26° ANNO » N» 120 - 1* NOVEMBRE 1950 Sped.in afob. post. 2 Grappo LIRE 260

I L D R A M M A QUINDICINALE DI COMMEDIE DI GRANDE INTERESSE DIRETTO DA LUCIO RIDENTI PROFUMO

COLONIA

TALCO r pr La donna \ CIPRIE crea il suo fascino \ romantico con una \ goccia di questo roman- tico profumo SO LO ^A^LO SA

UNA VICENDA TRAGICOMICA INTESSUTA CON INIMITABILE GRAZIA FRA LE NUBI DEL CIELO E LA VECCHIA SIMPATICA TERRA

UOHEItT tUMMISiGS, BRIAN IKIMHV. HAUJOBIE IU!V.\«LDS, TOMA CIRTIHGHT e/é A. S. ROGBLL ÌT «<»yé^i. UNITE» ARTISTS r, S. ADBEA'ZAL e AUTISTI ASSOCIA T I S. T. D.

SCUOLA DEL TEATRO DRAMMATICO

¿/'Le/Vcs.- 222 c/a- ''^'^2222222222 2222 Il teatro drammatico non può morire. Unico pericolo : la brutta recitazione. (Da un’intervista col Direttore della S.T.D.).

BIENNIO O TTO BRE 1949 - GIUGNO 1951

CORPO INSEGNANTE DIZIONE RECITAZIONE Giovanni Orsini PERFEZIONAM ENTO (Psicologia dell’Attore - Regìa) CULTURA TE ATR ALE ...... Carlo Lari STORIA DELLA MUSICA . . . . Luciano Chailly STORIA DELL’A R T E ...... Vincenzo Costantini CANTO ...... Rosetta Pampanini SCHERMA ...... Ottorino Scognamiglio TRUCCO TEATRALE ...... Coniugi De Carli LIN G U A F R A N C E S E ...... Igino Delneri LINGUA INGLESE . . . . . Giancarlo Franceschetti

COMMISSIONE D’ESAME Giuseppe Bevilacqua - Carlo Lari - Sabatino Lopez - Giovanni Orsini

LE ISCRIZIONI SONO APERTE IN PERMANENZA, PER CHI DESIDERI D I PORSI IN NOTA, COME CANDIDATO AI POSTI CHE EVENTUALMENTE RIMARRANNO VACANTI * L’INSEGNAMENTO È GRATUITO

BORSE DI STUDIO AI PIÙ MERITEVOLI

Segreteria: Via Castelmorrone, 5 - M ILAN O nella collana ii G U ID E al P E N S IE R O ”

È U S C IT A ORA

GUIDA

GIULIO GONFALONI LUI ALLA

MUSICA VOLUME PRIMO riatti c/t ¿MiZ/o ìcp'

OPERA STORICAMENTE COMPLETA (IN DUE VOLUMI) CRITICAMENTE POLEMICA LETTERARIAMENTE CURATISSIMA. È INDUBBIAMENTE DA CONSIDERARE UNO FRA I MIGLIORI STUDI DI LETTERATURA MUSICALE, USCITI IN QUESTI ANNI 614 PAG. L. 1400 - RILEG. L. 1800 V ______GIÀ PUBBLICATE eligiio possenti G U I D A al T E A T R O ^ 2a EDIZIONE - PRESENTATA DA RENATO SIMONI - ILLUSTRATA DA MOLINO 412 PAG. L. 900 - RILEG. L. 1200

Vittorio calvino G U I D A al C IN E M A PRESENTATA DA -CON 2I4 ILLUSTRAZIONI 370 PAG. L. 900 - RILEG. L. 1200 V ______J IN CORSO DI S TAM PA

GIULIO CONFALONIEEI G U I D A alla M U S IC A vol.2° d. falconi - a. m attini G U ID A alla R IV IS T A v_.______Le “ GUIDE AL PENSIERO" costituiscono una tra Je più interessanti collane librarie italiane, sia per l’autorità degli scrittori, che per la serietà ed insieme chiarezza della trattazione, che per la veste editoriale straordinariamente curata.

NELLE PRINCIPALI LIBRERIE OPPURE INVIANDO RICHIESTA A: CASA EDITRICE ACADEMIA MILANO - VIA PARINI V Sconto 10% a chi sottoscriverà tutta la collana. S hakespeare

Il nostro quinto volume della Collana “ I Capo­ lavori” sarà dedicato al grande William, e qualche nostro lettore si domanderà perchè nonio abbiamo tatto prima. Risponderemo: perchè era troppo facile pensarlo, e perchè in Italia non mancano versioni delle opere di Shakespeare, ad incomin­ ciare dal Rusconi. Non volevamo ripeterci in senso generale; ma ora che il pubblico stesso ci domanda di non privare la Collana di un tal nome - ed ha invero ragione - diamo soddisfa­ zione al lettore e nello stesso tempo evitiamo di incorrere nel peccato di ripetizione, restringendo i termini, centrando il nostro interesse su un aspet­ to e una direzione dell’immensa opera. Riuniremo così in volume i testi seespiriani direttamente ispirati al nostro Paese, ambientati in Italia o mossi da fatti e figure della nostra storia e della nostra leggenda. Tutta l’Italia feerica, fantastica, trasfigurata da Shakespeare, raccolta in un unico prezioso volume. E per la prima volta. Il nostro The Swan Theatre (Teatro del Cigno) a Southwark, Shakespeare; lo Shakespeare degli italiani. costruito intorno al 1595 da Francis Langley.

]E§EE20I]Sh1 n Come tutti gli altri volumi, ogni opera - nuova­ LA BISBETICA DOMATA * I DUE GENTILUOMINI mente tradotta - avrà una propria presentazione. DI VERONA * ROMEO E GIULIETTA * IL MER­ I testi saranno preceduti da una introduzione CANTE DI VENEZIA * MOLTO RUMORE PER generale: SHAKESPEARE ITALIANO NULLA * GIULIO CESARE * OTELLO * ANTONIO di ANNIBALE PASTORE * Seguiranno: E CLEOPATRA * CORIOLANO * LA TEMPESTA INTERPRETI DI SHAKESPEARE IN ITALIA di BRUNO BRUNELLI * LA STORIA ROMANA NEL TEATRO DI SHAKESPEARE I- AIMEIUTO * M. A. ANDREONI di LORENZO GIGLI e SHAKESPEARE, G. CAIMI * G. CANE * E. A. BAMBINI L. GIGLI * C. A. MESETTO * L. MI­ OU LA LIVRAISON DE L’ EMOTION LANI * N. NERI * S. POLICARDI HUMAINE di JACQUES COPEAU. ANNO 26 - NUOVA SKIIIK - N. 120

M L M l i M QUINDICINALE DI COMMEDIE DI QRANDE INTERESSE DIRETTO DA LUCIO RIDENTI

Uffici: Corso Valdocco, 2 - Torino - Tel. 40.443 - Un fascicolo costa L. 200 1° NOVEMBRE 1950 Abbonamenti: Anno L. 4100;SemestreL. 2100;Trimestre L. 1075 - Conto corr. postale 2/6540 • Estero: Anno L. 5100; Semestre L. 2600; Trimestre L. 1325 PuDblicità: C.I.P.P. Compagnia Internazionale Pubblicità Periodici - Milano- Via Meravigli 11 - Telefono 17.767 - Torino - Via Pomba, 20 - Telefono 45.816

Surclassati Bartali e Coppi * La Commissione Ministeriale ha esaminato e accolto ben ven- tidue domande di Compagnie di Prosa per quest’anno comico. La stagione scorsa erano sedici. Questa la notizia. Qualcuno, di questa notizia, si rallegra: vuol dire che siamo in ripresa. E si compiace con la Commissione Ministeriale la cui bella pensata (il 10 por cento per le recite in provincia, il 7,50 per cento per le recite a Roma, il 5 per cento per le recite a Milano) si è rivelata sufficientemente allettante per tentare l’impresa. Ce ne rallegriamo anche noi: e come non potremmo rallegrarci del fatto che tanti bravi attori abbiano trovato una sistemazione per l’inverno? Ma nella nostra allegria che pure è immensa come il mare e occupa quasi completamente la nostra persona rimane un posticino per l’obiettivo esame dei fatti. I quali fatti, esaminati, ci dicono che il teatro ha cessato d’essere tale per assimilarsi sempre più al catasto urbano, all’ufficio delle imposte, alle poste e telegrafi: è cioè diventato un impiego statale o parastatale dove il leggendario tozzo di pane è assicurato a tutti. Tozzo ma sicuro. t a c c u i n o ! Non per fare della maldicenza alle spalle dei malpagati, eroici e spesso misconosciuti impiegati dello Stato italiano, non per riprendere l’eco di un luogo comune: ma la realtà è che — per un’infinità di cause per la maggior parte imponderabili — il lavoro statale non ha fama di essere particolarmente fecondo e fruttifero. Lo sappiamo noi come lo sanno tutti (compresi quelli che lo svolgono): e allora era proprio necessario — e scusate se ci ripetiamo — mettere le mezze maniche anche agli attori, fornire di “ rond de cuir ” anche i registi, distribuire i bollettari anche ai capocomici e agli impresari? Era necessario, vogliamo dire, perfezionare il contratto d’impiego che lo Stato offre al teatro trasformandolo sempre più in un ufficio, in un’attività burocratica? Ma dal momento che questo Teatro non è indispensabile alla vita dello Stato come gli uffici per la riscossione delle imposte o il monopolio dei tabacchi e, per la sua natura di attività voluttuaria (nobilissimamente voluttuaria, se si vuole) non è indispensabile neanche alla vita fisica degli amministrati dallo Stato, perchè non si prende il coraggio a due o quattro mani e non si accantonano questi provvedimenti ipocriti onde si seguita inutilmente a farlo oggetto? Perchè non lo si lascia vivere o morire, se può vivere o se deve morire, ma da solo, senza l’ossigeno o l’estrema unzione del patrio Governo? Ma la parte migliore di questo Teatro può vivere. E i fatti lo dimostrano ad abundantiam ’ . Anzitutto — citiamo dallo scritto dell’illustre critico Silvio d’Amico — la folla che, por la serata in onore di Renzo Ricci, gremiva l’Eliseo in ogni ordine di posti non si era vista mai, neanche nei teatri dove Macario esibisce le sue donnine, forse neanche nelle piste dove Bartali e Coppi fanno il giro... ” e poi, sempre nello stesso giornale da cui abbiamo riferito la confor­ tante cronaclietta di cui sopra, qualcuno accompagna il nome della Gramática all’aggettivo “ nazionale “ la nostra Emma nazionale ” e ci comunica che la Emma in oggetto è stata “ interminabilmente applaudita, contesa, fotografata, acclamata da ammiratori e ammiratrici. Dalla pensata della Commissione Ministeriale che escogita “ sistemi allettanti ” per indurre gli attori a far compagnia, al surclassamento di Bartali Coppi e Macario operato da Renzo Ricci e agli applausi fuori servizio alla Gramática scaturisce, come acqua dalla roccia, la seguente considerazione: il teatro non è e non può diventare una “ branca ” della burocrazia governativa. Pena la sua morte senza possibilità di resurrezione: perchè tutto si può chiedere alla pazienza del pubblico ma di applaudire impiegati statali facenti funzione di attori, proprio no.

COLLABORATORI

JOHN BOYNTON PRIESTLEY: FIN DA QUANDO C’È IL PARADISO..., commedia in tre atti * Articoli e scritti vari (nell’ordine di pubblicazione) di GIGI CANE; CRESCENZIO GUARINO ; LUCIO RIDENTI ; I ITO PANDOLFI ; ELIGIO POSSENTI; ALBERTO VIVI-ANI; GINO CAIMI * Copertina: FREDERICK SIEBEL (sintesi della com­ media) * Disegni di JOY ANDERSON; ROBERT BROADHURST * Seguono le cronache iotografiche e le rubriche varie. John Boynton P riestley

TORNA AL TEATRO D I TUTTI I GIORNI

Ever isince Paradise andò in scena al « Lyceum Theatre » di Shetiield il 19 ago­ sto 1946 ed ottenne, nonostante la 'stagione calda 'e poco teatrale, jm successo piuttosto vivo: più popolare di quanto ili genere non segua alle opere di John Boynton Priestley degustate per lo più da rarefatte platee di high-brows e di esangui intellettuali reduci da tutte le avventure del pensiero. Una volta tanto, Priestley rinunzia a dar veste drammatica ai casi eccezionali di personaggi ecce­ zionali, rinunzia a cavalcare attraverso il concetto di tempo sul cavallo delle teorìe « serialistiche » del suo amico filosofo J. W. Dunne, rinunzia a dar corpo dì personaggi alle ombre della speculazione. E scende, sia pure a modo suo, in terra. E scrive in Ever sinoe Paradise la com­ media che oltre al sottotitolo « tre atti sul tema dell’amore e del matrimonio » potrebbe portare la seguente iscrizione con epigrafe: « elogio del luogo co­ mune ». Perchè questo e non altro, sia detto a tutta sua lode, la commedia vuol essere: la vera storia (e perciò la storia comune) dell’amore e del matrimonio. I due luoghi comuni, fisiologico l’uno, anagrafico l’altro, cui prima o poi finiamo per indulgere tutti quanti. Qui, rifacendo la storia vecchia come Adamo di questi due luoghi comuni, la macchina dell'amore e del matrimonio è smontata pezzo per pezzo, scrostata dalle sue rutilanti vernici poetiche onde l'abbiamo verniciata, e ironicamente illustrata nelle parti che la costituiscono e nei movimenti — eternamente eguali a sè stessi, invariabilmente prevedibili — che da queste parti vengono provo­ cati. Avvezzi, per abitudine, comodità, pudore o pigrizia mentale, a consi­ derare l'amore come una pura sostanza poetica che il matrimonio riveste di durevole forma giuridica, ecco che qui siamo presi per mano e condotti in giro per i retroscena di questa forma e di questa sostanza fino a dover constatare la scarsa poeticità dell'una e il fragile fondamento giuridico dell'altra. Orgo­ gliosamente e ciecamente persuasi di essere i primi e i soli a vivere l'avventura dell'amore e del matrimonio, ecco che siamo qui autorevolmente riportati alla realtà dei fatti, ecco che le dimensioni di quella che noi cerchiamo di catalo­ gare fra le avventure è ridotta alle sue esatte dimensioni di luogo comune. Ever since Paradise, fin dai tempi di Adamo ed Èva nel paradiso terrestre, le cose si sono svolle così come le racconta John Boynton Priestley in questi unpleasant tre atti, in questi tre atti veritieri e « sgradevoli » come le verità di George Bernard Show con i quali il fecondissimo scrittore inaugura un pe­ riodo nuovo della sua formidabile attività di commediografo. II periodo in cui egli si rivolge all'osservazione e all'interpretazione dell'uomo qualunque e della sua compagna, la donna qualunque, per costruire su questi due personaggi il suo nuovissimo teatro destinato a qualunque pubblico, un teatro che sta nel giusto mezzo fra Coward e Shaw pur seguitando ad essere, inconfondibilmente, di John Boynton Priestley. II quale ormai giunto laddove, in anni lontani, aveva dichiarato di voler arri­ vare e cioè all'indipendenza economica, vale a dire alla libertà di controllare i suoi mezzi espressivi e di impiegarli a suo talento, può finalmente permet­ tersi di «snobbare » il pubblico high-brow per dedicare tutt'intera la propria attenzione al pubblico di tutti i giorni, a tutto il pubblico. Gigri Cane COMMEDIA IN TRE ATTI SUL TEMA DELL’AMORE E DEL MATRIMONIO, DI

VERSIONE ITALIANA DI DADA OTTINA E GIGI CANE

LE P E R S O N E Joyce (alzandosi arrabbiata verso l’angolo a sini­ stra) — Non è colpa mia. 1 Suonatori: PHILIP e JOYCE - I Commenta­ Philip — Sì che lo è. tori: WILLIAM ed HELEN - L’Esempio: PAUL Joyce — Non è vero, è colpa tua. e PO SE MANY Philip — No, sei tu che sei rimasta indietro. Joyce — Neanche per sogno! Tu piuttosto hai L’azione è ambientata in diversi luoghi, al tempo presente preso una corsa pazza. negli anni fra le due guerre. Philip — Non è vero! Joyce — Sì che è vero. Sei sempre lo.stesso! Vuoi far tutto di furia. A T T O P R IM Philip — Non voglio far niente di furia. Joyce — Invece sì. Anche quando hai fissato Il sipario principale pud essere usato o no, secondo la casa. le dimensioni del palcoscenico. Ai due lati del palco- Philip (arrabbiatissimo) — Che cosa c’entra la scenico, il più lontano possibile l’uno dall’altro, vi casa che ho fissato col tuo vizio di rimanere indietro? sono due pianoforti perfettamente identici, con la (Entra William ■in smoking. Viene al centro sotto il tastiera rivolta verso il fondo e a circa sessanta gradi podio). rispetto alla ribalta. Un po’ più in fondo vicino alle William (in tono di rimprovero) — Ehi, dico, così tastiere, sono due piccole piattaforme rialzate, con una non va, sapete! Invece di suonare, come dovreste, sedia per ciascun commentatore. Dietro a tutto questo, non fate che urlare! (Al pubblico) Sono molto spia­ un fondale di tendaggi scuri che nascondono un palco - cente, vi prego di scusarci. (Ai pianisti) E pensare scenico arretrato, con due entrate ai lati dei tendaggi che stavate suonando così bene. Stavo appunto riservate a William e ad Helen. Tra le due piatta­ facendolo osservare a Helen, e poi... più niente forme, ma un po’ più indietro in modo da occupare musica e un altro bisticcio. tutto il centro del palcoscenico, vi è un piccolo palco- Joyce — È colpa sua. Ha ricominciato a correre. scenico indipendente, con un breve proscenio formato William — Andiamo, Philip, che bisogno hai di dal prolungamento dei tendaggi di sfondo dette piat­ correre sempre? taforme, che può essere o no sopraelevato su un podio Philip — Non correvo affatto. È lei che deve per e che ha la profondità di circa tre metri. Questo pal­ forza rallentare. chetto interno ha il suo proprio sipario alto circa William (va verso il piano a sinistra) — Anche tu tre metri che si dovrebbe poter aprire molto facilmente, Joyce, cerca di non rallentare. quasi con un tocco. All’alzarsi del sipario, quello secon­ Joyce — Non lo faccio mai. È una sua stupida dario è chiuso e la scena interna non si vede. fissazione. (Buio in sala, pianoforti illuminati. Philip e Joyce, Philip (alzandosi arrabbiato) — Tua, piuttosto. una giovane coppia, Joyce in abito da sera semplicissimo, (Si siede di nuovo. Joyce va al piano a sinistra). Philip in smoking, incominciano a suonare un’ouver­ William (molto autoritario, al centro) — Basta, ture. Dopo circa mezzo minuto si apre il sipario e le basta, smettetela! Se vi degnaste di suonare con più luci si accendono del tutto. — Segnale elettrico. - L’ouver­ calma... (Philip e Joyce siedono ai rispettivi piani) ture continua per due tre minuti in perfetta sincronia. senza dubbio andreste a tempo... (entra Helen con un Poi i suonatori cominciano a non andar più d’accordo abito da sera semplice ma originale, si appoggia al e hanno Varia irritata. Lui accelera, mentre lei rimane piano di destra rivolta al pubblico. William va a indietro. Infine si arrestano con un fracasso discor­ sinistra) con accordo squisito, con meravigliosa dante lanciandosi occhiate di fuoco). armonia. Sareste contenti voi e saremmo contenti anche noi. Mentre invece... Philip (alzandosi arrabbiato) — Ecco, hai visto! Helen — William, non sai mai fermarti a tempo. JOHN BOYNTON PRIESTLEY

William — Che vuoi dire con « non so mai fer­ aspetto, (raddrizza la cravatta a William) almeno marmi a tempo? ». venti volte più di voi, per esempio, e teniamo so­ Helen — È inutile continuare coi tuoi « mentre prattutto ad essere notate e ammirate. Ora, se tu invece ». Nessuno li apprezza. Sono ampollosi. Tu mi avessi detto subito che ero carina o se mi avessi hai tendenza ad essere ampolloso. almeno sorriso, sarebbe bastato. Mi sarei sentita William (inorridito) — Ampolloso! Mia cara Iielen, immediatamente piena di buona volontà, di genti­ io sono l’uomo meno ampolloso del mondo. lezza, di premura e avrei cercato di fare del mio Joyce — Siete tutti ampollosi. meglio. Ma prima di tutto voglio essere notata e Helen — Verissimo. (Viene al centro) Joyce cara. ammirata. Sono davvero tutti ampollosi. Ma quando William William — Non mi sembra tanto giusto. ha una contrarietà, diventa più ampolloso del nor­ Helen — Sì, ma vedi, tu sei un uomo e io sono male. (Si sente ridacchiare Philip. William lo fulmina una donna. con lo sguardo). William — Non dovrebbe contar molto. William — Se hai intenzione di sghignazzare e di Helen — E invece conta. fornirle un pubblico favorevole, chissà quando la William — Davvero? Conosco delle donne che smetterà. non sono così. Helen — Un pubblico! (Viene avanti al centro) Helen — Ma quanto tempo passi con loro? (Joyce A proposito... (Al pubblico con molto fascino) Sono scoppia a ridere). così mortificata per quanto sta accadendo. Vogliate William (a Joyce) — È meglio che tu ricominci scusarci, per favore. a suonare. William (le si avvicina ringhioso e le batte una mano Helen — No, non ancora. sulla spalla) — L’ho già detto io! William — Perchè no? (Joyce smette di suonare). Helen (amabilmente) — Può darsi, ma forse Helen — Penso che dovremmo andare un po’ aggiungendo un po’ di fascino alle scuse... più a fondo in questa questione di uomini e donne. William (interrompendo) — Fascino! Se c’è una William — Sì, ce ne sarebbe bisogno. qualità spregevole nel^ sacco dei nostri già spregevoli Helen — Non è necessario parlare proprio di noi. trucchi, è proprio il famoso fascino femminile. Quando William — Giusto. A parlare troppo di noi si vedo quel lurido brandello di seta profumata sven­ finisce soltanto per far nascere guai, scene, lacrime, tolare come una bandiera, posso essere sicuro che a perdere la calma... che orrore! Se non si è estranei onestà e decenza stanno per andare al diavolo. (Va alla cosa non si conclude nulla. a sinistra). Helen — Ti va molto di essere estraneo, vero? Philip — Sono d’accordo. William — Non si può osservare obbiettivamente, Helen (a Philip) — Soltanto perchè ne sei sprov­ se non si è estranei. È evidente. visto, Philip caro. Helen — Va bene, allora sceglieremo un'altra Philip — Quanto a questo non lo so! coppia. Helen — No, Philip: non ne sai proprio niente. Philip — Se prendessimo Henry e Muriel? (Va al centro). Joyce — Noiosi. William (le si avvicina fissandola e costringendola William — Molto noiosi. a guardarlo) — Ma si può sapere che cos’hai? Helen — Forse hai ragione. Proponi qualcun altro. Helen (con grandi occhi innocenti) — Niente ch’io William — Boris e Nina. sappia, William. Perchè? Helen — Oh, no! È un’eterna lite di cani e gatti, William — Perchè ti stai comportando molto male, interrotta ogni tanto da un’orgia. ecco perchè. Sei arrivata qui, veramente deliziosa, William (pensieroso) — Vero. E dire che ho sempre devo ammetterlo, tutta sorridente splendente come sognato di prender parte ad un’orgia. Si fa un gran la luna di maggio... parlare e scrivere di orge, ma mai che si riesca a Helen — Grazie, tesoro mio. capitarci in mezzo. In qualunque posto si arrivi, William — Non sono il tuo tesoro. E sta lontana, hanno appena smesso di farne. « Se tu fossi stato sta lontana! qui l’anno scorso, dicono, era impressionante! ». Helen — Ma perchè? Philip — Eh! Lo so. William — Perchè... Così non mi confondo e Joyce — Che significa «lo so? ». mi è più facile dire quello che ho da dire. William — Andiamo, Joyce, non ricominciare. Helen — E allora non dire niente. Non interessa Occupati della tua musica o di qualcos’altro. nessuno. Helen — Ho trovato i due che vanno bene. Nè William — Quello che voglio dire è che tu vieni troppo noiosi nè troppo matti. Simpatici e abba­ qui e invece di aiutarci in questa piccola difficoltà, stanza tipici. Paul e Iiosemary. complichi subito tutto. Ma perchè devi complicare William — Rosemary e Paul. Sì, possono andare. tutto? Una bella coppia. Come dici tu, gente simpatica. Helen — Vuoi saperlo? Non molto intelligente forse, ma l'intelligenza posso William (esasperato) — Te lo sto chiedendo. fornirla io. Anche se dubito che tu lo sappia. Helen — Hai sentito che cosa sta accadendo a Helen — Ma certo che lo so. È semplicissimo. quei due? Vedi, sono una donna e ho bisogno di essere notata William — No. Non andranno a rotoli per caso? e ammirata. Noi abbiamo molta cura del nostro Helen (lo conduce allo sgabello a sinistra) — Sie- 8 ______iFTN DA QUANDO C’È’ IL PARADISO ...

diti e ascolta. Ora vedrai. Joyce, Philip! (I pianisti questa storia? Dove e quando si sono incontrati la cominciano a suonare un motivo discordante. - Se­ prima volta Paul e Rosemary? gnale elettrico. - Si apre il velario interno su una camera Helen — Lei me l’ha raccontato una volta. Suo con pochi arredi come la sala d'aspetto di uno studio padre ha dato a Paul un incarico come architetto e legale. Paul sui trentacinque anni, occhiali cerchiati lo ha invitato a pranzo. Ecco, tu sarai il padre di di tartaruga, con soprabito scuro e sciarpa, per age­ Rosemary... su, va! volare il cambio d’abiti, cammina su e giù come chi è William — Se ho ben capito, io dovrei essere il costretto ad aspettare a un appuntamento sgradito. padre di Rosemary? Rumori all’esterno poi la voce di Rosemary che dice Helen — È proprio quello che ho detto. Va! « Qui dentro? Grazie ». Entra Rosemary con soprabito William — Ma certo, con gran piacere. Non per pesante, pallida e infelice. Guarda fisso Paul che è troppo tempo, però. (Esce). molto imbarazzato). Helen — Ci vogliono mesi, a volte anni perchè Paul — È un po’... imbarazzante, Rosemary. una ragazza capisca; ma lei deve aver capito subito. Rosemary — Sì, Paul, forse sì... (Si apre il velario interno. - Segnale elettrico. - La Paul — Bè, non è colpa mia... Ho avuto un bi­ musica aumenta di.volume, si vede un angolo di salotto, glietto da Coulson che mi convocava qui alle tre e un tavolino con clierry, sigarette, ecc... Rosemary gio­ mezzo per rispondere ad alcune domande circa il... vanissima e carina riempie i bicchieri. William in divorzio. parrucca grigia come padre di Rosemary. Paul più Rosemary — Sì anch’io, lo stesso. giovane, senza occhiali. Cessa la musica). Paul (passeggiando inquieto) — Però è mostruoso William (con voce da uomo maturo) — Forse lei che Coulson ci abbia convocati alla stessa ora. Questa non conosce ancora mia figlia Rosemary. Cara, il è la prova della mancanza di sensibilità di certi signor Weybridge. (Sorrisi, strette di mano) Un bic­ avvocati. Tipico scherzetto da avvocato! Accidenti chiere di cherry? Grazie, cara. a Coulson! Rosemary (a Paul) — Come va il bungalow? Rosemary — Ma... forse... Paul — Mi pare che non riesca male. Paul — Come? Rosemary- — Ho trovato il suo progetto magnifico. Rosemary — Niente, niente. Paul — Grazie. (Alzano i bicchieri e si scambiano Paul — Senti, io vado ad aspettare fuori. sorrisi). Rosemary — Ma no... William — Sì, credo che Weybridge abbia capito Paul — Non ha importanza. (Paul esce, mentre esattamente quello che avevo in mente da tanto Rosemary, dopo un vago gesto per trattenerlo, si siede tempo. « Comodo e piacevole » sono le mie due parole e si mette a piangere). d’ordine. Facile e da tenere in ordine e poco costoso, William — Andiamo male, a quanto pare. (Si ma intimo. Faccia il tempo che vuole di fuori sulla chiude il velario interno. - Segnale elettrico. - Musica scogliera, ma non in casa, vero Weybridge? discordante, come prima). E così, Helen? Paul (distratto) — Come? Oh, sì certo, proprio così. Helen — Eh, le cose si sono complicate perchè William — Ho fatto qualche schizzo che vorrei è stata certamente lei a chiedere all’avvocato di mostrarle. Li ho di là nella mia tana. Per di qua, convocarli alla stessa ora. figliuolo. (Esce col bicchiere. Paul lo segue riluttante. William — Sì, ma non capisco perchè l’abbia Rosemary sogna ad occhi aperti. Musica in sordina. fatto, dal momento che sono d’accordo per il divorzio. Cessa la musica. Rosemary avanza di qualche passo IIelen — Perchè lei sperava in un miracolo: che, e si rivolge a Helen). rivedendola, lui si accorgesse di essere ancora inna­ Rosemary' — Ho capito subito davvero, allora. morato. Si spera sempre in miracoli del genere. E 0 almeno una parte di me. poi... bene, hai visto. Helen — Lo so. William — Ma guarda che se lui fosse stato del Rosemary' — Quella parte di me che sembra stare tutto indifferente, sarebbe rimasto lì. Se ne è andato in disparte, e che non interviene sempre ogni volta. proprio per non turbarla. Helen — Lo so, quella parte di uno che vede molto Helen — Invece lei ha creduto che lui se ne andasse in là, anche se un po’ confusamente, e che sembra perchè non poteva sopportare nemmeno la sua pre­ saper già quanto sta per accadere. senza. Rosemary — Esattamente così, Helen. Ma come William — Che errore! Che razza di pasticcioni succede? È come se dietro il nostro piccolo « pre­ siamo! Rosemary dovrebbe piangere sull’intera uma­ sente » ci fosse un grande « presente » in cui nello nità. C’è di che piangerci sopra! E come! stesso momento si incontra un uomo, lo si ama e lo Helen — Piangeva per l’amore di un tempo e che si perde. Ma come può essere? ora non c’è più. Se non si piange sulla tomba del­ Helen — Non lo so, cara. Credo che nessuno lo l’amore, a che cosa servono le lagrime? Avrei voglia sappia. (Si chiude il velario interno. - Segnale elet­ di piangere un po’ anch’io. trico. - Entra William come il solito). William — Su, su, ti prego, non cominciare, cara. William — Lo so io. Si tratta di un movimento E poi dobbiamo mantenerci estranei alla faccenda, se lungo la Quarta Dimensione... vogliamo imparare qualche cosa. (Ai pianisti) Suo­ Helen — Che cosa? nate un pezzo tranquillo, ma allegro. (Musica) Così William — Questi due « presenti » sono due tipi va bene. Ora vediamo un po’, come è cominciata diversi di tempo. Tu immagina di viaggiare alla JOHN BOYNTON PRIESTLEY velocità della luce, centottantaseimila miglia al velluto rosso. Potrei mandarlo a pulire, ma ci vorrà secondo, lungo la Quarta Dimensione... un secolo... Joyce (alzandosi) — Ali, no! William (alzandosi) — No, no, no! (Si chiude il Philip (alzandosi) — No! velario interno) Basta., per carità! Roba da matti! Helen — No grazie, William. Quanto poteva ancora durare questa storia? William — Credevo che vi interessasse di sapere... Helen — Ore e ore, probabilmente. Helen — Non proprio ora, grazie. Un’altra volta. William — Santo cielo! Ma questa famosa serata Mi piacerebbe sapere quando Paul si è accorto che non merita certo che ci si affanni tanto. Meglio si stava innamorando di Eosemary. starsene a casa. William — È importante? Helen — Niente affatto. Helen — È importante, certo. William — Anche a te è successo qualcosa di William — Lui mi ha detto di essersene accorto simile? la terza o la quarta volta che è andato da lei. Si Helen — Certamente. E qualche volta mi succede stavano salutando in anticamera. (Musica. - Segnale ancora. elettrico. - I l velario interno si apre su una camera William — Non ne vai proprio la pena. d’ingresso. Paul con un soprabito chiaro e il cappello Helen — Noi pensiamo di sì. in mano sta per dire buona notte. Gessa la musica). Joyce — E forse lo pensate anche voi. Eosemary — Non importa che aspetti mio padre, William — Credo che il segreto di voi donne sia sa. Immagino che il tassametro del suo taxi stia questo, che avete molto meno vanità individuale girando follemente. Papà è capace di frugare per di noi. delle ore per trovare quella fotografia e può benissimo Joyce — Ma certo. spedirgliela. Helen — Ma certo. Paul — Infatti il taxi è giù che aspetta. È meglio Joyce — Per questo ci affanniamo tanto più di che vada. (Esita) Pensavo..., il fatto è che... ho avuto voi per la nostra aqiparenza. tanto da fare ultimamente e non sono uscito granché, William — D’altra parte, come sesso, sembra che ma... un mio cliente mi ha fatto avere due posti abbiate un’immensa vanità collettiva. al teatro Haymarket per giovedì sera e... pensavo... Helen — Che cosa vuoi dire? se non le piacerebbe venirci con me. Dopo si potrebbe William — Siete tutte convinte che se anche andare a cena, se vuole, e... a ballare... singolarmente non siete magari un granché, la Donna Rosemary — Giovedì? Sì, mi piacerebbe mol­ di per se stessa è qualche cosa di straordinario. Ecco tissimo. perchè quando un uomo comincia a stancarsi di una Paul — Ci potremo trovare a teatro, se non le di voi, siete pronte a credere che si stia innamorando spiace, perchè ho paura, che non avrò tempo di di un’altra. pranzare. Joyce — E, almeno nove volte su dieci, abbiamo ragione. Rosemary — Va benissimo. Non sarà difficile sco­ William — È una specie di vanità di categoria. prire a che ora comincia. Noi non dobbiamo xioter fare a meno di un membro Paul — Non credo che sia un segreto. Bene, allora della categoria. E quando vi dimostriamo che pos­ giovedì... (Si stringono la mano, lai esita) Porse lei siamo farne a meno, siete molto seccate. è abituata ad uscire quasi tutte le sere, con gente Helen — E quando riuscite ad ignorarci, avete piena di quattrini..., ma per me giovedì sarà un grande detto addio per sempre ad ogni speranza di incan­ avvenimento. tesimo. Eosemary — Oh, ma anch’io ci tengo molto. William — A una bella specie di incantesimo! Paul — Io... Buona notte. (Esce). Spesso al filtro di una strega. Ma possiamo fare a Eosemary — Buona notte. (Segnale elettrico) meno del vostro incantesimo, perchè siamo tutti figli Giovedì, giovedì, giovedì! Dovrò rimandare l’appun­ di Adamo, che ne ha fatto a meno, una volta. Ma voi tamento con Alice, naturalmente, ma a lei non im­ siete figlie di Èva, che non è mai stata sola, perchè porterà. Bisognerà ohe anche i Kershws non vengano Adamo era già lì. più per il tè, perchè non tornerò certo in tempo dal Helen — E da Èva in poi abbiamo sempre sentito parrucchiere. Ma non sarà difficile rimandare anche la nostra responsabilità sociale e anche quando siamo loro. Se metterò l’abito blu, mi dovrò comprare una ospiti ci sentiamo delle trepide padrone di casa. cintura nuova e..., oh!, anche le scarpe! Bisognerà Philip — Quante chiacchiere! (Ea segno a Joyce che vada a comprarle mercoledì con Alice. La borsa e poi si mette a suonare rumorosamente musica da nera è indecente, ma per questa volta può ancora ballo, che smorza mentre William comincia a parlare). andare. A meno che ne compri una blu come quella William (come se si preparasse ad un discorso, di Alice, ha detto che era conveniente, dove ha mettendosi gli occhiali) — Questo potrebbe essere il detto che l’ha comprata? In qualche posto in Regent momento giusto per abbandonarmi ad una di quelle Street... Potrei darvi un’occhiata mentre vado per disquisizioni filosofiche sul Jazz e sullo Spirito del le scarpe. Ma forse, tutto sommato, sarà meglio che Nostro Tempo, tanto dì moda qualche anno fa. mi metta il bianco, per quanto a teatro si sgualcirà Helen (si precipita a togliergli gli occhiali e ad e sarà orribile dopo (William cerca di attirare l’atten­ infilarglieli in tasca) — È veramente qualche anno zione di Helen) e questo significa anche dover tirar fa, e tu non sei qui per fare delle discussioni filo­ fuori ancora il mio vecchio consunto mantello di sofiche, ma per ballare. (Lo prende per mano e lo ¡PIN DA QUANDO C’È’ IL PARADISO ...

