Luglio / Settembre 2012 N°12 - Anno IV

© ISSN: 2036-3028 ISSN:

IL MUSEO CIVICO DI BARANELLO breve guida alla collezione “Giuseppe Barone” a cura di Gabriella Di Rocco Poste Italiane s.p.a. – Spedizione in Abbonamento Postale –70% - S1/CB –70% Postale – Spedizione in Abbonamento Italiane s.p.a. Poste [email protected] www.gslegno.com STRUTTURE IN LEGNO LAMELLARE Garden Strutture Legno snc CASE PREFABBRICATE IN LEGNO C.da Gaudo,1 ARREDO GIARDINO 86011 Baranello (CB) Tel./Fax (+39) 0874.460599 VENDITA LEGNAMI VENDITA PELLET AUSTRIACO Via dell’Agricoltura, 17 CASETTE IN LEGNO DA GIARDINO 58022 Follonica (GR) Tel./Fax (+39) 0566.57566

2 3 MAGAZINE INDICE

Comitato scientifico Stampa Marta Arzarello Grafica Isernina introduzione Isabella Astorri 86170 Isernia - luglio/settembre NUMERO Marco Buonocore Via Santo Spirito 14/16 2012 12 Annalisa Carlascio Dora Catalano Registrazione del Tribunale di Isernia n. 72/2009 A.C.N.C.; n. 112 Cron.; Emilia De Simone n. 1/09 Reg. Stampa del 18 febbraio di Gabriella Di Rocco pag. 8 Gabriella Di Rocco 2009 Daniele Ferrara Federica Fontana Le foto dei reperti del Museo Civico CENNI SU BARANELLO Rosalia Gallotti sono pubblicate con autorizzazione dell’amministrazione comunale di Rosa Lanteri Baranello Adriano La Regina Luigi Marino Si ringrazia la Soprintendenza Maurizio Matteini Chiari per i Beni Storici, Artistici ed di Domenico Boccia pag. 10 Antonella Minelli Etnoantropologici del per le Alessio Monciatti foto delle statuine presepiali e delle Alessandro Naso porcellane L’ARCHITETTO GIUSEPPE Luiz Oosterbeek Per ricevere 4 numeri di Associazione Culturale Marco Pacciarelli BARONE E IL MUSEO CIVICO ArcheoIdea ArcheoMolise fornire un contributo Massimo Pennacchioni di €15,00 tramite bollettino postale via Campania, 217 Carlo Peretto o bonifico intestati ad Associazione 86100 Lorenzo Quilici Culturale ArcheoIdea via Campania www.archeoidea.info 217, 86100 Campobasso. Causale del di Claudio Niro pag. 14 Michele Raddi versamento: contributo per 4 numeri Alfonsina Russo Direttore responsabile di ArcheoMolise. Raffaele Sardella Per il bollettino postale il numero di Giuseppe Lembo LA RACCOLTA BARONE. UN Ursula Thun Hohenstein conto corrente è 50357649 Per il bonifico l’IBAN è IT02 I076 Franco Valente MUSEO-IPERTESTO TRA Redazione 0115 6000 0005 0357 649 Giovanna Falasca COLLEZIONISMO E MODERNITA’ Hanno collaborato Si ringrazia per la gentile Sandra Guglielmi a questo numero Brunella Muttillo collaborazione la Soprintendenza di Tommaso Evangelista pag. 18 Domenico Boccia ai Beni Archeologici del Molise, la Ettore Rufo Michelangelo Carozza Soprintendenza per i Beni Storici, Alessandro Testa Marco Corona Artistici ed Etnoantropologici del Roberta Venditto Molise, il Comune di Baranello e la LA PINACOTECA Gabriella Di Rocco famiglia Barone Tommaso Evangelista sala 1 Progetto grafico Marco Maio Giovanni Di Maggio Claudio Niro www.giodimaggio.com Giuseppina Rescigno di Michelangelo Carozza, Giuseppina Rescigno, IN COPERTINA Tommaso Evangelista pag. 24 Ettore Rufo Baranello, Museo Civico, vetrina Fotografia Chiara Santone XVI: piatto in porcellana, fabbrica di Antonio Priston Meissen. LA CERAMICA GRECA E ITALIOTA ARCHEOMOLISE ON-LINE (foto SBSAE Molise) Segreteria www.archeomolise.it Baranello, Museo Civico, vetrina III: sala 1 – vetrine II, III e IV [email protected] www.facebook.com prochoe apula con quadriga. www.twitter.com Mangiatore di prosciutto Copia da incisione di Cornelius Bloemaert (1625), XVIII secolo, olio di Gabriella Di Rocco pag. 34 su tela

4 5 INDICE EDITORIALE OSCILLA E ASTRAGALI sala 1 – vetrina XXVII gni qual volta il turista occasionale termina la visita al Museo Civico “Giuseppe Barone” di Baranello sottolinea, in termini entusiastici, la ricchezza e l’unicità del- le opere conservate. Tutti restano meravigliati di come, in una piccola comunità del Molise, vi sia un di Chiara Santone pag. 42 “tesoro” custodito ancora secondo le indicazioni del donatore. Il patrimonio artistico proviene dalla collezione privata dell’architetto Giuseppe Barone, che nel 1897 donò alla comunità di Baranello il frutto della sua passione GLI AEGYPTIACA per l’arte, dando prova di grande affetto per il suo paese natio e curandone per- sala 1 – vetrina XXVII; sonalmente la catalogazione e la disposizione in due sale distinte. Si deve a lui il sala 2 – vetrine VII e VIII primo catalogo analitico che fu aggiornato nel 1899 con l’inventariazione defini- tiva e la numerazione degli oggetti donati. Mise a disposizione di tutti la sua collezione di oggetti d’arte antica e moderna, esigendo che il Comune si preoccupasse della loro gestione e custodia. Attualmente, il Museo Civico non è conosciuto al grande pubblico, ma attira l’attenzione e la curiosità solo di studiosi e di appassionati di arte, che giornalmente lo visitano. di Marco Corona pag. 48 Il presente numero monografico della rivista ArcheoMolise, realizzato in collaborazione con l’associazione cul- turale ArcheoIdea, è stato concepito per dare impulso alla storica vocazione del Museo e per rilanciare la sua I REPERTI LITICI PREISTORICI missione culturale, valorizzando compiutamente le preziose raccolte di dipinti, di sculture, di ceramiche di argenti e di arazzi e le notevoli testimonianze delle arti decorative italiane ed europee. Pertanto, questo numero di Arche- sala 1 – vetrina XXVII; oMolise intende sottolineare un momento importante del dinamico processo di crescita che è stato intrapreso sala 2 – vetrina XI dall’amministrazione comunale per promuovere e valorizzare l’inestimabile patrimonio artistico di Baranello. Oggi c’è un rinnovato interesse per il Museo Civico, e sono certo che questo primo contributo scientifico sarà molto utile alle persone che, sempre più numerose e competenti, si avvicinano con interesse ed entusiasmo al patrimonio artistico che in esso è conservato. Tale numero si propone come un agile strumento d’informazione di Ettore Rufo pag. 56 e come invito per il pubblico di appassionati ad approfondire, con una visita diretta, la conoscenza delle opere custodite nelle sale. Mi piacerebbe che questa guida fosse letta soprattutto dai ragazzi, per educarli all’amore per l’arte e al rispetto dei beni culturali, mettendoli in diretto contatto con il passato e sviluppando il loro senso IL PRESEPE NAPOLETANO d’identità e di appartenenza al territorio in cui vivono. Spero che d’ora in avanti le visite e gli incontri saranno sala 2 – vetrina XII sempre più frequenti, come opportunità di approfondimento culturale e storico- artistico. Ringrazio gli eredi della famiglia Barone che, con la sensibilità che li contraddistingue, hanno appoggiato l’invito mio e dell’associazione culturale ArcheoIdea per tale iniziativa. Un sentito ringraziamento va al Soprintendente per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Molise, Daniele Ferrara, che si è attivato per il restauro di alcuni dipinti e opere dell’architetto Barone. Un affettuoso ringraziamento va a Claudio Niro, sempre disponibile e presente nell’accompagnare i visitatori. di Giuseppina Rescigno pag. 64 Grazie alla redazione di ArcheoMolise e a tutti gli autori che hanno contribuito, con competenza e rigore scienti- fico, alla realizzazione di questo progetto editoriale, con la consapevolezza di arrivare, da qui a qualche anno, alla LE PORCELLANE compilazione di un catalogo generale di tutte le opere conservate nel Nostro Museo. sala 2 – vetrine XIV, XV, XVI e XVII

MarcoSindaco di Baranello Maio

di Gabriella Di Rocco pag. 72

6 7 introduzione

Ad un anno dall’uscita del primo numero di carattere monografico della rivista ArcheoMolise, dedicato all’alta valle del Volturno, diamo alle stampe la seconda monografia incentrata sullo straordinario patrimonio storico, artistico e archeologico costituito dalla collezione ‘Giuseppe Barone’ del Museo Civico di Baranello. Con la collezione Banca Intesa del Museo Archeologico di Milano e la grande collezione Jatta di Ruvo di Puglia allestita nel Museo Nazionale Jatta, quella di ‘Giuseppe Barone’ rappresenta una delle poche collezioni storiche giunte intatte sino a noi, un vero unicum in Molise e una delle più emblematiche testimonianze ancora oggi esistenti delle grandi raccolte private. Il più grande auspicio dell’architetto Barone, illustre mecenate di Baranello, era quello di veder un giorno non troppo lontano aprirsi per la sua terra un periodo di ‘novella civiltà’, come ben si legge nella sua introduzione al catalogo delle opere antiquarie raccolte, nella consapevolezza dell’importanza di aprire la mente e avvicinare le giovani generazioni al sentimento del bello, per poter contribuire al pubblico benessere. Per far ciò, volle donare ai suoi concittadini l’intera raccolta istituendo il Museo Civico ed inaugurandolo il 10 ottobre del 1897. Intellettuale estremamente raffinato, già così anticipatamente europeo, Giuseppe Barone si era formato nella seconda metà del XIX secolo a Napoli dove era venuto in contatto con una molteplice schiera di mercanti d’arte e di antiquari. Sulla parete dello scalone d’ingresso dell’ex palazzo comunale di Baranello aperto su Via Santa Maria, tele e dipinti del Seicento e Settecento accolgono il visitatore, facendo bella mostra di sé. Le due sale, collocate al primo piano, ospitano oggetti della più svariata natura e tipologia, conservati all’interno di vetrine progettate dallo stesso Barone: reperti protostorici provenienti da Cuma, terrecotte architettoniche di età romana, lucerne, ex-voto, monili in bronzo relativi a corredi funerari, vasi e unguentari corinzi, ceramiche attiche e italiote, asce, punte di lancia e di giavellotto, paramenti liturgici, statuine presepiali napoletane, maioliche e porcellane di varia provenienza e molti altri mirabili oggetti. Nella vetrina che reca il numero XXV sono, inoltre, conservati i preziosi volumi su cui il Barone ebbe modo di approfondire i suoi studi umanistici, nonché una gran quantità di disegni autografi. Della maggior parte di questa collezione non si conosce l’esatta provenienza, poiché lo stesso Barone, nello stilare il suo catalogo, non inserì questi dati ma si limitò a numerare ed illustrare sinteticamente ogni reperto, non trascurando tuttavia di far precedere ciascuna classe di materiali da un lungo paragrafo documentario sull’origine, la storia e l’evoluzione dei reperti stessi. Scopo precipuo di questo progetto editoriale non è quello di presentare un nuovo catalogo dettagliato e aggiornato degli oggetti che compongono la collezione, cosa che presupporrebbe tempi di redazione dilatati e finanziamenti adeguati, bensì di proporre una sorta di vademecum, una guida didattica e, al contempo, scientifica, realizzata da specialisti del settore, archeologi e storici dell’arte in particolare, che con impegno, passione e a titolo gratuito hanno messo a disposizione le proprie competenze per garantire al lettore e al visitatore del Museo Civico di Baranello la possibilità di immergersi appieno nella storia e nell’arte, avendo saldi punti di riferimento con cui orientarsi e apprezzare al meglio le opere esposte. Per la ricchezza e la quantità dei reperti della collezione, circa 2000, e per ovvie ragioni di spazio, non è stato possibile in questa occasione esaminare tutti i manufatti in maniera esaustiva. Abbiamo, invece, strutturato la monografia secondo grandi classi tipologiche di oggetti e reperti, con l’augurio, da parte di chi scrive, che iniziative come questa possano servire ad accrescere e rinnovare l’interesse collettivo per l’immenso patrimonio culturale del Molise che merita di essere conosciuto e valorizzato. Uno speciale e sentito ringraziamento va a tutti gli autori dei contributi, senza i quali questo numero monografico non sarebbe stato possibile e a coloro che a vario titolo hanno contribuito a realizzarlo, all’Amministrazione Comunale di Baranello che sin dall’inizio ha dimostrato grande interesse ed appoggiato in ogni modo il progetto, alla famiglia Barone, al Direttore del Museo Civico, alle due Soprintendenze per i Beni Archeologici e per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Molise, per la preziosa collaborazione e la cortese disponibilità.

Albo dei visitatori all’inaugurazione del 10 ottobre 1897. Tra i firmatari anche il prefetto Domenico Lastrucci Gabriella Di Rocco

8 9 Cenni su Baranello di Domenico Boccia

e origini di Baranello, secondo un’ipotesi oggi ampiamente condivisa, sarebbero L legate al vicino Monte Vairano, che si trova nel territorio di appartenenza dei comuni di Baranello, e Campobasso: il vecchio nome del paese “Vairanello” ne è la testimonianza. La menzione più antica del paese risale all’XI secolo, ma probabilmente un agglomerato di abitazioni, il primo nucleo dell’attuale comune, esisteva già prima dell’anno Mille. Si ritiene, infatti, che lo sviluppo urbano del centro abitato risalga al IX secolo, periodo nel quale, come attestano antichi documenti storici, il paese apparteneva alla contea di .

A tale periodo si fa risalire anche l’origine di prendono solo a partire dal 1423, anno in cui uno dei monumenti più significativi del cen- inizia, in successione, il dominio su Baranello tro storico baranellese, la Torre che, posizio- di famiglie nobili: tra le più prestigiose, i Gae- nata nel punto più alto con evidenti funzioni tani, i Capece-Galeota, i Sanfelice, i D’Avalos, di difesa, divenne successivamente parte di i De Gennaro e, ancora, i Barone, i D’Aquino, un castello; intorno ad essa sono ancora ri- i Carafa-d’Aragona e, per finire, i Ruffo di Ca- conoscibili parti dell’antica cinta muraria. labria, che ancora oggi conservano il titolo Tra l’XI e gli inizi del XV secolo le notizie su ducale. Ultimo titolare del feudo fu Vincenzo Baranello sono frammentarie e scarsamente Ruffo, ancora Duca di Baranello quando, il 2 documentate. Documenti storici sul paese ri- agosto del 1806, Giuseppe Bonaparte promul- Baranello, veduta del paese da nord.

