Qualcosa di Comabbio Quaderno n. 2 1978 Qualcosa di Comabbio - Quaderno n. 2 - 1978

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NdE: Sono stati corretti alcuni errori tipografici presenti nellaersione v originale Sommario

La nostra Biblioteca 5 La Cooperativa di Consumo 6 Per Enzo Bontempi 10 Garibaldi a Comabbio: storia o leggenda? 14

4 La nostra Biblioteca

È trascorso un anno circa dal giorno in cui la nostra Biblioteca ha iniziato la propria attività.

I difficili momenti iniziali, che del resto caratterizzano sempre l’avvio di nuove iniziative, sono stati superati grazie all’impegno dei nostri collaboratori e alla gentile simpatia che i comabbiesi ci hanno dimostrato.

Grande è stata, infatti, l’attenzione che i comabbiesi hanno dedicato alle pur semplici, ma genuine iniziative della nostra Biblioteca: basti ricordare l’esito po­sitivo della cerimonia dell’inaugurazione, la mostra fotografica e dei disegni, le gite culturali e la simpatica accoglienza riservata alla pubblicazione del primo quaderno di ricerche su Comabbio.

Come ci eravamo prefissati al momento della nascita di questo ente, abbiamo voluto estendere il significato ed il fine della Biblioteca a qualcosa di più ampio del puro e semplice prestito di libri o luogo dilettura. Abbiamo, infatti, tentato di far “vivere” questa istituzione fra la gente, per comunicare con le persone nella maniera più immediata ed amichevole, nell‘intento di “creare” quel tipo di cul­tura semplice e partecipata, che non ha bisogno dei grossi e complessi testi scolastici.

La cultura è vita e tutto ciò che ci circonda, anche le cose più comuni, sono fonte di conoscenza e quindi di culrura. Ed è proprio a queste cose e manifestazioni “di tutti i giorni” che noi vogliamo avvicinarci, per cercare di recuperare quel “qualcosa” che il mondo d’oggi, fatto solo di grandi cose, ci ha portato via.

In questo senso vogliamo procedere nelle nostre attività tenendo fede a quel principio di continuità, che sta alla base di tutto cio che vive, agisce e progredisce.

La collaborazione e l’affetto che i comabbiesi ci hanno dimostrato fino ad oggi ci danno la forza morale di proseguire nello sviluppo di altre iniziative, intese ad un continuo approfondimento della conoscenza della storia e delle tradizioni del nostro paese, ed anche allo scopo di seguire lo sviluppo dinamico della realtà in cui vive la nostra comunità.

Nell’ambito di queste finalità la Biblioteca si ripresenta, oggi, a voi comabbiesi con una nuova raccolta di articoletti sulla nostra Comabbio, fiduciosa di essere ancora una volta ben accolta e certa di ottenerela collaborazione e la simpatia che fin dall’inizio le avete dimostrato. Martino Comani

5 La Cooperativa di Consumo

L’esistenza dell’attuale Cooperativa di Consumo a Comabbio è il risultato di un lungo cammino, che ha i suoi inizi in quel vasto clima di rinnovamento sociale che ha caratterizzato la vita degli Italiani alla fine del secolo scorso e all’inizio di questo­ secolo.

Proprio in questo particolare contesto storico, anche nel nostro piccolo paese si è sentita la necessità di organizzarsi in associazione, con la consapevolezza che traguardi non si possono raggiungere se non con la collaborazione, espressa in forma associativa.

CENNI STORICI

La prima Cooperativa (1906–1907) era situata in via alla Chiesa (attuale via Roma) in due locali di Casa Bollini: un locale serviva per la vendita del vino, l’altro come spaccio di generi alimentari.

Verso il 1910 viene trasferita in via Biadone (ora via Garibaldi) nella Casa , dove più ampie possibilità di spazio consentivano realizzazioni più consone alle necessità delle persone.

