero di fascisti, ancora oggi questi sentimenti sono vivi in questo ceto e perciò è specialmente ostile a noi.” Il Clero “…in Capodistria è molto sviluppato…” e rappresenta il reparto dove si organizza la reazione (ARC, 1). 4 Nel verbale della seconda riunione ordinaria del Comitato esecutivo circondariale per l’Istria, datata 26 agosto 1947, viene riportato che la “…riunione si tiene in italiano, dato che è comprensibile a tutti, salvo esplicita richiesta dei singoli membri di chiarimenti in lingua slovena e rispettivamente croata.” Dopo venti anni di fascismo, caratterizzati dalla soppressione di tutte le scuole slovene e croate, è più che comprensibile che anche per gli stessi sloveni e croati era più semplice usare correttamente l’italiano che la loro lingua madre, da qui l’uso di detta lingua nella discussione.

17 La città Nel primo documento in applicazione delle nuove norme statutarie del TLT si evidenziava che nell’area due erano le lingue ufficiali e uguali nell’amministrazione: italiano e sloveno; norma che rendeva paritetico lo sloveno all’italiano. Di conseguenza, si affermava, “[...] bisogna utilizzare dappertutto e con coerenza il principio del bilinguismo, non sottomettendo né danneggiando una delle due nazionalità, operando sulla base dell’uguaglianza. A quest’eguaglianza dobbiamo dargli anche una parvenza esteriore” (ARC, 2). Nella circolare si raccomandava che tutti i comitati e le sezioni si disponessero come segue: ogni scritta, quelle sulle porte, quelle davanti ai locali o alle istituzioni, quelle dell’amministrazione pubblica o quelle a carattere privato, nonché gli avvisi e i moduli devono essere redatti in lingua italiana e slovena o viceversa (nel documento questo passaggio relativo alle lingue d’uso è sottolineato, dimostrando la sensibilità del regime alla tematica) e mai solo in lingua italiana o slovena. Dal documento, nota assai importante, si evince che il principio del bilinguismo riguardava anche “il rapporto dell’amministrazione con l’utenza” (ARC, 2)5. Tali direttive inauguravano il bilinguismo visivo nelle istituzioni e l’uso paritetico dello sloveno accanto all’italiano come lingua d’uso nell’amministrazione (sia scritta sia di comunicazione) con le parti. Dell’esecuzione della circolare e della comunicazione delle applicazioni rispondevano personalmente i capisezione e le istituzioni del Comitato popolare circondariale esecutivo dell’Istria (ARC, 2). È appunto quest’ultimo organo, in un verbale del 22 ottobre del 1947, quindi a circa otto mesi dalla prima circolare, a ribadire fermamente la volontà di introdurre la bilinguità in tutti i comitati e sezioni amministrative, in cui si “[...] dovranno adottare le due lingue.” Si parla, inoltre, di deficienze nei quadri amministrativi, dell’esigenza di assumere un impiegato sloveno e si afferma che “tutti i timbri ora esistenti dovranno essere ritirati per essere sostituiti con quelli nuovi bilingui” (ARC, 4). Il 22 dicembre del 1947, dal reparto circondariale per le questioni interne a Capodistria si emana una nota in cui si ribadisce che i libri dell’anagrafe per il Capodistriano devono essere redatti in lingua slovena-italiana, mentre per il Buiese rispettivamente in quella croata-italiana. Le diciture bilingui devono tenere conto della composizione etnica sul territorio: nei territori a prevalenza italiana i formulari devono riportare prima la dicitura italiana seguita da quella slovena; mentre in quelli a prevalenza slovena, la prima lingua a comparire deve essere quella slovena seguita dall’italiana. La procedura viene adottata anche nel Buiese (ARC, 5). La determinazione geografica del bilinguismo, “[...] in tutto il territorio [...]”, con l’annesso esempio chiarificatore, non lascia dubbi che su tutta l’area, quindi indipendentemente dalla composizione etnica, si applica la bilinguità. Sulle forme e modi di applicazione un altro documento getta luce sull’ampliamento del raggio d’azione del bilinguismo rispetto al precedente nella seguente misura: “Tutti gli scritti delle istituzioni pubbliche, private e statali, debbono essere fatte nelle due lingue. I formulari, in tutti gli uffici pubblici, statali, nei comitati popolari devono essere stampati in ambedue le lingue, e non come erroneamente si è fatto finora che erano stati stampati soltanto in sloveno rispettivamente in italiano. Anche i proclami, manifesti, pubblicazioni ufficiali, reclami ecc. devono mettere in rilievo il bilinguismo. È raccomandabile (qui il tono diventa meno risoluto N.d.A) che anche i negozianti italiani, giacché gli acquirenti sono in maggioranza sloveni, espongano le scritte bilingui. In questo modo sarà esteriormente evidente l’eguaglianza bilingue, cioè il rispetto reciproco” (ARC, 6). La bilinguità compie un ulteriore salto di qualità interessando non solo la sfera amministrativa pubblica ma andando a toccare anche gli altri ambiti della vita sociale, dimostrando la volontà concreta del regime di entrare nelle cittadine italiane della costa, attraverso la liberalizzazione della lingua slovena. Il documento si occupa anche del bilinguismo scolastico affermando la necessità in tutte le scuole di introdurre la lingua italiana e la lingua slovena. Da un verbale del Comitato Circondariale Agit-prop dell’Istria, datato 27 marzo 1947, si evince che “la lingua slovena è solo facoltativa sia ad Isola, Capodistria che Pirano e non si ha avuto nessuna iscrizione. Sarà dunque molto difficile l’introduzione dello sloveno, anche perché molte difficoltà le trovano i direttori

5 In un’altra ordinanza del Comitato esecutivo popolare circondariale dell’Istria, datato 5 dicembre del 1947, si ribadisce che per la qualifica professionale nel ramo amministrativo si rende necessario il superamento dell’esame per ogni candidato nella propria lingua materna (ARC, 3). Si tratta comunque di un atto importante, il quale stabilisce una particolare disciplina nelle assunzioni, basati sul principio della pariteticità delle due lingue, che dovrebbe permettere ad ognuno di sostenere l’esame nella sua lingua madre.

18 La città delle scuole, specialmente quelli del liceo. È da notarsi che quale lingua facoltativa insegnano il tedesco” (ARC, 7). Il bilinguismo nelle scuole viene introdotto quindi sulla base dei valori dell’eguaglianza, risolvendosi nello studio della lingua e quindi della cultura (“[...] per la cognizione reciproca”) dell’altro gruppo in tutte le istituzioni scolastiche sia slovene che italiane. Tale normativa non sembra trovare riscontro nelle scuole italiane. La liberalizzazione delle lingue di riferimento ai gruppi etnici, non corrispondeva comunque ad una libera circolazione dei mezzi di informazione, dato che era concessa solo la pubblicazione di giornali favorevoli al nuovo regime. Anche la diffusione della carta stampata rifletteva questo stato di cose: circolavano nella zona B il “Primorski Dnevnik” e l’italiano “Il Lavoratore” quotidiano comunista soppresso dopo la scissione del 1948. Altri fogli erano in lingua slovena e croata, a parte “La Nostra lotta” quotidiano filo-Tito la cui pubblicazione iniziò dopo il settembre del 1948 (Pradelli, 2004, 44). L’informazione bilingue pertanto, anche se garantita nella lingua, per la presenza di fogli italiani veniva negata sulla base della libertà d’espressione per entrambe le nazionalità. Sul finire dell’anno, per la precisione il 7 dicembre del 1947, in un verbale del Comitato esecutivo popolare circondariale dell’Istria, viene toccata e affrontata anche la delicata questione della toponomastica. Nell’assise si evidenzia la volontà di procedere alla definitiva introduzione dei toponimi sloveni accanto a quelli italiani in tutto il distretto di Capodistria. Su alcuni di questi punti il documento fornisce degli esempi pratici assai interessanti. Così, Buie d’Istria diventerà semplicemente Buie, perché è venuta meno l’utilità distintiva dovuta al contesto italiano. Si afferma anche l’esigenza di eliminare, dove possibile, il termine “Stanzia” e “Villa”: Villa Decani così in sloveno diventa , mentre in italiano semplicemente Decani. Inoltre, ad esempio il toponimo italiano Santa Lucia, secondo il crisma ideologico imperante, si trasforma in sloveno semplicemente in Lucija (ARC, 8). A tal punto è interessante verificare se nella pratica la normativa si dimostrò davvero capace di conseguire tali obiettivi. In quanto, “[...] il pluralismo linguistico e culturale, il perseguimento di tale obiettivo non dovrebbe avvenire in modo da pregiudicare irragionevolmente i diritti degli altri cittadini (o per estensione di una delle comunità N.d.A.)” (Piergigli, 2005, 173). Affinché uno strumento legislativo non produca effetti contrari ai suoi propositi per qualsivoglia delle parti, riteniamo che, oltre ad una delicata opera di bilanciamento del provvedimento, il contesto operativo e l’applicazione della normativa siano davvero determinanti nella valutazione complessiva della bontà della legge e della coerenza dei principi che persegue, rappresentando per tale via anche un indicatore importante sui reali propositi del regime. Se analizziamo l’ambiente sociale, si nota che la normativa s’inseriva in “[...] un clima generale di intimidazione (verso gli italiani N.d.A), punteggiato da un continuo stillicidio di violenze ed angherie, fino a diventare componente abituale di una quotidianità intessuta di sospetto, di angosciosa incertezza nel futuro, di timore per sé, per i propri famigliari, per la propria comunità [...]” (Pupo, 1994, 139). La dimensione della paura e dell’insicurezza appare una componente centrale, fomentata anche dalle tante misure, quali: l’introduzione della jugolira, che scatenò le violenze a Capodistria; l’abolizione del colonato e la riforma agraria, la quale andò inevitabilmente a colpire l’elemento italiano, data la struttura sociale; il bavaglio ad ogni forma di espressione e politica che contrastasse con l’ideologia dominante e via discorrendo (comune per altro a tutti quelli, italiani, sloveni e croati, che non erano pienamente conformi al regime). Tutte misure che provocarono la trasformazione rivoluzionaria della società istriana, la quale andò a saldarsi con la perdita della sovranità italiana, con un drastico mutamento delle condizioni economiche, con la trasformazione di ruoli e il ribaltamento di gerarchie sociali ed etniche consolidate, con la sommersione dei valori e lo scompaginamento del tessuto di rapporti tradizionali. Politica che si attuò attraverso non solo l’eliminazione della precedente classe politica, ma anche con la progressiva scomparsa dei soggetti sociali più rappresentativi e via via di figure chiave quali religiosi, insegnanti, professionisti, di modo che i pubblici poteri furono percepiti inevitabilmente quali estranei e avversari (Pupo, 1994, 138). In un tale clima di avversione e paura per gran parte degli italiani verso il potere costituito venivano a mancare le premesse necessarie per il bilinguismo: i poteri popolari, al di là della facile retorica, non furono capaci di creare un clima di reciproca fiducia tra le due nazionalità e nemmeno di fornire una visione della società non più tesa agli etnocentrismi estremi, che tanto avevano contraddistinto l’epoca precedente. Il risultato di tale politica è che la parte italiana finì per recepire la normativa sulla bilinguità come l’ennesimo sopruso perpetuato da un potere ostile. In questo modo la normativa non poté in alcun modo diventare la base su cui costruire una forma avanzata di convivenza ed eguaglianza all’interno della realtà plurinazionale del distretto capodistriano, data proprio la mancanza di fiducia (da parte di una componente), elemento imprescindibile per tessere qualsivoglia interazione tra gruppi distinti. Al contempo, sembra opportuno precisare che per gli sloveni e i croati l’introduzione del bilinguismo fu

19 La città percepita in maniera diametralmente opposta agli italiani. I primi videro nel provvedimento il coronamento di una giustizia sociale attesa da oltre venti anni. Soprattutto la negazione del diritto alla diversità linguistica, promossa e attuata con estremo zelo dal regime fascista, era apparsa essere il provvedimento più irritante per le popolazioni non italiane, perché imponeva un’ulteriore compressione delle libertà individuali e di gruppo muovendosi sul terreno di una manifesta discriminazione su base nazionale. Per quanto riguarda la componente italiana essa fu danneggiata in particolar modo dall’introduzione del bilinguismo a causa del diverso grado di conoscenza linguistica e dai tempi d’introduzione della norma. Innanzitutto, il bilinguismo fu applicato in un contesto diversificato per conoscenza linguistica – la popolazione italiana era sostanzialmente monolingue a differenza di quella slovena prevalentemente bilingue – e non fu sostenuto da un adeguato periodo di formazione linguistica delle scuole italiane, basti pensare che la lingua slovena fu introdotta come materia obbligatoria unicamente nell’aprile del 1947 e solo per le medie (Troha, 1996), anche se il termine d’applicazione, come abbiamo visto precedentemente, sarebbe da far slittare ancora nel tempo. La stessa Troha ci conferma che, anche dopo l’arrivo delle forze jugoslave, l’uso della lingua italiana rimaneva nelle cittadine prevalente in tutti gli ambiti dell’amministrazione e anche nella pratica sino al 15 settembre del 1947 (Troha, 1996, 74) (termine temporale che va a coincidere sostanzialmente proprio con l’introduzione del plurilinguismo da parte del CPCI, datato 14 settembre dello stesso anno). Nonostante la presente situazione, non ci fu un adeguato periodo di transizione o gradualità d’attuazione della norma: come si è potuto vedere, questa fu introdotta in tutti gli ambiti più importanti della vita sociale in appena dieci mesi. Infatti, se prendiamo in considerazione il primo documento sul bilinguismo del 28 gennaio fino agli ultimi documenti in materia del dicembre del 1947, possiamo affermare che tale processo poteva dirsi in sostanza completato nel periodo sopra considerato. A tal punto è lecito chiedersi per quale motivo fu introdotta una normativa così importante in un clima sociale quanto meno proibitivo (almeno per la gran parte degli italiani), senza alcuna gradualità, dato il diverso grado di conoscenza linguistica e con tempi di realizzazione assai sostenuti? Perché tale strumento, dietro il paravento della roboante propaganda del regime, fu applicato senza una giusta riflessione sulle conseguenze che avrebbe comportato sulla comunità italiana? Mancò davvero la dovuta riflessione sul tema o attraverso il bilinguismo si perseguì un altro obiettivo? Dai materiali esaminati, allo stato attuale dell’analisi, si evince che l’introduzione del bilinguismo, strumento legislativo garante dell’elevazione della pari dignità di tutte le lingue, oltre ad essere un ulteriore passo di avvicinamento alla Jugoslavia, colpì, come si è potuto vedere, soprattutto per la modalità con cui fu introdotto, maggiormente l’elemento italiano; non può pertanto sfuggire la discriminazione dell’atto volto a creare tutt’altro che le premesse di uguaglianza tra i popoli della regione, così caldamente sbandierati dal regime, bensì a rendere ineguale la posizione di questi, basandosi proprio sulla disparità di conoscenza linguistica. Attaccando la lingua italiana nelle sue roccaforti veniva completata quell’operazione di penetrazione nel tessuto delle cittadine italiane, che ebbe come risultato davvero importante quello di insediare progressivamente una nuova amministrazione “più conforme” al nuovo corso e nazionalmente affine, consolidando così la presa di potere sugli organi cittadini dimostratisi non sempre affidabili. Difficile pertanto non ravvisare un’ulteriore forzatura in senso snazionalizzante nei palazzi delle istituzioni, in cui il bilinguismo veniva adoperato come base formale per l’insediamento graduale di funzionari sloveni o jugoslavi, discriminando l’elemento italiano monolingue. Insomma, come si è potuto vedere, anche il bilinguismo finì per essere vittima o meglio strumento di un potere che perseguiva finalità contrarie a quelle a cui diceva di ispirarsi. Dietro gli slogan formali di libertà, fratellanza e uguaglianza, anche il principio formalmente avanzato sulla carta come il bilinguismo, privato della necessaria libertà e sicurezza individuale, non solo fu svuotato d’ogni valenza positiva, ma si rivelò essere un potente strumento di politica nazionale del regime; preda, come altre misure, di assolutismi nazional-ideologici, in piena collisione con i valori di dignità della persona. Chi vi scrive ritiene, tuttavia, che una comprensione più approfondita del bilinguismo, della sua applicazione e dei contesti sociali in cui esso è stato calato richiede un’ analisi che sappia abbracciare un periodo di tempo maggiore rispetto a quello considerato; importante oltremodo per valutare gli effetti a lungo termine di una siffatta normativa nella società. Pianificare uno studio sul bilinguismo nel lungo periodo appare giustificato per svariate ragioni. Oltre ad essere segno di maturità e consapevolezza e di grande importanza ed utilità scientifica nonche’ storica, darebbe una maggiore organicità e sistematicità alla grande quantità di studi settoriali prodotti sul bilinguismo locale riversandoli in una nuova opera specifica sul tema, capace di dare uno sguardo complessivo all’evoluzione del bilinguismo nel Capodistriano, estensibile anche all’Istria, dal dopoguerra ad oggi, ripercorrendo per sommi capi anche il periodo antecedente sino agli albori del risveglio nazionale in queste terre.

20 La città Si tratterebbe di un’opera che accanto alle vicende storiche si addentrerebbe anche nel campo del diritto e dell’evoluzione del concetto dei diritti linguistici e comunitari, tenendo in debito conto i cambiamenti e le trasformazioni intervenuti nella società istriana attraverso i secoli. Un lavoro di questo tipo richiederebbe una squadra di ricercatori di varia formazione e avrebbe il pregio di calare il diritto e il concetto della bilinguità nel contesto sociale dei vari periodi storici analizzati (recuperando gli aspetti innovativi assieme all’impatto provocato dalle normative nella società nei vari periodi trattati), di aumentare la consapevolezza del fattore linguistico in queste terre, di proporre la lingua assieme alla diversità culurale delle popolazioni che qui vi risiedono come un tratto a sua volta caratterizzante la cultura stessa ed espressione del territorio, di lasciare testimonianza dell’esperienza locale di ricomposizione delle diversità etnica e linguistica (che potrebbe costituire anche un modello di convivenza avanzato pluri-comunitario su un medesimo territorio) nonché di contribuire a fare chiarezza sulle tante prospettive spesso nebulose che circondano il futuro del plurilinguismo, proprio attraverso il confronto con le esperienze del passato e l’armonizzazione di queste con le attuali direttrici europee in materia di salvaguardia del patrimonio linguistico e culturale autoctono locale.

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21 La città In visita gli sbandieratori del Palio di Ferrara Su iniziativa della »Dante« che ha organizzato anche un incontro col regista Martusciello Il rullio dei tamburi ed il suono delle fanfare hanno attirato il 9 ottobre l’attenzione dei capodistriani. La compagnia del Palio di Ferrara ha attraversato la città, proponendo a più riprese lo spettacolo degli sbandieratori, accompagnati dal corteo storico in costumi d’epoca. Le loro evoluzioni hanno richiamato il pubblico, in mattinata e nel primo pomeriggio, in Piazza Ukmar. In serata il Palio di Ferrara ha fatto visita alla Comunità degli Italiani, dov’è stata allestita la mostra del fotografo Sergio Pesci, intitolata “La mia Ferrara”. Il turbinio delle bandiere multicolori e gli splendidi abiti medievali sono stati riproposti sullo spiazzo antistante la Radiotelevisione di Capodistria, accolti con entusiasmo da numerosi connazionali accorsi per l’occasione. L’iniziativa è stata promossa dal Comitato capodistriano della Società “Dante Alighieri”, in collaborazione con il Comune. A fare gli onori di casa è stato il vicesindaco, Alberto Scheriani, che ha ricordato i lunghi legami d’amicizia con la città gemellata di Ferrara. Gli ospiti erano guidati dall’assessore alla Mobilità ed ai Lavori Pubblici, Aldo Modenesi, che ha ringraziato per l’accoglienza tributata.

