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CaleidoscopioI t a l i a n o

Manolo Beelke, Paola Canovaro Franco Ferrillo

Il sonno e le sue alterazioni

Direttore Responsabile Sergio Rassu 167 ... il futuro ha il cuore antico MEDICAL SYSTEMS SpA M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

II Caleidoscopio CaleidoscopioI t a l i a n o

Manolo Beelke, Paola Canovaro Franco Ferrillo Cattedra di Neurofisiopatologia - Università degli Studi di Genova

Il sonno e le sue alterazioni

Direttore Responsabile Sergio Rassu 167 ... il futuro ha il cuore antico MEDICAL SYSTEMS SpA ISTRUZIONI PER GLI AUTORI

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R.A.H.P. sas Via Pietro Nenni, 6 07100 Sassari CaleidoscopioI t a l i a n o

Editoriale

l sonno, e le sue alterazioni, è un tema sconosciuto a molti di noi, pur essen- do oggetto di frequenti domande da parte dei nostri malati e l’insonnia un pro- Iblema medico di rilevanza epidemiologica notevolissima. Questa conoscenza superficiale del tema risulta evidente già nel prendere visione dell’indice di questa monografia dove il generico tema dell’”insonnia” trova una articolazione ben più rappresentativa della realtà che va dai disturbi del ritmo circadiano sonno-veglia (fase di sonno ritardata, anticipata, jet lag, sindrome del turnista) alle dissonnie (insonnie primarie e secondarie, ipersonnie) alle parasonnie ed alle relazioni che esi- stono tra il sonno, i suoi disturbi, e le malattie neurologiche, psichiatriche ed interni- stiche. Questa monografia può rappresentare un utile momento di aggiornamento su un tema estremamente stimolante sia dal punto di vista medico scientifico che, in gene- rale, culturale anche perché lo stile pragmatico e sintetico che la caratterizza, rende la lettura piacevole e stimolante. Gli Autori, come tradizione, costituiscono una delle Scuole principali a livello non solo nazionale ma anche internazionale, sul tema del sonno e delle sue altera- zioni.

Il dottor Manolo Ernesto Beelke dopo la laurea in Medicina e Chirurgia, ha seguito un periodo di formazione teorico-pratica al Centro di Medicina del Sonno dell’Università degli Studi di Genova. Ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Medicina del Sonno presso la Clinica Neurologica dell’Università degli Studi di Bologna. Autore di numerose pubblicazioni è membro della European Sleep Research So-ciety (ESRS), dell'Associazione Italiana di Medicina del Sonno (AIMS), della Società italiana di Neurologia (SIN) e della Società italiana di Neurofisiologia Clinica (SINC).

La dottoressa Paola Canovaro, dopo aver conseguito il diploma di laurea in Medicina in Chirurgia presso l’Università degli Studi di Milano e quello di specia- lizzazione in Neurofisiopatologia presso l’Università degli Studi di Genova ha lavo- rato in veste di consulente presso il Reparto di Neurologia dell’Ospedale San Raffaele di Milano quindi come Professore a contratto presso la Scuola Regionale

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per operatori sociali di Milano, quale docente di Neurologia.. La dott.ssa Canovaro ha maturato una notevole esperienza presso l’ambulatorio di Medicina del Sonno, nell’esecuzione e refertazione Polisonnografie e MSLT. La dottoressa Canovaro è, inoltre, autrice di diversi articoli.

Il Prof. Franco Ferrillo, caposcuola di questo gruppo, dopo la laurea in Medicina e Chirurgia ha conseguito la specializzazione in Criminologia Clinica presso l'Uni- versità degli Studi di Genova, quindi quella in Neurologia presso l'Università degli Studi di Parma ed in Neurofisiopatologia presso l'Università degli Studi di Genova. Ha ricoperto l'incarico di contrattista universitario presso l'Istituto di Neurochirurgia dell’Università di Genova e Ricercatore confermato presso l’Istituto di Clinica Neu- rochirurgica dell’Università di Genova per assumere il ruolo di Professore Associato di Neurofisiopatologia presso il Dipartimento di Scienze Motorie. Attualmente è Responsabile del Centro di Fisiopatologia del Sonno presso il Dipartimento di Scienze Motorie. Socio fondatore dell’Associazione Italiana Medi- cina del Sonno, si è interessato dell’analisi computerizzata del segnale EEG in diver- se condizioni funzionali fisiologiche, patologiche e farmacologiche e dello sviluppo di sistemi di analisi e comparazione, dello studio della struttura e della microstruttu- ra dell'EEG del sonno umano con tecniche di analisi computerizzata, sviluppo di mo- delli matematici della struttura ipnica in condizioni fisiologiche, utilizzabili per stu- diare le modificazioni indotte da situazioni patologiche. Ha studiato inoltre i rapporti tra sonno ed epilessia con particolare riguardo all’in- terazione fra elettrogenesi delle componenti del segnale EEG di sonno e le Attività Intercritiche. Il Prof. Ferrillo è membro della European Sleep Research Society e par- tecipa regolarmente all’attività scientifica e congressuale del settore d’interesse con contributi, relazioni e coordinando sessioni. E’, infine, autore di oltre 150 pubblica- zioni nel settore in gran parte su riviste indicizzate, monografie e capitoli di trattati.

Sergio Rassu

4 Caleidoscopio M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni Il sonno normale

Il sonno è una funzione biologica elementare e un terzo della nostra vita viene speso in sonno. Come l’alimentazione e la riproduzione è una funzio- ne necessaria ed indispensabile per tutti gli esseri viventi ed è indubbio che durante il sonno avvengano eventi importanti dal punto di vista biologico quale il ristoro delle forze, delle energie fisiche e mentali. Numerose teorie (tabella 1) identificano la funzione del sonno nel recupero fisico, nella facili- tazione delle funzioni motorie, nel consolidamento dell’apprendimento della memoria. E’ ormai noto che le infezioni sistemiche attivano numerose citochine, molte delle quali hanno un effetto sul sonno [1, 2, 3]. La natura e la funzione di questa relazione sonno/infezione/immunità non sono tutta- via ancora state chiarite. E’ stato inoltre dimostrato che i neuroni termosen- sibili dell'ipotalamo preottico/anteriore influenzano il sonno e la veglia, mentre la deprivazione totale di sonno negli animali da esperimento porta a gravi anomalie della termoregolazione [4, 5].

- Ristoro - Conservazione dell’energia - Ecologica - Immunologica - Termoregolatoria - Protezione nei confronti dell’upregulation - Integrità neuronale (delle sinapsi e delle reti)

Tabella 1. Possibili funzioni del sonno.

Gli animali da esperimento deprivati di sonno muoiono in poche settima- ne in seguito al sopraggiungere di un’incapacità di mantenere la reg o l a z i o n e della temperatura corporea, dopo una perdita importante di peso, non com- pensata dall’aumentato apporto di cibo [6]. La privazione di sonno negli umani provoca sonnolenza, senso di fatica, irritabilità prog r essivamente più intensa, e grosse difficoltà nel mantenimento della concentrazione e nell’abi- lità manuale. Sono presenti inoltre disturbi percettivi, difficoltà d’orienta- mento, illusioni ed allucinazioni, soprattutto visive e tattili. Il rec u p e r o del sonno avviene in tempi brevi, senza un rapporto temporale diretto con il tempo di deprivazione totale del sonno [7]. Bisogna tuttavia ammettere che il significato profondo della funzione sonno è tuttora largamente sconosciuto.

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Gli inizi della scienza del sonno

Già dai tempi remoti dell’umanità i misteri del sonno hanno affascinato poeti, artisti, filosofi e mitologi di tutte le civiltà. Spesso il sonno veniva interpretato come uno stato dell’essere più vicino alla morte che alla veglia. Sonno e veglia, i due processi base della vita, sono come due mondi diffe- renti, dotati di controlli e funzioni indipendenti. Il sonno è stato però sempre solo inteso, fino alla metà del XX secolo, come uno stato passivo di assenza della veglia; ancora nel 1830 Macnish [8] definiva il sonno come una sospen- sione delle facoltà sensoriali, nel quale le funzioni volontarie sono sospese, mentre quelle involontarie, come la circolazione del sangue e la respirazio- ne, rimangono immutate. Solo alla fine degli anni ’60 si comprese finalmen- te, che esistono due sistemi neurali ampiamente diffusi nell’encefalo, l’uno che favorisce la veglia e l’altro che promuove il sonno: quest’ultimo sistema può esplicare la propria attività solo quando lo stato di attivazione del primo è fortemente diminuita [9, 10]. Il fenomeno del sonno non fu oggetto di osservazioni sistematiche per tutto il XIX secolo, tuttavia importanti scoperte furono fatte già dal fisiologo Kohlschütter, che aveva scoperto che il sonno era più profondo nelle ore ini- ziali e che tale profondità aveva delle oscillazioni cicliche con decadimento esponenziale della massima profondità nel corso del tempo[11] (Figura 1).

tempo (ore) Figura 1. Soglia di risveglio, misurata attraverso la caduta di pesi di massa crescente e da altezze varie (unità di misura migliaia di centimetri- grammo).

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Solo la scoperta dell’elettroencefalografia (EEG), nel 1875 [12], e quella delle onde alfa da parte di Berger [13] permisero di confermare questi dati e di costituire le basi per la ricerca moderna. Rapidamente si scoprirono che differenti fasi del sonno provocavano modificazioni dell’EEG [14]. Tuttavia solo nel 1953 [15], si comprese che il sonno consisteva in realtà di due stati completamente diversi: il sonno senza movimenti rapidi oculari (NREM) ed il sonno con movimenti rapidi oculari (REM, Rapid Eye Movements). Questa scoperta ha rappresentato la svolta decisiva nello studio dei meccanismi neurofisiologici di base del sonno e dei loro correlati clinici.

Meccanismi del sonno e sistemi di regolazione

Il sonno può essere definito come uno stato comportamentale. Esso infat- ti rispecchia mutamenti complessi degli equilibri intracorporei (i processi di autoregolazione del sistema nervoso centrale) ed extracorporei (cambiamen- ti dei rapporti fra ambiente esterno ed interno al corpo e cervello) (Figura 2).

ambiente esterno

ambiente interno

Figura 2. Rappresentazione schematica dell’equilibrio delicato tra sonno e veglia. In entrambi i due stati, il cervello riceve continuamente segnali dal - l’ambiente interno (corpo) ed esterno (ambiente), ai quali il cervello reagisce rinforzando il sonno (protezione del sonno) o svegliandosi (protezione del - l’individuo).

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Il sonno inoltre non è uno stato funzionale stabile ed omogeneo al suo interno, esso rappresenta momenti, variabili nel tempo, di equilibrio dina- mico fra l’attività di diversi sistemi neurali connessi tra loro, in grado di modificarsi a vicenda e di interagire con l’ambiente extraneurale. Variazioni di questo equilibrio si riflettono in variazioni di parametri esplorabili e misu- rabili con metodi elettrofisiologici.

Gli Stadi del sonno

Le tecniche neurofisiologiche hanno permesso di identificare i sistemi neurali che sottendono alle differenti condizioni funzionali che costituiscono il continuum sonno-veglia e quelli attivi nella regolazione; l’applicazione longitudinale di alcune di loro, ed in particolare dell’elettroencefalogramma (EEG), ha consentito l’acquisizione di un quadro sufficientemente preciso della loro attività nel corso del sonno. Sono stati definiti [16] cinque distinti stadi del sonno, riconducibili a due meccanismi fisiologici di base che si alternano. Lo stato di veglia rilassata a occhi chiusi si accompagna, all'EEG, a onde di forma sinusoidale con frequenza da 8 a 12 Hz (ritmo alfa) mista a un'attività rapida a basso voltaggio e di frequenza mista. Quando viene avvertito un senso di sonnolenza e si instaura il primo stadio del sonno, gli occhi possono muoversi lentamente da un lato all'altro (movimenti oculari lenti all’elettro-oculogramma), i muscoli si rilassano e l'EEG assume un vol- taggio progressivamente più basso, con frequenze miste e perdita dell'atti- vità alfa (fase 1). Quando il sonno passa nella cosiddetta fase 2, appaiono salve di onde la cui frequenza è compresa tra 12 e 16 Hz (fusi del sonno o spindles) della durata di 0.5-2 secondi, associate a scariche EEGrafiche costi- tuite da onde lente e ripide trifasiche (denominati complessi K). Le fasi 3 e 4, caratteristiche del sonno profondo (sonno a onde lente), sono caratterizzate a livello EEG da una proporzione crescente di onde delta (0.5-4 Hz) di grande ampiezza (>75 _V). Dopo un periodo di sonno profondo si assiste ad un pro- gressivo alleggerimento del sonno, che ritorna alla fase 2. Lo stadio succes- sivo di sonno è associato ad una riduzione quasi completa del tono musco- lare, eccetto che nella muscolatura oculare estrinseca in cui si osservano salve di movimenti rapidi (Rapid Eye Movement, REM) visibili attraverso le palpebre chiuse. Contemporaneamente l'EEG si desincronizza, vale a dire si osserva attività di basso voltaggio e ad alta frequenza in cui sono presenti rare salve di ritmo alfa rallentato. Le prime quattro fasi del sonno sono defi- nite sonno senza movimenti oculari rapidi (NREM) oppure sonno sincronizzato; l’ultima fase è variamente definita come sonno con movimenti oculari rapidi (REM) o sonno desincronizzato (Figura 3).

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Figura 3. Pagine esemplificative della durata di 30 secondi per i 4 stadi di sonno NREM, il sonno REM e la veglia. EOG, elettrooculogramma; C4- O2 e C3-O2, derivazioni bipolari di segnale EEG delle regioni centrali rispetto a quelle occipitali rispettivamente per destra e sinistra; EMG, elet - tromiogramma del muscolo miloioideo (tono muscolare).

La struttura del sonno

Nella prima parte di una tipica notte di sonno in soggetti giovani e sani le fasi 1, 2, 3 e 4 del sonno NREM si succedono ordinatamente (Figura 4). Dopo circa 70-100 minuti, la gran parte dei quali è costituita da sonno in fase 3 e 4, si verifica il primo episodio di sonno REM, in genere annunciato da un cambiamento della posizione del corpo e da un passaggio nella registrazio- ne EEG dalla fase 4 alla fase 2. Questo ciclo NREM-REM si ripete, circa quat- tro-sei volte per notte (Figura 4), in rapporto alla durata complessiva del sonno. I cicli successivi presentano una progressiva riduzione della compo- nente in fase 4 (che nei cicli tardivi è addirittura assente). Nell'ultima parte di un normale sonno notturno, il ciclo consiste essenzialmente nell'alternar- si di due fasi, il sonno REM e la fase 2 (con fusi e complessi K). La profon- dità del sonno notturno decade quindi in modo esponenziale e nelle prime 4 ore di sonno si consuma l’80% del fabbisogno di sonno (Figura 4).

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Veglia

1

2

3

4

0 1 2 3 4 5 6 7 8 Ore di sonno

Figura 4. Il susseguirsi dei diversi stadi del sonno nell’arco della notte. Questa rappresentazione grafica viene chiamata: ipnogramma.

Il modello a due fattori e la macrostruttura del sonno

Secondo Achermann e Borbely [17] l’alternarsi periodico degli stati di veglia e di sonno dipendono principalmente da due processi: il processo C ed il processo S (Figura 5). Il ritmo circadiano di propensione al sonno (pro- cesso C) presenta una curva caratteristica che vede la crescita continua della propensione al sonno dalle ore 22.00 o alle ore 3.00 del mattino, una propen- sione crescente verso la veglia attiva nel corso della mattinata, un picco secondario di propensione al sonno nelle ore pomeridiane ed una zona di scarsissima propensione al sonno (zona proibita) tra le ore 17.00 e 21.00 (Figura 6). La curva di propensione al sonno appare in stretta relazione con l’andamento della temperatura interna, essendo la massima propensione al sonno coincidente con i valori minimi di temperatura. Il ritmo circadiano di propensione al sonno si armonizza normalmente con un secondo importan- te fattore di regolazione, quello omeostatico (processo S). L’entità del biso- gno di dormire è correlata alla durata della veglia precedente. Viene ipotiz- zata l’esistenza di un fattore omeostatico (processo S) esponenzialmente cre- scente ed in grado di accumularsi nell’organismo durante la veglia, capace di indurre un bisogno di sonno crescente. Nel corso del sonno avverrebbe lo scarico progressivo ed esponenziale del processo S. L’intensità del sonno sarebbe funzione della quantità di processo S accumulato nel corso della veglia. Questa intensità avrebbe un correlato elettroencefalografico evidente nel numero e nell’ampiezza delle onde lente, sincronizzate e registrabili durante il sonno NREM (Figura 7) [17, 18, 19].

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veglia sonno

veglia sonno

7:00 23:00 7:00 Figura 5. Modello del rapporto tra processo S (omeostatico) e del proces - so C (circadiano) nella modulazione del ciclo sonno-veglia. Durante la veglia si accumula il “desiderio” di sonno, che viene “consumato” durante il sonno stesso in un andamento oscillatorio che è rappresentato dal ritmo ultradiano.

vigilanza

7.00 9.00 11.00 13.00 15.00 17.00 19.00 21.00 23.00 1.00 3.00 5.00 7.00

sonnolenza ore della giornata

Figura 6. Curva della sonnolenza nelle 24 ore (linea continua) ed oscilla - zioni del ritmo ultradiano di giorno e di notte. La curva della sonnolenza è il risultato finale dell’azione di tutti e tre fattori modulanti: processo omeo - statico, ritmo circadiano e ritmo ultradiano.

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Figura 7. Il profilo della banda delta nell’arco del sonno notturno rispet - to alla profondità del sonno espressa in termini di stadi. La potenza della banda delta oscilla con una ciclicità di circa 90-120 minuti (linea continua fine rappresenta i valori originali, la linea continua spessa il suo andamen - to idealizzato). I picchi di potenza della banda delta decadono però in modo esponenziale, riducendosi del 70% dopo circa 5 ore di sonno (linea tratte - giata fine).

Il ritmo ultradiano del sonno

Il ritmo ultradiano del sonno può essere registrato come attività elet- troencefalografica del cervello e si presenta come un ciclico oscillare della potenza dell’attività delta, segno del grado di sincronizzazione delle cellule corticali [19]. In questo scenario, un’altra sostanza acquisisce un ruolo di regolazione: l’adenosina. L’Adenosina, un nucleoside endogeno, riccamente distribuito nel cervello tende ad accumularsi nello spazio extracellulare a livello dell’ipotalamo durante la deprivazione di sonno, inibendo progressi- vamente l’attività dei neuroni colinergici. Nel momento in cui alla sonno- lenza segue il sonno NREM (la cosidetta fase “consumatoria” del sonno), la concentrazione di Adenosina si riduce rapidamente (“viene consumata”) in proporzione alla quantità di onde lente prodotte dal sonno NREM [20]. Il decrescere dell’attività sincronizzata nel corso del sonno avviene in maniera progressiva ma non continua. Periodi progressivamente più lunghi di sonno desincronizzato (sonno REM) modulano questo processo. Recentemente è stato individuato un neuropeptide l’ipocretina o orexina, prodotto da una ristretta popolazione di cellule ipotalamiche soggette a influenze circadiane

12 Caleidoscopio M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

ed ultradiane; esso regolerebbe l’equilibrio fra sistemi colinergici e adrener- gici, governando così la propensione al sonno e l’alternanza di sonno NREM e REM; una sua carenza sarebbe responsabile delle turbe del ritmo sonno veglia e dell’equilibrio fra REM e NREM riscontrabile nella narcolessia [21, 22]. L’insorgenza periodica di sonno REM, secondo lo schema proposto da McCarly e Hobson [23, 24, 25] sarebbe dovuta all’interazione fra i sistemi REM-on e REM-off, legati fra loro da un rapporto reciproco di inibizione ed eccitazione ed autoeccitazione ed autoinibizione in bilanciamento continuo (Figura 8). La regolazione del ciclo sonno–veglia e la modulazione interna del sonno tra REM e NREM sarebbero quindi interpretabili come la risul- tante dell’interazione tra tre ritmi: circadiano, omeostatico ed ultradiano. Il ritmo circadiano determina le zone temporali di inizio e fine di sonno, quello omeostatico l’intensità del sonno stesso e il ritmo ultradiano infine è in grado di reg o l a r e l’alternarsi di cicli di sonno NREM-REM. L’interazione di tutti e tre i fattori ha come conseguenza il fatto che le oscillazioni tra sonno NREM e REM si presentano con un decremento prog r essivo nel corso della notte dell’intensità dei fattori che inducono il sonno NREM rispetto alla cre- scita inversa di quelli che promuovono il sonno REM, comportando il pro- gr essivo aumento della durata di quest’ultimo. L’azione di questi meccanismi di base si riflette nella struttura elettroencefalografica del sonno (Figura 7).

REM-Off REM-On

Nucleo peduncolopontino nucleo tegmantale laterod o r s a l e Rafe dorsale serotonina Formazione ret i c o l a r e del tron c o Locus cerul e u s (n o r a d re n a l i n a )

Orexina Regione preottica ve n t r olaterale dell’ipotalamo

FLIP-FLOP

NREM REM

sonno veglia

Figura 8. Rappresentazione schematica del rapporto tra i centri che indu - cono la comparsa di sonno REM (REM-on) e quelli che bloccandoli favori - scono la comparsa di sonno NREM (REM-off). Questo sistema viene ulte - riormente rogolato dal neuropeptide orexina creando un sistema oscillante tra sonno REM e NREM ed un altro a scatto, senza passaggi intermedi tra sonno e veglia (sistema FLIP-FLOP).

Caleidoscopio 13 M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

Neurofisiologia del sonno

Non vi è una singola specifica area del sistema nervoso che controlla tutte le manifestazioni dei tre stati, di veglia, sonno REM e sonno NREM. E’ inol- tre errato pensare che certe parti del sistema nervoso siano attive in uno stato e quiescenti negli altri due. Infatti, quasi tutte le parti del sistema nervoso sono attive in tutti e tre gli stati, ma lo sono in modo diverso. Questo è pos- sibile perché oltre alle varie connessioni fra le diverse strutture secondo rap- porti di sinergismo o d’inibizione, esistono nella stessa struttura anatomica gruppi neuronali attivi in veglia e altri nel sonno. Varie sostanze, inoltre,che promuovono il sonno, agiscono su diverse reti neurali e possono essere responsabili della generazione del sonno in diverse condizioni: la depriva- zione di sonno, le infezioni sistemiche, ecc. In generale, i generatori della veglia sono diffusamente localizzati nel tronco, soprattutto a livello del siste- ma reticolare attivatorio, quelli del sonno NREM nel bulbo e nel proencefa- lo basale e quelli del sonno REM nel ponte e nel proencefalo basale. La deter- minazione dello stato è il risultato delle intrerazioni tra molteplici reti neu- rali, neurotrasmettitori ed una varietà di diversi fattori che inducono il sonno o la veglia.

Regolazione del ciclo sonno-veglia Il ritmico alternarsi tra sonno e veglia viene regolato dall’azione del nucleo sovrachiasmatico che riceve stimolazioni, in rapporto al ciclo luce- buio, attraverso la via retino-ipotalamica. La regolazione del ritmo circadia- no del ciclo sonno-veglia richiede, inoltre, una sinergica azione da parte della melatonina, che viene prodotta dalla ghiandola pineale con un picco durante le prime ore di sonno. La sua sintesi è stimolata dalla produzione della serotonina durante il giorno e modula all’interno del nucleo sovra- chiasmatico l’attività di alcuni gruppi neuronali. Il ritmo è sincronizzato sulle 24 ore in alternanza luce-buio, su 25 ore invece in condizione di assen- za di stimoli luminosi esterni.

Regolazione della veglia La veglia è controllata da un insieme complesso e ridondante di sistemi in cui nessuno svolge un ruolo indipendente. La formazione reticolare, loca- lizzata a livello del tronco enecefalico, costituisce un insieme a proiezione diffusa che gioca un ruolo preponderante nell’attivazione corticale che carat- terizza lo stato di veglia. Le proiezioni principalmente implicate nell’attiva- zione corticale sono costitute dalle connessioni con i nuclei non specifici del talamo, con l’ipotalamo postero-laterale e da una terza via pontobasale-cor- ticale (Figura 9). Dal punto di vista neurochimico il neuromediatore essen- ziale del sistema veglia è costituito dall’acetilcolina.

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L’ipotalamo posteriore ventrolaterale interviene nella regolazione dello stato di veglia attraverso un sistema istaminergico, invia proiezioni all’ipo- talamo anteriore, alla corteccia cerebrale ed ai nuclei del rafe. L’ipotalamo anteriore è attivo nell’addormentamento, mentre l’ipotalamo posteriore ven- tro-laterale, implicato nella veglia, è inibito.

Abbrevazioni: VLPO, regione ipotalamica preottica ventrolaterale; TMN, nucleo tuberomammillare; LC, locus coeruleus; LDT, nuclei tegmentali laterodorsali; P P T, nuclei tegmentali peduncolo pontini; PB, proencefalo basale; CRT, corteccia.