conduce sul palco interno. - Segnale elettrico. - La William — Sì, il letto. musica ridiventa rumorosa. Paul e Posemary in Helen — No. Loro sono di un altro genere. Prova smoking e abito da sera, entrano e cominciano a ballare, a pensarci. Lui l’ha portata fuori per parecchie sere come Valtra coppia). a cena, a ballare, a teatro, al cinematografo. Non William (indica Posemary) — Non si è mai diver­ sono più timidi, cominciano a parlare. tita tanto, vero? William — Sì, ora lo so. Parlano e parlano e qual­ Helen — Sì, anche lui. Sta maturando qualche siasi cosa dica uno di loro, l’altro la trova meravi­ cosa di serio. Magnifico! gliosa. Hanno gli stessi gusti, proprio le stesse sim­ William — Magnifico, può darsi. Può anche darsi patie e antipatie... è miracoloso! di no. Chi lo sa! (Pausa) Non ho mai capito perchè Helen — Lei dovrà dire qualche piccola bugia, voi donne vogliate sempre dare una piccola spinta naturalmente. al processo biologico. Accoppiate tutti come la moglie William — Oh, naturalmente! di Noè quando cominciò a piovere. Helen — Ma non quante sembri pensare tu. Helen — Noi sappiamo com’è la vita. William — Guarda come sei riuscita a farmi cre­ William — Non ne avete la più vaga idea, tesoro dere che ti piaceva giocare a scacchi e che ti inte­ mio. (Si scontra con Paul alla fine del ballo) Mi spiace. ressavi di politica! (Gessa la musica, le signore e Paul applaudono con Helen — Scacchi e politica! Quello è un caso entusiasmo, William con negligenza. Si riuniscono limite. Ma lei non dovrà mentire molto. È una ragazza come sull’orlo di una pista da ballo). influenzabile e ancora in formazione e i sentimenti Helen — Conoscete William, vero? Paul, Rose- di lui, che lei corrisponde, la portano inconsciamente mary. a seguirlo nel suo punto di vista. (Segnale elettrico. - William — Vedo che si diverte. (A Posemary). Si apre il velario interno su un angolo di salotto. Tavo­ Rosemary — Sì, molto e lei? lino con bevande, ecc. Paul è seduto su una sedia, William — Non tanto. Posemary su uno sgabello. Sono in abito da sera, Rosemary — Peccato! Mi piace questo posto. molto ardenti e un po’ eccitati. Durante questa scena (Si guarda attorno contenta). Helen esce inosservata per cambiarsi). William (guardandosi attornio scontento) — A me Paul (con foga) — Non sapevo che tu ci fossi no. Mi spaventa. già stata. Rosemary — C’è della gente orribile. Rosemary — Sì e mi è piaciuto enormemente. William — Ce n’è anche di quella bellissima. Ma Ho sempre sperato di tornarci. non si tratta di questo. Consideriamo lo sfondo sociale Paul — Anch’io. Se solo potessimo... E poi il e filosofico... castello è uno dei più divertenti esempi di barocco Rosemary — Non credo di averne molta voglia, che io conosca. questa sera. Rosemary — Io adoro il barocco! William (come se annunciasse una conferenza) — Paul — Bè, non mi sbilancerei troppo. È... diver­ Jazz, Swing, e lo Spirito del Nostro Tempo... tente. Helen (interrompendo la conversazione con Paul) Rosemary — È proprio questo che volevo dire, — No, William, non questa sera. Presto comince- Paul. È straordinariamente divertente. Tutto lì, natu­ ranno i numeri di varietà. Ragazze nude. ralmente. Niente di più. Non come... sai... William (tetro) — E canzoni scollacciate. (Ancora Paul — Direi... il Gotico perpendicolare o la Rina­ musica da ballo, non troppo forte). scenza francese. Paul (con aria felice) — Rosemary! Rosemary — Ecco, sì. Sono semplicemente mera­ Rosemary (con aria felice) — Sì, Paul? (Fanno vigliosi. Ho quasi finito il libro che mi hai prestato qualche passo dandosi la mano). sulla Rinascenza francese. Incantevole! Hai già suo­ Paul — Balliamo? (Ballano). nato i dischi di Sibelius? William (a parte a Helen) — E adesso, che cosa Paul — Sì, li ho sentiti questa sera prima di uscire. succede? Hai proprio ragione: è di tutta una testa più grande Helen — È la prima volta che lui la chiama Rose­ degli altri. mary e che lei lo chiama Paul. (La coppia giovane, Rosemary — Oh, sono contenta che la pensi così sempre ballando, esce sorridendo e salutando. — Segnale anche tu, Paul! elettrico) Ed è proprio inutile che tu faccia quella faccia lunga. È un momento molto importante. Non Paul — Sì. Mi dà la stessa sensazione che mi hai ricordi la prima volta che ti ho chiamato William? descritto; una specie di... freddo severo con dentro William — No. E ne ho abbastanza di queste un calore profondo. storie da scolarette. È come se ti costringessero a Rosemary — Esattamente così. Eri uno sciocco nutrirti di sciroppo di miele. a sostenere che non capivi la musica. Helen — Sei invidioso, ecco tutto. Paul — Ed è sciocco che tu sostenga di non capire William — Cosa? Di quelle idiozie da lattanti? l’architettura, Rosemary. Certe persone hanno un Philip (imitando il tono e l’aspetto appassionato e buon gusto innato, un fiuto, e tu sei una di queste. felice della giovane coppia) — Paul! Rosemary! E non ne ho incontrate molte. (Scambio di sorrisi). Helen — Porse non di quello che dicono, ma del Rosemary —■ Un altro whisky? loro stato d’animo. E ora vedrai la prossima fase. Paul — No, grazie. Devo andare, ora. (Altri Ricordi quale sarà la prossima fase? sorrisi). JOHN BOYNTON FRiEES'IttJEY

William (spettatore interessato) — Bene, e poi? vuol dire essere innamorati! Si vuol sapere « tutto » Avanti! È tutto pronto. dell’altro. Paul (timido, senza guardarla) — È curioso, sai... Paul — A me non piacerebbe proprio sapere Rosemary — Che cosa, Paul? com’eri tu a due anni. Se almeno la mamma facesse Paul — Come capita di andare avanti magari per presto. Per quanto, siamo in anticipo. anni, senza incontrare nessuno che sia veramente il Rosemary (■nervosamente) — Credo che stia arri­ tuo tipo, a cui piacciano le stesse cose che piacciono vando. (Entra Helen come madre di Paul, con par­ a te, con cui essere allegri o seri secondo il proprio rucca grigia e occhiali. Si comporta come una solenne estro, finché cominci a pensare di essere un essere matrona). stranissimo, completamente solo al mondo... Helen — Mi spiace, Paul. (Lo bacia sulla guancia). William — È straordinario quanta gente si creda Paul — Mamma, questa è Rosemary. (Le due donne diversa da tutti gli altri! (A Philip) Paul che mi di­ si esaminano sorridendo). venta un tipo stranissimo! Proprio Paul che è uno Helen (con effusione marcata) — Bene, bene, degli uomini più banali che conosca. Te ne potrei bene! Questa è Rosemary. Mi hai fatto una vera citare mille come lui. sorpresa, cara. Cominciavo a pensare che ormai Paul Philip — Ssst. (Indica la scena). fosse uno scapolo inveterato. E invece... eccoti qua. Paul (come prima) — E poi, tutt’a un tratto, (Va ad abbracciare Rosemary). incontri qualcuno... Rosemary — Sì, e sono tanto felice. Rosemary (con fervore) — Sì, lo so. Helen — Ne sono sicura, e so che anche Paul Paul — Come ci siamo incontrati noi. lo è. Rosemary — Nessuno mi ha mai parlato così. Paul — Immensamente felice, mamma. Paul — Rosemary! Helen — E se lui è felice, puoi star certa che lo RosEMARYr — Paul, caro! (Si baciano. Si chiude il sono anch’io, che l’ho coccolato tutta la vita. velario interno. - Segnale elettrico). Rosemary — Non mi sembra tanto viziato. William — E va bene, va bene, va bene. Ora Paul — Aspetta e vedrai. Vero, mamma? continueranno per ore, tutti eccitati, a spiegarsi l’un Helen — Sì, vedrai. Potrei però insegnare a Rose­ l’altro come siano unici al mondo. mary due o tre piccoli sistemi per tenerti a bada. Joyce — E fanno benissimo. (Mimica tra Helen e Rosemary. Tutti e tre si sorri­ William (sorpreso) — Joyce! dono un po’ fatui). Joyce — Se è così che si sentono, hanno tutte le Philip (a Joyce) — Oh Dio, che orrore questo ragioni. dialogo ! William — Sì, sì, Joyce. Non ce l’ho con loro. È Joyce — Sì è orrendo, ma è all’incirca quello che tutto molto naturale e bello, ma noi non ci vogliamo devono dire. (Entra vivacemente William vestito da entrare. Per chi sta a guardare è piuttosto fastidioso. padre di Rosemary). Dov’è Helen? William — Bene, bene, bene! Eccoci tutti qui! Philip — È uscita durante l’ultima scena. Rosemary (di sasso) — Ma papà, che cosa fai qui? William — Helen, Helen! Paul — Una vera sorpresa, signore. Helen (da dietro la tenda più vicina) — Zitto, Helen (fulminando William) — Una sorpresa per son qui. me questa volta. William (avvicinandosi) — Che cosa stai facendo, William — Ma sì, una sorpresa per lei. Diver­ lì dentro? tentissimo! Helen — Mi sto vestendo da madre di Paul. Si Paul — Sì, ma come ha saputo?... sono fidanzati, e Paul vuol presentare Rosemary a William — Oh, te lo spiegherà tua madre. sua madre. Un grande momento. Helen (dopo un altro sguardo di fuoco a William) William — Un grande momento, indubbiamente. — Vedi, caro, il padre di Rosemary ed io siamo vecchi Non credi che anche il padre di Rosemary debba fare amici. una comparsa? William — Proprio così, vecchissimi amici. Helen — No, non è proprio necessario. Ti prego, Helen — Così gli ho telefonato di venire a farvi caro, non essere sciocco. una sorpresa. William — Non ci vedo niente di sciocco. (Esce. - William — Ed eccomi qui a farvi la sorpresa. Segnale elettrico. — I l velario interno si apre su un (A Paul) Credo che tua madre e Rosemary abbiano angolo di salotto con un divano e qualche sedia. Paul tante cose da dirsi e penso che sarà meglio lasciarle e Èosemary sono vicini, in piedi, un po’ emozionati). sole. (Fa l’atto di uscire). Paul — Ma perchè devi essere emozionata, cara Helen — No, no, voi uomini rimanete qui mentre sciocchina deliziosa? Ti dico che ti adorerà. Dopo io mi porto via Rosemary per far bene la sua cono­ tutto lo dovrei sapere. È mia madre. scenza. (Prende il braccio di Rosemary) Son certa Rosemary — Lo so, tesoro, ma cosa posso farci? che anche voi avete tante cose da dirvi. (Si avviano Paul — La sola cosa che mi spaventa è che, se insieme alla porta). non stiamo attenti, presto si metterà a raccontarti William — Sì, naturalmente. Il giovanotto sposa com’ero io quando ho messo i primi denti o quando la mia unica figlia. (Paul apre la porta alle signore). ho preso la tosse asinina. Helen — Bene, fatevi una bella chiacchierata Rosemary — Oh, ma non fa niente. Anzi sarò intima, da uomo a uomo, Vieni, Rosemary. (Le felice di sapere com’eri quando eri piccolo. Cosa signore escono. William e Paul siedono molto rigidi e (PUN DA QUANDO C’È’ IL PARADISO ... imbarazzati e saranno volutamente legnosi negli atteg­ Helen — Un po’ impersonale. giamenti e nei discorsi). William — Non ne vedi la ragione? William — Hm, posso fumare? Helen — No. Paul — Ma certo! Mi scusi. Una sigaretta? (Offre William — Questo dimostra quanto voi donne il suo portasigarette). siate poco sensibili. William (levando di tasca una scatola di sigari) — Helen (pietrificata) — Come? No grazie, non ne fumo mai. Un sigaro? William — Sì, poco sensibili. Noi non abbiamo PAUl — No grazie. Non vado d’accordo coi sigari. la vostra abilità nel chiacchierare, nè di buttar fuori Almeno potessi! (Si mettono a fumare e guardano fiumi di orribili intimità o di esporre la nostra bian­ davanti a loro durante tutto il dialogo che segue che cheria personale. dovrà essere lento e forzato). Helen — Ma chi vi chiede di far questo? William — Una volta fumavo molti sigari. William — Noi siamo timidi. Paul — Ah, sì? Helen — Ma che cosa vi rende timidi? William — Sì, ne facevo venire mille alla volta William — Tutta questa biologia in cui siamo direttamente da Cuba. Sigari meravigliosi. coinvolti ad un tratto. Lui è imbarazzato perchè Paul — Ne sono certo. È il posto migliore per i presto si porterà via mia figlia in una camera matri­ sigari. moniale e io sono imbarazzato perchè so che tra poco William — L’unico posto per i sigari. lui... Paul (pausa) — Lei conosce il mercato sudafricano? Helen — Sì, sì, va bene. William — No, affatto. Perchè? William — Siamo noi il sesso timido, sai. Lo Paul — Niente. Così... pensavo... Pare che un siamo sempre stati. Ora vado a farla finita con questa mio cliente abbia fatto un mucchio di quattrini, storia. (Si rimette i baffi e rientra nella scena interna, laggiù. Ecco tutto. dove Paul gli ridà il sigaro. Riprendono l’atteggiamento William — Può darsi. Bisogna conoscerlo bene, di prima. Helen va a rivestirsi da ìnadre di Paul). però. (Pausa) Sei mai andato a caccia di anitre Paul — Come va la nuova macchina? selvatiche? William — È molto comoda, ma la trovo un po’ Paul — No, ma un mio amico ci va. lenta per ora. William — Davvero? Come si chiama? Paul — Forse il motore ha bisogno di fare un po’ Paul — Sanderson. di chilometri. William — Non è per caso il vecchio Billy San­ William — È probabile, ma non credo che sarà derson che è stato tanto tempo in Malesia? mai molto brillante. (Pausa) Sei piuttosto occupato, Paul — No, questo ha pressappoco la mia età. È ora? in affari. È un fanatico delle anitre selvatiche. Paul — Sì, concorro per quel grosso lavoro a William (pausa) — È uno sport meraviglioso! Birmingham. (Pausa). William — Speriamo che tu lo ottenga. Paul — L’anno scorso ho provato la pesca delle Paul — Abbiamo delle buone probabilità. Ma trote. veramente questa volta toccherà al mio socio. William — Ah sì? (Pausa) Con la mosca? William — E... pensi di poter andar via un po’ Paul — Sì. dopo... hm... il matrimonio? William — Io non ci sono mai riuscito. Ci vuol Paul — Sì, ho già combinato tutto. Spero di troppo allenamento. potermi prendere un mese. Paul — Davvero. Io valgo poco. William — Bene. Nessuna idea di dove andrete? William — Anch’io. (Pausa. Si vede Helen, scen­ Paul — Non abbiamo ancora ben deciso. Può dere al disotto del palco interno). darsi che facciamo un giro in macchina attraverso Helen (con scherno) — Una bella chiacchierata la Francia e che finiamo sui laghi italiani. intima da uomo a uomo! Lì seduti come due pezzi William — Bel giro. Peccato non poter venire di legno, buoni solo a emettere dei grugniti! Ma cosa con voi. (Ride imbarazzato. Anche Paul ride imba­ credete di fare? razzato. Ora timido e solenne) — So che farai di William (dà da tenere a Paul il suo sigaro) — Scusa tutto per farla felice, ragazzo mio. un momento. (Si alza e viene verso Helen). Paul — Non sarà certo colpa mia se non lo sarà. Paul (che non vede Helen) —- Ma certo. (Paul William — Non c’è dubbio. Non sarà neanche colpa rimane a sedere in atteggiamento rigido, mentre William di lei, però. È la creatura più allegra che si possa viene sull’orlo del palco interno per parlare con Helen. immaginare. Non come tante musone mai contente. Può togliersi i baffi per dimostrare di essere nella sua Mi mancherà, sai, ragazzo mio. Accidenti se mi man­ parte normale). cherà! Eppure è così, cosa vuoi farci? (Entrano Helen, William — Che c’è? come madre di Paul, e Rosemary, felici e con un’aria Helen — È così che immagini una bella chiacchie­ di complicità). rata intima tra un padre e il suo probabile futuro Helen — E allora, voi due. Lo so che state facendo genero ? dei discorsi meravigliosi e che vi confidate tutti i William — Sì. vostri segreti. Continuate pure. Ma ho preparato da Helen (indignata) — Ma se non avete detto niente! bere in camera tua, Paul, e pensavo che forse vor­ Sigari e anitre selvatiche! reste andar di là. William — Un po’ impersonale, certo. William — Ottima idea. (Si avvia con Paul). JOHN BOYNTON PRIESTLEY

Paul — Sì, bene. Come va, Rosemary? tendaggi) — Mi dispiace, davvero mi dispiace. (A Rosemary — Magnificamente! Philip) Ho paura che si sia arrabbiata. Helen —- Promossa con lode, vero cara? Su Philip — Certo che si è arrabbiata. dunque, andate. (Gli uomini escono. Paul, passando Joyce — Era furibonda e aveva ragione. Sei piom­ dà un colpetto sul braccio a Posemary. William va a bato deliberatamente in mezzo alla sua scena. cambiarsi. Le due donne iniziano una specie di congiura William — Ma lei mi ha interrotto quando facevo femminile, molto intima e confidenziale e parlano il padre di Rosemary. rapidissime. Helen si siede vicino a Posemary) Joyce — Sì, ma... Sì, cara, penso che tu faccia molto bene a prendere William (fa un gesto d’impazienza e ritorna verso un piccolo alloggio per i primi tempi. il palco interno) — Proverò ancora. Ti chiedo scusa. Rosemary — Mi pare che un alloggetto sia la Mi sente, certo, ma non mi risponde. Ti chiedo scusa. miglior cosa per i primi tempi. In seguito poi... E questo si chiama conversazione, uno scambio di Helen — In seguito poi, quando vi sarete siste­ vedute, di opinioni, di idee, di esperienze! Non avete mati bene, allora magari Paul potrà costruire una fatto altro che girare intorno allo stesso argomento casa a venti o trenta chilometri fuori città. (La con piccoli suoni propiziatori. guarda e sorride) Ma per i primi tempi, credimi, vi Joyce — Ma sì, questo si sa. troverete meglio in un comodo alloggetto in città. A William — E che gusto o’è? Paul piace tanto la campagna, lo so... Philip — Sono anni che me lo domando. (Entra Rosemary — Anche a me. Adoro la campagna. Helen). Helen — Ne sono sicura. E naturalmente per i Helen — Non siate così ottusi. Una ragazza si bambini è l’ideale. Ma non è ancora il caso di pensare trova per la prima volta con la madre dell’uomo che a questo. (Sorride) Nel frattempo, hai proprio ragione sposerà. Una donna si trova per la prima volta con di voler un bell’alloggetto. Non camere d’albergo, la ragazza che sposerà suo figlio. Una grande prova vero? per tutt’e due. Rosemary — No, non credo. William — Fin lì ci arrivo anch’io, per quanto Helen — Evita tutti i guai con le cameriere, ottuso. però. E con le cuoche. Helen — Poi si accorgono, con immenso sollievo, Rosemary — Ma è molto più costoso, no? che sono pronte a piacersi. La prova è finita. Tutto Helen — Di solito, sì. Ma ora vi sono anche delle andrà bene. sistemazioni convenienti, per quanto non abbia idea William — E così invece di scambiarsi esperienze, di come potranno essere il vitto ed il servizio. E opinioni, idee... Paul è piuttosto difficile quanto al mangiare. A pro­ Helen — Lo faranno in seguito. posito, Rosemary, non cercare di far rinunciare a William — Si trovano perfettamente d’accordo Paul di frequentare il suo club: ci va così volentieri. emettendo una serie di graziosi mugolii. Rosemary — Non me lo sognerei nemmeno. Asso­ Helen — Proprio così. (Cammina in modo adeguato) lutamente. Avrà certo bisogno di vedere altri uomini. Le donne non sanno camminare su due linee paral­ Ma pensavo che se trovassimo un bell’alloggetto lele come sembra che sappiano fare gli uomini. abbastanza centrale... (Entra William in abiti normali). Capita sempre che divergano o che si riavvicinino. Helen — Ma certo, hai assolutamente ragione. Non E queste due stavano avvicinandosi e lo dimostra­ potreste far meglio per i primi tempi, che cominciare vano. Capito? con un bell’alloggetto, preferibilmente in una loca­ William — Sì... ma che vita! lità centrale. Però, se riusciste a trovare delle camere Helen — Senza dubbio, è dieci volte più faticoso convenienti in un albergo... che ad essere uomini. Ma molto più divertente, mi William (da sotto) — Ehi, dico! pare. (Esita) Ma vedrai adesso. Rosemary — Le prenderemmo al volo, se non William — Perchè, che succede? fossero troppo care. Perchè dopo tutto si eviterebbero Helen — Tra poco noi dovremo essere due per- i fastidi con cuoche e cameriere. sonaggi tutti diversi. Due invitati al ricevimento di William — Ehi, dico! nozze. Helen — Molto giusto. Purché il vitto e il servizio non siano troppo scadenti. Paul è piuttosto... William — Ah, sì? Molto bene. Io sarò il maggiore William (disperato) — Senti un po’! Spanner, reduce dall’Est; un vecchio amico e ammi­ Helen (dopo avergli dato un'occhiata severa) — ratore della sposa. Non ho nessuna difficoltà. Mia cara, ho paura di averti tenuta troppo tempo Helen — E ora, Joyce cara, forse dovremmo far lontana da Paul. Vai a cercarlo nella sua camera. vedere solo per un momento Paul e Rosemary prima Sai, dove ti ho mostrato le fotografie. del matrimonio. Rosemary (alzandosi spontaneamente) — Oh, sono Joyce — Sì. così felice! Helen — Sarà una piovosa serata di primavera, Helen — Lo so, Rosemary, ne hai tutti i diritti. con lillà grondanti e la luna che illumina il volto di Sei una ragazza fortunata. (Sorride, la bacia. Pose­ Rosemary volto verso l’alto. mary esce. Helen guarda William, dà una spinta Philip — Allora ci vorrà anche un po’ di musica. indietro al sofà col piede. Si chiude il velario interno. Helen — È indispensabile. (Esce). — Segnale elettrico). Joyce — Chopin, forse. William (si avvicina al velario e parla attraverso i Philip — Naturalmente; un notturno? FIN DA QUANDO C’È’ IL PARADISO ...

Joyce — No, la «Fantasia impromptu», parte di Helen — Che ora impossibile! Lei è il maggiore mezzo. Spanner? Philip — Va bene. Ma guarda di non sbagliare le William — Sì. Scusi, non ricordo... terzine con la sinistra. ■ Helen -— No, non siamo stati presentati. Me lo Joyce — Sì, Cbopin cbe entra da una misteriosa ha detto qualcuno. Sono la signora De Folyat. finestra illuminata. Non ti è mai sembrato, quando William — Molto piacere. eri giovane, che ci fosse un « quid », un qualcosa Helen — È riuscito tutto molto bene, non le pare? nelle case dove qualcuno suonava il piano? (Fa un gesto di saluto a qualcuno che sta fuori). Philip — No, mai. William — Mi pare di sì. (Guarda dove Helen Joyce (fa un passo verso Philip, che si ritrae) — ha salutato) Non sono un buon giudice. Non ho nes­ Tu no, ma io sentivo che c’era qualche cosa di spe­ suna simpatia per queste cose. Queste odiose fun­ cialissimo negli abitanti di quella casa, come se vives­ zioni! sero una vita incantata che non avrei mai conosciuto. Helen — Son d’accordo. Lei viene dall’Oriente? Ma che cos’hai? William — Sì. (Pausa) Gomma. Philip (sospira) — Il guaio è che io non so pensare Helen — Dev’essere « meraviglioso! ». (Saluta con cose grandi e belle. la mano altra gente). Joyce — Niente da fare, con te. William — In principio sì. Ma da quando il mer­ Philip — Bene, mi sembra che siamo tutti pronti. cato è andato male, è terribile. Luce! (Musica. Luci smorzate sulla scena. — Segnale Helen — Sì, ma la vita laggiù... il colore, la poesia, elettrico. - Entra un raggio di luna. Entrano Paul e il mistero... Le campane del tempio... il senso di Posemary, camminando adagio molto vicini e innamo­ eternità... Ha imparato lo Yoga? rati. Portano impermeabili leggeri. Si fermano nel William (inorridito, si asciuga il sudore col faz­ raggio di luna). zoletto) — Per carità, no! E poi non ero in India. Rosemary — Caro! Ero negli stabilimenti dello Stretto, a millecinquecento Paul — Sì, cara? chilometri dall’India. (Levandosi di tasca il fazzoletto Rosemary — I lillà. si è cosparso di coriandoli). Paul — Meravigliosi. (Incomincia piano Ghopin. Helen — Davvero? Ma allora laggiù dev’essere Ascoltano rapiti). tutto molto più grande di quanto si immagini. Rosemary — Chopin. Perfetto! William — È immenso. La gente di qui non ne Paul — Perfetto. Solo tre giorni ormai, tesoro. ha la minima idea. Mi chiedono di portare i saluti a Rosemary — Solo tre giorni. persone che abitano a duemila chilometri da dove Paul — Ti amo. sto io. Rosemary — Ti amo. (Si baciano. I l raggio di Helen (che da un po’ si sta guardando intorno) — luna svanisce. Escono. — Segnale elettrico. - I pianisti Davvero? Chissà perchè? (Saluta altra gente che va avviano una tranquilla e divertente versione della marcia via, questa volta con più insistenza). nuziale. I l primo pianista aumenta il tono al massimo, William (disturbato, guardando in quella direzione) mentre le luci si riaccendono del tutto. — Segnale elet­ — Perchè non si rendono conto che quella gente è trico. - Si apre il velario interno su un angolo di salone lontana duemila chilometri. dove ha luogo il ricevimento di nozze. Due o tre tavolini Helen (confidenziale) — Penso di scappar via, ora. con bicchieri di champagne, dolci, ecc. Dall’esterno un Mi sembra il momento buono. (Viene avanti, fuori gran rumore, diretto o registrato, chiacchierio, risa, del velario). rumore di piatti e bicchieri. Entra Helen come signora William — Forse sì. Anch’io me ne stavo andando. De Folyat, una bella vedova vivace sui trentacinque Verrò con lei. (Si mette il cilindro. Viene avanti con anni, ^all’aspetto molto malizioso. Posa su un tavolo lei. Si chiude il velario dietro a loro. - Segnale elettrico. il suo bicchiere di champagne. Entra William come - Una volta usciti dal velario si fermano con sollievo, maggiore Spanner, aspetto rigido, militaresco, abbron­ come se fossero sgusciati fuori da una camera d’albergo. zato, guarani’anni circa, leggermente brillo in tono Si immagina ora che siano in strada). depresso. Ha un gran da fare a scrollarsi di dosso dei Helen (profondo sospiro) — Ah, che buona aria coriandoli. Ha ombrello e cilindro). fresca! Helen (urlando) — Come dice? William — Sì. Che baccano là dentro. Detesto William (urlando) — Prego? (Si avvicina) Che tutto questo agitarsi. Taxi! (Agita l’ombrello verso cosa ha detto? un taxi immaginario). Helen (come prima) — Ho detto « come dice? ». Helen (maliziosa) — Lei è « sposa o sposo? ». William — Certo, certo. William (sbalordito) —- Cosa? Helen — Che ore sono? Helen — Voglio dire, amico di lei o di lui? William — Mi dispiace, non sento. William — Ah, di lei. Lui non lo conosco affatto. Helen (va verso di lui urlando. Il rumore cessa. Conosco Rosemary da quando era bambina. Amico Cessa anche la musica). — Ho detto « che ore sono? ». di famiglia. Magnifica figliola è diventata. (Coll’improvviso cessare di ogni rumore si nota di più il Helen — Le pare? Taxi! suo tono altissimo. William la guarda sospettoso prima William (con sincero entusiasmo) — Sì, assoluta- di guardare l’orologio). mente. Non c’è alcun dubbio. Weybridge è un uomo William — Le quattro meno venti. fortunato. Speriamo che se ne renda conto. JOHN BOYNTQN PRIESTLEY

Helen — Maggiore Spanner, comincio a credere... Ma io non ne conosco. In ogni parola c’è dolore. (S’interrompe). Paul — William (rigido e intimidatorio) — Che cosa? Se il mio cuore martella ancora è per chiudermi gli Helen — No, no, non la conosco abbastanza. Perchè anche questa notte da oltre la luna [orecchi Non posso dirlo. E poi non conosco neanche la ra­ Rimbomba sempre nell’abisso la cateratta del tempo. gazza. E ho conosciuto da poco anche Paul Weybridge. Rosemaky — È architetto, lo sapeva? Afferra dunque questa notte e tienila stretta William — Sì, così mi hanno detto. Mai, mai devi dimenticarla. Helen — È molto bravo. Ha aggiunto un’ala Paul — Non dimenticherò. (La tiene stretta. Lei nuova alla mia casetta di campagna, molto bril­ appoggia la testa sulla sua spalla. Entra Helen vestita lantemente. come il solito. - Segnale elettrico). William — Ah sì? Taxi! (Alza ancora Vombrello Helen (eccitata e felice) — verso il taxi). Ora anch’io sono una donna, non solo una voce Helen — Non posso fare a meno di pensare che Al diavolo tutti i commenti pedanti! è un peccato che un uomo il quale indubbiamente Suvvia datemi quella luna mediterranea. ha davanti a sè un avvenire così brillante, sia andato... E l’uomo adatto e anch’io potrò baciare William — Come? E cogliere dall’azzurro anche le stelle. Helen — Andiamo, maggiore Spanner, non mi (Il raggio di luna investe anche lei. Chiama brusca­ spinga ad essere indiscreta. mente) William, idiota! (Poi in tono carezzevole) 0 William — Non credevo di averlo fatto. Bill, tesoro, vieni! (Entra William in abiti normali. Helen — E poi è giusto. Da lei non posso aspet­ - Segnale elettrico). tarmi nessuna comprensione. William (in perfetta forma) — Eccomi qua. Ehi, William (rigido) — Senta, signora De Folyat, se versate un po’ di chiaro di luna! Versatelo e span­ lei vuole insinuare che lui non avrebbe dovuto spo­ detelo ragazzi. Ah! così va meglio! (In pieno chiaro sarsi perchè sua moglie non è alla sua altezza... di luna, guarda Helen) Dio, che notte! E Helen, Helen — Non ho detto questo. Ho soltanto accen­ che ragazza! nato che forse... Helen — Grasso, adorabile cretino pieno di te! William — Perchè in questo caso le dirò come la Puoi ringraziare Paul e Rosemary per tutto questo. penso io, che ho girato abbastanza il mondo. William (grandioso) — E Adamo ed Èva e l’Angelo Helen — E come la pensa lei, maggiore Spanner? che a volte chiude un occhio e ci lascia passare sotto William (rigido) — Che quella ragazzina, Rose- la sua spada al cancello del Paradiso Terrestre. mary, vale dieci volte più di lui, sì dieci volte. Taxi! (Musica. Pausa. - Segnale elettrico). Ah, finalmente! Questo, credo. (Togliendosi il cilindro Paul — Rosemary! viene nuovamente cosparso di coriandoli. Escono. Le Rosemary — Paul! (Musica. Pausa). luci si abbassano e cambiano. - Segnale elettrico. - Joyce — Philip! La musica comincia il tema finale dell’atto. Si apre il Philip — Joyce! (Musica. Pausa). velario. - Segnale elettrico. - Sulla scena interna Helen — William! (Musica. Pausa). addobbata come una terrazza d’albergo dell’Europa William — Helen! (La musica irrompe trionfale. meridionale. Arriva un raggio di luna. I l fondo è Paul e Rosemary sono addossati l’una all'altro. Philip debolmente illuminato. Grande finestra di uria camera e Joyce si guardano felici mentre suonano. Se vi è da letto. Paul e Rosemary in veste da camera stanno anche uri orchestra, questa può intervenire nella musica appoggiati al balcone sul davanti, molto vicini, guar­ dei due pianoforti mentre si chiude il sipario grande, dando la meravigliosa notte di luna. Musica in sordina piano, sulla musica). prima e mentre parlano). Rosemary — Sento che tu e la notte siete quasi una cosa sola; ATTO SECONDO Mi sento vicina a te quando guardo nel buio Perdendomi nel verde avorio del mondo (Entrano Philip e Joyce e cominciano a suonare Che la luna ha scolpito, come quando ho sentito il un’ouverture piuttosto vivace. Dopo circa un minuto e Dividere col mio ogni minuto prezioso! [tuo cuore mezzo rallentano gradatamente e all’improvviso Joyce E quando sei vicino i miei occhi ti hanno ceduto smette arrabbiata. Dopo due o tre battute smette anche Alle mie labbra, mi par di vagare nelFimmensa notte Philip). E dietro le mie palpebre si leva un’altra luna. Philip — Che c’è? Paul (dopo una pausa) — Joyce (arrabbiata) — Lo sai benissimo. Gli uomini sono irrequieti e spesso soli Philip — Non so niente. Vanno cercando, fiutando una traccia Joyce — Sì che lo sai. Inseguendo un miraggio d’oro sopra aridi colli. Philip (seccato) — Ti dico di no. Tutto quello che Ed ecco che per me s’interrompe una traccia so è che hai smesso di suonare. Mai sfiorata dal pensiero di donna e d’amore Joyce — Ho smesso perchè non ne potevo più. Non c’è più nulla ch’io voglia trovare. (La circonda Philip — Di che cosa? con le braccia). Joyce — Non potevo più sopportare di vederti lì Rosemaky — ostentatamente senza alcun interesse per quanto Ci sono parole che risuonano come campane. stavi suonando, annoiato e non facendo il minimo iFTN DA QUANDO C’È’ IL PARADISO ... sforzo per nasconderlo. Naturalmente se al mio posto Helen — Gira un po’ la sedia, se no non vedrai ci fosse stata Margery Walker avresti avuto gli occhi niente. fuori dalla testa e avresti fatto balzi sulla tastiera. William — Sì, certo. (Sposta la sedia e si prepara Philip (con irritante atteggiamento di pazienza) — di nuovo a leggere). Ti dispiacerebbe dirmi che cosa diavolo c’entra Helen — Così ora, saltando i primi anni di matri­ Margery Walker? monio, troviamo Paul e Eosemary ben sistemati a Joyce — Oh, non fare tante storie! Londra. Questa è una serata normale. (Si mette a Philip — Non faccio nessuna storia. Ti sto facendo sedere. Si apre il velario piccolo su un angolo di salotto. soltanto una domanda ragionevole. Paul è immerso nel « Times », mentre Eosemary è Joyce — Oh, vuoi star zitto? irrequieta e passa da un po’ di corrispondenza a un Philip — Ma certo, con molto piacere. (Fischietta po’ di cucito a un po’ di lettura. Sono tutti e due più il motivo detta seconda ouverture, si leva di tasca un maturi dell’ultima volta. William e Philip continuano giornale e, molto ostentatamente, si appoggia al piano­ a leggere il giornale e non prestano la minima atten­ forte e si sprofonda nella lettura). zione alla scena, con viva disapprovazione delle due Joyce (dopo un momento) — Come puoi star lì donne). seduto, facendo finta di leggere? Eosemary (dopo una pausa) — Ho visto Diana Philip (con calma irritante, girando ancor di più Ferguson, stamattina. la sedia) — Non faccio finta di leggere. Vedo qui, Paul (borbottando) — Non la conosco. per esempio, che un certo Worsnop ha trovato delle Eosemary — Ma sì, che la conosci. Ha detto che monete romane nel suo podere. Sembra che le monete aspetta suo marito di ritorno dall’India alla fine siano in eccellente stato di... del mese. (Paul borbotta appena, lei lo guarda disgu­ Joyce — Non ho il minimo desiderio di sapere la stata, poi ritenta). Affitteranno una casa nel Devon, storia delle tue ridicole monete. durante la sua licenza. Lei vuol ripartire con lui Philip — Grazie! (Ricomincia a leggere. Joyce lo questa volta. E non posso darle torto. Non ti pare, guarda irritata, con disperazione. Entra William un caro? (Pausa. Aspetta una risposta che non viene; po’ accigliato, con pipa in bocca e con una copia del sì mantiene calma con difficoltà) C’è qualche cosa di « Times ». Joyce sembra animarsi alla sua vista). interessante in quel giornale? Joyce — Salve, William! Paul (alza gli occhi distratto) — Cosa? No. (Si William (senza interesse) — Salve. chiude il velario. Helen si accorge che William non Joyce (con vivacità forzata) — Novità? sta guardando. Si alza e va verso di lui). William (aprendo il giornale, si avvia ad uno sga­ Helen — William! È il colmo! (Gli strappa il bello) — Non ho ancora visto il giornale. giornale di mano, mentre lui la guarda esterrefatto). Joyce -— Non parlo del giornale. Dico a te. C’è William — Non far sciocchezze, Helen, stavo qualcosa di nuovo? leggendo. William (assente) — A me? No, proprio niente. Helen (appallottola il giornale dietro la schiena) (Si mette a sedere. Joyce batte i piedi e si mette a urlare — Infatti, ma ora hai smesso. Son sicura che non verso gli uomini. Philip e William la guardano, si ti sei nemmeno accorto di Paul e Eosemary e di guardano, scuotono la testa e riprendono a leggere. tutto il resto. Joyce lancia occhiate disperate a entrambi, poi batte William — Ti dirò... sulla tastiera degli accordi stridenti. William e Philip Helen — È vero o non è vero? spuntano dietro i giornali e la guardano con muto William — Sì, è vero. rimprovero, poi riprendono a leggere. Entra Helen Helen — Eri occupato a fissare il tuo giornale. vivace e allegra. Joyce suona qualche accordo). Che cosa c’era di speciale? Helen (vivacemente a William) — William! William — Niente, assolutamente niente, oggi. William (guarda su senza interesse) — Sì, tesoro? Noiosissimo. Helen (in tono da cicerone) — State attenti. Ora Helen — Io mi prendo la briga di farti vedere andiamo avanti parecchi anni nella storia di Paul Paul e Eosemary in una serata normale... e Eosemary. Quando li avete visti l’ultima volta William — Sì, sì, ma non ho voglia di vederli. erano in viaggio di nozze. Sono passati cinque o Lasciamoli in pace. Ecco il guaio dei nostri tempi. sei anni. Eosemary ha un figlio, ora è un bel bambino Tutti si occupano degli affari degli altri. Tutti vogliono di due o tre anni, che si chiama Eobin. sapere che cosa fanno o pensano gli altri; nessuno può stare in pace. Nemmeno per mezz’ora possono stare Philip — Lui non c’entra nella storia, speriamo. in pace. Ma lasciamoli in pace, dico io. Mi rifiuto di Non ci vorrai mostrare il piccolo Eobin che alla fine lasciarmi trascinare in questa stupida e sfacciata riconcilia i suoi genitori! curiosità universale. Vuoi ridarmi il giornale? Helen (severa) — No, certo. Queste cose si vedono Helen — Perchè? È zeppo soltanto di informa­ solo nei film, non qui. zioni su altre persone, di notizie sugli affari degli Philip — Lo so, cara, ma quando hai detto che ora altri (restituisce il giornale) per soddisfare una stu­ hanno un bel bambino, ho cominciato a preoccuparmi. pida e sfacciata curiosità. Helen — Non temere. E poi non parlavo con te, William (con fredda dignità, piegando il giornale) ma con William. — Una cosa è interessarsi a quello che succede nel William (alzando gli occhi dal giornale, assente) — mondo e un’altra è ficcare il naso negli affari privati Sì, amore; ti ascolto. del prossimo. Ma se non vuoi vedere la differenza... JOHN BOYNTON PRIESTLEY