Gli sbandieratori del Palio di Ferrara si esibiscono L'incontro con il regista napoletano Luca Martusciello lungo la riva. organizzato a Isola. Alla sua sinistra il cantante Mirko Cetinski, la presidente della »Dante« capodistriana Vanja Vitošević ed il Console, Marina Simeoni.

22 La città Nel 60.mo di Radio Capodistria erano andati in onda diversi gustosi aneddoti di Giorgio Visintin sui primi decenni di Radio e TV, pubblicati pure dalle Primorske Novice. Tra questi, uno che vide protagonista il compianto Ferdi Vidmar, dal sibillino titolo di »Harošaja luka« Come tutti i turisti che si rispettino, anche Tito apprezzava l’arrivo per mare di Tito e Hruščov alle 4 del pomeriggio. molto passare »dal mare - ai monti«, dalle isole Brioni In redazione s’era deciso che l’avvenimento lo coprisse cioè, a Brdo in Gorenjska, ovviamente transitando per il giornalista Vesel, secondato, a causa dei ben sette chili Capodistria.Nell’occasione se la godevano specie gli del necessario magnetofono, appunto da Ferdi,che - tra scolari, che vivevano una ben organizzata »scappola l’altro - era l’unico a masticare un po’ di russo. Vestito l’ da scuola«, e sventolando bandierine, salutavano, lungo abito della festa, lui si avvia da Semedella con la sua bici la strada dell’Istria, i veloci convogli delle automobili più di mezz’ora prima. Raggiunta l’odierna nere. Quando poi c’erano ospiti stranieri più importanti, passeggiata a mare, scorge subito, non più lontana, capitava spesso nel porto la nave Galeb, o rombando, coi l’inconfondibile silhouette della nave Galeb, in arrivo con suoi due motori da 300 cavalli, il panfilo Primorka. rilevante anticipo. Accelera le pedalate, arriva al porto, Una volta è così capitato agli inquilini di quella casa, che mentre la nave già attracca. Supera il cordone di polizia, oggi in Piazza Ukmar non c’è più, e ospitava anticamente lascia la bici e si affretta verso il molo. Naturalmente il la Trattoria al Vaporetto (suoi clienti furono anche i giornalista incaricato non si vede. Ferdi è sì, un esperto guardiani dell’imperial-regio Carcere del Belvedere) era di magnetofoni e magari di elettroni, non però di politica stata quindi una sorpresa vedere scendere dal Primorka, estera; ma si fa ugualmente coraggio. Dopo i soliti del tutto inattesi - non c’era neppure la Polizia - una omaggi floreali - c’era anche Jovanka - chiede «pažalsta« consistente parte della delegazione sovietica con Bulganin a Hruščov il suo »pačutljenje«. Per tradurre: quali sono e Mikojan, che avevano accompagnato Hruščov a Belgrado le sue sensazioni, le sue impressioni. E non era mica una nel maggio 1955, per porgere le scuse di Mosca per la domanda sbagliata! Perchè è storia, che per Hruščov scomunica del Cominform del 1948. Nella casa abitavano venire a Belgrado nel 1955, era come per Enrico IV diversi appartenenti alla Radio; un regista, il capotecnico andare a Canossa a chiedere perdono a Papa Gregorio Poberaj, il giornalista Klasinc, ed ancor prima, anche il VII, che l’aveva scomunicato. Si è anzi scritto che Tito fonico Ferdi Vidmar, primo attore dell’aneddoto. l’avesse accolto freddamente a Belgrado, risentito per i Attraverso Capodistria erano passati comunque molti sette anni di truce ostilità del Cominform e dell’intero protagonisti della storia. Chi non ricorda il »lider blocco orientale, che avevano reso l’ex Jugoslavia uno maximo« Castro? Qualcuno al ristorante Capris, al strategico cuscinetto della Cortina di ferro. pianterreno del Palazzo Pretorio, s’era seduto sul suo Al microfono di Ferdi quindi, Nikita snocciola bonario kepì, come aveva raccontato l’allora sindaco Mario ma conciso, due o tre frasi… Abram, e non è del tutto da escludere che sia stato proprio Più tardi, i giornalisti - arrivati sì - ma con rovinoso lui lo sbadato ad infrangere il protocollo. Il giorno dopo ritardo, gli si ammassano intorno, perchè ceda l’intervista i giornali, anche di Trieste, annotavano soprattutto che anche a loro. a Castro era tanto piaciuta… la »putizza«. Davanti alle No problem! Ma fatta su due piedi la traduzione, risulta festanti »venderigole« del mercato di Capodistria erano che Hruščov afferma »sic et simpliciter» che Capodistria, daltronde già sfilati in auto scoperta il Negus d’Etiopia vista dal mare è bella, anche il porto è «harošaja« e che Haile Selassie e, nell’aprile 1955, l’indiano Pandit Nehru, avrà sicuramente un positivo sviluppo.Tutto qui. Chi con in testa l’eterna bustina bianca copricalvizie. tardi arriva, si sa, sempre male alloggia! L’aneddoto che riguarda il compianto Ferdi Vidmar, risale Giorgio Visintin a una domenica del giugno 1955. Era stato preannunciato

23 La città Il nuovo Capossela nasce a Capodistria Dal Piccolo — 16 ottobre 2010 pagina 34 sezione: CULTURA - SPETTACOLO Vinicio Capossela ha sempre manifestato una forte simpatia per Trieste e per l’Est in generale. Tanto da scegliere lo studio Hendrix di Radio Capodistria, in Slovenia, per lavorare alla pre-produzione del suo nuovo album. «Qui mi piace perché si trovano ancora le cose che in Italia non esistono più da anni», dice il cantante nei corridoi di Radio Capodistria, per ricordare poi molteplici concerti triestini, fino a quello al Rossetti a febbraio 2009 «Pieno di sorprese: alla fine avevo perfino chiuso il giornalista Paolo Rumiz dentro ad una gabbia sul palco!». Capossela è venuto a Capodistria anche per lavorare con lo sloveno Andrea F, musicista, autore ed appassionato di musica. Negli anni 80, con la sua band (Idiogen: all’attivo tre album, usciti anche in Italia per Toast Records e Supporti Fonografici, ed in Gran Bretagna per Rough Trade) ha scoperto il fascino del lato tecnico del fare musica, dello studio di registrazione come strumento creativo. Da lì, è venuta poi la carriera di producer e la collaborazione con Radio e Tv Capodistria (come redattore musicale, conduttore, autore e regista di molte trasmissioni); oggi è anche su TV SLO 1, con il programma”Nlp” (di cui cura e conduce la parte musicale e live). Andrea F, ha lavorato con Vinicio Capossela nello Studio Hendrix di Radio Capodistria.

Com’è andata? «Ha una natura estrosa, spesso «È stato molto intenso ma anche bizzarra, ma sempre molto ispirata stravagante e divertente, come sempre e fedele al suo ricchissimo mondo con Vinicio e con gli artisti veramente interiore; il cuore di un vero poeta, “Artisti” del suo calibro. Insieme al con gli occhi e la capacità di stupirsi suo produttore, Taketo Gohara, ed e di stupire di un bambino. È sempre al suo arrangiatore, abbiamo fatto molto bello lavorare con chi ha un lavoro di pre-produzione del suo talento a tonnellate. Ancora di più prossimo album, passando in rassegna se poi la mattina prima di arrivare ed al setaccio tutti i vari demo e in studio si preoccupa di comperare testi, trovandone struttura e stesura burek o mirtilli per tutti, o se si finisce definitive, e registrandone varie takes a mangiare a mezzanotte sulla costa fino ad una quasi definitiva, con una del Quarnero con le chitarre in spalla traccia di pianoforte o chitarra e voce ed un valigione di cartone pieno di che può fungere da fondamenta per la testi, tastiere e computer in attesa di registrazione dell’album. Dovremmo un traghetto che non arriva!». ritrovarci a breve per fare altrettanto Perché ha scelto proprio lei? con un paio di brani ancora rimasti, e «Penso che da una parte c’è il lato poi forse per delle session di alcuni umano, perché ci siamo incontrati degli strumenti per il disco, visto tante volte, anche in ruoli diversi, che l’intesa con tutto il team c’è, e per qualche mia trasmissione TV e quello che sarebbe poi diventato soprattutto Vinicio a Capodistria si radio, e poi per lavorare di filigrana “Dove siamo rimasti a terra Nutless” trova bene e si sente ispirato». Che al suo pianoforte in studio (nel 2005 sull’album “Ovunque Proteggi” tipo è Capossela? abbiamo registrato insieme e da soli del 2006), quindi oramai una certa fiducia ed amicizia esistono, e sa di poter contare sul mio lavoro tecnico e sul mio giudizio». E perché Radio Capodistria? «A Capodistria so che gli piacciono varie cose, dalla location ad un passo dal mare alla relativa tranquillità del luogo o al cibo ed alcuni vini locali, oltre che lo studio che ha un fascino particolare, con tantissime apparecchiature vintage oggi rarissime accanto ad altre nuovissime ed ipertecnologiche, e con una sala di ripresa come quelle di una volta, grande, con l’acustica fatta dagli ingegneri americani della RCA negli anni 50 per farci suonare le big band, e con un bellissimo pianoforte a coda Steinway». Andrea F nell'obiettivo di Marko Žigon. Elisa Russo

24 La città I tre presidenti a Trieste La dichiarazione congiunta del Presidente della Repubblica di Slovenia, Danilo Türk, del Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napoletano e del Presidente della Repubblica di Croazia, Ivo Josipović, in occasione del “Concerto dell’amicizia” diretto dal maestro Riccardo Muti, tenutosi a Trieste il 13.7.2010.

“Noi Capi di Stato di Italia, Slovenia e Croazia abbiamo Prima del concerto, deporremo una corona di alloro al accolto con piacere e interesse l’invito del Maestro Muti Narodni Dom, orribilmente incendiata il 13 luglio 1920, a presenziare al Concerto dell’Amicizia che avrà luogo e al monumento all’esodo dalle terre natali degli Istriani, a Trieste il 13 luglio nella piazza dell’Unità d’Italia, Fiumani e Dalmati, nel doveroso ricordo delle tragedie consapevoli dell’alto messaggio di pace e fratellanza di del passato e nel comune impegno a costruire insieme un cui è portatrice l’iniziativa. In tale occasione il Maestro futuro di libera e feconda cooperazione tra i nostri paesi e Muti dirigerà l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini e i nostri popoli nell’Europa unita. l’Orchestra Giovanile Italiana arricchite dalla presenza di Con la nostra presenza intendiamo testimoniare la ferma numerosi giovani musicisti provenienti dalle Accademie volontà di far prevalere quel che oggi ci unisce su quel Musicali Universitarie di Lubiana e di Zagabria, oltre a che ci ha dolorosamente diviso in un tormentato periodo coristi italiani, sloveni e croati. storico, segnato da guerre tra Stati ed etnie. Ormai, Italia, Slovenia e Croazia si incontrano nel contesto dell’Unione Europea, per sua natura portatrice di rispetto delle diversità e di spirito di convivenza tra popolazioni, culture e lingue che hanno già operosamente e lungamente convissuto per secoli. Di qui il nostro impegno a coltivare sempre il rispetto dei diritti di tutte le minoranze. In ciascuno dei nostri paesi, coltiviamo com’è giusto la memoria delle sofferenze vissute e delle vittime di cieche violenze, e siamo vicini al dolore dei sopravvissuti a quelle sanguinose vicende del passato. Il nostro sguardo è volto all’avvenire che con il decisivo apporto delle generazioni più giovani vogliamo e possiamo edificare in un’Europa sempre più rappresentativa delle sue molteplici tradizioni e sempre più saldamente integrata dinanzi alle nuove sfide della globalizzazione”.

Inaugurata la nuova sede dell’Istituto Italiano di cultura di Lubiana

Una nuova casa - a parte la fatica amici, italiani e sloveni, dell’Istituto alla proiezione della “Dolce vita” di del trasloco - è sempre un evento da Italiano, accompagnata dall’apertura Federico Fellini, e consultare libri festeggiare. E lo è a maggior ragione di una mostra curata dall’associazione e altro materiale conservato nella quando si tratta di una casa ancora più goriziana Graphiti,”Obiettivo Divina biblioteca e nella mediateca. Una bella di quella appena lasciata. Com’è Commedia”. La giornata però si manifestazione di “porte aperte”, appunto nel caso dell’Istituto Italiano è configurata soprattutto come un dunque, volta a far conoscere a di Cultura di Lubiana, che dopo dieci momento di incontro con il pubblico. tutti gli interessati l’importante anni trascorsi in piazza del Congresso Fin dalla mattinata i visitatori hanno istituzione, nata nel 1999 e ben si è trasferito in un elegante palazzo potuto assistere a lezioni dimostrative inserita nella realtà slovena grazie storico sulle rive della Ljubljanica. di lingua italiana per adulti e bambini, ad una fitta rete di collaborazioni sul Il nuovo indirizzo è Breg 12, territorio. Collaborazioni che lo stesso del centro culturale coinvolgono e abbracciano, da francese, che si trova al piano sempre, anche le strutture della superiore. nostra Comunità. Pochi giorni L’inaugurazione è avvenuta dopo l’informale taglio del il 16 settembre, alla presenza nastro alla nuova sede, l’Istituto dell’ambasciatore d’Italia Italiano di Cultura di Lubiana Alessandro Pietromarchi, ha proposto a Casa Tartini di del vicesindaco del Comune Pirano un applaudito concerto di Lubiana Aleš Čerin, e del pianista toscano Giuseppe naturalmente della direttrice Tavanti, primo di una serie di dell’Istituto, Roberta Ferrazza. appuntamenti dedicati ai 150 Non c’è stata una cerimonia vera anni dell’Unità d’Italia. e propria, piuttosto una festa tra Ornella Rossetto

25 La città Il presente articolo poggia su documenti veri, custoditi presso l’Archivio regionale di Capodistria (Busta №31, unità documentaria №32, Diplomi e carte diverse dei conti Grisoni (164-1850) – inventario Ivan Filipovič). Per scrivere una storia che potesse attirare l’attenzione dei più, mi sono servita della teoria manzoniana del romanzo storico. Abbiamo il vero per soggetto, l’utile per scopo e l’interessante per mezzo. L’invenzione qui è intesa come racconto che riempie i vuoti lasciati dalla documentazione, non dalla storia. La cornice storica è stata volutamente omessa, si è preferito parlare delle varie famiglie nobili capodistriane. Dove è stato possibile, si è integrato le informazioni con Monumenta heraldica Iustinopolitana. I vari fatti storicamente veri, sono stati uniti agli indizi desunti dalla lettura degli atti; ne nasce una cronistoria di una faida durata ben 200 anni … Buona lettura! Grisoni e Vergerio, due famiglie, un’eredità e 200 anni di storia di Valentina Petaros Jeromela

Un libro. Un libro contenente fogli. Ogni foglio qui sapientemente rilegato, è un documento o atto notarile, che racconta una vicenda e che qui darà vita ad una storia. Sfogliando, lasciando girare le pagine, sembra quasi che le storie si animino. È come un libro tridimensionale, con le figure, che da piatte, si alzano e si mostrano. Qui non raccontiamo una favola, però. Che cosa può mai nascondere l’ultima pagina di un libro manoscritto? La fine di una storia, oppure il suo inizio? Non si desidera dare una fine alla storia narrata, ma solo descriverne l’incominciamento e tracciarne le sfaccettature che hanno contraddistinto la vita di due generazioni e una città tutta.

Il tutto comincia con il testamento e i Morosini. Due, tre generazioni i feudi di Cuberton (Kuberton) di Giovanni Andrea I Vergerio, in che continueranno la lotta per il e Toppole (Topolovec) e nel una caldissima giornata di agosto, possesso della Val d’Oltra… 1650 Padena (Padna), Morosina il quattro nell’anno di grazia 1562. I Vergerio, questa nobile e (Movraž), S. Sirico (Sočerga), “Gli eredi di veramente ogni e illustre famiglia Capodistriana, Covedo () e Villanova qualunque sorte dei beni mobili, vede l’estinzione del ramo con (Nova Vas). Tra gli antenati come stabili e di ogni ragione e discendenza maschile nel 1678, illustri figura Pier Paolo Vergerio azione istituisce, e esser volse con la morte di Girolamo, il il Seniore (1370-1444), uno dei messer Colmano, suo dilettissimo dottore, che svolgeva la sua più illustri umanisti italiani, fratello, e Gerolamo, nipote suo professione a Padova. Il libro professore di dialettica a Padova carissimo, figlio del fu Domenico racconta di tre fratelli (Giovanni e Bologna, precettore dei Carrara suo fratello, per egual porzione Andrea I, Colmano e Domenico) e celebre pedagogo. È da ritenere, con questa condizione: che e di un testamento, quello del grazie all’indizio contenuto nel mancando uno de loro senza eredi fratello maggiore. Giovanni contratto matrimoniale della maschi non solamente la porzione Andrea I, non avendo figli maschi, Susana con Francesco Grisoni di esso testatore della possessione lascia tutto in eredità al figlio del (per uno scherzo del destino i di Oltra ritorni al sopravivente, fratello, Gerolamo; unico nipote nipoti che continueranno questa ovvero ai suoi eredi maschi, ma in vita al momento della stesura faida, portano gli stessi nomi), che quella del morto ancora senza del detto testamento. Negli anni a questa sia proprio la discendenza eredi maschi, con questo che colui venire, Colmano, avendo anche lui del ramo del Vescovo di che vorrà ad aver la porzione della procreato figli (figli maschi e altre Capodistria. In una riga c’è scritto detta possessione sia tenuto dar due femmine), pretende e ottiene che proprio un certo Aurelio agli eredi del defunto se fossero la divisione dell’eredità. A questo lascia in dote alla Susana ducati femmine altrettanti beni in alcun lascito si aggiungono le proprietà cinquanta. A ragione possiamo altro luogo de egual valore, e di Caterina Gravisi (vedova di concludere che la discendenza queste fa e ordina acciò che la Cristoforo Zarotti de Sereni). Una qui trattata sia del ramo diretto detta possessione rimanga in casa dote molto importante, giacché dell’Apostata in quanto, Giacomo e famiglia de Vergeri maschi.” portava la proprietà del Mulino, Vergerio (il notaio) ebbe 5 figli Poche ma chiarissime parole quello che confinava con le terre e tre figlie. Il primogenito è che determineranno le sorti di dei Borisi … Tenuto da una Iacomo (il francescano), Alvise, alcune tra le più illustri famiglie contadina detta “Buttazza” che Giovanni Battista (Vescovo di Capodistriane: Vergerio, Grisoni, andava tutto a favore di Gerolamo, Pola), Aurelio (monsignore) e Pier Gavardo, Gravisi, Petronio, Brutti suo marito, così come desiderava Paolo (Vescovo di Capodistria). e Contesini Ettoreo e, nei rami più il padre di lei, Giovanni Gravisi. Non si sono dati certi, non si può recenti anche Tarsia, Belgramoni La famiglia Vergerio possedeva determinare chi sia l’antenato,