Figura 9. Nella figura in alto sono rappresentati le proiezioni corticali dei principali centri coinvolti nella regolazione dell’alternarsi tra sonno NREM e REM e tra sonno e veglia. La figura centrale evidenzia le proiezio - ni dalla regione ipotalamica preottica ventrolaterale (VLPO) che esercita una funzione modulante sul sistema attivante asendente e sui centri REM- on. La figura in basso schematizza i rapporti tra i neuroni che rilasciano orexina nell’ipotalamo laterale, esercitando effetti modulatori sui centri REM-on, REM-off e risveglianti.

Caleidoscopio 15 M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

Regolazione del sonno NREM Il sistema del Rafe dorsale, serotoninergico, gioca un ruolo complesso nella regolazione dello stato di veglia e di sonno. Infatti i neuroni serotoni- nergici sono attivi durante la veglia ma, paradossalmente, la loro inattiva- zione determina insonnia. Si ritiene che la serotonina prepari il sonno, favo- rendo l’addormentamento attraverso la sintesi di sostanze ipnogene che a loro volta inibirebbero, con un meccanismo a feedback, la produzione di serotonina. L’intensità della luce è fondamentale nel modulare la sintesi di serotonina. Durante il sonno ad onde lente l’attività neuronale serotoniner- gica si riduce ed è totalmente inibita in sonno REM. Con l’addormentamento il rafe dorsale insieme al locus coeruleus (nora- dre n e r gico) diventano i principali centri coinvolti nel’avvio e nella modula- zione del sonno NREM. Su queste strut t u r e agiscono inoltre altri neuroni di co n t r ollo ad azione GABAergica originanti dalla parte ret i c o l a r e della sostan- za nigra, dall’area grigia periaqueductale, dal nucleo dorsale paragingantocel- lulari, dal nucleo di Meynert. Queste affe r enze inibireb b e r o i neuroni coliner- gici, principalmente quelli dell’ipotalamo posteriore. L’attivazione dei neuro- ni GABAergici faciliterebbe inoltre la comparsa dei fusi del sonno (spindles) e l’attività lenta corticale. L’attività spindling è generata a livello dei nuclei ret i - colari talamici e risulta modulata dall’interazione fra i neuroni GABAergici del nucleo di Meynert ed i neuroni talamo-corticali. L’attività delta è conseguente all’iperpolarizzazione dei neuroni talamo-corticali ed all’inibizione delle influenze colinergiche provenienti dal tronco cerebrale [26].

Regolazione del sonno REM I principali meccanismi di regolazione del sonno REM sono relativamen- te ben conosciuti [23, 24]. Due strutture principali intervengono nella rego- lazione: neuroni REM-on, colinergici e colinocettivi, attivi durante la fase REM e neuroni REM-off monoaminergici, la cui attività si riduce durante il sonno REM. I neuroni REM-on sono situati nel nucleo magnicellulare, nel tegmento peduncolare pontino, nel tegmento latero-dorsale pontino e nel Locus Coeruleus. Il Locus Coeruleus, innerva la corteccia cerebrale attraver- so proiezioni noradrenergiche ubiquitarie. E’ implicato nei sistemi di attiva- zione corticale e riceve afferenze dall’ipotalamo posteriore e dai sistemi adrenergici bulbari. Le cellule REM-off, monoaminergiche, sono disposte più diffusamente a livello del tronco encefalico e sono rappresentate princi- palmente dai neuroni noradrenergici del Locus Coeruleus e dai neuroni serotoninergici del rafe (Figura 9).

16 Caleidoscopio M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

La microstruttura del sonno

All’equilibrio dinamico fra processi sincronizzanti e desincronizzanti partecipa in maniera evidente anche la microstruttura del sonno. All’interno del sonno NREM è possibile identificare una condizione di sonno instabile ed una condizione di sonno stabile. Al sonno instabile, che può essere pre- sente in tutti gli stadi, si riconosce per la comparsa di ripetuti micro-risvegli che corrispondono ad alleggerimenti transitori (10-15 secondi) del sonno. Quando compaiono nel sonno NREM, i micro-risvegli tendono a raccoglier- si in cluster ripetitivi ricorrendo con un periodismo di 20-40 secondi. La loro comparsa sull’EEG costituisce un tracciato alternante ciclico o CAP (cyclic alternating pattern) secondo un pattern bifasico composto da micro-risvegli (fase A) interrotto periodicamente dal ripristino delle attività di fondo (fase B). L’indice di CAP può essere considerata una misura della qualità del sonno [27]

Il sonno nelle diverse età

L'osservazione del ciclo sonno-veglia nella specie umana evidenzia che esso è legato all'età del soggetto (Figura 10). Le modificazioni correlate all’età riguardano sia le caratteristiche del ciclo sonno/veglia, sia la distri- buzione degli stadi del sonno. I neonati dormono dalle 16 alle 20 ore al gior- no con un sonno distribuito irregolarmente nell’arco delle 24 ore e scandito principalmente dalle esigenze di nutrimento. In seguito, dal sesto mese di vita, si assiste a un graduale consolidamento del sonno in un lungo periodo notturno, con brevi sonnellini al mattino ed al pomeriggio. All’età di 4 anni vi è un singolo periodo di sonno notturno e un singolo sonnellino pomeri- diano, per raggiungere un singolo periodo di sonno notturno (dalle 10 alle 12 ore) senza altri sonnellini all’età di 6 anni. Il periodo totale di sonno scen- de a 9-10 ore a 10 anni e a circa 7-7.5 ore durante l'adolescenza. Nell'età avan- zata si osserva un'ulteriore riduzione a circa 6 ore e mezza. Il fabbisogno del sonno negli adulti sani in realtà varia tra 4 e 10 ore e sembra essere geneticamente determinato. Nello stesso modo gli orari del principale periodo di sonno presentano una certa variazione geneticamente determinata: alcuni individui vanno presto a dormire e si svegliano presto (“allodole”) mentre altri vanno tardi a dormire e si svegliano tardi (“gufi”).

Caleidoscopio 17 M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

Figura 10. Evoluzione del ritmo sonno-veglia dalla nascità (sonno poli - fasico) verso l’età adulta (sonno monofasico).

Il neonato a termine passa circa il 50% del sonno in fase REM. Il ciclo del sonno di un neonato dura circa 60 minuti, con l'età la durata del ciclo si allunga fino a 90-100 minuti. Nel giovane adulto il periodo REM comprende il 20-25% del periodo totale di sonno, mentre la fase 1 occupa dal 3 al 5%, la fase 2 dal 50 al 60% e le fasi 3 e 4, complessivamente, il 10-20%. La quota di sonno in fase 3 e 4 diminuisce con l'età. I soggetti d’età superiore a 70 anni virtualmente non presentano sonno in fase 4 e il sonno lento si riduce ad una percentuale minima di sonno in fase 3 [28]. Il ciclo di 90-100 minuti, cono- sciuto come ciclo di base attività-riposo [29], è un fenomeno abbastanza sta- bile in ogni persona e si suppone che continui ad essere presente anche durante la veglia, seppur in modo meno percettibile, in relazione con i cicli della motilità gastrica, della fame, del grado di attenzione e della capacità di svolgere attività intellettuale.

Modificazioni fisiologiche nel sonno REM e NREM

Sonno REM e NREM sono stati dinamici non solo nel loro alternarsi reci- proco e per il possibile ritorno verso la veglia da entrambi gli stati del sonno,

18 Caleidoscopio M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

ma anche per un numero elevato di cambiamenti fisiologici a livello del sistema nervoso periferico ed ormonale. Vari fattori esterni ed interni posso- no influenzare l’equilibrio tra stati del sonno e la veglia (tabella 2).

- Ritmi omeostatici e circadiani - Sonnotipi ( mattutino/serotino) - Età - Farmaci - Malattie del SNC - fattori disturbanti il mantenimento del sonno (ambiente interno/esterno)

Tabella 2. Fattori influenzanti veglia e sonno.

La soglia di risveglio cresce progressivamente dal sonno 1 al 4 del sonno NREM per scendere nel sonno REM e progressivamente abbassarsi nel corso della notte, di ciclo in ciclo in parallelo con la potenza delle onde delta. E’ noto da molto tempo che la temperatura corporea scende durante il sonno. Durante il sonno, il calo della temperatura si registra prevalentemente nel periodo di sonno NREM e lo stesso avviene per la frequenza cardiaca ed il respiro, che in questo periodo divengono più lenti e regolari [30]. Il flusso ematico cerebrale, il consumo d’ossigeno, il metabolismo del glucosio è note- volmente ridotto in tutto il cervello durante il sonno NREM; durante il sonno REM, invece, il metabolismo è uguale a quello che si registra nello stato di veglia [31, 32]. Nella fase REM tendono ad essere attivate le funzio- ni nervose vegetative. Il respiro è più irregolare; la pressione e la frequenza cardiaca tendono a fluttuare e aumentano il flusso ematico cerebrale ed il metabolismo basale. Circa ogni 90 minuti, solitamente nella fase REM, si verifica un’erezione del pene o del clitoride. Il ciclo sonno-veglia è correlato ad un certo numero di variazioni ormonali. La secrezione di cortisolo e in particolare il rilascio d’ormone tireo-stimolante diminuiscono all’inizio del sonno. Alte concentrazioni di cortisolo sono caratteristiche della fase di risveglio. La melatonina, elaborata dall’epifisi, è prodotta di notte e cessa di essere secreta quando la retina viene stimolata dalla luce. Durante le prime due ore di sonno vi è aumento dell’increzione d’ormone della crescita, prin- cipalmente in relazione alle fasi 3 e 4 [33, 34, 35].

Caleidoscopio 19 M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni Strumenti di indagine del sonno

Registrazione poligrafica del sonno (polisonnografia)

La polisonnografia (PSG) è la tecnica di riferimento per lo studio del sonno e per la formulazione della diagnosi nei pazienti affetti da disturbi del sonno [36]. Essa consente la registrazione dell’attività elettrica cerebrale durante il sonno mediante elettrodi posti sulla volta cranica (elettroencefa- lografia, EEG) assieme a diversi altri parametri, necessari per la valutazione dei fenomeni fisiologici e patologici che possono occorrere durante il sonno. Il numero dei canali registranti per l’EEG sarà diminuito quando serviranno esclusivamente per la valutazione della qualità e della struttura del sonno, sarà invece aumentato quando, oltre a ciò, risulterà necessario effettuare la valutazione della presenza di attività elettroencefalografica patologica durante il sonno (per es. in caso di epilessia, nella diagnosi differenziale tra sonnambulismo e epilessia frontale notturna). Uno dei fini della registrazio- ne polisonnografica è la valutazione della struttura e qualità del sonno tra- mite un ipnogramma, rappresentazione grafica che individua i vari stadi del sonno. A tale scopo si registrano durante il sonno accanto all’EEG anche i movimenti oculari, mediante la registrazione di variazioni del potenziale corneoretinico (elettro-oculografia, EOG), e le variazioni del tono muscolare in muscoli antigravitari (attività elettromiografica dei muscoli mentoniero e sottomentoniero, EMG). Per la valutazione dei movimenti patologici prima dell’addormentamen- to o in corso di sonno (per es. Sindrome di gambe senza riposo, Mioclono notturno, Mioclono propriospinale) sarà indispensabile monitorare almeno l’attività motoria degli arti coinvolti (spesso quelli inferiori). In caso di pazienti con disturbi respiratori durante il sonno (per es. Sindrome delle apnee morfeiche, OSAS) risulta indispensabile registrare una serie di parametri aggiuntivi: il flusso oro-nasale (termocoppie o cannula oro-nasale), l’attività della muscolatura respiratoria attraverso valutazione della circonferenza a livello toracico ed addominale (pletismografia ad induttanza, magnetometri o estensimetri), le variazioni della frequenza car- diaca (elettrocardiogramma, ECG) ed i livelli di saturazione ematica di ossi- geno (Pulsossimetria). Inoltre, in pazienti con epilessia, sonnambulismo od altre patologie risul- ta importante la valutazione del tipo e del carattere dei movimenti corporei in relazione ai correlati polisonnografici (registrazione Video-EEgrafica sin- cronizzata).

20 Caleidoscopio M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

Ogni registrazione polisonnografica viene assistita da un tecnico, per garantire il mantenimento della qualità della registrazione durante l’arco dell’intera notte (generalmente 8 ore) ed annotare la comparsa di eventuali episodi motori complessi in sonno che potrebbero rappresentare un segno specifico per alcune patologie (per es. Disturbo comportamentale in corso di sonno REM o Epilessia frontale notturna).

Test di latenza multipla del sonno (MSLT)

Il test di latenza multipla del sonno è una misura standardizzata e ade- guatamente validata della tendenza fisiologica ad addormentarsi durante le normali ore di veglia. I parametri monitorati sono gli stessi della PSG basa- le, cioè generalmente due movimenti degli occhi EOG e due canali EEG (cen- trale ed occipitale), oltre all’ECG e all’EMG sottomentoniero. Il MSLT consi- ste di 4-5 opportunità di sonnellini di 20 minuti offerti ad intervalli di due ore. E’ un test volto, in primo luogo, a quantificare la sonnolenza diurna misurando con quale velocità l’individuo si addormenta in sonnellini sequenziali durante il giorno e, secondo, ad identificare l’insorgenza anor- male di sonno REM durante i sonnellini. Per ciascun sonnellino viene regi- strata la latenza tra l’ora di “spegnimento della luce” e l’inizio del sonno. Sono stati accuratamente definiti i limiti patologici della latenza del sonno. Pertanto, la latenza media di 5 minuti o meno dopo un sonno normale nella notte precedente indica una grave tendenza ad assopirsi, tipica di soggetti affetti di narcolessia (Figura 11). Inoltre, anche la presenza di sonno REM in due o più sonnellini è altamente suggestiva di narcolessia, poiché raramen- te il sonno REM si manifesta durante sonnellini diurni in individui che non presentano una deprivazione di sonno.

Registrazione poligrafica ambulatoriale

La PSG può essere effettuata tramite macchinari fissi oppure dinamici, anche per più di 24 ore. Gli apparecchi dinamici hanno le stesse caratteristi- che di quelli fissi, ma la registrazione viene eseguita in assenza di un tecnico. Quando il sospetto di OSAS è clinicamente fondato, non risulta stretta- mente indispensabile l’esecuzione di una PSG completa. La diagnosi può anche essere posta tramite l’utilizzo di una polisonnografia ridotta, che a dif- ferenza di quella completa, è priva di canali EEG e non permette di correla- re gli eventi registrati al relativo stadio di sonno.

Caleidoscopio 21 M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

16 Soggetti normali

14

12

10 8

6

4 2 Soggetti narcolettici 0 9.00 11.00 3.00 15.00 17.00

Figura 11. Differenze nelle latenze all’addormentamento al test delle latenze multiple tra soggetti normali e soggetti affetti di narcolessia.

L’actigrafo da polso

Si tratta di uno strumento, avente la forma e dimensione di un normale orologio da polso. Esso registra i movimenti corporei e li memorizza per lun- ghi periodi di registrazione (una settimana ed oltre). Oltre a questi dati è possibile registrare la condizione di luce accesa o spenta o la temperatura corporea periferica. A differenza della PSG permette esclusivamente di distinguere periodi di presenza di movimento da periodi di assenza di movimento. Valutando questi periodi nell’arco delle 24 ore l’actigrafo per- mette come la PSG di stabilire la durata del sonno ed i risvegli durante la notte. Ovviamente non permette di distinguere tra sonno REM e sonno NREM ed all’interno del sonno NREM, non permette la distinzione tra i diversi stadi di sonno. Inoltre nei pazienti con disturbo comportamentale durante il sonno REM, periodi di intensa attività motoria durante il sonno REM potrebbero essere interpretati come periodi di veglia; viceversa il sonno potrebbe essere sovrastimato se ad esempio il paziente percorre lun- ghi periodi della notte sveglio ma immobile (morbo di Parkinson). Viene quindi principalmente impiegato per la valutazione di alterazioni dei ritmi circadiani o come screening in pazienti con insonnia [37].

22 Caleidoscopio M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni La classificazione dei disturbi del son- no

La classificazione moderna dei disturbi del sonno si basa sui risultati di uno studio quinquennale multicentrico, avviato dall’American Sleep Disorders Association, che ha dato origine nel 1990 alla prima versione dell’ International Classification of Sleep Disorders (ICSD). La stesura dell’ICSD è avvenuta in associazione con l’Europaen Sleep Research Society, la Japanese Society of Sleep Research e la Latin American Sleep Society, producendo l’ICSD Diagnostic and Coding Manual [38]. In questa classificazione sono descritti 84 disturbi del sonno, ciascuno dei quali è accompagnato da detta- gli descrittivi e dai criteri diagnostici, nonché dai ragguagli sulla durata e la gravità della malattia ed informazioni sulla codifica e scopo clinico e di ricer- ca. Tutti i disturbi del sonno descritti possono comunque essere classificati in quattro categorie:

1. A) Disurbi del ritmo circadiano sonno-veglia;

2. B) Dissonnie (disturbi della qualità e della quantità del sonno che ven- gono distinti in insonnie ed ipersonnie);

3. C) Parasonnie (fenomeni che si manifestano durante il sonno, ma che non comportano necessariamente una riduzione della qualità o quantità del sonno);

4. D) Disturbi associati a patologie mediche o psichiatriche.

Caleidoscopio 23 M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni Disturbi del ritmo circadiano sonno- veglia

Molte funzioni del nostro organismo obbediscono ad una regolazione risultante da stimoli esterni agenti su un ritmo interno dettato da un “orolo- gio biologico” il cui periodo è di circa 25 ore (Figura 12), quindi leggermente più lento di quello della rotazione della terra sul suo asse (ciclo circadiano).

Figura 12. Esempio di ciclo sonno-veglia di un giovane adulto. In condi - zioni normali l’orologio biologico viene continuamente sincronizzato dai fattori ambientali per poter mantenere un ritmo di 24 ore. Se lo stesso sog - getto viene posto in un ambiente privo di indizi temporali, tale sincroniz - zazione e l’orologio segue il proprio ritmo interno di 25,3 ore.

24 Caleidoscopio M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

I centri nervosi che lo sottendono sono fortemente sensibili all’elemento fondamentale della regolazione dei ritmi circadiani: la luce. Infatti una sti- molazione luminosa molto intensa è in grado di modificare il sonno, ritar- dandolo se somministrata nella prima metà del periodo di buio per il sog- getto, anticipandolo la sera dopo, se somministrata nella seconda metà di tale periodo (Figura 13).

0:00 12:00 0:00 12:00

NORMALE

Ritardo di fase

Avanzamento di fase

Figura 13. I disturbi del ritmo circadiano sono espressione di difficoltà di adattamento del proprio ritmo biologico ai ritmi richiesti dalla società. Rispetto ai soggetti normali i pazienti con sindrome da ritardo di fase hanno difficoltà ad addormentarsi e a svegliarsi agli orari convenzionali, avvertendo quindi grave ipersonnia di mattino. Al contrario i pazienti con sindrome da avanzamento della fase del sonno lamentano eccessiva sonno - lenza nelle prime ore della sera e si risvegliano precocemente di mattina.

In tal modo è possibile sincronizzare l'orologio biologico (25 ore) con quello solare di 24 ore. Per effetto della luce appunto il soggetto rimette i n d i e t ro il suo orologio interno al mattino poco prima del risveglio. Un’eccessiva richiesta di regolazione dell'orologio biologico, rispetto alla sua capacità di sincronizzarsi, è il meccanismo patogenetico fondamentale dei disturbi del ritmo sonno-veglia (tabella 3). Talora si tratta di disturbi transitori che tendono spontaneamente a risol- versi una volta eliminate le condizioni di scompenso, tuttavia nella maggio- ranza dei casi sono tendenzialmente sindromi croniche, che spesso insorgo- no nell’adolescenza per continuare durante il resto della vita [39, 40, 41].

Caleidoscopio 25 M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

Endogeni (primari) - Sindrome da ritardo della fase del sonno - Sindrome da avanzamento della fase del sonno - Ciclo non di 24 ore (caotico, cecità ipernictoemerale)

Esogeni (secondari) - Lavoro a turni - Rapido cambiamento del fuso orario (jet-lag)

Tabella 3. Disturbi del ritmo circadiano.

Sindrome della fase di sonno ritardata

E’ caratterizzata da uno spostamento del periodo di sonno verso le ore del mattino (Figura 13), comporta difficoltà o impossibilità di ottemperare agli impegni sociali (scuola, lavoro ecc.) e se questi vengono forzatamente mantenuti, ne deriva una diminuzione delle ore di sonno quotidiano con conseguente sonnolenza diurna e successivo recupero del sonno nei giorni festivi. Il paziente si lamenta di andare a letto presto senza riuscire a pren- dere sonno e/o di dormire a lungo al mattino e passa complessivamente a letto un tempo più lungo di quello che riesce a dormire. Inizia più frequen- temente nell'adolescenza e si associa di solito a sindromi psicopatologiche o ad abuso d’alcol e/o sedativi, può presentarsi dopo un trauma cranico. La dipendenza da queste sostanze è comunque spesso conseguenza dei tentati- vi di modificare il ritardo di inizio del sonno. Il diario del sonno dimostra un quadro caratterizzato da un orario di inizio del sonno costante, incoercibil- mente ritardato rispetto alle regole sociali, di solito intorno alle 2 del matti- no. Coricarsi prima diventa inutile, ed il sonno, una volta iniziato, è abitual- mente di buona qualità. Trattamento La cura specifica è la cronoterapia (Figura 14). Consiste nel ritardare pro- gressivamente di 3 ore il momento di andare a letto e ugualmente l'orario del risveglio al mattino, seguito da immediato abbandono del letto. Così proce- dendo, si raggiunge l'orario desiderato in rapporto agli impegni sociali del paziente. Tale orario è raggiunto di solito in 5-7 giorni, ma ovviamente la fase iniziale del trattamento deve essere rinforzata da un periodo più lungo durante il quale il controllo dell'orario deve essere rigorosamente mantenu- to. Non è consentito derogare nemmeno un giorno a rischio di ricadere nella sindrome. Questo trattamento richiede che il paziente sia edotto sui concet- ti che sono alla base della terapia, che egli sia consenziente e sufficiente- mente motivato ad eseguirla. La collaborazione dei familiari o dei parenti è

26 Caleidoscopio M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

fondamentale per un buon esito. L’esposizione del paziente alla luce nelle ore del mattino (2500 lux dello spettro totale dalle 7 alle 9) contribuisce in modo sensibile al buon risultato. Non vi è alcuna indicazione farmacologica per i casi puri, se si eccettua l’impiego della melatonina, assunta due ore prima dell’ora stabilita per coricarsi.

Sindrome della fase di sonno anticipata

Più rara della precedente, tendenzialmente cronica, è caratterizzata da un anticipo del periodo di sonno nelle ore serali e da un risveglio precoce nelle ore del mattino (Figura 13).

Figura 14. Schema di trattamento di una sindrome da ritardo di fase mediante due fasi di trattamento: una prima fase prevede il progressivo ritardo di 3 ore dell’inizio del periodo di sonno concesso (cronoterapia) associato in una seconda fase (stabilizzazione) dalla precoce esposizione mattutina alla luce (fototerapia).

Caleidoscopio 27 M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

Tale sindrome dai pochi casi descritti in letteratura risulta ricorrere mag- giormente nelle persone anziane. Di solito questi pazienti vanno a letto tra le 18 e le 20 e si alzano tra le ore 1 e le 3 del mattino. Il meccanismo che deter- mina questa sindrome sarebbe speculare rispetto a quello della fase di sonno ritardata. Trattamento Sono stati riferiti risultati favorevoli programmando un avanzamento coatto di 3 ore per giorno sino a raggiungere l’orario di sonno desiderato. Sembra che anche un’esposizione pomeridiana verso le 17 a luce intensa possa favorire il recupero dell’orario di sonno. La somministrazione di mela- tonina a rilascio ritardato sembra utile per stabilizzare l’orario di addor- mentamento raggiunto. L’assunzione avviene due ore prima di coricarsi.