L’ingresso era dal bel portone, fortunatamente ancora esistente, attraverso il quale si arrivava al campo riservato al gioco delle bocce e ai due locali adibiti a ritrovo e mescita vino. Dalla porticina accanto al portone si giungeva nel locale ­spaccio merci. Dispensiere era Cardani Carlo; presidente Bielli Ernesto.

La necessità di una sede autonoma e più adatta allo scopo, indusse, verso il 1920, ad acquistare parte del giardino di proprietà Margarita-Flumiani (prolungamento­ del cosiddetto “giardin bel”), spazio ora occupato dall’attuale Cooperativa e dal gioco delle bocce.

Il progetto iniziale dell’edificio era del geom. Selvini di e avrebbe previsto un complesso edilizio composto da locale vendita generi alimentari, locale di ritrovo, macello, cantina, forno, servizi e abitazione per il gerente.

Purtroppo, per intromissione del sig. Brebbia Enrico, il progetto fu modificato completamente: la costruzione venne ridotta alla sala vendita alimentari, salone per ritrovo, cantina, e scala esterna sul versante dello spaccio, che portava ad un salone superiore.

In seguito, verso il 1936, venivano costruiti anche i servizi ed il resto dell’edificio ora esistente.

L’inizio dei lavori avvenne tra il 1920 e il 1921. Ci furono molte offerte per poter costruire l’edificio. Durante la posa della prima pietra vennero gettate simbolicamente delle monete. La pietra si trova in zona angolo locale vendita alimentari.

La costituzione ufficiale della Società, sotto la denominazione “Cooperativa Consumo di Comabbio” è datata 25 marzo 1922, come risulta dal verbale, comprendente­ anche lo Statuto, steso dal notaio Dott. Giuseppe Bonazzola di . 6 Questo primo fatto ufficiale della vita della Cooperativa avvenne in casa Brebbia, in via Biadone .

La Società aveva la durata a tutto il 30-11-1972 e il capitale sociale era diviso in un numero illimitato di azioni da Lit. 100 cadauna.

I promotori furono i Signori:

• Bielli Ernesto • Giovanola Anselmo • Bilesio Melchiorre • Leva Quirico • De Bernardi Angelo • Coerini Ambrogio • Porotti Santino • Luini Giuseppe • Bilesio Ercole • Borlandelli Giovanni • Leva Vittorio

II primo Consiglio di Amministrazione era composto da:

• Presidente: Bielli Ernesto

• Consiglieri: Giovanola Anselmo Bilesio Melchiorre Leva Quirico De Bernardi Angelo Coerini Ambrogio Porotti Santino Luini Giuseppe Bilesio Ercole Borlandelli Giovanni Leva Vittorio Ottilli Oreste Coerini Stefano

• I Sindaci eletti furono: Brebbia Enrico Bellini Filippo Quaglia Francesco

• I Sindaci supplenti i Signori: Brebbia Angelo Sartorio Costante

Dopo il periodo fascista, e precisamente il 26-2-1949, si modificava il tipo di Società e, in qualche punto, anche lo Statuto.

Infatti la Cooperativa di Consumo diventava una Societa Cooperativa sabilità arespon­ limitata. Le azioni venivano portate a Lit. 500 cadauna e si inseriva anche la possibilità di vendita di prodotti di abbigliamento.

SIGNIFICATO DI QUESTA REALIZZAZIONE

Lo Statuto del 1922 consente di fare alcune considerazioni molto significative, soprattutto in riferimento alle finalità per cui è nata la Cooperativa stessa.

Nell’articolo 1 dello Statuto mi sembra di cogliere una novità molto impor­tante nel fatto che tra gli scopi della Cooperativa viene inserito anche quello culturale.

7 La Cooperativa negli anni trenta

8 Questo esplicito richiamo all’istruzione rivela l’intuizione di chi ha compreso che le vere riforme sociali, pur esigendo la soluzione immediata di problemi contingenti,­ quali la possibilità offerta a tutti di trovare a prezzi modici i generi alimentari di prima necessità, fondano la loro continuità nel miglioramento qualitativo della persona, per raggiungere il quale la cultura è una delle componenti indispensabili.