10 11 tagonista della scena architettonica molisana facciata dell’antico Palazzo del Comune, per Nell’altra pagina: nei primi due decenni dell’Ottocento, e quindi finire al capolavoro della sua vita, la collezione Baranello, torretta cilindrica del circuito murario del arricchendola con una splendida donazione di di antichità, di materiali provenienti dalla ne- borgo medievale. quadri che ancora oggi costituisce gran parte cropoli di Cuma e da Pompei, vasi italioti, at- In questa pagina: Baranello, Palazzo Zurlo. del notevole patrimonio culturale ed artisti- tici e corinzi, vasi peruviani, bronzi medievali, co di Baranello. D’altra parte, i luoghi di culto ceramiche provenienti da tutto il mondo, di- ed alcuni caseifici. Successivamente si è però sono da considerare come i più antichi e sicuri pinti di scuola napoletana e fiamminga, e tan- assistito ad una lunga fase di difficoltà econo- custodi della storia e del patrimonio artisti- to altro ancora, frutto dell’opera meticolosa di mica che ha avuto come conseguenza, soprat- co e culturale dei popoli e, anche a Baranello, un uomo e di un professionista accorto e fine tutto a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, questa affermazione trova evidenti ragioni di cultore del bello, oggi divenuta, grazie alla sua una forte emigrazione che ha pesato conside- riscontro. Così è per la Chiesa di Santa Maria nobile donazione alla comunità baranellese, revolmente sulla consistenza e l’organizza- ad Nives che, come quella parrocchiale, ha ori- avvenuta nel 1897, il Museo Civico “Giuseppe zione sociale della comunità. Da alcuni anni gini molto antiche. Situata in località Cappel- Barone”. Storia, arte e cultura evidentemente una vivace ripresa dell’iniziativa economica, la, a circa cinque chilometri dal centro abitato, costituiscono il fulcro dello sviluppo della co- sostenuta da imprenditori accorti e sensibili ai fu, con molta probabilità, un cenobio bene- munità baranellese, che negli anni Cinquanta cambiamenti e agli ammodernamenti dei mer- dettino; da alcuni documenti conservati negli e Sessanta del secolo scorso ha conosciuto an- cati, la favorevole posizione geografica di vici- archivi parrocchiali si apprende che la Chiesa che esaltanti momenti di sviluppo economico nanza, e baricentrica, rispetto ai due maggiori godette del titolo abbaziale sotto la giurisdi- e sociale, quando ad un’economia prevalen- centri cittadini di Campobasso e Bojano, una zione ecclesiastica del Capitolo di Santa Sofia temente agricola si è affiancata un’economia, rinnovata vivacità della vita sociale e culturale di Benevento. Ancora storia, cultura ed arte potremmo quasi dire, industriale, se è vero rivolta soprattutto al recupero e alla valoriz- troviamo nella Chiesa della Beata Vergine del come è vero che a Baranello in quegli anni zazione del notevole patrimonio archeologico Rosario, comunemente detta di , che operavano contemporaneamente due fornaci storico ed artistico stanno facendo di Baranel- gò la storica legge contro i privilegi feudali, si erge nella centralissima Piazza Santa Maria. di laterizi, una fabbrica di travi in cemento, lo meta ideale sia per brevi soggiorni che per legge che trovò proprio in un baranellese, il Nata come cappella gentilizia intorno al 1500, una segheria e fabbrica artigianale di mobili ben più durature scelte di vita. Conte Giuseppe Zurlo, un convinto e deciso sui resti di una preesistente antica chiesetta ri- attuatore, nelle sue funzioni prima di Ministro salente al 1200, è retta dalla Confraternita del della Giustizia e poi, tra il 1809 ed il 1815, di Santissimo Rosario istituita ufficialmente il 2 Ministro dell’Interno. Zurlo fu un riformatore dicembre del 1831 con decreto firmato dal re illuminato che prese a cuore le sorti del popolo Ferdinando II. La Chiesa è costituita da una meridionale ed introdusse riforme importan- sola navata e presenta, sulle pareti laterali e tissime, in questo impegno sostenuto da alcuni sulla volta, pregevoli decorazioni barocche di solerti collaboratori e, tra questi, e più di tutti, stucco e pitture ad olio. La Chiesa ha subito, il fratello Biase Zurlo; al suo Molise regalò, in nel tempo, vari interventi di ristrutturazione, concorso con il Cuoco, l’autonomia ammini- con modifiche ed ampliamenti; tra questi di strativa, distaccandolo dalla Capitanata, con grande rilievo l’ampliamento e la costruzione la costituzione della Provincia di Molise. Non del campanile realizzati nel 1890 su progetto mancarono le sue attenzioni filiali per il pae- dell’architetto baranellese Giuseppe Barone, se natio; dopo il terribile terremoto del 1805, senza dubbio un personaggio a cui il popolo di unitamente al fratello Biase, nel ricostruire il Baranello deve infinita riconoscenza. Tutto a palazzo di famiglia egli sostenne anche la rico- Baranello parla di Giuseppe Barone, dalla pro- struzione del centro abitato, in particolare la gettazione degli interventi architettonici sulla riedificazione dell’antica Chiesa parrocchiale, Chiesa del Santissimo Rosario, a quella della dedicata a San Michele Arcangelo, affidando- monumentale Fontana raffigurante la dea Ce- ne la ricostruzione a Berardino Musenga, pro- rere, al rifacimento in stile fiorentino della

12 13 L’architetto Giuseppe Barone e il Museo cdi biviaranelloco di Claudio Niro

iuseppe Barone è stato un valente architetto che ha sempre manifestato, nel Gcorso della sua vita, una vastissima gamma di interessi in campo artistico. Nacque a Baranello il 28 febbraio 1837, secondogenito tra otto figli di una ricca famiglia caratterizzata dal rispetto dei valori civili e morali del tempo.

Può essere sicuramente considerato tra i ne raccolse e donò al suo paese. molisani più illustri soprattutto perché dedi- A ventidue anni conseguì la laurea in archi- cò la propria esistenza alla ricerca della bel- tettura presso l’Università degli Studi di Na- lezza nel campo dell’Arte proiettando questa poli. Nella città partenopea visse e lavorò per ricerca in un ambito che non si limitava al alcuni decenni realizzando molti progetti che puro piacere estetico ma aspirava a costitui- esprimevano un orientamento stilistico assi- re anche un forte impulso verso una funzione milabile al cosiddetto ‘eclettismo storicistico’, educativa e civile dell’Arte. In questa prospet- corrente che caratterizzava l’opera di molti tiva deve essere considerato il valore della co- protagonisti dell’architettura ottocentesca. spicua collezione privata che Giuseppe Baro- La sua produzione si sviluppò non solo nella Facciata principale del museo Barone

14 15 Nell’altra pagina: nella dimensione pubblica offerta dalla mu- Particolare dell’interno del museo sealizzazione della raccolta, in opposizione alla dimensione individualistica del collezio- progettazione di importanti edifici ma anche nismo. La donazione al Comune e alla cittadi- nella realizzazione di oggetti di arredo. nanza baranellese avvenne il 10 ottobre 1897 e La fervida passione per lo studio dei mo- fu stipulata con un atto ufficiale dell’11 dicem- numenti antichi che caratterizzava l’ecletti- bre dello stesso anno. Il notaio Defeo scrisse smo storicistico è alla base delle più rilevanti l’atto di donazione con minuzia di particolari, realizzazioni della sua attività professionale, prescrizioni e salvaguardie tutte finalizzate che presto conobbe notevole fama e notorie- alla tutela dell’integrità della collezione. tà nella società napoletana del secondo Otto- Il Museo fu, come già detto, allestito dallo cento. Particolarmente significativi furono i stesso donatore e collocato al primo piano del numerosi attestati e diplomi di benemerenza Palazzo Comunale situato in Via Santa Ma- ricevuti da Giuseppe Barone per progetti pre- ria, strada principale di Baranello, e si trova sentati in diversi concorsi di architettura. ancora oggi in questo edificio ornato da una L’architetto Barone, dimostrando una pas- elegante facciata in stile fiorentino progettata sione quasi romantica nella sua attività di dallo stesso Barone. fine collezionista, trovò proprio nel collezio- Nel Museo si possono ammirare più di nismo l’ispirazione per la definizione di uno 2000 reperti, catalogati con cura da Giuseppe stile personale che fondeva armoniosamente Barone. Un elenco molto parziale permette di diverse matrici dell’architettura del passato. segnalare la variegata presenza di molti pez- Un elemento importante in questo percorso zi archeologici, vasi corinzi, attici ed italioti, di maturazione stilistica fu il suo amore per i bronzi, statuette, oggetti della vita quotidiana, viaggi. Fu, infatti, un instancabile viaggiato- ceramiche, maioliche, monete, quadri, arredi re e, visitando le più belle città d’Italia come sacri, libri antichi, statuette di presepi napo- Roma, Firenze e Venezia, si appropriò delle letani e altro ancora. migliori testimonianze del genio architettoni- Il visitatore è, sin dal primo momento, mes- co italiano. so in condizione di apprezzare non solo il va- Tale ampiezza di interessi trova una diretta lore della collezione ma anche la grande dedi- testimonianza nella raccolta di opere d’arte zione all’arte che animò il collezionista. che costituisce la sua collezione. Chi visita il Barone certamente non riteneva che la sua museo ha modo di apprezzare la grande va- iniziativa potesse confrontarsi con ben più rietà e il notevole valore storico-artistico dei importanti, ricche e preziose collezioni, ma reperti sapientemente esposti in artistiche ed la sua modesta ambizione fu quella di portare eleganti vetrine progettate dallo stesso Baro- almeno una testimonianza della bellezza ar- ne. La strutturazione stessa del museo è, sot- tistica a tutti coloro che amano le arti e desi- to questo aspetto, una preziosa occasione per derano il civile progresso della propria terra. conoscere l’organica concezione dello spazio Questa ambizione fu un continuo riferimento museale che caratterizza l’epoca in cui visse per tutta la sua vita, che terminò a Baranello Giuseppe Barone. Una raccolta, dunque, che nel 1902. oltre al valore storico, costituisce un impor- Grazie a Giuseppe Barone, che a pieno tito- tante fattore di arricchimento educativo e di lo può essere considerato benefattore del suo crescita civile che, in accordo con la stessa paese e del Molise, il Museo Civico di Bara- concezione del suo creatore, si concretizza nello è ancora oggi un bene di tutti.

16 17 La raccolta

BaroneUn museo-ipertesto tra collezionismo e modernità

di Tommaso Evangelista

l museo civico di Baranello, nato dalla donazione della collezione che il 10 ottobre I1897 l’architetto Giuseppe Barone fece al Comune e alla cittadinanza baranellese, è un unicum in Molise e tra i pochi esempi in Italia di collezionismo ottocentesco arrivato integro ai nostri giorni. Data la sua peculiare conformazione e il suo particolare allestimento, prima di procedere con i successivi contributi nell’analisi delle singole sezioni, è opportuno definirne la tipologia.

Il termine museo deriva da mouseion (“casa patrimonio storico-artistico della nazione e si delle muse”), ossia l’edificio che ad Alessandria progetta il Louvre, Muséum central des Arts, d’Egitto era destinato ad ospitare gli studiosi. I come luogo di educazione dove le opere tro- musei d’arte hanno origine diverse ma deriva- vano nuova giustificazione estetica, didattica no prevalentemente da tre “antenati”: i tesori, e storica. offerti ai templi antichi prima e alle cattedrali Nel caso di Baranello, quindi, più che di poi, le Wunderkammern, raccolte private ba- museo vero e proprio si dovrebbe parlare di sate sulla preziosità e la rarità degli oggetti ed collezione poiché le opere sono state raccolte infine le collezioni nobiliari. Il museo pubbli- secondo l’arbitrio e il gusto di un privato e solo co, pur basandosi sostanzialmente sul modello successivamente hanno ricevuto una musea- romano (i Musei Capitolini, la raccolta Albani lizzazione. Con la donazione, questa collezio- progettata da Carlo Marchionni), nasce però ne diventa pubblica offrendo così ai cittadini in Francia nel periodo post-rivoluzionario e opportunità di edificazione personale, di ispi- napoleonico quando si afferma per la prima razione, di celebrazione civile. Particolare delle vetrine della prima sala volta il carattere integralmente collettivo del La raccolta messa insieme da Barone è una

18 19 A destra: Veduta parziale della prima sala tipica raccolta ottocentesca, manifestazione dell’impianto scientifico classificatorio che mirava allo studio degli oggetti in base all’os- servazione e alla misura e procedeva per siste- mazioni del simile secondo le forme. Dopo una classificazione tipologica (reperti archeologi- ci, ceramiche, dipinti) e morfologica, le distin- zioni in termine di ordine, identità, differenza, permettevano un ordinamento tassonomico degli oggetti e quindi un’esposizione che fosse quanto più possibile razionale e didattica allo stesso tempo. A differenza però del semplice accumulo quantitativo, nell’Ottocento muta la sensibilità nei confronti dei reperti intesi sem- pre più come strumenti di conoscenza; tra di loro, allora, cominciano ad instaurarsi inediti nessi volti a rilevare non tanto l’identità dei singoli manufatti quanto i profondi rapporti strutturali e culturali. Ai dipinti, per esempio, si inizia a pensare per “scuole” proponendo sequenze cronologiche; circa i manufatti ar- cheologici, invece, ci si interessa dei contesti cose che suscitano meraviglia. Per inciso, dalla ma sommerso da masse di turisti alla ricerca tetto, è un revival della tipologia del palazzo storici, del loro ruolo quali testimonianze del- separazione di queste due categorie di ogget- dell’opera più rappresentativa percepita qua- rinascimentale, con largo uso del bugnato oggi la cultura materiale antica e dei vari rapporti ti si svilupperanno poi i due tipi principali di le icona “pop”, il museo di Baranello ha valore scomparso, che da una parte serve visivamente formali (derivazioni, cause, mutamenti). Per- musei: i musei d’arte e di archeologia e i musei per il contesto nel quale sono calate le singo- a distinguere il complesso dalle abitazioni in- mane invece un certo gusto per il bizzarro e di scienze naturali. Tra le varie sotto-collezio- le opere che se prese separatamente possono torno, suggerendo al fruitore il fatto che si ap- l’esotico tipico dei Cabinet de curiosités e delle ni che vi si potevano rinvenire c’erano, inoltre, anche non rivelare qualità eccelse ma che nel presta ad entrare in un luogo destinato all’arte, Wunderkammern, vere e proprie “camere delle raccolte di libri e stampe rare, di cammei, fili- complesso mostrano una ricchezza e una di- e dall’altra richiama simbolicamente gli ideali meraviglie”, nate in aria tedesca tra il Seicento grane, stoffe, gioielli, ceramiche, monete anti- versità che colpisce ed educa il visitatore. comunali palesando la destinazione civica del- e il Settecento come evoluzione degli studioli che. Il discorso non può che partire dal conteni- la collezione. Entrando e salendo la scala ci si rinascimentali e che comprendevano, oltre ad Nella raccolta Barone quindi si possono leg- tore. La raccolta è ospitata nell’ex Palazzo Co- trova subito di fronte ad un oggetto particolare opere d’arte antiche e moderne, anche diffe- gere tutta una serie di riferimenti alla storia del munale situato in Via Santa Maria, strada prin- che ben sintetizza l’eclettismo della raccolta: renti manufatti, oggetti particolari provenien- collezionismo e del gusto che vale la pena sot- cipale del paese. Barone, nella sua prefazione si tratta di una sorta di capriccio, posto sotto ti dal mondo della natura o creati dalle mani tolineare per suggerire, una volta di più, come al Catalogo dei reperti, così scrive: «in men di tre maschere in terracotta, che raccoglie fram- dell’uomo. Quelli che la natura stessa forniva il valore del museo non risieda nel singolo ele- due anni, con ardente attività, si è ricostruito menti di pitture pompeiane ricomposte, a mo- erano detti naturalia (denti di Narvalo, animali mento ma nell’intero insieme e nella modalità quasi a nuovo l’intero palazzo del Comune con saico, in una struttura di legno quadrata che con due teste, coralli, conchiglie giganti), quel- con la quale è stato musealizzato. A differenza nuova facciata alla foggia de’ palazzi fiorenti- poggia su un basamento nel quale sono collo- li realizzati artigianalmente, particolari per la del museo sineddoche, celebre espressione co- ni del Risorgimento, e vi si è ordinato il museo cati due piedi in terracotta. In questo caso allo loro originalità e unicità, per le tecniche o la niata da Umberto Eco per definire un museo civico con la speranza che voglia schiudersi per studio della singola parte è stata preferita una lavorazione complicate, erano detti artificia- incentrato su una sola opera alla quale si ar- questi luoghi un periodo di novella civiltà». L’e- visione complessiva degli oggetti che tutti in- lia. Unitamente tali reperti erano mirabilia, riva dopo un percorso, nato per fini didattici dificio quindi, progettato dallo stesso archi- sieme vanno a formare un nuovo reperto mo-