26 La città escludendo (per pura formalità) di Susana Vergerio, perché è la Gerolamo, dunque, s’innamora! gli uomini consacrati al celibato, primogenita, sposerà Francesco accanto alla felicità manifesta per rimangono le tre figlie (delle Grisoni e in base al diritto di un evento così gioioso, abbiamo quali non sono indicati i nomi) e primogenitura darà al conflitto una un fiorire di contratti e patti e l’Alvise. svolta decisiva e inaspettata, e ci convenzioni tra le due famiglie: Purtroppo, se per la morte di Pier terrà in sospeso con continui colpi quella di lui e la di lei. Tanto Palo si sospettò un avvelenamento, di scena. Conviene anche tenere per non dover litigare. Caterina la morte di Aurelio è certa: a memoria la dote di Caterina, la Gravisi, vedova di pochi mesi rinchiuso nelle segrete a Roma da quale sarà contestata e, in modo di Cristoforo Zarotti de Sereni Papa Clemente VII. Di lui non si subdolo, tolta alla discendenza (morto forse all’inizio del 1606), ebbero più notizie. del ramo maschile. Purtroppo ottiene la restituzione della dote Gerolamo muore nel 1622, ma anche nel ceppo maschile vi è (di danari 3.500!!!) e essendo sposa Caterina Gravisi il due una Susana, quella che osteggerà nuovamente sola e ricca, viene ottobre 1606. Da quest’unione la primogenitura femminile e ben presto concupita dal baldo nascono nove figli: quattro perseguirà le proprie ragioni sino Gerolamo! Ecco il contratto, femmine e cinque maschi. Non alla morte. Per evitare confusione, scusate, il termine usato è posso assicurare la correttezza decidiamo di chiamarla Suor “Convenzione tra Gerolamo della successione delle nascite, ma Nezza. Non vi sono notizie Vergerio e suoi cognati Gravisi per intanto la discendenza va divisa inconfutabili circa il monacato di dote di Caterina”. Questo accade tra il ceppo nato dalle figlie e questa, ma vi è un chiaro indizio nel marzo del 1615, possiamo a quello nato dai maschi. Abbiamo, di ciò in un documento. Viene, ragione ritenere che l’amore abbia da una parte: Susana, Paula, infatti, nominata Susana detta regnato sovrano per alcuni anni Elena e Felice; mentre dall’altra: Suor Nezza. prima che l’avidità si rendesse Colmano (padre Comodo), Complotti, intrighi, congiure, … complice e partecipe di questo Giovanni Andrea II, Giovanni la vita della nostra tranquilla città, così grande sentimento. Solo in Nicola, Capitan Carlo e, il figlio presto, ci sembrerà un ricordo apparenza. In verità si tratta della nato postumo, Girolamo. Un nome lontano. cessione, a favore della coppia e che conviene ricordarsi è quello Nel 1606, il non più giovane in completamento della dote, del

27 La città Mulino e delle terre sotto Villa nata Gravisi. Tutte e tre le famiglie dote porta anche parte del Molino de Cani (Dekani). Il notaio Pietro (Gravisi, Grisoni e Gavardo) della Bottazza. L’amicizia che lega Toffanis stila questo passaggio di hanno una lunga tradizione le famiglie Vergerio e Zarotti, va proprietà e la rinuncia dei fratelli come azzeccagarbugli, ma uno molto indietro nel tempo, si parla di Caterina (Ferdinando, Giovanni in particolare si distinguerà: dei tempi di Pier Paolo Vergerio, Battista, Giulio, Camillo, Francesco Grisoni. l’apostata. A renderli celebri fu Benvenuto, Dioniso) dei proventi Il testamento termina con la solita Giacomo Zarotti, probabilmente di questo molino tenuto da una formula, in cui l’usufruttuaria il cognato, che col suo testamento certa “Bottazza”. Le terre invece di tutti i beni è la consorte. I (21 giugno 1660) fondò un nuovo erano “tenute” da Luca Verzier e commissari del testamento sono il canonicato (presso il Capitolo per le quali paga d’affitto “stara reverendo padre Comodo Vergerio Giustinopolitano) ed accordò al due formento”. Si scopre che (il figlio), Ferdinando Gravisi e vescovo pro tempore il diritto c’è anche un campetto in Risano Piero Gavardo (il cognato). Come di elezione, con la condizione (Rižana), che confina con la ragion detto sopra, Gerolamo muore il 30 di dare la preferenza a sacerdoti di Francesco Borisi, altre grande settembre 1622. discendenti dalle famiglie casata Capodistriana. Negli anni a seguire, dal 1625 Gavardo, Zarotti, Grisoni e Alcuni giorni prima di morire, al 1632, l’attività principe della Vergerio. L’eletto canonico è Gerolamo fece testamento e, come “relitta” (vedova) Caterina fu di obbligato a portare il nome della da consuetudine, lega l’eredità organizzare matrimoni. Questi, si famiglia Zarotti alla celebrazione a una clausola. È il 25 settembre sa, costano e con 4 figlie … Lei quotidiana della Santa Messa. 1622 e Gerolamo (“giacendo in discende da una antica famiglia, il Per ogni figlia maritata, la dote letto sano per l’Iddio grazia della capostipite scongiurò il complotto data era, approssimativamente, Mente, senso, veder e intelletto ordito da alcuni padovani contro intorno a 1.500 Ducati. Oltre ai … sapendo non essere cosa più la Repubblica Veneta nella città contanti, ognuna ottiene, come da certa della morte e più incerta di Pirano. Questo comportò testamento, anche parte delle saline dell’ora di quella”…) ordina l’investitura del marchesato di e il magazzino in Piazza da Ponte, il suo testamento. Ciò che in Pietrapelosa. Erano anche, nel che va a Paula. Così il lignaggio precedenza fu chiaro, mi riferisco secolo XVII, signori della Torre femminile prospera, nascono figli al testamento del 1562, qui si di Padena; la stessa Torre, parte maschi, fondamentali per l’asse complica. Qui origina anche la della quale, Caterina portò come ereditario. nostra vicenda. dote. Gerolamo lasciò in eredità, a Non lasciandosi sopraffare dal A questo punto, i Grisoni sono ognuna delle sue figlie Ducati 500 dolore, oppure volendo reagire alla entrati in questa famiglia e della e Ducati 200 di mobili e stabili. seconda vedovanza, la “relitta” si quale, ne segneranno la sorte. Mentre, ai figli, lascia tutti i suoi attiva nella ricerca di capitali. È Questa antica, illustre e doviziosa possedimenti siti in Val d’Oltra. datato fine marzo 1623 un livello famiglia nobile della nostra città, è Tutti i campi, le vigne, i prati, i (affitto) con la città di Rovigno, fregiata del titolo di Conte, ma si è baredi a patto che, mancando la dove Caterina ottiene la rinuncia estinta in linea maschile nel 1841, discendenza maschile, il tutto su tutti i profitti, sia dei dazi sia dei con Francesco Grisoni (anche ritorni ai maschi in vita. Con un torchi, da parte del figlio Colmano se in verità lui ebbe un figlio, secondo vincolo: di non vendere, (padre Comodo). In seguito, vi Pompeo, il quale morì nel 1833). impegnare, permutare né affittare è una procura di Caterina per Che il matrimonio di Susana con ma che questi beni vadano sempre riscuotere il credito dalla famiglia un Grisoni non fosse una buona ai figli ed eredi maschi. Condizione Gaspari di Udine. Parliamo di idea, era opinione condivisa in perpetua. Nel caso in cui mancasse circa 240 Ducati. Ed ecco la prima famiglia. Questo anche per una proprio la discendenza maschile, data, che corrisponde al primo vecchia ruggine, risalente al secolo allora vuole che i discendenti esborso: il 15 marzo 1625 si sposa XVI. Mi riferisco ad Annibale delle sue figliole siano padroni Susana con Francesco Grisoni in Grisoni, dottore dei Sacri Canoni, dei predetti beni con condizione cui vi sono 700 Ducati di dote canonico della Cattedrale di di non poter “permutar gli stessi”. più cinquanta lasciati da Aurelio Capodistria, Inquisitore per la S. Gli stessi beni poi, in mancanza Vergerio. In più la madre della Fede nell’Istria (1523), nominato d’altro, possono essere “utilizzati sposa deve ancora completare la nel 1549 commissario per l’eretica come dote per maritar le figlie” dote con 1.500 Ducati e alcuni pravità, fu il principale persecutore … Più che risolvere, qui abbiamo “cavedini di saline della Valle del vescovo Pier Paolo Vergerio. la nascita della confusione. A d’Oltra”. Punto nodale della Queste le premesse, che già non ci decidere le sorti saranno gli vicenda. La seguono le sorelle, fanno ben sperare. avvocati, entrati a far parte della in ordine di nascita: Paula con “Fu egli spinto da un eccedente famiglia in circostanze diverse. Barnabà Brutti, nel 1626, ed Elena zelo di religione, e forse di Il Grisoni sposa la primogenita con Antonio Petronio nel 1632. passione, diventando il primario Susana, Giovanni Andrea II Ultima è la Felice che si sposa con persecutore del proprio vescovo, sposerà Gioia Gavardo e Caterina Nicolò Zarotti nel 1637 dove in l’apostata Pier Paolo? Quanto

28 La città ardito, e dannato fosse il trasporto cronaca di come si mantengono e si continuerà a sostenere le proprie del canonico Annibale basterà alimentano i fondi per continuare ragioni fino all’ultimo. Lotta giudicarlo dal fatto, che la questo tipo di ambizioni. che poi sarà consegnata alle domenica alla celebrazione della Dalla parte del lignaggio maschile generazioni future, ai nipoti conventuale, inveì predicando invece, non vi sono solo eventi Tommaso, Giovanni Andrea e contro il vescovo, ch’era pure piacevoli. Nel 1634 muore Lelio Contesini Ettoreo. in Capodistria, attribuendogli, Giovanni Nicola, il terzogenito, Dopo la morte di Caterina i rapporti perché eretico, i mali tutti e le a soli diciannove anni. Nel 1638 s’inasprirono. Giovanni Andrea disgrazie che soffriva il popolo è un anno di gioia, poiché si II (padre di Suor Nezza) morì nella sterilità dei raccolti, nella celebrano le nozze di Giovanni improvvisamente nel 1659, senza siccità, e nella mortalità degli Andrea II con Gioia Gavardo, del lasciare testamento. Caterina vergò animali, fatto sedizioso che fu Niccolò. Matrimonio molto il proprio nel 1668, ma non morì obbligò la pubblica autorità del importante, poiché è da qui che subito. Condivise le pene terrene principe a reprimerla.” si ha la discendenza dei Contesini con i propri figli ancora per quattro Ritornando alle ragioni che Ettoreo, e non solo. Da questo anni. Li lasciò alla veneranda – e alimenteranno questa lotta per matrimonio nascono due figlie: invidiabile per i tempi – età di aggiudicarsi l’asse ereditario, Franceschina che sposa Andrea ottantaquattro anni. Lasciò tutto, posso forse aggiungere la mania Contesini Ettoreo appunto, e poiché era usufruttuaria di tutti di grandezza che ha portato la Susana, forse monaca Nezza, i beni del defunto marito, ai soli famiglia Grisoni a investire sempre la quale da inizio alla lunga figli maschi. Alle proprie figlie più capitale a Daila. Francesco controversia. Nello stesso anno, un non lasciò che ricordi. Con la di Santo era ricchissimo, perciò mese più tardi, il ceppo maschile specifica che alla nipote Suor seguì l’esempio della nobiltà subisce un altro duro colpo: muore Nezza, dopo aver avuto i 300 veneta in fatto di migliorie agrarie Colmano, monaco Cassinese. Ducati (e tanti stabili in valore e edilizie. Il latifondo di Daila, Caterina dai suoi avi ereditò la caso mai mancassero contanti) immiserito dalla malaria, era praticità e l’arguzia. Volendo “non debba haver altro”. semi-incolto, i maggiori proventi ottemperare alle ultime volontà Le pretese di Suor Nezza erano l’affitto invernale delle terre del marito, ma non sapendo cominciarono proprio dopo il a pascolo, l’olio e l’esportazione come fare, scelse di affidarsi alla testamento, anzi, dopo la morte della legna da ardere. Volle farsi fortuna. Scelse la sorte, divise in della nonna Caterina, avvenuta una villa gentilizia, secondo i gusti parti uguali sia i beni terreni che nel 1672. Questa, infatti, non dell’epoca, sul posto delle antiche materiali; compilò tre bollettini aveva lasciato quasi nulla alle due e squarciate costruzioni. Esisteva e li mise in un capello. La posta nipoti. Fatto che fu inteso come il cosiddetto “castello di Daila”, era alta, molto desiderata erano la ingiusto, per porvi rimedio però, cioè un palazzotto-casa dominicale casa Vergeria e, naturalmente, i Suor Nezza cominciò una lunga – quadrangolare con quattro possedimenti in Valle d’Oltra. Fece contestazione per veder rispettate torrette agli angoli e feritoie sulla scegliere prima al più giovane, le proprie ragioni e i diritti circa cortina, racchiudente il capace quel figlio nato dopo la morte l’eredità del padre. cortile e la cisterna. Dal 1775, dell’amato marito: Girolamo. La disputa generazionale ruota intanto demolì alcune case rustiche Toccò poi a Carlo e infine, al attorno alla decisione del buon adiacenti e la vecchia chiesa di primogenito: Giovanni Andrea Giovanni Andrea I Vergerio San Giovanni. Fece costruire i due II. A tutti sembrò una buona (decisione espressa nel suo corpi di fabbrica laterali: la nuova idea, soprattutto alla discendenza testamento del 1562), che tutta la chiesa barocca (inaugurata nel maschile. Ciò che non andò in Valle d’Oltra restasse nella casa 1783), e, di fronte, l’alloggio del dote, fu equamente diviso. e famiglia dei Vergerio. Questa cappellano, del fattore, e via via, Le cose cominciano a complicarsi decisione abbastanza semplice i granai, il torchio, le cantine, i con la morte di Giovanni Andrea fu complicata dal testamento di magazzini, le scuderie, l’alloggio II, padre di Suor Nezza. Siamo Gerolamo Vergerio (erede di dei famigliari. I trambusti politici nel 1659 e, purtroppo, non fece maggioranza del lascito dello e la morte precoce impedirono in tempo a redigere il testamento. zio Giovanni Andrea I). Voleva a Francesco di Santo Grisoni di “In mancanza di figli maschi il che tutti, figli e figlie, avessero completare il progetto. Toccò tutto vada equamente distribuito qualcosa. Morto il primogenito al figlio, conte Francesco. Sul alle figlie femmine”; vi è però una nel 1659 (Giovanni Andrea II luogo del castello innalzò la postilla: per far si che la Val d’Oltra ereditò la primogenitura dopo villa-palazzo, verso l’anno 1830. rimanga in famiglia, si cerca di la morte di Colmano – padre Purtroppo non si è conservato non dividere il possedimento Comodo, deceduto nel 1638), il nulla delle testimonianze che tra i vari famigliari. Per le figlie secondogenito Giovanni Nicola accompagnarono per secoli le vale la regola di ottenere beni in morì nel lontano 1634, gli unici precedenti costruzioni. Abbiamo proporzione al valore dei terreni. rimasti in vita erano Carlo e però, e la stiamo ricostruendo, una Suor Nezza (cioè Susana Vergerio Girolamo. Così, in base alla storia parallela, in altre parole la Gavardo) sarà estromessa e sentenza del 3 novembre 1672 e

29 La città in base ai mandati per il possesso Nel 1673 sembra che la vicenda 1688, segue un’“apprensione (del 29.5 e 14.7. 1672), tale sia conclusa. Susana ottiene esecutiva” con cui si pone la patrimonio andò proprio ai fratelli quanto chiesto, compreso un parola “fine” alla faccenda. Le è sopravissuti alla sorte: Carlo e terzo della casa Vergeria e una riconosciuto, in toto, ciò che fu Girolamo. Essendo morto senza piccola rendita da pagarsi in dieci già sentenziato e deliberato anni testamento il padre di Suor Nezza, anni. Ben presto le circostanze prima. Giovanni Andrea II, essa tenta di sarebbero cambiate. A questo punto però, bisogna appellarsi alle ragioni contenute Nei primi giorni del mese di luglio ricordarsi del ramo “femminile” nella divisione dei possedimenti 1676, zio Carlo detta le sue ultime della genealogia, il quale ebbe fatta da Caterina nel 1641. Si volontà. Cosa mai potrà cambiare figli maschi. Ci ritorna allora doveva, infatti, dividere tutti i per una delle discendenti del utile consultare le ultime volontà possedimenti, anzi, la Val d’Oltra ceppo maschile, nulla? Oppure dell’ultimo Vergerio maschio, in eque parti tra i tre fratelli. tutto? Capitan Carlo designa come Girolamo, testamento scritto Morendo Giovanni Andrea II, eredi il fratello Girolamo e i figli nel dicembre del 1678. Dottore il maggiore dei tre ancora in maschi legittimi. Come al solito, a Padova, non ebbe figli, però vita, e senza figli maschi, la sua in mancanza di questi tutto vada decise di adottarne uno. Non solo, eredità spettava di diritto a Suor alle figlie; mancando la prole, decise anche che tutto ciò che Nezza. La condizione espressa ed è qui che abbiamo il primo ereditò, come ultimo discendente nel testamento prevedeva anche grande colpo di scena, l’eredità va maschio, trascorsi 20 anni i casi in cui a uno dei figli non alle sorelle Paula (la primogenita dalla sua morte, vada tutto alla nascono eredi maschi - ma anche Susana è già passata a miglior primogenitura! Sono passati meno un eventuale decesso- in questo vita), Elena e Felice! Ovvero, di due anni dall’accordo stipulato caso la porzione del parente al ceppo femminile. E non solo, e che chiuse questa lunga disputa deceduto senza figli maschi, deve morte loro, tutto va agli eredi avuta con Suor Nezza (unica ritornare ai viventi. Alle eredi maschi di Susana, Paula Elena e erede, insieme alla sorella, del vada, invece, “egual porzione di Felice, cioè alle casate Grisoni, ramo maschile). Da buon genitore eredità espressa però in valore, Brutti, Petronio e Zarotti in “egual pensò al futuro del proprio figlio, non in terreni”. Non avendo porzione”. desiderava assicurargli almeno alcun testamento, Suor Nezza si Sembra che tutto debba essere alcuni decenni di vita agiata. appellava anche alla bontà degli nuovamente messo in discussione. Lo avrebbero aiutato a crescere zii, poiché i proventi dei coloni Così non é. Forse, non ne ho la alcuni amici, con il prezioso aiuto siti nelle saline, sono per lei unico certezza assoluta, forse Suor Nezza di Valerio Vergerio. Con questa sostentamento. Toltole ciò, non non era a conoscenza di queste indicazione, abbiamo la conferma le rimarrebbe di che mantenersi, particolari clausole testamentarie, dell’esistenza, poiché confermata essendosi la sorella maggiore e magari del testamento in dal testatore, di un ramo Vergerio maritata con Andrea Contesini particolare. anche a Verona. Quest’ultimo è Ettoreo, lei doveva provvedere Ennesima sorpresa, alcuni stato incluso nel testamento, a da sola al proprio mantenimento, mesi dopo le ultime volontà di patto però che si trasferisca, con oppure a non perdere la dote per la Carlo, lo zio Girolamo propone la famiglia tutta, a Capodistria. monacatura. A questa sua disperata un accordo di transazione dei Cosa che non fece. Essendo e accorata richiesta risponde lo beni a favore di Suor Nezza. Si il ramo maschile dei Vergerio zio, il capitano Carlo, il quale le tratta della conferma di tutte le morto, cioè, essendoci solo cede alcuni terreni. Questo dono spettanze dovutele. Non ci sono discendenti di genere femminile, nasconde un inganno. I terreni altre notizie intorno a questo Franceschina e Susana – Suor in questione sono un campo in fatto, si potrebbe supporre un Nezza, volendo forse rispettare Villa san Piero (Sveti Peter) e uno tentato riappacificamento prima le volontà del padre, prese una a Carcase (Krkavče) nonché un di incontrare gli avi? Oppure lo decisione che diede una nuova campetto nel distretto della città. zio, dopo il rifiuto dei Vergerio di svolta a tutta la faccenda. Decise A ben guardare però, si scoprì che Verona a trasferirsi a Capodistria, che, la scelta della primogenitura questi fondi erano carichi di tasse cercava una madre surrogata spettasse al destino! Proponendo arretrate. Nuovamente senza soldi, del figlio adottivo? Peccato per il gioco fatto dalla madre, scrisse Suor Nezza coraggiosamente Suor Nezza che questo figlio sopra tre fogli, i tre cognomi impugnò l’ennesima sentenza morirà molto presto, nel 1678. più importanti: Grisoni, Brutti e e chiese una perizia sui beni in Fatto sta che firmano, accettano Petronio, ossia le sorelle maritate. Val d’Oltra, poiché in base al e fanno si che la discussione Omise Zarotti, forse perché non si testamento del bis nonno questi finisca amichevolmente. Senza hanno notizie di nascite da quel le appartenevano; ma anche in trabocchetti o tranelli, Suor Nezza nucleo famigliare. Il primo estratto base alla divisione di Caterina finalmente può dirsi soddisfatta. sarà quello che determinerà, dopo nel 1641. Per far si che il tutto Per lunghi anni ha cercato giustizia che saranno trascorsi i venti sia imparziale, richiede un terzo e ora, finalmente, l’ha ottenuta. La anni, il diritto alla primogenitura perito. sentenza diventa legge, nel marzo e, di conseguenza, ad avere