Sotto questo profilo il vecchio Statuto della Cooperativa ha molto da dire a noi che, purtroppo, giudichiamo tutte le realtà, compresa la vita umana, solo in termini di profitto e di piacere.

Una seconda serie di riflessioni è suggerita dal punto 5) dello Statuto, dove si enumerano i motivi sufficienti per essere esclusi dall’appartenenza alla Società stessa.

Al comma “c” si accenna all‘espulsione dei condannati alla restrizione della libertà personale, ma si ha la preoccupazione, ed è molte importante, di escludere da guesto gruppo i condannati per motivi politici.

Questo richiamo, oggi, sembra ovvio e scontato, dato il clima di libertà democratica in cui viviamo, ma se collochiamo lo Statuto nel particolare clima politico e sociale dei suoi primi anni di vita, questa sottolineatura, che sembrerebbe marginale, acquista un valore di portata molto significativa.

Un’ultima considerazione nasce ancora dall’art. 1 che, nell’enumerazione delle finalità, colloca al primo posto l’acquisto all’ingrosso dei generi alimentari in vista di una distribuzione “a prezzi più miti”, che consenta ai soci la diminuzione della spesa della vita quotidiana.

Collateralmente si parla anche della produzione di alcuni generi alimentari, che tradizionalmente si è espressa nel “vino buono” (vin bun) e nei gustosi salami natalizi.

Però nella mente dei promotori vi era senz’altro la consapevolezza di aver capito l’importanza di dare valore commerciale ai prodotti tipici del nostro paese e della nostra zona.

Questa lettura meditata dello Statuto non vuole esaurire, entro queste brevi tematiche, il significato della presenza della Cooperativa, se mai è un invito affinché, riflettendo sul proprio fondamento costituzionale, la Cooperativa di oggi sia sempre più se stessa, cioè rispondente alle reali esigenze della popolazione di Comabbio. Federico Bosetti

9 Per Enzo Bontempi

« ...Se non avessi ogni giorno la mente punta dai gridi della vita nuova che urta ai banchi errori di calcolo e grammatica stanca sarei caffettiera da ripostiglio . . . »

Così Enzo Bontempi colloca la propria dimensione vitale ne “Il Maestro” da “I Re d’Egitto”, la prima raccolta di poesie pubblicata nel novembre del 1961.

Maestro dunque per tutti noi che gli eravamo vicini e sapevamo apprezzare la sua straordinaria capacità di comunicare coi giovani, di intuirne, stimolarne i problemi, l’inimitabile acutezza di penetrazione e senso critico, maestro tanto più alto per i piccoli alunni di sempre, nello spirito dei quali egli seppe con pazienza e fiducia introdurre per la prima volta la “visione” dell’Arte.

L’aspetto peculiare e sempre sorprendente del suo insegnamento, prima della direzione didattica, fu proprio quel continuo incrocio instabile e vitale tra l’opera matura dell’artista e la mente sgombra del fanciullo. Avvalendosi delle sue innate doti di critico e nel contempo di innumerevoli amicizie tra gli artisti contemporanei, promosse incontri, tenne carteggi, organizzò diverse manifestazioni artistiche di giovani, sempre mirando come fine ultimo a introdurre l’Arte militante nella scuola e soprattutto a stabilire un contatto umano, diretto, tra l’artista e l’alunno, tra l’uomo capace di dare e la mente del fanciullo, la più adattaad apprendere, a ritenere, e quindi un giorno a ridare.

In ciò sta forse il suo merito più alto.

Anche a Comabbio insegnò nei lontani anni di guerra, ma qui più che altrove era l’amico, era scherzosamente il “Poeta”.

E come non ricordare gli incontri, le gite della giovinezza, quel lungo assiduo conversare su e giù per il paese o più spesso seduti sul muretto del lido quando già l’ombra scendeva dal bosco e i colori del lago si facevano più assorti?