20 21 In basso: torio si riesce a comprendere anche l’interesse ziosi saggi delle arti e delle industrie dei nostri della raccolta, da collocarsi tra spirito colle- Veduta prospettica delle vetrine della seconda sala di Barone per una collezione che rispecchiasse antichi padri, illustrandoli e divulgandoli a be- zionistico e desiderio enciclopedico; l’idea del i suoi gusti ma che fungesse anche da “reperto- neficio dell’odierno progresso. E quest’opera di carattere civico delle opere destinate a forma- derno. Giunti nella prima stanza lo sguardo si rio d’arte” e luogo di studio. I tomi, infatti, trat- patria carità, ho fede, sarà rimuneratrice nello re i cittadini all’arte e alla storia; l’uso didattico sofferma subito sulla pinacoteca: i quadri sono tano di svariati argomenti, dalla storia dell’arte svolgersi delle industrie e meritoria al cospetto dei reperti chiamati ad essere segni reali e stu- disposti a quadreria ovvero secondo una tipo- all’archeologia, e sono accompagnati da diver- della posterità». Unito alla biblioteca un picco- diabili per lo storico e oggetti evocativi e au- logia allestitiva, sviluppatasi dal Seicento in se incisioni: molto presumibilmente in essi si lo medagliere, progettato dallo stesso Barone, ratici per l’amatore. Se a ciò uniamo l’infinita poi, che privilegia una visione complessiva dei possono ritrovare informazioni su tutti gli mostra medaglie che riguardano la sua carrie- cura destinata da Barone alla musealizzazione dipinti collocati a parete, con spirito di horror oggetti (o tipologie di oggetti) contenuti nella ra. Grande cura è riservata alle vetrine ricavate e alla presentazione-esposizione (la cura per vacui, in base a forma, dimensione e soggetto. raccolta e quindi è possibile studiare e appro- in armadi appositamente disegnati e fatti rea- le bacheche, la progettazione delle vetrine, il Ecco pertanto come la collezione si sviluppa fondire i reperti alla luce degli studi dell’epo- lizzare dall’architetto che occupano metà del- ruolo della biblioteca) emerge l’idea di un mu- a partire da un nucleo centrale dove sono col- ca confrontando ipotesi ed attribuzioni con la prima sala e tutto il perimetro della seconda seo completo, un museo strutturato come una locate le opere più significative. Posto privile- le supposizioni che lo stesso architetto ha la- presentando diverse tipologie di reperti. Ogni sorta di ipertesto. Il concetto che un oggetto giato occupa il San Girolamo del Ribera, ai due sciato nel suo Catalogo. Emerge allora come vetrina reca in alto un numero romano e in possa rimandare ad un altro, per conformità lati San Giuseppe col bambino e l’Estasi della questa raccolta, oltre all’idea di collezionismo basso una piccola targa. Gli oggetti in esse con- o differenza, e che possa essere successiva- Maddalena di scuola napoletana, dalle me- ottocentesco, si ispiri anche al modello del tenuti sono molteplici, si passa dai vasi attici mente ritrovato e approfondito sui libri e sulle desime cornici; in basso l’Assunta si presenta sapere enciclopedico settecentesco che trova a figure nere e rosse alle porcellane di diverse stampe messe a disposizione, la stessa idea del tagliata rispetto alla classica forma a pala d’al- il suo apice nell’Encyclopédie ou Dictionnaire fabbriche europee, dai bronzi romani agli ar- colore delle tappezzerie e i vari ausili didattici tare poiché va ad inserirsi sotto il San Girola- raisonné des sciences, des arts et des métiers di redi sacri, dalle statuette in bronzo alle figure pensati appositamente per i reperti permetto- mo per non rompere l’armonia della parete. Diderot e D’Alambert, compendio universale presepiali, e non mancano oggetti di prove- no uno studio in profondità dell’opera, con tut- In basso, a scalare, sono collocati i quadri di del sapere che largo spazio riservava appunto nienza extraeuropea e il classico medagliere ta la collezione che viene a strutturarsi come più piccole dimensioni, anche questi disposti alle arti. Come scrive lo stesso Barone sul suo depredato durante l’occupazione tedesca. una vera e propria architettura del sapere. Se secondo i generi e secondo la logica della com- Catalogo, infatti, «questi musei artistici e indu- Emerge in questo accumulo di testimonian- all’inizio avevamo accennato al museo-sined- posizione che predilige una visione d’insieme. striali (hanno) lo scopo di diffondere lo studio ze materiali, solo apparentemente caotico, doche, tipico dell’età post-moderna, a Baranel- Sempre a parete quattro bronzetti su piedi- dei prodotti dei vari periodi storici delle nazio- uno spiccato spirito classificatorio, sottoline- lo ci troviamo di fronte ad un museo-ipertesto stallo arricchiscono la struttura. In fondo una ni, di aprire la mente all’invenzione e gli occhi ato dalle diverse stoffe di vario colore che tap- che, pur di antica formazione, mostra una sor- libreria raccoglie svariati testi. E’ interessante al sentimento del bello». E ancora «il museo pezzano gli interni degli armadi e che mettono prendente modernità capace di restituire la soffermarsi su questo particolare poiché dalla civico di Baranello, di questo mio caro paesello, in risalto, anche visivamente, la diversità degli legittima importanza ai reperti e la giusta cen- selezione dei libri e dallo scrupolo classifica- concorrerà anch’esso a salvare e custodire i pre- artefatti, l’idea enciclopedica della raccolta tralità al visitatore. e il gusto personale del collezionista. Alcune vetrine, inoltre, sembrano distaccarsi dal ri- Bibliografia goroso ordinamento e si avvicinano maggior- Il testo fondamentale per comprendere la tipologia mente all’idea della Wunderkammern poiché, del museo di Baranello e gli intenti del collezionista è mancando caratteristiche comuni, i manufatti Barone G. (1897), Il museo civico di Baranello: ordi- nato, descritto ed illustrato dall’architetto Giuseppe sono presentati con maggiore libertà espositi- Barone. Stabilimento Tipografico Pierro e Veraldi, va. E’ il caso, per esempio, della vetrina XXI, Napoli.

che presenta oggetti di ambito religioso ma Riguardo alla storia ed evoluzione del museo e alle anche una variegata raccolta di quei cosiddet- sue diverse tipologie si segnala a titolo esplicativo: AA.VV. (1980), Capire l’Italia. I musei. Touring Club ti artificialia che, proprio per la loro disparata Italiano, Milano. Nardi E. (a cura di) (2001), Leggere provenienza, sfuggono a ordinamenti. il museo. Proposte didattiche. Seam, Roma. Hooper-Greenhill Eilean (2005), I musei e la forma- A conclusione di questa breve e doverosa zione del sapere. Le radici storiche, le pratiche del premessa emergono tre caratteristiche fon- presente. Il Saggiatore, Milano. Poulot D. (2008), Musei e Museologia. Jaca Book, damentali del museo e dei suoi beni: la natu- Milano. ra eclettica e allo stesso tempo classificatoria

22 23 La Pinacoteca di Michelangelo Carozza, Giuseppina Rescigno, Tommaso Evangelista

a quadreria del Museo di Baranello è costituita da opere di varia epoca e scuola, Lmolte delle quali restaurate di recente a cura della Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Molise.

La Sant’Agata (1), riconoscibile dai seni che donna (3) si inserisce nella produzione tarda portano i segni del martirio, è databile alla se- della scuola veneto-cretese. L’opera si caratte- conda metà del XVIII secolo. L’impostazione rizza per la presenza di elementi arcaicizzanti, monumentale della Santa, accentuata dalla quali la rigorosa e rigida simmetria della com- visione in scorcio dal basso, la vivacità delle posizione, a cui vanno ad affiancarsi aperture tinte e gli effetti chiaroscurali riconducono il “moderne”, rintracciabili nella morbidezza dipinto a un pittore napoletano stilisticamente dei volti degli angeli e nella resa diversificata vicino a Francesco Solimena e Francesco De delle loro vesti. La particolare iconografia, che Mura. si discosta da quella consueta della Dormitio La piccola tela raffigurante la Danae (2), Virginis, priva delle figure di Cristo e di Pie- copia del celebre quadro di Tiziano (Museo di tro e Paolo, conferma una datazione avanzata Capodimonte, Napoli), è opera napoletana da dell’opera tra il XVIII e il XIX secolo. riferire alla fine del Seicento e gli inizi del Set- Giovanni Serritelli (1809-1874) è l’autore tecento, periodo in cui nella capitale del Regno del dipinto raffigurante la Battaglia navale si diffonde l’uso di realizzare copie da artisti di Lissa (4), combattuta il 20 luglio 1866 nei del Cinquecento veneziano. Nel dipinto è rap- pressi dell’isola dalmata tra le navi della ma- presentato l’episodio, tratto dalle “Metamor- rina dell’Impero austriaco e quelle del Regno fosi” di Ovidio, dell’unione tra Danae e Giove d’Italia. L’artista si formò a Napoli, ove fu al- nelle sembianze di pioggia d’oro. lievo dell’olandese Anton Sminck van Pitloo San Paolo Eremita L’icona raffigurante il Transito della Ma- e sotto la sua guida frequentò la scuola di Po- Cerchia di Jusepe De Ribera detto Spagnoletto - (attr.), XVII secolo, olio su tela

24 25 1) Sant’Agata 9) San Giuseppe e Gesù Bambino 17) Maria Vergine bambina tra angeli a Santi olio su tela ambito napoletano De Mura Francesco (Napoli, 1696-1782) – attr. Paolo de Majo (Marcianise, 1703-1784) – attr. 25) Adorazione dei pastori XVIII secolo (seconda metà) XVIII secolo (metà) XVIII secolo (metà) ambito emiliano olio su tela olio su tela olio su tela XVI secolo (secondo quarto) 2)Danae 10) Madonna del Divino amore 18) Il bosco di Fontainebleau olio su tavola copia da Tiziano (1545 ca.) copia da Raffaello – Giovan Francesco Penni (1518 circa) Palizzi Giuseppe (Lanciano, 1812 – Passy, 1888) 26) La bottega del pittore fine XVII – inizio XVIII secolo XVIII secolo 1848 ambito tedesco olio su tela olio su tavola olio su tavola XIX secolo (metà) 3) Transito della Madonna 11) Marina: veduta del porto 19) Ritratto di monsignor Giuliano della Rovere acquerello su carta scuola veneto-cretese ambito Italia meridionale copia da Federico Barocci (1595) 27) Sant’Elia profeta XVIII-XIX secolo fine XVII – inizi XVIII secolo XIX secolo scuola veneto-cretese tempera su tavola olio su tela olio su tela incollata su tavola inizi XIX secolo 4) Battaglia navale di Lissa 12) Scena pastorale 20) Mangiatore di prosciutto tempera su tavola Serritelli Giovanni (Napoli, 1809-1874) Tassone Giuseppe (Roma, 1645-1737) - attr. copia da incisione di Cornelius Bloemaert (1625) 28) Paesaggio con porto e villa post 1866 fine XVII – inizi XVIII secolo XVIII secolo ambito napoletano olio su tela olio su tela olio su tela XVIII secolo (seconda metà) 5)Scena di genere con tacchino 13) Osteria di campagna con cavalieri 21) Maddalena penitente in estasi olio su tela ambito Italia meridionale ambito fiammingo Conca Sebastiano (Gaeta, 1680 – Napoli, 1764) – attr. 29) Paesaggio fluviale XVIII secolo (prima metà) fine XVII – inizio XVIII De Matteis Paolo (Piano Vetrale, 1662 – Napoli 1728) – attr. ambito Italia meridionale olio su tela olio su rame inizi XVIII secolo XVIII secolo (prima metà) 6) Natura morta con gallo 14) Madonna olio su tela olio su tela ambito Italia meridionale ambito Italia meridionale 22) Assunzione della Vergine 30) Ritratto di Teresa Iannotti XVIII secolo (prima metà) XVII secolo ambito Italia meridionale Nattino Girolamo (Napoli, 1842 – 1913) – attr. olio su tela tempera su tavola XVIII secolo XIX secolo (seconda metà) 7) Madonna con Bambino e San Giovannino 15) Ecce Homo olio su tela olio su tela ambito napoletano ambito Italia meridionale 23) Marina 31) Ritratto di Giovanni Barone XVII secolo (seconda metà) XVII secolo ambito Italia meridionale Nattino Girolamo (Napoli, 1842 – 1913) – attr. olio su rame olio su rame fine XVII – inizio XVIII XIX secolo (seconda metà) 8) Madonna con Bambino 16) San Paolo Eremita olio su tela olio su tela ambito napoletano Cerchia di Jusepe De Ribera detto Spagnoletto - attr. 24) Ritratto di Gentiluomo fine XVII – inizi XVIII secolo XVII secolo ambito napoletano olio su rame olio su tela XVIII secolo Didascalie e grafica a cura di Michelangelo Carozza