30 La città tutto. Nominò poi i commissari: immobili) come riconoscimento maggiormente strusciar detta Santo Grisoni, Antonio Brutti e per aver maritato le figliole. povera signora, ch’è pure dello Francesco Petronio (i nipoti, figli Detrazioni che diminuiscono stesso sangue, e acquietino a delle sue sorelle). di molto ciò che sembrava giudizi già seguiti a di lei favore, La situazione di Suor Nezza appartenere a Suor Nezza. IL nove rinunciando all’appello, onde è, un’altra volta, gravemente marzo 1689 compare, per la prima possa la medesima ottenere ciò che compromessa. Ex novo dovrà volta, il nome di Alvise Contesini, le spetta di diritto”. Parole dure dimostrare la legalità e la il quale sostituisce la prozia, suor e sincere che forse colpiscono e legittimità della sua eredità poiché Nezza. Un utile fonte per capire smuovono i sentimenti degli’avidi i tre nipoti si appellano e chiedono l’entità di questo lascito, sono cugini. Sembra proprio di sì. di rivalutare il punto del testamento i vari conteggi fatti dalle due L’atto seguente è un testamento, della nonna Caterina in cui la parti. Conti che, naturalmente, si tratta delle ultime volontà di precedenza dell’asse ereditario differiscono non di poco. Suor Nezza. Sono passati ben spetta ai soli figli maschi. Forti di Il litigio sembra non aver fine, diciassette anni senza litigi o ciò, cominciano una nuova serie poiché il Podestà continuò a dar comunicazioni bellicose. Circa sei di udienze e appelli. ragione a Suor Nezza, i nipoti mesi più tardi, anche Suor Nezza Un primo durissimo colpo alle continuarono nell’insistere. cessa di vivere. Stanca e affaticata certezze di Susana è la conversione L’ultimo documento, infatti, da anni di lotte, si spegne la sera in legge del punto del testamento quello datato 12 marzo 1689, del ventisette giugno 1709. di Caterina dove, come detto addirittura “licenzia” gli avversari Non si sa bene perché, ma l’anno sopra, si da precedenza ai figli dalla detrazione della dote della 1715 è l’anno in cui la lotta si maschi. nonna (si tratta di 3.500 Ducati). riaccende. Vi è l’”Assunzione Quasi ogni mese del 1688 è L’aver un avvocato in famiglia in giudizio” degli eredi di Suor rappresentato o da una scrittura dei significa poter portare avanti una Nezza. Anzi, è Andrea (in verità Commissari testamentari o da una causa persa. I Grisoni non si sono il suo nome completo è Giovanni risposta di Susana. Vi è un fluire fermati di fronte a nulla. Piovono Andrea, ma potrebbe generare di ricorsi e appelli. Se Gabriel appelli sino al 1690, almeno confusione, si è deciso di usare Venier, podestà di Capodistria sino a luglio di quell’anno. Suor solo il secondo nome) Contesini il 17 luglio intima ai cugini di Nezza, infatti, dopo “sessantotto Ettoreo che ricomincia tutto consegnare l’eredità; il 22 luglio anni di sospiri e dopo nuove d’accapo; come procuratore i cugini rispondono asserendo dilazioni concesse ai cugini circa e in nome di Tommaso, Lelio che, “gli atti che comprovano la i pagamenti inerenti l’eredità, e Arciprete - i suoi fratelli - e legittimità di Suor Nezza, sono per assicurarsi la quiete dopo un in nome di Giovanni Tarsia disordinati e impropri, ecco così costoso raggiro”, chiede la (consorte della sorella Angela), perché si ritiene indispensabile sospensione della vertenza con Domenico Belgramoni (consorte impostare una nuova causa”. un accordo. La parte avversa non della sorella Gioia) e di Giacomo L’alternativa è rappresentata dal accetta, anzi, rincara e rende ancor Tarsia (consorte della sorella “taglio” (eliminazione) degli atti più amaro il tutto, affermando che Chiara). E qui scopriamo perché datati 17 e 23 marzo. Guarda caso, è Suor Nezza che indebitamente il tutto ricomincia. Le spettanze proprio quelli che confermano insiste nel voler quello che non dovute a Suor Nezza, non sono e concedono a Suor Nezza un è giusto e che non le spetta. mai state liquidate! I Grisoni non terzo della casa. Il secondo atto Considerano l’ultima scrittura hanno mai adempiuto a ciò che la è rappresentato dal ricorso contro piena d’inutili e vane espressioni, legge ha imposto: saldare l’eredità quella transazione fatta dallo zio “onde alla medesima si protesta Vergerio. nel 1676. Mentre si può ritenere di nullità”. Il contenzioso L’origine della casata Contesini un gesto furbo quest’ammissione continua. Inutilmente Suor Nezza Ettoreo si ritiene sia molto lontana, parziale, in altre parole: le protesta contro le “vane, inutili risalente ai tempi delle lotte tra concedono un terzo dell’eredità, e artificiose espressioni fatte guelfi e ghibellini. Proprio nel dalla quale però vanno detratte nell’ultima scrittura prodotta”. tempo delle fazioni pro papato o diverse spese, ma soprattutto, Soprattutto quelle concernenti la pro imperatore, questa famiglia mettono in discussione la dote seconda parte del punto quattro: la trovò un pacifico e sicuro asilo della nonna Caterina. Questo detrazione della dote della nonna nella città di Portogruaro. Nel punto diventerà il nuovo centro Caterina. 1550 un discendente si trasferì a della discussione. La dote della Suor Nezza è stanca e stufa. I Isola d’Istria (Izola), dove morì nonna, doveva rimanere separata cugini, capeggiati dall’avvocato nel 1610, lasciando una numerosa dai beni del marito, oppure doveva Francesco Grisoni, non mostrano prole avuta da tre mogli, l’ultima sommarsi? Se diventava parte segni di cedimento. Commuove delle quali fu una de’ Moratti. La del lascito, allora, l’un terzo di l’ultima riga dell’ennesimo loro posizione crebbe con l’eredità tutto comprendeva anche i campi documento scritto da Suor Nezza: fatta nel 1665, quando si estinse la in Risano, campo in Sermino, “cessino, dunque, i signori eredi famiglia Ettoreo. Ciò risulterebbe ottocento ducati (controvalore in e commissari testamentari di anche dal contratto di matrimonio

31 La città stipulato nel 1711 fra il nobile parte dell’eredità del bis nonno, ma zia. Sono definiti “chimerizzati” e Giacomo Tarsia da Capodistria i Grisoni contestano la legittimità la loro costanza è reputata come e la nobile Chiara Contesini- del passaggio della dote della bis un “ostinato stancheggio”. I Ettoreo. Come da stemma allegato nonna all’asse ereditario. Si tratta Contesini Ettoreo rispondono con … I Tarsia, invece, famiglia di quei famosi 3.500 Ducati, più le un garbato “artifici mendicati” importantissima in quanto diede Saline di Sermino, i possedimenti dalla disperazione e confermano i alla Repubblica Veneta due in Valle d’Oltra, il Mulino, il propri calcoli, come aderenti alla dragomanni e undici capitani, magazzino in piazza da Ponte e la realtà. nonché venti sindaci alla comunità casa. Un ammontare considerevole, Suppongo, vista la Capodistriana. Questo poteva forse che poteva cambiare le sorti e gli documentazione, che quest’ultima favorire questa contesa? Poteva equilibri, non solo di queste due asserzione abbia scatenato le forse il ceppo femminile contare famiglie, ma della città tutta. ire di Francesco Grisoni. Segue sulla fortuna generata da una Nel settembre del 1715, un foglio una convulsa e frenetica ricerca serie favorevole di circostanze/ appare solitario su un muro. Quasi di documenti comprovanti le matrimoni? Due sorelle che si a non dover essere visto. Di solito, varie proprietà nonché crediti, sposano con due fratelli Tarsia. La lanciamo una stanca occhiata agli debiti riscossi, “livelli” (affitti) sorella di mezzo, invece, si sposa avvisi così posti. Ma questo è e contratti. Avvocato di grande con Domenico Belgramoni. Altra diverso. Si tratta di un richiamo arguzia, aiutandosi un po’ con importantissima e antichissima di comparizione per appellarsi la propria posizione, Francesco famiglia nobile Capodistriana, a una decisione, entro il termine ottiene molto. L’asse ereditario e si spera, molto influente. Per di otto giorni. Infatti, non è stato è ridiscusso: i possedimenti di palesare i legami tra tutte queste notato. Francesco Grisoni, grazie Valle d’Oltra vanno ammessi per famiglie, diamo notizia delle varie a questo ingannevole espediente il loro intero valore; anche la parentele, in modo superficiale: si è assicurato il passaggio della torre portata in dote da Caterina Vergerio appunto, Gavardo, Brutti, dote di Caterina al proprio asse riappare come sostanza da Tarsia, Contesini e, in un ramo del ereditario! Possono continuare i dividersi; così anche i crediti fatti nostro albero molto recente, anche cugini a fare i conti, ma i giochi al tempo in cui il bis nonno era Verzi e Morosini. sono ormai chiusi. Se questa ancora vivo e riscossi dalla moglie Questa contesa ormai è diventata sentenza diventa legge, il ceppo dopo la sua morte; bisogna rifare una disputa generazionale che femminile della famiglia Vergerio, l’inventario dei mobili e questi, coinvolge tutta la città. È la vera non può più pretendere nulla. poi, vanno decurtati dal credito eredità che la zia ha lasciato ai Convinto di essere nel giusto, spettante a Suor Nezza. Gli eredi nipoti. Almeno dalla parte dei Francesco Grisoni ripercorre le Contesini Ettoreo ottengono solo Vergerio. In questi anni, mentre il tappe della vicenda e afferma che la ritrattazione della dote, che casato Grisoni è impegnato a Daila, Suor Nezza si è impossessata dei a questo punto è ridotta circa abbiamo qui il rappresentante beni, dal valore di un terzo, in 800 ducati. Dalla stessa sono del ceppo femminile della maggior quantità rispetto a quello state tolte le somme date in dote discendenza Vergerio, Francesco che le competeva. Non solo, nel alle figlie … Non pago di una Grisoni. L’ennesimo. In questa 1690 ha esteso le sue ingiuste vittoria così importante, forse famiglia vi son due nomi comuni spettanze sopra i beni dotali di sempre sentendosi dalla parte e che si ripresentano ciclicamente: Caterina Vergerio, della quale del giusto, Francesco impone un Santo e Francesco. Quando non non era erede. E ora, i “coraggiosi altro controllo: quello delle spese compare un Santo di Francesco, successori della medesima, sostenute dalla bis nonna dopo la abbiamo Francesco di Santo. A suscitano dopo lungo tratto di morte del consorte. Non ha omesso noi basta sapere che nell’anno tempo la derelitta e ingiusta nemmeno le spese sostenute per il 1715, quando il podestà era un pretesa. Non può servirgli di alcun dottorato di Girolamo Vergerio. certo Marco Magno, al foro di appoggio il fallace e illusorio Ovvero, rimette in discussione, Capodistria vi era l’avvocato calcolo prodotto”. Soprattutto in sostanza, tutte le sentenze Francesco Grisoni. Accanto a dopo che la sentenza, circa la vinte da Suor Nezza! Prima che questo incarico, ricopriva anche dote di Caterina, è divenuta legge. si potessero organizzare con una la carica di sindaco della nostra Stando così le cose, “gli avversari nuova causa o linea difensiva, la città. cesseranno le nuove e ingiuste sentenza diventa legge, grazie alla In previsione di un contenzioso contese, altrimenti seguirà decisione del Podestà Francesco molto difficile, che durava già l’appello alla sentenza del 1690 in Battaglia. E i giochi sembrano da circa sessantacinque anni, i tutti i suoi punti”, non solo quelli chiusi per sempre. Scavando fra Contesini Ettoreo fornirono un riguardanti il terzo dell’eredità. le vecchie carte, forse si sarà esatto calcolo e stima di tutto Considerati stravaganti, agli occhi ricordato anche di un’altra cosa: il patrimonio del bis nonno, dei Grisoni, gli atti e i calcoli sua nonna, quella Susana che Girolamo Vergerio. Qui la disputa forniti e volutamente intesi come sposò Francesco Grisoni nel assume un tono nuovo: non si una disperata continuazione delle lontano 1676, era la primogenita contesta semplicemente la terza intenzioni che furono già della loro di Gerolamo. Questo gli diede

32 La città una nuova idea per una nuova marchesi Gravisi, conti Tarsia ma sembrava solo una semplice accusa linea d’appello. Significa che in anche con i Vergerio. E in fine nei confronti della già stremata base alla clausola contenuta nel troviamo anche un Alessandrone suor Nezza emanata dal solito testamento di Giovanni Andrea Gavardo (a distinzione causa Grisoni. Queste poche parole, I, stilato nel 1562, la linea di continua ripetizione di questo press’a poco, erano queste: “la discendenza con priorità è quella nome nei vari rami) giureconsulto somma degli averi dovrebbe essere con prole di genere maschile. Si nelle materie criminali ed questa, tolto ciò che è stato celato”. prospetta un nuovo appello. eloquente oratore. Ritiratosi a Cosa mai poteva nascondere la Purtroppo, la documentazione per Sanvincenti, dopo esserne stato, povera suor Nezza? Riavvolgiamo i seguenti due anni, è lacunosa. per anni capitano e giudice e in i fogli e, nel conteggio dei mobili Non vi sono notizie. Compare solo seguito anche a Venezia; dove, ereditati da Suor Nezza troviamo un giuramento di un certo Alvise però lo troviamo a convivere con la seguente descrizione: un forcier Orsini come difensore della causa i fratelli Morosini, i di lui cugini. coperto di pelle. Apparentemente Contesini Ettoreo contro Grisoni; Questo fatto diventa importante nulla da aggiungere. Guardando a seguito della morte fratelli. quando leggiamo il testamento con sospetto i conteggi fatti In una giornata qualsiasi, nel dell’Alessandrone; vediamo, dagli eredi, I Contesini Ettoreo, mese di maggio, Muore Marianna infatti, che lascia, in via di legati, vediamo che dalla somma totale Contesini Ettoreo; la pro pro nipote ai tre fratelli Morosini, tutti le di del capitale sono spariti circa 850 di Gerolamo e Caterina Gravisi. lui facoltà esistenti nelle Province ducati e il forcier non appare più La data? L’anno? Siamo nel 1780. di Venezia, Padova, Treviso e … Appare però questo foglietto Sono passati due secoli, e la lunga Capodistria. Compare la famiglia con una nota, scritta da Pietro faida non ha ancora termine. Morosini, la stessa che entrerà Gavardo (zio di parte materna di Segna solo l’ultima vittima, ma nella genealogia del Vergerio Suor Nezza), in cui elenca i danari non in seguito a congiure, ma per matrimonio nell’ultimo ramo che si trovano nello scrigno: di vecchiaia! Questa è l’ultima descritto nel libro. zecchini, ongari, ducati d’oro e notizia che il libro ci consegna. L’importanza di questo legame scudi d’argento, ducati veneziani Non la fine della vicenda, ma risiede anche nelle vicende della con un sacchetto di moneta l’ultimo decesso. famiglia Gavardo, la quale, nel grossa e uno di moneta diversa. Marianna era l’ultima dei tre figli corso dei secoli, ebbe a soffrire Un capitale di lire 5.312, ovvero di Tommaso, già nipote di quella anche difficoltà materiali, infatti, danari 856 Lire 4 e 16 quarti. Ed Susana Gavardo – Suor Nezza - che nel 1655 è concesso agli eredi, è proprio la somma che entrambe alla lotta dette inizio. La famiglia “per meriti e per la qualità le famiglie si contestavano, anzi, Gavardo entra a far parte di quella di quest’antico casato che tra le molte cose, si accusavano a dei Vergerio, tramite matrimonio. possono annoverarsi tra i più vicenda di aver occultato. Nel 1638 Giovanni Andrea sposa ragguardevoli, sei ducati il mese”. Se sapessimo, con assoluta Gioia Gavardo, del fu Nicolò. Essendosi trovati i supersiti in certezza che Suor Nezza fu Questa nobile e illustre famiglia tristi condizioni, si decreta di davvero suora e in quale ebbe le signorie di S. Pietro o accordar loro un aiuto, in modo convento dedicò la sua vita e le Carcase (Krkavče) nel 1210 che possano dedicarsi con più sue preghiere al Signore, forse dal Patriarca Volchero (questa zelo al servizio della Repubblica. potremmo anche noi ringraziarla signoria passò in seguito ai Vittori, Forse sono proprio queste precarie di qualcosa? altra famiglia imparentata), di condizioni che inducono la Suor Merischie (Merišče) con Oscursus Nezza (figlia di Giovanni Andrea (Skorušica) dal secolo XV al II Vergerio e di Gioia Gavardo) 1828, di Castelnuovo del Carso a impugnare il testamento del (Podgrad) dal 1463 (che nel 1521 bis nonno Giovanni Andrea I passò all’Austria). Nel secolo XVII Vergerio. Quello in cui tutte le i Gavardo possedevano anche le proprietà vadano, in mancanza di ville di e Laura (Labor). figli maschi, equamente distribuite Questa stirpe gloriosa diede molti alle figlie femmine. e illustri guerrieri e letterati. Un Prima di chiudersi la copertina Gavardo era nel 1454 Vicedomio ci lascia un ultimo segreto: un del Comune di Capodistria, foglietto con alcune note. Ho un’alleanza molto importante. visionato circa 120 documenti, Questa celebre famiglia si divise tra sentenze e verdetti. Un po’ in nel XIV secolo in due rami: il latino e un po’ in lingua italiana primo si estinse nel secolo XIX settecentesca. A un certo punto, con la nascita di due figlie; un molte cose sono state omesse, ma secondo è tuttora fiorente a Trieste. una riga con un tono maligno, più Contrassero parentela con i conti delle altre, mi è rimasta impressa. Tacco, conti Bruti, conti Borisi, Non le ho dato bado, perché mi Stemma dei Vergerio-disegno di A. Cherini.

