Prefettura di

Ufficio Territoriale del Governo

18 gennaio 2018- Comune di Palermo - Sala delle Lapidi

Ricordo dell’avvocato Ugo Triolo e del cronista Mario Francese Intervento del Prefetto Antonella De Miro

Nel 40° anniversario della morte dell’Avv. Ugo Triolo si commemorano due figure, il vice pretore onorario di Prizzi e il giornalista Mario Francese, accomunati da una data, il 26 gennaio, quella del loro omicidio avvenuto ad un anno di distanza l’uno dall’altro.

Non palermitana, nulla ricordavo della morte dell’Avv. Triolo. Per me agrigentina, nel 78 appena laureata, una morte come le tante di quegli anni.

Me ne occupo arrivata a Palermo per un doveroso esercizio di memoria, perché Ugo Triolo è il padre di una collega, oggi Vice Prefetto Vicario a Savona, e quindi mi sembrava doveroso capirne qualcosa di più.

Da un dialogo con i figli Dario e Fabrizia e dai ricordi degli amici viene fuori la figura di un uomo semplice, di grande spessore umano, un cittadino di libero, un riferimento culturale e morale per quella comunità, un uomo che non riconosceva, anzi disprezzava, quel mondo criminale rappresentato dai Liggio, Riina, Provenzano che emergeva e di lì a poco avrebbe dominato violentemente cosa nostra e Palermo. Era stato P.M. in un processo contro Liggio a Corleone e lo aveva fatto condannare.

Sarebbe interessante studiare, se sarà possibile ritrovarle negli archivi degli uffici giudiziari, le carte dei processi di cui si era occupato il padre in quegli anni, certa che in quelle carte si possa trovare anche la chiave del delitto. Chissà quante decisioni giuste ma “offensive” e non gradite per il sistema di potere criminale mafioso corleonese. O più semplicemente non poteva essere lo Stato ad amministrare giustizia in quella zona.

1

Prefettura di Palermo

Ufficio Territoriale del Governo

Né è da escludere che sia stato ucciso nel quadro di quella strategia terroristica che ha voluto fare terra bruciata di tutti coloro che saranno di ostacolo all’affermarsi di quel potere criminale.

Ed allora uccidere un riferimento culturale e morale della città di Corleone, un uomo libero e dal pensiero critico, può essere stato un modo per lanciare un messaggio chiaro di dominio e di comando e per affermare tristemente una posizione di dominio.

E Mario Francese? Lavorava per il Giornale di Sicilia. Cronista attento, curioso, intelligente. Si occupa anche dell’omicidio Triolo, si precipita sul luogo del delitto nella via Cammarata, e scrive che l’omicidio avveniva nelle immediate vicinanze della via dov’era l’abitazione dell’allora latitante , mettendo così sin da subito in relazione il crimine alla volontà omicidiaria dei corleonesi.

Un anno dopo, nella stessa data, il 26 gennaio, di sera, anch’egli sotto casa, come Triolo, verrà ucciso Mario Francese.

Cosa hanno in comune oltre quel 26 gennaio le due morti? Mi sono interrogata.

Direi la libertà di pensiero. E l’autorevolezza morale, l’uno vice Pretore onorario che amministra giustizia certamente con equilibrio ed umanità, giammai come strumento di potere, tantomeno di un potere e di un volere mafioso, quindi che indica un modo di essere Stato a cui chiedere giustizia.

L’altro il giornalista, uomo buono, amato nei quartieri che bazzica alla ricerca della notizia, che aiuta a trovare un avvocato che possa difendere una costituzione di parte civile, che esprime dolore e disappunto quando racconta di un padre di nove figli appena tornato dal seppellirne uno, finito in galera per avere rubato due calzini peraltro non trovatigli addosso; o dei due pastori condannati per la rapina impropria di 5 chili di arance infilate nelle giacche mentre attraversano un campo.

2

Prefettura di Palermo

Ufficio Territoriale del Governo

E’ un giornalista che con coraggio, intelligenza, acutezza descrive gli omicidi ma non solo. Francese fa analisi, proiezioni, mette in relazione fatti, nomi, circostanze e da cronista investigatore avanza ipotesi che la storia ha riconosciuto nella loro drammatica verità. E’ il cronista che sta vicino al P.M. in udienza, che si butta in avanti a dare il proprio contributo all’accusa nella ricostruzione dei fatti.

L’Avvocato che amministra giustizia ed il cronista che chiede giustizia per i morti di Palermo e anticipa di anni con estrema lucidità quello che soltanto dopo il maxi processo sarà disvelato.

Cosa hanno ancora in comune?

Sono stati entrambi uomini dimenticati.

L’uno scomparso per anni dalla memoria della storia, l’altro riscattato soltanto per l’appassionato lavoro di ricerca e di documentazione e di richiesta e pretesa di verità da parte del figlio Giuseppe, dodicenne al tempo della morte del padre cui assiste da casa, che da giornalista adulto ricercherà tutti i pezzi di cronaca del padre per ritrovare in essi le ragioni di quel vile assassinio. E li mette in fila i fatti, le anticipazioni del padre anche sui nuovi affari dei corleonesi come la più grande opera pubblica di quegli anni, la realizzazione della diga Garcia. Il caso sarà riaperto e nel 2001 arriverà la sentenza di primo grado di condanna per i mandanti, la cupola mafiosa, e i killer, confermando la responsabilità di salvatore Riina, e gli altri, oltre a Bagarella cognato di Riina quale esecutore materiale. La sentenza troverà conferma in appello.

Un dramma nel dramma, una tragedia greca, il suicidio di Giuseppe che avverrà nel 2002, il suicidio del figlio che non trova pace neanche quando ottiene giustizia, forse non riesce a sopravvivere ad una città che ha ancora tante ferite aperte che tardano a cicatrizzarsi perché solo la verità completa di quanto accaduto in quegli anni possono esserne balsamo.

3

Prefettura di Palermo

Ufficio Territoriale del Governo

Ho letto Francese in questi giorni e sono rimasta colpita dalla profondità dell’uomo, dell’uomo appassionato cronista in solitario, che non poteva non essere consapevole del rischio ma non se ne curava; il proprio lavoro, la propria passione per la notizia e per la notizia che racconta la storia sono molle più grandi di una qualsivoglia ordinaria ragionevolezza, sicchè appare nel sistema di informazione del tempo quasi un battitore libero.

Cosa hanno ancora in comune l’avvocato e il cronista.

Le ragioni dell’assassinio, il carattere di deterrenza e di prevenzione che esprimono questi due omicidi.

Per affermarsi come strumento di dominio criminale cosa nostra deve necessariamente colpire il libero pensiero, colpire chi non dimostra “accortezza” di giudizio, rispetto, ne uccidi uno per educarne tanti.

Per questo è importante ricordare. Ricordare, non già per un gesto di pietà consolatoria per le famiglie. Occorre ricordare perché ancora c’è tanto da interrogarsi, da capire, da mettere in discussione. La pagina di storia palermitana degli anni 60 fino alle stragi, che è storia d’Italia, andrebbe studiata nelle scuole e inserita nel programma scolastico. E occorre fare del ricordo memoria.

Gli anticorpi si alimentano e si creano soltanto attraverso la consapevolezza e la nostra democrazia, anzi ogni democrazia non può mai considerarsi scevra da rischi, se non si indicano ai giovani esempi di rettitudine, di coraggio, di un operare sempre alla ricerca della verità e della giustizia, in ciascun campo professionale e istituzionale, indipendentemente dalle possibili conseguenze dell’operato di ciascuno di noi.

4