Sindrome ipernictoemerale

Questa sindrome si verifica per l’impossibilità di riaggiustare il prop r i o or ologio biologico rispetto al ritmo circadiano planetario. E’ una sindrom e cr onica caratterizzata da un quadro stabile di ritardo di 1-2 ore nell’insorge n - za del sonno e del riveglio rispetto al giorno precedente. I pazienti con que- sta sindrome dormono secondo un ciclo di 25 o più ore, ogni 3-4 settimane il periodo di sonno entra o esce di fase con gli orari sociali consueti. Questi pazienti alternano periodi asintomatici a periodi con insonnia notturna e son- nolenza diurna. Proprio per questo difficilmente riescono a prog r a m m a r e la lo r o attività in base al calendario. La sindrome è cronica, si riscontra freq u e n - temente in individui ciechi dalla nascita o in soggetti con lesioni del tratto retino-ipotalamico [42]. Si ritiene che la cecità come tale sia causa della sin- dr ome indipendentemente dalla sua natura. Sono però escluse le cecità da lesione post-chiasmatica. Ciò avvalora quanto sembra ormai accertato sul- l'importanza del tratto ret i n o -ipotalamico, che si distacca dal chiasma, nel for- ni r e informazioni sui periodi luce-buio al nucleo sovrachiasmatico dell'ipota- lamo (centro fondamentale dell'orologio biologico) e da qui ad altre strut t u r e ce r ebrali. Tale lesione potrebbe spiegare da sola i casi nei quali la sindrome è pr esente in assenza di cecità, ma si associa invece a difetto mentale. I sogget- ti con questa sindrome presentano cicli anarchici di secrezione di melatonina e cortisolo. Per una diagnosi sicura occorre un diario prolungato dei periodi di sonno e della sua qualità oppure una registrazione actigrafica prol u n g a t a . L'elemento fondamentale di distinzione è rappresentato dal fatto che, mentre i pazienti con la Sindrome della Fase di Sonno Ritardata mantengono o riacqui- stano il loro ritardo fisso d’inizio del sonno nei periodi di vacanza, quelli con si n d r ome ipernictoemerale proseguono nel loro prog r essivo ritardo. Trattamento Nei pochi casi studiati sembra che i migliori successi si ottengano con un

28 Caleidoscopio M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

programma di orario imposto e mantenuto per un tempo sufficientemente lungo. L'esposizione mattutina del soggetto alla luce del sole è risultato un buon coadiuvante dell'orario imposto. E’ riportata l'efficacia del trattamento con Vitamina B12 [43] solo in pochi casi e dunque l'indicazione necessita di ulteriori conferme. La somministrazione di melatonina è efficace nel riasset- to del ritmo sonno-veglia.

Sindrome da salto di fusi orari (Jet lag syndrome)

E’ una sindrome che fa seguito a rapidi spostamenti (viaggi con jet) in località con fuso orario differente dal luogo di partenza. E’ caratterizzata da insonnia per minore durata del sonno, difficoltà ad iniziarlo e/o a mante- nerlo, associata a difficoltà di concentrazione, affaticabilità, irritabilità, disor- dini viscero-vegetativi. Dopo un rapido spostamento transmeridiano il siste- ma circadiano endogeno rimane con gli orari stabiliti nell’usuale fuso orario. La sintomatologia nelle 24 ore con tutta probabilità consegue: I. a passaggi rapidi tra periodi di veglia alternati a periodi di bisogno di dormire (dato che le fasi di sonno non sono ancora aggiustate nell’orario), II. a risvegli frequenti durante il sonno per lo stesso motivo, III. a malessere fisico (disordini vegetativi) per l’asincronia e disarmonia tra orario di certe attività e quello del ritmo sonno-veglia. La sindrome inte- ressa adulti predisposti dei due sessi; è più frequente sopra i 50 anni. Durata ed entità dei sintomi sono proporzionali: 1. al numero di fusi che vengono saltati; 2. alla direzione del viaggio, verso est o viceversa, 3. agli orari di partenza e di arrivo. Per aggiustare questi orari con quelli della nuova località occorrono tempi di s c r etamente lunghi. Si calcola che nei voli verso occidente con salti a fase ri t a r data il rec u p e r o avvenga in ragione di 90 minuti al giorno, mentre in quelli verso oriente si compie in ragione di 60 minuti. Nella maggioranza dei casi la sindrome è di breve durata risolvendosi in 2-3 giorni dall’arrivo nella nuova destinazione, ma se il salto di fusi è stato cospicuo (8-12 ore) può per- du r a r e anche 7-10 giorni, specie se la direzione è stata verso est. Mentre un salto di 6 ore verso ovest può dar luogo a sonnolenza diurna con scarso disturbo del sonno notturno, un eguale salto di fusi orari verso est determina sonnolenza diurna, insonnia notturna e disordini gastroenterici che durano più a lungo. Può diventare una sindrome cronica nelle persone che per moti- vi di lavoro (personale di volo, diplomatici, uomini d’affari ecc.) compiono fr equenti spostamenti aerei in località con diffe r ente fuso orario. La sindrom e in questi casi diviene del tutto simile a quella dei lavoratori turnisti. Trattamento E’ consigliabile regolare i propri orari interni con quelli del nuovo fuso fin

Caleidoscopio 29 M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

dall’inizio. Conviene inoltre ricorrere ad una prevenzione alzandosi con ritardo di una o due ore al mattino un giorno o due prima di partire per viag- gi verso ovest o andando a dormire e svegliandosi con anticipo di 1-2 ore 1- 3 giorni prima di un viaggio verso est. L’esposizione alla luce nei periodi convenienti serve a facilitare gli aggiustamenti di orario. Per facilitare l’a- dattamento al nuovo orario è indicato l’assunzione di melatonina due ore prima rispetto al nuovo orario di sonno. Qualora il soggetto dovesse subire i sintomi fastidiosi dell’insonnia si può comunque ricorre all’impiego di ipnotici non benzodiazinici o a benzodiazepine a brevissima emivita e comunque a dosi basse (0,25 mg per 3-4 notti) onde evitare fenomeni di son- nolenza diurna.

Sindrome del turnista

La capacità dell’organismo di aggiustare il proprio orologio interno su quello degli eventi ambientali risulta fondamentale per assicurare un buon sonno. I limiti entro i quali tale operazione può essere eseguita senza creare danni all’intero sistema circadiano sembra essere di un ora, al massimo 2 ore. Tale capacità di adattamento dell’organismo alle condizioni ambientali viene messa a dura prova nella società moderna industrializzata con l’ideale di una società in cui la produzione ed il commercio vengano garantiti 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 [44, 45, 46]. La sindrome del turnista è paragonabile ad una condizione di Jet Lag cro- nico, si caratterizza per disturbi della veglia, del sonno e delle funzioni visce- ro-vegetative [47]. In particolare durante la veglia la sintomatologia è costi- tuita da sonnolenza, affaticamento ed irritabilità con conseguente minor effi- cienza e maggiore rischio di infortuni sul lavoro) [48, 49]. Il sonno notturno invece è interrotto da frequenti risvegli ed in definitiva si realizza una con- dizione di privazione parziale di sonno nelle 24 ore. Nelle notti libere dal lavoro il soggetto, che cerca di ritrovare la comune abitudine al sonno, soffre invece di insonnia. Sono colpiti in discreta quantità (percentuale 40%) lavoratori costretti ad eseguire turni di lavoro ad orario diverso nella settimana, compresa la notte. Assume molta importanza anche la rotazione dell’orario. Nei turni antero- gradi, cioè quando si sposta nel senso del ritardo (mattino, pomeriggio, notte), le variazioni sono meglio tollerate rispetto ai turni retrogradi [50]. La tollerabilità del turno dipende inoltre dalla ciclicità degli intervalli giorni di turno-giorni di riposo: pìu rapido è il cambio di turno in senso anterogrado e più breve è l’intervallo tra giorni di lavoro e giorni di riposo, maggiore sarà il benessere psico-fisico del turnista. Il lavoro a turni comporta però anche modifiche dei ritmi di secrezione ormonale [47]. Sono state riportate anche

30 Caleidoscopio M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

condizioni di iposideremia ed anemia sideropenica in caso di condizione cronica del lavoro a turni [47], oltre ad aumentati rischi di infarto miocardio ed ictus [51, 52]. Il continuo spostamento dei pasti e dell’abuso di caffè, alcol e nicotina comportano spesso una associazione con disturbi gastrointestina- li che possono sfociare in ulcera duodenale [53]. Inoltre il tipo di orario lavorativo e l’irritabilità che ne consegue determi- nano anche rapporti familiari difficili che a loro volta peggiorano le condi- zioni psico-fisiche del paziente [54, 55]. Trattamento La soluzione migliore della sindrome è rappresentata dall’abbandono del lavoro con turni invertiti o a rotazione retrograda. Se ciò non fosse possibile, la seconda opzione consiste nello stabilire l’orario di sonno nel pomeriggio, se il turno di notte è costante. Ciò comunque non rappresenta una soluzione per le notti libere dal lavoro. In questi casi può essere utile organizzare il sonno in una fase di 2-3 ore al pomeriggio e di 5-6 ore di notte. L’esposizione programmata a luce intensa e l’assunzione di melatonina negli orari conve- nienti hanno mostrato di favorire la capacità di adattamento ai cambi di turno [56]. L’impiego di un farmaco ipnotico prima del sonno diurno non è a lungo efficace. Se si è costretti a far uso di un ipnotico è consigliabile l’uso di ipno- tici non benzodiazepinici.

Caleidoscopio 31 M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni Dissonnie

Insonnie

L’insonnia è un sintomo, riferito soggettivamente da parte del paziente come una difficoltà di addormentarsi, difficoltà di mantenere il sonno con frequenti risvegli intrasonno oppure risvegli definitivi precoci. E’ importan- te sottolineare che l'insonnia non è definita dalla durata totale del sonno in senso assoluto, ma dalla condizione di “sonno disturbato” e dalla conse- guente impossibilità da parte del paziente di riconoscere il sonno come risto- rativo e capace di dare la sensazione di sentirsi riposati il giorno successivo. Il fabbisogno totale di sonno varia tra le 4 e le 10 ore. Pertanto una persona che dorme 4 ore e si sveglia riposata non ha un’insonnia, ma è semplice- mente un dormitore breve sano. L'insonnia è il più comune di tutti i disturbi del sonno; spesso è un sinto- mo di patologie mediche, psichiatriche e neurologiche sottostanti. Può esse- re secondaria ad altri disturbi del sonno o essere indotta da farmaci. Un ' a p p r ofondita conoscenza della causa più probabile dell'insonnia in un determinato paziente è essenziale prima di poter prop o r r e un trattamento razionale ed efficace (tabella 4). Nelle società industrializzate lamenta inson- nia il 40% della popolazione ogni anno [57]. L’insonnia è considerata una significativa causa di morbilità e di mortalità. I costi diretti e indiretti dell’in- sonnia sono stati stimati intorno ai 100 miliardi di $ per anno negli USA [5 8 ] . Nella valutazione di un soggetto che lamenta insonnia si dovrebbe anche considerare l’impatto di fattori genetici che determinano per ciascun indivi- duo il fabbisogno ottimale di sonno (dormitori brevi e lunghi) e l’orario di addormentamento preferito (gufi e allodole). La percezione di aver dormito è naturalmente una parte importante della valutazione delle lamentele d’in- sonnia. Le persone che presentano insonnia tendono a sovrastimare la laten- za del sonno e a sottostimare il tempo totale trascorso dormendo. Studi spe- rimentali hanno accertato che in soggetti normali la sensazione soggettiva d’essere sveglio può persistere anche cinque minuti dopo la comparsa dei fusi [59], primi inequivocabili segni EEG di sonno avviato; si può quindi facilmente capire perché una notte con molti anche se brevi risvegli, può essere percepita come una notte insonne [60]. Si ritiene che le persone con insonnia cronica possono soffrire di un disturbo più generale di iperarousal, che può essere responsabile sia dei sintomi diurni sia del sonno notturno poco soddisfacente [61]. La grande maggioranza dei pazienti che riferiscono insonnia non richiede studi polisonnografici. Si devono sottoporre a valuta- zioni oggettive del sonno i soggetti che riferiscono grave ipersonnia diurna

32 Caleidoscopio M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

non giustificata o in cui si sospetta una causa organica dell’insonnia riporta- ta dal paziente, individuabile con le tecniche della polisonnografia (p.es disturbo della respirazione correlato al sonno o Sindrome delle gambe senza riposo).

Tipo Eziologia Terapia Occasionali · Da dolore occasionale, · Analgesico o/e fisico o psichico ipnotico Transitorie o di breve · Associate a stati dolorosi, · Terapia della malattia durata (durata < 3 stress, problemi sul lavoro o di base (antidepressivi, settimane) nell’ambito familiare, psicolettici, Sali di sospensione di farmaci. litio)

· eventuali farmaci ipnotici aggiuntivi

· Malattie psichiche ·Trattamento della (depressione, disturbo malattia di base ossessivo-compulsivo)

· Malattie somatiche (generali e neurologiche) · Soppressione gradua- Secondarie · Farmaci e alcol le dell’alcol

· Terapia farmacologia · Sindrome delle gambe senza riposo

Croniche · Sonno e gravidanza ·Distorta percezione dello ·Igiene del sonno stato di sonno

·Insonnia idiopatica ·Terapie comportamen- tali

Primarie ·Insonnia psicofisiologica Uso di ipnotici per periodi limitati

· Nei casi resistenti: psicoterapia

Tabella 4. Classificazione delle insonnie in relazione alla durata. Le insonnie croniche sono inoltre distinte in primarie o secondarie ad altre patologie disturbanti l’avvio ed il mantenimento del sonno.

Caleidoscopio 33 M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

Insonnie primarie

Insonnia da errata percezione del sonno In questo caso si tratta di una “pseudoinsonnia” [62]. Ovvero insonnia senza apparenti reperti di alterazione oggettiva. In pratica i pazienti lamen- tano di dormire poco o addirittura di non dormire affatto sebbene vengano spesso osservati dai partner di letto o dal personale ospedaliero regolar- mente addormentati per tutta la notte. L’indagine polisonnografica mostra inoltre un regolare profilo ipnico macro- e microstrutturale. Questi pazienti non riferiscono eccessiva sonnolenza diurna. Per la diagnosi può essere suf- ficiente un confronto tra Epworth Sleepness Scale e diario del sonno. La poli- sonnografia pùo essere talvolta utile terapeuticamente per dimostrare al sog- getto come abbia, in realtà, dormito.

Insonnia da adattamento o situazionale Viene definito disturbo del sonno “da adattamento” una situazione d’in- sonnia di relativa breve durata (al massimo fino a qualche mese) che insor- ge successivamente e conseguentemente ad un evento stressante al quale è eziopatogeneticamente legata. Le situazioni responsabili dell'insorgenza della sindrome possono essere estremamente diverse ancorché banali, ma hanno tutte in comune la potenzialità stressante. A volte il paziente stesso è incapace di identificare l'evento responsabile. Il recupero della normalità si ottiene di solito nel giro di breve tempo o per la cessazione dell'evento stres- sante o per una riorganizzazione adattativa del soggetto ad un miglior livel- lo psicologico. Se il disturbo persiste per un tempo prolungato può suben- trare il rischio di un’insonnia psicofisiologica cronica.

Insonnia psicofisiologica cronica L'insonnia psicofisiologica (IP) è una forma d’insonnia dipendente da fat- tori stressanti generici che somatizzano in maniera selettiva alterando il sonno notturno [61]. Il termine indica un’insonnia indotta da una generica tensione emotiva in assenza di altri problemi psicopatologici o di ordine mentale. Condizionamenti individuali negativi nei confronti del sonno costi- tuiscono la causa di consolidamento di un’insonnia in origine situazionale e reattiva la quale, con il passare del tempo, diviene del tutto indipendente dall'occasione scatenante iniziale (Figura 15). Diventano insonni cronici quei soggetti che reagiscono allo stress con una reazione di allarme esagerata e che somatizzano la tensione emotiva. Spesso il ricordo preciso degli eventi che hanno determinato l’inizio dei problemi sfugge alla percezione critica del paziente e l'attenzione si polarizza unicamente sull'insonnia che diventa essa stessa l’unico problema.

34 Caleidoscopio M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

No t t e

Insonnia acuta Insonnia cron i c a

fattori psicofisiologici, di condizionamento stress, ansia, iperarousal fattori circa d i a n i fattori psichiatrici farmaci, alcool Giorno disturbi medici e neurol o g i c i

Figura 15. L’evoluzione dell’insonnia acuta in cronica.

Si instaura un circolo vizioso fra la qualità della vita e delle attività diur- ne e la preoccupazione che ne deriva; le aspettative negative legate al sonno potenziano sia gli effetti negativi dell'insonnia durante le attività diurne, sia il livello di tensione somatizzata che disturba oggettivamente il sonno. E’ tipica in questi pazienti la convinzione di poter vedere dissolvere ogni loro problema solo se riuscissero di nuovo a dormire bene. Ma quanto più si sfor- zano di dormire, tanto più diventano agitati e il sonno diventa difficile. Tipicamente questi pazienti si addormentano facilmente quando sono rilas- sati davanti alla TV e non quando sono a letto, e riescono a dormire meglio in ambienti non abituali, come le camere d’albergo o il laboratorio del sonno, piuttosto che in casa propria. I rilievi polisonnografici in questi pazienti mostrano un tempo di addormentamento prolungato e una quantità esage- rata di veglia notturna che riducono la quantità e l'efficienza del sonno, con- venzionalmente definita come il rapporto tra tempo trascorso a letto e effet- tiva durata del sonno. Sono aumentati gli stati di sonno leggero (stadi I e 2) a discapito del sonno profondo (stadi 3 e 4) che non può essere consolidato per l'eccessiva instabilità del sonno. Il deficit microstrutturale è a volte anco- ra più pronunciato, i microrisvegli diventano numerosi e l’indice di presen- za di tracciato instabile (CAP-rate) è drasticamente aumentato. L’insonnia psicofisiologica è più frequente nelle donne, inizia normalmen- te dopo i 20-30 anni e peggiora prog r essivamente con l'età fino ad un livello di

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gravità stabile che corrisponde alla cronicizzazione definitiva del disturbo e porta spesso ad un uso prolungato o eccessivo di ipnotici o di alcool. Per una diagnosi corretta di IP oc c o r r e escludere altre cause di insonnia; in particolare vanno esclusi con cura i disturbi affettivi e l'ansia generalizzata perché spesso l'insonnia costituisce il sintomo d'esordio di una sindrome depressiva o il sin- tomo notturno più importante di un disturbo d’ansia. Trattamento Il trattamento dell'insonnia con tecniche di psicoterapia comportamenta- le può essere efficace ma comporta spesso un rilevante impegno temporale. La restrizione del sonno, che consiste nella riduzione del tempo totale di sonno a poche ore per ciascuna notte al fine di migliorare l'efficienza del sonno, per poi aumentare gradualmente la quantità di tempo trascorso a letto, si è dimostrata utile. La terapia del controllo degli stimoli scoraggia l'associazione appresa tra la camera da letto e la veglia consigliando al paziente che non riesce a addormentarsi di alzarsi e di andare in un'altra stanza ad eseguire altre attività rilassanti fino a quando non sente nuova- mente il desiderio di dormire. La terapia cognitiva tende a rassicurare il paziente, fornendogli notizie e spiegazioni circa la possibilità di recuperare sonno in termini d’intensità, correggendo giudizi negativi basati sul convin- cimento erroneo che il sonno debba essere valutato solo in termini di ore dormite. I farmaci utilizzati per curare l'insonnia possono invece essere loro stessi responsabili della comparsa o dell'aggravamento di un quadro di insonnia, attraverso meccanismi diversi. La registrazione polisonnografica a seguito dell’uso prolungato di ipnotici evidenzia una riduzione dell’ampiezza delle onde delta, a favore di un incremento di attività più rapide. L'uso eccessivo e prolungato di un ipnotico conduce quasi costantemente ad una situazione di tolleranza, con una caduta dell'efficacia e una tendenza all’incremento della dose, deteriorando ulteriormente il sonno. L'evento opposto è costitui- to da un tentativo di riduzione o dalla sospensione totale del farmaco; in entrambe i casi è facile che ricompaiano segni di insonnia e spesso l'entità di questa insonnia “di ritorno” è maggiore (o è percepita comunque come più accentuata) di quella che caratterizzava il quadro di partenza; l'evento suc- cessivo è costituito spesso dalla ripresa dell'assunzione dell’ipnotico. Gli inconvenienti descritti vanno evitati ricorrendo ad un’accurata scelta del farmaco e ad una stretta sorveglianza del suo uso, in termini di quantità e di tempo ed impegnando il paziente a restare sotto controllo medico, evitando l’autoprescrizione.

Insonnia idiopatica Si intende con questo termine un’incapacità di ottenere un sonno soddi- sfacente sin dalla nascita e per tutta la vita a causa di un inadeguato con-

36 Caleidoscopio M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

trollo neurologico del sistema sonno-veglia [63, 64]. Fino a che l’insonnia è lieve o moderata, le funzioni psicologiche appaiono compensate, ma se l’in- sonnia è grave, il quadro psicologico può evolvere verso uno stato depressi- vo. A causa della persistente durata del disturbo, alcuni pazienti abusano di farmaci ipnotici o di alcol nel tentativo di indurre il sonno. Più raro è l’abu- so di caffè e altre sostanze stimolanti per combattere la sonnolenza diurna. Lo studio polisonnografico evidenzia un marcato allungamento della laten- za di addormentamento, forte riduzione dell’efficienza del sonno con incre- mento del numero e della durata dei risvegli notturni. L’estrema fragilità del sonno viene espressa da un numero elevato di microrisvegli ed una conse- guente esagerata frammentazione del profilo ipnico. L’eventuale substrato organico può risiedere in uno squilibrio neurochimico nei molteplici sistemi d regolazione del sonno (sistema reticolare attivatore ascendente, nuclei del tronco cerebrale ecc.); sembrano principalmente coinvolte le vie metaboliche serotoninergiche, specie nei casi con eccessiva sonnolenza diurna. Trattamento L’uso di tecniche di biofeedback mira a regolarizzare i ritmi cerebrali in veglia con il presupposto di rafforzare i ritmi propri del sonno durante la notte, rendendolo più profondo e più stabile. Oltre ai comuni ipnotici, dosi ridotte di amitriptilina (10-50 mg alla sera) spesso migliorano il sonno.

Insonnie secondarie

Dissonnia da sindrome delle gambe senza riposo Nella classificazione internazionale dei disturbi del sonno (ICDS 90) la sindro- me delle gambe senza riposo, Restless Legs Sindrome (RLS), viene posta tra le dissonnie intrinseche. Essa è caratterizzata da una sensazione sgradevole, riferita come interna e localizzata più tipicamente tra il ginocchio e la cavi- glia, che insorge a riposo nella tarda serata e specialmente nella fase di rilas- samento muscolare che usualmente precede il sonno. La sintomatologia viene alleviata solo dal movimento e a volte è talmen- te intensa da produrre la necessità di alzarsi, camminare, poggiare il piede su di una superficie fredda. Ciò interferisce severamente con la possibilità di dare inizio al sonno, causando un'insonnia particolarmente severa con disturbi emozionali tali da portare alla depressione e, in rari casi, al suicidio. La sintomatologia è in genere bilaterale ma può presentarsi prevalentemen- te da un lato; occasionalmente possono essere interessati anche gli arti supe- riori. La prevalenza nella popolazione generale è intorno al 5%. Incidenze più alte si ritrovano nelle donne in gravidanza (11-27%) e nell'anemia side- ropenica (24-42%) [65,66]. La severità dei sintomi varia ampiamente nel corso

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della vita essendo non infrequenti periodi di remissione totale. L'età d’in- so r genza è estremamente variabile. Spesso i pazienti si rivolgono al medico molti anni dopo l'inizio della sintomatologia. La prevalenza è apparen t e m e n - te più alta nel sesso femminile, in probabile rapporto con l'esacerbarsi dei sin- tomi che può verificarsi in gravidanza e in menopausa. In alcuni casi la sin- dr ome è ereditaria con modalità di trasmissione autosomica dominante. La RLS si presenta spesso associata con mielopatie e neuropatie croniche, con l'anemia, il diabete, l'insufficienza respiratoria cronica, il cancro, l'insuf- ficienza venosa e con l'assunzione d’alcuni farmaci (caffeina, ß-bloccanti, fenotiazine) [67]. Nei casi idiopatici gli esami di laboratorio e l'elettromio- grafia sono negativi. Il quadro polisonnografico d'insieme mostra un sonno fortemente disturbato caratterizzato da numerosi addormentamenti inter- rotti da risvegli, aumento della rappresentazione percentuale delle fasi di sonno leggero 1 e 2, diminuzione delle fasi di sonno profondo 3 e 4, frequenti cambiamenti di fase, tempo ed efficienza del sonno ridotti. La macrostruttu- ra del sonno presenta un'irregolare distribuzione del sonno, con perdita della regolare dinamica ciclica delle attività EEGrafiche lente; la microstrut- tura è caratterizzata da un aumento dei periodi d’instabilità. Trattamento Farmaci benzodiazepinici Alcune benzodiazepine, come l'alprazolam, il nitrazepam, il temazepam, il triazolam e il clonazepam, che è il più diffusa- mente studiato, sono state impiegate con apparente successo; in realtà i risul- tati appaiono alquanto contraddittori, in quanto il risultato positivo consiste- rebbe in una più rapida induzione del sonno e in una diminuzione dei risve- gli legati ai movimenti periodici delle gambe piuttosto, che in un effettivo miglioramento della sintomatologia; inoltre, la permanenza dei benefici appare limitata nel tempo. Effetti collaterali, consistenti in un'eccessiva son- nolenza diurna e nell'induzione o nell'aggravamento di una sindrome da apnee morfeiche, sono stati segnalati specie nei pazienti più anziani. Studi controllati hanno dimostrato che L-dopa, associata ad inibitori della decarbossilasi periferica, è efficace nel ridurre stabilmente i movimen- ti della RLS. Tuttavia si può assistere ad un incremento della sintomatologia diurna e ad un rebound dei PLMS nell'ultima parte della notte, qualora la L- dopa venga somministrata in una singola dose serale. L'uso di preparati a rilascio controllato però può risolvere tali problemi. Risultati benefici ven- gono riferiti con l'uso di farmaci dopaminergici [68].