33 La città La CI di Crevatini a San Ginesio

E’ proprio in questo paese, sorto a cavallo tra il X el l’XI secolo sul colle Esculano nelle Marche, che la Comunita’ degli Italiani di Crevatini ha, nel fine settimana di ferragosto, organizzato una visita alla scoperta delle bellezze, uniche, che questo borgo e alcuni altri paesi limitrofi offrono.

Assieme alle altre attrative come l’Ospedale dei pellegrini di San Paolo, il teatro Giacomo Leopardi e la Pinacoteca Scipione Gentili, troviamo la Chiesa degli Agostiniani, frequentata da San Nicola da Tolentino, nella quale e’ conservato uno dei quattro organi piu’ antichi d’Europa ( 1530). Posso definire, senza dubbio, questo paese come La panoramica comincia proprio con la visita di San piccolo gioiello di storia e cultura. Ginesio, borgo caratterizzato, nella costruzione dei propri edifici medievali, dal giallo oro della pietra arenaria che grazie allo sfondo dei monti Sibillini propone uno spettacolo unico. Il passato forte di questo insediamento si riconosce immediatamente appena se ne intravede l’entrata attraverso Porta Picena, una delle entrate che assieme alle mura del castello, erano in passato indispensabili alla difesa dagli attacchi dei popoli vicini.

San Ginesio e’ stato la nostra casa per questo breve periodo di permanenza, durante il quale la comitiva ha visitato altri punti di interesse nei comuni limitrofi. Di particolare rilievo ricorderemo la visita, nel comune di Tolentino, alla Basilica di San Nicola da Tolentino.

Risalendo dalla parte bassa, verso la piazza centrale, si presenta la seconda immagine caratterizzante il paese. Si tratta della Collegiata,ovvero la chiesa principale risalente al 1098, la cui facciata si accende di rosso al tramonto. In questo scenario troviamo una presenza che tiene sempre compagnia ai Sanginesini. E’ la statua di Alberico Gentili, in ricordo del figlio piu’ famoso di San Ginesio, autore questo del primo trattato sistematico del »diritto delle genti«, base per la nascita del moderno diritto internazionale.

34 La città Di origine tardoduecentesca in stile gotico a navata unica, caratterizzata dal soffitto ligneo a lacunari cassettonati, il cui riflesso aureo rende unica la suggestione. Basilica che tra le altre particolarita’ ospita Il museo degli Ex Voto il quale raccoglie 378 tavolette votive, di cui alcune della fine del Quattrocento, che testimoniano la devozione per San Nicola. Inoltre il museo del Presepio artistico presenta una raccolta proveniente da ogni parte del mondo e attraverso varie ambientazioni ripercorre gli episodi più importanti del Vangelo.

Altro sito di interesse, sempre nel comune di Tolentino e’ stato il Castello della Rancia ( dal francese “grange” ovvero fienile, in quanto veniva utilizzata dai monaci cistercensi come deposito di derrate alimentari). Si tratta di un castello, di forma quadrangolare, composto da una dimorarono nelle stanze che oggi sono aperte al pubblico cinta merlata. Famoso per la battaglia della Rancia del pur essendo sempre di proprieta’ della casata Pallotta. 1815 fra l’esercito austriaco comandato dal generale Bianchi e Gioacchino Murat, re di Napoli, che tentava di Stanze nelle quali gli arredi e ogni altro dettaglio, sono unificare l’Italia. collocati nel proprio contesto originale. Con questo ultimo ricordo concludo questa breve e incompleta descrizione delle attrattive di queste terre, volendo rimandare il seguito, magari, ad una successiva visita. E’ di dovere ringraziare il Comune di San Ginesio per l’accoglienza, nella persona della cittadinanza e nella persona del Sindaco e dei Consiglieri che hanno voluto, alla fine della nostra permanenza, salutarci personalmente con l’augurio di rivederci in un futuro non molto lontano. Roberto Bonifacio

Avvenimento che fu definito da molti la prima battaglia per l’indipendenza italiana. Come ultimo punto di questo breve diario voglio ricordare il comune di Caldarola e precisamente la visita del Castello Pallotta. Modificato verso la fine del ‘500 quando il Cardinale Evangelista Pallotta volle trasformarlo in modo da adibirlo a propria residenza estiva. Questo al fine di testimoniare il prestigio del casato e i legami con la curia romana ed il mondo artistico. Ospiti importanti come il pontefice Clemente VIII e la regina Cristina di Svezia

Crevatini ha ospitato la 39.ma edizione del Festival della Canzone per l'infanzia »Voci Nostre«. Ha vinto il trio di Verteneglio composto da Erika Paoletić, Elica Starčević e Petra Grace Zoppolato (Foto Belvedere).

35 La città BERTOCCHI: VIII INCONTRO DELLE TRE REGIONI

Anche quest’anno la CI di Bertocchi ha organizzato, nel mese di novembre, l’Incontro delle tre regioni, giunto ormai all’ottava edizione. Questa manifestazione è nata col desiderio di unire realtà artistiche sia della minoranze sia della maggioranza, provenienti dalla Slovenia, dall’Italia e dalla Croazia.

CI Castelvenere “La Porporela” ha proposto pezzi della tradizione popolare istriana. Il gruppo che si è esibito successivamente è stata l’Associazione giovanile, creativa e culturale Sveti Anton, fondata nel 2009 nell’ambito della parrocchia di Il Focolare – Trieste S. Antonio. Il gruppo, composto da giovani, ha proposto un divertente sketch intitolato “Šjora Karlina”, scritto da Come tutti gli anni, ha preso parte all’evento il Coro Nelda Štok Vojska nel dialetto di Maresego. Il testo è Brnistra-Ginestra, patrocinato proprio dalla CI di stato adattato dai membri del gruppo alla parlata del loro Bertocchi. Il coro ha proposto sia canti italiani sia paese. sloveni. Il coro è stato diretto da Eliana Humar la quale, L’ultimo a salire sul palco è stato l’Ensemble Vocale al momento, sostituisce Marko Kocjančič, dirigente del femminile “Il Focolare” di Trieste, nato nel 2000. Il coro coro fin dalla sua nascita. è diretto, fin dal suo inizio, da Giampaolo Sion. Il coro La CI di Bertocchi ha avuto il piacere di ospitare, per ha proposto, con successo, un repertorio di pezzi triestini, la prima volta, anche la filodrammatica della CI di friulani ed italiani. Castelvenere. Il gruppo, composto da membri dai 10 ai Anche quest’anno l’evento ha attirato un gran numero di 50 anni, ha proposto un divertentissimo sketch intitolato persone che hanno seguito con entusiasmo le esibizioni “Una giornada quasi normale”, scritto e diretto dalla artistiche dei vari gruppi, quattro dei quali hanno varcato mentore della filodrammatica, Tamara Tomasich. il palco di Bertocchi per la prima volta. Un invito a tutti i Si è esibito per la prima volta sul palco di Bertocchi, anche lettori a venire alla nona edizione dell’evento il prossimo il gruppo di canto spontaneo popolare “La Porporela” che anno, sperando che sarà anche questa un successo. opera in ambito della CI Santorio Santorio di Capodistria.

MKUD Sveti Anton

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In collaborazione tra la »Vergerio« e la CI è stato avviato un corso di cucina per alunni Capodistria al Concorso Istria Nobilissima 2010. delle elementari. Nella foto Mariella Zanco Tavernise Primo premio: Manuel Šavron (foto) per »Esecuzione prepara dei biscotti. vocale o strumentale«. Secondi premi: Valentina Vatovec nella categoria »Poesia-giovani« con la raccolta »Vari«, Peter Lešnik nella sezione »Saggi di argomento letterario« per »Platee trionfanti e palcoscenici roventi«. Menzioni onorevoli: Claudio Geissa nella sezione »Poesia in lingua italiana« per la silloge »In smemoriam«, Edda Viler nella sezione »Video e televisione« per il lavoro »Mentine«. Premi giornalistici: Elio Radeticchio di Tv Capodistria, e la Redazione italiana di Radio Capodistria.

Foto Primožič-FPA

Il 29 ottobre è stato inaugurato il nuovo stadio di Capodistria. Munito di impianto di illuminazione, il complesso ha acquisito gradinate con 4190 posti a sedere di cui 3000 al coperto.

»Capodistria in immagini, storie e musica« è un progetto multimediale sostenuto dalla CI. Musiche di Marino Kranjac e Dario Marušić, lettura di Alberto Cernaz e Kristina Menih. Un'ora di programma al ridotto del teatro comunale con la lettura di brani sulla storia, la pesca, l'agricoltura, i personaggi e le tradizioni della nostra città. Intercalate da brani suonati Il 27 ottobre si è svolta l’Assemblea dell’Associazione di dal vivo e corredate da immagini proiettate, sono state amicizia fra gli abitanti delle regioni confinanti. Nella interpretate liriche di Edda Vergerio, Gavardo, Cherini, foto alcuni dei partecipanti – rappresentanti di varie Manzini, Muzio e un brano tratto dal »Sileno« di sigle sindacali slovene e italiane – in Piassal de Derin. Girolamo Vida.

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Compie dieci anni il Gruppo lavori creativi, guidato Primo dicembre. Concerto in Comunità della blues band da Biserka Forlani. Tecniche usate: patchwork senza »Mississipi heat« di Chicago, organizzato e trasmesso ago, decupage e fiori di vari materiali. Attualmente è in diretta dai programmi italiano e sloveno di Radio frequentato da nove membri. Ogni venerdì alle 17.30. Koper-Capodistria.

Presso la sezione italiana della Biblioteca civica è stato Il 30 novembre è stata inaugurata la 26° edizione della presentato il volume »Le perle del nostro dialetto«. Fiera del Libro di Lubiana, che quest’anno ha visto per Nella foto, gli autori Marino Bonifacio e Ondina Lusa, la seconda volta la partecipazione del Centro Italiano con l'illustratrice Fulvia Zudič. “Carlo Combi” di Capodistria nel ruolo di promotore di pubblicazioni in lingua italiana, bilingui e plurilingui. L’esposizione è stata realizzata in collaborazione con la Libreria Libris di Capodistria e col supporto finaziario del Ministero della cultura della Repubblica di Slovenia. Oltre allo stand nello Cankarjev dom (nella foto, con la capo programma Roberta Vincoletto), il »Combi« ha organizzato anche una manifestazione collaterale: il 2 dicembre il prof. Salvator Žitko ha presentato il documentario sulla Prima Esposizione provinciale istriana. Per l'occasione è stata allestita anche un'escursione per 50 allievi dei Ginnasi »Carli« di Capodistria e »Sema« di Pirano, con tappe al Parlamento e alla Fiera del libro.

Otto secoli fa nasceva il Beato Monaldo da Capodistria, insigne giurista francescano, che la CI, assieme al Convento di S. Anna e la Biblioteca centrale nonchè la parrocchia triestina di S. Maria Maggiore, intendono ricordare con una serie di iniziative. Nella foto il portale della chiesa conventuale di S.Anna.

38 La città Il CD de La Porporela Il gruppo di canto spontaneo La Porporela opera da ormai qualche anno con immutato impegno nell’ambito dei gruppi amatoriali della Comunità degli italiani »Santorio Santorio« di Capodistria. Al nucleo storico dei componenti è venuto a mancare proprio il promotore e fondatore di tale progetto, il presidente della Comunità Lino Cernaz, ancora presente durante le registrazioni. Il gruppo La Porporela, unito da un legame comunitario e generazionale che vab en oltre la pratica del canto, continua un suo genuinopercorso musicale che mira innanzitutto alla schiettezza della proposta investendo anche la sfera dell’aggregazione sociale e del mantenimento delle proprie origini e dell’dentità. A coronamento di tale attività giunge ora questa testimonianza sonora, che desideriamo dedicare all’indimenticato Lino. Mario Steffè

Il periodo del secondo dopoguerra e in particolare gli commerciale. Questa concezione disinteressata e non anni ‘50, segnarono profondi mutamenti nelle cittadine utilitaristica si riflette pure sulla scelta del repertorio che costiere dell’Istria. L’esodo e la successiva massiccia spazia dal prettamente tradizionale al »popolareggiante«, immigrazione condussero alla radicale trasformazione cioè quello che fu il repertorio cittadino capodistriano già del contesto nazionale nella sua componente politica, alla fine dell’Ottocento. sociale e linguistica: l’Istro-veneto resse come lingua Nonostante la sua tendenza conservatrice nel tramandare franca, ma la vita culturale della minoranza italiana fu i vari fenomeni musicali, soprattutto in ambiente urbano, relegata nell’ambito dei Circoli di cultura, segnandone un la musica popolare mantenne comunque una notevole lento ed inesorabile declino. ricettività. Tramite le comunicazioni e il commercio, Una svolta importante fu l’avvento del gruppo musicale infatti, si diffondevano i canti che, spesso modificati Istranova con le proprie ricerche, motivate dal desiderio secondo il proprio gusto, venivano adottati da una certa di salvare un patrimonio in forte crisi, ma anche stimolate comunità. Su questa scia La Porporela, sotto la guida dall’esigenza di recuperare una propria identità linguistico- artistica di Emil Zonta, rinnova ulteriormente e trasforma regionale. Successivamente seguirono il solco di questa questi canti, reinventando vecchi codici di comunicazione, esperienza anche altri progetti culturali e musicali, con come dovrebbe accadere in ogni processo che sia realmente risultati più o meno fortunati. spontaneo. Il gruppo La Porporela, segnato dalla grande passione Il loro merito è principalmente quello di promuovere la peri l canto, è nato da un’idea di Lino Cernaz proprio cultura del canto spontaneo dalla voce piena e libera, del con l’intento di mantenere viva e vitale la tradizione del canto popolare, valorizzando il patrimonio canoro »cantare insieme«, condividendo l’ormai dimenticato o »cavresano«. quantomeno trascurato aspetto delle emozioni che al canto Da un lato il gruppo si affida alla memoria, cioè a quello spontaneo affidava la propria quotidianità. Organizzati a che è rimasto tramandato per tradizione orale (vedi livello amatoriale, nel contesto in cui operano e nella sentita »Varda che bel seren«, »Se savessi Giovanin« e »Vado in esigenza di rafforzare la propria identità istroveneta, sono convento«), dall’altro in forma mediata usufruisce delle assolutamente prossimi all’esperienza popolare. fonti annotate da vari ricercatori del passato, servandosi Oltre ai canti eseguiti da La Porporela si è voluto includere principalmente della raccolta Canti popolari istriani di nel CD altri quattro documenti sonori registrati da Alberto Giuseppe Radole. Cernaz a Semedella e Muggia tra il 1997 e il 2002. Sebbene siano proposte in un’epoca in cui è l’immagine I quattro brani sono comunque cantati da capodistriani a primeggiare, per cui anche la tradizione tende ad essere e fanno parte del repertorio canoro della Capodistria di considerata principalmente in base a criteri di spettacolarità ieri. »televisiva«, le esecuzioni de La Porporela restano fedeli Dario Marušić allo spirito del canto popolare, rifuggendo una prospettiva

39 La città Adesso ghe volessi che cantemo robe più ‘legre Intervista con i coristi Si chiama Porporela, richiamandosi al nome del principale mandracchio capodistriano, è composto attualmente da sette persone soci della Comunità degli italiani “Santorio Santorio” di Capodistria. Il Coro nasce nel 2008 con il coinvolgimento di persone che hanno sentito la necessità di rispolverare i canti tradizionali di quest’area. Canti che magari una volta si intonavano in osteria, in campagna o anche in chiesa e che con l’esodo del dopoguerra si sono andati perdendo. Ho incontrato due componenti del gruppo vocale – non amano chiamarsi coro, ma Gruppo vocale – Luigi Maier e Mario Gandusio – e il loro dirigente, il ben noto Emil Zonta, non nuovo a esperienze di questo genere in altre zone dell’Istria.