(Si avvicina a Helen, cambia tono) Ora suppongo che William — Salvo quando litighiamo, sì. tu voglia tarmi dare un’occhiata a questa coppia Helen — Allora ammetterò che per essere una dopo qualche anno di matrimonio, solo per dimo­ conversazione normale, non un’occasione speciale, strarmi quanto lei sia scontenta. come far la pace o un anniversario... Helen — Se tu avessi ascoltato e guardato... William — No, no. Una conversazione normale, al William — Ho visto e sentito abbastanza. Non focolare domestico. che lei sia scontenta di lui, anche se lo pensa, ma Helen — Bene, mi è sembrata un po’ fatua e è scontenta perchè non può avere le due cose alla nauseante. volta. William — Esattamente. Come mangiare chili di Helen (interrompendo) — Se c’è una cosa che cioccolatini subito dopo pranzo. detesto è il luogo comune di non poter avere le due Helen — Sì, ma non è la mancanza di tutto questo cose alla volta. che la rende scontenta. Lei ha la sensazione che lui Philip — Fate tutte così. incominci ad annoiarsi quando è con lei. William — Sì. Rosemary comincerà coll’attribuire William — Perchè? Un uomo torna a casa stanco a Paul la sua scontentezza. E lui non ne ha colpa. dopo una giornata faticosa e naturalmente ha voglia Helen e Jotce — Sì, che ne ha colpa. di fare i suoi comodi e... Helen — Lì piantato con la testa nel giornale. Helen — Sì, sì, tutto questo si sa e anche le donne William — Ma bisogna bene che legga il giornale, lo capiscono, anche se spesso hanno avuto una gior­ un momento o l’altro, e probabilmente è stato occu­ nata anche più faticosa. Ma a loro non è permesso pato tutto il giorno. di fare i loro comodi e stiracchiarsi e sbadigliare in Helen — E probabilmente no. Ma questo non faccia a tutti. È questo che manda in bestia le mogli. c’entra. Il fatto è che lui comincia a trattarla come (Helen esce). se nemmeno lei ci fosse. Tutto quello che lei chiede William — Che cosa? è soltanto un po’ di cortesia, un po’ d’interesse, un Joyce — Guarda e vedrai, William, (Si riapre il po’ di... velario sulla stessa scena. Bosemary sta leggendo un William (interrompendo, si mette la pipa in bocca libro). e il giornale sotto il braccio) — So che cosa le piacerebbe. Rosemaey — E devo dire che non so darle torto. Ora vedrete. (Batte le mani, si apre il velario; scena E tu? (Pausa come prima) C’è qualcosa di partico­ come prima). larmente interessante sul giornale, caro? Rosemaey (mangiando cioccolatini) — Ho visto Paul (alza gli occhi distratto) — Cosa? No. (Sof­ Diana Ferguson, stamattina. foca uno sbadiglio e riprende a leggere). Paul (depone subito il giornale) — Davvero, cara? Rosemaey — Non è successo niente di divertente Quando viene suo marito in licenza dall’India? in ufficio, oggi, Paul? Rosemaey — Alla fine del mese. Paul (indifferente) — No, non ricordo. (Lei lo Paul (vivamente stupito) — No! guarda disperata, ma lui non se ne accorge. Dopo Rosemaey — Sì. E lei è tutta in agitazione. un’altra pausa per accentuare l’atmosfera di noia, Paul — Lo sarà anche lui, certamente. So che «io» entra Helen motto curata e allegra. Paul si alza e sarei pazzo di gioia se ci riunissimo dopo essere stati l’aiuta a togliersi il soprabito). separati tanto tempo. Dovrebbero affittare un appar­ Helen (vivace) — Salve, Rosemary; salve Paul! tamento ammobiliato, per il periodo della licenza. Sono passata per sentire per sabato. Rosemaey (trionfante) — È proprio quello che Paul — Già, per sabato, Helen. A proposito, è hanno fatto. Nel Devon. successo un fatto divertentissimo oggi in ufficio. Paul — Nel Devon? Passeranno delle giornate Helen — Davvero? meravigliose, laggiù. Son certo che anche per noi Paul — Abbiamo una nuova cliente, una certa sarebbe così. (Si chinano l’uno verso l’altra e si sor­ signora Dawson, che è molto ricca, ma ha un aspetto ridono). così strano, trasandato. Abbiamo assunto anche una Rosemaey — Lei vuol ripartire con lui questa volta. donna per la pulizia che si chiama Rowston. (Paul E devo dire che non so darle torto. E tu? ride mentre parla) Stamattina questa signora Rowston Paul — Nemmeno io. Ti immagini se fossimo è venuta per la prima volta e l’impiegato la scambia noi? Che fortuna poter stare sempre insieme senza per la signora Dawson e la tratta con grandissima fare sacrifici! (Le soffia un bacio). cortesia. E non capisce che cosa lei vada brontolando Rosemaey — Tesoro! (Sorride) Ma io ti ho distolto circa la pulizia da fare e si profonde in scuse perchè dal giornale. nè io nè il mio socio siamo in ufficio. (Bidè con Helen. Paul — Oh, no! (Getta il giornale dietro le spalle) Bosemary non ride). Preferisco mille volte fare una bella chiacchierata Helen (sforzandosi di apprezzare la storiella) — su noi e specialmente su te. (Si protende in avanti, la Impagabile! guarda con amore e la bacia. Si chiude il velario). Rosemaey — Non so perchè, ma non mi diverte. William — Ah, ne ho proprio abbastanza. Hai In fondo la sola differenza tra le due donne sta nel visto, Helen, ciò che le piacerebbe o meglio ciò che fatto che una è piena di quattrini e l’altra no. Non crede che le piacerebbe. Sinceramente, che cosa ne mi sembra spiritoso. pensi? Paul — Andiamo, Rosemary, la prendi troppo sul Helen — Ho sempre cercato di essere sincera con serio. (Le dà un colpetto sulla spalla). te, Bill, non è vero? Helen — Avete letto il caso straordinario di quella FIN DA QUANDO C’È’ IL PARADISO ... donna ohe aveva due alloggi e conduceva in ciascuno Joyce — Quante volte l’abbiamo visto ripetersi! di essi una vita diversa? (William si mette il giornale Philip — Perchè siete come tante bambine. Volete in una tasca interna). avere tutto in una volta. Paul (con trasporto) — Sì, lo stavo leggendo proprio Paul — Non si può voler troppo. ora. Che cosa misteriosa! Ma non credo che fosse William — Non si possono aver le due cose alla pazza. volta. Helen — No, ci dev’essere sotto un uomo. Joyce (arrabbiata, con le altre due) — Smettetela Rosemary — Dov’è questa storia? di dir sciocchezze! Helen — Su tutti i giornali di oggi. Rosemary (c. s.) — Chi vuole aver troppo? Rosemary (a Paul) — E... mi hai detto che non Helen (c. s.) — Oh, non ricominciare con la storia c’era niente di interessante sul giornale che leggevi. di voler le due cose alla volta. (Gli uomini si mettono Helen (si alea. Con la sua voce normale) — Va a ridere. Poiché hanno parlato insieme, le signore si bene, Rosemary, può bastare. Vedete, è questo che scambiano sorrisi e profonde scuse, poi fulminano con voglio dire. Se un uomo è stanco, va bene, lasciate lo sguardo gli uomini. Le signore si sono raggruppate che sia stanco. Sarà un po’ noioso per le mogli che un po' indietro. Anche gli uomini si raggruppano e hanno trafficato tutto il giorno in casa, se i loro mariti cominciano a parlare tutti insieme). tornano alla sera inabili a tutto fuorché a stiracchiarsi Philip — È semplicissimo e ve lo spiegherò. e a sbadigliare... Paul — Quello che voglio dire è che... Rosemary— Ci rassegniamo volontieri purché siano William — Volere le due cose alla volta significa... « veramente » stanchi e non annoiati. Ma avete visto (Questa volta ridono le signore. Gli uomini si inter­ quel che è successo. Non appena è entrata un’altra rompono e si scusano con calore e in termini virili). donna, una bella donna naturalmente, è saltato su Philip — Mi spiace, vecchio mio! Che cosa volevi sprizzando faville e cercando di essere divertente e dire? di farsi bello in mille modi... Paul — Non importa, è colpa mia. Vi ho interrotto. Paul — Non riesco a capire perchè, solo perchè William — Non fa nulla. Continua, continua. mi dimostro appena un po’ cortese con un’amica, Joyce — Per carità! Osservandoli così a freddo, un’amica tua oltre che mia, ti devi mettere in uno ci si domanda perchè mai ce la prendiamo tanto. stato di gelosia irragionevole. Sono così maledettamente cretini. (Imitandoli) Non Rosemary — Non ero gelosa e questo dimostra c’è di che, vecchio mio! Continua, continua! quanto sei stupido a supporre che lo fossi. Ero sec­ Philip — È meglio che uno di noi parli per tutti. cata che tu ti prendessi la briga di intrattenere Helen, William — Buona idea. Vuoi parlare tu, Paul? quando mi avevi appena dimostrato chiaramente Paul — No, tu sei il tipo adatto. A te, vecchio! che non avevi nessuna voglia di intrattenere me. William — E va bene. William (fischia e fa segno a tutti di avvicinarsi) Helen — Siete come ragazzi che hanno avuto il — Lo so io come stanno le cose. (Tutti si avvicinano permesso di rimanere alzati tardi e che, dopo essersi a William). rimpinzati e aver bevuto più del necessario, non sanno Helen (al pubblico) — Lui lo sa. Facciamo pro­ più quel che dicono. gressi. Rosemary — Non provano nemmeno, come fac­ William (a Philip) — Dopo tutto se qualcuno ciamo noi, a mantenersi giovani di fuori lasciandosi viene a trovarti, bisogna pure che tu faccia un pic­ invecchiare dentro. colo sforzo, almeno per normale educazione sociale... Helen — Ragazzi troppo cresciuti, cadenti, Philip — Son d’accordo... (S'interrompe perchè le rovinati. donne scuotono la testa). William — Signore, quando ci innamoriamo di Rosemary — Devo dire, William, che mi aspet­ voi, 1’esistenza ci pare intollerabile se non ci state tavo qualcosa di meglio da te... vicine, perciò vi sposiamo. E allora che cosa succede? Paul (amaro) — Non da me, certo, dato che sono Rosemary — Non vi accorgete più di noi e vi tuo marito. annoiate. William (salta sul palco piccolo) — « La moglie - William — Così è come la vedete voi, non come ha detto Dostoiewsky, dopo essersi coperto di gloria la vediamo noi. a una gara di tiro a cui aveva partecipato con la Philip — Senti, senti! disapprovazione della moglie, - la moglie - ha osser­ Paul — Senti, senti! vato con acume - è il nemico naturale del marito ». William (guardando Paul) — Nella nostra mente Paul — Capisco perfettamente che cosa vuol dire. voi ora siete associate all’idea della casa, del lasciarsi Philip — Anch’io e vorrei non capirlo. andare, dei nostri comodi, di pantofole, di tutte le Helen — Non ho mai sentito niente di più ridi­ piccole gioie domestiche, di chiacchiere non impe­ colo. Mi meraviglio di te, William. gnative... Rosemary — Anch’io. Helen — Di stiracchiamenti, di sbadigli. Joyce — Lo credevo intelligente. William — Se è necessario, sì, di stiracchiamenti William — Sono intelligente e così pure Do­ e di sbadigli. Con voi non c’è più bisogno di tenerci stoiewsky. su, perchè siamo a casa. Eppure la maggior parte Rosemary — Il fatto è che con un’altra donna dì voi donne ha l’impressione che qualche cosa presente non si annoiava più. venga soffocato dal senso di comodo, di familiarità Helen — La cosa è evidente e fa impazzire. del matrimonio. (Monta su uno sgabello in atteggia- JOHiN BOYNTON PRIESTLEY mento da oratore politico) E non perchè non vi piaccia qualunque, che per caso non abbia altro da fare, l’aria raccolta della casa, nè l’atmosfera di pantofole ci risvegli del tutto alla vita. e vesti da camera. Ma a un dato momento, quando Joyce — Siamo in troppe, questo è il guaio. ne sentite il desiderio, vi ritenete in diritto di essere Rosemary — Un bacio affrettato, indifferente, il considerate persone completamente al di fuori di sospetto di uno sbadiglio da parte di un uomo, che questa atmosfera, creature strane, eccitanti, roman­ non è poi tanto diverso da altri milioni di uomini, tiche. ci fanno uno strato di ghiaccio intorno al cuore. Rosemary — Ma è proprio così. Noi siamo crea­ Joyce — È di ghiaccio in testa, che abbiamo ture strane, eccitanti, e il vostro errore è di non bisogno. accorgervene più; e così ci diminuite. (I tre uomini Helen — Dopo essere state donne, l’essere uomini si scambiano commenti sotto voce) Andiamo sulle dev’essere come un lungo riposo, una specie di furie perchè in noi c’è una luce alla quale non per­ convalescenza. (Philip siede al piano e interrompe mettete più di splendere per voi. Joyce con alcuni accordi fortissimi. Le donne lo guar­ Paul — Ma quella luce è diventata la lampada, dano). il focolare domestico. Il vostro torto è di voler essere Philip (senza suonare) — Convalescenza! Non corteggiate anche dopo sposate. avete idea di che cosa sia essere uomo. È così. (Suona Helen — E perchè no? un motivo fortissimo, irrequieto, stridente) Ve lo dico William — Perchè, e questa è una delle due cose io, è un inferno. che non si possono avere insieme, nel nostro modo Paul (salta sul palchetto e incomincia in tono di pensare uno di questi rapporti annulla l’altro. solenne) — L’uomo, alternativamente Don Chisciotte I mariti considerano le mogli come un fatto scon­ e Don Giovanni. (Philip avverte William che le signore tato. Per forza! Le hanno sposate per questo. non stanno a sentire). Ma anche le mogli considerano i mariti come un William (a Paul) — Non credo che stiano a sen­ fatto scontato e questo, signore e signori, è il nostro tire, sai? È meglio riprendere il lavoro. (Indica la caso. (Paul e Philip lo aiutano a scendere dallo sga­ scena interna. — Segnale elettrico). bello e gli stringono la mano, poi si raggruppano. Paul — Come? Sì, va bene. (Bientra nella scena Anche le signore si raggruppano tra loro). interna). Rosemary — Alle donne non piace essere un fatto William (a Helen e Bosemary) — Andiamo voi scontato. Le fa appassire. (Joyce si siede al piano e due, non avreste dovuto uscir di scena. Guasta suona gualche accordo lugubre). l’illusione. (Helen e B.osemary riprendono i loro posti nella scena interna). Helen — Che cos’è? Helen (mentre si avvia) — Ora vi saluterò e poi Joyce — È il principio di un lamento per le donne. tu gli farai capire che sei seccata. Riprenderemo di (Dopo essersi guardati gli uomini voltano le spalle lì. (Siede come prima) Bene, devo andarmene ora, alla scena. - Segnale elettrico. - Joyce suona in sor­ ragazzi. E allora per sabato? (Helen e Paul si alzano). dina mentre parlano le signore). Rosemary (fredda) — Paul ci può andare, se vuole. Helen (in gruppo con Bosemary vicino a Joyce) — Io non posso, mi spiace. Chi è stata l’ultima a entrare nel Paradiso Terrestre Paul — Ma se avevi detto... e la prima ad uscirne? La donna. Rosemary — Ho promesso a papà di passare il Rosemary — La stupida che si illumina per una pomeriggio con lui. Andateci voi, vi divertirete. parola gentile e che sanguina per uno sguardo. Helen — Mettetevi d’accordo e poi telefonatemi. Joyce — Che si compera un cappello nuovo e Addio, cara. spera contro ogni speranza. Rosemary — Addio, Helen. Helen (in tono più solenne) — Io canto, come Paul — Ti accompagno. (Paul esce con Helen. Walt Whitman che nonostante tutto mi è sempre Bosemary, furiosa, prende un libro e lo scaraventa sembrato un insopportabile scocciatore, io canto la su una poltrona). donna. Non la donna e le gioie della strada piana, Rosemary — Al diavolo, al diavolo, al diavolo! perchè nessuna donna ha mai avuto la strada piana. (Bientra Paul e le offre una sigaretta). Tutte le strade sono strette, spinose e pericolose per Paul (con allegria forzata) — Una sigaretta, cara? una donna. Non la donna e il piacere di stare in ozio, Rosemary (molto fredda e distante) — No, grazie. di gingillarsi guardando gli altri che lavorano e non Paul — Qualcosa che non va? producendo che graziose cose inutili, perchè a nessuna Rosemary — No, perchè? donna è consentito, nè da se stessa nè da altri, di Paul — Non so, mi pareva. Credevo che tu ci abbandonarsi a simili oziose fantasie. Molti uomini tenessi tanto ad andare con loro sabato. sono ben pagati e mantenuti negli agi per dimostrare Rosemary (sempre più distante) — Davvero? e predicare che la suprema forza dell’universo non Paul — L’hai detto tu. è altro che l’amore e potranno crederlo o no. Ma Rosemary — Non ho il minimo desiderio di andare tutte le donne, anche le più stupide e le più brutte, con loro. E poi, detesto i Sunderlands. Ho sempre che nessuno guarda, si comportano come se fosse notato che la tua amica Helen ha un gusto molto vero. E ne sono ben ripagate. strano nella scelta degli amici. Rosemary — È terribile essere donne e sapere in Paul — È la mia amica, ora. (Bosemary non cuor nostro quanto dipendiamo dagli altri, quanto risponde) È sempre stata amica anche tua. La cono­ dobbiamo aspettare e aspettare che uno sciocco scevi prima di me. TTN DA QUANDO C’È’ IL PARADISO ...

Rosemary — L’ho conosciuta per mezzo di Wil­ ranti carissimi e finanziano riviste scadenti. Sono liam. Adoro William. Anche Helen non mi dispiace, odiati dalle mogli che li immaginano con la casa ma ha degli strani amici. E poi preferirei che non sempre piena di ballerine, che bevono champagne piombasse in casa a quel modo, anche se tu ti dai e che giocano a poker. tanto da fare per lei. Helen (con interesse) — Ma è vero? Paul (molto innocente) — Tanto da fare! Che cosa William — No, son tutte storie. Però l’istinto ho fatto? delle mogli non sbaglia, perchè questi tipi sono Rosemary — Se andrai con loro sabato potrai sostanzialmente antidomestici e fanno di tutto per goderti un’intera giornata di storie di domestiche e far ritornar scapoli i mariti. Io sarò così, e tu? di donne che abitano in due alloggi diversi e di tutto Helen — Io sarò la signora Ambergate, Gloria il resto. Ambergate. Sono separata da mio marito che pro­ Paul — Stammi a sentire. Di sabato non me ne babilmente è scappato con la dattilografa, e ora importa nulla, ma se tu insisti a prenderla su questo sono contro tutti i mariti e le povere mogli mi fanno tono, va benissimo: ci andrò. tanta, tanta compassione. Mi interesso del « Nuovo Rosemary — E tu vacci. Sarà un piacevole diver­ Pensiero », del « Pensiero Elevato », di « Piani Astrali », sivo dopo esserti tanto annoiato a casa. di « Aure », di « Vibrazioni » e vedo le personalità Paul — Quando mai ho detto di annoiarmi a altrui espresse in termini cromatici. E sono dotata casa? di una profondità d’animo da cui è escluso il maschio Rosemaky — Non c’ò bisogno che tu lo dica. volgare e sprezzante. Paul — Che cosa ho fatto, allora? Ma che c’è? William — Conosco questo tipo, ma Rosemary Rosemary (molto prossima a piangere) — Niente. non ci potrà mai andare d’accordo. Tutto. (Esce sbattendo la porta. Si chiude il velario. Helen — Questa volta sì, per un po’ di tempo. Entra Helen di sotto). Solo perchè si sente compatita. Capita spesso fra Helen — Bene, avete visto. donne. Appartenendo al sesso più gentile e più com­ William — Sì e stavo appunto pensando al loro prensivo... avvenire. Vedo tre fasi. Prima una fase di litigi William — Appartenendo a che cosa? amari e continui. Poi una fase in cui ognuno dei due Helen (urlando) — Al sesso più gentile e più cerca delle soddisfazioni altrove. Terzo, una fase di comprensivo, idiota. separazione definitiva o di riconciliazione sincera con William — Sì, capisco. rinizio di una simpatica vita coniugale da persone Helen (ai pianisti) — Voi due dovreste trovare adulte. dei motivi per... Helen — Molto bene, tesoro: io stessa non avrei William (a Philip) — Jimmy Mowbray. (Esce). saputo inventare niente di meglio. Helen (a Joyce) — Gloria Ambergate. (Esce). William — Non saresti mai riuscita meglio di me. Philip — Ho trovato il mio. (Pausa) Questo è • Helen — Sì, invece. Infatti, tu hai dimenticato Jimmy Mowbray. (Suona un pezzo di musica da ballo una fase. Per dei tipi come Paul e Rosemary c’è allegra, ma piuttosto comune). un’altra fase prima di quella dei litigi. In questo Joyce — E questa è Gloria Ambergate. (Suona periodo ciascuno dei due si trova un amico del suo un pezzo di musica piena di sentimento). stesso sesso, che l’altro non può soffrire. Possiamo Philip — Bene, cerchiamo di cavarne qualche cosa. chiamarla la fase delle amicizie male assortite. (Al pubblico) Breve preludio illustrativo della fase William — Hai ragione. (Al pubblico) Ha proprio « Amicizie male assortite ». ragione. È una donna intelligente. A quasi tutti gli Joyce (al pubblico) — Secondo titolo: « Che cosa uomini e specialmente a quelli inglesi non piacciono diavolo trovi in lui oppure in lei? ». (Finito di suo­ le donne intelligenti, ma a me piacciono. Purché nare, si inchinano reciprocamente. Si apre il velario siano abbastanza di buon carattere, naturalmente. su una camera di soggiorno. Entra Paul con un vas­ Una donna intelligente e amabile, è un vero tesoro. soio con tre bicchieri e uno « shaker », che depone sul (Conduce avanti Helen per una mano) Grazie. Vi tavolino. Suona il telefono. Paul viene sorpreso al state forse domandando che cosa siamo l’uno per telefono da Rosemary). l’altra, vero? È molto interessante. Porse più tardi, Paul (al telefono) -— Ah, ah, ah! No, non è troppo vedremo... (A Helen) Hai perfettamente ragione, presto. Vieni subito. Va bene. Ciao, per ora. (Riat­ certo. tacca. Entra Rosemary, siede con un libro) Vuoi un Helen — Ad un dato momento Rosemary farà cocktail ? amicizia con una donna impossibile che Paul non Rosemaky — No, grazie. Sai che non ne prendo potrà soffrire. quasi mai. Mi sembra uno spreco enorme continuare William — E Paul si troverà un compagno che a prepararne. E perchè tre bicchieri? (Apre il libro). sarà come fumo negli occhi per Rosemary. Paul (imbarazzato) — Ma... vedi... ha telefonato Helen — Si direbbe che avvenga per caso, eppure... Jimmy Mowbray che forse vien su un momento. William — È opera del subcosciente, penso, che Rosemary — Come? Ancora? Perchè non viene fa scegliere deliberatamente il tipo di persona che addirittura ad abitare qui? l’altro detesta. (Pausa) Toccherà a noi, suppongo. Paul — Mowbray è un mio cliente... Helen — Naturalmente. Tu chi sarai? Rosemary — Questo non c’entra e tu lo sai benis­ William — lo sarò un uomo d’affari, venuto su simo. Non riesco a capire che cosa ci trovi. dal niente, scapolo. Di quelli che frequentano r sfo­ Paul — Oh, non è un cattivo diavolo. JOHN BOYNTON PRIESTLEY

Rosemary — È impossibile. Gloria Ambergate dice Paul (beve con lui) — Abbastanza secco? che ha un appartamento affollato di ballerine ohe William — Sì... Uno spruzzo ci starebbe bene, bevono champagne. Davvero, Paul, ti credevo più forse. di buon gusto. Rosemary — E che cos’è uno spruzzo? Paul — Oh, non essere così diffìcile! Jimmy William (sorpreso) — Non sa che cos’è uno spruzzo? Mowbray può non essere il tuo tipo... In che mondo vive? È absinthe. Rosemary — Il mio tipo. Non è il tipo di nessuno Rosemary (con riprovazione) — Oh, absinthe. che sia estraneo a un campo di corse o a uno spetta­ William (senza accorgersi del suo atteggiamento) colo di varietà continuato. È un... — L’absinthe rende il cuore tenero. (Ride) Non ne Paul (interrompendo) — Jimmy Mowbray è un rifiuterò un altro, vecchio mio. (Paul gli riempie il ragazzo a posto e divertente, che potrebbe diventare bicchiere) Giornata faticosa, oggi. La borsa va a rotoli, un ottimo cliente. ma non siamo ancora morti. (Dà una pacca sulla Rosemary — E potrebbe non diventarlo. Non mi schiena a Rosemary) Ho visto un tale a colazione fiderei affatto di quell’uomo. Ma suppongo che se che sta facendo arrivare da New York quella rivista... vorrà trasformare questa casa in un bar, non mi e costi quel che costi. (Prende il bicchiere da Paul) dovrò lagnare. Sai, quell’enorme successo là in America. « Got What Paul — Certamente no, non sapresti come fare. It Takes » o qualche cosa del genere. Dice che se Rosemary — Grazie. (Dopo avergli lanciato uno riuscirà a far passare il grosso alla censura, farà sguardo offeso, va al telefono e forma un numero. rizzare i capelli a tutta Londra. Importa tutte le Rosemary parla al telefono con esagerata gentilezza. girls originali. (Dà di gomito a Paul). Paul siede e si mette a leggere il giornale) Sei tu, Rosemary (fredda) — Credevo che avessimo abba­ Gloria? Rosemary... (Paul guarda con disapprova­ stanza girls senza bisogno di importarne da New York. zione) No, Gloria, vieni tu... (Paul scaraventa il gior­ William — Che santa innocenza, signora Wey­ nale sul tavolino) Sì, quando vuoi... Benissimo. (Riat­ bridge. Queste americane hanno qualche cosa di tacca; Paul la fulmina). diverso. Lo chieda a suo marito. (Beve) Bè, giù Paul — Era la tua cara amica Gloria Ambergate? anche questo. (Suona ancora il campanello, Paul sta Rosemary — Sì, viene qui a passare la serata. per andare, ma Rosemary lo previene). Paul (arrabbiato) — Se viene quella donna dete­ Paul (sottovoce) — Sarà meglio svignarsela, Jimmy, stabile, me ne vado io. questa donna è terribile. Rosemary (con finta innocenza) — Pensavo che William — Quale donna? saresti uscito in ogni caso col tuo amico Mowbray. Paul — Vedrai. Paul (confuso) — Mi ha proposto di pranzare William — Ora non è il momento, ma quando fuori, ma non ho ancora detto proprio di sì. usciamo ricordami di raccontarti la storiella della . Rosemary — Bè, ora puoi accettare e andare a vedova e dell’accordatore di pianoforti. Ti farà mo­ divertirti. rire. (Ride, beve, ridà il bicchiere a Paul) A propo­ Paul — Ti ho avvertito prima. Se proprio ti vuoi sito, quel tale che ti presenterò, come molti di quelli trovare con quella donna impossibile e scentrata, che tornano dalle pampas o quel che sono, è un tipo e non capisco proprio che cosa ci trovi, per favore ardente e può darsi che voglia passare una serata non invitarla quando ci sono io. Io odio quella donna. un po’ allegra, diciamo. Bisognerà che ci sediamo Mi meraviglio di te, Rosemary. Soltanto un anno o sulla sua testa per un po’. A meno che tu non voglia due fa non avresti potuto resistere un’ora con una la compagnia di giovani femmine, questa sera. donna simile, e ora... Paul (versa da bere per tutti e due) — No, asso­ Rosemary (con veemenza) — Sì, ora, quando quasi lutamente. tutte le sere ti vedo trascinato in giro da quel... William — Neanch’io. L’ultimo «week-end» ne ho da quel... (Suona il campanello. Paul esce; Rosemary avute fin troppe e in questo momento ho un affare lo guarda, prende lo « shaker », lo annusa con disgusto da seguire. (Beve) Ne buttiamo giù un altro in fretta, e lo posa con dignità. Entra William in veste di Mowbray, prima di metterci in cammino? (Dà il suo bicchiere seguito da Paul che versa da bere). a Paul, che va verso il tavolino. Entra Helen in veste William (vivacemente) — Buona sera, signora di Gloria Ambergate, seguita da Rosemary. Helen Weybridge. riesce a dimostrare la sua disapprovazione sia per i Rosemary (fredda) — Buona sera. cocktail che per i due uomini). William — Pensavo di rapire suo marito. Vorrei Paul — Buona sera, signora Ambergate. (Versa portarlo a pranzo con un amico che è appena tor­ da bere). nato dal Sud-America, un tipo che potrà divertire Helen — Buona sera. Paul. Una serata tranquilla da scapoli. Una bistecca Rosemary — Gloria, questo è il signor Mowbray. e una buona bottiglia di vino... e poi magari andremo William — Piacere. (Paul gli dà il bicchiere pieno). a finire i nostri sigari ad uno spettacolo di varietà. Helen (fredda) — Buona sera. Paul (che ha versato da bere) — Un cocktail, Paul — Un cocktail, signora Ambergate? Rosemary? Helen — Oh no, grazie. Non posso assolutamente Rosemary — No, grazie. bere alcool. Paul — Mowbray? William — E pensare che è la sola cosa che io William (lo prende) — Grazie. Bè, buttiamo giù! possa bere. (Rìde, guarda l'ora) Sarà meglio che an­ (Beve). diamo, Weybridge. (Beve e ridà il bicchiere a Paul). (FIN DA QUANDO C’È’ IL PARADISO ...