26 27 In basso: sillipo che dette un nuovo impulso, a livello da cortile (5-6) su fondo paesaggistico richia- buon livello legato all’ambiente artistico meri- Mangiatore di prosciutto internazionale, alle rappresentazioni delle mano la tradizione della natura morta napole- dionale di pieno Settecento. La Madonna sor- Copia da incisione di Cornelius Bloemaert (1625), XVIII vedute marine. Accanto alla resa minuziosa tana seicentesca, i cui capofila furono Giovan regge sulle ginocchia il Bambino che benedice secolo, olio su tela dei dettagli e degli effetti luministici, nell’o- Battista Ruoppolo e Giuseppe Recco. Le tele, San Giovannino; a lato è la figura di Santa Eli- pera è evidente un’esaltazione del sentimento da riferire probabilmente allo stesso artista, si sabetta, mentre in secondo piano si intravede patriottico che risente del recente clima post- discostano nella resa pittorica e formale dalla quella di San Giuseppe che assiste in disparte unitario. tradizione seicentesca, tanto da suggerire una alla scena. Sullo sfondo, invece, si apre un am- Le due piccole Scene di genere con animali datazione alla prima metà del XVIII secolo. pio paesaggio. Il dipinto su rame raffigurante la Madonna Il dipinto intitolato da Barone Marina: ve- con Gesù e San Giovannino (7), databile alla duta del porto (11), riferibile a un artista at- seconda metà del XVII secolo, viene attribu- tivo tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII ito da Barone ad Andrea Vaccaro (1604-1670) secolo, rientra nell’ambito della produzione di che, al di là dell’autografia dell’opera, è sicu- pittura di paesaggio affermatasi nell’ambiente ramente il riferimento principale per il pittore partenopeo già nel corso del Seicento. I sog- di questa tela. getti di tale produzione sono in genere vedu- Ad un artista napoletano è da riferire la Ma- te ideali di marine, animate da piccole figure donna con Bambino (8); il dipinto ripropone che con la loro presenza segnano un paesaggio uno schema figurativo tipicamente cinque- immerso in un’atmosfera di quiete. La scena centesco e riprende un motivo compositivo qui raffigurata è caratterizzata dalla presenza ed iconografico ispirato a modelli di Raffaello. di un’antica torre sulla destra, circondata da L’esecuzione su rame consente di datare l’ope- piccole abitazioni e da una nave in porto sulla ra tra la fine del Seicento e gli inizi del Sette- sinistra. cento. La Scena pastorale (12) è attribuita dal Ba- Il dipinto raffigurante un raccolto e affet- rone a Giuseppe Tassone (1645-1737), pittore tuoso colloquio tra San Giuseppe e il Bam- di origini romane attivo a Napoli, specializzato bino (9) si inserisce nel solco della tradizione nella realizzazione di scene di genere arricchi- della pittura sacra napoletana di fine Seicento te dalla presenza di ovini e bovini. L’attenzio- - prima metà del Settecento tracciato da Luca ne al mondo animale è evidente anche nel di- Giordano e Francesco Solimena. La chiarez- pinto della collezione Barone, in cui il paesag- za dell’impianto compositivo, la compostezza gio è appena sbozzato sullo sfondo e lo stesso formale, il sottile intimismo, la resa luminosa pastore occupa un ruolo marginale rispetto al e la tenue gamma cromatica inducono ad at- gruppo di capre, vere protagoniste della sce- tribuire l’opera a Francesco De Mura (1696- na, rese con ampie e corpose pennellate, che 1782), allievo del Solimena. Il dipinto potrebbe illuminano con sprazzi di luce i candidi manti. essere stato realizzato dal pittore napoletano Il dipinto intitolato Osteria di campagna dopo la sua esperienza torinese, a contatto con con cavalieri (13) raffigura una scena di ge- l’ambiente internazionale e rococò della cor- nere ambientata all’aperto, nei pressi di una te sabauda, per la quale lavorò nei primi anni locanda, davanti alla quale si intrattengono quaranta del XVIII secolo. personaggi di vario tipo, dai cavalieri a donne La Madonna del Divino Amore (10), copia con bambini. Il soggetto e alcuni elementi fi- del celebre quadro che la critica attribuisce sia gurativi, come la tipologia dell’edificio raffigu- a Raffaello che all’allievo Giovan Francesco rato, rimandano alla produzione di genere di Penni detto il Fattore (Museo di Capodimonte, provenienza fiamminga, riproposta dall’auto- Napoli), è un dipinto da riferire a un pittore di re su un supporto di rame con risultati di buo-

28 29 na qualità tecnica e formale. L’opera è databi- se, accese da bagliori di luce che sottolineano i le tra la fine del Seicento e gli inizi del secolo tratti salienti del volto e delle mani. successivo. Il dipinto raffigurante Maria Vergine bam- La piccola opera raffigurante la Madonna bina tra angeli e Santi (17) presenta in basso (14) mostra l’immagine della Vergine a mezzo S. Gaetano da Thiene e un santo francescano busto, con il volto incorniciato da un doppio che accompagnano lo sguardo del devoto ver- velo e lo sguardo rivolto verso il basso. La tipo- so l’immagine di Maria Bambina, rappresenta- logia del soggetto e le misure del quadro fanno ta con i simboli dell’Immacolata, tra S. Anna, pensare a un dipinto destinato al culto priva- S. Gioacchino e S. Giuseppe. L’opera presenta to, la cui datazione è da porsi nell’ambito della i tratti tipici della pittura devozionale napo- produzione seicentesca. letana di metà Settecento a cui Paolo de Majo Lo stesso discorso vale per il vicino Ecce (1703-1784), possibile autore, appartiene: una Homo (15), dipinto appartenente alla serie di composizione semplice e pulita, l’utilizzo di opere presenti nel Museo realizzate a olio su colori chiari e luminosi, la presenza di perso- rame. Il soggetto raffigurato, Cristo sofferen- naggi ben distinti e riconoscibili. Allievo del te ritratto a mezzo busto con la corona di spi- Solimena, de Majo fu autore di immagini sacre ne e la canna tra le mani incrociate in primo immerse in tonalità atmosferiche chiare, de- piano, rappresenta una tipologia iconografica stinate alla diffusione del culto mariano. abbastanza diffusa nella pittura di devozione, Il Bosco di Fontainebleau (18), dipinto fir- in questo caso resa con un linguaggio pittorico mato da Giuseppe Palizzi (1812-1888) e datato semplificato, che pone anche quest’opera, del- 1848, è esempio dei meriti artistici del pittore le stesse dimensioni della precedente, nell’am- che, con il fratello Filippo, fu uno dei principa- bito della produzione seicentesca destinata al li interpreti italiani della pittura di paesaggio culto domestico. nel secondo Ottocento. La tavola rappresenta Il quadro, che occupa per importanza e per una testimonianza preziosa, poiché rara, della collocazione un posto centrale nella collezio- produzione giovanile e dell’inizio del soggior- ne dei dipinti del Museo, è il San Paolo Ere- no del pittore a Parigi. La particolare sensibi- mita (16) attribuito dal Barone a Francesco lità agli effetti della luce, la stesura del colore Fracanzano (1612-1656), artista pugliese al- attraverso tocchi rapidi e sommari e l’uso di lievo di Jusepe de Ribera. I rimandi all’opera una materia coloristica dall’impasto ricco e riberesca sono chiari ed evidenti sia nella resa dal tono intenso, sono tratti salienti della per- pittorica e formale che nella scelta iconogra- sonalità artistica del Palizzi presenti anche nel ri e oggetti raffigurati, il dipinto di Baranello In Alto: fica e compositiva. Il dipinto, infatti, si inse- dipinto di Baranello, che si distingue dal resto mostra, rispetto all’originale, una grande ca- Paesaggio con porto e villa risce in una serie di opere di soggetto simile della sua produzione per l’utilizzo del suppor- pacità da parte dell’autore di riproporne l’in- Ambito napoletano, XVIII secolo (seconda metà), olio su tela (un santo eremita raffigurato a mezzo busto, in to ligneo. trospezione psicologica e la naturalezza nella atto di preghiera, dietro uno sperone di roccia Il Ritratto di monsignor Giuliano Della resa della figura. e davanti a uno sfondo privo di aperture pae- Rovere (19) è copia del dipinto realizzato da Il Mangiatore di prosciutto (20) rientra, saggistiche) tutte aventi come modello figura- Federico Barocci intorno al 1595 e conservato per soggetto ed elementi formali, nella tra- tivo il S. Onofrio di Ribera conservato presso presso il Kunsthistorisches Museum di Vien- dizione della pittura di genere che in ambito il Museo dell’Ermitage a San Pietroburgo. Il na. Il monsignore è ritratto a tre quarti di fi- meridionale si afferma dalla metà del Seicen- rimando comune alla maniera del pittore spa- gura, nella sua casa di Fossombrone, in una to, sulla scia della pittura nordeuropea. In gnolo è presente anche nella resa pittorica del stanza piena di libri, seduto su una savonarola, particolare il dipinto in questione pare essere dipinto, nella stesura di un impasto denso e mentre sfoglia un grosso libro con la mano de- una copia di un’incisione dell’artista olandese corposo, dato per pennellate vigorose e deci- stra. A parte alcune piccole differenze di colo- Cornelius Bloemaert, datata 1625. La scelta del

30 31 soggetto mostra un forte gusto per gli aspetti cittadina portuale sfuma nella bruma; il cielo lier ricco di gessi e disegni, è giocato sul con- senso per il pittoresco. più grotteschi e deformi del genere umano che sembra preannunciare una tempesta. Il tutto è trasto tra l’anziano e umile pittore che osserva Infine, non sulla parete centrale, troviamo i l’artista rende attraverso un’analisi spietata e reso con tocchi veloci di colore e con uno spic- i progressi del giovane e benestante allievo. Ritratti di Teresa Iannotti e Giovanni Ba- quasi caricaturale dei tratti fisionomici e un cato gusto per il pittoresco e l’aneddotico. Con Diversa dalle altre composizioni è quella del rone (30, 31). Le due tele, che formano una forte realismo stilistico. il Ritratto di Gentiluomo (24) ci troviamo Sant’Elia profeta (27). Si tratta di un’icona di sorta di dittico, raffigurano i genitori dell’ar- La Maddalena penitente in estasi (21) vie- di fronte ad un’opera, di buon livello, raffigu- evidente impronta bizantineggiante, che può chitetto Giuseppe Barone. Datate intorno alla ne attribuita, tramite analisi stilistica, vicen- rante un uomo dall’aspetto giovane e raffina- essere attribuita ad un artista veneto-cretese seconda metà del XIX secolo, furono eseguite devolmente a Paolo de Matteis (1662-1728) o to che regge un compasso mentre mostra con degli inizi dell’Ottocento, nella quale, oltre al da Girolamo Nattino (1842-1913), pittore atti- a Sebastiano Conca (1680-1764). Di certo l’o- orgoglio una pergamena con disegni di piante; permanere di moduli e schemi compositivi ar- vo in ambito meridionale. I due ritratti, com- pera si colloca nell’ambiente partenopeo degli la presenza di questi attributi lo configurano, caici quali la grotta e la figura del santo, è pos- posti e semplici, si inseriscono nel filone della inizi del XVIII, quando l’impeto barocco pare data la giovane età, come uno studente e/o sibile individuare anche aperture “moderne” ritrattistica di fine Ottocento, attenta, da una affievolirsi per lasciare il posto a soluzioni studioso di architettura. Dall’abbigliamento come nel volto e nelle vesti del giovane. L’ope- parte alla resa realistica del soggetto colto in compositive più solide ed eleganti, non prive dell’uomo e da analisi stilistiche si può datare ra, una tempera su tavola, raffigura, come da atteggiamenti ed espressioni naturali, e dall’al- comunque di raffinati accordi cromatici e lu- la tela al XVIII secolo che, seppur di ambito iscrizione, il profeta Elia in atteggiamento be- tra alle conquiste nell’ambito della fotografia, ministici. La composizione, che vede la Santa napoletano, mostra ascendenze inglesi. A li- nedicente in una grotta mentre ammaestra un della quale adotta tagli e rese luministiche. in primo piano sorretta da due angeli, annulla vello stilistico si segnala il riuscito contrasto giovane discepolo con cartiglio, il che farebbe l’evento per fornire un’immagine devozionale, tra il blu del mantello, il rosso del vestito e il pensare anche all’iconografia apocrifa di San Il testo del contributo è frutto di una comune iconica e classica allo stesso tempo, dalla quale bianco del foulard e le lievi e veloci pennellate Giovanni che detta il prologo del suo Vangelo collaborazione. Spetta a Michelangelo Carozza emerge sopratutto una forte carica patetica e che fanno emergere la figura dallo sfondo scu- a Procoro. l’analisi dei dipinti 1-10; a Giuseppina Rescigno sentimentale, esaltata dai tenui contrasti tra i ro. Il Paesaggio con porto e villa (28) è una quella delle opere 11-20; a Tommaso Evangelista morbidi incarnati e la matericità delle stoffe e L’Adorazione dei pastori (25), un dipinto tela della seconda metà del XVIII secolo da quella dei dipinti 21-31. dei capelli. del secondo quarto del XVI secolo, è da ac- riferire probabilmente ad un artista di ambito L’Assunzione della Vergine (22) è un’ope- costare all’ambiente emiliano per caratteri napoletano che ha visto e studiato le vedute di ra, senza attribuzione, da ritenersi comunque stilistici assimilabili alla maniera del Parmi- Gaspar van Wittel e dei “paesaggisti” romani. Bibliografia di ambito meridionale per la vicinanza, sul gianino, in particolare per quanto concerne la Raffigura sulla sinistra una villa circondata da Barone G. (1897): Il Museo di Baranello, Napoli. piano compositivo, con i moduli e gli impianti sperimentazione della forma allungata e ser- pini marittimi e, sulla destra, un piccolo por- del Solimena. Settecentesca e di buona qualità pentinata. La scena, scorciata dal basso, ha il to con barche ormeggiate. In primo piano si Causa R. (1957): Pittura napoletana dal XV al XIX se- colo. Istituto Italiano D’Arti Grafiche, Bergamo. artistica, moderatamente classica nell’impo- suo centro reale e simbolico nel Bambino dal notano due figure e un grande albero isolato stazione, ha i suoi punti di forza nella nitidez- quale prorompe una luce divina che illumina mentre lo sfondo, arioso e luminoso, si carica Comanducci, A. M. (1982): Dizionario illustrato dei pittori, disegnatori e incisori italiani moderni e za del disegno e nelle morbide campiture di l’umile mangiatoia e le figure dei pastori col- dei tenui colori del tramonto. contemporanei. SIES, Milano. colore che conferiscono all’evento sacro una ti in controluce. Sullo sfondo sono raffigurati Il Paesaggio fluviale (29), della prima metà Parca S. (2005): Schede OA. Archivio Soprintenden- delicata luminosità. Si evidenziano gli equi- una teoria di angeli festanti e particolari di un del XVIII secolo, è da ascrivere invece ad un za BSAE del Molise. librati accordi cromatici, l’aerea vaporosità edificio monumentale classico. L’opera, come pittore di ambito meridionale dedito alla pit- Rescigno G. (2005): Schede OA. Archivio Soprinten- delle nuvole e il volto estatico e delicato della appare evidente dallo sdoppiamento del volto tura di paesaggio, che sicuramente conosce- denza BSAE del Molise.