Emil Zonta, come nasce l’esperienza ha aiutati. dir la verità. Parla con qualsiasi, te con la Porporela? Luigi Maier, detto Gigi Moscamora. sentirà che Lino iera l’anima dela Questo era un mio intento già da Perchè? Comunità. Ne manca sai. E proprio molti anni, di formare un gruppo Perché mio nono cantava la canson per questo noi andremo sempre più vocale per ridare voce a vecchi de Moscamora. Mio nono Biaseto a avanti, pensando a lui. motivi capodistriani. Dopo vari Capodistria iera come nonsolo – i lo Gigi, approfitto delle tue origini tentativi siamo riusciti, ringraziando conosseva duti, Biaseto Moscamora – “paolane” per chiederti, quanto anche lo scomparso presidente della po’ iera so fardel che stava in Salara, era importante il canto una volta? Comunità Lino Cernaz…anche lui Bepi Moscamora che ga fato rider tuta I paolani quando che i tornava a faceva parte di questo gruppo. Lui ci Capodistria e i monti de Capodistria casa stanchi se trovava ostaria, ha aiutato molto, perché certamente in giro…a iera una vigneta a iera. specialmente la domenega i andava questa grande cultura capodistriana E’ stato veramente così difficile de Rampin e iera la cantada. Ma chi, se fosse andata dispersa, sarebbe cominciare a cantare, come dice istrian, no cantava? Tuti ghe piaseva stato un peccato. Ho messo insieme Zonta? la cantada. Dopo l’esodo, a Trieste… del materiale, abbiamo fatto tante Iera sì una roba un poco difissilota, specialmente via Capodistria e de quele prove e il risultato lo abbiamo inciso perché noi semo oto che se conosseimo parte là… i cantadori capodistriani se su un CD. che se vemo messo cantar tramite trovava. Mio pare, i mii fradei - iera C’e’ abbastanza materiale scritto a Lino…quanto volte se vemo becà in quatro i Moscamora – tante volte disposizione su cui lavorare? anca co’ lu e col maestro…perché ste che vigniva a casa, chi che vigniva Ho fatto parecchie ricerche anche da vecie canson che ne ga portà le parla diseva “Madona! Come che canta sta solo, ma la fonte principale è costituita solo de morti, no xe gnente de ‘legria; gente”. Ghe piaseva, iera gente che senz’altro dall’opera “Canti popolari noi pensavamo che canteremo robe ghe piaseva cantar e i saveva cantar. istriani” di don Giuseppe Radole alegre… C’è anche una canzone popolare che dove sono annotate diverse villotte. Magari in un secondo momento… parla del “Canal de Moscamora”, Si tratta di brani popolari antichi che Vemo comincià per la verità con no? abbiamo imparato insieme, con tanta altre cansoni, ma vemo anca smesso In Canal de Moscamora, dove che buona volontà da parte dei coristi. perché no iera considerade vecie gavevimo anche noi una campagna. Il CD comincia con “Beviamo capodistriane. Alora col maestro In Salara, in fondo, iera el Canal de gobeti”. gavemo comincià a far ste canson Moscamora. E’ un brano che si cantava in periodo vecie del Otosento, difati quele che Se la ricorda? di Carnevale, quando i giovani cantemo ‘desso no le conossi nissun. Poco. Go dito tante volte…mi capodistriani si riversavano nelle calli Dopo che xe morto el nostro caro no go fato, perché no se se rendi spingendo la sagoma di una donna Lino, se gavemo messo ancora più conto, quando che se xe giovani che cantando appunto “Beviamo gobeti”. col cuor. Perché noi quando che bisognaria prender dute ste robe qua. E’ stato difficile mettere insieme cantemo, lo vedemo, lo vemo sempre Mio papà a Capodistria me spiegava persone, che non hanno esperienze davanti. Quando che fassevimo quei tuti i cantoni, tute le pissade che ga da coristi? acuti, no iera miga sempre bel, sa!? fato a Capodistria lu’ le saveva tute. Devo ammettere che all’inizio non Dopo finido, barufete, batibechi… E adesso che ‘l xe morto me ga tanto è stato facile. Ci abbiamo messo Però ricordo quanto il presidente dispiasso. Sta roba qua no bisogna mai tanta buona volontà e con il lavoro sforzava perché esca quanto prima dismentegar. Sto qua xe importante. i risultati arrivano. Questo CD è il il CD…come un presentimento… Tante robe so, però tute quele robe primo documento sonoro, storico Mi quela matina che go ciapà la che me gavessi insegnù lu, mai più no capodistriano. Ogni tanto portavo telefonada me xe vignù un colpo le savaremo. E questo qua go sempre qualche brano nuovo…“nuovo” di al cuor. Lui iera una persona che un rimorso dentro de mi perchè no lo qualche secolo fa, per intenderci…e ogi se becavimo, el giorno dopo scoltavo tante volte. i coristi ci hanno messo l’anima per se brassavimo. Iera un omo che no Gigi, ma se c’era un coro impararlo e cercare di interpretarlo sentiva risentimenti, sempre alegro. leggendario a Capodistria, al meglio. Ripeto, la volontà e Iera lu’ che tirava avanti, lu’ iera era quello del Duomo, che era soprattutto l’amore per la loro città li l’anima de questa Comunità, bisogna comunque composto soprattutto

40 La città da paolani. – a seconda della località in cui si “Cerchemo, fassemo, se cercherà Il coro della ciesa iera una roba canta. La popolare “Dove ti vadi de far, se farà, pian pian”, ma me meraviliosa. Anca la gente che no bela bruneta”, ad esempio, l’abbiamo par invesse che se sta spegnendo un iera credente i vigniva scoltarlo… interpretata nella versione peculiare poco ala volta. Purtropo, tante volte perché veramente tremava la ciesa; capodistriana. go gavù anche dei dibattiti…saria bel ma no perché i cantava solo forte: i Gigi, le piaccioni i testi? che andassi avanti! Però sarà dificile. saveva cantar. El coro de Capodistria Xe bei, ma no xe una che parla Ancora sta nostra generazion, dopo iera nominado, i podeva andar cantar qualcosa de bel!! Go dito tante volte a no so più avanti come che andarà dove che i voleva. Zonta, qua ghe vol un poca de alegria. finir. Gente che zappava tutto il Cò’te vol bever un goto de vin co’ Che fare Zonta? giorno… queste canson qua. Noi per adesso cantiamo per il gusto Gente che sapava duto el giorno e po’ Mario? di farlo. Bisogna rendersi conto che se lavava e andava a cantar in Domo. Ma vara che una volta se cantava la tradizione e il canto in questo caso Mario Gandusio: invece la cussì. Mi cantavo tante de queste. ti ricollegano alle radici di un luogo. tua famiglia è sempre vissuta Mi, se le me ven inamente, ghe ne E se un posto o una persona perde le nell’immediata periferia di so…dieci drioman. “Torna ‘l marito radici, secondo me perde tutto. Capodistria. dela botega”, “Mia cara Lena”…Ben, Mi son nato a Villesan e poi son vignù desso bisognarà far anca queste. a Semedela. Dunque ci sarà ancora da lavorare Anche fra i contadini di fuori c’era per mettere questi testi su carta e questa passione per il canto? impararli di nuovo, Gandusio. Sens’altro. I giovanoti de Semedela, Ma sì, col nostro maestro qua mi San Marco e dintorni…prima de credo che faremo ancora qualche tuto se cantava sui nostri loghi, cosa de buono. Se daremo de far, poi se veniva dimostrar la capacità stemo lavorando. Adesso, ciamemo anche a Capodistria dove se trovava cussì, semo ancora principianti, ma ste companìe, che cantava, che se impareremo. divertiva. E iera le sfide se fasseva (GIGI) E restaremo principianti! La proprio a cantando. Iera un piacere. gente no devi aspetarse de noi chissà Mi me lo ricordo perché venivo a cossa. Noi semo oto…oto cuchi! in scoltarli con piacer, a boca aperta. poche parole, che se ga messo insieme Iero putel, me fermavo a scoltarli e sensa ver mai cantado. E perciò la iera un gusto propio. Per questo me gente no devi aspetarse che semo ga preso volia de novo de tornar su ste dei campioni. Ne piase! Ne piase la cansonete vecie, che xe bel scoltarli. companìa e perciò cantemo col cuor. Mio amico Gigi, diceva che xe duto Principianti o no, sicuramente state cansonete che se piangi, ma una facendo un lavoro prezioso. Gigi, Il paolan Checo Bussa in una volta se trovava gusto anche queste una volta cantavano solo gli uomini caricatura di Rino Rello pubblicata canzonete a cantarle. E veramente o anche le donne? sul giornale satirico Marameo! te veniva anche le lagrime ai oci; mi Ma più i omini. Dopo qualche volta il 6 1 1922. me le ricordo ancora qualchiduna… se tacava qualche dona, e le veva bele magari no so tute le parole. vose, me ricordo. I omeni ghe dava I brani contenuti nel CD: Si ricorda qualcuna in la vose forte, la vose dela dona iera particolare? come un penel. 1. Beviamo gobeti Me ricordo, per esenpio una faceva (MARIO) Una volta se cantava sai 2. In mezo ‘l mar “Io maledico la prima pietra di quel per le ostarie. Iera solo che alegria; 3. Varda che bel seren convento”…che fa pianger. che no se pol dimenticar le cose. 4. La pesca dell’anello Me la intona? (GIGI) In quela volta, la gente con 5. La bevanda sonifera “Io maledisco papà e mama, fratel, poco se divertiva. No xe come ‘desso. 6. Me voio maridar sorele. Una di quele mi ha tradì, in Anche i paolani indove i ‘ndava? I 7. La malattia dell’amata quel convento dovrò morir”. Cussì, ‘ndava spoiar formenton, in stala, 8. Se savessi Giovanin me par. quel quel l’altro, la sera i vigniva co’ 9. Che te vegnissi trata una Zonta, sono melodie che hanno la cantada, o le barselete qualcosa, sassada un’anda antica… el goto de vin e la cantada. No iera 10. Barcarolo Ma certi brani si possono far risalire altro, no iera dischi, celulari…iera 11. Un’eroina al ‘600, ‘700. Altri sono ovviamente tuta un’altra vita. 12. Vado in convento molto più recenti, ma alcuni sono Avete inciso il CD. Lo farà sentire 13. Capodistriana bella veramente vecchi di secoli. Brani ai nipoti che magari impareranno 14. Canzone dei pescatori che ritroviamo magari anche altrove, qualcosa. 15. In Canal de Moscamora specie in Istria, ma che variano nel Sì, ma xe difficile che sta roba vadi 16. In piassal de Bossedraga testo – a volte anche nella melodia ‘vanti. Tu papà ga sempre dito:

41 La città Torna il suono del mandolino

A quasi trent’anni dalla scomparsa del maestro Scocir, un gruppo di entusiasti ha rispolverato gli strumenti e si incontra ogni martedì sera nella mansarda della Comunità. L’idea è partita dal chitarrista Marino Orlando, seguito poi dai fratelli Bruno (basso) e Giuliano (mandolino), e altri due mandolinisti: Alenka Orel e Gianfranco Riccobon. Marino in che anni hai cominciato a suonare con la Matteo Scocir ha insegnato ai ragazzi anche la teoria. mandolinistica? Sì, tutti quelli che hanno frequentato la mandolinistica di Io ho cominciato abbastanza presto, sarà stato il ’57-’58. Scocir, hanno imparato le basi teoriche, solfeggio. Queste Ho cominciato a conoscere i segreti della musica proprio basi ci hanno consentito di proseguire poi da soli, alcuni nel Circolo. di studiare avanti e di allargare le competenze musicali. Come sei stato introdotto in questo gruppo? E a distanza di trent’anni ti è venuta la voglia di Per puro caso, perché il mio desiderio era di suonare la suonare… fisarmonica. Poi invece… naturalmente la fisarmonica Finita l’era Scocir, in quegli anni ’80 mi sono sposato, costa, e i miei m’hanno detto “Ti va di suonare? Va in ho avuto altri impegni e quindi ho messo il mandolino Circolo da Scocir e vedi cosa puoi fare”. E’ iniziato per un po’ da parte. Mentre l’anno scorso (2009) ho deciso un caso fortuito, ma poi ho continuato per più di due di riprendere il discorso della musica. Ho chiamato i miei decenni. due fratelli più giovani e l’amico Gianni Riccobon, e Le mandolinistiche erano un pretesto, oltre che per stiamo provando a formare un quartetto, con la musica di conoscere la musica, anche per stare insieme… allora e con alcuni pezzi che sto adattando per un quartetto Di tutto, perché in quei tempi si andava a vedere la TV dei di mandolini e chitarra. ragazzi...perchè a Capodistria allora ci saranno stati due- Come sta andando? Senti le dita un po’ arrugginite? tre televisori. Anche la mandolinistica è stata un motivo Si sono già riprese…è già quasi un anno che ci ritroviamo in più per stare assieme con gli amici. ogni martedì e siamo soddisfatti. Quanti eravate? Avremo modo di ascoltarvi dal vivo? Il gruppo di Capodistria era molto nutrito, mi ricordo Per i momento suoniamo…per la nostra anima e per i ancora degli amici che se ne sono andati ai tempi nostri sogni. Quindi ogni occasione e buona per poi fare dell’esodo. Di solito eravamo sui 25-30 elementi. la suonatina, la cantatina. Chi vivrà vedrà.

42 La città

Sempre in collaborazione tra la scuola »Vergerio« e la CI è stato inaugurato, a novembre, un corso di educazione all'immagine foto-video. Mentore Damian Fischer.

Il 1 dicembre 2010 sono stati spenti in Slovenia tutti i trasmettitori analogici terrestri e la diffusione televisiva avviene tramite il segnale digitale terrestre nel formato MPEG 4, sempre dalle stesse postazioni di trasmissione. Per continuare a seguire i programmi di TV Capodistria è necessario quindi munirsi di un decoder MPEG-4 per il digitale terrestre o di un televisore con integrato un ricevitore MPEG-4. A chi già riceveva il segnale di TV Capodistria non servirà spostare l’antenna. Sarà necessario solo sintonizzare o risintonizzare il ricevitore MPEG-4. Ricordiamo che i programmi Marino Orlando di TV Capodistria si possono seguire anche via satellite su Hot Bird 13 gradi est e sulla piattaforma Che cosa ha rappresentato Matteo Scocir per la vostra satellitare italiana Tivu`Sat. generazione? Per me è stato un grande maestro, di musica e di vita. Ha Informazioni: www.rtvslo.si/tvcapodistria lavorato coi giovani da sempre, quindi sapeva quali sono (tel. 00386- 5-6685102) i loro problemi e sapeva come indirizzarci. Sono ricordi bellissimi. Tra tanti concerti che avete fatto, quale ti è rimasto più impresso nel ricordo? Il più grande successo è stato il concerto delle tre mandolinistiche istro-quarnerine riunite, quindi parliamo di Capodistria, Fiume e Pola, che all’incirca nel 1965 furono invitate alla Filarmonica di Lubiana. Concerto delle mandolinistiche riunite, più il coro della “Marco Garbin” di Rovigno. Come vi accolsero i lubianesi? Con mezz’ora di ovazioni, una cosa incredibile. Purtroppo non so se esista qualche traccia registrata di questo concerto. Negli ultimi anni avverto un certo revival del mandolino. Direi di sì. A Lubiana esiste da cinque anni l’orchestra Il 7 dicembre la CI ha reso omaggio ad Pier Antonio “Mandolina” che, da quanto ho potuto ascoltare sul CD che Quarantotti Gambini. Conversazione con Rosanna ho trovato, sono veramente bravi. Sono ragazzi giovani, Giuricin sui luoghi della memoria biografica e letteraria hanno un repertorio ampio e variegato. Sarebbe auspicabile e proiezione di filmati dall'archivio di TV Capodistria veramente organizzare un incontro di mandolinisti di tutta con interviste d'epoca allo scrittore e trasposizioni la regione…Slovenia, Istria eccetera. cinematografiche dalle sue opere letterarie.

43 La città “Letere dal Siam” Bangkok, 27 Ottobre 2010 Marocco: viagio nel paese de l’oio de cavra Miei cari, son pena tornà a casa, oviamente in Tailandia, ma son passà prima da un paese dove se trova e se usa l’oio de cavra. No se scandalizi i animalisti, l’oio de cavra no se otien spremendo le cavre, come se podaria pensar per analogia con l’oio de oliva. Anzi ultimamente le cavre le xe squasi lassade de parte e fra poco sarà solo un ricordo, visto che adesso le più grandi dite de cosmesi se afreta a comprar e sfrutar, ma sensa cavre, con sistemi industriali, le piantagioni de una certa pianta che se trova solo in Marocco. Perché sto paese xe apunto el Marocco e quel famoso oio de cavra, adesso al se ciama uficialmente oio de argan. Ma fin a no tanti ani fa prima de diventar oio, el fruto de l’argan passava esclusivamente attraverso el corpo delle cavre. Come jera (e xe ancora, ma marginalmente) la procedura? Forse do parole su questa pianta, no saria mal dato che da noi no la xe conossuda, a parte quei che se interessa de cosmesi, ma anca quei solo quei proprio del mestier. In francese l’albero se ciama arganier (“argania spinosa” cavre su un solo albero che meritava fotografarlo. in botanica) e al xe endemico del Marocco anca se tanti Una volta magnade le bache, le cavre le digerissi e dopo milioni de ani fa se lo trovava anca de altre parti de le le espelli (disemo cussì) con le feci. Oviamente i ossi l’Africa occidentale (ma i disi che in Marocco se la trova resta ossi, ma i contadini berberi disi che per otener un oio da “solo” 80 milioni de ani). Come disevo, con l’avansar particolarmente efficace, ghe vol che al passi attraverso la del deserto l’area su cui cressi sta pianta la se ga sempre digestion. Le done (de solito le done xe quele che fa sto più ristreto e adesso la se trova praticamente solo int’un lavor) le tira su i ossi digeridi de le bache, i li spaca e col triangolo che va da Marrakech a Essaouira, sul mar, e zo contenuto le fa l’oio. De quel che i m’à contà, par che ghe lungo la costa fin a Agadir per risalir a Marrakech. vol circa un quintal de fruti per ricavar un chilo de oio. No per gnente al xe sai caro. I berberi lo usa anche come benvenuto sia per i ospiti che per i fioi ‘pena rivai su sto mondo. Adesso però le robe sta cambiando, le dite de cosmetici no ga tempo de spetar che le cavre digerissi i ossi e alora duto xe prodoto con sistemi industriai e l’oio de cavra xe diventà oio de argan. Xe anca sai difficile trovar tante cavre su un albero. Tanto che me xe vignù el sospeto (anzi più che un sospeto) che se vedi cavre sui alberi, solo lungo i percorsi turistici a beneficio esclusivo de le machine fotografiche de questi. Xe robe viste un poco in dute le parti del mondo. Quel che una volta al jera genuin, adesso i lo presenta come folklore ma no ga più punti de riferimento con la vita de duti i giorni. Son contento de esser sta anca tanti ani fa, quando ste robe le jera ancora vere e no “roba per turisti”. Adesso questi derivati Dentro sto triangolo se trova la località de Argana da e sottoderivati de sto oio, i ven vendudi in profumerie, cui i disi che deriva el nome dela pianta (arganier). Ma farmacie, a prezzi che una volta i iera inimaginabili. altri la conta diversamente e i disi che in lingua berbera Questa xe una foto scatada in una profumeria e duto quel “argan” vol dir semplicemente oio. Se trata de una bela che xe sui scafai al ven da questo benedetto oio: creme, pianta granda che pol durar anca dosento ani. Se adata profumi, tisane ma anca botigliete de oio. Xe diventada perfetamente al clima secco, ma no arido, del Marocco centro-meridionale e fin a no tantissimi anni fa, a vigniva sfrutà solo dale popolazioni berbere dela zona, che usava quel oio sia per alimento che per far andar via i dolori (in particolare reumatici). Go a casa una botiglia de litro, comprada tanti ani fa e devo dir che me ga sempre fato efeto. Un massagin su le parti dove sentivo qualche dolorin e duto passava. Forsi saria passà lo stesso anca sensa oio, ma comunque al passava. L’albero ga foie verde scuro tipo aghi e fa fruti che somiglia a le olive, ma no xe olive e ogni baca ga tre ossi lunghi come quei dei dateri. Ma cossa ghe entra le cavre? Le cavre iera de la massima importanza per la produsion de quel oio. Cioè le cavre va mate per le foie e i fruti de questa pianta. Le ga fin imparà a rampegarse sui rami dei alberi per magnarle. Ne la fotografia l’albero xe un poco scassà ma jera tante