Paul — Son pronto. (Beve e posa il bicchiere). Rosemary — Ma no, certo. Che cosa dovrebbe William — Buona sera, signora Weybridge {prende essergli successo! Aspetta, accendo la luce. il bicchiere di Gloria) e peggio per olii non beve! Helen — È semplice dire « no, certo », mia cara. (Beve e dà il bicchiere a Paul) Buona sera, signora... Mai dimenticherò la notte che ho passato alzata con (Esce). Margery Fothergill. Abbiamo sentito la sirena del- Rosemary — Non far tardi, Paul. l’ambulanza sotto le sue finestre, poi è suonato il Paul — Va bene. Buona notte signora Ambergate. telefono e una voce ha detto: « Venga subito, signora (Esce e chiude la porta). Fothergill ». Purtroppo, prima che arrivasse all’ospe­ Helen — Chi è quell'uomo, Rosemary! dale era già tutto finito. 11 signor Fothergill era par­ Rosemary —• È un oliente di Paul. Parlane male tito per la Sfera Astrale e non era nemmeno assicurato. finché vuoi, lo detesto. (Esce. Si fa buio completo poi ritorna la luce. Si sente Helen — Meno male, cara, ne ero sicura. È ter­ suonare Vuna. Rosemary è in vestaglia per indicare ribilmente arretrato. Terre-à-terre, veramente, con che è passato del tempo. Va alla finestra e guarda un tipo di « Aura » fangosa e bruna. Se tu fossi venuta fuori, sembra agitata, fa per staccare il ricevitore del alla conferenza di mercoledì... La signora Rubbishkyci telefono, ma poi rinuncia. Sta per sedersi, quando ha fatto una meravigliosa lezione su « Io-Sono-Il- suona il telefono. Risponde). Grande-Tutto ». Rosemary — Pronto, sì (brusca), no, non siamo Rosemary — Su che cosa! noi... Dovrei ben saperlo se siamo la società del gas Helen (solennemente) — « Io-Sono-Il-Grande-Tut- o no. Ha sbagliato numero... (Riattacca) Idiota! to ». Così profondo, così stimolante e nello stesso (Si sente la sirena di un’ambulanza sotto le finestre. tempo così essenzialmente semplice. Noi tutti siamo Questo mette in agitazione Rosemary che si muove per « Il-Grande-Tutto » e « Il-Grande-Tutto » è tutti noi. la scena. Entra William sotto la scena interna). La sostanza è tutta lì. William — Che succede! Rosemary — Non sono ben convinta di tutto Joyce — Paul fa tardi e lei comincia a lavorare questo, sai! con la fantasia. Capita a tutti. (Segnale elettrico. - Helen — Non mi aspettavo che tu lo fossi, cara, Le luci si attenuano; solo Rosemary è illuminata in non ancora. La percezione si ottiene con la sofferenza un'unica zona rosa). e con la solitudine dello spirito. Vedrai. Rosemary — ... all’ospedale. Per favore, autista... Rosemary — Ma io non voglio sofferenze e soli­ presto, è molto urgente..'. Sì, infermiera, sono la tudine di spirito. signora Weybridge, mi porti da lui... Oh!... Sì, sarò Helen — Per te, cara, non sarà così brutto come coraggiosa, sarò coraggiosa. (Poi in tono preoccupato, per me. Tu avrai degli amici, certamente « una » come nel primo atto) Dovrò pregare papà di occu­ amica, tesoro, che potranno aiutarti e guidarti. Questa parsi di tutto... e Robin dovrà andar via... forse sera, quando ho visto qui quell’uomo che ti portava potrebbe andare per una settimana da Alice con la via il marito, ho subito capito che hai molto bisogno Tata... Appena saranno andati mi dovrò ordinare il di un’amica. Sentivo un’attrazione verso il basso, lutto... e poi, quando tutto sarà finito, non sarò più verso la terra. (China la testa e il corpo a sinistra). in grado di abitare qui; bisognerà vendere la casa e Rosemary — Che specie di attrazione, Gloria! trovare una casetta in campagna... e Robin dovrà Helen (raddrizzando la testa) — Verso il basso, andare in collegio... ma durante le vacanze staremo verso la terra, cara, tira giù. L’ho sempre sentita insieme nella nostra casetta... (Sospira sognando) Sì, anche prima di sapere che cosa volesse dire. Soprat­ caro, sono ormai passati tanti anni e ora riconoscono tutto negli uomini, naturalmente, e ho sempre saputo che il mio Paul era un grande architetto. Mi hanno che era antagonistica. Ma io ho sempre respinto pregato di inaugurare il monumento che gli hanno quest’attrazione. « Non puoi tirarmi giù », dicevo. (Si voluto innalzare. Sarà una bellissima (segnale elettrico) alza e allunga le braccia in alto, poi siede di nuovo). esperienza, certo, ma molto, molto triste. (Tutta la Philip — Ehi, dico, Helen, ne avremo ancora scena si illumina di nuovo, Rosemary si asciuga gli per molto! occhi. Di fuori si sente Paul che fischietta il motivo Mowbray, ma Rosemary non lo sente. Entra Paul). Helen (con voce normale) — Sì, Philip, per ore Rosemary (con gioia e sorpresa, si alza) — Paul! e ore. Paul — Mi dispiace, cara, non dovevi aspettar­ Philip — Allora tagliamo corto fino a mezzanotte. mi alzata. Luci! (Si fa buio completo; (Rosemary è sdraiata in Rosemary (severa) — Dove sei stato! poltrona, mezza addormentata; suona mezzanotte; si William — L’eterna domanda. (Pausa) Ora capisco vede Helen sdraiata per terra con la testa su una pol­ perchè la fanno in tono così rabbioso. trona). Paul — Mowbray mi ha condotto al suo club, Helen — Santo cielo, già, mezzanotte! Abbiamo ci siamo messi a giocare a poker e poi non riuscivo fatto una conversazione meravigliosa, così bella e più a trovare un taxi. Lo sai com’è, cara. E tu che appagante, che ha dato alla serata delle grandi ali cosa hai fatto! dorate e... Pouf... se n’è volata via. (Si alza aiutata Rosemary — Ho ascoltato Gloria per ore e ore. da Rosemary). Paul (ride tra sè) — Che scalogna! Rosemary (soffocando uno sbadiglio) — Davvero... William (a Joyce) — Chissà se quell’imbecille si Helen (solennemente) — Speriamo che non sia rende conto che questo è il suo momento. Lui ne accaduto niente a tuo marito, cara. È molto tardi. ha avuto abbastanza di Jimmy Mowbray e lei ne JOHN BOYNTON PRIESTLEY

ha avuto anche di più di G-loria Ambergate. Chissà che farebbe qualsiasi cosa pur di evitarla; secondo, se lo capisce. Oh Dio, si direbbe di no. (Paul si versa la donna ha una preparazione tecnica superiore e da bere, ma la bottiglia è quasi vuota e la deve scolare). istintivamente sa mettere l’uomo dalla parte del Paul (bevendo) — Tu sai benissimo, Rosemary, torto e sa tenercelo e ha un’abilità diabolica nel che quella è una donna noiosissima. centrare le falle della sua corazza. Rosemary — Lo so, ma mi fa pena, anche se devo Helen — La quale corazza è formata di spessi ammettere che è una tremenda scocciatrice. Ma è e solidi strati di vanità maschile, di presunzione, di così sola. Non come il tuo amico Mowbray che è stima di se stessi. Mentre la povera donna, col cuore sempre soddisfatto di sè. che le martella, coi visceri che le si aggrovigliano, è Paul — Riconosco che Jimmy a volte esagera. senza corazza e si sente completamente nuda. Ma quella Gloria Glambergate è terribilmente noiosa. Philip — Pensavo che le piacesse sentirsi nuda. Rosemary — Paul, sei ubriaco! Helen — Dopo soli cinque minuti da quando è Paul (dondolandosi e giocando col bicchiere) — Se uscito rumorosamente di casa l’uomo comincia a dicessi di sì non ci crederesti e non sarebbe del tutto dimenticare la disputa e quando si sarà tuffato nel vero. Ma se dicessi di no penseresti che sono molto suo lavoro quotidiano, la disputa avrà cessato di ubriaco, il che è falso. Meglio lasciar correre. esistere. Ma la donna vive col suo litigio tutto il William — Come reagirà lei, ora? Forse scoppierà giorno e metà della notte, come se lottasse con un in lagrime, oppure si infurierà e gli tirerà qualcosa gigantesco scorpione. Continua a riudire le voci in testa. Ma potrebbe anche alzarsi e uscire dalla incollerite col passare delle ore. Tutto il suo mondo camera con dignità offesa, oppure... (Rosemary scoppia sembra essere stato ridotto in macerie frementi da improvvisamente a ridere. È una risata calda, amiche­ un terremoto. La stessa composizione chimica del vole. Paul le è sembrato ridicolo in quel momento). suo essere... Joyce (mentre Rosemary si calma) — Questa è William (le bacia la mano) — Sì, sì, tesoro mio. l’occasione propizia. Un magnifico discorso. Come sai fare bene queste William — Sì, basta che lui si lasci un po’ andare, cose! L’abbiamo gustato tutti, ma penso che do­ la prenda tra le braccia e farfugli una sciocchezza vremmo andare avanti. Diamogli un’altra occhiata. qualsiasi e lei è di nuovo sua. Helen — E va bene! Eccoli, tipici! (Si apre il Joyce — Ma lui non lo farà. (Pausa) Ah, gli velario su un angolo della stessa camera con in più uomini! qualche dettaglio che dia l’idea dello studio di un archi­ William (tristemente) — La vanità enfatica è la tetto: una scrivania al posto del tavolino, qualche nostra debolezza. quadro differente, ecc. Paul, allo scrittoio, sta scrivendo, Paul (con dignità scema, camminando da ubriaco) — ma non ha l’aria di lavorare molto seriamente. Entra Son contento che tu ti diverta. Rosemary, pallida e tirata, va allo scrittoio e comincia Rosemary (ancora pronta a riconciliarsi) — Paul, a cercare qualcosa con zelo eccessivo). non far lo sciocco! Rosemary (dopo un momento, molto educatamente) Paul — Dopo aver passato cinque ore a scambiar — Non vorrei disturbarti. cretinerie con quella donna, non hai il diritto di Paul (con cortesia forzata) — No, no, fa’ pure. dirmi di non far lo sciocco. Posso aiutarti? Rosemary — Che scemo! (Esce sbattendo la porta. Rosemary — No, no. (Esce e dopo qualche momento Lui la guarda un po'' meravigliato e un po’ arrabbiato, ritorna come se fosse sempre rimasta nella camera) poi guarda davanti a sè con aria assente. Si sente un Non hai visto le mie forbici, per caso? Quelle grandi. po’ di musica). Paul (alzandosi a metà, molto gentilmente) — No, William (fa segno di chiudere il velario) — Nascon­ non le ho viste. Posso?... diamo quel povero imbecille. (Si chiude il velario. - Rosemary — No, no, scusa se ti ho disturbato. Segnale elettrico. - Entra Helen in abiti normali. Paul (siede) — Non importa. (Rosemary gli lancia William la conduce avanti per un braccio). uno sguardo sprezzante ed esce). Helen — Ora li vedremo nella fase in cui liti­ William — Non vedo la ragione di tutto quel­ gano continuamente. l’entrare e uscire. William — Un momento. (Riflettendo) Litigare Helen — Lei gli vuol dare l’occasione di ridi­ continuamente è brutto per tutti e due, però credo venire umano e di chiederle scusa, e poi naturalmente che nella fase dei litigi la donna sia in vantaggio lei si addosserà la colpa. Ma incontrando questa gen­ rispetto all’uomo. (Non parla più perchè Helen comincia tilezza pesante, capisce che la lite è ancora in atto. a raddrizzargli la cravatta, a lisciargli indietro i capelli William — Perchè dev’essere l’uomo a chiedere e a riordinarlo in generale. Poi lo prende per un orec­ scusa per primo? Tocca sempre a lui. chio e lo fa girare verso Joyce). Helen — Sì, ma non appena lui l’ha fatto, la Helen — E questo dovrebbe essere uno degli donna è pronta a umiliarsi. intelligentoni. Pensa un po’ come saranno gli altri! William — Va bene, ma perchè deve cominciare (Gli lascia l’orecchio). proprio lui? William (piuttosto seccato) — Invece di perdermi Helen — Per noi è una specie di tradizione. in chiacchiere, vi citerò alcune ragioni per dimo­ William — Che strano! (Entra Rosemary è sta strare la mia asserzione. La donna è in vantaggio ferma, piuttosto rigida a guardare Paul) Eccola di perchè: primo, uno sfogo emotivo, una « scena» le nuovo. Un’altra tecnica, questa volta. ripugna meno che a quel disgraziato di un uomo, Helen — Sì, gli vuol dare un’altra opportunità, 24 FIN DiA QUANDO C’È’ IL PARADISO ... ma si sta irrigidendo rapidamente. La scusa per delusione di ogni uomo, ragazza divenuta moglie. Ho rivorgergli la parola sarà una telefonata che ha tenuto sposato una ragazza innamorata, gustosa, allegra e in serbo fino a questo momento. mi trovo a dover mantenere a un prezzo sempre più Rosemary (in tono freddo, educato) — Dimenti­ alto una donna amareggiata, che mi odia solo a cavo di dirti che ha telefonato Mona Roberts per vedermi. invitarci a pranzo per il quindici. Ci vuoi andare? Helen — E perchè? Perchè avevo un amante, Paul (si alza 'piano, togliendosi gli occhiali) — Non una volta, e ora è sparito e al suo posto, per viverci in modo speciale. Lui è piuttosto noioso, ma lei ti insieme, ho un impiegato esigente, un conferenziere, piace, non è vero? uno stomaco e una sete. (Helen e William scendono Rosemary — Sì, ma posso vederla un’altra volta. dal palco, gli altri si alzano, le donne si dispongono Nessuno ti obbliga ad andare ad annoiarti. a sinistra, gli uomini a destra. Tutti protendono la Paul — No, ma se tu ci vuoi andare... mano verso il centro. Durante gli spostamenti si vedono Rosemary — So che ti annoi facilmente. altri lampi. - Segnale elettrico - Helen a William) Paul — Era necessario dire questo? Odioso pagliaccio vanitoso. (William e Helen comin­ Rosemary (arrabbiata) — Oh, non darti delle arie! ciano a litigare). Paul (chiude gli occhiali, li mette nell’astuccio, poi William — Maledetta strega maligna. (Paul e in tasca) — Non so proprio perchè mi accusi di darmi Rosemary cominciano a litigare e così pure Philip e delle arie, solo perchè mi sforzo di essere gentile. Joyce. Tuoni e lampi fino alla chiusura del sipario, Rosemary — Ah, non lo sai? che avviene rapidamente). Paul — No, non lo so! Rosemary — Allora, che cosa devo rispondere per il quindici? A T T O T E R Z Paul (impaziente) — Ma rispondi quel che vuoi. Che cosa vuoi che me ne importi? Rosemary — C’è qualche cosa che ti importi? (Philip e Joyce suonano brillantemente per qualche Paul — Che cosa vuoi dire? minuto, poi lui si arresta per primo seguito da lei). Rosemary — Che - cosa pensi che voglia dire? Paul — Non lo so. Joyce (seccata, si appoggia al piano) — Che c’è, Rosemary — Già, non « puoi » saperlo. (Si voltano caro? le spalle. Hélen e William si avvicinano al palco Philip — Non arriva nessuno. Che cosa avviene, interno e li guardano meravigliati). ora? Lo vedi, è esattamente come ti dicevo, non William (a Helen) — Sai dov’è il difetto? Nel­ riescono a mettere insieme il terzo atto. I critici l’orribile povertà di linguaggio dei nostri giorni. È diranno : « non è una vera commedia, e anche così disperante sentire tanto odio e tanta disperazione va a pezzi al terzo atto ». all’improvviso, e non essere capaci di esprimerli. Joyce — Ti sbagli. Il terzo atto c’è e incomincia Helen — Son d’accordo. Si sentirebbero molto adesso. Ascolta! meglio se potessero lasciarli traboccare. Philip — Che roba è? (Pausa. Suona qualche William — Allora li lasceremo traboccare noi per battuta di musica mistica pseudo-orientale) Portano in loro. Ne daremo una versione elisabettiana. Forza, scena un illusionista finto orientale? figliuola. Soffiate, venti, e vi scoppino le guance! Joyce (suona in sordina) — No, questo è il motivo Helen — Rabbia infuria! A voi cateratte e ura­ della chiromante Madame Aurora, reduce dall’O­ gani! (Si sente rombare il tuono. Si fa buio completo. riente... - Segnale elettrico. - Helen esce a destra, William esce Philip — Probabilmente Cleaton-on-Sea. a sinistra. Paul e Rosemary scendono dal palco e Joyce — ... per leggere la mano e scrutare la siedono al posto di Helen e William. — Segnale elet­ sfera di cristallo. (Smette di suonare) trico. - Helen e William entrano dai rispettivi archi Philip — Suppongo che Rosemary andrà a con­ avvolti in mantelli. Si fermano al centro dove vengono sultarla. illuminati da due raggi blu, mentre cessano lamini e Joyce — Sì. Lei e Paul sono ormai nella terza fase, tuoni. - Segnale elettrico). in cui ognuno non si aspetta più niente dall’altro Helen — Oh, perchè mai sono legata a questo ed è maturo per essere consolato da un terzo. Così sacco di Vanità Tediosa e di ancor pili opaco spirito! Rosemary si fa predire l’avvenire. Un fantoccio fatto di bretelle, di bottoni da colletto, Philip — E usa i quattrini del marito per scoprire d’amido, con poco più sangue in corpo di quanto se c’è qualcun altro in vista. stilli da un pezzo di carne congelata. Joyce — Che nobili sentimenti avete, maestro. William — Immaginate un gatto alto un metro (Ricomincia a suonare. Amplia il motivo con l’inter­ e sessanta, privatelo della sua naturale dignità e vento giocoso di Philip. Si apre il velario interno. - lasciatelo urlare infuriato, con senso di profonda Segnale elettrico. — Su un angolo del salotto di Madame inferiorità; questa è una moglie. Aurora, con brutte decorazioni psuedo-mistiche. Rose­ Helen — Una borsa d’acqua calda, delle più sca­ mary, in abito da passeggio, siede a un tavolino, su denti, comprata d’occasione, dà più calore. Duecento cui è posata la sfera di cristallo, di fronte a Helen lire al più vicino cinema procurano più poesia o vestita da Madame Aurora. Helen porta uno scialle allegro passatempo. orientale sui capelli grigi e ha gli occhiali. La musica William — Tu sei il vecchio trucco di madre natura: si attenua, poi cessa). JOHN BOYNTON PRIESTLEY

Helen (con voce alta e volgare, guardando la mano William — Ma no, certo, Rosemary cara. Sono di Bosemary) — Sì, cara, vedo che siete sposata, arrivato appena ieri sera. con due bambini... Rosemary — Non sei venuto in Inghilterra per Rosemary — Uno. la tua ultima licenza? Helen (in fretta) — Va bene, cara, sì, uno. Voi William — No, non sono più venuto dopo il tuo non siete molto felice, non quanto sognavate di matrimonio... ricordi? doverlo essere. Naturalmente, cara, è perchè siete Rosemary — Sì, e mi sei mancato, George. molto più sensibile di quanto si creda. Avete una William — Oh, oh! Vorrei poterlo credere, ma natura affettuosa, sensibile, è qui chiaro come il sole, mi sembra un po’ grossa. Voglio dire, sei una spo­ e con che risultato1? Col risultato che le persone che sina giovane, eccetera... vi stanno vicine calpestano i vostri sentimenti, senza Rosemary — Ma tu sei uno dei miei più vecchi nemmeno accorgersene. E che cos’altro? Voi avete amici, George, e mi sei proprio mancato. fiducia nella gente, perchè avete una natura fiduciosa, William (con marziale imbarazzo) — È molto bello 10 vedo benissimo, e le persone vi deludono. Non è che tu mi dica questo; Rosemary, mi sei mancata vero? enormemente anche tu. Ecco perchè sono rimasto in Rosemary — Sì, è vero. Non so come lei possa Oriente durante la mia ultima licenza. Non mi vedevo vederlo. qui con te... come dire... con altri legami. Helen — È un dono. Pochissimi ce l’hanno e Rosemary — George, ma è vero? ancora bisogna saperlo sviluppare. William — Parola d’onore. Forse non avrei dovuto Rosemary — Mi potrebbe... dire che cosa accadrà? dirtelo. È colpa tua se mi è sfuggito. Dimentichiamolo. Helen (prende la mano di Bosemary e la scruta) Rosemary (sorride) — Ma io non voglio dimen­ — Vedo un uomo alto che viene di là del mare, col ticarlo. cuore pieno d’amore per voi. Lo incontrerete presto, William — Stammi a sentire, tu avrai certo tante molto presto e vi farà tanto felice. Vedo un viaggio cose da fare e un sacco di impegni. Non c’è speranza e... uno strano letto... che tu venga una volta a pranzo con me? Rosemary — Che specie di letto strano? (Bitira Rosemary — Ne sarei felice! la mano). William (s’incammina con Bosemary al braccio) — Helen — Non importa, cara. (Con accentuato Oh, bene! Io ho perso ormai un po’ i contatti col cambiamento di tono) Sono millecinquecento lire, mondo e forse tu conosci i locali meglio di me. Dove signora, grazie. diresti di andare? (Escono. Mentre si avviano Philip Rosemary — Sì, certo, grazie. Buon giorno. (Esce). suona per un poco il motivo della strada. Entra Helen Helen (alzandosi) — Buon giorno. (Joyce suona vestita da signora De Folyat, ma senza trucco nè par­ 11 motivo-chiromante. Si chiude il velario interno. — rucca). Segnale elettrico. - Philip con una mano sola suona Joyce — Mi spiace, Helen, ma mi pare che quel un motivo veloce e aspro). vestito non sia adatto per te. Philip — Non c’è male, no? Scena del taxi in Helen — Non è per me. È per la signora De arrivo. Folyat, la ricca vedova che intratteneva il maggiore Joyce — Che ne dici di questo? (Batte forte una Spanner al ricevimento di nozze. Ha dato un altro marcia). incarico a Paul dopo vari anni e ora lo sta acca­ Philip — Che cos’è? lappiando. Paul e Rosemary sono nella terza fase, Joyce — Il maggiore Spanner che avanza. ora. Philip — Chi è il maggiore Spanner? Joyce — Sì, lo so. Ma che cosa vuole esattamente, questa signora De Folyat? Joyce — L’invitato al matrimonio, ricordi? Che Helen — Tutto quello che può ottenere, credo. conosceva Rosemary da tanto e che non riteneva Ma niente di molto serio. Se riesce ad allontanare Paul all’altezza. Per me è un imbecille, ma quasi dalla moglie un uomo simpatico e a indurlo a venire ogni donna ha in serbo uno di questi cani fedeli. da lei per consolazione, è perfettamente felice. È Continua pure col tuo taxi. (Mentra Philip suona, una collezionista. entra Bosemary, viene avanti alla ribalta, guarda l'ora, Joyce — Le conosco e come le odio. poi scruta come se ci fosse una vetrina, vede qualcosa Helen — Ma spesso piacciono agli uomini. che le interessa; guarda di nuovo l'ora. Entra William, Joyce — Gli uomini non guardano troppo per il in veste di maggiore Spanner, abbronzato e motto a sottile. posto, visibilmente appena tornato dall’Est. Biconosce Philip — E nemmeno le donne. improvvisamente Bosemary con gioia. Parlano davanti Helen — Vediamo un po’ i progressi dell’affare alla vetrina immaginaria attraverso cui li vediamo). Spanner. (Sale sul palco e spia attraverso il velario; William (con entusiasmo) — Rosemary! (Si toglie a Joyce) Sì, sì. Da un momento all’altro Rosemary il cappello). potrebbe gettare un biscotto o un osso alla sua devo­ Rosemary (con gioia quasi pari) — Giorgio Spanner, zione canina. (Esce. Si apre il velario interno su un che piacere rivederti! angolo di ristorante. - Segnale elettrico. - Fine di un William — Straordinario incontrarti così! Stavo pasto a un tavolo a due, quando si accendono le siga­ per telefonarti. rette. Il tavolo è di sbieco, così i commensali si vedono Rosemary (con finta severità) — Non mi dirai che bene di tre quarti). sei tornato da un pezzo e che non ti eri fatto vivo ! William (che ha gustato il pranzo, tiene in mano ¡PIN DA QUANDO C’È’ IL PARADISO ... una fotografìa) — Sì, questa è la fotografia che mi Helen — E guardi, Paul, che non mi sognerei di hai dato una volta, ricordi 1 lasciar toccare con un dito la mia casa da nessun Rosemary — Sì, ma è di secoli fa. Ero appena altro che da lei. Capisce che cosa voglio dire, vero? uscita dal collegio. Non mi dirai che è proprio quella? Paul — Sì, lei è molto buona. William — Sì, è quella. L’ho messa in questa Helen — Paul, non sia così professionale. cornicetta e l’ho sempre portata con me. È stata in Paul (sorridendo) — Mi spiace, Prances, ma questa posti ben strani, a volte. era una domanda professionale. Rosemary — Ma, George, sai che è commovente? Helen — Ma io non so separare così le cose in Non avrei mai pensato... scompartimenti. Non dimentichi che sono una donna. William — No, certo, non potevi aver pensato a (Sorriso seducente). nulla. Ma... ehm... bene, ormai non importa se te lo Paul — Non è facile dimenticarlo, Frances. E se dico, Rosemary, ma è stato proprio un colpo, un non temessi che dietro i vetri ci fossero almeno due diretto al mento, quando sono arrivato l'ultima volta delle sue cameriere a spiarci, in questo preciso mo­ e ti ho trovata fidanzata con Weybridge. (Pausa) mento mi comporterei molto poco professionalmente. Perchè avevo pensato di sposarti io. (Pausa) Perchè Helen — Lei parla come se gli architetti potessero stavo per dirti io qualcosa di un po’ violento. essere radiati dall’albo, come i medici. Rosemary — Mi dispiace, George. (Pausa; stende Paul — No, di noi ci si può fidare, a meno che ci una mano e lui vi batte sopra qualche colpetto con rendiate le cose troppo difficili. entusiasmo) Continua, racconta. Helen (cambiando tattica) — Paul, lei ha l’aria William (dà altri colpetti sempre più forti) — Non stanca. c’è molto da dire ancora, se non questo. Non avrei Paul — Ho avuto tanto da fare, ultimamente. mai parlato se ti avessi vista felice. Ma ora che so Helen — È naturale, un uomo geniale, nella sua che non lo sei, è diverso. (Pausa) Gran Dio! Una posizione deve continuare a prodigarsi. Lo compren­ meravigliosa ragazzina come te che non è felice! diamo tutti. Ma è evidente che sua moglie non ha Rosemary — Ma tu dimentichi che non sono più nessuna cura di lei. una ragazzina da un pezzo. Non solo sono sposata, Paul — Vede, come lei sa, tra noi non c’è molto ma sono madre, quasi una matrona. affiatamento e naturalmente Rosemary non s’inte­ William — Macché, per me sei una bambina, la ressa granché al mio benessere. mia bambina. (Colpetti). Helen (indignata) — Paul, ma è mostruoso! Non Rosemary — Davvero, George, (colpetti) comincio avere compagnia intellettuale, nè una profonda com­ a pensare che tu abbia seguito un corso di lezioni. prensione in casa è già abbastanza triste, per un Mi stai dicendo tutte le belle cose che desideravo uomo come lei è la cosa peggiore, ma oltre a questo sentire. che si trascurino anche i più normali doveri che una William (colpetti) — Questo non ti piacerà, eppure donna ha verso un uomo... bisogna dirlo. Tu non sei felice e Weybridge non si Paul — È così. (Vuol cambiare argomento) Non rende conto di quanto sia fortunato. crede che si potrebbe... Rosemary — Sì, c’è qualcosa che non funziona. Helen (interrompe, in tono persuasivo) — Paul, (Colpetti). vorrei proprio trovarmi con sua moglie. Non l’ho William — Che cosa strana, al tuo matrimonio Xiiù rivista dal giorno del matrimonio e non la conosco una signora un po’ svanita, un’amica di lui natu­ allatto. Lei dovrebbe farci incontrare. ralmente, voleva convincermi dell’intelligenza straor­ Paul — Non mi sembra un’idea straordinaria. dinaria dello sposo. E allora io le ho detto sul muso Helen — Mio caro, si ricordi che sono una donna che ti ritenevo dieci volte meglio di lui, sì, dieci volte. di mondo, piena di buon senso. Non si lasci prendere (Pausa) Da quel momento ho sempre avuto un pen­ da stupide paure tipicamente maschili. Non accadrà siero molesto. niente. Sono una sua cliente, abbiamo delle questioni Rosemary — Povero George! da discutere e così lei mi invita a casa sua. William — Bè, è già qualche cosa. Ma... ehm... Paul — Va bene, ma non dia la colpa a me se tutto qui? non si divertirà. (Helen gli prende di nuovo il braccio Rosemary (sussurrando) — No. e fa qualche passo con lui). William (con uno sguardo devoto, le bacia la mano) Helen — Mi divertirò certamente. Però sarà — Una bambina meravigliosa! (Si chiude il velario. meglio a colazione che a pranzo. Mi lasci vedere sul — Segnale elettrico. — Entra Helen con cappello e abito mio taccuino se possiamo fissare una data. (Escono. da passeggio. Philip suona). Joyce suona alcune battute aspre). Helen (all’ingresso, chiamando) — Son qui, Paul! Philip — Che diavolo è? (Entra Paul in abiti da casa; ha in mano un taccuino. Joyce (smette) — Un campione di musica per È importante che Helen appaia una donna ricca e quella colazione. (Riprende). attraente). Ecco, è questo quello che voglio dire. Philip — Sarà così? (Indica un punto) Sarà possibile ampliare l’ala da Joyce — Molto peggio. (Cessa la musica. Entra questa parte? No, non la può vedere bene di lì; di William normale). qui è meglio. (Lo conduce per un braccio un po’ più William — Incomincio ad averne abbastanza del in là, lasciandogli la mano sul braccio) Vede ora che maggiore Spanner. È un personaggio di scarsa sod­ cosa voglio dire? disfazione. Dov’è Helen? È sempre la signora « come­ Paul — Sì, si può fare. si-chiama? ». JOHN BOYNTON PRIESTLEY

Philip — Sì, la signora De Folyat vuol vedere Philip — Ci sto. Come se li avessi già in tasca. Rosemary e Paul deve combinare una colazione. Paul non può far niente contro quella donna. Joyce — Se avesse avuto un po’ di buon senso William — Credi? Io invece penso che lei stia avrebbe rifiutato. Le due donne se ne staranno lì per accorgersi che la situazione non è poi così sem­ piene d’odio l’una per l’altra e lo renderanno infelice. plice. I rapporti tra marito e moglie, anche se liti­ Però mi piace questa terza fase con quei mezzi amo­ gano continuamente, non sono mai semplici e vedrai retti in sordina. Comincia ad interessarmi molto. che scopriremo che la signora « come-si chiama » De William (al pubblico) — Secondo me non c’è Folyat non se ne rende conto e che giocherà la carta abbastanza commento, ora. Stiamo degenerando nelle sbagliata. solite porcheriole di teatro. Joyce — Questo mi riempie di gioia. Philip — Ma a lei piacciono. William — Vediamo, diamole tutte le possibilità. Joyce — Piacciono a tutti. Ma vediamo come va (Ai pianisti) Musica, atmosfera! (Si apre il velario. - la colazione. Segnale elettrico. - William esce. Philip e Joyce suo­ William — Non sono d’accordo. Lasciamoli in nano la musica De Folyat. La scenà è un angolo di pace. salotto della signora De Folyat, simile a quello di Joyce — Solo un’occbiata. (William salta sul Rosemary, ma con colori più vivaci. Helen, signora De palco e sbircia tra i tendaggi, poi vien via) Come va? Folyat, in un morbido abito da mezza sera, guarda che William (cupo) — « Si fa giorno e il corvo prende i liquori più adatti, whisky, brandy, ecc., siano a il volo verso la foresta rocciosa ». posto sul tavolino basso ed è piena di aspettativa. Si Philip — Amleto? dà un’ultima occhiata nello specchio. Entra Paul. William — Macbeth. È straordinario come Sha­ Joyce si sporge, appoggiandosi al piano. Helen, che kespeare... stava disponendo i fiori, si volta a salutare Paul, gli Joyce (interrompe con impazienza) — Lascia stare prende le mani). Shakespeare, adesso. Voglio sapere che cosa accade Paul — Sono venuto appena ho potuto. Ho dovuto a colazione. Starà per finire, ormai. rimanere in ufficio fin quasi alle nove. William — È già finita, credo. (Esce. Si apre il Helen — Povero ragazzo! Ma hai mangiato velario su un angolo di sala da pranzo. - Segnale elet­ almeno qualche cosa? trico. - Helen sta per uscire, Paul è in piedi; le signore Paul — Sì, ho preso un boccone al club, venendo che si voltavano le spalle, si girano alVaprirsi del velario). qui. Helen (con falso brio) — E tante, tante grazie Helen — Bevi qualcosa allora? Whisky, brandy? signora Weybridge. (Si allontana un po’ per rifarsi il (Versa del brandy) Questo brandy dovrebbe essere trucco) È stato un vero piacere rivederla, soprattutto straordinario, prendine un po’. Mettiti comodo, ripo­ dopo aver sentito parlare tanto di lei dal suo intel­ sati. Povero ragazzo, come devi essere stanco! (Paul ligentissimo marito. si abbandona sul sofà, mentre lei gli dà un’abbondante Rosemary (con gaiezza visibilmente falsa) — È dose di brandy) Ecco, tesoro caro! (Gli porge il bicchiere stata molto gentile a venire, signora De Folyat. da dietro il sofà e gli aggiusta un cuscino dietro la Spero di averla ancora a pranzo, qualche volta. testa. Lini le prende una mano e subito lei si china Helen — Ne sarò lieta. (Esce). e lo bacia, gli accarezza la faccia poi gli porta il bicchiere Paul — L’accompagno giù alla macchina e poi alle labbra. Viene a sederglisi vicino). dovrò filare in ufficiò. Ciao, cara! (Esce). Philip — Lei sa come si fa! Rosemary — Ciao, caro! (Li guarda uscire e poi Joyce — Sst! (Philip smette di suonare e si ap­ tira fuori la lingua verso di loro) Di tutte le più false, poggia al piano. Paul e Helen appaiono molto a loro contorte, striscianti, velenose cacciatrici di uomini! agio e in piena intimità). Almeno si fosse trovata una donna decente! Paul (bevendo adagio) — Hai ragione, Frances, Philip (a Joyce) — Voi donne dite sempre così. questo brandy è straordinario. Joyce — Sì, infatti... (Rosemary va al telefono e Helen — Ci tengo ad avere sempre le cose migliori. forma un numero). Posso non sembrarlo e puoi anche non crederlo, ma Rosemary — Pronto, parla il Sahib Club? Mi può sono una donna intelligente. chiamare il maggiore Spanner? (Si chiude il velario. Paul — Sei una donna affascinante e questo è - Segnale elettrico. - Philip suona il motivo De Folyat, quello che conta di più. (Le bacia la mano). Joyce quello Spanner). Helen (gli va molto vicino e si appoggia indietro Philip — Fammi il favore, non cominciare con col braccio di lui intorno alle spalle) — E così abbiamo quell’orribile aria Spanner. Sto suonando la musica avuto la nostra colazione. De Folyat. Paul (le lascia la mano) — Sì, l’abbiamo avuta. Helen — E siccome sei un uomo, sei stato sulle Joyce — Lo so, caro, ma non mi piace tanto come spine tutto il tempo. la suoni. Paul — Sì. (Alza il bicchiere). Philip — La stavo suonando benissimo. Helen — Non pensarci, è passato. Ma io dovevo Joyce — Troppo bene infatti. A quanto pare stai vederci chiaro. cominciando ad interessarti a quella donna terribile. Paul (nel bicchiere) — E che cosa hai visto? Philip — Infatti. È molto seducente e forse più Helen — Ma, caro, avevi perfettamente ragione! in gamba di quanto sembri. (Entra William). Paul (un po’ sostenuto) — Che cosa vuoi dire? William — Io punto 6 a 4 contro di lei. Parli di Rosemary? (PIN DA QUANDO C’È’ IL PARADISO ...