Dissonnia da movimenti periodici La sindrome da movimenti periodici delle gambe durante il sonno (PLMS), sinonimo mioclono notturno, è classificata tra le dissonnie intrinse- che. Essa è caratterizzata da contrazioni muscolari stereotipate, periodiche, in uno o in entrambi gli arti inferiori, che intervengono nel sonno, special-

38 Caleidoscopio M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

mente in quello leggero (Figura 16). Le scosse miocloniche consistono in movimenti d’estensione dell'alluce e dorsiflessione della caviglia, seguiti talora dalla flessione del ginocchio e dell'anca, che durano generalmente da 0,5 a 5 secondi e si manifestano periodicamente ogni 20-40 secondi circa. Essi tendono a raggrupparsi, in genere, in episodi che possono durare anche alcune ore, iniziando generalmente durante gli stadi di sonno 1 e 2 e salvo persistere durante il sonno lento e la fase REM. Durante il sonno REM sono di solito meno intensi, più corti e meno ritmici; nello stadio 2 sono frequen- temente accompagnati da un microrisveglio.

Figura 16. Esempio di tracciato polisonnografico della durata di 30 secondi in un soggetto con mioclono notturno. In questo esempio si eviden - zia la periodicità tipica della scossa mioclonica di 20-40 secondi che non deve necessariamente essere sempre simmetrica.

La sindrome da PLMS viene raramente diagnosticata negli individui gio- vani e la sua incidenza cresce con l'età al punto che può essere osservata in circa il 44% dei soggetti di età superiore ai 65 anni [69]; pur rappresentando un'entità nosologica distinta dalla sindrome delle gambe senza riposo [70] si associa con essa in circa il 50% dei casi. La sindrome è presente in una vasta gamma di patologie come la corea di Huntington, la sclerosi laterale amio- trofica, le mielopatie croniche, le neuropatie periferiche, l'uremia e nel 30% circa dei pazienti con apnee morfeiche. Va inoltre ricordato che i movimenti periodici possono essere indotti da farmaci antidepressivi triciclici o dalla sospensione di farmaci anticonvulsivanti, benzodiazepine, barbiturici e altri ipnotici. E' degno di nota il fatto che i PLMS sono stati incidentalmente riscontrati in soggetti del tutto sani, nella misura dell'11% circa. Non è nota una prevalenza legata al sesso.

Caleidoscopio 39 M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

L'effettiva incidenza dei PLMS come causa di insonnia è ancora contro- versa; sembra però di poter concludere che i movimenti periodici delle gambe da soli, pur potendo indurre una frammentazione del sonno, non rappresentano mai un fattore decisivo nella patogenesi dell'insonnia stessa. Alcune osservazioni suggeriscono che i PLMS e la RLS possono essere considerate manifestazioni cliniche di una stessa disfunzione del sistema nervoso centrale. Ad esempio, nei pazienti con RLS, durante l’esecuzione del test d’immobilizzazione forzata delle gambe, i movimenti assumono una componente periodica simile ai PLMS; inoltre, è facile osservare come i movimenti tipici della RLS nel passaggio tra la veglia e il sonno assumono gradualmente le caratteristiche dei PLMS, e infine, come quasi tutti i farma- ci efficaci nel trattamento del RLS sopprimono anche i PLMS in quei pazien- ti affetti contemporaneamente dalle due sindromi. Di particolare interesse appaiono i legami tra la periodicità dei PLMS (20-40 secondi) e quella presentata da altri fenomeni durante il sonno, e in particolare la pressione sanguigna, la respirazione e il tracciato alternante ciclico. L'insieme di queste osservazioni suggerisce l'ipotesi di un comune pace-maker per tali fenomeni, di un'origine sottocorticale dei PLMS e dì una regolazione da parte di fluttuazioni ritmiche dell'eccitabilità della sostanza reticolare del tronco encefalico. Trattamento Nessun trattamento è consigliabile per la sindrome da PLMS che non comporti alterazioni della struttura e della continuità del sonno. Le benzo- diazepine, specialmente il clonazepam, rappresentano il trattamento d’ele- zione nei casi meno gravi; la L-dopa e i dopaminoagonisti appaiono netta- mente più efficaci e indicati quindi nei casi più gravi. L'uso degli oppioidi dovrebbe essere limitato a quei pazienti con sintomatologia più severa e non responsivi alle precedenti terapie.

Dissonnia da apnee ostruttive morfeiche La Sindrome delle apnee ostruttive in sonno (OSAS) è caratterizzata da ripetuti episodi di occlusione delle vie aeree superiori durante il sonno (Figura 17). Il numero di questi eventi respiratori può oscillare, in relazione alla gravità della sindrome, tra 10 a più di 100 eventi per ora. La prevalenza è del 3,3% tra i maschi con un picco che si colloca intorno a 55 anni, nelle femmine l’OSAS può essere frequente, specie dopo la menopausa. Un altro picco di prevalenza si ritrova nei bambini di età inferiore di 6 anni (1,5-3,5%), soprattutto in alcuni gruppi a rischio, quali i portatori di macroglossia, dismorfismi cranio-facciali e ipertrofia adeno-tonsillare. L’occlusione parziale o totale delle vie aeree superiori è correlata allo svi- luppo di pressione subatmosferica intratoracica durante l’inspirazione.

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Figura 17. Due esempi di tracciato della durata di 30 secondi ciscuno in un soggetto affetto dalla sindrome delle apnee ostruttive in sonno. L’esempio in alto (A) mostra una condizione di comparsa subcontinua di apnee di tipo ostruttive (l’ampiezza delle oscillazioni del flusso oro-nasale si azzera mentre a livello delle cinture toraciche ed addominali si registra solo una riduzione dell’ampiezza, ma non un appiattimento completo. Nell’esempio in basso (B) la fase risolutiva degli eventi è inoltre associata alla comparsa di una scossa mioclonica.

Questa pressione subatmosferica è trasmessa alla regione faringea, crean- do una sorta di “aspirazione” sui tessuti molli e sui muscoli dilatatori delle

Caleidoscopio 41 M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

vie aeree superiori che hanno il compito di mantenere pervie tali vie, con- traendosi normalmente prima dell’inspirazione. Durante il sonno, in questi muscoli, ed in particolar modo nei muscoli genioglosso e genioioideo, la forza contrattile si riduce di molto, favorendo lo sviluppo di una resistenza inspiratoria anomala nelle vie aeree superiori, che può dar luogo a occlusio- ne parziale o totale. Le anomalie anatomiche o fisiologiche delle vie aeree superiori riducono l’entità di pervietà oltre un livello critico o limitano l’at- tività dei relativi muscoli dilatatori, aumentando le resistenze delle vie aeree superiori e causando un collasso più o meno pronunciato. La ripresa della ventilazione dopo un’apnea si verifica solo attraverso un alleggerimento del sonno o un risveglio vero e proprio. Ciò comporta una frammentazione del sonno non solo a livello macrostrutturale (riduzione della percentuale delle fasi di sonno NREM 3 e 4 e della fase REM) ma anche a livello microstruttu- rale (elevata instabilità del sonno ed aumento del rate di tracciato alternante ciclico). Ciascuna apnea può inoltre accompagnarsi ad ipossia, talora parti- colarmente severa, con valori di SaO2 che possono raggiungere livelli intor- no al 60 %. In questi pazienti, inoltre, si presenta un deficit di secrezione del- l’ormone della crescita e di testosterone, correlato alla riduzione, talvolta anche alla scomparsa delle fasi profonde del sonno NREM, in cui normal- mente questo ormone viene prodotto. In 2/3 dei pazienti con OSAS, inoltre, la secrezione del peptide natriuretico atriale è aumentata, e l’attività del sistema renina-angiotensina-aldosterone è depressa, aumentando la natriu- resi e la diuresi con conseguente insorgenza di edemi periferici e di emo- concentrazione, con aumento della viscosità del sangue. In concomitanza alle apnee, ed in rapporto alla loro lunghezza, possono manifestarsi intense oscillazioni acute dei valori di pressione arteriosa sistemica e polmonare e frequenza cardiaca, per attivazione di riflessi neurovegetativi in risposta all’ipossia, alle modificazioni della pressione negativa intratoracica, ai mec- canismi di arousal e, naturalmente , anche allo stadio del sonno in cui si veri- ficano le apnee (più intense e prolungate durante il sonno REM). Gli eventi che si verificano acutamente in corso di apnea possono com- portare conseguenze permanenti. A livello respiratorio si può sviluppare una ipoventilazione permanente con ipercapnia diurna. La riduzione della libido, riferita spesso dal paziente con OSAS, potrebbe essere messa in rela- zione alla riduzione del tasso plasmatico del testosterone libero e totale. Lo sviluppo di ipertensione polmonare sembra legata ad un’alterata funziona- lità polmonare con ipossiemia permanente; in questi casi si può manifestare anche una insufficienza cardiaca destra. Queste alterazioni emodinamiche sarebbero legate all’aumento di catecolamine circolanti e del tono simpatico conseguenti ai fenomeni di desaturazione di ossigeno ed ai frequenti risve- gli, e ad un fenomeno di down-regulation dei barocettori a causa delle inten- se oscillazioni della pressione arteriosa in rapporto alle apnee. L’azione di

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tutti questi fattori implica uno squilibrio dell’omeostasi fisiologica a vari livelli (sitema nervoso centrale e vegetativo, ormonale, vascolare etc.) ed aumenta il rischio di ischemia cerebrale, principalmente per un aumentata viscosità del sangue e la conseguente formazione di microtrombi [71]. Recentemente è stato inoltre dimostrato che nei soggetti con OSAS la pre- senza di uno shunt interatriale, da forame ovale pervio, sia più elevata rispetto alla popolazione normale [72]. Questo tipo di shunt, quando pre- sente, predispone il soggetto ad un elevato rischio di ictus, perché permette- rebbe il passaggio dei microtrombi dal circolo venoso a quello arterioso. Si è visto che durante le apnee questo shunt avviene ogni volta che la durata delle apnee supera 17 secondi [73]. Generalmente, i pazienti si rivolgono al medico per la presenza di due sintomi maggiori: il russamento e la sonno- lenza diurna [74]. Nei pazienti con OSAS il russamento assume caratteristi- che peculiari: è un forte russamento di tipo gutturale, presente da lungo tempo, interrotto da pause respiratorie, seguite da una ripresa della ventila- zione particolarmente rumorosa. Accanto ai segni maggiori il paziente rife- risce segni minori, costituiti da risvegli frequenti per la necessità di urinare, da improvvise sensazioni di soffocamento o per abbondante sudorazione. Il risveglio mattutino è spesso caratterizzato da cefalea di breve durata e sec- chezza delle fauci. Si accompagnano disturbi cognitivi con difficoltà di con- centrazione e di memorizzazione, problemi sessuali con riduzione della libi- do fino all’impotenza e talvolta modificazioni del carattere, generalmente nel senso dell’irritabilità (soprattutto nei bambini, dove si osserva spesso anche agitazione psicomotoria). I pazienti con OSAS sono frequentemente obesi (70%); in particolare sembra di valore predittivo la presenza di valori elevati della circonferenza del collo (>43 cm) e la distribuzione assiale del tessuto adiposo. Principale causa, e/o concausa, responsabile dell’occlusio- ne delle prime vie aeree può essere la presenza di anomalie cranio-facciali (retrognazia e micrognazia, angolazione del basicranio), ostruzioni nasali, ipertrofia tonsillare e/o adenoidea, palato ogivale, prolasso dell’ugola, macroglossia, edema della laringe. L’ipertensione, inizialmente solo diastoli- ca, è spesso presente. L’OSAS è frequentemente associata a broncopneumo- patia cronica ostruttiva, in questo caso si parla di Overlap Syndrome. In que- sti casi è possibile che si instauri rapidamente un’ipoventilazione diurna, con aspetti clinici tipo cuore polmonare cronico. E’ fondamentale distingue- re il russamento tipico dell’OSAS da uno spasmo laringeo, possibile espres- sione di altre patologie neurologiche di tipo degenerativo (p.e. Atrofia Multisistemica Progressiva, Sclerosi Laterale Amiotrofica). Per questo moti- vo è indispensabile sottoporre il paziente ad un esame neurologico comple- to. Per una diagnosi corretta è necessario eseguire indagini strumentali, quali la polisonnografia notturna (PSG) completa. Oltre ai canali EEG e poli-

Caleidoscopio 43 M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

grafici comuni è necessario registrare, per l’intera durata del sonno nottur- no, il flusso aereo oronasale, i movimenti respirartorii toraco-addominali, l’elettromiogramma dei muscoli tibiali, l’elettrocardiogramma ed i livelli di saturazione di ossigeno. Ciò consente una valutazione quantitativa e quali- tativa della severità della sindrome, indicando il tipo di apnea (ostruttiva, centrale o mista), permettendo di calcolare l’indice orario di apnea/ipopnea, l’entità delle desaturazioni di O2, le variazioni della frequenza cardiaca, la presenza di movimenti periodici durante il sonno e il sovvertimento dell’ar- chitettura ipnica. L’iter diagnostico, infine, andrebbe completato con le prove di funzionalità respiratoria, la rinomanometria e la cefalometria. L’O- SAS segue un’evoluzione naturale dallo stadio 0 con il solo russamento asso- ciato a lieve sonnolenza diurna fino allo stadio 3, in cui l’ipoventilazione alveolare è presente anche durante la veglia e si evidenziano gravi disturbi cardiocircolatori. Trattamento Non esistono trattamenti farmacologici risultati efficaci. In caso di OSAS di grado lieve, generalmente di tipo posizionale ed in relazione spesso al sovrappeso, sono sufficienti alcune raccomandazioni volte a promuovere la perdita di peso e ad evitare l’assunzione di sostanze che possono deprimere il sistema nervoso centrale come etanolo e sedativi. Se viene accertata una relazione con la posizione assunta durante il sonno, è bene raccomandare al paziente di evitare il decubito supino con opportuni accorgimenti (uso di palla da tennis posizionata fra le scapole, cuscino cuneiforme, dispositivo sonoro che viene attivato quando il paziente assume la posizione supina). CPAP e BIPAP Questi dispositivi a pressione positiva continua (CPAP), o a pressione differenziata per inspirazione ed espirazione (BIPAP), rappresentano il trat- tamento più efficace nella terapia dell’OSAS. Essi comprimono l’aria ambientale e la incanalano ad una data pressione in una maschera nasale o naso-buccale in modo da garantire la pervietà delle vie aeree superiori. L’entità della pressione deve essere stabilita individualmente per ciascun paziente, tenendo conto del fatto che la pressione ottimale è quella minima richiesta per eliminare completamente le apnee ostruttive, le ipopnee ed il russamento. La BIPAP viene principalmente utilizzata per trattare pazienti che richiedono valori pressori molto elevati, tali da rendere fastidiosa l’espi- razione, oppure in caso di pazienti con Overlap Syndrome. Negli ultimi anni si sono resi disponibili dispositivi CPAP autotaranti in grado di riconoscere autonomamente gli eventi respiratori patologici e di erogare al soggetto pressioni variabili in relazione alle sue necessità. Risultano particolarmente utili in pazienti con OSAS di grado medio-elevato, in cui i valori di pressio- ne terapeutica variano molto in rapporto alla posizione assunta dal sogget-

44 Caleidoscopio M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

to ed al tipo di sonno (NREM-REM). Gli svantaggi della CPAP consistono nella resistenza psicologica che il paziente oppone di notte nell’affidarsi ad una macchina, nella comparsa di claustrofobia o sensazioni di soffocamento in relazione all’apertura della bocca. La compliance (intorno al 60-80% dei pazienti) è in relazione con la gravità della sonnolenza diurna e viene enor- memente aumentata mediante una paziente opera di persuasione e con intenso allenamento respiratorio. Approcci Chirurgici I pazienti più adatti per un approccio chirurgico sono generalmente quel- li di grado medio-lieve, oppure quelli che, anche se di grado severo, presen- tano anormalità cranio-facciali o faringee di entità tale da rappresentare la componente predominante tra le cause dell’OSAS. Al fine di risolvere l’o- struzione delle vie aeree superiori, l’intervento viene personalizzato sulla base della valutazione globale dei tre livelli possibili di ostruzione potenzia- le: il naso (plastica del setto, polipectomia, o riduzione dei turbinati), il pala- to molle (resezione tramite uvolopalatofaringoplastica, uvolopalatoplastica, uvoloflap), la base della lingua (avanzamento dello ioide e della lingua). Spesso occorre intervenire su più livelli, in tempi diversi o contemporanea- mente. Il russamento sottopone il faringe a continui sussulti vibratori, tali da causare negli anni, insieme agli eventi respiratori ostruttivi, irritazione della mucosa faringea ed edema del faringe. Per questo motivo tutti i pazienti indirizzati verso l’intervento chirurgico devono comunque essere stati trat- tati per alcuni mesi con un dispositivo CPAP per ridurre l’entità dell’edema faringeo. La tracheostomia ha rappresentato il primo trattamento chirurgico per l’OSAS. Oggi questo tipo di intervento risulta necessario soltanto in casi disperati e molto particolari. Anche se praticata di rado, la tracheostomia consente un netto e immediato miglioramento ai soggetti con OSAS severa. Applicazione dentarie Questo tipo di terapia può essere applicata in pazienti con OSAS di grado medio-lieve, quando le apnee sono principalmente dovute a retro- gnazia ed il paziente, in genere giovane, non riesce a sopportare (per motivi psicologici o fisici) un trattamento con un dispositivo CPAP. Tuttavia, lo spa- zio guadagnato è molto più limitato che nei procedimenti chirurgici. Il van- taggio di questi metodi rispetto alla chirurgia è che essi non comportano alcuna variazione anatomica permanente né alcun rischio chirurgico.

Disturbi dell’inizio del sonno “per associazione” Sono quadri d’insonnia che s’instaurano in un bambino quando, nello stato di veglia che precede l’addormentamento, vengono improvvisamente a mancare oggetti, situazioni o cerimoniali che normalmente accompagnano l’addormentamento stesso. Questi possono essere costituiti da attivi inter-

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venti di chi gestisce il bambino (cullarlo, tenerlo in braccio ecc) o dalla per- cezione passiva di aspetti ripetitivi (la presenza costante di una luce ecc).

Disturbo del sonno “per mancata identificazione del limite” Si tratta di una forma di riduzione del tempo di sonno che usualmente insorge nell’età in cui il bimbo recupera un’autonomia motoria che gli per- mette di allontanarsi volontariamente dal posto per dormire. Se si stabilisce il disturbo, il bambino inventa una serie di sotterfugi che hanno l’intento di prolungare il periodo di veglia e di permettergli di rimanere al di fuori del limite (temporale, logistico): bisogno di bere, bisogno di andare al bagno ecc. La perdita del sonno non è solo del momento di addormentarsi, ma può rein- staurarsi anche nel cuore della notte, successivamente ad un risveglio not- turno. La mancanza di direttive precise può far sorgere nel bambino una situazione di ansia, che a sua volta rinforza il meccanismo dell’insonnia e amplifica il disturbo. Trattamento La scomparsa del disturbo è condizionata dalla capacità, da parte di chi accudisce il bambino, di far recepire il messaggio che il momento di andare a letto è definito da regole inderogabili.

Insonnia da inadeguata igiene del sonno Si tratta di una forma di insonnia che può già iniziare in età anche preco- ce, quando prende origine da comportamenti inadeguati di chi ha la respon- sabilità di accudire i bambini (in genere i genitori). In questi casi non viene organizzata la giornata del bambino in uno schema minimamente ordinato e regolare. Quando persegue fino ad un età post-adolescenziale diventano però importanti anche scelte e abitudini personali. Può anche esordire solo in età adulta, e si caratterizza allora o per la messa in atto di comportamenti che non facilitano l’addormentamento o per la presenza, all’interno dell’ambiente in cui si deve dormire, di elementi o situazioni capaci di ostacolare il sonno stesso. Il disturbo riguarda tutta la giornata, nel senso che può consistere in una difficoltà ad addormentarsi, in risvegli notturni ripetuti di varia durata, ma anche in una disorganizzazione riguardante i momenti di riposo diurno che possono interferire con la qualità del sonno notturno per una riduzione della potenza del processo omeostatico che si “scarica” ogniqualvolta si dorme. Trattamento Consiste nel ristabilire regole di vita precise, basate sul buon senso, per eliminare questo tipo di insonnia. In altri pazienti, un’anormale o errata loro risposta ad occasionali episodi di insonnia può avere instaurato un circolo vizioso (uso ed abuso di alcolici o di ipnotici, riposi diurni ecc.) per cui una

46 Caleidoscopio M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

semplice correzione di tali comportamenti può rappresentare un fondamen- tale e definitivo aiuto. I consigli da suggerire al paziente per abitudini favorenti un buon sonno si possono schematizzare nel seguente modo: 1. favorire la regolarità del ritmo sonno-veglia, mantenendo costanti sia l’ora di coricarsi che quella di sveglia, a prescindere alla qualità del sonno nella notte precedente e/o dall’essere in un periodo di vacanza; 2. se trenta minuti dopo essersi coricati si è ancora svegli conviene alzarsi e cercare di rilassarsi in un altro modo, e non insistere nel volersi addormentare; 3. limitare l’uso della camera da letto esclusivamente al sonno, evitan- do di utilizzarla per mangiare,leggere, lavorare o guardare la televisione ecc.; 4. evitare di fare esercizio fisico nelle ore immediatamente precedenti l’addormentamento (dopo le 19), tende ad evitare il fisiologico abbassa- mento della temperatura corporea in concomitanza con le ore notturne; 5. evitare attività mentali troppo impegnative o letture o spettacoli emotivamente disturbanti o intellettualmente esigenti prima di coricarsi; 6. non consumare alcol, caffè o bevande contenenti caffeina alla sera; 7. evitare di andare a letto a digiuno o dopo un pasto eccessivo; 8. evitare il fumo prima di coricarsi; 9. evitare di dormire durante il giorno o alla sera davanti al televisore; 10. far in modo che la camera da letto sia buia, fresca e silenziosa; 11. allontanare la sveglia da una visione diretta; 12. crearsi delle abitudini prima di andare a letto (sconsigliato però in persone con disturbi di tipo ossessivo-compulsivo); 13. evitare di fare bagni caldi o docce bollenti immediatamente prima di coricarsi (un bagno caldo fa rilassare la muscolatura, ma si oppone al fisiologico abbassamento della temperatura corporea nelle ore notturne); 14. evitare di utilizzare farmaci che possono interferire con l’organizza- zione e lo sviluppo del sonno.

Sindrome da “sonno insufficiente” Si definiscono situazioni nelle quali un soggetto, in assenza di patologia psichica o fisica, riduce senza una coscienza attuale del fenomeno, il suo sonno quotidiano, avendone delle conseguenze sul piano sintomatologico e comportamentale. Questa sindrome consiste in una riduzione quantitativa del sonno che mantiene inalterati i suoi aspetti qualitativi; la comparsa di disturbi durante lo stato di veglia, la possibilità immediata di un ritorno ad una normale rappresentazione quantitativa del sonno quando si realizzi una condizione a ciò favorevole.

Caleidoscopio 47 M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

Trattamento Il provvedimento terapeutico efficace è costituito solo dalla presa di coscienza e dalla identificazione corretta da parte del paziente della causa dei suoi disturbi con una conseguente mutata organizzazione dell’attività e degli orari quotidiani di sonno-veglia.