A volte si usciva in barca per l’ultimo sole e i discorsi, le parole scivolavano su un’acqua silenziosa.

Era amico di quell’acqua ed ogni giorno d’estate vi si immergeva quasi fosse un dovere o meglio forse un rito. Anche in autunno scendeva sulle rive, ormai solo, a guardare quell’orizzonte consueto, i colori del tramonto, con l’asciugamano (oggetto emblematico) sulla spalla: « ... La spugna rosso drappo / d’acquatica corrida / sventola all’umida / prima nebbia di lago ».

10 Enzo Bontempi — Disegno del 1977

11 Proprio da questo acuto mirare, da questo pungere con l’occhio le rive lon­tane, nacque l’idea dell’ “Indossatrice verde”, la seconda raccolta di versi pubblicata nel maggio 1965.

« Ed avvenne che, dopo aver guardato per più giorni, stando sull’opposta riva, solitaria a sole una indossatrice, disponendo per caso d’una barca, attraversassi il lago. La verifica accurata provò solo, almeno all’ora del mio passaggio, la presenza di una sedia da riposo dal tessuto verde, smeraldino. Inesistente l’Indossatrice. Avuta così un’ennesima e sorridevole conferma con maggior pazienza ripresi a considerare l’umana Avventura » (Lago di Monate, settembre 1964).

Anche qui, come ne “I Re d’Egitto”, i luoghi di un’Italia monumentale e pittorica, più vagheggiata che reale, si frantumano in mille situazioni, in particolari collegati a personaggi tra il metafisico e il buffo, perseguitati da un’ironia bonaria che non si insabbia mai nel corrosivo sarcasmo del nichilista, ma anzi accresce la suggestione dell’ora come uno schizzo filtrato dall’ “occhio strabico” della mente.

Così « A San Marco il vento fa / rabbrividire i Re d’Egitto », le statue si muovono e scende « Cangrande / insonne a spasso / lungo l’Adige / a portare un levriero », « Ilaria dorme bianca soli / viola alla colonna » e « ... ride Borso / in comoda seduto, il sesso ».

Poesia della surrealtà dunque, dell’immaginazione, dove gli antichi Illustri scendono a compromesso col presente e si affacciano a spiare i buchi di Fontana o i generali di pezza di Baj, poesia tesa al massimo, come ben dice Gianfranco Pandini, verso un ignoto senso della tragedia e del riso.

La coerenza, la fantasia dell’attimo, la semplicità sorrette o comunque non intralciate da un’autocoscienza stilistica via via più raffinata e pungente, fanno dei suoi libri un documento fra i più probanti della possibilità della poesia di penetrare con gli strumenti della leggerezza, della stravaganza, dell’ironia nello spessore di una realta opaca, tortuosa e inamabile come quella che ci circonda .

I messaggi non drammatici e mai patetici, sorretti dalla corrosiva sinteticità del verso, si fanno precisi e inquietanti quando c’è da svelare l’ottusità degli eventi o l’ipocrisia dei referti.

Così in “Continuità” « Allunga, Borso, la palanca / Ovunque corrono i buffoni / sessi all’aria / Fan sempre bandiera »; o ne “Il Rivoltoso” « Attento Alfiere, attento / Tiepolo Baiamonte! / Al Cappello Nero sempre / s’affaccia sbadata la vecchia / sempre pendono mortai / di pietra sulla nostra testa »; o ne “II Tempo” « ...le baionette alle chiappe / d’azzurre sentinelle / i bidoni di benzina / i bidoni della gloria... »; e ancora « ... la patria! la patria! / oh! il tempo delle streghe / incubi di un sabba / 1000 - 900 - 42 », o per finire in “Provincia­ 64” « Acque del Lambro e muffe / Cara Teodolinda / Solo Matteo da Campione­ / Qui s’è lavata la faccia ».

Ottenuta la nomina a direttore didattico, è destinato a Ploaghe in provincia di Sassari. Forte il distacco, quasi uno sradicamento, ma l’esperienza, anche se accompagnata da grave travaglio interno e depressione psichica, non è certo negativa, specie ai fini della sua opera poetica.