Helen — Ma certo. Tutto quanto mi hai detto Paul — Rosemary! (Mentre Paul esce le luci di lei, e anche quello che hai sottinteso, era giu­ rimangono basse e la musica aumenta. — Segnale elet­ stissimo. È assolutamente inadatta a te. trico. - Musica, mentre si apre il velario sull’alcova Paul — Sì, forse sì. • di destra dove Paul, ancora con l’impermeabile, sta Helen — Ho capito tutto in dieci minuti. E non telefonando) Rosemary: ascoltami, cara. Ah, è lei, so come abbia potuto incominciare. Una creatura signorina? Vorrei parlare con la signora, per favore. fresca, bella... Ma hai ragione tu. Tu migliori sempre, È partita? Sì, ha lasciato un biglietto, me lo vuol e lei non riesce a progredire. Anzi, come in quasi leggere per favore? Via per il «week-end», forse per tutte le donne di quel tipo, le sue vedute invece di più a lungo. Va bene, Nannie. Se telefonasse, le dica allargarsi si riducono sempre più. Nel suo caso non che sono partito anch’io e che potrò essere di ritorno si può nemmeno parlare di una certa prontezza, di lunedì, ma che può darsi anche di no. (Musica. Si essere, diciamo, intellettuali, perchè non è neanche chiude il velario sull’alcova. — Segnale elettrico. — moderatamente intelligente. Infatti, ammettiamolo, Ritorna piano la luce normale). è stupida. Philip — Un gran peccato non trovarla in casa, Paul (che ha apprezzato sempre meno il discorso) — proprio mentre lui era pronto a far la pace. Ma tu, veramente, hai visto Rosemary in una delle Joyce — Niente di strano. Quella donna a colazione sue giornate peggiori. Abbiamo litigato, in questi è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, così giorni, e poi credo che abbia dei sospetti. Rosemary ha telefonato al maggiore Spanner che la Helen — Ma andiamo, via! Come ti ho detto non portasse via, in qualunque posto, per un romanzetto mi ci sono voluti più di dieci minuti per capire. È di consolazione. stupida. Philip (con interesse) — Ah, è così? Se ne sono Paul (in collera) — Non è stupida! andati, eh?, probabilmente sotto un altro nome a Helen — Caro Paul, non è necessario che tu ti divertirsi in una vecchia locanda caratteristica. Ma arrabbi solo perchè sono d’accordo con te su tutto ho i miei dubbi circa il maggiore. quanto mi hai detto di lei. Joyce — Chissà! Il maggiore comincia a piacermi, pAUL — Non ho mai detto che era stupida. anche se ha molto da imparare. Non è assolutamente Helen — Non con tante parole, forse. Ci voleva un uomo da «week-end». una donna per questo. Ma mi hai detto che non fa Philip — Lo spudorato cinismo di voi donne, ah! il minimo sforzo per capirti, che non cerca di miglio­ Joyce — Dopo quanto ti ho sentito dire! (Segnale rarsi. E ora che l’ho vista coi miei occhi, ti sto sol­ elettrico. - Si apre il velario su un salottino privato tanto dicendo in una parola che è... di un’antica « locanda caratteristica ». Rosemary in Paul (sempre più arrabbiato) — Sì, sì, sì, l’hai abito da viaggio sta seduta con aria derelitta e un po’ già detto. dubbiosa. Non si muove per tutto il seguente dialogo). Philip — Che cosa ti ho detto? Ye Olde Tudor Helen — Paul, ma che c’è? Inno, « antica locanda caratteristica », con travi di Paul (affrontandola) — C’è che non mi diverto cemento. affatto a sentirti insultare mia moglie. Joyce — Hanno scelto un appartamentino con Helen (seccata a sua volta) — Insultare! Volevo salottino privato comunicante con la migliore camera solo... matrimoniale. Bene, bene! (Entra William, mag­ Paul (interrompendo brusco) — Lo so, l’hai già giore Spanner, in smoking. Ha un principio di raffred­ detto prima. Senza dubbio tutto ciò è illogico, incon­ dore in continuo peggioramento. Philip e Joyce sie­ sistente e assurdo dopo tutte le sciocchezze che ho dono ai rispettivi pianoforti). detto, ma è così. « Non mi piace ». (Sforzandosi di Rosemary — Ma, George, ti sei cambiato! cambiar tono, si alza) Mi spiace, Francés, ho avuto una giornata massacrante. Forse sono stanco. È William — Cambiato? Sono lo stesso uomo che hai sempre conosciuto, che ti ha amato per anni meglio che me ne vada ora. Helen — Sì, forse è meglio. Credo anche che tu e anni. ti stia comportando da stupido. Rosemary — Voglio dire gli abiti. Paul — Senza dubbio c’è qualcosa che non va William — Ah, sì. Mi è sempre piaciuto cambiarmi, con noi, Weybridge: siamo tutt’e due stupidi. Grazie è diventata un’abitudine. Impedisce di diventar per il brandy. Buona notte. (Esce in fretta. Le luci trasandati. si spengono adagio. — Segnale elettrico. — Si chiude Rosemary — Ma noi vogliamo star comodi. Per il velario. William esce a sinistra. Paul con un imper­ questo siamo venuti qui. E poi io non ho portato meabile leggero, entra dalValvoca a sinistra, come se abiti da sera. andasse a casa. Sta imprecando tra sè. Sale sul pal­ William — Ah, vedo. (Giocherella con la cravatta. chetto e viene illuminato da un raggio di luna) Che Faremo ridere, vero? faccia tosta parlare così di mia moglie! Maledetta Rosemary — Certamente. Bisognerà pranzare qui. faccia di bronzo! Una donna ricca, viziata, è detto William — Sì? (Sconcertato) Ma io ho fissato un tutto. (Si ferma nel raggio di luna come nel primo atto tavolo di sotto. Ero sceso a bere qualcosa prima di e ascolta). desinare. (Starnuta) Quel maledetto bagno è pieno di Voce di Rosemary — Tesoro... i lillà... (Musica correnti d’aria e non me ne sono accorto in tempo. di Chopin. Paul la sente) Chopin... perfetto... ancora Bisogna fare molta attenzione dopo tanto clima tre giorni... ti amo... tropicale. JOHN BOYNTON PRIESTLEY

Rosemary — Sì, certo. Vuoi fare ancora un salto nasale. Un tale di Harley Street mi ha detto di por­ giù ad avvertire ciré pranziamo qui? tarlo sempre con me quando sono a casa. Al primo William — Non credi die sembrerà un po’ strano? sintomo di raffreddore lo si riempie di una soluzione Sai com’è la gente. di sale comune e bicarbonato e lo si usa sera e mat­ Rosemary (un po’ impaziente) — Va bene, se ci tina. (Esegue tutti i movimenti) Ammorbidisce e scioglie tieni proprio, puoi pranzare da solo dabbasso. Io il muco, così mi han detto. mi farò portare su qualcosa su un vassoio. E poi Rosemary — Hai detto muco, George? non lio molto appetito. William (solenne) — Sì, Rosemary. Vado proprio William — Davvero? Che peccato! Si mangia molto a dimenticare a casa quel dannato apparecchio e bene qui. Ecco perchè ne ricordo il nome. ora è troppo tardi per comprarne un altro. Rosemary — Che importa? Io non sono venuta Rosemary (triste) — Sì, George, è troppo tardi. per mangiare. (Altro violento starnuto, ricerca affannosa del fazzo­ William — No, certo. Neanch’io, naturalmente. letto, manovre col medesimo. Rosemary scoppia improv- Sei felice? visamente in una risata isterica, mista a pianto, mentre Rosemary — Si, caro. Mi sto godendo questa lui la guarda continuando le manovre col fazzoletto). gran pace. Star tranquilli, in perfetta pace... è ma­ William (perplesso) — Ma ridi o piangi? gnifico ! Rosemary — Tutt’e due. (Si alza decisa) Senti, William — È vero, ma potrebbe non durare. George, sai che cosa facciamo? Rosemary — Perchè? William (sorpreso, continua a passarsi il fazzoletto William — C’è una gran tavolata apparecchiata sulla faccia) — Ma, sì, forse... di sotto e il «maitre» mi ha detto che è per una com­ Rosemary — No che non lo sai e allora te lo dirò pagnia di aviatori che si riuniscono ogni venerdì io. Uno di noi due ritorna in città con la macchina sera. Non ci sarà una gran pace, quando arriveranno. questa sera, adesso, e l’altro prende il primo treno Rosemary — Non intendevo questo. domani mattina. Se preferisci, puoi startene qui tu William — No, certo. Capisco ohe cosa intendi. col tuo raffreddore e io me ne vado con la macchina. Rosemary — George, mi ami davvero? Oppure... William — Ma Rosemary, bambina mia, lo sai. William — Ma... No... (Soffoca uno starnuto) (Si dà un colpetto alla tasca posteriore) Non mi son Volevo dire... Io credevo che noi... forse portato dappertutto la tua fotografia, in questi Rosemary — Noi niente. Tu mi sei molto caro, anni? Anche ora l’ho qui con me (Indica la camera ma il resto è finito. Colpa mia. E non far finta di da letto). non provar sollievo perchè so benissimo che lo provi Rosemary — Ora non serve perchè hai me. (Gli e non solo perchè hai il raffreddore. Se rimanessi qui si avvicina) George, caro, spero che tu ti renda conto finiremmo di litigare e poi ci sentiremmo sciocchi. che la fotografia è una cosa ma che una persona Allora, me ne vado io questa sera o vai tu? viva è tutt’altra cosa. Sei sicuro che sia me, proprio William — Ma... se per te è lo stesso... preferirei me che vuoi? andare io, perchè se il mio raffreddore... William — Ma Rosemary cara, ti ho detto che ho sognato questo per anni! Rosemary — Ho capito, l’apparecchio del naso. Rosemary (soffocando ogni dubbio) — Amore, È deciso allora. Fila dabbasso a mangiare qualche baciami! cosa e io ti farò la valigia. Su, va da bravo. (Lo William (si avvicina) — Per Giove, sì. Un momento sospinge) E ricordati, George: noi non siamo mai solo. (Si ferma all’improvviso, si volta, starnuta vio­ stati qui, non è mai successo nulla, tutto un sogno. lentemente) Al diavolo! Scusami. (Si soffia il naso Oh! Che nomi hai dato al portiere? rumorosamente). William (sempre trattenendo uno starnuto) — Il Rosemary (non protende più il viso) — Hai preso solo nome che mi è venuto in mente è quello di un il raffreddore? mio vecchio compagno, un certo Smith. (Starnuta. Wil­ William (seccato) — Pare di sì. Al diavolo quel liam esce. Rosemary siede mezzo ridendo e mezzo piangen­ bagno! Me lo sentivo già un po’ venendo in mac­ do. Si chiude il velario. - Segnale elettrico. - Alcune bat­ china. Per questo volevo chiudere il finestrino, ma tute di musica con accenni al maggiore Spanner). tu non ne hai voluto sapere. Joyce — Lui non chiedeva che di continuare con Rosemary — Mi dispiace, non sapevo che tu la sua comoda devozione canina senza seccature. fossi così facile ai raffreddori. Una fotografia su cui scuoter la testa quando aveva William — Uno non può vivere degli anni in un bevuto un po’ di più, non una vera donna. clima caldo e poi tornare in questo freddo buco Philip — Avrà probabilmente un paio di mo- umido, senza... (Altro starnuto. Poi va a sedersi vicino gliette nere a Baji-Banji. Ma pensava che quel fan­ a lei e la guarda con gravità). tasma di devozione fosse proprio ciò che piace a Rosemary (dopo una pausa) — Che c’è, George? voi donne. Si tratta di noi? Joyce — Per carità! (Entra Ilelen. - Segnale William — Oh, no! Mi sono accorto di aver dimen­ elettrico). ticato il mio affare di vetro. Per il naso, sai? Helen — È molto semplice ciò che vogliamo noi Rosemary — No, George, non lo so. donne e siete voi uomini che lo fate sembrare com­ William (molto serio le si avvicina e le passa un plicato. Noi vogliamo semplicemente essere delle braccio intorno alle spalle) — È una specie di doccia vere creature, intensamente vive per gli uomini che ¡FIN DA QUANDO C’È’ IL PARADISO ... amiamo. Niente di fantastico, questo passa col finire convocato qui per le tre e mezzo per rispondere a delle scuole, non strane figure romantiche e affa­ delle domande circa il... divorzio... scinanti, ma solo persone attraenti e desiderabili, Rosemary — Anche me. vere. E il vostro torto è che, sia che siate romantici Paul (irrequieto) — È mostruoso che Coulson ci o sensuali, dei Don Chisciotte o dei Don Giovanni abbia convocati alla stessa ora. (Segnale elettrico). è tutto lo stesso, non ci lasciate essere persone « reali ». Questo dimostra l’insensibilità degli avvocati. Tipico Ci trasformate in altre cose, in bambole, in dee, in trucco da avvocato. Al diavolo Coulson! schiave, in simboli, in fantasmi, piuttosto che rico­ Rosemary — Ma, forse... noscerci nel nostro essere semplice. E questa è la Paul — Cosa? verità. (Le luci sì attenuano. Si apre una tenda late­ Rosemary — No, niente. rale su Bosemary che telefona). Paul — Senti, io vado ad aspettare fuori. Rosemary — Pronto, Nannie, c’è il signor Wey- Rosemary — No, è così... (Si alza). bridge? Sì, capisco... va bene, Nannie. (Biattacca e Paul — Che importa? (Si guardano incerti e infe­ incomincia a fare un numero furiosamente, con accom­ lici. Tutte le luci si attutiscono. Joyce e Philip vanno pagnamento di musica staccata negli intervalli) Parla verso il fondo). Fletcher e Coulson? C’è l’avvocato Coulson, per Joyce — È tutto come allora. Tra un momento favore? La signora Weybridge. Dica che è impor­ lui uscirà e quella povera figliola si metterà a piangere... tante... Signor Coulson, potrei vederla il più presto Philip — E se non staremo attenti ricominceremo possibile? È per... è per un divorzio... (Philip suona a discutere come allora e poi ci faranno rivedere il un’aria un po’ triste. Si chiude la tenda laterale. - loro primo incontro e ricomincerà tutto daccapo. Segnale elettrico). Joyce — Non ne vale la pena. Helen — Ecco, questo li ha separati. (Gessa la Paul (indignato) — Son più che d’accordo! musica). Rosemary (si alza) — È tutta colpa di Helen e Joyce — Sempre così, per una sciocchezza... di William. Philip — Senza dubbio. Ma posso farti notare che Philip (con voce che va attutendosi) — Bene, lascia­ se non avesse avuto tanta furia di telefonare all’av­ moli sistemare le cose. (Esce a destra). vocato... Joyce (stessa voce) — E anche se stessi, se ci rie­ Jotce (interrompe) — Sì, sì, lo sappiamo. Ma lei scono. (Esce a sinistra. William e Helen sono ora doveva pur fare qualche cosa. Io capisco esatta­ come illuminati da un caminetto acceso. Il resto della mente quel che provava. scena è buio. Helen parla tranquilla come se stesse Philip — Ecco, voi donne... finendo una lunga storia). Helen — Sì, ammetto che quando ci sentiamo Helen — E così Paul, quell’imbecille, è uscito e sconvolte, siamo portate a fare la prima cosa che ci Rosemary è rimasta lì a piangere. Era stata lei a salta in mente. dire all’avvocato di convocarli alla stessa ora, spe­ Joyce — Eh, sì. rando che Paul, rivedendola, si accorgesse di essere Philip — Mentre se invece prendeste le cose con ancora innamorato. (Pausa) William, mi ascolti? calma, le esaminaste bene e rifletteste un po’ tran­ William — Ti ascolto, ma sto anche pensando. quillamente... Helen — Senza dubbio, ma non credo che mi Joyce — Tu hai preso tutto con calma, hai esa­ ascoltassi. minato tutto bene e riflettuto tranquillamente da William — Sì, invece. L’ultima cosa che hai detto quando ti conosco. è che lei sperava che lui fosse ancora innamorato. Philip — Preferisco ignorare simili osservazioni. E lui lo è. Basta che lui la incontri in un posto che Joyce (ironica) — Lui preferisce... non sia lo studio di un avvocato e glielo dimostrerà. Philip (seccato) — Oh, vuoi tacere? Helen — Lo dirò a Rosemary così farà subito Helen — Ehi, ehi, non abbiamo scelto voi, ma in modo di incontrarlo. Ma tu, pensavi a loro due? Paul e Rosemary. Ora son passati dei mesi, mesi William — No, ad altri due. tristissimi, prima che si ritrovassero nello studio del­ Helen (che ha subito capito) — Ah! l’avvocato. William — Ad altri due, un po’ più vecchi e Joyce — Sì, ci credo. Ma, ti prego, non farci maturi e forse più intelligenti di quei due, che anche vedere quei mesi tristi. (Entra William). William — No, no, ce li possiamo immaginare. loro si sono innamorati, sposati e partiti al galoppo Helen — In ogni caso bisogna riprendere dal­ verso la felicità, solo per trovare, naturalmente i l’ufficio dell’avvocato. Joyce, Philip! (Musica. — soliti inciampi e ostacoli, per perdere il primo entu­ Segnale elettrico. — Si apre il velario sulla stessa scena siasmo della conquista, per non essere d’accordo sugli del primo atto. Paul cammina su e giù come prima. Si amici... sente la voce di Bosemary che dice « oh, qui dentro, Helen — Lamentele sull’essere poco considerati, grazie ». Entra con gli stessi abiti di allora. Come trascurati, gelosia quando l’altro aveva speciali atten­ allora si guardano imbarazzati. Helen e William si zioni per altri uomini o altre donne... siedono vicini). William — ... e poi tutta una nebbia di errori... Paul (con sforzo) — Temo che tutto questo sia... Helen —• ... tutti e due accecati dal proprio un po’ imbarazzante, Rosemary. orgoglio... Rosemary (con uguale sforzo) — Sì, Paul. (Siede). William — E così, invece di superare gli ostacoli Paul — Non è colpa mia, però. Coulson mi ha e raggiungere quel lungo tratto piano, dove avreb- JOHN BOYNTON PRIESTLEY bero potuto trotterellare fianco a fianco con fiducia Paul — Che bella coppia! Ci invitate a festeg­ e affetto, si sono separati, hanno rotto tutto, hanno giarvi e vi nascondete in un angolo. (Paul porge un divorziato. bicchiere a William, Philip ne porge uno a Helen). Helen (con emozione controllata) — Uno di loro William — Scusateci. non sembrava soffrirne granché, si comportava come Rosemary — E non vi siete ancora congratulati se fosse vero ciò che aveva detto quando litigavano, con Philip e Joyce. (Gira con un piatto di sandwiches). che lui non era fatto per il matrimonio... Helen (a Philip) — Ti auguro di essere tanto William — Era uno scemo e un bugiardo. Ma felice, Philip. non ne sapeva abbastanza allora. Erano quegli stu­ Philip — G-razie, Helen; ce n’è voluta per farla pidi tempi facili in cui avevano un gran da fare ad andare a tempo! ingannare se stessi. Ora lui sa che la vita è dura e William (beve, prende il piatto da Bosemary) — che gli anni passano in fretta e che presto le sue Non so se, tutto sommato, il matrimonio renda molto serate saranno più lunghe e solitarie e che gli amici felici. Ma anche la vita da scapoli non rende molto spariranno e che dove ci sarebbe potuto essere amore felici. Il fatto è che nessuna persona di buon senso fino alla fine, non eccitazione e passione e possesso, può essere molto felice. non razzi e stelle filanti, ma il sicuro calore del cami­ Helen — Ora non ricominciare con la tua filosofia. netto, ci sarà invece il buio... e nient’altro. [Pausa) William — No, amore. (A Joyce) Le mie congra­ Lei non lo capisce ancora... tulazioni, Joyce! Joyce — Grazie, William. Non lo potevo più vedere Helen (mezzo ridendo e mezzo piangendo) — Ah, così trasandato, che ho deciso di sposarlo per ripulirlo. non lo capisce? Chiedilo,a qualunque donna, che viva William (severo) — Per castigo, torna al tuo piano. sola! Helen (a Philip) — E tu al tuo. (Vanno ai rispet­ William — Non è necessario che viva sola. tivi pianoforti, tutti bevono). Helen — Lei preferisce così. Rosemary (alzando il bicchiere) ■— A tutti noi! William (pausa) — Mi sto offrendo l’ultima pos­ T u tti — A tutti noi! (Brindano e bevono sorri­ sibilità, Helen. dendosi scambievolmente; Bosemary fa un giro col Helen — Perchè dici questo? vassoio). William — Perchè questo essere buoni amici William (mangiando) — E badate che la vita allegri e camerateschi non funziona più per me. Così, sessuale, come ha dovuto ammettere anche Shelley, se non c’è altro, me ne vado. è una turlupinatura. Helen (allarmata) — Dove? Joyce — È per noi questo? William — Non lo so. Molto lontano. William (con la bocca piena) — Ji sempre stata Helen (in fretta) — Non ci andrai senza di me. una turlupinatura dal Paradiso Terrestre in poi. William (con gioia) — Helen! Philip — Davvero. Helen — No, aspetta, William. Son d’accordo in Helen — Lo è per noi donne quanto per voi uomini tutto e provo gli stessi sentimenti. Ma non mi basta. Rosemary — Anche di più, credo. Sono una donna e non un’assicurazione contro la William — Ma a dividerla con spirito e con gen­ vecchiaia solitaria. Dillo o non parlarne mai più. tilezza... William (motto sincero. Pausa) — Cara, ti amo, Helen (sorridendogli) — ... con fiducia e con affetto ti amo con tutto il cuore. Ti chiedo di perdonarmi e sempre più profondo... di sposarmi di nuovo. William — ... è come piantare una tenda non troppo lontano dai cancelli luminosi. Helen — Oh amore, non c’è niente da perdonare. Rosemary — È vero. E mi auguro che siate tutti Anch’io ti amo e naturalmente ti voglio risposare. felici come lo siamo sempre stati io e Paul. (Si abbracciano e poi -si guardano, lei sempre mezzo Paul — Porse noi siamo stati eccezionalmente piangendo e mezzo ridendo) Ma, tesoro, abbiamo fatto fortunati, proprio così, neanche il più piccolo ma­ tante storie per divorziare e ora ci risposiamo. Di­ linteso. ranno che non sappiamo che cosa vogliamo. Rosemary — L’abbiamo detto fin dal principio William — Lo sappiamo benissimo. che ci saremmo sempre guardati dal litigare. Helen — Rideranno di noi. Helen — Bene, devo proprio dire miei cari... William — E lasciali ridere. (Segnale elettrico. - William (a Helen con ironia) — ... che non credo Si apre il velario sulla scena interna. Grandi risate vi sia cosa migliore che seguire il loro esempio mera­ dei quattro che sono sulla medesima. Tutte le luci si viglioso. (Philip e Joyce cominciano a suonare mentre riaccendono in pieno rivelando la parete di fondo di le altre due coppie brindano ancora). un salotto, con tavolo da buffet con rinfreschi, dolci, ecc., e i quattro, Paul e Bosemary in abito da sera. Philip FINE regge due bicchieri, Joyce e Bosemary uno per cia­ scuna. Si aprono anche le tende laterali su decorazioni * Tutti i diritti sono riservati alla “ Edizioni Raggio - Via di fiori e lampade. Le risate sono amichevoli). Savoia, 80 - Roma”. Sarebbe piaciuta a Giacomo Grosso. L’indomani della rappresentazione l’illustre pittore piemontese avrebbe detto a : «venga nel mio studio, tota, lei è proprio nata per un ritratto in giallo». Questa bella composizione è una scena della commedia II marito ideale di Oscar Wilde, che la Compagnia dei cinque giovani - Calindri, Villi, Volonghi, Volpi, Riva - e di uno un po’ meno - Ernesto Sabbatini - ha rappresentata a Milano, al Teatro Olimpia, come spettacolo di esordio della nuova formazione, presentando Olga Villi primattrice. SE DI GIACOMO FOSSE VIVO SAPREBBE OGGI PERCHÈ ADELINA MA GNETTI PIANGEVA IN MESE MARIANO ¥ Che al « Meloncello » fuori Porta Saragozza, a Bologna, c'è signora che è Donna Adelina. la Casa di Riposo degli Artisti Drammatici, questo non lo dovrei In un angolo un ritratto, il suo dire proprio a. voi, lettori di « Dramma » perchè da quel santo ritratto disegnato da Bompard. pulpito che è questa Rivista nei riguardi della Casa di Riposo,. quando recitava al Teatro Olim­ pia a Milano, nel 1913; sul letto piccolo e monacale un'imma­ gine sacra, con accanto un altro quadretto: la Madonna della Pietà, un ricordo di Firenze. Al­ tri « ricordi »: fotografíe ingial­ lite, rese opache dal tempo, e ri­ viste polverose. Donna Adelina le sfoglia a memoria: intere pa­ gine riproducono il suo volto; gli articoli che le furono dedi­ cati, portano firme celebri della critica: Pozza, Oliva, Lanza, Cappa, Bergamini. In « La Let­ tura » dell'estate 1910, Giulio De Fremi (Federzoni) definisce la sua interpretazione « una quin­ tessenza di femminilità adora­ bile ed inquietante ». E non mancano testimonianze recenti. Renato Simoni, che nella prima­ vera del 1947, andò a visitarla, scriveva poi sul « Corriere »; « Adelina Magnetti! Che dolce e vibrante e appassionata attri­ ce del teatro napoletano ella è stata! Alta, snella, flessuosa, dal pallido viso ovale, dalla bocca fiorente e ironica, con occhi di amore e di fierezza, con non so che alterigia nel portamento del busto e del capo, ella pareva talora affermare la propria sicu­ ra e un poco prepotente su­ periorità con un lieve scrollo spregioso delle spalle-, aveva, nella voce, la malìa cantante di Napoli, nei molli abbandoni, una perdizione soave, cedente e Questa fotografìa del 1915 è inedita. Adelina Magnetti è con la sua bambina poco struggente; negli scatti dell'ira tempo prima di perderla. Quando nel leggere l’articolo, giungerete alla rivelazione del­ l’episodio delle lacrime in Mese Mariano ritornate a guardare questa immagine. un che di agile belvetla. E' stata, nel più bel tempo di Sal­ vatore Di Giacomo, di Roberto tutto sapete giorno per giorno. Ma io sono andato a trovare Bracco, di Scarfoglio e della Se- Adelina Magnetti che sarebbe come dire, per paragone di per­ rao, una trionfatrice; la prima sonalità, la Duse del teatro napoletano. E di Donna Adelina vi interprete di Assunta Spina; e voglio parlare. E’ risaputo che alla Casa di Riposo ogni camera è dedicata ad chi l'ha vista, in quella comme­ un grande artista del passato-, sulla stanza numero otto, è scritto: dia, fremere, amare, presentire « Virginia Marini », e in quella stanza vive quell’incantevole la morte, sentirsela vicina, cer- care di sfuggirle con un guizzo in tempo per la « prima », se si na Filomena ». Bracco insisteva e con un grido, non potrà mai continuava così. A un certo nel volerla un tipo di donna dimenticarla. Schiettamente e punto lei fece valere la sua au­ corvina procace e sudicia; spet­ artisticamente popolana alla ri­ torità ed accelerò i tempi: si tinata, con un abito logoro e in balta, era invece, una signora passò al secondo atto, prepa­ disordine. La Magnetti non era squisita, di raffinata eleganza, randolo in fretta: 1si impiega­ d'accordo. Insisteva nell'affer- prodiga di bontà e di doni, fino rono tre giorni. Quella sera, il mare che una popolana di Na­ alla spensieratezza. Nel momen­ 18 marzo del 1909, lei aveva il poli, anche vivendo in un vi­ to della sua più diffusa celebrità cuore in gola, al Nuovo. Ma il colo, può vestir bene. Bracco, s'allontanò dal teatro, non so pubblico, alla fíne, si era alzato perplesso, la lasciò fare. Quan­ come e perchè. Si parlò sempre in piedi entusiasticamente. Così, do si alzò il sipario, la Magnetti meno di lei; bastava nominarla, per ottanta repliche. Quanti indossava una toletta verde ser­ perchè l'ammirazione memore volti le ricorda quel tempo: Ari­ pente, con scarpe di camoscio risorgesse. Quali sono state le stide Sartorio, Carlo Siviero, grigio. Sui capelli corvini, un sue ultime vicende? Per quali Libero Bovio, Francesco Paolo alto pettine luccicante di lu­ vie di tribolazioni è giunta alla Tosti. Conobbe Tosti a Roma, strini. Una sciarpa a colori vi­ Casa di Bologna, tra i vecchi nel 1912. E mostra una foto del vaci, e alcuni gioielli: il tipo comici, nella cameretta ove pen­ musicista. « Chi dice ca' li stelle della popolana che ha mezzi, serà al passato, nella stanza da so' lucente - nun sape l'uocchie usa saponette di Parigi e in­ pranzo ove si parla di ieri ma ca' tu tiene 'nfronte ». Fu con dossa biancheria fine. per domani non si sperano più questa dedica, che Tosti gliela Lo spettacolo ebbe un nuovo sorprese? ». Quali sono state offrì. risalto: aveva trovato la « per­ queste vicende cui accenna Re­ Morto Edoardo VII, poiché To­ sonalità ». Sorridendo, la Ma­ nato Simoni? Fino a poco prima sti era maestro della regina gnetti cercò tra le quinte Bracco che venisse a Bologna, la Ma­ Alessandra, il musicista fu preso e gli disse: « Avete visto? Non gne tti alloggiava in una pen­ da profonda malinconia per la stavo bene lo stesso, vestita sione alla Galleria Umberto I, scomparsa del sovrano. Aveva così? ». E Bracco, che conosceva che è il cuore tumultuoso di perduto un grande amico e pro­ come vestono le vere popolane Napoli. I suoi amici ed ammira­ tettore. Si congedò dalle dame nei vicoli della sua città, le ri­ tori la vedevano passare sola, dell'aristocrazia che lo suppli­ spose calmo: « Come napoletana dimessa, con lo sguardo triste, cavano dì continuare a dar loro a Londra state benissimo! ». appoggiandosi ad un alto, sot­ le sue lezioni, e — lasciata Lon­ Altri lavori, che recitò anche in tile bastone d'ebano. Un furto dra — ritornò in Italia. Tosti molte città, furono Nini bijou; di gioielli di rara bellezza e non non fu il solo musicista con cui Addio mia bella Napoli e la comune valore, sua ultima ri­ Adelina Magnetti ebbe grande famosissima commedia Giovan­ sorsa, fu il duro colpo imprevi­ amicizia; conobbe anche Puc­ nino o la morte, tratta da una sto. Poi, i napoletani non la vi­ cini, Umberto Giordano, Fran- novella di Matilde Serao, scelta dero più. Fu accolta alla Casa chetti. Dal maestro Giordano, dalla stessa Magnetti che ne di Riposo, questa istituzione ec­ all'albergo « La Ville », ascoltò aveva intuite, leggendola, le cezionale, dove la personalità TAndrea Chénier di Illica, mol­ possibilità teatrali. Non cono­ non viene menomamente intac­ to prima che l’opera fosse pre­ sceva la scrittrice che allora, cata, dove il valore umano so­ sentata al pubblico; alla prima divisasi dal marito, Edoardo ciale artistico non subisce tra­ rappresentazione di La figlia di Scarfoglio, alloggiava al Betto­ sformazioni, non deve assimi­ Jorio di D'Annunzio, al Lirico, lini. « Donna Matilde » come la larsi a nessuna consuetudine, erano con lei nello stesso pal­ chiamavano affettuosamente in non si diventa un numero. Si chetto Scarfoglio, Michetti, Tre- città, era famosa, oltre che per porta sempre il proprio nome, ves, Tito Ricordi. i suoi libri, anche per il modo tanto più ammirato tanto più Oltre ai lavori di Salvatore Di di vestire, poiché per un dalto­ artisticamente considerevole. Giacomo, la Magnetti ne recitò nismo del gusto non le riusciva Adelina Magnetti ritorna indie­ di vari altri autori, sempre na­ di mettere insieme nemmeno tro con i suoi ricordi, e la voce poletani. Per lei Roberto Bracco due tinte armonizzanti. E poi­ diventa più calda, gli occhi le scrisse Occhi consacrati. Poiché ché di colori, nell'abbigliamen­ brillano, le sue belle mani affu­ alla « prima » v'era stata una di­ to, ne usava con larghezza, po- solate descrivono nell'aria, con scussione, la Magnetti fu sosti­ tevasi immaginare che cosa era gesti nervosi, il ritmo di una tuita da Mariella Gioia. Il la­ donna Matilde quando passava musica lontana. Sì — dice —- voro andò bene. Quando poi per la strada. Ma i napoletani, Assunta Spina fu un successo. essa si convinse a recitare, sor­ avendoci « fatto l'occhio » la Di Giacomo era esigentissimo. se una questione sul come adoravano ugualmente. Donna Il primo atto si provava da quin­ avrebbe dovuto vestire lei nella Matilde era un'artista. Un po' dici giorni. Non si sarebbe fatto sua parte duna popolana, « don- stravagante, è vero; ma questo che vuol dire? Adelina Magnetti « Mi pare di udire una cosa soggiogato dall'amore, li dram­ ebbe il permesso dall'illustre nuova ». Ma è soprattutto il ma è nel contrasto fra lo sper­ scrittrice di far ridurre per la teatro di Di Giacomo che Ade­ giuro innanzi a Dio e il cuore scena, da Ernesto Murolo, il lina Magnetti ha rivelato in che non s'acqueta e poi vince, piccolo capolavoro. Italia e fuori, facendolo vivere mentre Cristina scompare. In quel tempo la Serao dirigeva sulla scena. Come ella nota, La Magnetti recitava allora a il quotidiano « Il Giorno ». Nel Assunta Spina non è affatto l'o­ Torino, al Carignano e man­ novembre del 1911, quando vi pera migliore del poeta. Ha del cava da tempo dalla sua città lu la « prima » di Giovannino o pathos, rende in pieno il tipo dove era molto attesa. Il prin­ la morte al Nazionale di Roma, passionale della popolana, ma cipe di Santobuono che era, con lu inviato un redattore con il dove Napoli vive con il suo il duca di Marigliano, impre­ compito di fare, oltre la cro­ animo vero, d'amore e super­ sario del Teatro Sannazzaro, naca, un telegramma a Napoli stizione, è nel Voto. Come de­ domandò all'artista quale lavo­ al termine di ogni atto. Sui ma­ cretò il giudizio del pubblico, ro preferiva recitare per il suo nifesti era stato stampato gran­ quest'opera è la più grande ritorno a Napoli. Donna Adelina de il nome della Serao e la del teatro di Salvatore Di Gia­ scelse II voto. Poiché il lavoro scrittrice attendeva con ansia, como; forse anche di tutto il era stato già rappresentato in al suo tavolo di direttrice. Alle teatro napoletano. E’ nel Voto teatri minori, questa decisione dieci non era arrivato nulla. che la città appare nel suo do­ sembrò una svalutazione del L'usciere scrutava la strada at­ lore: la piazzetta di Sezione Teatro Sannazzaro, dove conve­ tendendo il fattorino del tele­ Pendino, nella quale sono ac­ niva il pubblico più aristocra­ grafo: niente. Alle undici an­ canto la casa delle male fem­ tico. E il Santobuono le tele­ cora niente. La Serao fremeva, mine, il salone (bottega di bar­ grafò: « Voto no ». E la Ma­ pallida, ingoiando pasticche biere) di don Marco, il banco gnetti, di risposta: « Rinunzio ». contro il mal di capo. Suonò lotto, i bassi e, illuminato dal Ma l'impresario, pur di ria­ mezzanotte. Al giornale nessuno riflesso sanguigno delle lampa­ verla a Napoli, infine accettò. parlava più. All'una donna Ma- de, sui fondo scuro del vicolo, La Magnetti volle cambiare le tilde scoppiò in lacrime e, allu­ l'alto Crocifisso nero, carico di parti: tutte le prime donne ave­ dendo alla Magnetti, disse: immagini per « grazie ricevu­ vano interpretato Cristina; ella « Adelina mi ha fatto il gua­ te ». Vicino, una fontana che capì che Donna Amalia avrebbe io ». Poi ise ne andò, sempre chioccola e attorno donne di­ potuto essere un vero e grande piangendo. A casa non si era scinte, in un tramonto d'agosto. personaggio. Scelse per sè quel­ ancora coricata, che il telefono E su questa scena il voto di la parte, e con quale successo, trillò. Dalla redazione le lessero don Vito Amante, il giovane e con quale definitiva persua­ i tre telegrammi, giunti insieme. tintore stremato dalla tisi che, sione è ormai riconosciuto, se Dicevano: « primo atto succes­ dopo una violenta crisi, si in­ anche Sarah Ferrati, a sua volta, so », « secondo atto successis­ ginocchia davanti al Cristo, e da non molto tempo, ha inter­ simo », « terzo atto trionfo ». presente la folla, e promette - pretato quella figura di donna, La Serao continuò a piangere e se riuscirà a guarire - di « to­ appassionata e drammatica. a chi le domandava il perchè, gliere una femmina dal pecca­ Un incidente clamoroso si ebbe ormai, delle lacrime, rispose: to », cioè sposare una prosti­ tra lei e Di Giacomo per Mese « Che vuol dire? Queste lacri­ tuta. E di fronte a don Vito mariano: perchè la Magnetti me sono diverse: non le darei Amante si leva donna Amalia, avesse cambiato l'interpreta­ a nessuno ». Fu poi chiarito che è sposata, ma ha dimenti­ zione voluta da Di Giacomo, come il redattore inviato a Ro­ cato ogni altra cosa perchè ama secondo il testo, e perchè gli ma avesse fatto il suo dovere, Vito di vero amore. L'ha ve­ stessi critici che prima le ave­ ma l'impiegato del telegrafo, gliato nelle crisi del suo male, vano dato torto, dopo - unita­ ammiratore della Serao e buon e impazzisce di dolore e gelosia mente al pubblico - le diedero napoletano, aveva aspettato l'e­ al pensiero che Vito debba or­ ragione, era sempre stato un sito dell'intero spettacolo prima mai attuare il suo voto, pro­ mistero. Ora, tanti anni dopo, di dare la notizia all'interessata. nunciato pubblicamente. sappiamo. E si scusò dicendo: « Se andava Il palpito segreto del dramma Mese mariano è questo: all'o­ male, i telegrammi a donna Ma- non è nella lotta tra donna spizio dei trovatelli, una donna, tilde glie li mandavo il giorno Amalia e Cristina, la giovane Carmela Battimela, viene per dopo ». Donna Matilde conclu­ che Vito ha scelto tra le fem­ vedere il figlio, Poppino. Nella se: « Grande paese, Napoli ». mine del postribolo, ma nel­ prima gioventù Carmela fu in­ Giacinto Capuana affidò alla l'urto fra la passione di donna gannata. Poi, l'uomo sparì. Lei, Magnetti Malìa. L'autore venne Amalia per il giovane, e il ter­ Carmela, si è sposata, ma il ma­ da Catania al Nuovo di Na­ rore che in questo si agita se rito le ha imposto di allonta­ poli. Dopo, commosso, le disse: mancherà al voto, pur essendo nare dalla casa il bambino di quel suo primo amore. Ella ha che assisteva attentissimo, in­ pravvento sul controllo dell'at­ obbedito, ogni tanto va a tro­ sorse. « Carmela non può, non trice. Di Giacomo non potè mai varlo all'ospizio. Adesso man­ deve piangere », affermava ri­ perdonarle ciò che, ritenendo ca da nove mesi. Invece d'at­ soluto. « Essa è addolorata per suo orgoglio di artista offeso, tendere giù, in un giorno in cui non aver visto il figlio, ma considerava alterigia e disubbi­ le visite non sono permesse, ignora la tragedia, quindi non dienza da parte della Magnetti. sale, per caso non fermata, fino deve piangere. Quelle lacrime Era convinto, si capisce, che agli uffici dove l'economo, don turbano, falsano l'effetto arti­ l'attrice avesse voluto prender­ Gaetano, burbero buono, ne stico ». Di Giacomo disse tutto si una rivincita, riuscendovi pie­ ascolta la storia, si commuove questo senza il controllo dei namente con la possanza della e le promette che le farà ve­ suoi nervi: fece una vera « sfu­ sua arte, ma — a suo parere — dere il ragazzo. E lo manda a riata », mortificò l'artista. La creando a sua volta. Mentre la chiamare a mezzo di un uscie­ Magnetti nascondeva il capo su creazione è unica, sola: quella re. Intanto la donna si trattiene un braccio e singhiozzava. Tut­ dell'autore. La Magnetti aveva a parlare con un vecchio del ti tacevano. Angelo Musco, che offeso e continuava ad offen­ suo rione, che, fra la sorpresa era fra gli attori nella parte di dere l'autore. Nulla, invece, di di entrambi, ha trovato fra i don Gaetano, l'economo, cer­ tutto questo. Può giurarlo oggi, ricoverati (l'Istituto ospita sfor­ cava di rappacificare gli ani­ Adelina Magnetti, che di questo tunati di ogni età). Ma le suore mi. 11 cavaliere Enrico Pepe, riparla come la rivelazione di informano che il bambino non l'impresario, era disperato: sa­ un segreto. Un doloroso ramma­ potrà mai più venire: è morto peva come vanno a finire que­ rico che non è mai riuscita a la sera prima. Per non rivelare ste storie in palcoscenico. « Tut­ dissipare. « Ora potrei dirlo », all'improvviso la verità alla ma­ to, fuor che la suscettibilità ar­ aggiunge; « mi confesso »: con­ dre, comincia da parte delle tistica », andava ripetendo don clude. Infatti ella ha un moto suore, degli impiegati e dello Enrico. Quando parve che un come di liberazione e con mani stesso don Gaetano, una pietosa po' di sereno si fosse rifatto, fu tremanti mostra una vecchia fo­ finzione per convincere la don­ ripresa la prova: sembrò che la tografia del 1911. E' con lei una na che il « Signor economo », si Magnetti avesse accettato il ri­ bambina, Clara, sua figlia. Quan­ era sbaglialo: al di sopra di lui chiamo di Di Giacomo. Invece, do interpretò Mese mariano ci sono gli ordini tassativi del la sera della rappresentazione, la piccola era morta da poco. Sovrintendente: non essendo quando il dramma stava per fi­ Lo strazio di quell'altra madre, giorno di visite il bambino nire, la Magnetti al momento di Carmela, era anche il suo. In non può raggiungere la madre. lasciare l'ufficio dell'economo, quel momento, lei non recitava. Si contenti Carmela di udirne nella parte della madre, ebbe Quando era sulla scena faceva spontaneamente un improvviso la voce, nel canto dei bimbi che Timpossibile per contenere il in quei momento vanno in chie­ impeto di pianto: ma così sin­ suo ricordo e accontentare Di sa e attraversano un cortile. E' cero, così spontaneo, che l'ef­ il mese di maggio e i piccoli fetto non ne fu turbato. Tra le Giacomo, ma il ricordo era più portano fiori alla Madonna. Car­ quinte, i.1 cavaliere Enrico Pe­ iorte, la vinceva. Lo avrebbe mela, infine, si convince e nel- pe, disse: « Quella è capa to­ volentieri spiegato, se anche le l'andar via, alia suora che l’ab­ sta ». Calato il sipario il pub­ lacrime non avessero il loro pu­ braccia, porge un dolce, avvol­ blico applaudì e il giudizio del­ dore. Non voleva dire che an­ to nella carta, perchè Io dia al la critica (compreso Croce che che per un istante l ’artista non bambino. « Gli avevo portato era in teatro e di Di Giacomo era completa padrona del suo una sfogliatella, — dice -— si è era amicissimo) fu che Di Gia­ controllo. fatta fredda... ». E dà rinvoltino como aveva avuto ragione pri­ Nella piccola stanza è quasi alla suora. Quel misero dolce, ma, ma che la recita della Ma­ buio. Bussano discretamente al­ sarà il bacio della mamma al gnetti era stata così naturale ed la porta: odo nel corridoio il bambino perduto. Così termina efficace che nemmeno a lei si passo felpato di una suora e il il dramma che l'arte di Salva­ poteva dar torto. Da allora, ogni tintinnio d'un rosario. Alla Ca­ tore Di Giacomo, nel gioco di volta che sui palcoscenici di sa di Riposo ora gli ospiti a sottili sfumature, rende stra­ tutta l'Italia fu presentato quel poco a poco scompaiono nel ziante. Ma, al momento che lavoro, Adelina Magnetti non buio della notte: si fanno avanti Carmela deve allontanarsi, pro­ riusciva a interpretarlo senza le ombre: sono fantasmi di fondamente triste e rassegnata, trattenere le lacrime a quel pun­ grandi attori; ombre di immensi durante la prova la Magnetti to. Ma non era più colpa sua. personaggi. scoppiò in lacrime. Di Giacomo L'istinto femminile aveva so­ Crescenzo Guarino R icordo di T airov