Madonna. del giovane in primo piano, risulta non finita. va l’opera di Lorrain e le novità delle vedute Spinosa N. (1993): Pittura napoletana del Settecento. Interessante è la piccola Marina (23). Il di- La bottega del pittore (26), acquerello su “romane”. Vi è raffigurato il corso di un fiume Electa, Napoli. pinto, di anonimo dell’Italia meridionale, da- carta, presenta caratteri tipici della produzio- percorso da barche; sulla sinistra vi è un tipico Spinosa N. (2003): Ribera. Electa, Napoli. tabile tra fine XVII e inizi del XVIII secolo, si ne pittorica nordica della metà del XVIII, ma paese con chiese e rovine, mentre sulla destra Utili M. (2008): Museo di Capodimonte. Touring colloca nel genere delle marine seicentesche. è da attribuirsi ad un pittore ottocentesco che un tempio antico a pianta che ricorda il Tem- Club Italiano, Milano. E’ raffigurato un paesaggio a metà strada tra ripropone, in piccolo formato, scene di gene- pio di Vesta del Foro Boario a Roma o il tempio Civiltà del Seicento a Napoli (1984), catalogo mo- capriccio, veduta ideale e “veduta esatta”: in re e soggetti minori sull’esempio dei maestri della Sibilla a Tivoli. In primo piano, nell’om- stra. Electa, Napoli. primo piano figure di pescatori animano il tedeschi. L’opera mostra una certa freschezza bra della vegetazione, si muovono piccole fi- Settecento napoletano: sulle ali dell’aquila imperiale: molo mentre diverse barche solcano il mare; nel tocco e nella campitura cromatica. Il sog- gure, mentre lo sfondo si riveste dei caldi co- 1707-1734 (1994), catalogo mostra. Electa, Napoli. sullo sfondo, davanti ad un promontorio, una getto, ambientato nell’umile interno di un ate- lori del tramonto. Il tutto reso con spiccato

32 33 La ceramica greca e italiota

di Gabriella Di Rocco

e ceramiche greche e italiote della collezione ‘Giuseppe Barone’ trovano posto nelle Lteche n. II, III e IV della prima sala del Museo Civico di Baranello e costituiscono un corpus di oltre 120 unità, unico per il Molise. Nello specifico si tratta di esemplari di vasi attici decorati secondo la tecnica a figure nere e a figure rosse e databili tra la fine del VI e la seconda metà del V secolo a.C. (vetrina n. II) e di un cospicuo numero di vasi di ceramica italiota riferibili al IV e al III secolo a.C. (vetrine n. III e IV).

Per ragioni di spazio non potremo illustrare to iconografico è scrupolosamente accurato: in questa sede ciascun vaso ma ci limiteremo a ogni singola zona della superficie vascolare è delineare i tratti salienti che riguardano questi decorata sapientemente dal ceramografo che materiali, richiamando l’attenzione del letto- ad essa riserva uno specifico elemento de- re su alcuni dei reperti più significativi della corativo; generalmente la scena principale è splendida raccolta Barone. ritratta nella parte mediana del vaso (spalla, La ceramica attica, molto apprezzata in tutto pancia), mentre alle zone superiore ed inferio- il mondo antico, è giunta sino a noi perché fece re (labbro, collo, piede) è destinata la decora- abitualmente parte dei corredi funerari con- zione accessoria. servatisi nelle necropoli greche, magnogreche Leader nella produzione di questo tipo di ed etrusche; si tratta di una tipologia cerami- vasi fu la città di Atene, in Attica. I vasai e i ca di altissimo livello tecnologico ed artistico, ceramografi ateniesi si ispirarono per le loro mai più eguagliata nella storia dell’antichità. creazioni alla botteghe corinzie; fu proprio a Il repertorio formale di questa classe cera- Corinto, infatti, che nel VII secolo a.C. venne mica è quanto mai vario e complesso: ci sono realizzata la particolare tecnica di decorazio- le forme cosiddette aperte (crateri, stamnoi, ne della superficie dei vasi di terracotta con Baranello, Museo Civico, vetrina II: anfora attica a skyphoi, kylikes) e le forme chiuse (anfore, piccole figure a silhouette piena, ossia con figure nere con Apollo liricine, lato A. oinochoai, lekhytoi, pelikai, hydriai); l’appara- figure campite con vernice diluita che in cot-

34 35 tura scuriva, assumendo una colorazione nera espanso nella parte superiore, fortemente ra- qui richiamare è una seconda anfora a col- Nell’altra pagina: e lucente, liscia e setosa al tatto; gli elementi stremato verso il basso. La scena metopale oc- lo distinto, coeva alla precedente, che ritrae, Baranello, Museo Civico, vetrina II: anfora attica a figure interni alle figure, come i tratti anatomici o i cupa, come di consueto, il punto di massima sul lato principale, un auriga con quadriga e nere con quadriga, lato A (da Dareggi 1977) panneggi delle vesti, erano ottenuti asportan- espansione del vaso. Sul lato principale (lato chitone bianco, mentre, sul lato B, due figure: In alto: do la vernice con una sottilissima punta metal- A) sono rappresentate tre figure: al centro, di Dionisio sulla destra e una menade sulla sini- Baranello, Museo Civico, vetrina II: kylix ad occhioni di lica, mentre il fondo del vaso restava del colore profilo a destra, è Apollo con chitone ed hi- stra. Gianna Dareggi, la studiosa che all’inizio tipo calcidese, particolare. rosso/bruno dell’argilla. mation, ritratto nell’atto di suonare la lyra, degli anni Settanta del secolo scorso studiò A partire dalla metà circa del VI secolo a.C., i lateralmente due figure femminili, rivolte per prima questi reperti ceramici, ha propo- artista pur non conoscendone l’identità; solo ceramografi ateniesi adottarono tale tecnica a verso quella centrale, ammantante in un lun- sto di attribuire la realizzazione delle scene di in rarissimi casi, infatti, il ceramografo ha la- figure nere per decorare i manufatti ceramici, go himation, rispettivamente Lato (Latona) quest’anfora al Pittore delle Linee Rosse, cosi sciato traccia certa di sé apponendo la propria sostituendola, alla fine dello stesso secolo, con e Artemis (Artemide). Anche la decorazione definito per la particolare tecnica di questo firma sul vaso. quella più evoluta a figure rosse che permise accessoria si inquadra nella tipologia tipica ceramografo di utilizzare linee paonazze nel- Tra i reperti ceramici a figure nere la raccol- la realizzazione di veri e propri capolavori, per della fine del VI secolo a.C.: sul collo, palmet- le sue composizioni pittoriche,. Si tratta di un ta Barone accoglie anche alcune kylikes (cop- noi tanto più preziosi in quanto la grande pit- te rivolte alternativamente verso l’alto e verso artista attivo tra la fine del VI e l’inizio del V pe). Una di esse è, a nostro avviso, di grande tura greca di età arcaica e classica, di cui quella il basso, collegate tra loro da steli; in basso, al secolo a.C. espressione della fase tarda della suggestione: si tratta della coppa ad occhio- vascolare costituisce, in un certo senso, un ri- di sotto della scena figurata, un giro di fiori di tecnica a figure nere. ni di tipo calcidese databile al 520 a.C. circa. flesso, è andata persa per sempre. loto e una raggiera sottostante. Sull’altro lato Grazie all’enciclopedico lavoro di sir John Inventore di questa tipologia decorativa del- L’anfora a collo distinto della collezione (lato B), invece, è rappresentata una scena con Davidson Beazley, lo studioso che ha dedicato le coppe che prevede la realizzazione di due ‘Giuseppe Barone’ con la raffigurazione di al centro un oplita in panoplia con elmo, corto l’intera vita a studiare e catalogare i vasi atti- grossi occhi apotropaici posti all’esterno del Apollo che suona la lira, databile intorno al mantello e schinieri, il cui busto è completa- ci riuscendo a riconoscere scuole, botteghe e vaso, fu uno dei grandi maestri delle figure 500 a.C., è senza dubbio tra le più particolari mente nascosto dal grande scudo circolare con pittori specializzati nella tecnica delle figure nere, Exekias, artista attivo nella seconda metà dell’intera raccolta. Di non grandi dimensioni, episema, sulla destra un arciere dotato di fare- nere e delle figure rosse, è possibile, attraver- del VI secolo a.C. Ottenuti con il compasso, gli circa 25 cm di altezza, essa è caratterizzata da tra e sulla sinistra un personaggio ammantato. so opportuni confronti, rintracciare la mano occhioni vengono messi in risalto dal sapien- bocca ad echino e collo molto svasato, corpo L’altro esemplare vascolare che vogliamo o la scuola o il gruppo di appartenenza di un te e calibrato uso della policromia: il bianco

36 37 A sinistra: ro bacino del Mediterraneo, sia verso oriente, Baranello, Museo Civico, vetrina II: anfora attica a figure sulle coste del Mar Nero, che nella lontana rosse con giovane imberbe, lato A. valle padana e più ad ovest in Iberia sino allo In basso: stretto dei Dardanelli. Baranello, Museo Civico, vetrina III: hydria apula con Questa nuova tecnica a figure rosse prevede scena di compianto funebre. il procedimento inverso rispetto alla prece- Nell’altra pagina, in alto: dente tecnica a figure nere: le figure sono ri- Baranello, Museo Civico, vetrina II: kelebe attica a figure sparmiate dalla stesura della vernice e vengo- rosse con Vittoria, particolare lato A. no perciò lasciate nel colore rossiccio dell’ar- Nell’altra pagina, in basso: gilla, mentre il fondo del vaso è ricoperto da Baranello, Museo Civico, vetrina III: prochoe apula con uno strato di vernice nera; i dettagli interni quadriga. delle figure non sono più incisi, bensì dipinti con la punta di un sottilissimo pennello intinto per la cornea, il rosso-violaceo per l’iride e il in argilla diluita. nero per la pupilla. Nel nostro caso tra i due Uno dei più interessanti esemplari di cera- occhi il pittore ha posto una quadriga guidata mica a figure rosse della collezione Barone è da un auriga in chitone bianco; eccezionale la una splendida anfora di tipo nolano, databile resa prospettica e il movimento del cocchio, intorno al 470 a.C., ossia ad una fase in cui la ottenuti dipingendo i cavalli in torsione, colti nuova tecnica decorativa è già pienamente af- proprio nel momento della corsa; nel tondo in- fermata in Atene e numerosi sono gli artisti ed terno della coppa trova spazio l’immancabile i maestri che vi si cimentano, realizzando ma- gorgoneion. nufatti tra i più pregiati che l’antichità ci abbia Al Gruppo di Haimon, un gruppo di ceramo- tramandato. L’anfora in questione è stata at- grafi operanti intorno al 480 a.C., sono state tribuita ad un pittore della maniera del cele- attribuite una serie di piccole lekythoi (broc- berrimo Pittore di Berlino. Costui è noto agli chette) funerarie tra cui una con una ricca studiosi per la caratteristica di ritrarre su an- scena dionisiaca: Dioniso è steso sulla kline, fore e, in generale, su vasi di grandi dimensio- accanto a lui una menade ammantata è seduta ni, figure isolate che emergono dal fondo nero e suona una lyra, alle sue spalle un’altra me- del vaso che appare privo del tutto, o quasi, nade ammantata giunge a dorso di mulo. La della decorazione accessoria. Nel nostro caso, decorazione accessoria è molto ridotta: tratti sul lato A dell’anfora, vediamo un giovane verticali e raggiera nella parte bassa del lun- ammantato, interpretabile come un lottatore go collo svasato, al di sotto della scena figurata vincitore, vestito con himation e corona, colto una serie di tre linee orizzontali di cui quella nell’atto di salutare gli spettatori mentre tende mediana più spessa. il braccio destro. Sul lato B una Nike, la vittoria Gli esemplari ceramici della collezione Ba- alata, sta planando dinanzi ad un altare, con rone conservati presso il Museo Civico di Ba- in mano una phiale (ciotola) ed una oinochoe ranello sono riferibili, come già anticipato, alla (brocchetta). fase tarda della tecnica a figure nere, ossia alla A differenza delle figure nere, ancora seve- fine del VI secolo a.C., periodo in cui ad Atene re nello stile ed essenziali nei tratti anatomici, gli artisti iniziavano a sperimentare la nuova la nuova tecnica a figure rosse permetteva al tecnica a figure rosse, tecnica che ebbe poi ceramografo di ampliare la gamma di possi- un enorme successo per cui i vasi attici erano bilità disegnative e, soprattutto, di essere più estremamente richiesti sui mercati dell’inte- verosimile nella resa dei dettagli che animano

38 39 In questa pagina: della vita quotidiana. campana è largamente rappresentata a Bara- Baranello, Museo Civico, vetrina IV: skyphos campano La collezione Barone ne conserva alcuni nello: skyphoi (bicchieri) con scene di gineceo con menade danzante. magnifici esemplari. L’hydria di produzione e menadi danzanti, splendide anfore con anse Nell’altra pagina: apula risalente alla metà del IV secolo a.C. oc- tortili e scene di compianto funebre, piccole Baranello, Museo Civico, vetrina III: piatto campano con cupa nella raccolta Barone un posto di primo lekythoi (brocchette) e piatti con protomi mu- protome muliebre. piano: il vaso, alto 37 centimetri, presenta il liebri dalle varie fogge e acconciature, piatti labbro ribattuto che ricorda prototipi metalli- con grossi pesci. le figure stesse, anatomie comprese. Il giovane ci. Una delle particolarità di questi vasi rimane In conclusione possiamo affermare come imberbe ritratto su quest’anfora è colto infatti l’aggiunta di colore bianco e giallo all’interno la collezione di ceramiche greche e italiote in tutta la sua espressività: gli occhi, le narici, della scena figurata, oltre alla presenza di una del Museo Civico di Baranello rappresenti un le labbra, il padiglione auricolare, i riccioli dei fascia di vernice rinforzata attorno alle figure. vero patrimonio per il Molise, un patrimonio capelli, sono realizzati tutti con estrema cura Nel nostro caso il lato A reca, al centro, una in buona parte ancora da studiare, valorizzare e raffinatezza. colonna ionica campita di bianco posta sopra e tramandare, proprio come Giuseppe Barone Un’altra anfora, simile nella forma alla pre- un’alta base, a sinistra un giovane rivolto ver- ebbe a ripetere più volte. cedente, ma databile al 450 a.C. circa, reca, sul invece, una tipica scena dionisiaca con satiro so il centro che tiene tra le mani un tralcio e lato A, due figure: un uomo anziano con lyra e che insegue una menade retrospiciente. un ramoscello, a destra una fanciulla in peplo bastone ed un fanciullo che incede verso de- Una delle più interessanti testimonianze e recante flabello ed oinochoe; il lato B, sotto Bibliografia stra, mentre, sul lato B, un adulto appoggiato che ci ha lasciato la Magna Grecia è costituita l’ansa verticale, reca due palmette con girali. Arias P.E. (1963): Storia della ceramica greca. Enci- ad un bastone; potrebbe trattarsi di una sce- senza dubbio dalla ceramica italiota, una pro- Certamente degna di nota è anche la grande clopedia Classica, sez. III, vol. XI, Torino. na di scuola. In questo caso la resa dei tratti duzione avviata in Puglia e Lucania a partire prochoe apula databile alla seconda metà del Barone G. (1897): Il Museo Civico di Baranello ordi- anatomici e quella dei panneggi appare meno dalla seconda metà del V secolo a.C., che si af- IV secolo a.C. caratterizzata da un corpo ovale nato, descritto ed illustrato dall’architetto Giuseppe accurata della precedente. ferma particolarmente nel corso del IV seco- allungato, un lungo collo con bocca svasata e Barone, Napoli. Nella collezione Barone non mancano alcuni lo a.C. anche in Campania e in Sicilia. Com’è ansa nastriforme. L’elemento decorativo più Beazley J. (1956): Attic black-figure vase-painters, Oxford. splendidi crateri, i vasi usati durante il simpo- noto, fu il risultato dell’incontro delle tecniche evidente è la grande quadriga al galoppo, con i sio greco, in cui acqua, vino ed aromi venivano importate dai Greci delle colonie costiere con cavalli dipinti in bianco, guidata da auriga con Beazley J. (1963): Attic red-figure vase-painters, Ox- ford. mescolati per poi essere versati nelle coppe e la volontà di imitazione da parte degli indige- il tipico chitone talare gonfiato dal vento; sul degustati nelle lunghe ore di convivio. Il crate- ni dell’entroterra; le popolazioni locali certa- lato B spicca una grande palmetta a ventaglio Beazley J. (1971): Paralipomena. Addition to Attic black-figure vase-painters and to Attic red-figure re a colonnette (kelebe), attribuito al Pittore di mente recepirono il valore culturale delle im- con girali. vase-painters, Oxford.