« ... in piaghe ploaghe plubium lì / addì ventesimo democratico / in buonamorte attendo / per la pubblica istruzione / i tartari del deserto / e Buzzati / è in piazza della Scala ».

I versi, tratti da una poesia scritta in morte di Lucio Fontana, fan parte de “Il Vecchio Freud”, la sua terza raccolta pubblicata nell’aprile del ‘69. Fan seguito “Frammenti per La Senese” del maggio 1970, “Il cielo d’Iorgia” del no ­vembre 1972 e “I falsi minareti” con disegni di Antonio Calderara dell’ottobre 1975.

Il verso impregnato di contemporaneità, essenziale e dinamico, opera sul linguaggio (specie ne “Il Vecchio Freud”) quasi una frattura, esprimendo una maturità umana che, se ad un esame superficiale può apparire di valore unicamente personale, acquista via via, ad una lettura piu profonda, il carattere di universalità nei sentimenti e nelle situazioni, nei personaggi e nelle occasioni.

Certo l’esperienza sarda scava un segno indelebile.

Ne “Il Vecchio Freud” il paesaggio umano fatto di artisti, dignitari, re, filosofi, scienziati frammisti a una folla anonima di gente ignota più umile ed anche più viva, sembra una creazione ininterrotta della mente, un vivere di volti reali affacciati al balcone della fantasia.

12 « Son fogli di un taccuino logudorese, che dedico umilmente ai miei indimenticabili amici dell’isola paziente ». Così egli dice in una nota e quando la fantasia scopre la memoria , si affiancano gli amici della guerra lontana: « ... i soldati – ricordano / solo case / la gamella – e talvolta / una carpa – arduo Bruno / il poker tuo d’esistere... » e ancora: « Serenissimi dormivamo nudi / a vincere i pidocchi / orinava nei registri il veneziano / contabilità speciale / il Capitolo dei Morti / era il 25 ... ».

I luoghi antichi del Logudoro ritornano ne “Il cielo d’Iorgia” talora avvolti da un profondo senso di tragedia (« ... qui ove il nuraghe opprime / cani sconsolati / rinascite e pastori / la peste è fissa – l’inferno opaco ») o di mistero (« Avevan gambali e giacche / da sospetto / stanchi diavoli trasumanti / sparivano nell’aria ») o di sottile ironia (« Reni più forti ebbe femina forte / senza problemi di latrina / donna Iorgia qui issa curriat mandras... »).

Ma già nella seconda parte della raccolta ed ancor più ne “I falsi minareti “ il linguagoio sembra addolcirsi, si respira tra le righe aria di casa, aria di vecchie vigne comabbiesi, l’allegria o la nostalgia dei laghi, anche se i personaggi, come sempre più sornioni che enigmatici, spuntano da ogni parte d’Italia, non già per farsi riconoscere, ma per accrescere la suggestione di una commedia nata dall’ironia.

Vorrei ricordare, a conclusione, due brevi poesie che, pur stando agli antipodi come contenuto, racchiudono ed esprimono a chi bene intenda tutti gli aspetti del suo carattere dal serio all’arguto, dal melanconico al faceto: l’una « Tu quoque (et om nes) / Sono come a Ranco / L ultimo dell’anno / Sole le barche »; l’altra : « Chiusi i musei Susanna / Quando russano i Vecchioni / i piedi leva dal bagno / L’unghie taglia ».

Ora il “Poeta” non è più. Qualcuno ancora lo cerca con lo sguardo in piazza tra gli amici, la sigaretta tra le labbra, nel suo atteggiamento solito di attesa fra il curioso e l’ironico.

Io già lo sento insieme ai suoi morti « andare col sole per i prati ». Giulio Campiglio

13 Garibaldi a Comabbio: storia o leggenda?

Alcune note risorgimentali

Fin dall’infanzia mi veniva detto che Garibaldi passò da Comabbio ed a ricordo del fatto la popolazione gli intitolò la via principale del paese.