È giunta notizia, in questo settimane, della morte del regista russo o teorico del teatro Alessandro Tairov. cultura e di una civiltà •—■ resta Tairov debuttò come attore in una compagnia secondaria di provincia, qualche anno in Tairov fine a se stesso. Così, prima della guerra mondiale. Ben presto fondò e diresse a Mosca un suo teatro, che mentre di Appia, di Meyerhold, chiamò “ Kamerny Teatr” (teatro da camera) di cui fu prima attrice fin d’allora la moglie Alice Koonen, assai cara al pubblico russo e recentemente insignita del premio Stalin. e dello stesso Vachtangov, sono La sua prima maniera registica fu fantasiosa, mitica, colorita e stilizzata quasi con una gli atteggiamenti artistici che ci punta di estetismo nella messa in scena di “ Tamira Citarede ”, un poema simbolista di rimangono esemplari e neces­ Annenskij, “ Sakuntala”, l’antico dramma indiano, “ La principessa Brambilla” dal racconto di Hoffmann, “ L’annonce faite il Marie” di Claudel. sari, di Gordon Craig e dì Tai­ Dopo il 1922, diviene piò eclettico: realistico nei drammi di 0’Neiil(“ AII Gods Chiidrens rov ci giovano solo le espe­ got wings ”, “ The Ilairy Ape ”, “ Desire under thè elms ”); neoclassico (ma alla maniera di Picasso e di Cocteau 19215) nella “ Santa Giovanna” di G. B. Shaw, nella “ Phèdre” rienze. L'esperienza artistica di di Raeine, nell’“ Antigone ” di Ilasonclover e in “ Romeo o Giulietta”; genialmente Tairov, come quella di Gordon brillante e dinamico nello operette di Lecocq “ Giroflé, Giro dà ”, “ .iour et Nuit Craig, si svolge attraverso le Fu il periodo centrale e il periodo migliore della sua attività. Successivamente il suo talento si indebolì o si ripetè. Ma ebbero ancora molto successo le sue regio di “Machinal” norme e la legislazione dell'ar­ di Sophie Troadwell; “ Dreigrosehenoper ” di Brecht e Weill; e dello grandi epopee di te, non nel loro penetrare diret­ Vishnevskij ‘ L'ultimo decisivo ”, “ La tragedia ottimistica ”. Compose e rappresentò un tamente le ragioni dell'esisten­ “ Antonio o Cleopatra ” tratto da Puskin, Shakespeare, Shaw. za. E’ ignara di un « desiderio » Da qualche anno aveva ceduto la direzione del suo teatro, dove era rimasto solo come regista. Aveva adottato un normalo roalismo drammatico, rinunciando ai suo estro ed drammatico dello spettacolo e ai Buoi fantasiosi tentativi di innovazione. Aveva messo in scena ultimamente altro del suo esaudirsi attraverso la opere di Vishnevskij, « Le tre sorelle ” e il “ Giardino dei ciliegi ” di Cocov. varietà e la contemporaneità M Pur essendo sprovvista, corri è naturale, di precisi riferimenti delle forme. Non comprende estetici e per quanto volutamente non preoccupata di rigore cri­ come ad un concetto astratto tico, la visione poetica di Tairov ■— come ci viene esposta nelle di forma debba rispondere la sue « Memorie di un regista » — non solo ci porge un documento sua concreta molteplicità. sicuro dei suoi efficaci proponimenti, ma lascia scorgere, nel ca­ Alcuni postulati di Tairov — lore della lotta e nell'empito della invenzione artistica, alcuni circa T « emozione » vissuta dal­ basilari elementi dello spettacolo che finora non erano stati og­ l'attore attraverso la creazione getto di seria considerazione teorica. scenica, circa l'autonomia ar­ Tairov, pur essendo giunto per primo a identificare cosciente­ tistica dello spettacolo nei con­ mente la recitazione quale nucleo attivo dello spettacolo, e quindi fronti del testo letterario, e la quale suo tipico processo psicologico, chiuso da stretti e inelimi­ presenza determinante, quindi nabili limiti storici, non ha saputo e non ha potuto cogliere il dinamica, dell'atmosfera scenica movente fondamentale della recitazione nel fatto che ne apre le ■—• sono stati studiati e assor­ possibilità: rincontro e la penetrazione nello spettacolo, tra lo biti dalla parte migliore della spettatore e l'attore, e il dramma che ne viene a prorompere. presente generazione teatrale: Tairov sentendosi legato alla sua civiltà e quindi a una deter­ perchè necessari, se pure non sutiicienti, ai compiti dello spet­ minata cultura, obbedisce, invece, solo alle esigenze del gusto. tacolo. Ma non si possono e non Ha il torto di volersi creare una tradizione culturale invece di si devono confondere gli appor­ accettare quella che è presente nel subconscio; e vede così la ti di gusto recati dalla civiltà sostanza dello spettacolo, l'iniziativa che lo muove, nell'attore, e dalla cultura, con l'inesplora­ perchè è l'attore colui che esercita professionalmente l'arte dello bile, oscura tradizione popolare spettacolo. Mentre si constata ogni volta che nello spettacolo la che dà vita interiore all'uma­ realtà può vivere il suo dramma solo attraverso la coscienza nità. Comunque a Tairov forse dello spettatore: quando sia latta vibrare dalla risonanza di quel più che ad ogni altro, siamo tipico strumento che è l'attore. debitori di una educazione alle In Tairov, nella naturalezza e nella disposizione delle sue facoltà, esigenze formali dello spettaco­ sul documento storico prevale l’opera letteraria, sulle circostanze lo: perchè l'arte di Tairov fu la sociali quelle artistiche (dilatti rivelerà che proprio una decisa migliore rappresentazione delle ricerca del nuovo è stata la condizione della sua arte). vicende culturali dell'Europa di I rapporti del suo spettacolo con l'epoca sono stati puramente di oggi, nonostante le sue confes­ indole tecnica. I suoi portati — d'altronde anche nei loro limiti, sate debolezze. L'eco più chiara, veramente utili — non aspirano che alla tecnica e ad una sola più diretta, più intonata di un tecnica: quella dell'attore. Inoltre, avendo trascurato l’altro ele­ ampio e perfetto concludersi mento dello spettacolo, lo spettatore, e i rapporti che intercorrono (una civiltà di cui sono stati tra l'attore e Io spettatore, la sua tecnica non può elevarsi al testimoni e attori Valéry e disopra degli avvertimenti grammaticali e sintattici della reci­ Claudel, S. J. Perse, T. S. Eliot, tazione (e non riesce a segnare il trapasso, sempre necessario, R. M. Rilke e pochi altri): una dalla cronaca dei dati psichici contenuti nello spettacolo, alla loro tensione ed una storia di cui storia: dall'osservazione empirica alla legge logica). oggi siamo gli eredi. II mezzo artistico —■ questa prima fase tecnica, frutto di una Tito Panel olii /faKÓu&fanU-

Permettete che, almeno una volta nella vita, io e inscenata al « Cori Theat cominci questa rassegna dell'attività teatrale attore che, in tal modo, pr americana con una notizioletta sul cinemato­ addottora a pieni voti e sun grafo italiano in America. Come forse saprete non si poteva assolutament da altre fonti, si sta proiettando a New York il storia d'un giovane scrittori film di Giuseppe De Santi®, Riso amaro (Bitter Dio qui rappresentato da un Rice) che, detto per inciso, riscuote un notevole successo. Ebbene: di vita e da peccatore che t sapete che cosa ha trovato da dire su il recensore del penna estrosa a scrivere rac « New York American-Journal »? Ha trovato da dire, in tutto e per in due parole, l ’argomento ; tutto, ch'è «decorativa»: a decorative newcomer named Silvana Man­ mutici d'un pio istituto di be gano, una recluta «decorativa» che si chiama Silvana Mangano. Il w-ay. Ma, -come sempre avvi recensore del « New York American-Journal », mio buon amico, è d'an­ che conta ma -come lo si die tico ceppo puritano originario di Boston: e vi posso assicurare che se di Gibbs è detto con un diai sapeste che cosa significa per lui quellaggettivo «decorativa», vi sen­ se non nuovissime. Ottima tireste avvampare. redith e ri-nterpretazione < E torniamo alla nuova stagione teatrale. La quale continua, almeno per Whorf, Nancy Kelly e Grac il momento, senza sollevare fremiti d'entusiasmo nelle smilze masse degli Al « Mu-sic Box », invece, spettatori. Scegliendo fior da fiore dai cartelloni, credo che vi posso dall’autore ai tecnici: ¡si tr. parlare senza rimorso di Season in thè Sun, firmata da Wolcott Gibbs rappresentata nella primave .

UN’ALTRA STAGIONE

Orisi del teatro? Date un’occhiata, se non vi spiace, alla tavola qui a fianco riprodotta. Altro che crisi: inflazione di teatri. Dal teatro ad arena a quello acquatico a quello boschereccio come le ninfe a quello attendato come i sol­ dati al campo. Non c’è che da scegliere: basta che un autore abbia qualcosa da dire, qualcosa di nuovo da dire, ed ecco che ha a sua disposizione non uno ma cinque dieci venti teatri diversi per dirlo. Il guaio è, come con­ staterete leggendo l’articolo qui sotto, che sono pochi, sempre più pochi i commediografi e i drammaturghi forniti d’idee e capaci d’esprimerle in termini di spettacolo. Il che è un vero peccato perchè mai come ora - almeno in America - vi sono stati tanti teatri e di così diverso tipo in attesa di copioni.

oggetto di studio e d'attenzione da parte del mio amico e collega Basii Maloney (1). Dove il « theatregoer » newyorkese si è veramente sollazzato è stato al « Royale Theatre » in cui è andata in scena, a cura dell'autore in persona, Afiairs oi State di Louis Verneuil. Louis Verneuil, sì proprio quello di Signo­ rina, vi voglio sposare (2) e di I tre signori Chantrel (3) il 'quale, trasferitosi in America, raccoglie fior di successi e di diritti d'au­ tore presentando ai pubblici di qui qualcosa su cui si possono fare molte ed importanti riserve culturali ma cui non si può negare la qualifica di « teatro teatrale » anzi, con le parole di William Hawkins del « New York World-Telegram » di cunning and ci- vilized theatre, di scaltro e raffinato teatro. ¡atre » a cura di Burgess Meredith il bravissimo Senza che vi ripeta per filo e per segno la presenta la ¡sua tesi di laurea in regìa e se ne cronaca deirargomento —• rinnamoramento umma cum laude. Del che, conoscendo Meredith, senile d’un uomo importante — ch'è un’en­ :nte dubitare. Season in the Sun è la divertente nesima variazione sui temi cari a li estro ore di belle speranze che, persuasovi dal dito di dello scrittore francese, basterà osservare un provvidenziale incidente d'auto, muta registro che il pubblico è ancora estremamente sen­ s era diventa apostolo delle genti e volge la sua sibile al piacere del « bon mot » di cui accontini morali e apologhi educativi. Detto così, Verneuil è maestro, e se ne abbevera come o può sembrare più adatto agli svaghi filodram- Tassetato alla sorgente. Allo spettatore beneficenza che non a un palcoscenico di Broad- medio, quello che va a teatro per « diva­ viene in queste cose, non è ciò che si dice quello garsi » dopo una giornata di lavoro, queste dice. E qui bisogna riconoscere che il predicozzo sono le commedie che piacciono. Non sa­ ialogo e delle situazioni veramente amene anche ranno « culturali », non porranno « pro­ la senza riserve la messinscena di Burgess Me- blemi » ; non saranno « valide » dal punto : di Eugene Steiner, Kathy Chapman, Richard (1) V. in «Il Dramma» n. 84 del 1° maggio 1949, race Valentine. pag. 56. ;, lo spettacolo è di schietta marca britannica, (2) V. in « Il Dramma » vecchia serie, N. 9 del 1° agosto 1926. tratta di Daphne Laureola di James Bridie già (3) V. in « Il Dramma » nuova serie, N. 102 del ivera dell’anno scorso in Inghilterra e già fatta i» febbraio 1950. di vista dell « attualità », ma piacciono. Evidentemente e diciamo pure, a Broadway una r per fortuna, il teatro conserva ancora almeno in parte il suo fascino Crump che -— stani di attività divertente. Il guaio comincerà quando, vergognandosi come cotton and magnol. già comincia a vergognarsi, d'essere considerato un divertimento, il teatro vorrà essere l'altare idei pensiero, una specie di solenne e noiosa —- stando alle impj università popolare; cosa che molti si auspicano e che, quando mai un Tennessee Will: avesse da realizzarsi segnerà la fine definitiva dell'arte drammatica. tera duna zitella a Ma non parliamo di malinconie. Per tornare ad Afiairs of State aggiun­ sua vecchia casa e gerò che la recitazione di Celeste Holm (nota anche al pubblico italiano vendo giorno per che l’ha vista ed apprezzata nel film Le due suore a fianco di Loretta figuretta risalente . Young) è ¡stata quanto di più francese ■— cioè, di più garbato e spiri­ ses-so delusola di toso —■ si possa dare. Accanto a lei e degni di lei Reginald Owen (altra noros'0, e una rage faccia conosciuta dalle platee cinematografiche), Barbara O'Neill, allo scioglimento d Shepperd Strudwick, Harry Bannister ed Elmer Brown. come tante altre; u Un’opera invece che deve imperitura gratitudine a nessun altro che agli vacche meno magi attori ond'è stata letteralmente salvata da un sicuro fiasco è Black invece, così come ; Chiffon, ¡della ¡signorina Leslie Storni cui la critica, dopo la prima rap­ pi-nabili dimensioni presentazione, ha rivolto in termini cortesi ma fermi l’es'ortazione di bisogna però aggiu non pensare più a questa cosa così difficile, il teatro, e di procurarsi soprattutto alla ree invece un buono ed affettuoso coniuge. Black Chiffon vuol essere, gli incalzante ritmo spi piacerebbe d’essere, la traduzione in termini ¡drammatici di un problema quale, probabilment soprattutto psicologico; l'angoscia di una cleptomane e il tormento del sua opera. Ottimi ¡c suo infelice ¡sposo. Scambiando il palcoscenico per una tribuna o meglio Little, veramente in un pulpito, la ¡signorina Storni ha scritto interminabili tirate, in ognuna Penelope Mayweati delle quali -spacca in quattro in ¡sedici e in trentadue il leggendario ney, Victor Southex capello dei cervelli cavillosi mentre il pubblico, in attesa che in scena Alan Manson. accada qualcosa, parla degli affari suoi col vicino di poltrona. A salvar Oltre a questa ch’è le sorti ¡della -serata è intervenuta, per fortuna, la splendida prestazione di ¡segnalare a parti di quella ¡grande caratterista eh è Flora Robson la quale ha trascinato a New York sull’es i suoi compagni Patricia Hicks, Patricia Marmont, Janet Bar-row, Ray­ altre parti d'Americ mond Huntley e Anthony Ireland oltre la palude del testo e l'« han­ è stato fatto nella -i dicap » delle .situazioni proposte dall’autrice. scenico nel centro e Proveniente da Dallas, la piccola città del Messico che Margo Jones poneva il Giulio C ha trasformato in una specie di immenso teatro sperimentale, è giunta Menotti che, già pre

A OGNUNO IL SUO: il disegnatore Anderson ha diviso in categorie spettacoli e spettatori. Ed ecco, da sinistra ; la commediola scollacciata (Gentlemen Prefer Blondes)-, alle servotte in vacanza la farsetta dolce-forte (Tickets Plec (Peter Pan)-, agli intellettuali la commedia intellettuale (The Cocktail Party)-, ai marinai in franchigia la i piacevole commedia, Southern Exposure di Owen riscosso un successo senza precedenti. Non lo alle impressioni di William Hawkins — smells oi era stato stabilito per quante sere l'una o ias, profuma di cotone e di magnolie. E’ una storia l'altra opera sarebbero state rappresentate. ressioni del sottoscritto — che si direbbe scritta da Mica per altro: solo perchè nessuno sem­ ams rasserenato ed ottimista: il ritratto a figura in- brava persuaso che l ’idea fosse buona e ttaecatissima alla sua vecchia casa, ai ricordi della che il pubblico vi avrebbe abboccato. I a un diario che da tempo immemorabile viene seri- fatti invece hanno gloriosamente smentito giorno, quasi ora per ora. In contrasto con questa le previsioni pessimistiche. E se il Giulio agli anni della guerra ispano-americana per il pos- Cesare interpretato da Basii Rathbone è Cu'ba, sono un giovanotto yankee dinamico e faci- stato un grande successo, Il Medium di­ izza modernista: scontri e incontri per tre atti fino retto da Gian Carlo Menotti in persona he non è troppo difficile immaginare. Una commedia prima di imbarcarsi per l ’Europa è stato un na piccola commedia, anzi, che fossimo in tempi di vero trionfo. ■e potrebbe fors'anche passare inosservata ma che stanno le cose fino a questo momento, assume ino­ La prova del fuoco attraverso la quale sono di capolavoretto satirico. Buona parte del merito, passati splendidamente un nuovo vigoroso ngere subito, va oltreché al testo di Crump anche e talento d'artista e una nuova (o rinnovata) [la di Margo Jones che a questo testo ha dato un risoluzione tecnica del problema del teatro. sttacolare, un colore scenico, una sapidità narrativa Vi ho detto nella mia ultima corrispon­ e, l’autore neppure immaginava d'aver conferito alla denza (1) che Tennessee Williams ha cedu­ jli attori, tutt'insieme e uno per uno: Betty Greene to al richiamo di quella fascinosa sirena telligente e divertente nella caratterizzazione di Miss geografica che si chiama Hollywood e si è ìer, la protagonista; e poi Evelyn Davis, Mary Fin- trasferito, armi e bagagli, in campo cine­ land, Cameron Mitchell, Pat Crowley, Doroty Elder, matografico. Aggiungo ora che il suo amico emulo e rivale, Arthur Miller, l'ha la classica attività teatrale di Broadway vai la pena seguito a una corta incollatura. E se ne i l'attività del nuovo teatro ad arena, sorto da poco andato pure lui a sceneggiare, a dialo­ ¡empio dei molti altri già da tempo in funzione in gare eccetera eccetera. Il che è quanto •a. Il tentativo, coronato da un lusinghiero successo, mai vantaggioso per questo povero teatro sala da ballo dell'albergo Edison: un piccolo palco- sempre più balia che alleva teneramente : poche centinaia di posti intorno. Il programma pro- i talenti e poi, quando sono in età di cam­ 'esare di Shakespeare e II Medium di Gian Carlo minare, se li vede scivolare di mano e jsentato l’anno prima in un teatro normale, vi aveva prendere la via, la gran via dell'aureo ci­ nematografo; Ad ogni modo, e per non parlar troppo di malinconie, cerchiamo di consolarci pas­ sando in rapida rassegna quella che po­ trà essere la futura superstite attività di Broadway. Fra le opere ancora in fase di allestimento ma che si annunziano prossime ad essere sottoposte al giudizio del pubblico e della critica, si parla soprattutto d'un'altra com­ media di Garson Kanin, The Amazing Adele già nel cartellone del « Golden Theatre » e poi ritirata, pare, per ulteriori ritocchi e perfezionamenti. Vi segnalo inoltre, in at­ tesa di parlarne più diffusamente, Kelly di Eric Hatch di cui si dice un mondo di bene; Bell Book and Candle di John Van Druten; A Stretch on thè River di Houston e Bissel. Stiamo in attesa: chi vivrà vedrà. Gino Cairn! a destra, il risultato grafico: piace ai business-men New York, ottobre 1950 ise!); alle nonne e ai nipotini la fiaba sceneggiata ■ivista con tanti ombelichi (Peep Show). (1) V. in < Il Dramma x> n. 113 del 15 ottobre 1950. SCAMBI CULTURALI: L'In­ ghilterra ha dato all’America l’applaudito dramma di Chri­ stopher Fry, The Lady’s not for Burning di cui qui a sinistra è riprodotta una, scena con John Gielgud e Pamela Brown. La Francia le ha dato Inter­ mezzo di Giraudoux (diventata The Enchanted nella riduzione di Maurice Valency) ed eccone in alto la protagonista Leueen MacGrath. L’America in cam­ bio ha dato all’Italia Dear Ruth (Carissima Ruth nell’allesti­ mento curato ai Teatro Olimpia di Milano dalla Compagnia di­ retta da Ernesto Sabbatini) di cui diamo qui sotto una scena dell’edizione originale « inade in USA ». Altre informazioni su Carissima Ruth troverete nella « Stagione teatrale » in questo stesso fascicolo. « Pitta », in napoletano, parla il linguaggio della sua gente napoletana, sì che vuole dire dipinge. Titina pare anche travolta dalla passione di tutto quel suo De Filippo espone qua­ popolo. ranta suoi quadri alla Galleria Barbaroux di Titina De Filippo si ritrae quasi sempre nell’ombra; Milano dal 28 ottobre al ma quando è alla ribalta quale verità parla come lei? 9 novembre 1950. Re­ Quale dolore soffre come lei e piange come lei? nato Simoni ha dettato Voi sapete quale grande attrice sia; ma i suoi per­ la presentazione per il sonaggi non la ostentano, non si presentano alla ri­ catalogo della mostra. balta sgargianti ; escono dalle quinte come se uscis­ sero dall’umanità, interpreti di questa umanità, con una semplicità si artisticamente profonda e potente, TITIN A PITTA che è pietà vera e propria, che è solidarietà con tutte le sofferenze. Fuori di scena si direbbe che Titina viva appartata, in un suo mondo interiore delicato e quieto; tutta dedita alla famiglia. Ma non si deve dimenticare che Titina è una De Filippo, e che è in lei non so quale trascendenza dalle cose di ogni giorno. Le cose di ogni giorno si svolgono ormai da un certo numero di anni; Titina le interrompe per recitare e le ha interrotte anche per scrivere qualche commedia, che le è riuscita nitida, arguta, umanamente sensata, con non so quale segno nascosto di un ardimento non ancora tutto svelato. Ma da anni pareva starsene quieta; casa e teatro, ordine, famiglia e clamore trionfale di applausi. E intanto accadeva un miste­ rioso sorprendente fatto inatteso: con minutissimi ritagli di carta, sottili come unghiate, ella s’era messa a dipingere. Da chi aveva imparato come si compone una figura, come si suscita l’aria che la circonda, come le si costruisce intorno la realtà o il sogno, come si interpretano questa realtà e questo sogno, come si fa di essa un essere vivente nella vita, o sem­ plice, o trascendente, o arcano? Da nessuno. Madre di un giovanotto di diciotto anni, accanto al marito devoto, nella tristezza paziente d’una malattia, ella seppe dipingere con la carta, sulla carta, o meglio su qualche cosa che era l’aura magica dell’arte. Da Questo quadro si intitola « La processione »: alla mostra porta 11 sola. Senza averci mai pensato prima, chi sa per quale n. 33, che nella cabala del lotto indica gli anni di Cristo. Una meraviglioso caso. Ora i suoi quadretti sono esposti, « combinazione », cioè il caso; ma è sempre il caso che regola le cose del mondo e della vita. Vero Titina? o vivi come piazzette di Napoli, o arguti come una scena dialettale, o presentanti un monologo, cioè un personaggio che pare dire tutto di sè subito e invece, Ho sempre pensato a Titina come a una creatura a poco a poco, dirà altre cose essenziali. I suoi qua­ chiara e insieme misteriosa; chiara per quel mite dretti nei quali devi aguzzare gli occhi per vedere viso che ha, capace però di esprimere le più la materia della quale sono composti, presentano tratti drammatiche tempeste; ed è questo il mistero: co­ di vita, pause, silenzi, vocìi, semplicità e misteri. Ciò me mai quell’ingegno limpido, generoso, anche che di lei non abbiamo saputo è in questi quadri. festoso d’attrice, possa raggiungere ed interpretare, E sono, come Titina De Filippo, interpreti adorabili al teatro, tanta potenza drammatica, sempre fa­ della vita bella, perchè limpida e policroma. E sono cendo, del parlare semplice, del soffrire umile, pittura, ma sono soprattutto poesia. del prorompere esasperato, altrettanta poesia, che Renaio Simoni clstòèo 1!í¿X)gÍ) CD cdcLJ) V/ t t & y io ILI