Insonnia da assunzione durante la notte di cibo/bevande Si può manifestare sia in età infantile sia in età adulta. Nei primi mesi di vita il lattante fisiologicamente si sveglia nella notte per chiedere cibo, ma l’organizzazione dell’attività quotidiana e la crescita rendono sempre meno efficaci i cosiddetti segnali notturni della fame, in modo tale che normal- mente i risvegli durante il sonno di notte gradatamente si riducono fino a scomparire. Nella sindrome dell’insonnia da assunzione notturna di cibo o bevande, la fame è più di tipo “appreso” che reale, ossia non è causata da un vero deficit nutrizionale ( semmai, la quantità di cibo assunta nelle 24 ore risulta alla fine eccessiva). Nell’adulto è nota come “night-eating sindrome” (NES), caratterizzata clinicamente dalla triade iperfagia notturna, insonnia e anoressia mattutina. Si tratta in genere di soggetti attorno ai 35 anni, sovrappeso , nella stragran- de maggioranza dei casi, di sesso femminile. La NES è caratterizzata dal assenza di patologia psichiatrica, anche se gli episodi patologici notturni sono caratterizzati costantemente da una componente compulsiva di spicca- ta entità ed il soggetto non riesce a riaddormentarsi senza aver ingerito cibo o bevande. Il risveglio notturno ha assolutamente caratteristiche di norma- lità. Gli episodi critici sembrano indipendenti rispetto alle specifiche fasi del sonno. Trattamento Nel bambino l’intervento terapeutico è in questo caso di tipo comporta- mentale e mira da un lato a ridurre la quantità di cibo somministrato ogni volta che il bimbo lo richieda per addormentarsi, dall’altra ad aumentare gradatamente il tempo che intercorre dal momento del risveglio notturno a quello della somministrazione del cibo. Nell’adulto la night eating syndrome viene trattata con d-fenfluramina che ha mostrato costantemente alti livelli di efficacia.

Sostanze che causano insonnia (uso ed abuso) Sostanze ad azione stimolante sul sistema nervoso centrale Le sostanze che, in misura tuttavia differente in termini quantitativi, pos- sono rientrare in questo categoria sono l’amfetamina e le altre sostanze amfe- tamino-simili (amine simpaticomimetiche) come la cocaina, la nicotina, le metilxantine (caffeina, teina e anche teofillina). Vengono utilizzate a livello terapeutico per la presenza di effetti simpaticomimetici periferici, la riduzio- ne del senso di fame o il controllo dell’eccitamento e dei disturbi dell’atten-

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zione nell’età infantile. L’insonnia che queste sostanze possono indurre si inserisce nell’effetto più generale della stimolazione del sistema nervoso. Si assiste quindi ad un aumento generale di attività neuronale per incremento dell’eccitabilità, dipendente o da un blocco di meccanismi inibitori o da sol- lecitazione di meccanismi eccitatori, stimolando sia a livello delle strutture corticali che a livello dei distretti profondi sottocorticali. Genericamente que- ste sostanze riducono la quantità di sonno REM con allungamento anche della sua latenza, riducono il sonno a onde lente ed aumentano globalmen- te il tempo di veglia.

Sostanze che deprimono il SNC I farmaci ai quali si fa di solito riferimento in questo caso sono fonda- mentalmente i barbiturici e le benzodiazepine (anche se non solo questi). E’ notare che proprio i farmaci utilizzati per curare l’insonnia posso- no invece essere loro stessi responsabili della comparsa o dell’aggravamen- to di un quadro di insonnia. Infatti il ripristino di un sonno comportamen- tale solo apparentemente normale potrebbe essere una specie di insonnia. Questi farmaci riducono la latenza di sonno e diminuiscono i risvegli not- turni ma alterano l’organizzazione ipnica riducendo d’altra parte la quantità di sonno REM e delle fasi più lente del sonno a favore di una espansa fase II di sonno più superficiale. L’uso di sedativi od ipnotici possono comunque dare origine a problemi di insonnia vera e propria. Questo può succedere: 1. conseguentemente ad un uso eccessivo (e/o prolungato ) del farmaco; 2. all’atto della sua sospensione; 3. per meccanismi farmacocinetici intrinseci al farmaco stesso. L’uso eccessivo e/o prolungato di un ipnotico, d’altra parte, conduce qua- si costantemente ad una situazione di tolleranza con passi successivi obbliga- ti, che sono costituiti da una caduta dell’efficacia e dal successivo increm e n t o della dose: tutti e due questi momenti alterano ulteriormente il sonno con comparsa di segni reali di insonnia. Gli inconvenienti descritti sono molto dif- ficili da eliminare una volta che si siano instaurati. Ogni sforzo deve essere fatto perciò perché tali situazioni non si realizzino e ciò si ottiene con una attenta, oculata prescrizione del farmaco e una stretta sorveglianza sul suo uso, in termini di quantità e di tempo, impegnando il paziente a res t a r e sotto co n t r ollo medico e a farsi control l a r e frequentemente senza che periodi trop - po lunghi di autosomministrazione siano trascorsi. Il tempo di assunzione di queste sostanze non dovrebbe comunque superare le 6 settimane al massimo.

Alcool E’ necessario distinguere tre condizioni di assunzione: acuta, cronica o di brusca interruzione rispetto all’assunzione. Si passa da un iniziale aumento delle fasi più profonde del sonno lento (fasi III e IV), ad una frammentazio- ne del sonno REM e ad un incremento dei risvegli e dei cambiamenti di fase,

Caleidoscopio 49 M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

soprattutto nella seconda metà della notte quando il livello alcolemico dimi- nuisce (assunzione acuta), per raggiungere in seguito ad assunzione prolun- gata di alcol, una condizione più chiara di insonnia con riduzione del sonno REM e del sonno ad onde lente (fasi II e IV), associata ad alterata regolarità del sonno nel suo complesso con numerosi risvegli più o meno lunghi ed nu- merosi microrisvegli (condizione di iperarousal). La tolleranza causa conse- guentemente ridotta efficacia nell’induzione e nel mantenimento del sonno. In seguito alla sospensione appare una situazione di insonnia talora ancora più grave per intensità e disturbi associati, rispetto alla condizione di asti- nenza di partenza. Queste modificazioni, persistendo l’astinenza, tendono a ridursi con un graduale progressivo ritorno alla normalità entro un anno.

Altre sostanze Altre sostanze che si sono mostrate capaci di alterare la struttura ipnica, soprattutto nel senso dell’insonnia, appartengono a classi di farmaci di comune impiego nella pratica clinica. Sono da evidenziare in particolar modo alcuni ipotensivi, alcuni antiaritmici, un miorilassante, la L-DOPA, talora gli antiepilettici. Abbastanza spesso si tratta di sostanze liposolubili attive sulla membrana cellulare o di sostanze in grado di intervenire a livel- lo neurotrasmettitoriale. Questi prodotti possono alterare in varia misura e in diversa direzione l’organizzazione ipnica, ma possono avere effetti anche opposti a dosaggi diversi. In questo stesso gruppo possono essere poste sostanze tossiche o metalli pesanti in grado di alterare il livello di coscienza ( e quindi il sonno) nel senso dell’eccitazione o in quello della sedazione, non solo a dosaggio diverso (di solito, basse dosi: insonnia; alte dosi: sonnolenza e sedazione) ma successivamente in tutti e due i sensi all’interno dello stes- so episodio di intossicazione.

Ipersonnie

Con ipersonnia si intende una condizione di eccessiva sonnolenza diur- na che può comportare frequenti assopimenti od addormentamenti anche di breve durata. La più comune causa di eccessiva sonnolenza diurna, nella nostra società, è la deprivazione cronica di sonno. Dormiamo il 20% meno dei nostri antenati di un secolo fa. Circa il 20% dei lavoratori nelle società industrializzate è addetto a turni di notte. E’ stato dimostrato che i lavorato- ri turnisti con turni notturni dormono in media 8 ore in meno alla settimana dei lavoratori diurni, perdita pari a un'intera notte di sonno ogni settimana. Si dovrebbe sottolineare che la quantità sufficiente di sonno non è misurabi- le in termini di ore assolute di sonno ottenuto, ma dalla capacità di dormire

50 Caleidoscopio M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

in misura sufficiente per svegliarsi riposati e ristabiliti. La sonnolenza diur- na eccessiva è la conseguenza inevitabile di un sonno notturno quantitativa- mente e/o qualitativamente insufficiente. L’eccessiva sonnolenza diurna può essere legata a numerose cause: mediche, farmacologiche (farmaci neu- ropsicotropi ad azione depressiva sul SNC, antiistaminici, calcio-antagonisti immunosopressori etc.). La privazione di sonno, volontaria o determinata da fattori sociali, l’insonnia, i disturbi del sonno ed in particolare l’OSAS, il “maladattamento” al lavoro notturno determinano costantemente sonnolen- za diurna. L’impatto della sonnolenza ha serie conseguenze mediche e socia- li; infatti, dati della letteratura mostrano come l’eccessiva sonnolenza può aumentare il rischio di errori umani ed in particolare di infortuni sul lavoro e di incidenti stradali [75]. In assenza di deprivazione di sonno, il disturbo riferito come eccessiva sonnolenza diurna deve essere considerato molto seriamente. Una sonno- lenza non spiegabile è quasi senza eccezione la conseguenza di un disturbo del sonno identificabile e trattabile, più comunemente una sindrome da apnee morfeiche, una narcolessia o una ipersonnia idiopatica.

Ipersonnie primarie

Narcolessia La narcolessia venne inizialmente classificata come un disturbo psichia- trico primario e solo in un secondo tempo è stata infine riconosciuta come un disturbo neurologico organico del sonno; è caratterizzata dalla possibile dis- sociazione fra sonno e veglia per cui componenti di uno stato (sonno REM o NREM) appaiono in un altro (veglia). Honda e Juiji [76] proposero i seguenti due criteri diagnostici: brevi epi- sodi di sonno diurni ricorrenti e addormentamenti che si verificano quasi ogni giorno per un periodo di almeno sei mesi, unitamente alla conferma cli- nica di cataplessia nell’anamnesi del paziente, in concomitanza alla storia di brevi episodi di sonno. La narcolessia è un disturbo relativamente raro, con una prevalenza dello 0,09%, paragonabile a quella della sclerosi multipla. Presenta una forte com- ponente genetica legata alla presenza del gene dell'antigene linfocitario umano (HLA)-DR2/DQBI*0602 e ad anomalie nella produzione e nell’uti- lizzo del neuropeptide hypocretina. La componente genetica non è di per sé necessaria né sufficiente per causare questa malattia, anche se i fratelli dei pazienti con narcolessia hanno una probabilità di 60 volte maggiore di svi- luppare la malattia. In questi pazienti non sono state dimostrate anomalie strutturali costanti dell'encefalo. La grande maggioranza dei casi è pertanto idiopatica, ma sono stati descritti rari casi di narcolessia sintomatica in pazienti con lesioni del diencefalo, dell'ipotalamo o del ponte.

Caleidoscopio 51 M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

Il disturbo dì solito esordisce nell’ adolescenza o nella prima età adulta, con un'età di esordio che varia dall’infanzia alla senescenza (da 3 a 72 anni di età). Il disturbo, dopo un periodo relativamente breve di progressione immediatamente successivo all'insorgenza, tende a stabilizzarsi ma rara- mente regredisce del tutto. La narcolessia può essere considerata come il risultato di un alterato con- trollo dei limiti fra gli stati di veglia, sonno NREM e sonno REM. Soggetti narcolettici cui sia permesso di dormire ad libitum per un tempo lungo 32 ore non presentano quantità di sonno superiori ai soggetti di controllo. Risulta alterata la distribuzione circadiana del sonno che si presenta in epi- sodi più brevi e più frequenti con un ritmo intorno alle 4 ore [77]. Ciò sem- bra spiegabile con un’iperfunzione relativa dei meccanismi REM-ON (Figura 18-19) [78] che rende ragione, almeno in parte, sia della frammenta- zione del sonno notturno, dell’esordio dello stesso con un episodio di sonno REM e dell’intrusione di sonno REM, NREM o di loro componenti nella veglia diurna. Normalmente tutti gli elementi del sonno REM (sogni, parali- si, movimenti oculari rapidi) appiano insieme e solo durante il sonno REM.

REM on REM off Sistema colinergico Sonno REM Tegmento laterod o r s a l e , Inibitori selettivi Sistema serotinergico del reuptake nuclei peduncolopontini serotinergico nuclei del rafe

Inibitori selettivi del reuptake adrenergico Antidepressivi triciclici modulatori colinergici M2 REM off Cataplessia Sistema adrenergico locus coerulus D2/D3 modulatori autorecettoriali

Sistema colinorecetivo Sistema dopaminergico Sonnolenza sostanza ret i c o l a r e pon- area tegmentale ventrale, tina, proencefalo basale Inibitori del uptake dopaminergico e sostanza nigra maggior rilascio di stimolanti amfitaminici

Ipoattività colinergica deficit di orexina Ipoattività dopaminergica

Figura 18. Rappresentazione schematica dell’alterato rapporto tra centi REM ON, centri REM OFF ed il neuropeptide orexina. Tale squilibrio da frutto alla ricca sintomatologia clinica (manifestazioni di sonno REM in veglia (Cataplessia, sogni lucidi, alucinazioni ipnogogiche, paralisi del sonno), alterazioni del ritmo REM e l’eccessiva sonnolenza diurna).

52 Caleidoscopio M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

Figura 19. Nei soggetti affetti da narcolessia i ritmi di sonno REM e del sonno lento (attività delta) sono rallentati rispetto ai soggetti normali: i picchi di attività delta si raggiungono ogni 240 minuti (rispetto ai 120 minu - ti nei normali) e l’attività REM ON raggiunge la sua massima espressione ogni 120 minuti (rispetto ai 90 minuti nei normali).

Tuttavia nei pazienti narcolettici i sogni e la paralisi possono apparire indipendentemente durante la veglia (Figura 18) [79]. La cataplessia e la paralisi da sonno rappresentano l'inappropriata intrusione o persistenza di atonia correlata al sonno REM nello stato di veglia; conseguenzialmente le allucinazioni ipnagogiche o ipnopompiche rappresentano sogni correlati al sonno REM che si manifestano durante la veglia. La manifestazione clinica primaria della narcolessia è la presenza episo- di di sonno incoercibile (tabella 5), non desiderati o non previsti che durano da secondi a minuti e si manifestano in momenti inappropriati, soprattutto durante periodi di ridotta stimolazione ambientale. Durante i periodi di eccessiva sonnolenza, un breve sonnellino (10-30 minuti) è spesso sufficien- temente ristoratore. Oltre all'eccessiva sonnolenza, molti dei soggetti con narcolessia presentano un sonno notturno frammentato da risvegli di lunga durata. I sintomi accessori della narcolessia comprendono: cataplessia, allu- cinazioni ipnagogiche e paralisi da sonno. La cataplessia, che si manifesta nel 65-70% dei pazienti con narcolessia, è caratterizzata da improvvisa per- dita del tono muscolare, tipicamente scatenata da emozioni come il riso, la rabbia, l'eccitamento, la gioia o la sorpresa. La debolezza muscolare della cataplessia può essere completa, con conseguenti cadute a terra o la neces- sità di sedersi; molto più comunemente, tuttavia, la debolezza è più lieve e focale, assume la forma di ipostenia al viso, disturbi dell’eloquio, debolezza localizzata ad un arto o semplicemente sensazione di cedimento delle ginoc-

Caleidoscopio 53 M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

chia. In genere la mandibola si abbassa, il capo si piega in avanti, le braccia cadono di lato e le ginocchia cedono. Abitualmente un episodio di cataples- sia dura alcuni secondi, ma un attacco può durare anche minuti; gli episodi più lunghi terminano solitamente in un franco episodio di sonno.

Narcolessia certa Narcolessia sospetta

contemporanea presenza · eccessiva sonnolenza o episodi dei due sintomi maggiori di debolezza muscolare improvvisa · almeno uno dei sintomi minori · almeno due segni alla Polisonnografia (PSG) · assenza di comorbilità mediche o psichiatriche capaci di spiegare i sintomi

Sintomi maggiori Sintomi minori · Eccessiva sonnolenza diurna · Allucinazioni ipnagogiche con addormentamenti ricorrenti · Paralisi del sonno · Cataplessia · Comportamenti automatici · Frammentazione del sonno

PSG Sonno notturno: · Latenza all’addormentamento < 10 minuti oppure · Latenza al sonno REM < 20 minuti MSLT: · latenza media all’addormenta mento < 5 minuti oppure · 2 addormentamenti in sonno REM (SOREMPs)

Tabella 5. Criteri diagnostici.

54 Caleidoscopio M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

Tali episodi ricorrenti di debolezza possono evocare attacchi ischemici transitori, crisi comiziali o isteria, mentre i sogni avvertiti durante l'episodio di cataplessia possono essere occasionalmente scambiati per allucinazioni e interpretati erroneamente come manifestazioni di sintomi psichiatrici. La cataplessia può manifestarsi prima dell'esordio della sonnolenza, oppure comparire dopo decenni; nel 30% dei pazienti con narcolessia non si svilup- pa mai. La paralisi al risveglio dopo un episodio di sonno REM è descritta in circa il 60% dei pazienti. Consiste in una paralisi totale del corpo, con rispar- mio dei movimenti respiratori e degli occhi che dura secondi o minuti ed è generalmente assai terrorizzante per il paziente. Le allucinazioni ipnagogi- che (all'inizio del sonno) o ipnopompiche (al risveglio) insorgono nel 12-50% dei casi. Queste allucinazioni sono sogni estremamente vividi, spesso terro- rizzanti, che si manifestano durante la transizione tra veglia e sonno e, occa- sionalmente, si associano a paralisi totale del corpo e a sensazioni di oppres- sione e minaccia. Tali allucinazioni sono più spaventose dei sogni conven- zionali perché le immagini del sogno sorgono dall'ambiente reale rendendo difficile la distinzione tra realtà e sogno. Può essere presente anche paralisi da sonno, con ulteriore aggravamento dell'ansia del paziente. Il comportamento automatico si manifesta molto frequentemente e riflet- te l'insorgenza simultanea o rapidamente oscillante di veglia e sonno NREM, durante la quale gli individui sembrano essere svegli, ma non hanno piena coscienza. Tali episodi di comportamento automatico possono essere erro- neamente diagnosticati come crisi parziali complesse o stati di fuga psicoge- na; si dovrebbe tuttavia mettere in rilievo che non vi è relazione tra la nar- colessia e l'epilessia. Meno di metà dei pazienti narcolettici presentano tutti i 4 sintomi, l’ipersonnia stessa può restare per molti anni l’unico sintomo presente. Nei bambini, la sonnolenza spesso si manifesta come deficit del- l'attenzione o iperattività. Molti pazienti che da adulti hanno sviluppato nar- colessia sono stati erroneamente interpretati come affetti da un disturbo di questo tipo nella fase iniziale del loro decorso. La diagnosi di narcolessia può essere sospettata dall'anamnesi, ma è necessaria una diagnosi obiettiva mediante studi nei laboratori del sonno. Gli esami di un paziente con possi- bile narcolessia devono comprendere una polisonnografia della durata di una notte eseguita prima di un Test Multiplo di Latenza del Sonno. Nel test multiplo i pazienti con narcolessia tipicamente si addormentano entro 5 minuti e di solito presentano un sonno REM in almeno due dei cinque son- nellini del test. Trattamento Il trattamento con stimolanti come l'anfetamina, la metanfetamina, metil- fenidato, la pemolina o il mazindol è generalmente efficace nei pazienti nar- colettici nella riduzione dell'ipersonnia, probabilmente attraverso un effetto di attivazione dopaminergica di questi agenti sul sistema reticolare attivan-

Caleidoscopio 55 M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

te. La maggior parte di questi farmaci è soggetta a restrizioni in Italia. Il modafenil, uno stimolante alfa-1 adrenergico, solo recentemente disponibile nel nostro paese, sembra essere promettente. La dose necessaria varia ampiamente da caso a caso. Gli stimolanti che riducono l'ipersonnia hanno poco effetto sulle altre componenti della sindrome, cioè la cataplessia, le allucinazioni ipnagogiche o la paralisi da sonno. Questi sintomi rispondono agli antidepressivi tricicli- ci, agli inibitori delle monoaminossidasi, agli inibitori specifici del reuptake della serotonina e ai farmaci anticolinergici. La gestione non farmacologica della narcolessia comprende il suggeri- mento di sonnellini disposti strategicamente nell’arco della giornata e a tale proposito è auspicabile una stretta cooperazione con il personale insegnante e i datori di lavoro. Il lavoro a turni, che è poco tollerato dai soggetti con nar- colessia, dovrebbe essere scoraggiato.

Ipersonnia idiopatica L’ipersonnia idiopatica comprende numerose condizioni, che si manife- stano tutte come sonnolenza eccessiva diurna inspiegata. Non vi è storia di cataplessia, né presenza di antigene HLA. Vi può essere una storia positiva familiare di ipersonnia. Sono necessari studi formali per documentare l'as- senza di anomalie non sospettate correlate al sonno e per confermare le lamentele soggettive di sonnolenza. Come per la narcolessia, le implicazioni terapeutiche, cioè l'uso per lunghi periodi di farmaci stimolanti, richiedono una diagnosi obiettiva. Gli studi formali del sonno documentano un'ipersonnia obiettiva, senza esordi in sonno REM al test multiplo di latenza del sonno in assenza di ano- malie identificabili (come apnee morfeiche o deprivazione di sonno) nella poligrafia eseguita durante la notte precedente. La diagnosi differenziale comprende la narcolessia "monosintomatica" (ipersonnía senza sintomi accessori) ovvero una forma di narcolessia in cui la cataplessia non sia anco- ra apparsa. La deprivazione cronica di sonno è probabilmente la causa più comune di ipersonnia e deve essere esclusa prima di formulare la diagnosi di ipersonnia idiopatica. Trattamento Il trattamento si basa sull'uso di stimolanti come nella narcolessia.

Sindrome di Kleine-Levin La sindrome di Kleine-Levin è caratterizzata da ipersonnia periodica che dura giorni o settimane e si manifesta a intervalli di giorni o anni con perio- di di normale funzione sonno/veglia e vigilanza. La classica forma idiopati- ca si manifesta soprattutto in maschi adolescenti, ma entrambi i sessi e tutti i gruppi di età possono essere colpiti. L'ipersonnia periodica può essere asso-

56 Caleidoscopio M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

ciata a iperfagia e ipersessualità. E' probabile che il disturbo rappresenti una disfunzione ipotalamica ricorrente. Sono stati riportati casi in cui questa sin- drome è occorsa dopo un lieve trauma cranico [80]. Trattamento Non sono disponibili studi terapeutici di sufficiente numerosità, per il periodo sintomatico sono stati proposti farmaci stimolanti.

Stupor ricorrente idiopatico (SRI). Questa singolare condizione [81] è caratterizzata da ricorrenti episodi di stupor, generalmente con esordio nell'età adulta, che si manifestano ad inter- valli variabili. La durata dello stupor varia da ore a pochi giorni. In tutti i casi descritti era presente un quadro EEG molto caratteristico, con attività diffu- sa, non reattiva a 13-18 Hz. Le manifestazioni cliniche ed EEG sono rapida- mente, ma per un breve periodo, bloccate dal flumanezil, un antagonista delle benzodiazepine. Trattamento Non esiste un trattamento specifico.

Ipersonnie secondarie

Ipersonnia psicofisiologica Si tratta di episodi transitori (della durata inferiore a tre settimane) di son- nolenza e di tendenza a rimanere a letto o a ritornarvi più volte durante il giorno non accompagnati da un reale incremento del sonno, che fanno segui- to ad un cambiamento dello stile di vita, ad un conflitto o ad una situazione di perdita. Questo disturbo, non facilmente differenziabile da una reazione depressiva minore, può talora evolvere in una condizione persistente di aste- nia e sonnolenza diurna. Trattamento La terapia dell’ipersonnia è in rapporto con la causa del disturbo.

Ipersonnia post-traumatica L’ipersonnia postraumatica, o sonnolenza secondaria, è un disturbo caratterizzato da eccessiva sonnolenza che può insorgere in seguito ad un evento traumatico che coinvolge il sistema nervoso centrale. L’ipersonnia può frequentemente svilupparsi nel periodo immediatamente successivo al trauma stesso, associandosi a cefalea, affatticabilità, disturbi della memoria (encefalopatia post-traumatica). I pazienti presentano numerosi episodi di sonno diurno, caratterizzati da sonno NREM. I pazienti che accusano distur- bi del sonno a distanza dal trauma, e in special modo ipersonnia, sono quel- li che sul piano comportamentale, sociale ed in particolare lavorativo risen-

Caleidoscopio 57 M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

tono in maniera più grave del trauma cranico: questi soggetti sviluppano infatti ansia, depressione, sono spesso apatici e hanno difficoltà di comuni- cazione e di reinserimento nel mondo del lavoro. Le sedi di lesione più spesso associate con questo disturbo sono: l’ipota- lamo posteriore, la regione pineale, la fossa cranica posteriore . Frequentemente i pazienti sonnolenti presentano lesioni diffuse nel tronco, nella corteccia cerebrale e nel diencefalo. Trattamento Non è possibile altro tipo di trattamento che quello farmacologico sinto- matico. In quest’ottica si è mostrato utile l’impiego di psicostimolanti (metil- fenidato, pemolina).