Oreste e datato al 450 a.C. circa, ne è un pre- magini riprodotte sui vasi e ne commissiona- Anche la ceramica italiota di produzione Boardman J. (2004): Storia dei vasi greci, Roma. gevole esempio. Qui la decorazione accessoria rono la realizzazione agli artisti greci locali: il Dareggi G. (1972): Materiali del Museo di Baranello. è molto ricca, con fiori di loto e tralci di vite, vaso figurato diventa, infatti, per le aristocra- I. Ceramica italiota, Campobasso. particolarmente sviluppata sul collo e posta ad zie indigene, strumento di rappresentanza e, Dareggi G. (1974): Materiali del Museo di Baranello. incorniciare la metopa che racchiude la scena nello stesso tempo, di propaganda politica. La II. Ceramica attica, Roma. figurata. Quest’ultima, sul lato A, mostra al produzione italiota, partendo dai modelli atti- Dareggi G. (1977): Ceramica greca e italiota nel Mu- centro un fanciullo su podio accompagnato da ci, sviluppa pian piano caratteristiche formali seo di Baranello. In: Quaderni dell’Istituto di Archeo- logia dell’Università di Perugia, 5, Roma. un suonatore di doppio flauto, alle cui spalle è e iconografiche proprie, un proprio repertorio un altro personaggio appoggiato ad un basto- con forme e immagini ben differenziate. Pos- Di Palo F. (2006): Dalla Ruvo antica al Museo Arche- ologico Jatta, Fasano. ne e, sulla destra, una Vittoria con grandi ali e siamo riassumere brevemente in tre grandi corona di olivo distesa, pronta ad incoronare il aree tale produzione: i grandi vasi con sogget- Panvini R. (2005): Le ceramiche attiche figurate del Museo Archeologico di Caltanissetta, Bari. fanciullo; sul lato B sono ritratti tre personag- ti iconografici complessi, spesso di contenuto Patitucci Uggeri S. (1971): Corpus Vasorum Antiquo- gi maschili nell’atto di incedere verso destra e mitologico; gli articolati servizi da simposio rum, Italia, XLVII, Ferrara II, Roma. festeggiare. decorati con rappresentazioni legate al mondo Trendall A.D. (1973): Early South Italian Vase-Pain- Il tardo cratere a calice del Gruppo di dionisiaco e, infine, i vasi di modeste dimen- ting, Mainz. Polygnoto, risalente al 430-420 a.C., mostra, sioni con scene tratte dalla sfera del gineceo e

40 41 rituale e magico, legato al culto di Dioniso e In basso: di altre divinità. In verità in origine ad essere Pompei: Casa del Bracciale d’oro. sospese agli alberi erano le teste delle vittime sacrificate che vennero poi sostituite da imi- tazioni in legno, in terracotta e in altri mate- riali che raffiguravano anche immagini divine. Fatte oscillare, sulla base del loro movimento se ne traevano auspici per la fertilità dei cam- pi. Ad Atene nel momento dell’estate quando le uve cominciavano a rosseggiare, si celebra- Oscilla e vano le feste delle Aiorai (festa delle altalene) durante le quali si usava sospendere agli alberi delle corde su cui venivano poste delle bambo- le; su un vaso trovato a Chiusi, ora conservato a Berlino, è raffigurata una scena che presenta appunto un’altalena fatta oscillare da un satiro. Questa festa aveva forti connotazioni agricole astragali ed era finalizzata a propiziare un abbondante raccolto, simboleggiato dall’albero, emblema di Chiara Santone della fertilità e della vita, e dal banchetto finale nel quale veniva distribuito cibo soprattutto ai poveri. Si sottolinea anche la connessione con ra i numerosi reperti presenti nella sezione romana dello splendido Museo di Dioniso nella cerimonia delle altalene, come TBaranello, il visitatore potrà ammirare una nutrita serie di categorie di manufatti chiaramente dimostrano le rappresentazioni parietali, come ad esempio l’affresco del tricli- che vanno dagli ex-voto religiosi alle antefisse, dai gocciolatoi alle lucerne, dai vasi alle figurate. nio della Casa del Bracciale d’Oro che mostra statuette di diversa fattura e qualità. In questa straordinaria messe di oggetti della Gli oscilla usati nel mondo romano manten- un giardino inquadrato in una incannucciata vita quotidiana hanno carpito l’attenzione di chi scrive due classi di materiali che non nero inizialmente il significato propiziatorio su cui pende, dall’alto, un oscillum circolare. sempre hanno avuto da parte degli studiosi e degli appassionati la giusta attenzione connesso con le prerogative fertilizzanti del- che forse meritano: gli oscilla e gli astragali. le altalene greche. In un secondo momento si Le forme degli oscilla sono svariate; pur passò ad appendere dischi oscillanti negli edi- restando quella circolare la più diffusa, se ne fici, dimenticandone il carattere rituale e ma- trovano rettangolari, a forma di pelta, ovoi- gico e la funzione degli oscilla ebbe prevalen- dali. A lungo gli studiosi hanno dibattuto sul Le maschere oscillanti canti gioiosi e per te sospendono oscilla sugli temente carattere decorativo. Nelle città vesu- significato di questi oggetti. All’inizio essi alti rami del pino”. viane, soprattutto Pompei, sono innumerevoli erano maggiormente impressionati dai temi “nec non Ausonii, Troia gens missa, coloni Con il termine oscillum Virgilio indicava gli oscilla di marmo, decorati con soggetti di in essi rappresentati, che dalla loro forma ed versibus incomptis ludunt risuque soluto, ora- propriamente una mascherina che veniva vario genere tra i quali prevalgono, non a caso, erano portati a interpretare questi manufatti que corticibus sumunt orrenda cavatis, et te, appesa agli alberi, in onore di Bacco, perché i miti dionisiaci e le maschere, anch’esse colle- come oggetti religiosi, suggestionati dal pas- Bacche, vocant per carmina laeta, tibique oscil- oscillasse: in questo modo i campi restavano gate a Dioniso; la fattura di taluni di essi è dav- saggio presente nelle Georgiche di Virgilio la ex alta suspendunt mollia pinu.” (Virgilio, sottoposti alla protezione del dio; in senso lato vero eccezionale, rivelando, in questo, anche (vedi supra) che li attribuiva al culto bacchico. Georgica, II, 385-389). il termine è passato ad indicare dischi e ma- il gusto elevato e la disponibilità economica Successivamente ha prevalso la teoria per cui schere sospesi tra le colonne dei portici delle dei proprietari delle case nelle quali veniva- essi avrebbero un uso eminentemente decora- “E i contadini si divertono con versi rozzi e città e nei peristili delle case con uso apotro- no sospesi. Dell’uso e della posizione di questi tivo, comprovato dai numerosi ritrovamenti riso sfrenato e indossano paurose maschere di paico. L’uso di appendere maschere agli alberi oscilla nelle case pompeiane, soprattutto nei in edifici abitativi, effettuati durante gli scavi corteccia incavata e invocano te, o Bacco, con era praticato già dai greci ed aveva carattere giardini, sono efficace testimonianza i dipinti di Pompei ed Ercolano. Rilievi scultorei mar-

42 43 morei simili a quelli provenienti da Pompei e li, data dall’uso dei medesimi mezzi stilistici, Il gioco degli astragali dall’antichità ai diverso valore alle combinazioni derivate dal da Ercolano sono stati trovati ovunque in Ita- dalle identiche modalità di sospensione e dallo giorni nostri. loro lancio simultaneo era sicuramente la più lia, in Francia, in Spagna, in Nord Africa; sono sviluppo di scale simili che, evidentemente, si comune (pleistobolinda). Dalla diversa caduta meno comuni nelle province orientali. Il pro- riferiscono ad una origine comune di tutta la L’astragalo o talo, il piccolo osso di forma ir- dei quattro astragali nascevano ben 35 diver- blema che ha caratterizzato lo studio di questi serie di oggetti; purtroppo le caratteristiche regolarmente cuboide situato nel tarso (l’in- se combinazioni, aventi ciascuna il proprio materiali è il fatto che in un solo caso, quello stilistiche ora citate sono state applicate solo sieme delle ossa del piede), ha ricoperto nelle nome. Il lancio peggiore era costituito dalla di Pompei appunto, maschere, tondi, peltae, ai rilevi escludendo a priori la classe delle ma- antiche culture mediterranee la duplice fun- caduta degli astragali con tutte e quattro le pinakes e fistulae, sono stati analizzati come schere. La caratteristica unità di questa clas- zione di oggetto sacrale nei rituali di divina- facce corrispondenti al valore 1 (combinazio- facenti parte dello stesso gruppo e questo se di marmi decorativi appare evanescente zione (astragalomanteia) e di strumento luso- ne del cane, κύων, canis); la migliore, quella perché l’eruzione del Vesuvio e la conseguen- quando la storia e l’evoluzione dei tipi che la rio, precursore del gioco dei dadi. di Venere (iactus Veneris) che si realizzava te conservazione della città hanno evitato la compongono vengono studiate separatamen- In questo contributo non ci soffermeremo quando si presentavano ognuno con una fac- loro dispersione, evidenziando il loro univoco te. Infatti il materiale disponibile è risultato sulla presenza e funzione degli astragali in cia diversa. Rispetto al gioco dei dadi in cui uso come ornamenti decorativi di case e mo- tutt’altro che omogeneo e questo a causa di contesti funerari e religiosi ma sul suo uso in basta sommare il valore delle singole facce, numenti pubblici. L’uguaglianza formale di edizioni preliminari e ormai datate e a cau- ambito ludico. Gli astragali potevano essere quello con gli astragali presupponeva la co- questi reperti è dimostrata anche dall’essen- sa dello scarso interesse che questi materiali ricavati da diverse specie animali, in relazio- noscenza di regole complicate, applicabili alle ziale unitarietà dell’intero corpo dei materia- hanno rivestito in ambiente scientifico. ne soprattutto alle scelte praticate nell’econo- singole combinazioni. mia primaria dai diversi gruppi umani negli Numerose sono le rappresentazioni di que- ambiti geografici e cronologici pertinenti. Se sto gioco sia nella statuaria e sulla coroplasti- provenienti da animali di piccola taglia (ovi- ca sia sulla produzione vascolare in cui sono caprini o suini), la loro modesta dimensione raffigurate spesso scene di astragalizontes rappresentava la possibilità di maneggiare (giocatori di astragali). L’opera che abbiamo agevolmente più ossa ed era condizione ide- scelto come prova esemplificativa è un piccolo ale per giocare in maniera veloce e ripetitiva. gruppo di astragalizousai conservato al British Il gioco degli astragali è menzionato per la Musem di Londra. prima volta da Omero nell’Iliade (XXIII, 83- Sopra un’alta base rettangolare sono accocco- 88): Patroclo uccide il suo compagno di gioco late due figure femminili, affrontate in posizio- in una disputa sorta ἀμφ’ ἀςτράγαλοισι, “gio- ne speculare (Fig. 5). La figura di sinistra, con i cando agli astragali”. Da altre testimonian- capelli sciolti sulle spalle, fermati in alto da una ze scritte sappiamo che tutti i Greci, senza sorta di piccolo diadema, è avvolta strettamen- distinzione di genere e status sociale, erano te in un mantello; la compagna indossa invece appassionati giocatori di astragali. Tra i mol- soltanto un chitone e ha i capelli raccolti in una teplici giochi aventi per protagonisti questi cuffia. Il documento è molto importante, perché 1 Oscillum 2 Oscillum ossicini è possibile operare una distinzione sostanzialmente è l’unico gruppo plastico con- tra quelli che divertivano i bambini, basati servato integro che rappresenti giocatori di astra- Inv. 298. Baranello, Museo Civico, vetrina XXVII. Inv. 299. Baranello, Museo Civico, vetrina XXVII. Ø cm. 7; spessore cm. 1,8. Argilla rosata, impasto de- Ø cm. 7; spessore cm. 1,5. Argilla giallina; lo- soprattutto sull’abilità con la quale venivano gali e che il gioco praticato dalle due donna sia purato. Leggere abrasioni ai bordi. gora. Tracce di colore rosso tra i raggi. manipolati e lanciati, e quelli praticati dagli proprio quello fatto con gli ossicini, non è de- III-I secolo a.C. III-I secolo a.C. adulti, veri e propri giochi d’azzardo su cui ducibile solo dalla caratteristica posizione delle Probabile produzione tarantina. Probabile produzione tarantina. si scommetteva. Forse fu proprio l’impiego figure: fortunatamente, infatti, si conservano an- L’oscillum, ricavato da un unico blocco, presenta due L’oscillum, ricavato da un unico blocco, presenta due di somme di denaro il motivo per cui questa che gli astragali, che entrambe le fanciulle strin- fori per la sospensione eseguiti dopo la cottura. Il lato fori per la sospensione eseguiti dopo la cottura. Il lato attività venne proibita a Roma da un editto gono nella mano sinistra. La figura di sinistra A è ornato al centro da una svastica, di fattura gros- A presenta una testa molto consunta, volta verso l’al- censorio del II secolo a.C. e consentita solo in solana, impressa con un punzone; il lato B, invece, non to e radiata. In basso a sinistra vi sono due lettere, Δ deve avere appena effettuato il lancio, poiché il è decorato. (delta) e Ω (omega) e a destra altri due segni, di cui Dicembre, durante le feste dedicate a Saturno. braccio destro è teso verso il basso, e la com- il primo è una Ι (iota) e il secondo forse una Χ (chi). Il Delle numerose possibilità di impiego che gli pagna, con la mano destra alzata, è pronta per lato B è liscio e piatto. astragali ricoprivano, quella che attribuiva un gettare a sua volta l’astragalo, ben visibile tra le

44 45 A destra: Baranello, Museo Civico, vetrina XXVII: astragali. dita. Il gioco rappresentato è sicuramente quello della pleistobolinda, per la chiara posizione delle mani delle figure. In un importante ricerca et- nologica su questo tema, lo studioso Gehrard Rohlfs, ha rimarcato come notevoli siano le corrispondenze riscontrate nelle denomina- zioni del gioco e nelle combinazioni tra i po- poli del sud Europa. Attraverso il medioevo, la passione per questa attività si è conservata fino ai giorni nostri; in Salento e in Calabria era ancora praticato negli anni ‘70 come ere- dità pervenuta dalla Magna Grecia. A testi- monianza di questa continuità tra antico e moderno ci viene in soccorso G. D’Annunzio che nell’Alcyone scrive: “Bada; Non aliossi pel tuo gioco ma ho in serbo per te, schiavo ribelle, una sferza di cuoio paflagone”.