L ’Anonimo del 1762 e l’abate Zannoni del 1810 n cruscante abate Giovambattista Zannoni, che i manuali di letteratura e le storie letterarie citano insieme ad altri valentuomini, come uno di coloro che contribuì validamente a risollevare gli studi della nostra lingua, volle forse dar prova più significativa e pratica del suo amore di purista intelligente e acuto, recando sul teatro un linguaggio ohe molti ancora oggi chiamano erroneamente « fiorentino » o « toscano », senza accorgersi invece della sua sincera italianità saporosa ed efficace, anche se a volte un po’ becera. Infatti, chiunque ne abbia vaghezza potrà sempre accertarsi di questa italianità, ricorrendo ad un qualsiasi buon vocabolario; il quale assai spesso risponderà ohe le parole usate in quei dialoghi sono parole schiettamente italiane. Perchè i vernacoli e i dialetti esistono, sì, per fortuna nostra e della lingua, ma esistono unicamente nella locuzione e nella costruzione della frase; tutto il resto è sempre idioma: magari storpiato, ritroso fino alla sua elementarietà; ma idioma. Dello Zannoni ■— notiamolo bene subito perchè di certa importanza —, nato a Firenze nel 1774, ci sono rimaste quattro commedie, ima delle quali La Crezia rin­ civilita, è certo la più valida non soltanto per il tentativo di lingua in cui è scritta, ma anche per la sua efficacia scenica, l’arguzia inconsueta trasportata sul teatro, e, infine, per l’umanità non peritura che la pervade. Ma fu proprio l’abate Zannoni a portare per primo sul teatro questa specie di rivoluzione linguistica e di costumi? la quale rivoluzione, se consideriamo l’uomo di studio severo da cui proviene ■— (fu anche insigne archeologo oltre che storico e filologo) — ci appare più scaturita dalla dottrina, dal ragionamento e dagli esempi, che non dalla passione illuminata del­ l’artista. L’avvaloramento, insomma, di esperimenti già tentati da altri con buon successo ma rimasti senza sviluppi vitali, per quelle ragioni che tuttavia ricorrono sempre nel tempo, indifferentemente, per le vicende dell’arte, della scienza e di ogni altra attività umana. Il dubbio è più che giustificato. Proprio in questi giorni, nella Biblioteca del Con­ servatorio Luigi Cherubini di Firenze — nella quale esiste una copiosa e pregevole raccolta di opere teatrali a stampa del ’600, ’700 e dei primi dell’800 — in seguito ai lavori di compilazione del nuovo catalogo ragionato di tali opere, è affiorato da una cassetta annebbiata di polvere, un fascicoletto in sedicesimo piccolo, stampato a Firenze presso «Anton Giuseppe Pagani, Libraio delle Scalere di Badia», e inti­ tolato : « La Scaltra - Ortolanella - Intermezzi - Da rappresentarsi in Firenze - Nel Teatro - di Via del Cocomero - 'Nel Carnevale dell’Anno 1762 ». Badiamo all’anno della rappresentazione: 1762. Lo Zannoni nacque dodici anni dopo, e scrisse la sua Crezia rincivilita nell’anno 1810, e fu messa a stampa nel 1825. L’autore di questa Scaltra ortolanella — rimasto purtroppo Anonimo perchè il frontespizio non dà il suo nome, nè la consultazione accurata di resoconti e annuari teatrali di queU’anno ha offerto una traccia valida per il riconoscimento — scriveva una lingua e concepiva il teatro, proprio nella stessa maniera come mostrò di saper fare assai più tardi il nostro abate cruscante. Probabilmente La scaltra ortolanella dell’Anonimo, in « due intermezzi » — cioè in due brevi atti e in versi — fu rappresentata nel Teatro fiorentino del Cocomero — (tutt’ora esistente con il nome di Teatro Niccolini, nella ribattezzata Via Rica- soli) — nell’intervallo fra la prima e la seconda parte di uno spettacolo assai più sostanzioso. A pagina due del fascicolo c’è l’elenco degli « Attori » : Mingone, villano rincivilito - Dorina, ortolanella e sua contadina - Un oste - Due garzoni - Due staffieri - Un lacchè. o La scena si rappresenta in Firenze presso la casa di Mingone, vicino a una osteria ». Dunque, Mingone, villano rincivilito, come personaggio principale. E subito viene in mente La Crezia anch’essa «rincivilita» dello Zannoni; la quale non è una «vil­ lana » (cioè, ima contadina), ma una «ciana » (cioè una becera). La scaltra ortolanella, ad ogni modo, si regge sopra una trama lievissima, scher­ zosa e rapida nello svolgimento, senza clamori nè baruffe. Mingone, rozzo contadino analfabeta e poco amante della terra, ha ereditato un discreto patrimonio fra campi e quattrini. Scapolo, si monta la testa (proprio come avviene anche oggi a quel disgraziati che vincono per sbaglio dei milioni a una lotteria), e vuol mettere su famiglia sposando una inesistente baronessa di Ron- cisvalle di cui alcuni cozzoni astuti gli hanno fatto balenare le favolose ricchezze e la rara bellezza, per poterlo spennare a loro agio. Mingone cade nel tranello. Ma l ’ortolanella Dorina che è innamorata del padrone da cui ha già avuto pro­ messa di nozze, e che mira quindi a diventar lei la padrona e prendere così le redini della casa e del patrimonio, ricorre ad un astuto strattagemma. Il giorno che il bifolco Mingone, rivestito e profumato, come lui dice, da « ciotta dino », aspetta la sua inesistente baronessa per fame la conoscenza e sposarla subito, ecco che l’ortolanella si maschera da promessa sposa con l’aiuto dei divertiti gar­ zoni, finge di arrivare dalla città, in pompa magna per la desiata cerimonia e riesce a farsi promettere il matrimonio in presenza dei fedeli falsi lacchè che fun­ zionano da testimoni per l’occasione. Scoperto l’inganno, il minchione Mingone finisce con l’essere più contento di prima perchè viene a sapere che il capo dei cozzoni detto Capitan Saracca, mirava sol­ tanto a un bel sacchetto di scudi, e che la baronessa di Roncisvalle era niente altro che una trappola di sua invenzione. Una garbatissima e briosa farsa, dunque? Noi diremmo qualche cosa di più e di meglio. Perchè, oltre alla sua validità teatrale di vera e propria commedia, c’è la lingua in cui è scritta la Scaltra ortolanella; e questo è l’argomento più importante da considerare nei confronti dell’assai posteriore Crezia rincivilita dell’abate Zannoni. Ecco un esempio del dialogo. Nel primo atto, Dorina l’ortolanella si rammarica amaramente della sventatezza di Mingone : «Perchè son ortolana / e vendo l’isalata / devo esser disprezzata? / Si crederà ch’io sia sì giucca da non fare / quel che fu fatto a me? / Mingon villan mal­ fatto / di Marchionne fu reda anniversalio / e dientoe signore ’nturuntratto : / ha dato un cailcio a i ’bómbere e all’aràtolo, / s’ene domenticato / ch’eggh’era di Marchionne contadino / e s’ene fitto ’n testa / di fare il gran signore e il ciot- tadino. / Quando n’erimo assieme a lagorare / cento belle parole mi dicea, / e mi dicea c'h’i ghiero / più doiece e saporita di ’candito / e ohe una voilta o l’ailtra / sarebbe i’me marito ». Inutile, credo, osservare come moltissime espressioni usate da questa Dorina del 1762 sieno tutt’ora vive nella lingua del contado — dove in effetti si svolge l’azione dell’Anonimo — e che alcune di esse compaiono sempre nei nostri vocabolari. Ad esempio: reda (erede) - annìversalio (universale) - bómbere (vòmero) - aratolo (aratro), ecc. ecc. Può dirsi altrettanto della lingua dell’abate Zannoni? !Le variazioni avvenute in quella da lui adoprata sono molte, oggi, e sostanziali. Inoltre v’è qui, nella Scaltra ortolanélla, una scioltezza di dialogo, una rara ar­ monia di battute fra Mingone e Dorina che fa intuire nella personalità dell’Anonimo un vero e proprio smaliziato uomo di teatro; il quale sa condurre a compimento senza i grotteschi ripieghi tanto in uso nel suo tempo, situazioni tutt’altro che semplici oer la scena. Purtroppo non è possibile dare qui degli esempi come si converrebbe, e ne varrebbe invece proprio la pena. Ad ogni modo un brevissimo saggio di dialogo fra Mingone e Dorina va tuttavia segnalato. Mingone si lamenta di essere analfabeta nell’imminenza delle nozze baronali, ma pensa infine che con i quattrini si può rimediare a tutto; e Dorina lo interrompe per rimproverargli la mala fede nei suoi riguardi; M. — Nun saper di lettiera (cioè di letteratura) / nè far do’ scarabocchi in su’ pi’ fogghio, / veggo che ghiè un imbrogghio; / ma alla fin son Mingone Zoticoni, / ed ho pien di quattrin tutti e’ cailzoni. D. — Buon di messer Mingone. Af. — Addio Dorina... D. ■— Con graizia Una palora... M. — E che vorresti? / presto, sbrigati, parla, / nun ho tempo da perdere in palore, / fatti in là, nun guastarmi / le failde noe noe (nuove nuove) al giustacore. D. — Così dunque mi scacci? è questo il bene / che nel Ifar l’erba a i’bue, / e ni raccor le ghiande / tu mi giurasti, o iMingoncin mio caro? M. — Credi tu di parlar con un somaro? D. — Eh, so’ ben chi tu sei; bifolco prima / poi garzon di me pae (mio padre), di poi Marchionne / ti prese per fattore, e allotta... Af. — Allotta / mi chiamavan Mingone, / e ora sono un co... D. — Eh?... Af. — Un conte tanto fatto. D. — Eh, lo diceo anch’io! ghiè più che matto!... La gustosità linguistica e teatrale di questa Scaltra ortolanélla non ha certo nulla di comune con la spesso bassa loquela sanfrianina adoperata dallo Zan­ noni (che pur era un cruscante e un purista tra i famosi) quando scrìsse La Cresia rincivilita. Ma non ha nemmeno l’importanza, che le si vuole attribuire, di primato nell’esperimento scenico attorno ai costumi popolari e alla lingua del popolo L’Anonimo della Scaltra ortolanélla lo aveva preceduto in ciò di ben quaran­ totto anni, senza indulgere minimamente al plebeo e allo sboccato, ma facendo leva invece sui sentimenti più genuini e idillici che sono propri dell’anima popo­ lare; e sull’arguzia briosa aliena dai clamori cianeschi. Perchè lo spirito ha anch’esso ima sua riposta aristocrazia proprio in quello stato più basso del po­ polo, creduto a torto insensibile alla gentilezza fiorita e ingenua. Alberto Viviani za tante cerimonie ; si conside­ cinematografo, nell’intimità del­ rano buoni compagni; si conce­ la casa, nel silenzio raccolto e dono reciproca indipendenza e confidenziale, nell’ansia segreta hanno stretto fra loro il patto di delle parole che nascondono i non farsi mai domande indiscre­ veri pensieri e, celandoli, troppo te. Cherry non sa occuparsi del­ li rivelano con la intensità degli le faccende domestiche, bada a accenti e col tremolo delle silla­ seguir la moda e a tener die­ be, Evan svela a Stella il suo en­ tro alle novità cinematografiche; tusiasmo per lei, il suo amore. Evan ha già avuto successo coi Stella s’aspettava la tremenda suoi quadri, è giovane come la verità e la paventava; ma la moglie, impetuoso ed estroso, di forza delle sue convinzioni domi­ quelli che diventano maggioren­ na lo slancio dell’essere suo pro­ ni soltanto nell’età matura. J teso verso il giovane. Ella, an­ due spostai arrivano mentre Stella che quando più la donna grida è ancora fuori per alcune com- in, lei, non dimentica d’essere pere e soprattutto per cercare madre, d’essere la madre di Cher­ bottiglie di « whisky » di cui il ry. Devia con dolorosa rassegna­ genero è ghiotto, ed Evan non zione l’ardore di Evan nè am­ nasconde alla sua spigliata metà mette di demolire il baluardo che l’idea di conoscere la suocera, ideale ohe difende la sua debo­ di passare qualche tempo sotto lezza di donna. L’errore dei ri­ 10 stesso tetto, di vedersela di­ belli alle norme della vita è di nanzi mattina e sera non lo esi­ credere che, facendone a meno, lara; anzi lo infastidisce. Cherry resistenza sarebbe migliore. Sa­ cerca di placarlo, ma invano. rebbe più comoda, più capriccio­ Chi lo placa è Stella medesima. sa, più attraente forse, ma la Quando ella entra, Evan trase­ vita è sempre più forte degli uo­ cola. Non è il tipo di suocera che mini, delle loro passioni e delle si aspettava. Volto giovanile, loro fantasie. I suoi richiami al­ qualche filo d’argento nei capelli, la realtà sono inesorabili. Evan occhi espressivi, un sorriso in­ 10 capisce a poco a poco. Piccole cantevole, una figura elegante. cose, situazioni insignificanti, La sorpresa lo turba e lo ralle­ frasi semplici, la vista di Stel­ gra; ed è subito gentile con la la accanto a Oherry e a Jimmy mamma della sua sposa. A poco (che è venuto in licenza), lo il­ a poco ne apprezza tutto il va­ luminano. La marea di settembre lore. E’ una donna attiva, piena ha suscitato una bufera; anche di cure per gli ospiti, affettuosa egli è stato travolto da una folata AI Teatro Odeon di Milano, ITI ot­ con semplicità, generosa con dell’uragano che gli ha sovverti­ tobre 1950, la Compagnia Malta- candore, attenta e sollecita. Ap­ to animo e sensi. Ha patito un gliati-Carraro, diretta da Daniele partiene alla generazione che attimo di vertigine. La fermezza D’Anza, ha rappresentato la com­ considera la vita con serietà, che di Stella l’ha dolorosamente sal­ media in tre atti e cinque quadri ne rispetta il codice morale a vato. Egli se ne va a Londra dove di Daphne du Maurier: « Marea di costo di qualunque sacrificio e verrà raggiunto dalla moglie e settembre », nella versione di Ada che antepone i princìpi dell’one­ con lei partirà per Nuova York. Salvatore. stà, della fedeltà e della dirittura, Stella rimarrà nella sua casa, so­ * La casa dei Martyn è addos­ a tutte le lusinghe e i traviamen­ la, a macerarsi nella sua virtù, sata a una roccia su un estuario ti della mente, del cuore e degli a custodire le pareti immacolate e della Cornovaglia ed è vicina al istinti. Una donna solida, insom­ a pensare ai suoi figlioli lontani. mare. Stella Martyn, la vedova ma. Tutto l’opposto di Cherry La soluzione amara e puritana ha che ci abita, trascorre le giorna­ che, senza far nulla di male, ri­ una sua patetica e sofferta uma­ te da laboriosa massaia pensan­ de dei radicati sentimenti mater­ nità. Daphne du Maurier è una do alla figlia e al figlio lontani. ni definendoli « idee dell’Otto­ scrittrice di atmosfere. Ne aveva L’una, Oherry, è da un anno in cento » ; ride e continua a casa creata una suggestiva in Rebec­ libero soggiorno a Londra; l’al­ la vita movimentata che con- ca; ha cercato di suscitarne tro Jimmy, è arruolato nella Ma­ duoeva a Londra. Evan rima­ un’altra anche in questa com­ rina. Ma quel giorno Stella è ne spesso solo. Le sue conversa­ media ispirata al tema del con­ contenta e agitata. Sta per arri­ zioni con Stella si fanno sempre trasto fra la generazione di an­ vare Oherry con lo sposo, il pit­ più inquiete e trepide. Senza che teguerra e quella del dopo guerra. tore Evan Davies. Ha preparato se lo confessino, genero e suocera Ma qui ha avuto minor fortuna. le stanze come meglio le è riu­ 11 dramma segreto di Stella non scito; ha persino trasformato la si sentono attratti l’Uno verso soffitta in uno studio per l’arti­ l’altra. Evan ha fatto, in segreto, riesce a emanare una tensione sta. La coppia porterà nella ca­ 11 ritratto di Stella a memoria, e di angoscioso patimento. Si sa sa una ventata di modernità. So­ quando questa lo sa, scoppia a subito che esso scoppierà e si in­ no due coniugi aggiornatissimi; piangere dal turbamento. I rap­ tuisce che Stella passerà come la non hanno voluto il matrimonio porti tra i due si fanno sempre salamandra tra le fiamme senza tradizionale nella casa della spo­ più insidiosi e una sera che bruciare uscendone con scotta­ sa; si sono uniti legalmente sen­ Cherry s’è recata con amici al ture ed escoriazioni, ma salvando la propria dignità di madre. Il store d’anime, cresciuta in una procedimento della commedia, atmosfera di purezza, tra parole che è in ogni modo sostenuta e di preghiere e pensieri di eleva­ di qualità, è più analitico ohe zione. Il padre è un dabben sa­ sintetico. La trama e lo svolgi­ cerdote e la madre è invece una mento sanno di romanzo. Nei povera squilibrata che usa espres­ tre atti è più notevole la narra­ sioni infantili e capricciose pa­ tiva della concitazione. Da ciò role. Gianni è figlio di un me­ una lentezza di sviluppo che ac­ dico, studia egli pure medicina, cresce il grigiore dell’opera tea­ e, mentre il padre è assorto nel­ trale; tuttavia un interesse uma­ le sue ricerche © sta scoprendo no © psicologico emana dal la­ il rimedio per combattere le epi­ voro e alcune notazioni e stati demie, egli si dà ai bagordi più d’animo sono propri della acutez­ vergognosi, imbrancandosi con za di questa autrice. Èva Malta­ donnacce di ogni risma, ribelle gliati ha recitato con 'bella, in­ a qualsiasi richiamo alla nobiltà telligente e mutevole penetrazione del vivere ed alla decenza del del personaggio dando ad ogni pensare. I due giovani abitano Il gTande interprete della commedia che parola il tremore del pericolo e vicino, spesso si vedono e Gianni, il mistero del suo patire; Tino cinico e arido, tratta Alma come pubblicheremo nel prossimo fascicolo Carraro è stato di una semplicità le altre ragazze dei suoi sollaz­ franca e ardita quale era richie­ zi. Ma Alma lo trattiene, !e non sta dalla sua figura; animata e si lascia stordire dalle sue frasi colorita Vittoria Martello; ben di dongiovanni da periferia. El­ L A N O S T R A disegnato il tipo dal Eeliciani, la si chiama Alma Che in spa­ vivaci la Sammarco e il Conti. gnolo vuol dire « anima », e il Accurata la regìa di Daniele suo spirito mistico la traspor­ D’Anza. Il pubblico ha applau­ ta in atmosfere serene dove ogni FORTUNA dito ripetutamente commedia e cosa finisce e dove l ’amore è TRE ATTI DI attori dopo ogni atto. tutto splendore. Tuttavia ella si sente attratta verso la semplici­ Al Piccolo Teatro (di Milano, il E ligio Possenti 17 ottobre 1950, la Compagnia sta­ tà e la forza del giovane. La tur­ bile del Teatro stesso, ha rappre­ bolenta e avventurosa vita di co­ sentato il dramma in due parti stui la spaventa e la impietosi­ Rappresentata per la prima volta il di Tennessee Williams: «Estate sce. Invece di fuggirlo lo cerca 13 aprile 1950, al Teatro Carigna- e fumo » (Summer and smoke) come il raggio di sole cerca il no di Torino, e ripresa daH’illustre del quale abbiamo dato ampia putrido stagno. Vede che amo- attore in questa Stagione Teatrale cronaca a suo tempo (fascicolo 74 reggia con Leila, una sua amica del 1° dicembre 1918) quando fu * rappresentato prima a Dallas nel di collegio, e peggio ancora con Rosa Gonzales, una donna spu­ Texas, con l’allestimento di Mar- II successo di questa bella e non go Jones, e poi a New York. dorata ed elegante, e non si al­ comune opera di Possenti è an­ ¥ Di questo autore americano lontana da lui. Soffre, piange e cora vivo e si rinnova in questa sono stati dati in Italia Zoo di Io adora in segreto. Stagione. Francesco Bemardelli vetro e (non ancora sui palco- Gianni fa la corte a lei come scrisse delle difficoltà di questa scenici milanesi) Il tram che si alle altre, ma alla sua presenza commedia <■ nella quale ei'a ne­ chiama Desiderio; e in tale la­ sente qualcosa che lo intimorisce. cessario amalgamare, anzi ac­ Vorrebbe superare questo strano centrare i motivi disparati che voro egli sceneggiava episodi vio­ la compongono; la diversità delle lenti e brutali d’amore e di ritegno e una notte che Alma figure e delle circostanze sceni­ ubriacature di certi ambienti del­ era corsa a casa sua in cerca del che, ora romanzesche ora dram­ la più bassa e disgraziata uma­ padre medico per farsi dare qual­ matiche, ora ironiche o comiche, nità. Estate e fumo è, al con­ che rimedio che le calmasse i spregiudicate o moralistiche, fronto, un idillio; un idillio come nervi scossi, la riceve e tenta di pungenti o patetiche, in un tono lo può concepire un autore che sedurla; ma Alma fugge. Un’al­ unico e dominatore. Eligio Pos­ affronta di petto i problemi della tra volta che la ragazza lo rag­ senti ha superato la difficoltà con la sua grande esperienza vita quotidiana senza riguardi, giunge mentr’egli, nell’assenza teatrale, e di scrittore comico e senza veli, e Che anzi si compia­ del padre, aveva trasformato la drammatico; l’ha superata con ce di strappare ogni riparo. Tra sua casa in ima sorta di bettola una bravura scenica ingegnosa, la realtà e la sua rappresentazio­ da malavita, ella si salva per accorta, che da ogni episodio de­ ne nessuna trasfigurazione. Ma stava curiosità e interesse, che miracolo. Avendo saputo in quel­ puntava sui particolari offren­ nel fango non si può diguazzare la occasione ch’egli sposerà quel­ doli felicemente all’interpreta­ a lungo. A un certo momento la tale Rosa Gonzales, telefona zione. Non se li lasciò sfuggire bisogna uscire, in qualsiasi mo­ al padre e lo fa tornare a domi­ Buggeri che fu stupendo. do, con un colpo di rivoltella o cilio. Questi capita, si incontra Il successo della commedia che con un ravvedimento; ed ecco con Rosa, esplode in violente ma­ già si era delineato al primo che nella storia di Alma e di ledizioni, sicché il babbo della atto con molte chiamate, fu poi pieno e calorosissimo. E l’auto­ Gianni sceneggiata in Estate e donna ohe era presente lo ucci­ re fu evocato alla ribalta accan­ fumo una luce si diffonde a il­ de con una rivoltellata. Genta­ to all’interprete non sappiamo luminare anche i momenti meno glia, Rosa e suo padre: lei era quante volte, fra scroscianti limpidi. Alma è figlia di un pa­ cresciuta in una lurida stanza battimani ». per anni in promiscuità con cin­ ha avuto sull’altro una influen­ Al Teatro Olimpia di Milano, il 1S que messicani, tre oche e un gal­ za decisiva : benefica quella di ottobre 1950, la Compagnia Sabba- letto, e si era attaccata a Gianni tieii-Calindri-Villi-Voi omghi-Volpi- Alma, malefica quella di Gianni, Riva, diretta da Ernesto Sabba- perchè lo vedeva di una classe nè poteva essere altrimenti dati tini, ha rappresentato la comme­ superiore : e lui si procurava il i loro opposti temperamenti e po­ dia in due atti e sei quadri denaro con le bische e all’occor- sto che entrambi si sono sempre di Norman Krasma: « Carissima renza maneggiando la rivoltella. amati fin da quando si facevano, Ruth » (Bear Ruth). Questa com­ La tragedia getta una fosca om­ da ragazzi, i dispetti e le boccac­ media tu data la prima volta al- bra sui rapporti di Gianni e 'Al­ ce. A questa conclusione si arri­ l’Henry Miller’s Theatre di New ma. Egli parte e non se ne sa va attraverso una sequela di sce­ York, nel dicembre 1914, con la più nulla per un pezzo. Un gior­ ne che si dilunga nella prima direzione di Moss Kart. no torna accolto con musiche e parte della commedia per diven­ ¥ Serata divertente. La commedia feste dalla popolazione. Ha con­ tare di giusta misura nella secon­ è lieve e gaia con un ricamo di dotto a termine gli studi del pa­ da. La quale è la migliore : in es­ sentimento. Già ne è apparsa la dre e ha vinto l’epidemia. E’ un sa batte un’ala di poesia che ab­ vicenda di un film. Sul palcosce­ altro uomo. B’ mutato, non è più bellisce di riverbero anche gli nico dà modo agli attori di far colui che aveva mostrato un gior­ episodi minuti e perfino super­ mostra della loro abilità nel vi­ no il quadro anatomico dell’uo­ flui, attraverso i quali lentamen­ vificare comicamente la sempli­ mo ad Alma per profanarne il te si giunge ai dialoghi più signi­ cità del dialogo. La storia av­ pudore e per deriderla con la ficativi. Il procedimento è anali­ viene durante la guerra. Miriam, domanda: «dimmi, dov’è l’ani­ tico; pare quasi si tratti della ri­ sedicenne figlia del giudice Hans ma alla quale credi?». Ora si è duzione scenica di un’opera nar­ Wilkins, studentessa irrequieta e convinto che qualcosa c’è, un rativa. generosa, patriottica e ribelle, è quid impalpabile che tutti quei I drammaturghi americani su­ presidentessa della lega per aiu­ sordidi congegni (cervello, ven­ biscono inavvertitamente la tec­ tare i soldati americani; dal can­ tre e il resto) concorrono a ela­ nica cinematografica. Tennessee to suo ha scritto una sessantina borare e che iè la loro unica Williams se non se ne libera del di lettere d’amore al tenente d’a­ ragione di essere. E sapendo che tutto, non ne rimane vittima. viazione Bill e ne ha ricevuto esiste, tutta la vita assume un Sa distaccarsene al momento op­ altrettante risposte. valore nuovo. Capisce che Al­ portuno e fare il passo dal rac­ Le lettere erano in parte lun­ ma non aveva in £è, com’egli conto episodico al dramma vero ghe effusioni affettuose, in parte aveva creduto, un gelo puritano, e proprio. Alcune delle ultime sfoghi di cittadina precoce, in ma una fiamma viva contenuta scene sono dense di significato parte ricopiature di poesie di in una custodia di terso cristal­ e fanno di questa storia d’amore, Byron, di Shelley, di Keath, tut­ lo. Ne aveva avuto sempre sog­ per molti lati simile ad altre te inneggianti ai più nobili pen­ gezione. Anche nella notte ohe storie d’amore del teatro, una sieri e alle più tenere commozio­ pareva volesse sopraffarla, non vicenda se non nuova, diversa, ni. Fin qui nulla di male. Molte l’avrebbe fatto. Alma gli incute­ grazie ai suoi dialoghi scoperti, sono state le madrine di guer­ va rispetto, e rispetto gli incute in cui i personaggi non si defi­ ra e Miriam non era altro che ancora. niscono, ma si rivelano. Non tut­ una di esse, sebbene appena ado­ Alma ha subito, attraverso le to soddisfa nel lavoro. Ma ¡là lescente. Il guaio era Che quelle esperienze, le meditazioni, le ras­ dove il dramma delle due crea­ missive calorose e dolci non veni­ segnazioni, una esperienza oppo­ ture diventa poetico, cioè uni­ vano da lei firmate col proprio sta. Ora lei sarebbe disposta a versale, il consenso non può non nome ma con quello della sorella cedere e ad uscire dal cristallo essere pieno e convinto. Giorgio Ruth, maggiore di lei di sei anni. che la salvaguarda. E’ Gianni Strehler ha messo in scena la Falsificare le firme era un di­ che, salito alla sua vetta, non sa commedia con ingegnosità, se­ letto per Miriam; non aveva fir­ più essere l’uomo d’un tempo. guendo attentamente le indica­ mato forse col nome del padre Si è ripulito. La vede circondata zioni dell’autore per le musiche, una scheda di adesione alla so­ da un alone luminoso: troppo in le luci, le oscurità, i cieli stella­ cietà dei donatori di sangue ob­ alto ancora per lui che pur è ti, gli spari dei mortaretti e per bligando così il vecchiotto geni­ asceso fino a lei. La paura ohe il tono della recitazione risol­ tore a subire salassi che lo ridu­ egli aveva della sua anima si è vendo felicemente le esigenze cevano per parecchie ore a mal tramutata in riguardosa adora­ sceniche dell’azione. partito? zione; mentre lei ha perduto la Lilla Brignone ha recitato con Il tenente Bill dall’alto della sua paura che aveva sempre avuto bravura dando ad Alma intona­ carlinga non sognava ohe di re­ dei suoi impeti. Nella macerazio­ zioni squillanti opportunamente carsi in patria per conoscere la ne ella ha bruciato tutto dentro mitigate nèlla seconda parte; misteriosa e amabile signorina Gianni Santuccio è stato sobrio, che con le sue parole aveva dato di sè: il fumo la avvolge. Non a lui, nervoso e apprensivo, il co­ discerne più il bene e il male. colorito, aderente al personag­ raggio di affrontare serenamente Gianni sposerà Leila, l’amica di gio; il Battistella, la Graziosi, la i rischi dei voli di combattimen­ un tempo, e Alma se ne va con Angeleri, il Moretti, la fresca to. Si era perciò arruolato nei mi­ il primo che passa. Marina Dolfin e gli altri tutti traglieri aerei poiché sapeva che E’ avvenuto fra i due .giovani hanno concorso alla vivezza del­ in quel reparto dopo venticinque una osmosi. Gianni ha tolto ad la rappresentazione. Di suggesti­ missioni di guerra avrebbe avuto Alma a poco a poco tutte le ipo­ vo effetto le scene di Gianni Rat­ diritto a una licenza. Infatti, crisie e l’ha rivelata a se stessa; to. Molti gli applausi del pub­ compiute le imprese richieste, la­ questa ha gradatamente snidato blico ai quadri e alle due parti scia le linee del fronte in Fran­ la vera natura di Gianni. L’uno in cui la recita è divisa. cia e fila nel paese di Ruth. Là ne rintraccia la casa e un giorno vi zogna d’amore; ma ritorna su­ piomba a cercare la ragazza con bito, ha dimenticato qualcosa, e sorpresa grande dei genitori. Egli Ruth allora gli si getta fra le possiede anche una sgualcita fo­ braccia. Si è innamorata di lui e tografia di [Ruth e anela di ab­ non lo vuol perdere. IÌ vecchio bracciare l’originale. Hans padre felice e giudice mu­ ¡Ma questa è al suo lavoro ne­ nicipale valendosi delle sue fa­ gli uffici di una banca e per coltà li sposa in quattro e quat- giunta è già fidanzata poiché tr’otto e proprio in quel momen­ ignara ohe la sorella Miriam le to sopraggiunge un soldato negro aveva combinato quel pasticcio il quale pure chiede della signo­ delle lettere aveva dato la sua rina Ruth. Anche lui aveva rice­ promessa al suo superiore Al­ vuto delle lettere... berto 'Kummer. Quando final­ mente rincasa e si incontra con Così finisce questa storia di l’ufficiale lo vede così turbato, fiaba moderna nella quale la bel­ estasiato che non ha l’ardire di la non è addormentata nel bosco disilluderlo e si conduce verso e il principe è un tenente avia­ di lui gentilmente e si lascia tore. Garbata novella, sceneg­ abbracciare e baciare. La fin­ giata a gradevoli quadri senza zione non le dispiace; Bill è un eccessivo sforzo cerebrale ma con giovane simpatico, gioviale, ru­ l’onesto intento di far sorridere. moroso e irruente e la circonda Ernesto Sabibatini ha diretto la recitazione con la sua consuma­ di un cumulo di attenzioni e osculi WILDE la fa segno a un bombardamen­ ta bravura e ha arricchito l’ese­ to di regali. Il gioco la attira e cuzione con trovati comici di TERZO VOLUME DELLA COLLANA la travolgerebbe se la presenza sicuro effetto recitando egli stes­ «I CAPOLAVORI», DIRETTA DA del suo vero fidanzato non la so con arguzia di controscene e LUCIO RIDENTI richiamasse al suo dovere. In­ di intonazione; il Calindri e la tanto esce con Bill, lo accompa­ Volonghi in due brevi parti so­ gna nelle corse in città, pranza no stati comicissimi. 'Olga Villi con lui fuori di casa, ritorna più ha dato a Ruth una vivezza co­ lorita; il Volpi è stato brillante; PREFAZIONE «LA VITA RECI­ tardi al suo fianco e si sente ri­ TATA DI OSCAR WILDE» DI C. petere frasi delle famose lettere Anny ¡Ninchi ha detto la sua parte con maliziosa spigliatezza; M. PRANZERÒ * INTRODUZIONE che ella non ha mai scritto. Un CRITICA DI LORENZO GIGLI giorno riesce a leggerne le ri­ la Riva, il Pierantoni, Lena Sab- sposte. batini e gli altri affiatati e ani­ mati. La commedia deve soprat­ Miriam scoperto l’inganno ha tutto agli attori il suo lieto suc­ tolto la corrispondenza dalla sca­ cesso. Applausi ripetuti a ogni tola dove l’aveva riposta e gliePha IL VENTAGLIO DI LADY WIN- atto. DERMERE * UNA DONNA SENZA data. La lettura fonde il cuore di Eligio Possenti Ruth ma non la fa deflettere dal IMPORTANZA * UN MARITO suo impegno di fidanzata di Al­ ¥ Al Teatro Exeelsior di Milano, IDEALE * L’ IMPORTANZA DI berto; spera che scaduta la li­ il 16 ottobre 1950, la Compagnia CHIAMARSI ERNESTO * LA cenza Bill se he vada con la sua Baseggio-Gheraldi, ha rappre­ DUCHESSA DI PADOVA * VERA illusione d’amore. Invece un or­ sentato la commedia in tre atti O I NICHILISTI * SALOMÈ * dine del comando stabilisce ohe di Carlo Trabucco : La luna d’a­ UNA TRAGEDIA FIORENTINA Bill non tomi in linea ma ri­ gosto. Si tratta di un patriottico, * LA SANTA CORTIGIANA * manga nei servizi di un campo umano e commovente episodio IL CARDINALE DI AVIGNONE d’aviazione. Tutto pare congiu­ della guerra del 1918, sceneggiato * rare contro il destino di Ruth e con garbata semplicità. I tipi di Alberto; le pressioni di Bill si hanno piacevole rilievo — osser­ Le versioni sono state affidate a : UGO accentuano; egli vuole affrettare va Eligio Possenti — sono tutti CAVALLOTTI * ALFREDO ORBETELLO * MARAYAN BIRENDRA SINHA * le nozze. Ruth tergiversa; e una simpatici, amici e nemici, e nei CARLO M. FRANZERO * FLAVIA sera Bill viene a sapere da Mi­ tre atti spira una ristorante aria PAULON * GIGI CANE riam, che lo credeva già infor­ di fraternità anche se il loro in­ mato della cosa, la verità sul­ teresse qua e là ha qualche lan­ Edizione normale, rilegata e con so­ l’autrice delle lettere. Per il gio­ guore. La recitazione ammirevo­ pracoperta a colori, lire 1700 * Di vane lè uno schianto. Si congeda le: Cesco Baseggio, Gino e Gian­ lusso, ad pcrsonam, rilegata da ama­ con un groppo alla gola. Le noz­ ni Cavalieri hanno offerto il loro tore in mezza pelle, lire 3700. ze di sua sorella col sergente Vin­ bel terzetto di bravura. La Bene­ cent aggravano per contrasto la detti, la Baseggio e gli altri tutti g| In vendita da ogni lifiraio, ma so ne sua desolazione. sono stati spontanei e coloriti. Il fosso sprovvisto, rivolgetevi dirotta- Se ne va tristemente ringra­ pubblico ha applaudito ripetuta- mente all’Ufficio Edizioni della SET, ziando Ruth di avergli dato la mente a ogni atto e due volte Corso Ynldoeco, 2 - Torino. Lo rice­ dolorosa consolazione d’una men­ a scena aperta. verete immediatamente franco di porto. S é ’Z/aa a ¿ S tim m i