La mia curiosità sull’avvenimento mi spinse a saperne di più ed a tentare di sciogliere diversi interrogativi: vera o falsa la testimonianza? E poi in quale occasione avvenne il passaggio?

Mi si diceva che Garibaldi transitò da Comabbio durante la guerra d’indipendenza del 1859, dopo lo sbarco a , in direzione di .

Purtroppo la notizia non corrisponde al vero e lo vedremo più avanti.

Appurai invece che il passaggio avvenne nel 1848, ed in circostanze abbastanza curiose. Cercherò quindi in queste pagine di fare un po’ di luce attorno a questi avvenimenti.

Nel 1848 anche Comabbio è presente al primo grande appuntamento di indipendenza dall’Austria. La notizia dell’insurrezione del marzo in Milano non è accolta con sorpresa nel nostro piccolo villaggio.

Già il 22 marzo c’è un accorrere di uomini armati che da , Cadrezzate, e Comabbio insegue un gruppo di soldaci austriaci in fuga verso .

La tradizione vuole che al gruppo si aggiungesse una schiera di ardimentose donne guidate da una certa Valmaggia.

Nei giorni seguenti l’insurrezione la nostra plaga si organizza con milizie di guardie civiche raggruppate ad , capo del distretto. Viene reclutato il medico chirurgo di Comabbio, Giuseppe Simonetta, a presiedere alle operazioni di leva in Angera, ed il 30 maggio rinuncia alle competenze dovutegli per questa assistenza, devolvendole alla Causa Nazionale.

Anche il comune di Comabbio partecipa con una vistosa oblazione alle ripetute collette che venivano raccolte in Lombardia: il 25 giugno offre 95 lire (cifra ragguardevole per il nostro piccolo comune, se si confronta inoltre con le oblazioni dei paesi vicini, come Taino, che offre solo 40 lire).

Ma sarà nell’agosto che Comabbio assisterà come inconsapevole testimone ad avvenimenti che avranno eco in campo nazionale.

È noto infatti che alla prima guerra d’indipendenza partecipò anche la legione garibaldina che,dopo l’armistizio di Salasco del 9 agosto, ritornò sul territorio lombardo tenendo in scacco l’esercito austriaco fino alla precipitosa ritirata verso la Svizzera del 27 di agosto.

14 Seguiremo ora i movimenti di Garibaldi che lo portarono, nelle giornate del 24, 25 e 26 agosto, nella zona dei nostri laghi.

Il 22 di agosto il generale d’Aspre prende il comando delle truppe austriache nel varesotto ed inizia la caccia senza sosta alla legione garibaldina, oramai stanca e senza viveri.

Il 23 agosto Garibaldi pernotta a da dove parte frettolosamente la mattina seguente per . Alle nove giunge a Travedona, via , e si porta sul lago di Monate; qui la legione, composta di circa 1000 uomini, si disperde sulle colline circostanti.

La manovra non è chiara e non si conoscono gli intendimenti di Garibaldi: vuole riparare verso il Piemonte, o prendere la via del lago Maggiore e raggiungere la Svizzera con i piroscafi ancora nelle sue mani? Una cosa è certa: l’esercito austriaco lo sta braccando da ogni lato.

La legione garibaldina rimane ben celata nelle giornate del 24 e 25 attorno ai due laghi di Monate e Comabbio, sulle alture della Pelata, che da Osmate e Comabbio scendono fino a , e sulle colline tra Ternate e Travedona.

La loro presenza è segnalata a Ternate, Osmate e Comabbio.

È quindi da circoscrivere a queste due giornate il transitare di Garibaldi per Comabbio dove testimonianze, oltre ad attestarne il passaggio, ricordano l’aiuto prestato dai contadini nel nascondere nei fienili alcuni garibaldini impossibilitati a proseguire le estenuanti marce di quei giorni.

Garbaldi stesso, indebolito e più volte colto da forti febbri malariche, deve aver trovata opportuna e provvidenziale questa sosta.