58 Caleidoscopio M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni Parasonnie

Sono eventi disfunzionali legati al sonno che non comportano un’altera- zione significativa della struttura del sonno, spesso interpretabili come atti- vazione del SNC, generalmente ad evoluzione benigna. Rappresentano un gruppo eterogeneo di disturbi, accomunati da alcune caratteristiche: eziolo- gia non chiarita, familiarità, correlazione con l’età, mancanza di problemi medici, assenza di anomalie polisonnografiche, risoluzione spontanea. Le parasonnie vengono classificate in primarie, se si tratta di distrubi degli stati di sonno o della fase di transizione sonno-veglia, e secondarie, se legate a disturbi di altri sistemi organici che si manifestano durante il sonno. Tra le parasonnie primarie si distinguono quindi le parasonnie in sonno NREM, in sonno REM e associate alla transizione sonno-veglia (Figura 20). Le para- sonnie secondarie invece possono essere ulteriormente classificate a seconda del sistema organico coinvolto.

Figura 20. Le manifestazioni delle parasonnie sono legate al concetto che i centri responsabili per lo stato della veglia, del sonno REM e quello del sonno NREM possono attivarsi simultaneamente od oscillare rapidamen - te. Sonno e veglia sono quindi stati dinamici e non reciprocamente esclusi - vi. Questo concetto è fondamentale per comprendere le parasonnie primarie (disturbi legati al sonno e al passaggio con la veglia). Le parasonnie secon - darie (p.es. crisi comiziali e disturbi psicogeni) sono disturbi di altri sistemi organici che si manifestano durante il sonno e sono spesso da considerare nella diagnosi differenziale.

Caleidoscopio 59 M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

Parasonnie in sonno NREM

Si tratta di disturbi dei meccanismi del risveglio, che avvengono più spes- so nel primo terzo del sonno, generalmente al termine delle fasi NREM del primo ciclo nel momento della transizione verso il sonno REM. Si verifica un risveglio incompleto, che può determinare comportamenti diversi; i sogget- ti (che presentano un sonno profondo molto ben rappresentato e hanno dif- ficoltà ad essere risvegliati) non hanno memoria dell’accaduto. Insorgono tipicamente in età infantile riducendosi di frequenza con l’età e frequente- mente riconoscono un pattern di familiarità. Si distinguono: a) immagini ipnagogiche (spesso riferite come dicotomie tra REM-NREM e sogni-non sogni, sovente fenomeni poco distinti); b) scosse ipniche (riferite come una scossa improvvisa di tutto il corpo che occasionalmente risveglia il pazien- te); c) fenomeni visivi, uditivi o somestesici (allucinazioni); d) disturbi del- l’arousal distinti in:

Risvegli confusionali

Consistono in episodi (durata da 30 secondi a 5 minuti) di parziale risve- glio con confusione, disorientamento, pianto inconsolabile e re a t t i v i t à incompleta a stimoli esterni, non accompagnati da deambulazione e espres- sioni di terrore. Generalmente insorgono prima dei 5 anni.

Pavor nocturnus (Terrori del sonno)

Gli episodi si verificano prevalentemente nel primo terzo della notte, soprattutto durante i risvegli dal sonno NREM lento (stadi 3 e 4) [82, 83]. Quando vi sono molti episodi in una stessa notte, possono insorgere in qua- lunque momento del sonno o anche durante i sonnellini pomeridiani. Il soggetto si siede sul letto e produce un urlo drammatico, associato ad espressioni di terrore sul volto; coesistono fenomeni autonomici quali aumento della frequenza cardiaca, tachipnea, midriasi, marcata sudorazio- ne. Inizia con un urlo raggelante associato a estremo panico, seguito da note- vole attività motoria come battere contro il muro, correre nella stanza o al di fuori di essa. Gli attacchi durano da 30 secondi a 5 minuti e svaniscono poi da soli. Una caratteristica sempre presente è l’inconsolabilità, ed è altrettan- to tipica un’amnesia completa o incompleta. Una volta sveglio, il soggetto si ricorda di avere avuto difficoltà a respirare e di avere percepito un aumento delle palpitazioni, ma solo molto raramente riferisce un dettagliata attività

60 Caleidoscopio M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

mentale e nei rari casi in cui persiste un ricordo, viene descritto solo un immagine ferma, mai un sogno. Quando insorgono nei bambini (prevalen- temente tra i 5 e i 7 anni) questi attacchi prendono il nome di pavor, nell’a- dulto (più frequentemente dai 20 ai 30 anni) si usa invece il termine incubo. Gli incubi non devono essere confusi con i sogni terrifici che colpiscono i dormienti durante la fase REM. L’incidenza è piuttosto bassa, colpendo circa il 3 % dei bambini e l’1% degli adulti. Gli attacchi di terrore raramente por- tano a psicopatologia nel bambino e scompaiono con l’età adolescenziale. Negli adulti invece possono portare a psicopatologie. La diagnosi differen- ziale include condizioni di attacchi di panico in sonno, ansia notturna colle- gata all’apnea ostruttiva, ischemia cardiaca notturna, attacchi epilettici in corso di sonno [84, 85]. Trattamento Quando gli episodi sono rari, la terapia non è necessaria. I genitori dei pazienti più giovani vanno semplicemente rassicurati. Quando gli episodi sono frequenti si dovrebbero ponderare vantaggi e svantaggi della terapia farmacologica che consiste nell’ assunzione, all’ora di andare a letto, di dia- zepam [ 86] o altre benzodiazepine, soprattutto clonazepam, oppure antide- pressivi triciclici. La psicoterapia e/o le tecniche per ridurre lo stress a volte si rivelano efficaci, soprattutto negli adulti.

Sonnambulismo

Durante il primo terzo della notte il soggetto presenta complessi auto- matismi comportamentali, tra i quali alzarsi dal letto e camminare, azioni complesse come per esempio toccare e riassettare coperte o cuscino; i movi- menti sono in generale più goffi del normale. I comportamenti automatici possono essere complessi (cucinare, mangiare, suonare uno strumento musi- cale, pulire la casa, addirittura guidare un’automobile) e accompagnarsi a vocalizzazioni o sonniloquio, ben diversi però dalle urla tipiche dei terrori notturni. La reattività a stimoli esterni è ridotta. La durata degli episodi è in genere di meno di 15 minuti, anche se sono stati descritti episodi di durata di oltre 1 ora. L’esordio avviene più spesso tra i 4 e gli 8 anni, con picco a 12. Spesso il disturbo è familiare. La diagnosi differenziale è da fare principal- mente rispetto agli attacchi di epilessia frontale notturna. Trattamento L’approccio terapeutico dipende dalla frequenza degli episodi e dal rischio di incidenti. In linea generale è bene adottare accorgimenti in casa per garantire la sicurezza del soggetto, favorire un ritmo sonno-veglia regolare, evitare la deprivazione di sonno, cercare di non svegliare il soggetto duran- te l’episodio critico. E’ possibile adottare tecniche di rilassamento, o com-

Caleidoscopio 61 M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

portamentali (risvegli programmati circa 15 minuti prima dell’orario previ- sto), o eventualmente psicoterapia, laddove sia richiesta. La farmacoterapia è consigliata solo in casi con sintomatologia importan- te e nei casi più resistenti, l’utilizzo di benzodiazepine e antidepressivi trici- clici si basa sugli effetti di stabilizzazione del sonno (riduzione degli arou- sal), diminuzione del sonno a onde lente e soppressione del sonno REM, anche se è frequente, soprattutto in età pediatrica, la comparsa di effetti col- laterali (alterazioni del comportamento, memoria e attenzione, astenia, feno- meni allucinatori) legati all’uso di composti benzodiazepinici. Un’alternativa terapeutica (in età evolutiva) è rappresentata dall’L-5-idrossi- triptofano (50-100 mg all’addormentamento), in quanto precursore della serotonina, un cui deficit è ipotizzato nella genesi di questi disturbi.

Parasonnie del sonno REM

Sogni terrifici

Sogni a contenuto terrifico che avvengono nella seconda metà della notte e che possono determinare un risveglio del soggetto, che ricorda il contenu- to del sogno e presenta sensorio integro. Raramente si associano a sintomi vegetativi e ad attività motoria. Sono prevalenti in età evolutiva, e comunque rappresentano un problema solo se i sogni terrifici sono molto frequenti. Trattamento L’approccio terapeutico dovrà tenere conto di questi fattori, specie in vista di un trattamento psicoterapeutico. L’imipramina può essere utile in quanto sopprime il sonno REM. Possono essere impiegati anche sedativi minori.

Disordine comportamentale in sonno REM

Viene così definito un disturbo del comportamento motorio in sonno REM, determinato dall’assenza dell’atonia muscolare tipica di questa fase, mentre sono mantenute le caratteristiche dell’EEG e dei movimenti oculari. I meccanismi sovraspinali responsabili dell’atonia REM originano nell’area intorno al locus coeruleus-nucleo alfa del ponte, che eccita neuroni del nucleo reticolare magnocellulare del bulbo, che a sua volta presenta proie- zioni inibitorie discendenti ai motoneuroni alfa. Ne derivano iperpolarizza- zione e atonia muscolare. L’atonia REM pertanto rappresenta una paralisi attiva che coinvolge specifici circuiti neuronali e non un semplice rilassa- mento passivo di muscoli somatici. Il soggetto presenta movimenti com-

62 Caleidoscopio M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

plessi, apparentemente finalizzati, a volte anche violenti, che possono deter- minare lacerazioni, fratture e violenti comportamenti espressione della messa in atto di sogni terrifici, pericolosi per sé e il compagno di letto. Se sve- gliato il soggetto spesso ricorda il contenuto del sogno e i movimenti appaio- no coerenti con il contenuto del sogno stesso. Il disturbo può essere idiopa- tico o collegato a patologie neurologiche degenerative come la malattia di Parkinson, le demenze, la paralisi sopranucleare progressiva e l’atrofia mul- tisistemica di cui può rappresentare il sintomo più precoce precedendo la comparsa dei disturbi diurni anche di 10 anni. Trattamento Il clonazepam (0,5-1 mg all’addormentamento) si è dimostrato molto effi- cace perché controlla sia le componenti comportamentali sia quelle dei sogni disturbati. Il disturbo si ripresenta immediatamente quando il paziente non assume clonazepam una data notte.

Parasonnie della transizione veglia sonno

Movimenti ritmici in sonno

Tipici dell’età compresa fra 0 e 2 anni, sono fenomeni caratterizzati da movimenti ritmici, ripetitivi e stereotipati che interessano tutto il corpo (body rocking) o solo la testa e il collo (head banging o iactatio capitis o head rolling).Tali movimenti possono risultare talmente violenti da provocare ematomi subdurali, emorragie retiniche, calli ossei frontali. Generalmente sono riscontrabili nelle fasi di sonno leggero, sia in soggetti normali sia in soggetti affetti da forme di ritardo mentale o da autismo. Trattamento Si è dimostrata efficace la terapia comportamentale e/o clonazepam (in casi di difficile risoluzione).

Altre parasonnie primarie

Bruxismo

Consiste in contrazioni stereotipate e involontarie dei muscoli masseteri, temporali e pterigoidei, che insorgono durante il sonno e generano un digri-

Caleidoscopio 63 M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

gnamento dei denti con conseguente emissione di un rumore caratteristico e spiacevole. Gli episodi, che possono durare 5-15 secondi, sono parossistici e si ripetono più volte nel sonno; si verificano in tutte le fasi del sonno, con prevalenza nella fase 2 del sonno NREM. Al mattino può residuare dolore alle mascelle e, occasionalmente, cefalea. Il disturbo ha un’incidenza del 15- 22% nella popolazione generale e fino all’88% nei bambini Il bruxismo può essere legato a condizioni quali malocclusioni, fattori psicologici (ansia), disturbi del movimento (discinesie orofacciali, morbo di Parkinson); è fre- quente in soggetti con ritardo mentale e paralisi cerebrale infantile. Trattamento L’approccio terapeutico prevede interventi diversi tra loro: apparecchi ortodontici e tecniche di rilassamento, nei casi più gravi si può fare ricorso alla tossina botulinica e a stimolazioni elettriche locali.

Enuresi notturna

Consiste nella presenza di episodi isolati o ripetuti di minzione involon- taria durante il sonno, in soggetti di età superiore a 5 anni, in assenza di dia- bete, epilessia o infezioni delle vie urinarie. Può comparire in qualunque fase del sonno, e dipende dall’interazione di più fattori (immaturità dei sistemi di continenza vescicale, riduzione del picco notturno di ADH, ridotta o man- cata risposta agli stimoli risveglianti, cause psicologiche). Può associarsi anche ad OSAS, malattie psichiatriche, parasonnie NREM. I fattori genetici rivestono notevole importanza nel determinismo di questo disturbo. L’enuresi può tuttavia essere la sola manifestazione di crisi comiziali nottur- ne. Lo studio formale PSG con un montaggio completo per le crisi e un rile- vatore per l’enuresi è indicato nei casi con storia clinica atipica o che non rispondono alla terapia convenzionale. Trattamento Il trattamento può essere comportamentale (che va da norme igieniche generali a esercizi di condizionamento sfinterico, fino a psicoterapia al paziente e counseling alla famiglia) e/o farmacologico (desmopressina, per normalizzare la secrezione endogena di ADH, 20-40 mcg alla sera, imipra- mina 25-50 mg).

Mioclonie ipniche

Clonie brevi, isolate o in sequenza, localizzate soprattutto agli arti infe- riori, ma che possono estendersi a tutto il corpo, tipiche della transizione dalla veglia al sonno 1. A volte sono scatenate da stress fisici o emotivi, o anche da irregolarità del ritmo circadiano.

64 Caleidoscopio M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

Trattamento Solitamente non richiedono trattamento, anche se possono essere tal- mente frequenti ed intense da determinare un disturbo cronico dell’addor- mentamento, e conseguentemente richiedere provvedimenti terapeutici.

Sonniloquio

Tale fenomeno è rappresentato da verbalizzazioni (più o meno) struttu- rate non correlate a un particolare stadio del sonno (anche se sono più fre- quenti negli stadi 1 e 2 di sonno NREM), frequentemente associate ad altre parasonnie. Consiste nell’emissione di suoni inarticolati o di veri e propri discorsi in corso di sonno, senza che il soggetto abbia coscienza dell’accadu- to. Il disturbo sembra più comune nel sesso maschile, con una certa tenden- za alla familiarità. Gli episodi si manifestano in corso di arousal dal sonno profondo in pazienti affetti da sonnambulismo e in corso di sonno REM nei pazienti con disordini comportamentali in questa fase. Il disturbo può esse- re precipitato da stress emotivi e malattie febbrili e associarsi a disturbi del sonno, quali il pavor nocturnus, i risvegli confusionali, la sindrome della apnee ostruttive e i disordini comportamentali in REM. Trattamento La terapia non è necessaria.

Paralisi del sonno

Questo fenomeno, detto anche paralisi familiare in sonno, consiste nel- l’impossibilità di compiere qualsiasi movimento volontario all’addormenta- mento o al risveglio. Tipico sintomo della tetrade narcolettica, può tuttavia ritrovarsi come fenomeno isolato. La paralisi motoria è completa ad eccezio- ne dei muscoli respiratori e oculomotori. Episodi isolati possono manifestar- si in corso di deprivazione da sonno; la paralisi da sonno e le allucinazioni ipnagogiche possono manifestarsi in associazione nell’incubo secondo la definizione originaria. Il fenomeno è legato alla persistenza dell’atonia del sonno REM in veglia; gli episodi, della durata di decine secondi e con risoluzione spontanea, com- paiono tipicamente alla fine del sonno, e sono caratterizzati dall’impossibi- lità di compiere movimenti volontari, a coscienza mantenuta. La loro insor- genza è facilitata da deprivazione di sonno, stress e irregolarità del ritmo sonno-veglia. Trattamento Nei casi più gravi può essere necessario un trattamento farmacologico con imipramina.

Caleidoscopio 65 M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

La dissociazione delle componenti del sonno REM può causare esperien- ze e comportamenti bizzarri. Questi sintomi, quando si manifestano isolata- mente, sono talora interpretati in maniera errata come manifestazioni di malattie psichiche dell’individuo afflitto.

Parasonnie secondarie

Svariati fenomeni possono manifestarsi durante il sonno come sintoma- tologia notturna di patologie presenti anche in veglia. Nella Tabella 6 sono elencate alcune di queste tra le più frequenti.

Patologie del SNC · Crisi comiziali · Cefalee · Acufeni

Patologie Cardiopolmonari · Aritmie cardiache · Angina pectoris notturna · Asma notturna · Discinesie respiratorie · Singhiozzo del sonno

Patologie Gastrointestinali · Reflusso gastroesofageo · Spasmo esofageo diffuso · Deglutizione anormale

Patologie Psicogene

- Rapido cambiamento del fuso orario (jet-lag)

Tabella 6. Parasonnie secondarie.

66 Caleidoscopio M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni Sonno e malattie neurologiche

Poiché le manifestazioni del sonno, della veglia e della vigilanza sono funzioni primarie dell'encefalo, ne consegue che praticamente qualunque patologia encefalica può interferire con il sonno o la veglia, a seconda della sede del danno parenchimale. Il tronco, il talamo e l'ipotalamo sembrano essere fondamentali a questo proposito. Le lesioni occupanti spazio possono provocare alterazioni del ritmo sonno/veglia sia direttamente a causa della loro localizzazione, sia indirettamente a causa dello sviluppo di ipertensio- ne endocranica e/o idrocefalo. Le lesioni focali del tronco come la siringo- bulbia, la malformazione di Arnold-Chiari, i tumori o le lesioni vascolari, possono causare disturbi del respiro correlati al sonno. Vanno ricordati inol- tre, quali responsabili di gravi disturbi del sonno, i craniofaringiomi, gli infarti talamici paramediani e i tumori dell'ipotalamo. Esistono prove sem- pre più numerose che disturbi respiratori durante il sonno sono comuni dopo un incidente cerebrovascolare e che reciprocamente tali disturbi pos- sono in realtà costituire un fattore di rischio per le malattie cerebrovascolari. La causa più importante d’istituzionalizzazione di pazienti con demenza è rappresentata dal grado di anomalia del ritmo sonno/veglia piuttosto che dal grado di decadimento mentale puro e semplice. Le cause di queste ano- malie del ciclo sonno/veglia sono molteplici e includono, oltre alla disfun- zione neurologica vera e propria, anche la mancanza di sufficiente esposi- zione alla luce per sincronizzare l'orologio biologico, i farmaci utilizzati e le condizioni psicologiche coesistenti, soprattutto la depressione. Possono esse- re responsabili di una riduzione dell'efficienza del sonno la presenza di movimenti periodici degli arti (PLMS), il comportamento motorio alterato in sonno REM e le apnee morfeiche.

Insonnia familiare fatale

L'insonnia familiare fatale (IFF) rientra nel capitolo delle malattie da prio- ni, cioè disturbi dovuti alla produzione di una forma alterata della proteina prionica (PrP) codificata da un gene sul braccio corto del cromosoma 20. Tutte le forme (compresi la scrapie e l'encefalopatia spongiforme bovina negli animali, il kuru, la malattia di Creutzfeldt-Jakob, la malattia di Gerstmann-Straussler-Scheinker e la IFF negli esseri umani) sono caratteriz-

Caleidoscopio 67 M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

zate da un metabolismo aberrante della PrP. Questa modificazione può esse- re familiare, sporadica o infettiva. La funzione della PrP è sconosciuta ed è presumibile che sia l'accumulo di PrP anormale sia la mancanza di PrP nor- male contribuiscano a determinare lo sviluppo della malattia. La IFF è clini- camente caratterizzata da esordio nell'età adulta, decorso protratto, insonnia progressiva. Sono presenti disturbi autonomici (iperidrosi, ipertermia, tachi- cardia, ipertensione) dovuti a squilibrio dell'attivazione simpatica con pre- servazione del tono parasimpatico, anomalie neuroendocrine e disturbi motori (atassia, mioclono, disfunzione delle vie piramidali [87,88]. Il quadro polisonnografico è caratterizzato dalla precoce scomparsa dei fusi del sonno e dalla rapida transizione dall’EEG di veglia a quello di sonno ad onde lente. Nelle fasi terminali della malattia anche i rari frammenti di sonno tendono a scomparire [89]. L’aspetto anatomopatologico prevalente consiste in un’ atrofia del talamo, soprattutto del nucleo ventrale anteriore e di quello mediodorsale. Negli stadi terminali di questo disturbo si assiste ad una com- pleta scomparsa di tutti i ritmi circadiani e della ritmicità neuroendocrina. La presenza di mioclonie e comportamenti simili a sogni allucinatori diurni richiama certi aspetti del comportamento motorio in sonno o dello stato dis- sociato. Prima dell’esordio clinico non si riscontrano comunque differenze a livello dell’EEG di sonno rispetto ai soggetti normali [90]. Trattamento Non sono conosciute terapie efficaci. A scopo sintomatico possono essere usati il flumazenil, un antagonista delle benzodiazepine, che può transito- riamente indurre risveglio, e il gamma-idrossibutirrato che può aumentare il sonno ad onde lente.

Malattie extrapiramidali

Malattia di Huntington

La malattia di Huntington è caratterizzata da una prolungata latenza del sonno, da veglia irregolare, da ridotta efficienza del sonno e da riduzione del sonno ad onde lente. In particolare sono ridotti i complessi K. I fusi del sonno, contrariamente a ciò che avviene nel Parkinson, sono invece aumen- tati e di notevole ampiezza [91]. Il sonno REM può essere assente nei casi gravi. I movimenti coreici scompaiono in genere all’addormentamento e si presentano durante il sonno solo nei casi più gravi e comunque in coinci- denza con microrisvegli e alleggerimenti del sonno. Le anomalie del sonno nella MH sembrano correlarsi meglio all'atrofia del nucleo caudato che al

68 Caleidoscopio M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

grado di atrofia cerebrale globale e indicano che il nucleo caudato può par- tecipare alla regolazione del sonno.

Sindrome di Tourette

Nella sindrome di Tourette si osservano un aumento del sonno ad onde lente, un maggior numero di risvegli e una riduzione della percentuale di sonno REM. I tic, anche quelli coprolalici, persistono durante tutti gli stadi del sonno. I movimenti a scossa nel sonno REM sono aumentati. Trattamento La tetrabenazina, che ha effetti sia presinaptici di deplezione delle monoamine sia di blocco postsinaptico, migliora il sonno.

Parkinsonismi

Sebbene la maggior parte delle alterazioni patologiche del SNC nel morbo di Parkinson (MP) coinvolga la pars compacta della sostanza nera, il coinvolgimento è molto più ampio e spesso comprende il locus coeruleus, il nucleo dorsale del vago e il nucleo basale di Meynert, oltre a una diffusa atrofia corticale. Le alterazioni neurologiche diffuse e il coinvolgimento di più neurotrasmettitori e neuropeptidi probabilmente spiegano l'elevata pre- valenza di disturbi del ciclo sonno/veglia nel MP. Frequenti sono anche i disturbi respiratori dovuti probabilmente ad anormalità del tono muscolare e all’ incordinazione motoria a carico della muscolatura delle vie aeree supe- riori. Nel sonno NREM il tremore è nettamente attenuato e manca dell'a- spetto alternante. Durante il sonno REM il tremore è abolito. La registrazio- ne poligrafica evidenzia una riduzione marcata delle fasi di sonno profondo 3 e 4 e del sonno REM. Caratteristica è la drastica riduzione dei fusi. Il tono muscolare è più elevato che non di norma ed è spesso presente anche nelle fasi di sonno REM (REM dissociato). Molti pazienti con MP riferiscono rilevanti problemi legati al sonno (insonnia, eccessiva sonnolenza diurna, sogni alterati, mioclono, vocalizza- zioni notturne e movimenti in rapporto con i sogni) non correlati all'età e alla durata della malattia, ma che aumentano con una maggiore durata di tera- pia con L-dopa. La bradicinesia notturna, che comporta una ridotta capacità di girarsi nel letto, è una fonte significativa di disagio e frustrazione nei pazienti con MP; la capacità della levodopa di alleviare questo sintomo costi- tuisce un importante beneficio di questa terapia. L'aumento di attività motoria notturna potrebbe essere correlato alla dose giornaliera di L-dopa o dopamino-agonisti piuttosto che alla gravità della

Caleidoscopio 69 M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

malattia in sé. La depressione è la più frequente alterazione mentale nel MP (è presente in almeno il 50 % dei casi). Questa questione è ulteriormente complicata dal fatto che la degenerazione del sistema dopaminergico meso- corticolimbico nel MP può condurre a disfunzioni metaboliche della cortec- cia frontale inferiore e della testa del caudato e che pertanto la depressione può essere una caratteristica biopsicologica del MP e una reazione ad esso. E’ possibile che la depressione osservata nel MP sia correlata ad un deficit di neurotrasmissione serotoninergica e a ridotti livelli corticali di dopamina e noradrenalina. Il Disordine comportamentale motorio in sonno REM può essere un sintomo precoce o la sola manifestazione di esordio della malattia. Può essere preci- pitato (o esacerbato) dalla somministrazione di selegilina o di antidepressivi prescritti per la depressione associata. La poligrafia dimostra una fase di sonno REM senza atonia. La dissociazione di stato caratteristica del RBD conferma l'ipotesi che le allucinazioni notate nel MP, sia trattate che non trat- tate, rappresentino in realtà nient'altro che un'altra anomalia REM associata, cioè la comparsa di sogni nella veglia. Trattamento Il clonazepam è il trattamento abituale di solito molto efficace.