44 La città cussì ciamà Sahara Occidentale. In effetti se trata de un stato grando squasi una volta e meza l’Italia. Xe un stato riconossù da l’Unione Africana, ma no dall’ONU, che lo elenca fra i teritori “non indipendenti”. Sto stato ga un nome “Repubblica Democratica Araba Sahrawi”, ga un presidente de la repubblica ma …. ‘in pratica nol esisti. I marochini ga ocupà e sta sfrutando (fosfati) una gran parte de sto stato e po’ i ga costruì, per taiar fora el resto dei Sahrawi (sti abitanti del Sahara), un “muro” de sabia longo circa 2000 chilometri, che comprendi due argini, alti 3 metri e proteti da campi minai e da fortilizi costruidi ogni cinque chilometri. No mal, proprio nel periodo che i butava zo i vari muri de Berlin. E questo xe una carateristica del Marocco ma... guai parlar de sta roba. El problema uficialmente nol esisti e duto quel teritorio le autorità lo considera parte del Tramonto nel palmeto a la periferia de Marrakech Marocco stesso. Ma xe un’altra situasion sai strana, strana nel senso una industria, vera e propria. che xe dificile trovarla in altri paesi. Per duti quei che riva qua (parlo de turisti, ma in generale per la Quei che ga leto le mie ultime “lettere dal Siam” se sarà gente che no ga sti problemi per la testa), el Marocco inacorto che se trova sempre qualche accenno alle varie xe un paese arabo, dove se parla arabo, de cultura minoranze e magioranze che go trovà nei vari paesi e ai quindi araba, insoma arabo a duti i efeti. E no se pol modi che in sti paesi i gestissi la situasion. Più o meno darghe torto. I giornai xe scriti in arabo, la TV parla ben, più o meno mal! Qualche volta par che qualchidun in arabo, ne le cità ti senti parlar arabo. no sapi o no gabi proprio voia de gestirla. Quasi par che Cossa ti vol de più? Ma invesse le aparenze, mi ste situasioni le vado a sercar e invese penso che in ancora una volta le ingana. La maggioranza de la modo più o meno evidente, ste situasioni le xe in duto el popolasion, no xe araba, ma berbera! Qua no se parla mondo. El fato xe che uno vedi mejo, in qualunque parte de magioranze relative, se trata che su 34 milioni del mondo al vadi, le robe che xe più presenti nei suoi de abitanti che ga el Marocco, oltre 25 (forse 26) interessi e nella sua problematica. Come dir le robe che al xe berberi. Maggioranza assoluta, ma qua el potere xe più portà a veder. I altri gnanca i se ne ‘corzi. Quel che politico, religioso e cultural, xe completamente in a uno no ghe interessa, lu proprio no lo vedi. Come dir che man de la minoranza. Tanto che oramai solo el 40% qualchidun anca solo caminando per le strade, vedi duto parla lingue o dialetti berberi, dato che scole, giornai quel che xe in una vetrina (metemo de vestiti). Compreso e TV xe sempre stai solo in arabo, tanto che l’unica modello, color e prezzo, mi invesse, no me inacorzo TV in lingua berbera che esisteva fino a poco tempo gnanca che jera una vitrina! Cussì anca nel campo dele fa, trasmeteva da la Francia “Berber TV”. Solo de minoranze etniche. poco tempo in qua, anca in Marocco xe in funsion In Marocco son sta con un gruppo de amici. Nissun ga un canal televisivo berbero, ma nissun giornal, anca notà che anca in Marocco el problema de le minoranze se i berberi ga sempre bu la scritura za a partir del I esisti e anca sai radicado, per serti versi, tanto che le milenio prima de la nostra era (i la ciamava scritura guide serca de evitar questo discorso coi turisti, cioé libica). Ma sora duto solo da pochissimo tempo xe del problema de queste minoranze, anzi in generale del sta introdoto a scola l’insegnamento del berbero anche se no i ga nissuna intension de riconosserlo come lingua uficial del paese. Un ultimo accenno a sto argomento: noi “occidentali” li ciamemo “berberi” ma lori no se ciama cussì, ma Imazighen (che volaria dir “omini liberi”) e la loro lingua tamazight. La parola “berbero”, con la quale noi li ciamemo deriva dal francese berbère, che a sua volta deriva dall’arabo “barbar” che, sai facile, xe la continuasion della parola romana “barbarus”, parola che i antichi Romani usava per indicar duti quei che no parlava latin. Perfin el scritor roman Sallustio, nel suo “Bellum Iugurthinum” (capitolo 18) al ciamava la lingua dei nativi, “barbara lingua”. Metemo però ben in evidenza che i “berberi” rapresenta la popolasion autoctona del Nord Africa. Autoctona, ma sensa diritti. Dopo de lori xe rivai i Fenici, i Greghi e dopo Nel cortile interno de un palazzo nel cuore de la medina ancora i Romani, i Vandali. Fin che i Arabi xe rivai

45 La città modo de vita mussulman e le case se ingruma atorno a le moschee e a la medersa (la scola coranica). In reparti netamente separai, abitava una volta i ebrei (la mellah, che corispondi al gheto de le nostre parti), ma adesso però, ebrei no ghe xe squasi più. Sensa alcool, sensa edifici de culto de altre religioni; anca quei che ghe abita dovaria esser duti mussulmani. Xe duto un groviglio de vicoli streti, dove l’unico mezo de trasporto, oltre a le spale dell’omo, xe el mus. E se senti spesso un che siga “balek”, atension, per far strada al so mus ne le strade strete e batude de gente. Perché la vita ne la medina (e ancora de più nel suq, rion del “mercato”) se svolgi ne le strade. El vicolo, per l’abitante de la medina, no xe solo un logo de passagio; xe anca e forse principalmente un logo de incontro, de scambio de merci e de pareri, un logo Particolari segnai stradali ne la medina: »divieto de tipico per la socializasion. E el suq xe l’esasperasion accesso per i mussi« comerciale de la medina, dove se vendi e se compra duto. atorno all’ano 800, i ga portà la religion islamica che, da quela volta, xe la religion dominante ne la region, i se ga fato paroni, i ga resistì a le invasioni portoghesi, spagnole e francesi, per tornar dominanti da un secolo a sta parte. Ma i Berberi xe restai dominai e praticamente sensa diritti anche se, paradossalmente, i ga lassà ne la toponomastica nomi importanti. La più conossuda città del Marocco, Marrakech, ga un nome che deriva dal berbero “mur akush” che vol dir “tera de dio”, e perfin una città europea ga un nome che xe almeno in parte berbero e cioè Gibilterra. Infati deriva da “gebel el tarik” (monte de Tarik) dove gebel xe arabo, ma Tariq xe un nome tipicamente berbero e jera el nome de un general berbero che ga portà i Arabi a conquistar la Spagna.

Giremo pagina! E serchemo de dar una idea de una tipica città marocchina. Se riferimo, per forsa, Nel suq de le spezie a la parte vecia dele cità, perché la parte nova ze fata sul tipo dele nostre, con viai alberadi, giardini Per facilitar le compravendite, el suq xe sempre e magari ville con piscina incorporada. Ma la vera diviso in compartimenti dove ogni grupo de strade atmosfera marocchina se respira ne la medina (che xe specializà ne la vendita de un tipo de prodotti. E saria la “cità sacra” dove duta la vita se basa sul alora gavemo el suq de le spezie con quel odor acre che te acompagna per duto, che te sembra de caminar in una immensa drogheria, el suq dei tapei, quel de i vestiti, quel dei artigiani del rame e naturalmente tanti altri. Duto in un continuo vociar, contratar, zigar e pur in duta questa confusion, te se para davanti, de tanto in tanto, un vecio palasso dei notabili del posto, con giardini meravigliosi, fontane, arabeschi incantevoli, el duto in un silenzio squasi assoluto. Te sembra impossibile che, a pochi metri, verta una porta, se svolgi la vita più caotica che mente umana pol imaginar. In Maroco par veramente de passar atraverso un continuo susseguirse de porte che se spalanca, man man che ti vadi ‘vanti. Ma impossibile verzerle dute in un solo viagio. Tornaremo? Inshallah (se dio al vol) come che i disi qua. Un vicolo de la medina Lucio Nalesini

46 La città Piran-Pirano, ovvero “Italiani raus!”

Preceduto da una promozione greve di aspettative e un impalpabile senso di timore per possibili spiazzanti derive da parte del ragazzo terribile della nuova cinematografia slovena Goran Vojnović, il lungometraggio Piran-Pirano ha aperto a Portorose la 13. edizione del festival cinematografico sloveno. Il film ha valso all’autore il premio della giuria per la sceneggiatura, quando probabilmente questi mirava al ben più prestigioso premio per la miglior regia. Ricordare che il giovane cineasta Goran Vojnović si era guadagnato con l’esordio letterario Čefurji raus! uno strabiliante e insperato successo di vendita oltre che il plauso della critica, giova per rintracciare una possibile chiave di lettura per questo suo film, che altrimenti potrebbe venir frettolosamente liquidato nel genere drammatico a sfondo storico di un nuovo filone che dichiara negli intenti di voler praticare un linguaggio cinematografico politicamente corretto.

La trama verte su un nucleo centrale regista inscena piuttosto un Vae victis frustrata ricerca di ricongiungimento tutto sommato semplice ma di difficile asservito alla logica del film, che tende con il suo essere più intimo. Il rappresentazione, quale l’incontro- a far defluire tutto in termini manichei bosniaco Veljko ha trovato, attraverso scontro tra due etnie, culture, lingue (e nel riscatto di un’etnia e di una classe altre crude sofferenze, un luogo dove nel film due ideologie) contrapposte, sociale fino allora subalterna e nella reinventarsi una vita e darsi un senso impersonificate dall’italiano Antonio conseguente rivalsa sull’elemento di nuova appartenenza. Incontratisi e dal bosniaco Veljko, interpretati italiano. Più che l’esodo, intuito ma lungo direzioni opposte del crocevia rispettivamente da Boris Cavazza e non rappresentato, a parte la fuga generato dalla storia, ambedue Mustafa Nadarević. Va soprattutto simbolica per mare del giovane devono dare una risposta a uno dei a quest’ultimo, in un film che ha un Antonio, viene messa in scena una quesiti tra i più difficili dell’uomo: procedere lento ed introspettivo, il giustizia di guerra sommaria al come è possibile concludere la grosso merito di fornire una prova servizio dell’ideologia pragmatica e propria esistenza con un senso di pace di rilievo pescando dal proprio spicciola praticata dai vincitori nella e (ri)conciliazione? Per tutte queste bagaglio attoriale per dar corpo a contingenza storica del periodo. ragioni il film Piran-Pirano è più che un’interpretazione ironica e amara, Ebbene, un momento forte della un film sulla nostalgia e sulla storia, a tratti quasi surreale. In una casa percezione intellettiva ed estetica un film sulla morte e sul sentimento piranese che già fu dell’esule è legato all’esigenza per la quale dell’appartenenza. Alla fine del film Antonio e nella quale risiede ormai tendiamo a riportare i fatti al prorio il nuovo venuto si riconcilia con il da tempo il suo nuovo inquilino territorio, al proprio ambito emotivo. luogo e si sente finalmente partecipe Veljko prende corpo un confronto In questa chiave di lettura, come di un mondo mai pienamente tra i due anziani, che a tratti si preannunciato, il regista Vojnović, metabolizzato. scontrano, a tratti si ritrovano in una sloveno di nuova foggia cresciuto Per l’italiano Antonio così come memoria comune, pur impossibilitati nella difficile ed emarginata periferia per tanti di noi, non resta forse che a comprendersi realmente per le lubianese di Fužine dove regna aspettare migliori occasioni per dare differenze linguistiche e culturali. l’orgoglio balcanico degli immigrati voce a quel sentimento di sottile Il confronto personale e le tensioni di seconda generazione, non può disagio nel percepirsi a tratti sradicati irrisolte tra i due ricalcano quello dei che essere più vicino e partecipe alle e avulsi in una realtà dalla quale siamo tanti anonimi interpreti della Grande sorti del bosniaco Veljko. L’italiano stati, nostro malgrado, esautorati e Storia in questo lembo di terra. Gli Antonio ha perso una guerra, una relegati di fatto ad entità marginale e elementi della contrapposizione casa, un luogo e gli affetti che a questi minoritaria. ideologica ed etnica di una storia legano, e continua a fissare l’attimo di recente e dolorosa sono messi a nudo tale lacerazione in una sorta di eterna e Mario Steffé dal film di Vojnović, e questa è già di per se’ un’operazione che ancora si pensava di difficile approccio, anche se il racconto storico è interpretato in termini sin troppo semplicistici con la logica a senso unico di due blocchi contrapposti. Nella lettura di Vojnović non c’è spazio per i chiaroscuri, per le sfumature di ruolo: italiani e slavi sono divisi da un solco di appartenenza etnica ed ideologica profondo e invalicabile (ma dove sarà sparita l’utopia della fratellanza italo-slava nel disegno progressista dell’epoca e la mancata rappresentazione di un tessuto urbano italiano protrattosi ben oltre la conclusione del conflitto). Il Foto Roberto Francomano

47 La città Freschi di stampa

»La valigia per Trieste« di primi anni di vita ravvivate da una Trio Kras (gli altri due membri erano Salvatore Egidio Di Grazia. competenza storica acquisita solo in Felice Šepić e Umberto Pucer (Berto un secondo tempo, le vicende di un Mazul). Il materiale audio è stato »La valigia per Trieste« è un libro paese che contiene in sé l’incanto registrato tra il 1987 e il 1990. Un uscito a fine luglio per »Pazzini della prima infanzia e il rimpianto del piccolo omaggio a un grande artista. editore« di Rimini. 165 pagine in profugo, ci regalano un libro che non cui Salvatore Egidio Di Grazia (nato finisce con la sua ultima pagina«. nel 1945 a Žrnjovec) racconta la sua Il 30 novembre la Comunità degli L’Istria e le province illiriche infanzia vissuta nel paesino vicino a italiani ha organizzato un incontro nell’età Napoleonica Topolovec, alle spalle di Capodistria. pubblico con l’autore. Salvatore di a cura di Denis Visintin Figlio di un siciliano e di un’istriana, Grazia vive dal 1953 a Rimini, dove Egidio ha un ricordo nitido di svolge la professione di avvocato Il quarto libro della collana Acta quell’ambiente che nei turbolenti matrimonialista. Già docente di diritto Historica Adriatica raccoglie gli atti anni Cinquanta del secolo scorso canonico ed ecclesiastico presso del convegno svoltosi nel 2006 nel abbandonò con la famiglia, dopo una l’Università di Bologna è autore di bicentenario del Codice napoleonico. breve sistemazione a Capodistria, pubblicazioni scientifiche nel campo Su iniziativa della Società studi storici del diritto di famiglia e dei rapporti di Pirano, 17 studiosi di Slovenia, tra Stato e Chiesa. Italia e Croazia hanno presentato i loro contributi su un periodo breve Ottavio – Monografia su ACTA HISTORICA ADRIATICA Štokovac, indimenticato IV liutaio istriano L’ISTRIA E LE PROVINCE ILLIRICHE NELL’ETÀ NAPOLEONICA Qualche anno fa avevamo ospitato una a cura di Denis Visintin mostra dei bassetti istriani costruiti da Ottavio Štokovac. Ora la Comunità degli italiani »Santorio Santorio« dedica all’eccentrico liutaio di Kolari (Grisignana) una monografia, redatta da Andrea Rigodanzo, che comprende un’introduzione di Mario Steffè, testi biografici di Marino Kranjac e Dario Marušić. Il tutto corredato

da splendide foto Organizzatore di Jaka / Prireditelj Jera ša e

da un CD contenenteSocietà di studi storici una e geografici, selezione Pirano di brani in cuiDruštvo Ottavio za zgodovinske suonain geografske študije,il bajs Piran Il presidente Mario Steffè e e la fisarmonicaIn collaborazione a bocca con / assiemeV sodelovanju s al

Salvatore Egidio Di Grazia. Comunità degli Italiani “Santorio Santorio” nell’ambito del programma culturale della Comunità Autogestita della SOCIETÀ DI STUDI STORICI E GEOGRAFICI PIRANO per finire esule a Rimini dove oggi Nazionalità Italiana di Capodistria. Skupnost Italijanov “Santorio Santorio” ma molto intenso nella storia di è un affermato avvocato. »Occorre v okviru kulturnega programa Samoupravne skupnosti avere rispetto per chi non riesce a italijanske narodnosti Koper. queste terre. I vent’anni che seguirono dimenticare o a perdonare. – dice alla caduta di Venezia maturarono Di Grazia, aggiungendo che – »Non nuovi tipi di società, nuove idee, è ammissibile tuttavia, sprecare visioni della storia e dell’uomo. Tra l’occasione per offrire ai giovani la i contributi anche quelli di due storici possibilità di conoscere le ragioni per purtroppo scomparsi, come Giulio le quali, alla fine della seconda guerra Cervani e di Antonio Miculian, mondiale in una terra così vicina, si attento quest’ultimo all’aspetto della è pervenuti ad un siffatto livello pubblica amministrazione. Il volume di degradazione di umanità«. »Le - di quasi 300 pagine - si occupa dei emozioni di un bambino, raccontate vari aspetti del dominio francese dalla voce di quello stesso bambino e ripoducendo anche documenti diventato adulto – leggiamo nella originali custoditi all’Archivio postfazione – le esperienze dei regionale di Capodistria.

48 La città Freschi di stampa

»Cara Lidia – Draga Lidija« »La Jugoslavia, il basket e un Il fotografo Alfredo Pettener. di Anna Rosa Rugliano telecronista« di Sergio Tavčar. Di Lea Škerlič. Realizzato con il patrocinio ed Era tempo che qualcuno ci il contributo della Provincia di pensasse! Da tempo, anche a Trieste, il volume raccoglie le livello di documentazione oltre testimonianze dell’attrice Lidia che di interesse vero e proprio per Kozlovich (Momiano 8 ottobre l’argomento trattato, si progettava 1938 – Trieste 1 giugno 2009), l’istituzione di una raccolta delle interprete, in italiano ed in sloveno, tesi di laurea dei nostri giovani di centinaia di personaggi di autori connazionali: non fosse altro che italiani e stranieri, prodotti dalla per avere una visuale nel tempo RAI per trasmissioni radiofoniche della nostra crescita collettiva ed e televisive, da vari teatri. Il individuale. Una crescita che negli saggio-intervista è così suddiviso: ultimi decenni è riuscita a colmare La Parte prima è dedicata a La quel vuoto intellettuale provocato persona, La vita e la carriera; la negli anni 50 del secolo scorso Parte seconda a Il personaggio e dall’esodo da queste terre della Le interpretazioni; la Parte terza popolazione italiana. a Il teatro, Gli autori, i registi, il Il primo volume di questa nuova pubblico; la Parte quarta a Sogni, serie (introdotta dalle Edizioni Pensieri e immagini. Ogni capitolo “Il Madracchio” di Isola, ndR) è introdotto da una testimonianza, è della neolaureata Lea Škerlič rispettivamente di Mila Nortman, che ha difeso con successo la tesi Gianni Gori, Ugo Amodeo e dedicata al fotografo piranese Marko Sosič. Alfredo Pettener e che nel 2009 è Sergio Tavčar con l'inseparabile riuscita ad aggiudicarsi il premio Gazzetta dello sport. Prešeren per studenti della Facoltà di filosofia dell’Università di Sono tre le storie che si intrecciano Lubiana. Nei prossimi anni, al nel racconto di questo libro. ritmo di uno all’anno, dovrebbero Quella principale, racconta della seguire altri volumi dedicati alle pallacanestro jugoslava, vista con tesi di laurea conseguite negli gli occhi di chi l’ha conosciuta ultimi anni dai nostri laureati, seguendola prima soltanto per in modo da dar vita ad una vera passione e poi anche per professione e propria collana di testi sui più per oltre 50 anni. La seconda storia diversi argomenti. è quella della Jugoslavia, delle sue Silvano Sau genti, dei suoi popoli e delle loro peculiarità. Una storia raccontata per aneddoti ed episodi, senza nessun intento storiografico. La terza storia è quella personale dell’autore – storica voce di Tv Capodistria – che racconta fatti, emozioni, disavventure e ricordi. Un libro di pallacanestro quindi, adatto non soltanto agli amanti del basket ma anche – si legge sul sito sergiotavcar.com – “a chi è interessato a conoscere sfumature e sfaccettature di gente che, nonostante la vicinanza, gli Lidia Kozlovich in una foto dello italiani hanno sempre conosciuto Stabile sloveno di Trieste. e capito poco”.