I rapporti degli informatori austriaci segnalano la sua presenza ad Osmate; qui riceve la compagnia del capitano Barbara, della colonna piemontese Durando, con due cannoni di grosso calibro. Garibaldi trattiene parte degli uomini, ma rimanda in Piemonte i cannoni che gli sarebbero stati d’impiccio.

II generale d’Aspre alle cinque del mattino del 26 agosto apre le operazioni per snidare le colonne garibaldine.

I reparti della Maurer da e Laveno muovono verso Gavirate e Brebbia, la brigata Giulay da Somma e Sesto avanza su Osmate, la Schwartzenberg da Varese, a nord del lago, verso Gavirate, Bardello, Cadrezzate, Osmate, e la Strassoldo da Varese, a sud del lago, per Cazzago, Ternate e Travedona.

È un’operazione in grande stile che non dovrebbe lasciare spazio a Garibaldi, ma oramai le legioni garibaldine, intuendo l’accerchiamento, hanno lasciato la zona.

Dalle pendici del monte Pelata scendono verso Mercallo la notte del 25 e si spostano sul S. Giacomo, sopra Corgeno; le colonne sulle alture di Travedona e Ternate lasciano la posizione per spostarsi al Gaggio ed a Tordera.

Il generale d’Aspre, che con la brigata Schwartzenberg avanzava verso Osmate da Varese, viene informato a Monate che Garibaldi ha lasciato la zona e, penetrando tra le brigate Giulay e Strassoldo, per Ternate, è giunto a .

Le truppe gadbaldine ancora una volta non si fanno sorprendere e solo in serata­ avverrà lo scontro di Morazzone: Garibaldi riesce a fuggire, le truppe vengono disperse. Finisce con un’avventurosa fuga in Svizzera la prima campagna italiana di Garibaldi.

A Comabbio intanto le pattuglie austriache sopraggiunte entravano nelle case in cerca dei garibaldini sbandati.

Un altro episodio di quelle giornate degno di racconto riguarda le peregrinazioni delle armi di un gruppo di volontari di che, fallito il tentativo di aiutare la Causa Nazionale, cercarono in fretta un buon 15 nascondiglio per quelle armi divenute scomodo bagaglio. E cosl iniziarono i traslochi che le portarono prima all’isolino di Varese, poi nascoste nella chiesa di Biandronno, infine affondate nel lago di Monate. Ma anche qui non ebbero pace e, ripescate, furono occultate nei boschi tra Comabbio e Osmate da dove vennero rubate e definitivamente disperse.

Finisce così l’avventura comabbiese del 1848.

Sara ancora nel 1859 che Garibaldi ripasserà dalle nostre parti.

Infatti il 22 maggio, dopo il passaggio del Ticino a Sesto Calende, la colonna di Garibaldi si mette in marcia per Varese seguendo la strada di Corgeno-Varano-Bodio. Per i comabbiesi sarà solo un assistere da lontano al passaggio dei garibaldini, ma il pensiero sarà corso certamente alle afose giornate dell’agosto del ‘48.

In chiusura riportiamo l’elenco dei garibaldini e dei veterani comabbiesi che parteciparono alle guerre risorgimentali. Questo elenco è ricavato dal giornale, numero unico, “Comabbio” del 6 settembre 1908.

I garibaldini di Comabbio:

† QUAGLIA GIUSEPPE Campagna 1862 † BREBBIA PAOLO Campagna 1866

I veterani:

DE BERNARDI ABELE Campagna 1859-60 GIOVANOLA ANGELO “ “ LANZETTI LAZZARO “ “ MOLINARI GIUSEPPE “ “

BIELLI GIUSEPPE Campagna 1866-70 BREBBIA GIOVANNI “ “ SESSA GIUSEPPE “ “ TAMBORINI LUIGI “ “

Marco Tamborini

16 Per la stampa del fascicolo originale:

LITOTIPOGRAFIA VERBANO — (VARESE)