Atrofie multisistemiche (MSA)

Anche le cosiddette atrofie multisistemiche che comprendono la sindro- me di Shy-Drager, l'atrofia olivopontocerebellare e la degenerazione nigro- striatale, possono essere associate ad apnee ostruttive, ipoventilazione e stri- dor laringeo. La morte improvvisa durante il sonno non è infrequente in questi pazienti e viene messa in relazione alle difficoltà respiratorie. E’ stata pertanto raccomandata una tracheostomia precoce in presenza di apnee ostruttive anche se lievi ma con concomitante stridor laringeo [92]. Nella MSA è stato anche descritto il comportamento motorio in corso di sonno REM, che può rappresentarne il sintomo di esordio.

Malattie neuromuscolari

Le malattie neuromuscolari comprendono un vasto gruppo di affezioni riguardanti primariamente i muscoli oppure la giunzione neuromuscolare ad eziologia estremamente varia. Il sintomo più evidente è rappresentato dalla debolezza muscolare che influisce sul senso di benessere del paziente

70 Caleidoscopio M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

al risveglio. Quando vengono interessati i muscoli respiratori con conse- guente ipoventilazione polmonare durante il sonno possono verificarsi fre- quenti risvegli notturni e conseguentemente eccessiva sonnolenza diurna. In altre parole, la debolezza dei muscoli inspiratori limita l'espansione della gabbia toracica determinando così una forma di malattia restrittiva polmo- nare. Il quadro paradigmatico è rappresentato dalla paralisi diaframmatica; si tratta di una condizione patologica che può essere causata oltre che da miopatie come, ad esempio, la distrofia miotonica e la distrofia muscolare, anche da disturbi di circolo cerebrale e mielopatie. Il riconoscimento preco- ce di disturbi respiratori in sonno ed il loro trattamento con CPAP o BPAP migliora la qualità della vita di questi pazienti, riduce la coomorbidità e aumenta i tempi di sopravvivenza. I disturbi del sonno in questi soggetti possono manifestarsi sotto forma di eccessiva sonnolenza diurna dovuta a frammentazione del sonno; policitemia, ipertensione polmonare, insufficien- za del cuore destro; cefalea correlata al sonno, dovuta a ipercapnia indotta dall’ipoventilazione; crisi notturne, dovute a ipossiemia correlata al sonno.

Malattia del motoneurone (SLA)

I pazienti con SLA lamentano disturbi del sonno e aritmie respiratorie correlate al sonno. In questa condizione, la causa principale dei disturbi respiratori durante il sonno è costituita dalla perdita di forza dei muscoli delle vie respiratorie superiori, del diaframma, e dei muscoli intercostali dovuta all’interessamento dei nuclei dei nervi bulbari, frenici e intercostali. Vi può essere inoltre una degenerazione dei neuroni respiratori centrali che spiega sia l’apnea centrale che quella ostruttiva in questa condizione. Importante è la diagnosi precoce in questi pazienti con trattamento dei disturbi respiratori tramite C-PAP.

Sonno ed Epilessia

Il sonno e l'epilessia sono spesso collegati. I disturbi del sonno possono simulare, causare o anche essere scatenati da fenomeni epilettici e viceversa. In alcuni individui il sonno e/o la deprivazione di sonno potenziano le crisi comiziali mentre, al contrario, i disturbi epilettici possono influenzare il ciclo sonno/veglia. Nella maggior parte dei casi l'epilessia è altamente stato-dipendente: il sonno NREM favorisce l’insorgenza delle crisi, mentre il sonno REM solitamente le inibisce. Alcuni meccanismi neurali sincronizzan-

Caleidoscopio 71 M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

ti l’EEG, attivi nel sonno NREM facilitano le scariche epilettiche. Una rela- zione facilitante tra fusi del sonno e gli scoppi di punta-onda nelle epilessie infantili sia generalizzate che focali è stata dimostrata. Nelle epilessie focali dell’adulto il ruolo di facilitazione appare sostenuto dalle attività sincroniz- zate di banda delta [92], mentre nei bambini con una più intensa attivazione dell attività epilettica intercritica da parte del sonno, l’attività epilettica sem- bra modulata dalla banda sigma [94-97] . I disturbi del sonno possono esacerbare o complicare la sintomatologia accessuale; le apnee, ad esempio, possono rendere più difficili da controlla- re le crisi a causa della frammentazione e della deprivazione di sonno corre- late all'apnea e alla ipossiemia che può agire come elemento scatenante le crisi stesse. L'enuresi, le mioclonie notturne, gli incubi ricorrenti possono essere aspetti suggestivi di crisi notturne. I comportamenti motori associati alle crisi in sonno sono spesso bizzarri, la raccolta di dati anamestici è spes- so difficile, i racconti sono spesso confusi. I seguenti tipi di manifestazioni accessuali sono spesso fonti di dubbio.

Epilessia frontale notturna

Le crisi con comportamento insolito (di solito di tipo frontale) possono pre- sentare comportamenti notturni bizzarri come correre, vocalizzare a voce alta, bestemmiare o presentare risvegli associati a movimenti come percuo- tere o ruotare le braccia. La natura di questi comportamenti e la loro ten- denza a manifestarsi durante il sonno e a concentrarsi nel tempo favorisco- no l'errore diagnostico, suggerendo un disturbo dell'arousal, un disturbo del comportamento motorio in sonno REM o episodi psicogeni. Il vagabondaggio episodico notturno [93] è indistinguibile da una storia di sonnambulismo e pavor nocturnus, ma risponde agli anticonvulsivanti. I pazienti descritti deambulavano, emettevano vocalizzi e presentavano un comportamento violento durante il sonno. Non tutti manifestavano anoma- lie dell'EEG nella veglia. Molti di questi episodi rappresentano fenomeni epilettici e sono in realtà automatismi deambulatori.

Stato epilettico elettrico in corso di sonno (SEES)

Lo stato epilettico elettrico in corso di sonno (SEES) è un reperto polisonno- grafico. Può essere individuato durante una PSG eseguita per altre ragioni. Il SEES è caratterizzato da continua attività punta-onda durante il sonno NREM [94]. Viene osservato nei bambini che di solito, ma non sempre, hanno una storia di crisi o disfunzioni neurologiche. La prognosi è variabile

72 Caleidoscopio M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

perché il SEES può essere un reperto asintomatico o comportare alterazioni nella maturazione dei processi cognitivi. La distinzione tra eventi epilettici notturni e altri disturbi del sonno è dif- ficile, se non impossibile, poiché i fenomeni primari o secondari del sonno possono simulare perfettamente i fenomeni epilettici e viceversa. Sia feno- meni epilettici sia disturbi primari del sonno dovrebbero essere tenuti in considerazione di fronte a tutti gli eventi correlati al sonno a carattere ricor- rente e insolito. E’ possibile che né gli EEG in corso di veglia né quelli in corso di sonno rivelino la diagnosi e può essere necessario eseguire una poli- sonnografia notturna usando un montaggio EEG completo per l'epilessia (almeno 10-12 canali oltre a quelli dei normali montaggi per lo studio del sonno), con appropriata velocità di scorrimento della carta (almeno 15 mm/sec) e video registrazione continua. Possono essere necessari più regi- strazioni per individuare l'evento. Sebbene le crisi esclusivamente notturne siano rare, vengono in genere diagnosticate in modo errato e non dovrebbe- ro mai essere trascurate nella diagnosi differenziale di qualsiasi comporta- mento correlato al sonno con caratteri di ricorrenza, stereotipia o bizzarria. L'erronea diagnosi di fenomeni di origine psicogena è incoraggiata dalla natura spesso bizzarra delle crisi e dalla frammentarietà ed inattendibilità del racconto degli eventuali testimoni. Può essere utile incoraggiare i pazien- ti e i familiari a videoregistrare gli episodi motori notturni di natura incerta anche con mezzi amatoriali.

Sonno ed Ictus

Sono stati osservati disturbi del sonno e frammentazione del sonno deri- vanti da aritmie respiratorie correlate al sonno in molti pazienti con ictus emisferico cerebrale. L’apnea del sonno, il russamento e l’ictus sono profon- damente correlati tra loro. L’apnea del sonno può predisporre all’ictus e vice- versa. Quando si cerca di stabilire delle relazioni tra russamento, apnea del sonno e ictus, occorre tener presente le variabili confondenti che sono fattori comuni di rischio come l’ipertensione, le cardiopatie, l’età, l’indice di massa corporea, il fumo e il consumo di sostanze alcoliche. La frequenza di apnea del sonno è aumentata sia nell’ictus sottotentoria- le che sopratentoriale. L’apnea del sonno può influenzare negativamente gli esiti a breve termine dei pazienti con ictus, sia in termini di morbilità che di mortalità. E’ importante diagnosticare l’apnea del sonno nei pazienti con ictus, perché esiste un trattamento efficace per l’apnea del sonno che può diminuire il rischio di un futuro ictus.

Caleidoscopio 73 M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

L’ictus emisferico cerebrale può provocare una diminuzione del sonno REM e NREM che può essere correlato con gli esiti clinici. L’ictus talamico può essere la causa della perdita ipsilaterale dei fusi del sonno e gli infarti talamici bilaterali paramediani possono essere associati a ipersonnia. L’ictus può predisporre a diversi disordini del sonno: la sindrome di Kleine-Levin può verificarsi dopo inferti cerebrali multipli. E’ stato eviden- ziato che la narcolessia-cataplessia può far seguito a ischemia ipossica cere- brale.

74 Caleidoscopio M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni Sonno e malattie psichiatriche

La profonda correlazione tra psicopatologia e sonno è documentata dalla presenza pressoché costante dei disturbi del sonno nella patologia psichia- trica e dalle ripercussioni della perdita di sonno sugli aspetti fenomenici ed evolutivi di questa. L’insonnia nella patologia psichiatrica costituisce un sin- tomo ubiquitario, purtoppo spesso scarsamente considerato. L’insonnia quindi viene trattata come semplice manifestazione epifenomenica della condizione di base che troppo frettolosamente si cerca di cancellare con il ricorso ad automatismi farmacoterapeutici. Anche l’ipersonnia (periodi di eccessiva sonnolenza o di vero e proprio sonno durante il giorno) non ricon- ducibile ad un’inadeguata quantità di sonno notturno né all’effetto sedativo di un eventuale trattamento, non è infrequente nella patologia psichiatrica, ma le conoscenze sia in termini fenomenici sia fisopatologici sono scarse.

Stati ansiosi e disturbi della personalità

L’ansia generalizzata o correlata a disturbi da attacco di panico o connes- sa a disturbi fobici e ossessivo-compulsivi ha una relazione complessa con il sonno: lo stato di arousal psicologico e fisiologico proprio dell’ansia disturba il sonno e ne condiziona la percezione negativa e il sonno disturbato accen- tua lo stato di ansia cosicché, una volta che l’insonnia è determinata, non è agevole distinguere cause ed effetti. L’insonnia indotta dall’ansia si manifesta prevalentemente con una diffi- coltà ad iniziare il sonno e/o mantenerlo; gli studi poligrafici non consento- no una precisa definizione delle modificazioni ipniche correlate all’ansia, se non un aumento della latenza, del numero dei risvegli e una riduzione dello stadio 4 (considerato l’indice più sensibile e duraturo dello stress). Gli attacchi di panico possono talora manifestarsi durante il sonno (65- 69%) generalmente due-tre ore dopo l’addormentamento. L’indagine poli- grafica in questi casi ha evidenziato che il risveglio, preceduto da una breve contrazione muscolare, produce una raffica di complessi K con alleggeri- mento del sonno, un grossolano movimento del corpo e tachicardia si deter- mina nello stadio 2 o nella fase di passaggio tra stadio 2 e 3 e si accompagna al tipico corteo sintomatologico di palpitazioni, senso di costrizione toracica, dispnea, angoscia e paura.

Caleidoscopio 75 M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

Trattamento Il trattamento dell’insonnia correlata all’ansia o ad un disturbo ansioso specifico si avvale dell’impiego di benzodiazepine ipnotiche. Se per l’inson- nia transitoria associata a fugaci stati ansiosi sono considerate più opportune le benzodiazepine a breve emivita, per l’insonnia protratta è opportuno asso- ciare al trattamento di base (antidepressivi serotoninrgici) molecole ad emi- vita lunga, i cui effetti residui si rilevano utili sullo stato ansioso diurno.

Schizofrenia

Le alterazioni del sonno nella schizofrenia appaiono nel complesso mode- ste, aspecifiche e limitate ad una percentuale non rilevante di pazienti. Disturbi del sonno in senso deficitario sono stati descritti soprattutto nelle fasi d’invasione psicotica, nelle riacutizzazioni delle forme croniche e nelle schizofrenie con concomitante stato di agitazione psicomotoria. Dal punto di vista poligrafico le alterazioni più rilevanti sono rappresen- tate dalla riduzione di sonno delta in corso di sonno NREM sia nelle fasi di esordio e di acuzie psicotiche che negli stadi cronici. Le tecniche di analisi computerizzata hanno dimostrato che questa compromissione è riconducibi- le alla minor sincronizzazione dell’attività bioelettrica cerebrale. Trattamento Il trattamento dell’insonnia nella schizofrenia si avvale dell’impiego di neurolettici sedativi (fenotiazine, in particolare cloropromazina) e incisivi (aloperidolo), questi ultimi allorchè l’insonnia è correlata alla presenza di deliri e allucinazioni.

Depressione e mania

Nella depressione il sonno è alterato nei suoi aspetti quantitativi (conti- nuità e durata) e deprivato delle sue qualità di recupero e di riposo. Nella maggioranza dei depressi il sonno è ridotto per l’alta incidenza dei risvegli e la precocità del risveglio finale; la difficoltà di addormentamento gioca un ruolo meno importante. La riduzione del tempo di sonno è mag- giore nei depressi gravi, nelle depressioni primarie, nelle endogene e nelle depressioni di età media e senile rispetto a quelle giovanili. Dal punto di vista strutturale il sonno del depresso appare superficiale

76 Caleidoscopio M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

(aumento degli stadi 1 e 2) e talora deprivato degli stadi di sonno più profon- do ( riduzione degli stadi 3 e 4) e alterato nella sua ciclicità. Per quanto concerne la latenza REM è sufficientemente documentata la sua riduzione, che è stata assunta come “marker biologico” della depressio- ne primaria. La compromissione di questo parametro è positivamente corre- lata con l’età e la gravità della sintomatologia, cosicchè latenze Rem estre- mamente brevi (inferiore a 20 minuti) connotano i quadri depressivi deliran- ti e dell’età evolutiva. A carico del sonno NREM la compromissione più costante è rappresentata dalla riduzione in termini assoluti e percentuali del sonno delta (soprattutto dello stadio 4). La risoluzione dello stato depressivo non si associa ad una normalizzazione del pattern di sonno; nella maggior parte dei pazienti il sonno continua ad essere significativamente diverso da quello dei soggetti di controllo, con maggior difficoltà di addormentamento, elevata quantità di stadio 1, riduzione di stadio 4, notevole variabilità dei parametri ipnici da notte a notte). E’ stato riscontrato che i cambiamenti neu- rofisiologici circa l’architettura del sonno precedono l’evidenza clinica del disturbo dell’umore e possono consentire di predire le ricadute e di pianifi- care l’intervento farmacologico. Trattamento L’insonnia depressiva risponde al trattamento con antidepressivi seroto- ninergici (sertralina, paroxetina, fluoxetina ecc) o con triciclici (amitriptilina ecc). Nei casi ostinati si rende necessaria l’associazione di benzodiazepine ipnotiche o di neurolettici fenotiazinici (promazina, levopromazina, clorpro- mazina).

Disturbi dell’Alimentazione

La maggior parte degli studi compiuti sui pazienti affetti da bulimia evi- denzia dei piccoli cambiamenti nei parametri della fase REM rispetto ai sog- getti normali. Chi è soggetto a una forma grave e non curata di anoressia ner- vosa evidenzia spesso una riduzione del tempo totale di sonno e della effi - cienza del sonno, un incremento dello stadio 1 del sonno NREM, una dimi- nuzione del sonno profondo ed una riduzione della potenza del delta [95]. Il sonno torna alla sua normalità dopo che il peso è stato riacquistato. Vi è inol- tr e una riduzione iniziale della latenza REM in coincidenza di una forte per- dita di peso e questa torna normale quando il peso viene rec u p e r a t o .

Caleidoscopio 77 M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni Sonno e malattie internistiche

Quando un paziente si presenta per un problema di sonno, sia che si trat- ti d’ insonnia che d’ ipersonnia, il primo passo da compiere è quello di ese- guire un’anamnesi dettagliata, seguita poi dall’esame obiettivo per scoprire la causa del disturbo del sonno. Molte malattie di natura internistica si pre- sentano spesso associate a disturbi del sonno e risulta indispensabile indivi- duare tale associazione nel corso di una prima visita (tabella 7).

· Malattie cardiovascolari: aritmie cardiache, insufficienza cardia- ca congestizia, cardiopatia ischemica, angina notturna. · Disordini respiratori intrinseci: BPCO, asma (compresa l’asma notturna), pneumopatia restrittiva. · Malattie gastrointestinali: ulcera peptica, esofagite da reflusso. · Malattie endocrine: ipertiroidismo, ipotiroidismo, diabete melli- to, deficit od eccesso di ormone della crescita (GH). · Malattie renali: insufficienza renale cronica, disturbi del sonno associati alla dialisi renale. · Disordini ematologici: emoglobinuria parossistica notturna, l’anemia mediterranea, teleangectasia emorragica ereditaria. · Disordini reumatici compresa la fibromialgia · Malatie varie: AIDS, malattia di Lyme, patologie mediche o chirurgiche associate alla degenza in unità di cura intensiva, sin- drome della fatica cronica.

Tabella 7. Malattie internistiche che possono provocare disturbi del sonno.

Allergie alimentari

Allergie alimentari possono in età infantile indurre una forma particolare e grave di insonnia che insorge nel bambino piccolo in occasione delle prime introduzioni del latte vaccino nell’alimentazione. Più raramente, altri bambi-

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ni possono mostrare l’insorgenza di questo disturbo dopo introduzione nella dieta di prodotti a base di soia. Il bambino può arrivare a dormire solo 5-6 ore nell’arco delle 24 ore.

Malattie ormonali

E’ importante conoscere la profonda relazione esistente tra i disturbi della tiroide , ormone della crescita, le difficoltà respiratorie e i disturbi del sonno. I sintomi principali del mixedema sono la presenza, nelle persone anzia- ne o di mezz’età, di affaticamento, aumento di peso, diminuzione delle capa- cità fisiche e delle facoltà mentali, secchezza e ruvidezza della pelle, edema pretibiale, abbassamento della voce, particolare sensibilità al freddo, costipa- zione, bradicardia o tracce di cardiopatia ischemica all’elettrocardiogramma. Nei pazienti con mixedema sono state riscontrate anche apnee ostruttive e centrali, scomparse dopo terapia a base di tiroxina. Un deficit dell’ormone della crescita corrisponde ad una diminuzione di sonno 4 e ad un aumento di sonno 1 e 2 con un incremento complessivo del tempo di sonno, regredito dopo una terapia di ormone della crescita per sei mesi. Sono state riscontrate apnee del sonno associate al rilascio dell’ormone della crescita in pazienti con acromegalia, dovute all’ingrandimento della lin- gua e della parete della faringe, che provocano un restringimento delle vie aeree superiori. La sandostatina, un farmaco simile alla somatostatina, ha curato l’apnea centrale in questi pazienti e ne ha normalizzato la risposta ipercapnica.

Malattie cardiache

E’ ben noto che disturbi del sonno possono verificarsi nelle malattie car- diovascolari e che interessano soprattutto i pazienti con cardiopatia ischemi- ca, infarto del miocardio o insufficienza cardiaca congestizia. Il dolore tipico della cardiopatia ischemica può svegliare il paziente e quindi una diminuzione dell’efficacia del sonno. L’apnea ostruttiva è talvol- ta associata ad ipossiemia arteriosa e provoca ischemia cardiaca. L’angina notturna si manifesta sia durante il sonno REM che NREM e una polisonnografia eseguita in questi pazienti ha dimostrato una diminuzione

Caleidoscopio 79 M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

dell’efficacia del sonno. I pazienti con malattia coronaria e OSAS presentano un aumento del rischio di infarto, a causa dell’ischemia miocardia notturna scatenata dalla desaturazione di ossigeno dovuta all’apnea. Un’associazione frequente è apnea del sonno e ipertensione sistemica; la prevalenza dell’ipertensione nei pazienti con apnea del sonno è pari a circa 50-90%. Gli studi hanno confermato che il trattamento dell’apnea del sonno con la CPAP nasale riduce la pressione sanguigna e la letteratura conferma che l’ipertensione essenziale è dovuta principalmente all’aumento della resi- stenza delle vie aeree superiori durante il sonno.

Malattie Polmonari

I cambiamenti fisiologici della respirazione che si verificano normalmen- te durante il sonno (vedi capitolo OSAS), a livello dei muscoli respiratori e del centro di controllo respiratorio, hanno un effetto negativo sulla respira- zione di soggetti affetti da Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO) ed in quelli con pneumopatie restrittive. Due sono i meccanismi fondamen- talmente coinvolti nel peggioramento dell’ipossiemia durante il sonno: l’ipo- ventilazione alveolare, che è più marcata durante il sonno REM, e lo squili- brio ventilazione/perfusione. La diminuita risposta ventilatoria all’ipossia ed all’ipercapnia contribuisce in questi pazienti ad aumentare la desatura- zione notturna di ossigeno. L’ipossiemia notturna da sola può provocare la ripetuta interruzione e frammentazione dell’architettura del sonno. In alcuni pazienti la BPCO può coesistere con una OSAS; si parla in questo caso di “overlap syndrome”. La coesistenza di BPCO e OSAS porta ad un rischio maggiore d’ ipertensione polmonare e d’ insufficienza cardiaca congestizia rispetto ai pazienti con sola OSAS. In soggetti affetti da asma bronchiale gli attacchi parossistici possono pre- sentarsi in qualsiasi momento del giorno e della notte; quando si presentano di notte, gli attacchi sono distribuiti a caso senza alcuna relazione con una fase particolare del sonno. Infatti, la resistenza delle vie aeree mostra un incremento circadiano correlato non agli stadi di sonno, ma alla durata del sonno. Negli asmatici si riscontra di frequente un’esacerbazione notturna dei sintomi, nonché un’evidente progressione della costrizione bronchiale e del- l’ipossiemia. L’asma notturno è, potenzialmente, un problema molto serio, dal momento che vi è tra gli asmatici adulti un’incidenza elevata di arresti respiratori e di morti improvvise tra la mezzanotte e le 8.00 del mattino. In questi soggetti è stato dimostrata un’alta incidenza di disturbi del sonno, pre- sentandosi come una combinazione di insonnia ed ipersonnia. Così come l’a-

80 Caleidoscopio M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

pnea ostruttiva e la BPCO, anche l’asma notturno è associato a problemi respiratori derivanti dal sonno ( di solito ipopnee più che apnee); si manife- sta inoltre con risvegli frequenti soprattutto durante il sonno REM.

Malattie Renali

I disturbi del sonno sono relativamente comuni tra i pazienti con insuffi- cienza renale cronica con o senza dialisi, soprattutto con malattia renale in fase terminale. I disturbi del sonno di questi pazienti includono l’insonnia, l’eccessiva sonnolenza diurna e l’inversione del ciclo sonno-veglia con una diminuzione della qualità del sonno notturno e con un’elevata frammenta- zione del sonno. I disturbi più frequentemente coesistenti con insufficienza renale cronica sono l’OSAS, il PLMD e la RLS. La prevalenza di RLS in pazienti con insufficienza renale cronica varia dal 15 al 40%. La RLS è asso- ciata all’insufficienza renale, e non all’emodialisi di per sé. La RLS di origine uremica non può essere distinta da quella idiopatica, ma può essere trattata efficacemente dopo un trapianto di reni.

Malattie ematologiche

Le patologie ematologiche che si possono associare a patologie del sonno sono l’emoglobinuria parossistica notturna, l’anemia mediterranea e la teleangectasia emorragica ereditaria. I pazienti affetti da anemia mediterra- nea possono presentare una saturazione di ossiemoglobina più bassa duran- te il sonno, andando incontro ad una sindrome delle apnee ostruttive. Gli studi sull’emoglobinuria parossistica notturna sono ancora incompleti, men- tre una sonnolenza progressiva accompagnata da stato confusionale è stata riscontrata in un paziente colpito da teleangectasia emorragica ereditaria

Disturbi reumatici: la sindrome fibromialgica

La fibromialgia è una malattia caratterizzata da dolori muscolari diffusi non correlati a disfunzioni articolari, delle ossa o dei tessuti connettivi. I

Caleidoscopio 81 M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

disturbi del sonno sono molto comuni nella fibromialgia. La caratteristica più rilevante è l’attività alfa intermittente durante il sonno NREM, che dà origi- ne al caratteristico pattern alfa-delta o alfa NREM. Un’altra associazione importante è la presenza di mioclono rilevata alla polisonnografia. Ciò che lamenta chi è affetto da fibromialgia è soprattutto un sonno non ristoratore, con un incremento dei risvegli e una diminuzione dell’efficacia del sonno. La terapia di questa sindrome rimane poco soddisfacente, sono state suggerite terapie con antidepressivi triciclici e una breve terapia a base di zolpidem e un programma di esercizi riabilititativi.