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46 47 In basso: Baranello, Museo Civico, balaustra della scala: vaso canopo iscritto in alabastro

Glidi Marco Corona Aegyptiaca

I reperti egizi (inv. 162), di piccole dimensioni, è in alaba- provvisto della barba posticcia: l’identità di stro: il contenitore è rastremato verso il bas- materiale dei due pezzi non assicura con cer- La raccolta di Aegyptiaca della collezione Ba- so e presenta la spalla arrotondata; la fascia tezza la pertinenza del coperchio al conteni- rone è ricca ed interessante e presenta una mediana non mostra iscrizioni. Il coperchio tore né l’effettiva antichità del primo. certa varietà nella tipologia degli oggetti: essa è lavorato con una certa cura dei particolari La comparsa dei canopi è legata allo svilup- comprende tanto i funeralia quanto oggetti di e riproduce le fattezze antropomorfe del ge- po delle pratiche di imbalsamazione: i conte- culto ed amuleti di materiale vario, dall’ala- nio tutelare Amset: la divinità porta in testa nitori, infatti, dovevano accogliere le viscere bastro alla faïence fino al bronzo. La maggior il copricapo nemes, che scende sulla fronte e del defunto asportate prima del bendaggio parte degli elementi rimanda ad un contesto lascia scoperte le orecchie. del corpo e trattate per garantirne la conser- egizio di epoca tarda, compreso fra il VII ed il Il secondo canopo (inv. 82) è di pregevole vazione. I vasi erano presenti nei corredi fu- IV secolo a.C. fattura ed è stato realizzato anch’esso in ala- nerari in numero di quattro, in genere deposti Data la natura occasionale delle acquisi- bastro. Questo esemplare, analogo al prece- presso il sarcofago o contenuti in un’apposi- zioni, non siamo in possesso di notizie sulla dente, reca incisa al centro della parte ante- ta cassetta divisa in quattro settori, ed erano provenienza dei reperti, sicché è possibile af- riore un’iscrizione allineata entro sette colon- muniti di un coperchio che, a partire dalla fidarsi solo a mere congetture sulla loro origi- ne: all’interno del testo è indicato uno dei figli XVIII dinastia fino al Periodo Tolemaico, ne, da ricercarsi, plausibilmente, nel mercato di Horo, Duamutef, tradizionalmente rappre- assunsero la forma dei quattro figli di antiquario, forse napoletano, del secondo Ot- sentato con la testa di sciacallo, in associazio- Horo, ciascuno dei quali protegge- tocento. ne con la dea Neith, invocata all’inizio dell’i- va gli organi custoditi all’interno: scrizione. In contrasto col dato epigrafico, il Duamutef, lo sciacallo, conserva- I vasi canopi coperchio raffigura con rude naturalismo (ad va lo stomaco del defunto; Hapi, il babbuino, esempio nell’asimmetria degli occhi) le fat- era preposto alla difesa dei polmoni; Amset, Di grande interesse sono due canopi. Il primo tezze di Amset, sempre coperto dal nemes e di aspetto umano, tutelava il fegato; Qebehse-

48 49 A sinistra: leggibile, è disposto orizzontalmente lungo Baranello, Museo Civico, vetrina VIII: ushabti per otto linee divise da sottili incisioni: di segui- Ahmose in faïence to al nome del defunto, che non è decifrabile Nell’altra pagina, in alto: in modo chiaro, sembra essere riportata una Baranello, Museo Civico, vetrina XXVII: scarabeo in variante della formula magica per animare gli pietra tenera ushabti contenuta nel sesto capitolo del Libro Nell’altra pagina, al centro: dei Morti. La terza statuetta, di colore mar- Baranello, Museo Civico, vetrina VIII: amuleto in faïence rone scuro, è anepigrafa nella parte frontale, in forma di occhio-udjat mentre il pilastrino dorsale ospita una breve Nell’altra pagina, in basso: iscrizione geroglifica incolonnata non molto Baranello, Museo Civico, vetrina VIII: amuleto in faïence chiara. in forma di falco La correttezza dei geroglifici, la lavorazio- ne dettagliata del modellato del corpo e del nuef, il falco, preservava gli intestini. Questa viso, l’uso della caratteristica invetriatura e associazione fra le teste umano-zoomorfe ed i la presenza dei pilastrini dorsale e di base figli di Horo, indicati nelle epigrafi, si protras- sembrerebbero assicurare la genuinità della se fino al Terzo Periodo Intermedio, allorché fattura egizia di questi oggetti e, contempo- cominciò ad essere disattesa, come dimostra raneamente, indirizzare verso una datazione il nostro secondo esemplare. al periodo tardo. Dello stesso materiale dove- Gli ushabti vano essere altri tre ushabti di cui si legge nel vecchio inventario Barone, oggi non più rin- tracciabili (invv. 811, 814-815). Gli ushabti (invv. 812-813, 816) meritano una Altre due statuette (inv. 504) della medesi- menzione particolare: essi presentano ca- ma tipologia sono forgiate in metallo: l’aspet- ratteristiche formali che ne fanno oggetti di to è analogo agli esemplari precedenti, men- grande interesse archeologico ed antiquario. tre l’iscrizione geroglifica, identica per en- E’ individuabile un primo gruppo di tre sta- trambe e di buona qualità, è disposta in senso tuette in faïence dall’aspetto mummiforme, orizzontale lungo otto linee di testo. L’uso del con la parrucca tripartita sul capo, la barba metallo solleva dubbi sull’autenticità: l’ipote- posticcia sul mento e le mani che spuntano si più plausibile potrebbe essere connessa ad dal sudario ed impugnano zappette, accette e una produzione moderna attraverso calchi da retine per i semi o le pietre; i piedi poggiano originali. Ad avvalorare la teoria è la presenza su un piccolo pilastro orizzontale. sulla medesima base della statuetta bronzea Sul corpo di due statuette corrono le iscri- di una figura, forse divina, col volto zoomorfo, zioni in geroglifico: la prima, disposta in un copricapo turrito, mantello e veste lunga, senso verticale lungo la superficie anterio- non inquadrabile in alcuno schema statuario re verde chiaro, è delimitata da un riquadro antico: essa sembrerebbe frutto dell’egittoma- epigrafico rettangolare inciso e riporta nel nia moderna. preliminare i consueti attributi del defunto Gli ushabti (dal verbo wšb, rispondere) sono ovvero l’Illuminato e l’Osiride, molto comuni statuette funerarie modellate in materiali di- nelle iscrizioni degli ushabti, quindi il nome versi, principalmente legno o pietra, la cui di Ahmose e quello del genitore. Nel secondo adozione all’interno del corredo funerario ri- esemplare, di colore verde scuro, il testo gero- sale alla XII dinastia, nel periodo del Medio glifico, consumato e in molti punti assai poco Regno, e si protrae fino al termine del Periodo

50 51 In questa pagina: re. La provenienza potrebbe essere campana, Baranello, Museo Civico, vetrina VII: statuetta bronzea mentre la fabbricazione sembra riferibile al di Osiride con corona atef tipo egittizzante egeo di Perachora-Lindo (ca. Nell’altra pagina: 750-650 a.C.). Baranello, Museo Civico, vetrina VII: statuetta bronzea Già in epoca predinastica le comunità rurali di Osiride con corona hedjet egizie attribuivano allo scarabeo sacro funzio- ni medico-magiche: di esse la più importante, Tolemaico. Essi generalmente recano in mano in considerazione del comportamento etolo- attrezzi per il lavoro agricolo, normalmente gico dell’insetto, concerneva la sfera della fe- zappe ed accette ma anche picconi, reti e ce- condità femminile (fertilità, parto, salute in- ste di vimini, che utilizzano, secondo la cre- fantile). La connessione al culto solare (Khe- denza egizia, per lavorare nei campi Iaru al pri) e l’accentuazione del valore funerario fu posto del loro padrone, solitamente un nobile: opera del sacerdozio eliopolitano dopo la na- per rianimarli, era necessario recitare la for- scita dello Stato faraonico; Asiatici e Fenici, mula del capitolo sesto del Libro dei Morti, che diffusero lo scarabeo nel Mediterraneo, graffita o dipinta sul corpo della statuetta. intesero la valenza popolare a favore delle In Italia centro-meridionale gli ushabti ap- loro donne e dei loro bambini, come attestano parvero già in epoca preromana (Roma, Ca- i contesti di rinvenimento di tali oggetti ma- pua, Erice), tuttavia in contesti cultuali; la gici. mediazione è attribuibile ai Fenici ed ai Ci- Lo Scarabeo svolse fuori dell’Egitto sempre prioti. In Egitto la loro presenza nelle tombe una pragmatica funzione protettiva; in epo- dei nobili, inizialmente limitata ad uno o due ca imperiale romana esso fu sostituito dalle esemplari, nel Terzo Periodo Intermedio ar- gemme medico-magiche cosiddette gnostiche rivò fino ad un numero di 401 (365 servitori (tipo Abraxas). più 36 assistenti, questi ultimi abbigliati con vestiti da viventi e muniti di bastoni e fruste): L’occhio-udjat data la loro produzione - e la vendita nell’am- bito dei templi - in serie, in epoca tarda si af- Ben conservati due amuleti in forma di oc- fermarono l’uso di stampi e l’utilizzo della chio-udjat: realizzati in faïence (pasta inve- faïence, un materiale economico e facilmente triata molto economica ricavata dalla mesco- reperibile in Egitto. lanza di soda e sabbia quarzifera fusa) che Lo scarabeo presentano una certa raffinatezza nella lavo- razione dei particolari, come il piumaggio del falco, il sopracciglio e l’iride. Di accurata lavorazione è uno scarabeo (inv. Questo genere di talismani non è particolar- 80) in pietra tenera. L’amuleto ritrae l’insetto mente conosciuto in Italia, sebbene incontri con le ali richiuse nelle elitre ed il capo incas- una buona fortuna presso quei popoli medi- sato nel corpo: è presente un foro passante terranei (i Fenici) che hanno intrattenuto rap- in senso longitudinale che definisce l’ogget- porti con gli Egiziani. to quale elemento d’ornamento di un monile. Il potere dell’udjat si fondava sulla creden- L’ovale di base presenta una serie di geroglifi- za preistorica, presente anche in Egitto come ci incisi in modo piuttosto preciso interpreta- nel resto del Mediterraneo, dell’ “occhio be- bili come Ammon-Ra col canestro magico-de- nefico” che respinge quello “malefico” (o corativo oppure Ammon-Ra (è) (il mio) Signo- “malocchio”). Nella Valle del Nilo la mitopo-

52 53 Nell’altra pagina: sempre in aspetto mummiforme, con la bar- un nodo basso sulla nuca, da cui escono due Baranello, Museo Civico, vetrina VII: statuetta bronzea ba posticcia e la corona bianca hedjet, simbolo riccioli che scendono sulla spalla destra; la te- di Iside-Fortuna-Demetra del dominio sull’Alto Egitto, munita di ureo, il sta, cinta da un diadema, è coronata dal kala- cobra, simbolo sacro della regalità faraonica; thos, prerogativa di Demetra. Nelle mani, poi, iesi sacerdotale la legò alla vicenda del com- le braccia spuntano dal sudario e le mani sono la dea reca gli attributi tipici del remo, nella battimento fra Horo e Seth, in cui il primo raccolte poco sotto il petto, la destra sopra la destra, e della cornucopia, nella sinistra, quali perse l’occhio sinistro, poi curato da Thot. Gli sinistra, e stringono lo scettro was. emblemi del dominio sul caso. La fattura del Egizi coglievano sempre la valenza pragmati- Mentre la prima statuetta presenta un tipo bronzetto rimanda al periodo imperiale, forse ca dell’udjat (= “sanato”), utilizzandolo tanto iconografico noto e ben attestato nella pro- alla fine del sec. I d.C., ed all’ambito campano. come rimedio terapeutico (ponendolo sul ta- duzione bronzistica dell’artigianato egizio, la La rappresentazione di Iside-Fortuna-De- glio addominale inferto alla mummia) quanto seconda è meno consueta, in quanto la postu- metra risente di quel sincretismo che in epo- come protettore dal “malocchio” (disegnan- ra del soggetto e la presenza dello scettro was ca romana caratterizzò la rappresentazione di dolo sui sarcofagi e sulle navi). La fortuna generalmente rimandano ad un’altra divinità molti dei egizi: mentre la romana Tyche/For- dell’amuleto presso i Fenici e i Greci, tuttavia, mummiforme, cioè Ptah. tuna riproduce la Sorte cieca, Iside, dea ma- fu determinata da credenze locali preesisten- Il culto di Osiride assunse particolare im- terna e protettiva, incarna la Sorte previdente ti sul potere positivo/negativo dell’occhio portanza nel mondo egizio a partire dal Pri- che è in grado di piegare il Fato al suo volere, (umano ed animale). mo Periodo Intermedio: la leggenda della anzi lo domina, come recitano molte sue are- morte e della rinascita ed il conseguente ruo- tologie. Il falco lo di signore dell’Oltretomba, accordarono alla sua figura un ampio consenso, soprattutto Bibliografia Una placchetta in faïence, integra e lavorata in epoca tarda. Secondo il mito Osiride otten- con le sembianze di falco, riporta all’atten- ne anche il governo di tutto l’Egitto e ne fu il AA.VV. (1989): La Collezione egiziana del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Soprintendenza zione la consuetudine di epoca tarda di non primo sovrano. Nelle due rappresentazioni Archeologica per le Province di Napoli e Caserta, asportare gli organi dei defunti e deporli nei il dio è ritratto con i simboli tipici del pote- Napoli. canopi, ma di applicare sulla mummia, con il re, quali il flagello e lo scettro, le corone atef Barone G. (1897): Il museo civico di Baranello, Pierro sostegno di reticelle di rivestimento, alcuni ed hedjet; nel copricapo atef spiccano poi le e Varaldi, Napoli amuleti protettivi. Nel nostro caso, la piastri- piume di struzzo, che indicano la funzione di Capriotti Vittozzi G. (2002): Gli oggetti egizi nelle na rappresenta Qebehsenuef, figlio di Horo e Osiride di giudice supremo dell’Aldilà. Il dio Marche dal periodo piceno a quello romano. In: Roc- cati A., Capriotti Vittozzi G. (a cura di): Tra le palme genio tutelare degli intestini. presenta poi la barba posticcia ricurva, em- del Piceno. Egitto terra del Nilo, Nencini Editore, Pog- blema del potere divino, in opposizione alla gibonsi, 209-223. Statuette bronzee di Osiride barba dritta, che invece simboleggia il potere Capriotti Vittozzi G. (1999): Oggetti, idee, culti egizi umano. nelle Marche. Dalle tombe picene al tempio di Treia, La collezione possiede, inoltre, due figurine Edizioni Tored s.r.l., Tivoli. osiriache di epoca tarda. Statuetta di Iside-Fortuna-Demetra Janes, G. (2002): Shabtis. A Private View. Ancient La prima, mal conservata, è di aspetto Egyptian Funerary statuettes in European private col- lections, Cybele, Paris. mummiforme: il dio indossa il copricapo atef, Fra i bronzi compare anche una piccola statua la corona formata da una mitra completata ai di Iside rappresentata con i tratti distintivi Lise G. (1988): Amuleti egizi, BeMa, Milano. lati da due piume di struzzo; sotto il mento è della Fortuna romana (inv. 545). La divini- Lise G. (1979): Museo archeologico: raccolta egizia, posta la barba posticcia. Le braccia si raccol- tà veste una tunica con scollo a V e maniche in AA.VV., Musei e gallerie di Milano, Electa, Milano. gono sul petto e le mani, congiunte l’una con corte fino al gomito, mentre un himation le Ranke H. (1935): Die altägyptischen Personenna- l’altra, stringono lo scettro heqa e il flagello scende dalla spalla sinistra e ricade panneg- men, J.J. Augustin, Glückstadt-Hamburg-New York. nekhekh. Una frattura irregolare si sviluppa giato davanti e, particolarmente, dietro. I trat- Sfameni Gasparro G. (1973): I culti orientali in Sicilia, poco sotto l’area plantare. ti del viso sono piuttosto sommari, i capelli E.J. Brill, Leiden. La seconda immagine rappresenta il dio, sono spartiti sulla fronte e raccolti dietro in

54 55 I reperti litici preistorici di Ettore Rufo

ra le “meraviglie” della collezione Barone che compongono il tesoretto del Museo TCivico di Baranello fanno timido capolino, dalle ibride vetrine costipate di oggetti d’ogni foggia ed epoca, alcuni manufatti litici preistorici. Ospitati in canti discreti all’interno delle vetrine XI e XXVII (fregiate di ben altro tenore di reliquie), essi consistono per la gran parte in cuspidi di selce, esposte, senza apparente attenzione all’uniformità, insieme a poche asce in pietra levigata e a una manciata di “più comuni” strumenti in pietra scheggiata.