* Milano: 19 ottobre 1938. Inaugurazione del Teatro Nuovo

* Milano: 19 ottobre 1950. Inaugurazione del Teatro di via Manzoni

Bene, Remigio carissimo. Ieri sera, ai piedi di quello scalone illuminato con l'accecante esigenza della macchina di presa, quando mille e più di mille per­ sone ti venivano incontro e dicevano grazie al tuo cuore indubbiamente « at­ taccato » — con la spina di corrente alla tensione necessaria ai padelloni della Incom —■ a quello di Donna Italia, tua moglie, che ti era accanto, noi che per natura siamo schivi da ogni esteriore mondanità e ci facevamo sempre più indietro fino a nasconderci tra i due erculei gendarmi incollati alla parete stra- lucida, abbiamo capito che quei ringraziamenti erano per l'invito ambitis­ simo, lo spettacolo eccezionale, i regali, il ricevimento sontuoso, il ballo splen­ dido. Ma quando tutti ormai erano entrati e siamo rimasti in quattro o cinque soltanto —■ i soliti — e tu hai detto « possiamo incominciare », io ho pensato grazie per mio conto; chè se l'avessi invece pronunciato, sarebbe stato ancora e soltanto il grazie millecentouno, esattamente quanti posti hai distribuito. Quel « grazie » lo ripeto qui perchè vuole essere la riconoscente gratitudine per averci dato, a noi ultimi deliranti di cardiopalmo teatrale, un nuovo Teatro. Da quella ormai lontana sera del 1938, stesso giorno e stesso mese di ieri, quando nel tuo appartamentino sopra il Teatro Nuovo, fresco di calce di dodici nostri anni di meno (e quali anni), dopo aver «faticato » mesi e mesi insieme, ci mettemmo in frac, rivestendoci come per l'ultima trasformazione della nostra entusiasmante attività, si sono « inaugurati » in Italia cento e cento ancora cento cinematografi. Sono state costruite sale immense, a volte lussuose a volte soltanto apparentemente vistose, ma erano emicicli sbarrati: dove termina il ferro di cavallo tradizionale e necessario alle sale di spettacoli, un muro e una tela. E qualche volta il primo in funzione anche del secondo. Un mo­ numento senza testa. Per la tua passione, Remigio, per quel fuoco che in te tiene in continuo bollore esperienza volontà audacia fatica gioie amarezze invidie generosità (e si potrebbe continuare) abbiamo visto ancora una volta, nella nostra vita che sta passo passo arrivando all'angolo della strada ■— e alla svolta non ci si rivolta più indietro — un nuovo Teatro. Un teatro dove l'emiciclo « tiene » le barcacce il golfo mistico la ribalta la buca del sugge­ ritore e il sipario. Dio sia lodato. Dietro il sipario c’è il palcoscenico-, dunque ci saranno creature vive e non ombre semoventi, ci saranno parole che salgono dall'anima e non prodotte dalla colonna sonora; ci saranno passioni dispera­ zioni allegrie urli risa suoni canti balli. E dalla parte opposta, battimani e fischi; ma ancora vita e sempre teatro. Chi capisce questo, Remigio, come te lo deve dire il suo « grazie »? Gridando. E sia pur iorte lo sentiranno anche gli altri? Non importa. Remigio, tu hai sentito benissimo questa piccola parola che dice il povero per l'elemosina. 11 povero teatro che ha ricevuto una ina­ spettata e generosa elemosina: un altro Teatro. Ma per sua iortuna, sia pure per una volta, ha incontrato un gran signore, un miliardario, non importa se di illusioni o di denaro — certo più delle prime che del secondo ■—-, ma un miliardario. E il povero ha avuto quel teatro che hai dato: oggi, certo, il più bel teatro d'Europa. « E non soltanto d'Europa », aggiunge Gino Caimi, che abita a New York, ma era con noi, perfino confuso di meraviglia. Gli italiani si meravigliano meno, si capisce (a noi tutto è dovuto, che ci vuoi fare?) ma gli stranieri erano rapiti, fngrid Bergman che era la più italiana e la più stra­ niera fra tutti, lo ha ripetuto varie volte nel tuo palchetto. E Rossellini nel suo estasiato candore d'amore le ripeteva: « Hai visto, fngrid? hai visto, In- grid? ». Forse era, anzi era certamente, la continuazione di un discorso-, certo non poche volte avrà dovuto convincerla che ci sono italiani ancora oggi che non hanno perso il senso antico di quella « spirituale cortesia » che fu vivis­ sima nei secoli nostri e che fece scrivere a Baldessar Castiglione quel perfetto codice del gentiluomo che si chiama « fi Cortegiano »; che esaltò Stendhal per il nostro Paese, fino a renderlo « milanese » nella Milano di Carlo Porta e del « Casin di andeghee ». Gli umanisti e gli artisti italiani aprirono nuovi mondi agli uomini del Rinascimento ed alle generazioni successive; noi siamo ora, per tanti e vari aspetti, alla sciatteria dilagante; ma non conta. Vi sono italiani che custodiscono gelosamente la loro eredità culturale, altri che aggiun­ gono a questa, con la passione e l'amore per l'arte, le loro illusioni, trasfor­ mandole all'improvviso in certezze e realtà. Come quella di ieri sera, come questo nuovo Teatro che è una gemma non soltanto perchè incastonato di preziosità, ma ovattato e fasciato da quegli elementi atti a creare l’atmosfera necessaria a iar respirare l'aria che andiamo cercando e della quale abbiamo tanto bisogno. Un teatro che è un grande monumento, ed è stato concepito voluto e realizzato come tu, Remigio, hai desiderato che fosse. Ma guarda quante cose può significare e dire un « grazie »; senti come ora che l'ondata è passata, le fotografie sono state sviluppate, le cronache mondane sono state pubblicate, senti come scende dolcemente nel cuore il calore di questo « grazie ». 11 tuo Lucio Ridenti Milano, 20 ottobre 1950. commedia di Roussin: Nina. L’au­ no, e — peggio — non vogliono tore sarà presente anche per que­ sentire. Eduà, chiama Salvatore sta ripresa. Terminato questo im­ de Marco, fatti dare la cartella pegno, e dopo aver partecipato con i documenti « Recite di Rug­ ad uno spettacolo al Teatro del- geri a Parigi » (quella cartella che l’Open Gate di Roma, Laura Adani alla Direzione del Teatro hanno partirà con suo marito, il Duca o conoscono bene, ormai) e poi re­ Luigi, per un viaggio « informati­ sta a casa tua. Parigi, Londra, vo » ed istruttivo — una specie New York, tu hai tutto a casa tua. di indagine personale sull’attività Non t’avvelenà a Parigi. Lasciaci teatrale delle altre Nazioni — a andare Paolo Grassi. Per lui va Parigi, Londra e New York. benissimo. E la Direzione del Tea­ tro che intende « favorire » que­ H Dicono, ma è troppo importan­ sto tuo nuovo espatrio, ci pensi. te per non riportare la notizia, Poi ci ripensi. Infine dica una vol­ che Eduardo — con l’organizza­ ta quello che noi, estranei ma zione del Piccolo Teatro di Milano affettuosi, diciamo tanto sempli­ cioè con Paolo Grassi che in que­ cemente: Eduà, non t’impiccià: ste cose ci sa fare molto bene — statte a casa tua. I P I A M I O in aprile o maggio vada a reci­ tare a Parigi quattro delle sue ■ Eduà, senti che scrive Carlo DI CHI DICE E DI CHI FA commedie: Napoli milionaria, Que­ Trabucco, subito dopo aver dato sti fantasmi, Filumena Marturano la notizia che tu dovresti andare ■ Letto il «Taccuino»? In esso e Le voci di dentro. Questo viag­ a recitare a Parigi. Si riferisce si specifica che le Compagnie di gio all’estero del nostro più gran­ alle recite di Ruggeri e non fa il prosa accreditate presso la Com­ de commediografo del dopo guer­ minimo accenno alle tue faccen­ missione ministeriale per la nuo­ ra, sarà favorito dalla Direzione de. Parla solo di De Marco, e dice: va « Stagione Teatrale » sono Generale del Teatro. Bene. Ora « Tra l’altro De Marco ha provato esattamente ventidue. Eccole (per nessuno al mondo può negare una cosa, di cui dovremo poi ri­ la cronaca di oggi e la « storia » che noi vogliamo molto bene parlare: il disinteresse totale della di domani) : 1) Comp. del Teatro a Eduardo. Ma se Eduardo fosse critica per il nostro grande attore. Nazionale diretta da G. Salvini; nostro fratello, noi diremmo Malgrado gli inviti ufficiali fatti a 2) Ruggero Ruggeri; 3) Teatro di — come ugualmente diciamo —: tutti i critici parigini, malgrado Eduardo; 4) Pagnani-Cervi; 5) Eduà, non ci andare. Nè con Pao­ la pubblicità a pagamento fatta Renzo Ricci; 6) Piccolo Teatro di lo Grassi, nè con altri. Non ci sui giornali francesi, malgrado un Roma con Paolo Stoppa e Rina andare perchè Parigi per noi non ricevimento offerto alla vigilia Morelli; 7) Emma Gramática; 8) funziona. Tu sai tutto di quanto delle recite a cui i critici hanno O.N.A.S. - Tatiana Pavlova; 9) è successo a Ruggeri recentemen­ partecipato, non uno, dicesi uno, S.N.A.D. Zareschi-Randone, Scel- te. E non incominciamo a dire dopo nove sere aveva ancora mes­ zo-Bagni; 10) Maltagliati-Carra- anche noi, in casa,nostra, che la so piede al teatro Michel. Cosicché ro; 11) Peppino De Filippo; 12) colpa è di De Marco, perchè non lagnandosi il De Marco presso il Baseggio-Gheraldi-Cavalieri; 13) è vero. Lo sa anche Ruggeri. Lo Figaro — che aveva avuto anche Gandusio-Besozzi-Solari; 14) Ca- seppe, con amara esperienza sulla la pubblicità a pagamento — potè lindri-Villi-Volonghi; 15) Dona- propria pelle, anche Petrolini, che vedere finalmente la decima sera dio-Giorda; 16) Cimara-Paul-Fer- aveva come manager qualcuno più apparire quel critico, il signor ro; 17) Melnati; 18) Annibaie importante a Parigi, e nel teatro Rampin, il quale se la cavò con Ninchi; 19) Fratelli Micheluzzi; di tutto il mondo, di Paolo Grassi: una quarantina di righe dicendo 20) Anseimi-Abruzzo ; 21) Carli- Camillo Antona Traversi. A Pari­ che lui non aveva potuto, attraver­ Sainati-Besetti (Satiri) ; 22) Bar- gi non possono recitare i nostri so L’uomo dal fiore in bocca di bara-Gizzi-Annicelli. attori: di noi non sanno niente, Pirandello e dai Dialoghi di Pla­ Naturalmente non è finito: fino nessuno. Si possono « creare » suc­ tone, capire l’arte di Ruggeri, il alla chiusura della Stagione, si pre­ cessi come quelli di Betti nella quale comunque, secondo D’Ami­ sume che alcuni degli attori ora as­ cantina del « Noctambules » ma co, è un grande attore e pertanto senti — Benassi, Sarah Ferrati, Pi- sono fisime letterarie. Noi siamo lui credeva al collega italiano e lotto, Porelli, ecc. — qualche cosa degli « sconosciuti » a Parigi, tutti. passava agli archivi la pratica. faranno. Intanto la Commissione Anche Ruggeri. Anche Eduardo. Tutto questo è parecchio anti­ Non lo fu Zacconi perchè appar­ patico, perchè in Italia tutte — di cui sopra, ha accolto con riserva teneva a quei cinque o sei nomi la domanda di Paola Borboni che che, con la Ristori prima e la Duse diciamo tutte, anche quella di se- vorrebbe dedicarsi al « recitáis », poi, erano patrimonio mondiale. cond’ordine che ci portò Gaby cioè recitare da sola, e qualche Infatti in un recente album foto­ Morlay — le Compagnie francesi voce risponde di dentro e di lon­ grafico « Cento anni di Teatro hanno avuto cordiali accoglienze tano, com’è la segreta aspirazione Francese » c’è la Ristori e c’è la dalla critica che è andata ogni sera di tutte le attrici del mondo. Duse. Francesi? No: attrici del a vedere le novità e le ha larga­ ■ Laura Adani reciterà a Roma, mondo. E la Francia le considera mente recensite e anche incensa­ al Teatro Eliseo, dal 3 al 25 no­ anche proprie. Splendida dichiara­ te. Ma questo è un discorso che vembre, con Sergio Tòfano e Aral­ zione che onora un popolo intelli­ riprenderemo presto per dire altre do Tieri. Non è una regolare Com­ gente e sommamente civile, ma cose sui rapporti culturali italo- pagnia, ma un periodo di rappre­ non cordiale. E quando siamo al francesi ». sentazioni a quel teatro, per pre­ particolare, cioè all’attore di oggi, Ora noi dobbiamo proprio anda­ sentare a Roma la ormai famosa sono dolori. Non sentono, non san­ re in cerca di questi rampini con i nostri grandi attori? Sono tare solamente, non voleva niente. velleità che la Direzione del Tea­ Da questo ricordo, Guglielmo Zor­ tro dovrebbe smorzare, non favo­ zi è passato a considerare che tale rire. Perchè se lo Stato, a mezzo gli è sempre sembrata la vita di della suddetta Direzione, tiene Emma. Ed ha concluso: «Avete chiusa la borsa, i detti Rampin fatto tutto da sola, con l’unico tengono chiusa la bocca. bene largitovi dalla vostra ecce­ zionale natura, col solo sostegno ■ Nella prima decade di novem­ della vostra tenacia e — lasciate­ bre verrà inaugurato a Genova, melo dire — del vostro maledet­ per opera e con la passione che tissimo orgoglio, colla sola regola conosciamo ad Aldo Trabucco (al della vostra ferma coscienza e quale hanno tolto, chissà perchè, onestà. Così, per cantare, cantare la propria creatura, cioè il Piccolo solamente, non avete mai chiesto IL PREMIO INTERNAZIONALE Teatro Eleonora Duse), il «Teatro niente. A chi nulla chiede più vo­ del Circolo ». Si tratta di quella for­ lentieri dona il cuore degli uomi­ SANREMO PER IL TEATRO ma di spettacolo ad arena da noi ni, più largamente concede la più volte illustrata su questa Ri­ grandezza di Dio. Da Dio aveste vista, ed esistente in America, dove un radioso destino; da noi, poveri CHIUDE IL IR NOVEMBRE LA realizzano dei testi drammatici mortali, abbiate il solo semplice senza l’ausilio del palcoscenico, ma compenso che una terra di poveri in una sala, col pubblico disposto può dare: una parola sentita da CONSEGNA DELLE OPERE intorno alla scena fissa. E’ il primo tutti nel profondo del cuore: per tentativo del genere che si fa in quel che avete fatto, per quel che Italia, ma in America e Inghilter­ farete, grazie, Emma Gramática ». IMPROROGABILMENTE ra simili « arene » sono diffuse, ed L’illustre attrice ha risposto con esiste già un libro divulgativo sul la soave confusione e l'ardore che genere, del quale ci siamo anche le sono abituali; con quella mo­ occupati. Chi segue attentamente dulazione della sua voce che ren­ Come è già stato pubblicato, ripe­ la nostra Rivista è molto bene in­ de tutto sublime, e non soltanto formato sull’argomento che può a sulla scena. Ed ha anche detto che tiamo - viste le continue richieste prima vista sembrare strano, ma per poter continuare ad offrire la che pervengono alia Segreteria del non lo è affatto: è soltanto molto sua arte ha bisogno che le siano Premio - che il termine fissato per più difficile recitare, ed occorre dati i mezzi economici per farlo. la consegna delle opere è stato pro­ una estrema sicurezza e disinvol­ Erano presenti il Direttore gene­ tura da parte degli attori. Aldo rale del Teatro, dott. Nicola De rogato al 15 novembre 1950, entro Trabucco intende rappresentare Pirro, ed il dott. De Biase, che ne le ore ventiquattro (vale il timbro dei classici, che « tengono » con avranno certamente preso buona postale). Tale proroga si è resa ne­ maggiore autorità e poi tentare nota. Perchè se non andiamo er­ cessaria non soltanto per insistenza gli autori contemporanei italiani e rati, la Compagnia di Emma Gra­ degli autori italiani, ma anche per stranieri. mática, condotta da Stelio Verna­ gli stranieri che debbono far tra­ ti, a differenza delle altre forma­ durre le loro opere, perchè solo in ■ Ancora col ricordo del commos­ zioni di prosa, deve godere — in so ed affettuoso saluto che la pas­ omaggio e onore all’illustre attri­ lingua italiana esse possono essere sata Stagione fu detto a Ruggero ce — un trattamento economico accettate. Restano pertanto immu­ Ruggeri nelle sale della Biblioteca a parte. tate tutte le altre clausole del bando, del Bureardo a Roma, per inizia­ che può sempre essere richiesto alla tiva della Società Autori, anche B II Premio Teatrale Sanremo Emma Gramática — la nostra 1948 è ancora vivo; sta per ini­ Segreteria del Premio Teatrale San­ Emma nazionale — è stata festeg­ ziarsi quello 1950-51 — come è ri­ remo, Corso Inglesi, 2, e quindi la giata allo stesso modo e nelle me­ saputo — ma il « Sanremo » vinto proclamazione del vincitore sarà desime sale, tra quei cimeli che da Vittorio Calvino con la comme­ comunicata a mozzo della stampa attestano e tramandano la gloria dia La torre sul pollaio corre entro il 31 gennaio 1951, e la con­ del nostro Teatro di prosa. il mondo in lungo e in largo con segna del Premio la sera della rap­ Il presidente della Società Auto­ l’opera tradotta e rappresentata ri, Mario Vinciguerra, ha rivol­ in cinque lingue. Un avvenimento, presentazione dell’opera al Teatro to all’illustre attrice parole di cal­ nel Teatro italiano, così poco fre­ del Casino, entro il febbraio 1951. da ammirazione e di infinita de­ quente, anzi cosi eccezionale — vozione, e quello squisito poeta dopo Pirandello — che non può che è Guglielmo Zorzi ha ricor­ non inorgoglire. Ora La torre sul LA GIURIA ì FORMATA dato una recita lontana della Duse pollaio passa dalla ribalta allo ERMANNO CONTINI - GIOVANNI a Bologna, nella Gioconda di schermo, col titolo Strano appun­ D’Annunzio, nella quale Emma tamento e per la sceneggiatu­ MOSCA - REMIGIO PAONE - ELI- era la Sirenetta, e con la sua infi­ ra oltre che dello stesso Calvino, GIO POSSENTI - E. FERDINANDO nita indimenticabile grazia diceva di A. G. Majano e D. A. Hainza, PALMIERI - RAUL RADICE - LO­ la storia delle sette sorelle che per che del film è regista. La lavora­ filare tramare cucire imbandire, zione della pellicola è già iniziata RENZO RUGGÌ - LUCIO RIDENTI - volevano fuso, spole, coppe d’oro, a Roma, per conto della Casa di ORIO VERGANI mentre l’ultima, per cantare, can­ produzione Ardire di Genova, ne- Segretario: MARIO SO OLIANO gli Stabilimenti De Paolis. Prota­ & Fino ad ora sono state date no­ Registi della formazione sono Gui­ gonista, Umberto Spadaro; altri tizie a volte confuse, a volte ine­ do Salvini e Luigi Squarzina. Ma interpreti: Clara Auteri, Marina satte, sulla Compagnia del « Tea­ Gassmann si è assunto la regìa del Bonfìgli, Mario Ferrari, Lauro tro Nazionale» che.agirà a Roma, Peer Gynt, del quale sarà anche Gazzolo, Enrico Glori, Gianni Glo­ al Teatro Valle. Finalmente tutti protagonista. E Jeanne et ses juges, ri, Leda Gloria, Stefano Guarnieri, i dati precisi sono stati forniti a nuova storia di Giovanna d’Arco di , Clelia Matania, Paul Raul Radice per « L’Europeo ». In­ cui interpreterà la parte Mailer, Rossana Podestà, Nico formiamo quindi i nostri lettori a principale, sarà allestita da Rossel- Pepe, Gianna Pacetti, Carlo Ro­ mezzo di quel settimanale. Dice lini, che farà il suo primo esperi­ mano, Gino Saltamerenda, Olga Radice che « nella parte ammini- mento di regista di teatro. Solbelli, Enzo Stajola. stativa e propagandistica, il ” Tea­ La Compagnia ha già provveduto tro Nazionale ” ha come collabo­ all’impianto di uno studio sceno­ ■ Dalla lettera di un nostro ami­ ratori Emilio Amendola e Sergio grafico e intende avvalersi di una co attore che abita a Roma: «Ve­ Sirolesi ». Bene. A noi sembra che sartoria sua propria. In essi Ve­ nerdì 13 Renzo Ricci ha dato questi due signori non siano an­ rnerò Colasanti, Giulio Coltellacci, Spettri di Ibsen, con ottocento- cora tanto « nella parte » in fatto John Moore, Gianni Ratto, po­ mila lire di incasso. E poi scri­ di « propaganda » a meno che par­ tranno attendere alla traduzione vono che c’è la crisi del teatro. ticolari ragioni che ignoriamo pratica dei loro bozzetti e figurini. C’è la crisi del teatro inutile, ecco spingano i suddetti ad ignorare la cosa c’è ». Stabilito l’avvicendamento degli nostra Rivista. Comunque « pren­ spettacoli (se ne allestiranno quat­ ■ Il « Piccolo Teatro di Roma » dendo il bene dove lo si trova » tro alla volta, e le recite alternate avrà in questa Stagione Teatrale, « L’Europeo » scrive che « la com­ sostituiranno la consuetudine delle sede stabile al Teatro delle Arti. pagnia si intitola ” Teatro Nazio­ repliche in continuazione) verran­ Lo dirige, come è noto, Orazio nale diretto da Guido Salvini, con no adottati nuovi procedimenti nel­ Costa. Vivi Gioì, Vittorio Gassmann, Mas­ la vendita dei biglietti. Agli abbo­ simo Girotti ed Edda Albertini ”. namenti alle prime, già praticati ■ La Commissione d’esame ha Oltre ai quattro attori principali altrove con ottimo risultato (è una ammesso al nuovo Biennio della ne faranno parte Arnoldo Foà, An­ specie di scelta che il pubblico fa « Scuola del Teatro Drammatico », tonio Crasi, Carlo D’Angelo, Gian­ di se stesso, una autoelezione che diretta da Giovanni Orsini, i se­ carlo Sbragia, Luciano Mondolfo, ha origini anche mondane ma poi guenti candidati: Amedeo Baratti, Gabriele Ferzetti, Raoul Grassili, si traduce in capacità di giudizio), Massimo Bonazzi, Annibaie Cano­ Vitaliano Ghezzi, Mario Albertazzi, corrisponderanno abbonamenti di ni, Sante Calogero, Pier Angelo Gianni Bonagura, Stella Aliquò, nuovo tipo, alcuni destinati alle Cicoletti, Giuliano Coacci, Paolo Elvi Lissiak, Magda Schirò e Zora persone per le quali il costo nor­ Coin, Giacomo Colli, Mario Enrico Piazza. Ad essi si devono aggiun­ male di un biglietto di teatro è Gardella, Carlo Ghezzi, Elvo Mar- gere, per alcuni spettacoli, Paola oggi troppo elevato. cuccio, Wladimiro Mercanti, Gio­ Borboni e Salvo Randone. Il Teatro Nazionale ha in animo vanni Rosario Monza, Pietro Raf­ Questa nuova formazione si di­ di pubblicare un piccolo giornale ia, Gian Enrico Santamaria, Elsa stingue per alcuni aspetti da quel­ che ne divulgherà la attività ed i Barbieri, Roberta Barbieri, Anna le già esistenti. Essa dispone di un progetti. Poi si adoprerà a dar capitale privato sottoscritto in parti vita a una piccola biblioteca pub­ Brusarosco, Elena Cotta Ramusi- uguali dai suoi principali compo­ no, Ornella Cuscunà, Lucia degli nenti e da un gruppo di amici. blicando in proprio, e vendendole Alessandrini, Maria Teresa Ferra­ Non ha chiesto allo Stato partico­ in platea, le commedie delle quali ri, Anna Goggi, Leda Valli, Wilma lari sovvenzioni (1) e confida di si è assunta la rappresentazione. Peruzzetto, Carla Petrini, Franca poter chiudere la prima gestione, La prima recita, non intervenendo Rebosio, Maria Pia Rosignoli, Ro­ prevista da dicembre a maggio, con contrarietà, è fissata per la sera setta Sibille, Franca Strano. un consuntivo artistico e finanzia­ dell’8 dicembre ». La Commissione era costituita da rio attivo. H Nel n. 88 di « Il Dramma » del Giuseppe Bevilacqua, Sabatino Lo­ Il repertorio verrà suddiviso in due 1? luglio 1949 col titolo II teatro pez, Carlo Lari, ed hanno consta­ cicli di quattro commedie ognuno. italiano visto da uno straniero pub­ tato come il luogo d’origine dei Per la scelta figurano nel primo blicammo un interessante articolo molti aspiranti (oltre duecento Anna dei mille giorni di Maxwell del critico e regista Eric Bentley provenienti da ogni classe sociale), Anderson, Peer Gynt di Ibsen, De­ sulle condizioni della nostra scena formasse una rosa di tutte le Re­ tective Story di Kingsley, Romeo di prosa. L’articolo proseguiva poi gioni d’Italia. I trenta allievi am­ e Giulietta di Shakespeare, Il se­ sconfinando nel campo del teatro messi ai Corsi riflettono i su no­ duttore di Diego Fabbri. Nel se­ di rivista e noi, non ritenendo che tati caratteri, riassunti e dimo­ condo figurano Jeanne et ses juges tale appendice fosse di particolare strati dai seguenti dati: lombardi di Thierry Molnier, Cirano di Ber- interesse e opportunità, omettem­ 12, liguri 5, veneti 4, piemontesi gerac di Rostand, The big knife di mo di pubblicarla. Del che, per 2, emiliani 2, marchigiani 2, sici­ Clifford Odets, Il dramma di Mar­ il gentile interessamento di Pao­ liani 3. Il nucleo ragguardevole gherita (dal Primo Faust di Goe­ lo Grassi, che spontaneamente ci degli aspiranti liguri deve attri­ the) e Cristoforo Colombo di Al­ denunciò alla rivista « Teatro » buirsi, secondo la testimonianza berto Savinio. Oltre a questi lavori come giornalisti scorretti, ebbe a dei candidati stessi, al ricordo del­ la direzione ha in lettura altre recriminare il Bentley. la Orazia dell’Aretino al Pic­ commedie di autori italiani per le Informiamo ora Paolo Grassi e co­ colo Teatro Duse di Genova, nel­ quali si riserva di decidere. loro che eventualmente ne aves­ l’interpretazione della Scuola del il) Dio sia lodato; Eduardo ha fatto sero curiosità, che la parte man­ Teatro Drammatico. scuoia. cante dell’articolo di Eric Bentley è stata pubblicata dalla rivista «Teatro» (n. 18 del 20 ottobre 1950). Presto o tardi in Italia si stampa tutto, comprese le virgole e le righe tagliate. ■ La comunicazione fatta, giorni fa, da A. Fortini al Circolo cultu­ rale di Todi, sul ritrovamento — da lui effettuato — di una lauda inedita di Jacopone da Todi è de­ stinata a suscitare molta curio­ sità nel mondo degli studi lette­ rari. Stando ad alcuni documenti del 1287 e ’88 venuti adesso alla SOTTOSCRIZIONE PERMANENTE PER LA CASA luce e nei quali Jacopone appare come teste, risulta che Jacopone DI RIPOSO DEGLI ARTISTI DRAMMATICI trascorse un certo periodo della sua vita religiosa nel convento di 0UIHDIGESIMO ELENCO DEL TERZO MILIONE San Francesco d’Assisi, prima co­ me lettore e dopo come sacrista. All’inaugurazione del nuovo teatro di Remigio Paone, il « Teatro Fu in quel tempo che religiosi di via Manzoni » a Milano, gli spettatori erano tutti invitati, dello stesso convento dovettero dunque in casa di Italia e Remigio Paone. Alcuni amici tra gli raccogliere — secondo il Fortini — intimi hanno voluto fare omaggio ai padroni di casa di un sim­ probabilmente dalla bocca dello bolico fiore, dando a noi, per la Casa di Riposo, queste somme: stesso autore, la lauda adesso rin­ venuta in un fascicolo, inserito in Renato Perugia...... L 3.000 una miscellanea formata con fram­ Anita Freud ...... » 3.000 menti di altri codici manomessi, Guido Sacerdote...... » 3.000 appartenuto in origine ad una rac­ Franco Li boriati ...... » 3.000 colta di laude iacoponiche. Gino Caimi...... » 3.000 Vanda e Alberto Bianchi...... » 3.000 ■ Nel fascicolo scorso, pubblican­ Graziano Levi...... » 5.000 do la lettera di Daniele d’Anza per Ettore Tagliabue...... » 10.000 l’aiuto dato — con spirito di fra­ Maria Rosa e Guido Aymorte Marsan . » 5.000 terna solidarietà — dai compagni Enrico Viarisio...... » 1.000 Gianni Agus...... » 1.500 d’Arte, e da amici di questi, alla Renato Libassi...... » 1.0C0 sorella del povero Mario Gallina, Biscaretti di Ruffia ...... » 1.000 morto a Milano improvvisamente, Enrico Remmert...... » 1.000 abbiamo scritto « se il Ministero Franz Di Biase...... » 2.000 potesse fare qualche cosa, sarebbe Lalla e Luigi Visconti Duchi di Grazzano » 10.000 quella che si dice una ” salvazio­ Remigio Paone...... » 50.000 ne ” ». Ebbene, con l’uguale soli­ Lucio Ridenti...... » 3.000 darietà dei compagni d’Arte, im­ invìi consueti alla sottoscrizione mediatamente, e quindi prima che la nostra invocazione fosse letta P'aolo Raviglia...... L. 2.000 Gian Francesco Luzi...... » 1.000 dalla Direzione ' Generale per il V. M. di Carignano (Torino) per onorare Teatro, la famiglia Gallina ebbe la memoria di Maria Melato . . » L000 — per disposizione dell’on. An- Arnaldo Prati, Milano, in cambio di dreotti — la somma di duecento- un nostro catalogo...... » 200 mila lire. Francesco Vannucci - Firenze . . . » 100 Aggiungiamo, con la nostra grati­ tudine, che data la riservatezza Somma complessiva L. 112.800 della cosa e per riguardo stesso Somma precedente L. 968.590 alla famiglia Gallina, non avrem­ mo pubblicato la notizia, ma aven­ Somma totale a tutt’oggi L. 1.081.390 dolo già fatto « La Commedia del­ l’Arte », organo del Sindacato de­ Il « terzo milione » è già superato di L. 81.390. Il prossimo elenco gli Artisti drammatici, il comuni­ sarà il primo del QUARTO MILIONE. Quanto sia dolce al carlo ci sembra doveroso anche da nostro cuore poter allineare cifre di sei zeri di anno in acino, parte nostra. per il bene materiale della Casa di Riposo, sanno quelli che ci Dalla stessa « Commedia dell’Ar­ conoscono ed hanno capito coloro che non ci conoscono. Noi te » (n. 20, del 16 ottobre) appren­ dobbiamo continuare, con l’aiuto di tutti, questa assistenza ma­ diamo che ad Annibaie Betrone e teriale — che è anche e soprattutto morale — per i vecchi Bella Starace Sainati, per la loro compagni dell’Istituto di Bologna. Nel fascicolo del primo ot­ infermità, la Direzione del Teatro tobre abbiamo fatto appello a tutte le Compagnie (leggi il ha concesso la stessa somma a « Diario »: sono 22) affinchè, riunendosi, diano tutti qualche cosa. ciascuno, come per la famiglia Se questo avverrà, come speriamo fermamente, avremo risolta, Gallina. La nostra riconoscenza è anche per questo inverno, la non piccola preoccupazione del sempre maggiore. Ad Annibaie riscaldamento. Attendiamo le prime somme — che devono essere Betrone e Bella Starace Sainati mandate a noi — e siamo certi che verranno. auguri più che fraterni. IN VENDITA IN QUESTI GIORNI

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W. A. Darlington: THE ACTOR AND HIiS AUDIENCE, Phoenix Park, London, 1949. Le qualità di un attore si misu­ rano in rapporto all’accordo, più o meno profondo, che si viene a sta­ bilire fra lui e il suo pubblico. Con quali espedienti l’attore fa nascere nell’animo dello spettatore quella condizione di ricettività e di colla­ borazione attiva onde è come.molti­ plicata l’efficacia della sua recita­ zione? Come si può spiegare questo fenomeno che riunisce in fervida co­ munione alcune centinaia di persone raccolte dal caso in una serata a teatro? Queste e altre sono le do­ mandò' alle quali W. A. Darlington cerca di dare una risposta esauriente cercandola nella vita e nell’arte dei più illustri attori inglesi, da Burbage a sir Henry Irving. L’ingenuità e la passione dello spet­ TEATRO tatore insieme col progressivo raffi­ narsi della sua cultura consentono al­ l'attore di dar la prima misura del D’AMERICA suo talento. I periodi di decadenza dell’interpretazione drammatica sono DI infatti precisamente caratterizzati in­ sieme dall’ignoranza dell’attore e dalla mancanza d’ingenuità e di passione dello spettatore. Il pubblico elisabet­ tiano, col suo gusto per le storie complesse e avventurose, le buffonerie comiche e i bei versi, ha fornito a Shakespeare e ai suoi interpreti il Ricca d’informazione di prima mano organizzata ed esposta in mezzo di esaltare esaltandosi. Dinan­ forma stilisticamente agile e piacevole seppur governata da una zi a un tal potenziale di emotività e rigorosa attenzione critica, quest’opera presenta PER LA PRIMA. di suggestionabilità alleati a un sen­ so vivissimo del palcoscenico, Burga- VOLTA IN ITALIA la panoramica completa della letteratura ge — per esempio — afferma la pro­ drammatica americana dalle sue origini ad oggi, dal 1598 al 1950. pria grandezza pur rimanendo sem­ pre al di qua delle sue possibilità Pur conservando le caratteristiche razionali di uno strumento espressive: la sua forza è tutta inte- di lavoro indispensabile a quanti si occupano professionalmente teriore, non deborda mai. La frattura di teatro e di cultura teatrale, questo libro è stato scritto per operata nella tradizione dalla dittatura di Cromwell, il quale la bandì per un tutti coloro che amano nel teatro l’avventura del pensiero, che certo tempo dalla vita nazionale, po­ vedono nel teatro una compiuta espressione di umanità. E’ un trebbe spiegare la mediocrità dell’arte drammatica del periodo della Restau­ libro di cultura che si può leggere come un’opera di narrativa: razione: mediocrità di pubblico, la cui informa tutti senza annoiare nessuno. cultura teatrale è sempre più preca­ ria e che non può pertanto soppor­ tare la violenza scespiriana; medio­ crità dell’attore nel quale la contenu­ tezza e l’autocontrollo dei suoi pre­ decessori sono diventati manierismo bizantino e magniloquente. Onde biso­ gnerà attendere Gavrick per rendere al pubblico londinese il gusto del « naturale », il gusto di un teatro sce- spiriano meno edulcorato se non ad­ VOLUME MI DELLA COLLANA • EDIZIONE DI “ i L DRAMMA" dirittura meno espurgato. Questo « naturale » d’altra parte non è un dato fisso, ma è ciò che tale ^ Josè Ferrer, il notissimo attore appare agli spettatori di una certa americano, racconta la vera storia epoca e che ad essi vien imposto dalla personalità dell’attore, vale a del guanto nero che calzò quando dire dalla sua potenza di suggestione. esordi come Jago neìl’Otello di Secondo W. A. Darlington sono la Shakespeare. capacità di personificazione, la pro­ — Dovete sapere — dice Ferrer fondità di concentrazione e soprat­ — che Margaret Webster e altri tuto il magnetismo personale che fan­ no il grande attore. Rimane però da esperti di interpretazioni scespiria- dire, anche se non lo dice W. A. Dàr- ne mi vennero a trovare in came­ lington, che le qualità suaccennate rino per congratularsi non solo sono altresì quelle che spiegano il della mia caratterizzazione in ge­ successo di un improvvisatore da nerale ma, in particolare, di quel «music-hall»; infatti il magnetismo tocco di colore col quale, secon­ personale di Henry Irving potrebbe forse bastare a salvare le sorti d’un do loro, ero riuscito a simboleg­ testo privo di valore. D'accordo, dun­ giare i lati cattivi del carattere del que, a deplorare con Darlington la mio personaggio, mentre l’altra rivoluzione operata in Inghilterra da mano, rimasta nuda, rappresenta­ Bernard Shaw e l’apparizione del va quelli buoni. Ringraziai e conti­ teatro di Ibsen che l’autore rende re­ nuai a calzare il guanto per tre sponsabile della scomparsa del « Mo­ stro di genio », il nostro « Mattatore ». settimane. Poi me ne sbarazzai. Se è vero che il « Teatro di idee » ha E Margaret Webster: reso impossibile gli sfoghi passionali >f: Alla inaugurazione del Teatro di — Perchè, Ferrer, non portate più dell’attore, gli si deve perlomeno dare via Manzoni a Milano, l’avvocato quel vostro guanto così pittoresco atto d’avere restituito agli attori il Libonati — un fraterno amico di ed espressivo? senso del lavoro collettivo. Paone — diceva: « Remigio mio — Il dito che m’ero fratturato, W. G. Moore: MOLIEre, A NEW CRI- questo teatro è troppo bello; mi fa Margaret, è ormai completamente TIC ISM, Oxford, Clnrendon FTess, paura ». guarito. 1949. — Che dici? e perchè? L’autore vede in Molière soprattut­ — Troppo stringato, perfetto: bi­ & Amilcare Pettinelli, un attore to un direttore di teatro e un attore sognava aiutare un tantino il pub­ che oggi si occupa di doppiaggio dì formatosi alle fonti tradizionali della film, fu per molti anni attor gio­ farsa francese e della commedia del­ blico con qualche cosetta banale. vane con Ruggeri, ed era bravo, l’arte. E’ pertanto dal punto di vista Se qui si mette in soggezione, sia­ aitante, spadaccino, sempre inna­ dell’azione e del comico che W. G. mo rovinati. morato. Ruggeri gli voleva bene Moore cerca di spiegare al suo lettore per tutte queste qualità, e quando l’opera originale di Molière senza r|< Ci hanno raccontato questo Pettinelli era « travolto » da una pretendere di esporre o comunque di aneddoto, che è vero. « Non lo pub­ discutere gli studi e le critiche fatte nuova passione (gli accadeva sin qui sull’opera di Molière. blicare — ci ha detto Onorato — spesso) e scappava di Compagnia, « Sintesi esatta » degli studi su Mo­ perchè Carlo Lombardi si arrab­ ritornando dopo pochi giorni, Rug­ lière — che il primo capitolo riassu­ bia » ; ma Carlo Lombardi è un gero lo perdonava. Allora Pettinelli me in maniera precisa seppur non eccellente attore, un ottimo amico completa — questo libro si oppone si faceva umile e riconoscente e alle teorie universitarie che tendono e un uomo di spirito che non si accompagnava Ruggeri a spasso in a spiegare Molière attraverso la sua arrabbia. quei pomeriggi interminabili di biografìa o attraverso la filosofia che Dunque, al ricevimento a Emma provincia — la provincia di trenta traspare dalle sue opere. Studiando Gramatica a Roma (se leggi li anni fa — che i vecchi attori non in Molière l'intepretazione dell’attore, hanno dimenticata. E quando ora il suo stile, la sua ironia, la sua sa­ « Diario » saprai tutto) Onorato in­ tira, la sua poesia. Studi fondati su contra Lombardi. domandano a Pettinelli qualche altrettante analisi approfondite dalle — Che fai tu qui? cosa di Ruggeri, risponde: sue commedie. W. G. Moore ci viene — Mi piaceva molto andare a spas­ a dimostrare quanto poco sappiamo — Faccio parte della Compagnia so con lui; la gente diceva, voltan­ di ciò che in realtà pensava Molière; di Emma Gramatica e come tutti dosi: quello è Ruggeri. E qualche sarebbe assurdo considerare Philinte, gli attori sono invitato. volta, aggiungevano: quello che Cléante eccetera come i suoi « porta- — Gli attori — replica Onorato parola » in quanto questi personaggi l'accompagna forse è Pettinelli. sono soltanto « pendant » ai personag­ — ma tu? — Poi, andandosene: gi maniaci, Harpagon, Alceste: entra­ — Be’, Lombardi, resta ugual­ # Un giovane attore, facendo te­ no nell’economia dell’opera per otte­ mente, va! soro degli insegnamenti della nere ad essa l'effetto drammatico e scuola di recitazione, dove gli non per esporre una filosofia. Molière Diana Torrieri conversa con Bra- riempivano i tubi con la faccenda non s’è prefisso altro scopo che quello gaglia. « Ho nostalgia della jun­ di scandire, scandire bene le pa­ di piacere al pubblico e l'ha ottenuto gla », dice. role, scandire sempre, appena en­ in quanto ne aveva quel genio senza — Perchè? ci sei stata? — doman­ di cui nulla della sua attività può trato in arte, parla a martellate. essere spiegato. da meravigliato Anton Giulio. Terrorizzato Ernesto Sabbatini gli Questa che abbiamo esposta è la — No, mai. dice: linea seguita dallo studio del Moore, — E allora che nostalgia puoi — Figlio mio, ma tu non parli; il quale rivela una profonda conoscen­ avere? costruisci con le battute insegne za del pensiero francese e dell’opera — Che discorsi — replica Diana di negozi. di Molière, una comprensione assai arrabbiata — con te non si può sottile dell’argomento e offre al lettore parlare, non si può dire niente, non osservazioni interessanti sulle diffe­ Proprietà artistica e letteraria riservata alla renti concezioni del comico presso i si può avere nemmeno una nostal­ Soc. Editrice Torinese - Corso Valdocco, 2 - francesi e presso gli inglesi. gia. Che uomo impossibile, mio Dio! Torino - LUCIO RIDENTI: Direttore responsabile 13, r a d io °^re a^ appass^°nato ^ teatr° un panorama compiuto dell’arte drammatica di tutti i tempi e di tutti i paesi

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