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Caleidoscopio 91 M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni Indice

Editoriale ...... pag. 3 Il sonno normale ...... » 5 Gli inizi della scienza del sonno ...... » 6 Meccanismi del sonno e sistemi di regolazione ...... » 7 Gli Stadi del sonno ...... » 8 La struttura del sonno ...... » 9 Il modello a due fattori e la macrostruttura del sonno ...... » 10 Il ritmo ultradiano del sonno ...... » 12 Neurofisiologia del sonno ...... » 14 La microstruttura del sonno ...... » 17 Il sonno nelle diverse età ...... » 17 Modificazioni fisiologiche nel sonno REM e NREM ...... » 18 Strumenti di indagine del Sonno ...... » 20 Registrazione poligrafica del sonno (polisonnografia) ...... » 20 Test di latenza multipla del sonno (MSLT) ...... » 21 Registrazione poligrafica ambulatoriale ...... » 21 L’actigrafo da polso ...... » 22 La Classificazione dei disturbi del sonno ...... » 23 Disturbi del ritmo circadiano sonno-veglia ...... » 24 Sindrome della fase di sonno ritardata ...... » 26 Sindrome della fase di sonno anticipata ...... » 27 Sindrome ipernictoemerale ...... » 28 Sindrome da salto di fusi orari (Jet lag syndrome) ...... » 29 Sindrome del turnista ...... » 30 Dissonnie ...... » 32 Insonnie ...... » 32 Insonnie primarie ...... » 34 Insonnia da errata percezione del sonno ...... » 34 Insonnia psicofisiologica cronica ...... » 34 Insonnia idiopatica ...... » 36

92 Caleidoscopio M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

Insonnie secondarie ...... » 37 Dissonnia da sindrome delle gambe senza riposo ...... » 37 Dissonnia da movimenti periodici ...... » 38 Dissonnia da apnee ostruttive morfeiche ...... » 40 Disturbi dell’inizio del sonno “per associazione” ...... » 45 Disturbo del sonno “per mancata identificazione del limite” .» 46 Insonnia da inadeguata igiene del sonno ...... » 46 Sindrome da “sonno insufficiente” ...... » 47 Insonnia da assunzione durante la notte di cibo/bevande . . .» 48 Sostanze che causano insonnia (uso ed abuso) ...... » 48 Ipersonnie ...... » 50 Ipersonnie primarie ...... » 51 Ipersonnie secondarie ...... » 57 Parasonnie ...... » 59 Parasonnie in sonno NREM ...... » 60 Risvegli confusionali ...... » 60 Pavor nocturnus (Terrori del sonno) ...... » 60 Sonnambulismo ...... » 61 Parasonnie del sonno REM ...... » 62 Sogni terrifici ...... » 62 Disordine comportamentale in sonno REM ...... » 62 Parasonnie della transizione veglia sonno ...... » 63 Movimenti ritmici in sonno ...... » 63 Altre parasonnie primarie ...... » 63 Bruxismo ...... » 63 Enuresi notturna ...... » 64 Mioclonie ipniche ...... » 64 Sonniloquio ...... » 65 Paralisi del sonno ...... » 65 Parasonnie secondarie ...... » 66 Sonno e malattie neurologiche ...... » 67 Insonnia familiare fatale ...... » 67 Malattie extrapiramidali ...... » 68 Malattia di Huntington ...... » 68 Sindrome di Tourette ...... » 69

Caleidoscopio 93 M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

Parkinsonismi ...... » 69 Atrofie multisistemiche (MSA)...... » 70 Malattie neuromuscolari ...... » 70 Malattia del motoneurone (SLA) ...... » 71 Sonno ed Epilessia ...... » 71 Epilessia frontale notturna ...... » 72 Stato epilettico elettrico in corso di sonno (SEES) ...... » 72 Sonno ed Ictus ...... » 73 Sonno e Malattie psichiatriche ...... » 75 Stati ansiosi e disturbi della personalità ...... » 75 Schizofrenia ...... » 76 Depressione e mania ...... » 76 Disturbi dell’Alimentazione ...... » 77 Sonno e Malattie internistiche ...... » 78 Allergie alimentari ...... » 78 Malattie ormonali ...... » 79 Malattie cardiache ...... » 79 Malattie Polmonari ...... » 80 Malattie Renali ...... » 81 Malattie ematologiche ...... » 81 Disturbi reumatici: la sindrome fibromialgica ...... » 81 Bibliografia ...... » 83 Indice ...... » 92

94 Caleidoscopio M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

C a l e i d o sI t ca l i ao n o p i o

1. Rassu S.: Principi generali di endocrinologia. Gennaio ’83 2. Rassu S.: L’ipotalamo endocrino. Giugno ’83 3. Rassu S.: L’ipofisi. Dicembre ’83 4. Alagna., Masala A.: La prolattina. Aprile ’84 5. Rassu S.: Il pancreas endocrino. Giugno ’84 6. Fiorini I., Nardini A.: Citomegalovirus, Herpes virus, Rubella virus (in gravidanza). Luglio ’84. 7. Rassu S.: L’obesita’. Settembre ’84 8. Franceschetti F., Ferraretti A.P, Bolelli G.F., Bulletti C.:Aspetti morfofunzionali dell’ovaio. Novembre ’84. 9. Kubasik N.P.: Il dosaggio radioimmunologico (1). Dicembre ’84. 10. Kubasik N.P.: Il dosaggio radioimmunologico (2) parte prima. Gennaio’85. 11. Kubasik N.P.: Il dosaggio radioimmunologico (2) parte seconda. Febbraio ’85. 12.Kubasik N.P.: Il dosaggio radioimmunologico (3) parte prima. Aprile ’85. 13. Nacamulli D, Girelli M.E, Zanatta G.P, Busnardo B.: Il TSH. Giugno ’85. 14. Facchinetti F. e Petraglia F.: La b-endorfina plasmatica e liquorale. Agosto ’85. 15. Baccini C.: Le droghe d’abuso (1). Ottobre ’85. 16. Kubasik N.P.: Il dosaggio radioimmunologico (3) parte seconda. Dicembre ’85. 17. Nuti R.: Fisiologia della vitamina D: Trattamento dell’osteoporosi post-menopausale. Febbraio ’86 18. Cavallaro E.: Ipnosi: una introduzione psicofisiologica. Marzo ’86. 19. Fanetti G.: AIDS: trasfusione di sangue emoderivati ed emocomponenti. Maggio ’86. 20. Fiorini I., Nardini A.: Toxoplasmosi, immunologia e clinica. Luglio ’86. 21. Limone P.: Il feocromocitoma. Settembre ’86. 22. Bulletti C., Filicori M., Bolelli G.F., Flamigni C.: Il Testicolo. Aspetti morfo-funzionali e clinici. Novembre ’86. 23. Bolcato A.: Allergia. Gennaio ’87. 24. Kubasik N.P.: Il dosaggio enzimoimmunologico e fluoroimmunologico. Febbraio ’87. 25. Carani C.: Patologie sessuali endocrino-metaboliche. Marzo ’87. 26. Sanna M., Carcassi R., Rassu S.: Le banche dati in medicina. Maggio ’87. 27. Bulletti C., Filicori M., Bolelli G.F., Jasonni V.M., Flamigni C.: L’a m e n o r r e a . Giugno ’87. 28. Zilli A., Pagni E., Piazza M.: Il paziente terminale. Luglio ’87. 29. Pisani E., Montanari E., Patelli E., Trinchieri A., Mandressi A.: Patologie prostatiche. Se t t e m b r e ’87. 30. Cingolani M.: Manuale di ematologia e citologia ematologica. Novembre ’87. 31. Kubasik N.P.: Ibridomi ed anticorpi monoclonali. Gennaio ’88.

Caleidoscopio 95 M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

32. Andreoli C., Costa A., Di Maggio C.: Diagnostica del carcinoma mammario. Febbraio ’88. 33. Jannini E.A., Moretti C., Fabbri A., Gnessi L., Isidori A.: Neuroendocrinologia dello stress. Ma r zo ’88. 34. Guastella G., Cefalù E., Carmina M.: La fecondazione in vitro. Maggio ‘88. 35. Runello F., Garofalo M.R., Sicurella C., Filetti S., Vigneri R.: Il gozzo nodulare. Giugno ’88. 36. Baccini C.: Le droghe d’abuso (2). Luglio ’88. 37. Piantino P., Pecchio F.: Markers tumorali in gastroenterologia. Novembre ’88. 38. Biddau P.F., Fiori G.M., Murgia G.: Le leucemie acute infantili. Gennaio ’89. 39. Sommariva D., Branchi A.: Le dislipidemie. Febbraio ‘89. 40. Butturini U., Butturini A.: Aspetti medici delle radiazioni. Marzo ‘89. 41. Cafiero F., Gipponi M., Paganuzzi M.: Diagnostica delle neoplasie colo-rettali. Aprile ‘89. 42. Palleschi G.: Biosensori in Medicina. Maggio ‘89. 43. Franciotta D.M., Melzi D’Eril G.V. e Martino G.V.: HTLV-I. Giugno ‘89. 44. Fanetti G.: Emostasi: fisiopatologia e diagnostica. Luglio ‘89. 45. Contu L., Arras M..: Le popolazioni e le sottopopolazioni linfocitarie. Settembre ‘89. 46. Santini G.F., De Paoli P., Basaglia G.: Immunologia dell’occhio. Ottobre ‘89. 47. Gargani G., Signorini L.F., Mandler F., Genchi C., Rigoli E., Faggi E.: Infezioni opportu - nistiche in corso di AIDS. Gennaio ‘90. 48. Banfi G., Casari E., Murone M., Bonini P.: La coriogonadotropina umana. Febbraio ‘90. 49. Pozzilli P., Buzzetti R., Procaccini E., Signore E.: L’immunologia del diabete mellito. Marzo ‘90. 50. Cappi F.: La trasfusione di sangue: terapia a rischio. Aprile ‘90. 51. Tortoli E., Simonetti M.T.: I micobatteri. Maggio ‘90. 52. Montecucco C.M., Caporali R., De Gennaro F.: Anticorpi antinucleo. Giugno ‘90. 53. Manni C., Magalini S.I. e Proietti R.: Le macchine in terapia intensiva. Luglio ‘90. 54. Goracci E., Goracci G.: Gli allergo-acari. Agosto ‘90. 55. Rizzetto M.: L’epatite non A non B (tipo C). Settembre ‘90. 56. Filice G., Orsolini P., Soldini L., Razzini E. e Gulminetti R.: Infezione da HIV-1: patoge - nesi ed allestimento di modelli animali. Ottobre ‘90. 57. La Vecchia C. Epidemiologia e prevenzione del cancro (I). Gennaio ‘91. 58. La Vecchia C. Epidemiologia e prevenzione del cancro (II). Febbraio ‘91. 59. Santini G.F., De Paoli P., Mucignat G., e Basaglia G., Gennari D.: Le molecole dell’adesi - vità nelle cellule immunocompetenti. Marzo ‘91. 60. Bedarida G., Lizioli A.: La neopterina nella pratica clinica. Aprile ‘91. 61. Romano L.: Valutazione dei kit immunochimici. Maggio ‘91. 62. Dondero F. e Lenzi A.: L’infertilità immunologica. Giugno ‘91. 63. Bologna M. Biordi L. Martinotti S.: Gli Oncogèni. Luglio ‘91. 64. Filice G., Orsolini P., Soldini L., Gulminetti R., Razzini E., Zambelli A. e Scevola D.: In - fezione-malattia da HIV in Africa. Agosto ‘91. 65. Signore A., Chianelli M., Fiore V., Pozzilli P., Andreani D.: L’immunoscintigrafia nella dia - gnosi delle endocrinopatie autoimmuni. Settembre ‘91. 66. Gentilomi G.A.: Sonde genetiche in microbiologia. Ottobre ‘91. 67. Santini G.F., Fornasiero S., Mucignat G., Besaglia G., Tarabini-Castellani G. L., Pascoli L.: Le sonde di DNAe la virulenza batterica. Gennaio ‘92. 68. Zilli A., Biondi T.: Il piede diabetico. Febbraio ‘92. 69. Rizzetto M.: L’epatite Delta. Marzo ‘92.

96 Caleidoscopio M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

70. Bracco G., Dotti G., Pagliardini S., Fiorucci G.C.: Gli screening neonatali. Aprile ‘92. 71. Tavani A., La Vecchia C.: Epidemiologia delle patologie cardio e cerebrovascolari. Luglio ‘92. 72. Cordido F., Peñalva A., De la Cruz L. F., Casanueva F. F., Dieguez C.: L’ormone della cre - scita. Agosto ‘92. 73. Contu L., Arras M.: Molecole di membrana e funzione immunologica (I). Settembre ‘92. 74. Ferrara S.:Manuale di laboratorio I. Ottobre ‘92. 75. Gori S.: Diagnosi di laboratorio dei patogeni opportunisti. Novembre ‘92. 76. Ferrara S.: Manuale di laboratorio II. Gennaio ‘93. 77. Pinna G., Veglio F., Melchio R.: Ipertensione Arteriosa. Febbraio ‘93. 78. Alberti M., Fiori G.M., Biddau P.: I linfomi non Hodgkin. Marzo ‘93. 79. Arras M., Contu L.: Molecole di membrana e funzione immunologica (II). Aprile ‘93. 80. Amin R.M., Wells K.H., Poiesz B.J.: Terapia antiretrovirale. Maggio ‘93. 81. Rizzetto M.: L’epatite C. Settembre ‘93. 82. Andreoni S.: Diagnostica di laboratorio delle infezioni da lieviti. Ottobre ‘93. 83.Tarolo G.L., Bestetti A., Maioli C., Giovanella L.C., Castellani M.: Diagnostica con radio - nuclidi del Morbo di Graves-Basedow. Novembre ‘93. 84. Pinzani P., Messeri G., Pazzagli M.: Chemiluminescenza. Dicembre ‘93. 85. Hernandez L.R., Osorio A.V.: Applicazioni degli esami immunologici. Gennaio 94. 86. Arras M., Contu L.: Molecole di Membrana e funzione immunologica. Parte terza: I lnfo - citi B. Febbraio ‘94. 87. Rossetti R.: Gli streptoccocchi beta emolitici di gruppo B (SGB). Marzo ‘94. 88. Rosa F., Lanfranco E., Balleari E., Massa G., Ghio R.: Marcatori biochimici del rimodel - lamento osseo. Aprile ‘94. 89. Fanetti G.: Il sistema ABO: dalla sierologia alla genetica molecolare. Settembre ‘94. 90. Buzzetti R., Cavallo M.G., Giovannini C.: Citochine ed ormoni: Interazioni tra sistema endocrino e sistema immunitario. Ottobre ‘94. 91. Negrini R., Ghielmi S., Savio A., Vaira D., Miglioli M.: Helicobacter pylori. Novembre ‘94. 92. Parazzini F.: L’epidemiologia della patologia ostetrica. Febbraio ‘95. 93. Proietti A., Lanzafame P.: Il virus di Epstein-Barr. Marzo ‘95. 94. Mazzarella G., Calabrese C., Mezzogiorno A., Peluso G.F., Micheli P, Romano L.: Im - munoflogosi nell’asma bronchiale. Maggio ‘95. 95. Manduchi I.: Steroidi. Giugno ‘95. 96. Magalini S.I., Macaluso S., Sandroni C., Addario C.: Sindromi tossiche sostenute da prin - cipi di origine vegetale. Luglio ‘95. 97. Marin M.G., Bresciani S., Mazza C., Albertini A., Cariani E.: Le biotecnologie nella dia - gnosi delle infezioni da retrovirus umani. Ottobre ‘95. 98.La Vecchia C., D’Avanzo B., Parazzini F., Valsecchi M.G.: Metodologia epidemiologica e sperimentazione clinica. Dicembre ‘95. 99.Zilli A., Biondi T., Conte M.: Diabete mellito e disfunzioni conoscitive. Gennaio ‘96. 10 0 . Z a z z e r oni F., Muzi P., Bologna M.: Il gene oncosoppressore p53: un guardiano del genoma. Ma r zo ‘96. 101.Cogato I. Montanari E.: La Sclerosi Multipla. Aprile ‘96. 102.Carosi G., Li Vigni R., Bergamasco A., Caligaris S., Casari S., Matteelli A., Tebaldi A.: Malattie a trasmissione sessuale. Maggio ‘96. 103.Fiori G. M., Alberti M., Murtas M. G., Casula L., Biddau P.: Il linfoma di Hodgkin. Giu- gno ‘96.

Caleidoscopio 97 M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

104.Marcante R., Dalla Via L.: Il virus respiratorio sinciziale. Luglio ‘96. 105.Giovanella L., Ceriani L., Roncari G.: Immunodosaggio dell’antigene polipeptidico tis - sutale specifico (TPS) in oncologia clinica: metodologie applicative. Ottobre ‘96. 106.Aiello V., Palazzi P., Calzolari E.: Tecniche per la visualizzazione degli scambi cromatici (SCE): significato biologico e sperimentale. Novembre ‘96. 107.Morganti R.: Diagnostica molecolare rapida delle infezioni virali. Dicembre ‘96. 108.Andreoni S.: Patogenicità di Candida albicans e di altri lieviti. Gennaio ‘97. 109.Salemi A., Zoni R.: Il controllo di gestione nel laboratorio di analisi. Febbraio ‘97. 110.Meisner M.: Procalcitonina. Marzo ‘97. 111.Carosi A., Li Vigni R., Bergamasco A.: Malattie a trasmissione sessuale (2). Aprile ‘97. 112.Palleschi G. Moscone D., Compagnone D.: Biosensori elettrochimici in Biomedicina. Maggio ‘97. 113.Valtriani C., Hurle C.: Citofluorimetria a flusso. Giugno ‘97. 114.Ruggenini Moiraghi A., Gerbi V., Ceccanti M., Barcucci P.: Alcol e problemi correlati. Settembre ‘97. 115.Piccinelli M.: Depressione Maggiore Unipolare. Ottobre ‘97. 116.Pepe M., Di Gregorio A.: Le Tiroiditi. Novembre ‘97. 117.Cairo G.: La Ferritina. Dicembre ‘97. 118.Bartoli E.: Le glomerulonefriti acute. Gennaio ‘98. 119.Bufi C., Tracanna M.: Computerizzazione della gara di Laboratorio. Febbraio ‘98. 120.National Academy of Clinical Biochemistry: Il supporto del laboratorio per la diagnosi ed il monitoraggio delle malattie della tiroide. Marzo ‘98. 121.Fava G., Rafanelli C., Savron G.: L’ansia. Aprile ‘98. 122.Cinco M.: La Borreliosi di Lyme. Maggio ‘98. 123.Giudice G.C.: Agopuntura Cinese. Giugno ‘98. 124.Baccini C.: Allucinogeni e nuove droghe (1). Luglio ‘98. 125.Rossi R.E., Monasterolo G.: Basofili. Settembre ‘98. 126. Arcari R., Grosso N., Lezo A., Boscolo D., Cavallo Perin P.: Eziopatogenesi del diabete mellito di tipo 1. Novembre ‘98. 127.Baccini C.: Allucinogeni e nuove droghe (1I). Dicembre ‘98. 128.Muzi P., Bologna M.: Tecniche di immunoistochimica. Gennaio ‘99. 129.Morganti R., Pistello M., Vatteroni M.L.: Monitoraggio dell’efficacia dei farmaci antivira - li. Febbraio ‘99. 130.Castello G., Silvestri I.:Il linfocita quale dosimetro biologico. Marzo ‘99. 131.AielloV., Caselli M., Chiamenti C.M.: Tumorigenesi gastrica Helicobacter pylori - correla - ta. Aprile ‘99. 132.Messina B., Tirri G., Fraioli A., Grassi M., De Bernardi Di Valserra M.: Medicina Termale e Malattie Reumatiche. Maggio ‘99. 133.Rossi R.E., Monasterolo G.: Eosinofili. Giugno ‘99. 134.Fusco A., Somma M.C.: NSE (Enolasi Neurono-Specifica). Luglio ‘99. 135.Chieffi O., Bonfirraro G., Fimiani R.: La menopausa. Settembre ‘99. 136.Giglio G., Aprea E., Romano A.: Il Sistema Qualità nel Laboratorio di Analisi. Ottobre ‘99. 137.Crotti D., Luzzi I., Piersimoni C.: Infezioni intestinali da Campylobacter e microrganismi correlati. Novembre ‘99. 138.Giovanella L.: Tumori Neuroendocrini: Diagnosi e fisiopatologia clinica. Dicembre ‘99. 139.Paladino M., Cerizza Tosoni T.: Umanizzazione dei Servizi Sanitari: il Case Management. Gennaio 2000.

98 Caleidoscopio M. Beelke, P. Canovaro, F. Ferrillo Il sonno e le sue alterazioni

140.La Vecchia C.: Come evitare la malattia. Febbraio 2000. 141.Rossi R.E., Monasterolo G.: Cellule dendritiche. Marzo 2000. 142.Dammacco F.: Il trattamento integrato del Diabete tipo 1 nel bambino e adolescente (I). Aprile 2000. 143.Dammacco F.: Il trattamento integrato del Diabete tipo 1 nel bambino e adolescente (II). Maggio 2000. 144.Croce E., Olmi S.: Videolaparoscopia. Giugno 2000. 145.Martelli M., Ferraguti M.: AllergoGest. Settembre 2000. 146.Giannini G., De Luigi M.C., Bo A., Valbonesi M.: TTP e sindromi correlate: nuovi oriz - zonti diagnostici e terapeutici. Gennaio 2001. 147.Rassu S., Manca M.G., Pintus S., Cigni A.: L’umanizzazione dei servizi sanitari. Febbraio 2001. 148. Giovanella L.: I tumori della tiroide. Marzo 2001. 149.Dessì-Fulgheri P., Rappelli A.: L’ipertensione arteriosa. Aprile 2001. 150. The National Academy of Clinical Biochemistry: Linee guida di laboratorio per lo scree - ning, la diagnosi e il monitoraggio del danno epatico. Settembre 2001. 151.Dominici R.: Riflessioni su Scienza ed Etica. Ottobre 2001. 152.Lenziardi M., Fiorini I.: Linee guida per le malattie della tiroide. Novembre 2001. 153.Fazii P.: Dermatofiti e dermatofitosi. Gennaio 2002. 154.Suriani R., Zanella D., Orso Giacone G., Ceretta M., Caruso M.: Le malattie infiamma - torie intestinali (IBD) Eziopatogenesi e Diagnostica Sierologica. Febbraio 2002. 155. Trombetta C.: Il Varicocele. Marzo 2002. 156. Bologna M., Colorizio V., Meccia A., Paponetti B.: Ambiente e polmone. Aprile 2002. 157. Correale M., Paradiso A., Quaranta M.: I Markers tumorali. Maggio 2002. 158. Loviselli A., Mariotti S.: La Sindrome da bassa T3. Giugno 2002. 159. Suriani R., Mazzucco D., Venturini I., Mazzarello G., Zanella D., Orso Giacone G.: Helicobacter Pylori: stato dell’arte. Ottobre 2002. 160. Canini S.: Gli screening prenatali: marcatori biochimici, screening nel 1° e 2° trimestre di gravidanza e test integrato. Novembre 2002. 161. Atzeni M.M., Masala A.: La b-talassemia omozigote. Dicembre 2002. 162. Di Serio F.: Sindromi coronariche acute. Gennaio 2003. 163. Muzi P., Bologna M.: Il rischio di contaminazione biologica nel laboratorio biosanitario. Febbraio 2003. 164. Magni P., Ruscica M., Verna R., Corsi M.M.: Obesità: fisiopatologia e nuove prospettive diagnostiche. Marzo 2003. 165. Magrì G.: Aspetti biochimici e legali nell’abuso alcolico. Aprile 2003. 166. Rapporto dello Hastings Center: Gli scopi della medicina: nuove priorità. Maggio 2003. 167. Beelke M., Canovaro P., Ferrillo F.: Il sonno e le sue alterazioni. Giugno 2003.

I volumi disponibili in formato .pdf su CD e su Internet nel sito www.medicalsystems.it sono riportati in nero mentre in grigio quelli non ancora disponibili su Internet.

Caleidoscopio 99 Caleidoscopio Rivista mensile di Medicina anno 21, numero 167

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