49 La città CAPODISTRIA 2010: FOTO D’IDENTITÀ La Comunità degli Italiani “Santorio Santorio” di Capodistria ha organizzato nei mesi di maggio e giugno 2010 un progetto di interpretazione/investigazione fotografica della città, invitando 12 fotografi dalla Regione autonoma Friuli Venezia Giulia (Marco Citron, Massimo Crivellari, Roberto Francomano) dalla Slovenia (Herman Čater, Darinka Mladenovič, Matjaž Prešeren), dalla Croazia (Ivan Balić, Ivica Pervan, Tomislav Rastić) e in rappresentanza della Comunità Nazionale Italiana istro-quarnerina (Remigio Grižonič, Egon Hreljanović, Guido Stocco).

Il progetto è stato realizzato con il finanziamento del Capodistria presso la galleria Loggia (30.6. – 6.7.2010) Ministero Affari Esteri della Repubblica Italiana, per il e lo spazio espositivo di palazzo Gravisi, sede della tramite dell’Unione Italiana, in applicazione della Legge Comunità degli Italiani (12.7. – 14.8.2010). 21 marzo 2001, n. 73, e con il cofinanziamento locale del A fine esposizione verrà presentato il catalogo - Comune città di Capodistria e del Ministero per la Cultura fotomonografia con un’ampia selezione del materiale della Repubblica di Slovenia nell’ambito del programma fotografico realizzato nell’ambito del progetto tematico culturale della Comunità autogestita della nazionalità Capodistria 2010: foto d’identità. italiana di Capodistria. L’idea alla base del progetto è stata quella di coinvolgere Nell’ultima settimana di maggio i fotografi partecipanti al i fotografi in una realtà urbana e sociale diversa dalle progetto hanno effettuato un’approfondita fotosessione, rispettive aree di provenienza geografica, favorendone dalla quale è stata estrapolata una selezione finale di 12 il contatto e l’inserimento nelle dinamiche della città fotografie per ogni fotografo partecipante. ospitante, che ognuno ha interpretato attraverso il Un’ulteriore scelta di tali scatti d’autore sono ora confluiti filtro della propria cifra stilistica e approccio tecnico in una mostra fotografica collettiva che verrà presentata a fotografico.

Guido Stocco di Pola

50 La città L’intento dell’organizzatore è stato quello di cogliere attraverso la particolare prospettiva d’indagine dei fotografi coinvolti, soltanto temporaneamente residenti in loco e privi di condizionamenti determinati dal rapporto “affettivo” e di familiarità con i luoghi, gli elementi a loro giudizio caratterizzanti e marcanti della città ospitante. Tale operazione ha inteso aprire la strada a inediti approcci fotografici al soggetto d’indagine, che permettono di acquisire sensibilità diverse nell’interpretazione sia dei caratteri tipici della tradizione e della storia cittadina, sia dei mutamenti che hanno investito e tuttora rimodellano la configurazione di Capodistria. Alla base del processo si sono rivelati, inevitabilmente, la modalità d’approccio del fotografo verso la città e i processi d’indagine, riconoscimento e interpretazione degli elementi del paesaggio urbano.

Egon Hreljanović di Fiume

Il tema sul quale gli artisti si sono cimentati è stato L’identità cittadina e i caratteri marcanti del territorio alla luce dei mutamenti storico-sociali. In questo contesto sono state ulteriormente definite le seguenti aree di indagine tematica che hanno compreso: - interazione uomo-ambiente (gli aspetti del vivere lo spazio urbano: come lo spazio urbano condiziona la vita sociale e come l’uomo ha voluto e saputo adattare lo spazio urbano alle proprie esigenze) - paesaggio reale e memoria dei luoghi (l’ambiente urbano oggi e le memorie e rappresentazioni d’esso che sopravvivono ai suoi mutamenti) - innesti tra passato e presente (come la vita cittadina contemporanea s’innesta su molti strati architettonici, socio-politici, Remigio Grižonič di Isola urbanistici, etc. appartenenti ad epoche diverse e con connotazioni sovrapposte) A tale scopo è interessante far notare che gli organizzatori - dinamiche interculturali hanno fornito delle essenziali linee guida che potevano (le interazioni tra culture differenti che convivono aiutare i partecipanti al progetto ad approcciarsi ai temi nella Capodistria d’oggi, ma che vivono proposti, ma che si è cercato di non condizionare o limitare “Capodistrie” diverse, tra contatti, ibridazioni e in alcun modo la scelta del soggetto per non interferire contrasti) con la sfera interpretativa dei fotografi.

51 La città Repertorio italiano di corrispondenza alle voci dialettali capodistriane Tratto dall’appendice al Dizionario storico fraseologico etimologico del dialetto di Capodistria di Giulio Manzini

Pacato – calmo Paranco – bosèl; vinc’ Pepola (ucc.) – pacagnoso Pacca – paca, boto, colpo Parapiglia – barafùsa Per (prep.) – per, par Pacchia – bobana Pareggiare – far pata; valisàr Pera (veg.) – pero Pacioccone – bonato Pargolo – putel, picio Perbene – desesto Padella – fersora Parlantina – sbàtola Percepire – sintìr Padiglione da giardino – gloriét Parlato (mar.) – parlato, mesavolta Perché – perché, parchè, parcossa Padre – pare Parotite – mal del molton, orecioni Percorrere – passar Padrino – santolo, (del figlio) Parroco – pàreco Percorso – strada conpare Parsimonioso – strento Percossa – legnada, bota Paese – vila, paiese Parteggiare – tegnir Percuotere – bastonar, onzer Pagello (itt.) – ribon e mormora Partita – partida, partìa Perforare – sbusar Paglia – paja Passaggio – passajo, canisela Per lo più – el più de le volte Pagliaccio – paiasso, pupinoto Passeggiare – spassisàr Permanere – star, fermarse Pagliaio – mieda de paja Passeggio – listòn, spassìso Permettere – lassar Pagliericcio – paion Passera – (itt.) passera, (barca) Pernice (ucc.) – pernisa Pagnotta – pagnoca passera, caìcio Perno (del timone) – màscolo Pago – contento Passero (ucc.) – panegariòl Perno tirante – piròn Paio – per, par Pasticca – silela Perno (della ruora) – perno, asso Paiolo – caldiera Pasticciare – pastrociàr, sbrodegàr Pero (veg.) – perèr Pala – badil, pala Pastrano – capoto, codegugno Perplesso – imatunì Palamita (itt.) – palamida Patinare – lustrar Pertanto – persiò, donca Palamito (mar.) – parangal Patrimonio – sostansa Pertosse – tosse pagana Palemone (artopode) – schila Pattumiera – scovassera Perturbazione – stratenpo Palese – in vista, ciaro, verto Paura – paura, pipìo, sbigola, Pesante – grevo Pallina (colorata) – vaga, s’cinca spagheto Pesca (veg.) – persego Palmo (delle mani) – palma Pauroso – pauroso, bruto Pesce – pesse, (el) pessi Palo – pal, forcada, (della bica) Pavimento – paimento, (di natante) Pescecane – cagniga miedil, (di sostegno) soponta, vaso paiòl Pescheria – pescaria Palombaro – sotàiro Pazzerello – maturlo Pesco (veg.) – perseghèr Palombo (itt.) – cagneto Pazzo – mato Pessimo – ‘ssai cativo Palpebra – palpièra Pece – pegola Pesta – pedega Palude – palù Pecora – piegora Pestare – pestar, bater, mastrussar, Pampino – banpeno Pedante – piedego sapolar, tibiar Panca – banco, bancheto; banca Pedata – piada, scalso, pintelcul Petraia – masiera Panciotto – gilè Pedinare – andar drio, far la sguaita Pettegolare – ciacolar, babàr Pane – pan, panéto, biga, pagnoca Peduncolo – manigo, pipiòl Pettegolezzo – ciacola, babesso Panetteria – pistorìa Pelare – spelar Pettinare – petenar Panettiera – pancogola Pelato – pelà, spelà Pettirosso (ucc.) – pataross(o) Panettiere – pistor, pek Peluria - pelùgo Pezzo – toco, feta, slepa Pania – vis’ciada, vergon Peluzzo – pelùco Piacevole – bel Paniere – çesto, çesta, panier Pena – trbolo Piacevolmente – ben, pulito Panno – strassa Pencolare – scantinar, zinzolar Piagnisteo – lagna, nàina Pannocchia – panàncola Pendere – pindolar, picar Piagnone – fifoto, piansòto Pannolino – panusso Pendìo – rato, piàio Pialla – spiana, (lunga) soramàn Pantaloni – braghe, braghesse Pene – binbin Pianale (del carro) – tavolasso Pantano – paltàn, ploc’ Pensiero – pinsier Piantare – inpiantàr Panzana – busia, bala, fiaba Pentola – pignata Pianto – pianzàda, fifada Paonazzo – rovàn Penzolo (veg.) – spiròn Piastrella – piastrela, quadrel Parabordo (mar.) – vardalài Penzoloni – a pindolon Piatto – piato, piatel, piatin, (liscio) Paralisi – colpo Pepato – inpeverà sparto, (fondo) fondina

52 La città Piazza – piassa, (non selciata) brolo Poppa – teta, (mar.) pupa Procella – neverin Picchiare – bater, bastonar, dar bote, Poppare – ciuciar Prodotto (agr.) – entrada, fruto cresimar, onzer, castagnar Porcata – porcada, scrovada Professione – mistier Picchiotto – batocio, batador Porcile – stala del porco Profezia – strigaria Piccino – picinin Porco – porco, porsèl, porsìn Profittatore – ludro Picciòlo – manego, pirulìc’ Porgere – dar Profondità – altessa Piccionaia – colonbèra Porre – meter Profondo – fondo, alto Piccione (ucc.) – colonbo Portamonete – tacuin Progressivamente – a leva a leva Piccoletto – pisdrùl, stropolo Porticato – (i) volti Proibire – no lassar Pidocchio – pedocio Posapiano – camoma Prolificare – far fioi Piede – pìe, piè Posdomani – dopodoman, doman Prolisso – longo, sbrodoloso Piega – piega, pièta, alsèta passando Prolungare – slongar Piegare – storzer, scavassàr, (rifl.) Possedere – gaver Promontorio – ponta cufarse Posteri – quei che vegnarà, nevodi Promuovere – mandar ‘vanti Piena – montana, brentana Posteriore (s. m. di luogo) Proprietà – ben, sostansa Pieno – pien, batù – postèrno Proprio – propio Pietà – conpassion, pecà Postino – postin, postier Prora (mar.) – prova Pietraia – masiera Posto – posto, logo, sito Prosciugare – sugar, secar Pigiare – sburtar; folar Potare – podar, bruscar Prosciutto – parsuto, persuto Pigliare – ciapar Povero – povaro, misero Prospiciente – che varda Pila – (dell’olio) pila, (dell’acqua Pozzanghera – possa, busa Protrarre – tirar in longo santa) pilela Pozzo – posso Protuberanza – goba, bugnòn Pinna (mollusco) – stura Pranzare – pranzar, desnar Proveniente – che ven de… Pino (veg.) – pin Prato – prà, (dim.) pradisel Provocante – stusseghin, stussegon Pinolo – pignol Precauzione – ocio Prua (mar.) – prova Piolo – cavìa, grisèla Precedentemente – prima, ‘vanti Prugna (veg.) – susin, amolo, ranglò Pioppo (veg.) – talpòn Precipitare – cascar, tonbolarse Pruno (veg.) – susinèr, amoler Piovigginare – schissolàr Precipitazione – furia Pubblicare – meter fora, stanpar Pipistrello – barabastèl Precipizio – buron, rivasso Puerile – de fioi Piroetta – giravolta Precisare – dir, contar justo Pugno – pugno, castagna Pisello (veg.) – biso Preciso – justo Pula (agr.) – bula Pisolino – pisoloto, sparèto Precoce – bonorivo Pulce – pùliso Pspoletta (ucc.) – calandrina Predare – robar Puleggia – bosèl Piuttosto – pitosto Prefazione – capel Pulire – netar, forbir Pizzicore – bèca Premere – fracar Pulito – neto Placare – chietar, calmar Preminenza – soravento Pungere – ponzer, sponzer, becar Plumbeo – scuro Prendere in giro – cior pel cul, Pungiglione – spin Poco – un fià, iòsso, ninìn, scàia, coionar, remenar Pungitopo (veg.) - bruscàndolo s’cianta, fregola, un bic’ Preoccuparsi – esser/star in pensier, Punire – castigar Podere – cortivo – canpagna bazilar Punta – ponta Poggiare – pusar; (mar.) poiar Preparare – preparare, prontar Puntellare – puntar, sopontar Poi – po, podopo Prescindere – lassar de parte Puntello – ponta, soponta, piron Poiché – che, perché, parchè Presepe – presepio Punteruolo – pontariol, (della vite) Polenta – polenta, (liquida) suf, slufi Pressa – torcio uriol Polipo – folpo Presso – vizin, rente, tacà Punto (sost. e agg.) – ponto Polla – bolass(o) Presto – presto; svelto; bonora Puntura – ponzon, ponzo, sponta, Pollaio – puliner, caponera Presumere – creder becada, becon Pollice – deo grosso Presuntuoso – pien de sé Pupazzo – pupolo Pollino (insetto) – pelisson Pretenzioso – pien de bava Pure – anca Pollo – polastro Prevaricatore – inbroion, smafaro Purè – pirè Pollone (veg.) – buto, bastardo, bilfo Prezzemolo (veg.) – persemolo Pus – materia Polpaccio o polpastrello – pùpola Prezzp – costo Pusillanime – cagon, cagheta Polsino – damàn Prigione – preson, galera, cheba Pustola – brusco Poltiglia – mantèca; ploc(io) Prima (avv.) – prima, ‘vanti Putiferio – batibòio, casoto Poltrire – tirar la fiaca, omega Primaticcio – bonorivo Putrefare – marsir Pomeridiano – de dopopranso Privare – cavar, cior Puzzare – spussar Pomodoro (veg.) – pomidoro Probabile – (che pol capitar) fazile Puzzolente – spussente Ponderare – pensar; pesar Problema – quistion Pontile – mol, ponte Procedere – andar avanti

53 La città In memoriam

Ferdi Vidmar – Era nato a Idrija il 27 gennaio del 1927 da Ivanka e Ferdinand. Lascia la famiglia giovanissimo per proseguire gli studi a Gorizia e poi a Pordenone, dove frequenta il Ginnasio classico del collegio Don Bosco. Giovane idealista entra nelle file partigiane e lotta per un mondo libero e migliore. Dopo la guerra sostiene l’esame di perito industriale elettrotecnico e trova lavoro alla Radio Tv di Lubiana. La conoscenza della lingua italiana gli permette di lavorare a Radio Capodistria come tecnico addetto al ripetitore di Croce Bianca. E’ il primo passo di una carriera che lo porterà a commentare i più svariati avvenimenti sportivi nazionali e internazionali. Aperto alle novità, curioso per natura, Ferdi è stato un pioniere del giornalismo sportivo. Le sue telecronache non avevano nulla da invidiare a nomi forse più noti del suo. Commenta con entusiasmo, precisione e pacatezza. La sua non era parvenza televisiva, perché il Ferdi che incontravi per strada era fatto così. Nel privato Ferdi aveva la sua famiglia alla quale era legatissimo. Nel 1953 sposa Anita Deponte, una ragazza capodistriana piena di brio, sportiva di successo. Dalla loro felice unione sono nate Laura, Annamaria e Silvia. Quando il papà era lontano per qualche servizio, erano orgogliose di sentirlo e vederlo apparire sullo schermo. Lo ascoltavano con interesse quando a tavola raccontava dei suoi viaggi. Erano favole vere. Oltre che per i suoi nipoti, Ferdi ha trovato tempo anche per altri ragazzi ai quali ha insegnato ginnastica e sci. Li spronava a non aver paura della neve e a lasciarsi andare con leggerezza. Malgrado l’età Ferdi aveva una carica vitale invidiabile. Sempre presente in Comunità, pronto a porre domande, a ricordare fatti del passato; ad esempio che suo padre e quello di Anita, sotto il fascismo furono compagni di cella nel carcere di Capodistria. L’ultima sua battaglia era stata quella per l’intitolazione di una via al pittore Oreste Dequel.

Ornella Derin – A soli 49 anni ci ha lasciati in seguito anche fatto parte del coro guidato dal maestro Stancich. ad una tragica fatalità Ornella Novak Derin. Una folla Molto stimata nell’ambiente di lavoro, lascia il marito e commossa di amici e parenti le ha reso l’estremo saluto al un figlio, Marko, ancora adolescente. Gli ex compagni cimitero di Bertocchi, la località in cui era nata e vissuta. di scuola vogliono ricordarla con questa foto della VII Ornella aveva frequentato insieme al fratello gemello classe – anno scolastico 1973/74 – insieme all’insegnante Vili, le scuole elementari a Bertocchi e a Capodistria, di sloveno, professoressa Hočevar. Ornella Derin è la diplomandosi quindi all’Economica di Isola. Aveva terza da sinistra accovacciata in prima fila.

Armida Peroša – Nata 58 anni fa a Gianpaolo Opara – 94 anni di Santo Favento – Classe 1931, del Sermino, Armida è stata impiegata a Crevatini. Già operaio al cantiere ramo dei Guzzi. E’ stato impiegato al Radio Capodistria dal 1971 al 2008 navale S. Rocco di Muggia, dopo la porto di Capodistria. Abitava in uno in qualità di pianificatrice nel reparto guerra agricoltore. Un’intervista sul dei blocchi sorti tra la chiesetta di realizzazione radiofonica. numero 11 de La Città. Semedella e casa Gambini.

54 La città

55 La chiesetta di S. Tommaso Dopo due anni di chiusura è stato E' in via di demolizione questa casa, restaurata di recente a spese della finalmente riaperto il Caffè della un tempo locale pubblico, vicino allo parrocchia. Vi si conserva una statua Loggia. Il »salotto« di Capodistria stadio. La posizione era nota come prodotta in Val Gardena e un affresco èstato affidato in gestione alla »a la Tappa«. La foto è degli ultimi attribuito al Clerigino (sec. XV). società Kolosej. giorni di novembre.

Una comitiva della Comunità degli Italiani »Santorio Santorio« di Capodistria composta da 25 partecipanti ha partecipato dall'11 al 13 settembre scorso all'escursione di studio in Trentino, organizzata nell'ambito del piano permanente di collaborazione tra Unione Italiana e Università Popolare di Trieste. In compagnia dei connazionali di Cherso e di Lussino, i nostri soci hanno visitato le località di Trento, della Val Rendena e di Pinzolo, prendendo contatto con le tipicità artistiche, storiche e paesaggistiche del posto e apprezzando in generale l'alto grado di cultura dell'ospitalità nel Trentino. Nella foto ricordo (cortesia della C.I. di Lussinpiccolo) è ritratta la comitiva dinanzi alla chiesa di San Vigilio a Pinzolo, conosciuta per la famosa raffigurazione della danza macabra.