Baranello, Museo Civico, veduta generale della vetrina XXVII

56 57 In basso: forse l’insieme contenuto nella vetrina XXVII, Baranello, Museo Civico, dettaglio della vetrina XXVII: i cui reperti si dicono provenienti dagli scavi Catalogo dei reperti asce in pietra levigata e cuspidi di Cuma; anche la collezione cumana sembra però includere elementi estranei (nel catalo- Vetrina XXVII La logica espositiva, tipologica-di-primo- go di Giuseppe Barone, ad esempio, una delle 8 elementi: 4 asce in pietra levigata, 2 punte di freccia, una lama, una punta/raschiatoio convergente. Ipotesi d’inquadramento: Paleolitico medio: punta/raschiatoio; Paleolitico superiore-Neolitico: lama; Neo- sguardo, risiede essenzialmente nell’accosta- quattro asce è inclusa nell’inventario della ve- litico: asce; Eneolitico: cuspidi. mento di forme simili (con rari elementi “in- trina XI). trusi”) e non sembra fondarsi su più precisi La provenienza dei reperti litici della vetri- 136: lama; mm 87x22x0,5 criteri associativi (di provenienza, di contesto, na XI (vertiginosa teca di «Bronzi, ferri, smal- 137: punta/raschiatoio a ritocco invadente semi-bifacciale; mm 62x30x11 di materia prima…). Si tratta di oggetti di mira- ti, dipinti, sculture, petrificazioni, armi silicee 151: ascia in pietra verde levigata; mm 56x31x10 bile fattura, “belli da vedere”, indubitabilmen- preistoriche, ed altri oggetti» [Barone, 1899]), 185: ascia in pietra levigata; smussature da utilizzo sul fronte attivo; mm 110x55x34 te raccolti, come da tendenza antiquaria otto- è, sulla carta, incerta: lo lamenta Stefano Gri- 186: punta a peduncolo e alette; mm 45x27x0,7 centesca, proprio per la loro attrattiva estetica; maldi nel suo censimento delle industrie prei- 187: ascia in pietra levigata; smussature da utilizzo sul fronte attivo; mm 48x29x11 purtroppo, però, il loro valore documentario è storiche del Molise (Grimaldi, 2005, p. 70); e 1045: ascia in pietra levigata, frammentata; mm 60x50x10 ca. limitato: come ordinariamente avviene per le lo stesso Barone, nella seconda edizione del ?: punta di freccia a peduncolo e alette; mm 45x15x0,6 raccolte sporadiche, anche di questi manufatti suo Catalogo, si limita a descrivere sommaria- Vetrina XI non è dato sapere molto. La tipologia, è vero, ci mente le «armi di pietra» senza far cenno alla 24 elementi: 16 punte di freccia, un frammento di punta, 2 asce in pietra levigata, 2 raschiatoi, 2 schegge aiuta a proporne un inquadramento nel tempo loro provenienza né ai canali di acquisizione (di cui una ritoccata), una lama. Ipotesi d’inquadramento: Paleolitico inferiore-medio: schegge e un ra- (pur orientativo); tuttavia, l’evidente natura (indicati probabilmente nell’introvabile – ma schiatoio (1046); Paleolitico medio (Musteriano): un raschiatoio (1050). Paleolitico superiore-Neolitico: selezionata della raccolta, la sua non accerta- esistente - prima edizione del 1897), curan- lama; Neolitico: asce; Eneolitico: cuspidi (n.1052 discorda dalle altre per tecnologia e tipologia). ta organicità e l’incerta provenienza della più dosi al contrario, nella nota di premessa dal parte dei manufatti impediscono passi ulterio- titolo «Armi e altri istrumenti litici» (pp.106- 1043: ascia in pietra levigata; mm 75x47x30 ri. 107), di sottolineare, con l’anelito internazio- 1044: ascia in pietra levigata; mm 173x79x26 Più organico, almeno geograficamente, è nalista proprio della cultura borghese di fine 1046: raschiatoio convergente; mm: 62x26x0,7 1047: scheggia; mm 71x36x0,7 1048: lama fratturata a ritocco marginale; mm 72x22x0,5 1049: scheggia ritoccata; mm 75x34x12 1050: raschiatoio convergente a ritocco scalariforme lungo; mm 58x34x0,9 1051: punta di freccia con peduncolo largo e alette asimmetriche; mm 62x25x0,7 1052: punta di f. con peduncolo e alette sviluppate, a ritocco unifacciale non coprente; mm 56x31x0,4 1053: punta di f. con peduncolo e alette, con encoche laterale; mm:55x19x0,8 1054: punta di f. sub-romboidale con peduncolo e alette accennate; dimensioni mm 20x15x0,5 1055: punta di f. incompleta; mm 46x21x0,9 1056: punta di f. a peduncolo e alette; mm 43x16x0,9 1057: punta di f. a peduncolo e alette sviluppate; mm 53x20x0,7 1058: punta di f. a peduncolo e alette; mm 45x18x0,6 1059: punta di f. sub-romboidale a peduncolo lungo e alette; mm 39x21x0,6 1060: punta di f. a peduncolo e alette (fratturata alla punta e alla base); mm 45x23x0,5 1061: punta di f. a peduncolo e alette poco sviluppate; mm 54x22x0,6 1062: punta di f. a peduncolo e alette, a faccia diedra; mm 37x17x0,7 1063: punta di f. a peduncolo e alette; mm 38x18x0,6 1064: punta di f. a peduncolo e alette; mm 33x16x0,6 1065: punta di f. a peduncolo e alette sviluppate; mm 35x17x0,4 1066: punta di f. a peduncolo e alette; mm 34x17x0,7 1067: punta di f. a peduncolo e alette; mm 24x13x0,6

58 59 Ottocento, come i suoi pezzi («[…] pietre sili- cee, grossolanamente scheggiate o levigate; […] scuri, accette coltelli, frecce e punteruoli. […] le primitive armi dell’umanità nascente […]») rammentino le migliaia di oggetti simili rinve- nuti «[…] in quasi tutti i paesi del mondo; sulle rive della Senna nella valle della Marna, in Nor- mandia, in Bretagna, nei bacini della Gironda e del Rodano. Se ne trovano pure nella valle del Po, nelle Romagne, nel Napoletano, nelle caver- ne ossifere della Sicilia, della Sardegna, della Li- guria occidentale, del Perugino e dell’Abruzzese […]». Col necessario sorriso della centenaria posterità leggiamo il seguito, in cui ammiria- mo una curiosità culturale che sfida l’aucto- ritas, non rinuncia al campanilismo nazio- nale né dissimula l’ironia nei confronti degli ottimati del classicismo, notoriamente suffi- cienti nei riguardi dei paletnologi, “analfabeti dell’Archeologia”: «Quindi contro la sentenza dell’illustre Mommsen “Nessun documento ci autorizza fino ad ora a credere, che l’esistenza della razza umana in Italia sia più antica del- la coltivazione del suolo e della fusione dei me- maggiore, quest’ultimo ritenuto compatibile Furono anche le loro ricerche ad alimentare la Nell’altra pagina: talli” convien ritenere, che l’Italia come tutto il con l’abitato di Santa Maria del Monte, datato curiosità di alcuni studiosi locali, tra i quali fi- Baranello, Museo Civico, vetrina XI. La targa esplicativa resto di Europa abbia avuto i suoi selvaggi, che all’età del Rame. Nulla vieta di credere che al- gura Giuseppe Barone. titola: “Bronzi-Ferri medioevali-Smalti-Dipinti-Sculture- Petrificazioni-Armi preistoriche, ed altri oggetti” prima dei metalli usarono delle pietre per armi cuni dei reperti di questo elenco, costituiti in Le raccolte amatoriali, sì salvifiche, erano ed ogni sorta di strumenti […]. Solamente il prevalenza da cuspidi, corrispondano a quelli però molto selettive e si orientavano preferen- In questa pagina: numero limitato delle armi di pietra trovate in conservati nel Museo di Baranello. È d’altra zialmente verso cuspidi e asce levigate, per- Baranello, Museo Civico, dettaglio della vetrina XI: Italia, e la bellezza del lavoro di esse, superio- parte noto come, al tempo delle raccolte di ché di bella foggia, ma forse anche in ragione punte di freccia, asce in pietra levigata e altri strumenti re a quelle degli altri popoli, può dar ragione a Giuseppe Barone, il Pigorini e il Nicolucci, sul- della credenza che i “fulmini caduti” avesse- in selce credere, come ben afferma il capitano Angelucci le pagine del neonato Bullettino di Paletnologia ro facoltà apotropaiche e cristalloterapiche: nel segno del magico: «In molti luoghi queste “che l’età della pietra in Italia fu di brevissima Italiana, registrassero il rinvenimento, nella scrive Giuseppe Bellucci (“Il feticismo primi- pietre silicee vengono chiamate “pietre del ful- durata, e che la non fu una selvatichezza tanto Provincia di Molise, di non pochi manufatti tivo in Italia, e le sue forme di adattamento”, mine” o per l’odore che spandono allorché le si selvaggia, quanto altrove». litici preistorici, molti dei quali finirono nel Perugia 1907): «[…] Si ritiene fermamente che rompono o le si soffregano, o perché si trovano È comunque sostenibile, prestando fede a Museo Nazionale Preistorico ed Etnografico le punte del fulmine rappresentate da armi o confuse talvolta con gli acroliti, ossia pietre ca- fonti non compiutamente documentate, che di Roma (oggi Museo Pigorini): «[…] Di questa utensili litici dell’epoca preistorica, preservi- dute dal cielo. Molti le conservano come amu- almeno alcuni dei manufatti provengano da provincia poche armi ed utensili in pietra, da no da ulteriori scariche fulminee il possessore, leti e talismani contro il fulmine, le burrasche e raccolte fatte nel territorio di Campobasso. me ricordati in alcune mie pubblicazioni, erano la sua casa, le persone e gli animali che vi sono gli uragani». Un recente scritto/intervista dello scopritore conosciuti fino al 1876, quando il Pigorini ne de- raccolti ed abbia perfino un raggio d’azione, che La selezione operata dagli appassionati di di Isernia La Pineta (Solinas, 2009) riporta un scrisse circa un altro centinaio che egli riuniva può estendersi a sette case»; lo stesso Giusti- fine Ottocento sulle raccolte di artefatti litici elenco di rinvenimenti molisani noti, distinti nel Museo Preistorico di Roma (Bullettino di niano Nicolucci riserva ad alcuni manufatti ha in conclusione fruttato, in molti casi, una per provenienza; tra essi spiccano, per numero Paletnologia Italiana 1876), fra i quali parecchi litici il termine “amuleti”. E Barone non è da sovrarappresentazione di limitati segmenti di elementi, gli insiemi di Baranello e Cerce- d’importanza non ordinaria» (Nicolucci, 1878). meno, quando chiude la sua già citata nota delle frequentazioni preistoriche locali.

60 61 Nell’altra pagina, in alto: Gli strumenti a ritocco piatto Incisione del XV secolo raffigurante “pietre del fulmine” Bibliografia che si abbattono su Ensisheim nel basso Reno La tecnologia del ritocco piatto a pressione (tratta da Alain Schnapp, La conquista del passato, 1994) Bagolini B. (1970): Ricerche tipologiche sul gruppo orientato alla produzione di punte inizia a dif- dei foliati nelle industrie di età olocenica della valle Nell’altra pagina, al centro: padana. Annali dell’Università di Ferrara, Sezione XV fondersi in Europa dal Paleolitico superiore Baranello, Museo Civico, vetrina XXVII: ascia in pietra – Paleontologia umana e paletnologia, I, II: 221-253. recente (20-11000 anni BP ca.): peculiari dei levigata complessi postgravettiani (Solutreano e Mad- Barone G. (1899): Il Museo Civico di Baranello. Ordi- daleniano in Francia, Epigravettiano in Italia) Nell’altra pagina, in basso: nato, descritto ed illustrato dall’architetto Giuseppe sono le punte a faccia piana e foliate e le punte Baranello, Museo Civico, vetrina XI: punte di freccia a Barone fondatore del medesimo. 2° edizione. Stabili- a cran. È però nelle industrie oloceniche che la peduncolo e alette mento Tipografico Pierro e Veraldi nell’Istituto Casa- presenza di tali oggetti diviene dominante: in nova, Napoli (1° ed. 1897). pieno Neolitico, in un periodo di intensi traffici In questa pagina: Bocquet A. (1994): Charavines il y a 5000 ans. La vie di selce padana verso sud e di intensificazione Baranello, Museo Civico, vetrina XI: lama (n. catalogo quotidienne dans un village néolitique au bord d’un della circolazione di ossidiana di Lipari e di pie- 1048) e punte (nn. 1052 e 1057) (disegni E. Rufo) lac des Alpes. Le Dossiers d’Archeologie, 199. tra verde, tramontati i tipi mesolitici, in Italia si diffondono sempre più, accanto ai manufatti in Ne è esempio la collezione Barone, che, se Cocchi Genick D. (1996): Manuale di Preistoria. Vol. pietra levigata, gli strumenti a ritocco piatto: le 3: L’Età del Rame. Octavo, Firenze, pp. 533-642. si escludono rari elementi più antichi (Paleo- facies dei vasi a bocca quadrata e di Catignano, poi quelle di Chassey-Lagozza e Ripoli, fino al litico), indirizza con poca approssimazione al Guidi A. & Piperno M. (a cura di) (1992): Italia prei- Neolitico finale, abbondano di punte di freccia Neolitico avanzato (cui sono da attribuire le storica. Editori Laterza, Roma-Bari (in particolare i capp. VII, IX-XIV). di diversa fattura, amigdalate, sessili, pedunco- asce levigate e, verosimilmente, alcune punte late, a base semplice o concava, a cran… Grazie e lame) e, primariamente, all’Eneolitico, illu- Grimaldi S. (2005): Nuove ricerche sul Paleolitico del anche all’introduzione di ritoccatoi in rame che strato dalle tipiche punte di freccia, talune for- Molise. Materie prime, industrie litiche, insediamen- integrano o sostituiscono quelli in osso, tale se confezionate su selce alloctona (Gargano?); ti. CERP, Collana Ricerche, 2, Isernia. tecnologia trova poi piena fioritura nell’Età del Rame (III millennio a.C.), caratterizzando sia le più specificamente esse trovano confronto Nicolucci G. (1878): Oggetti preistorici della provin- facies settentrionali sia quelle meridionali. Pun- nella facies del Gaudo, contiguamente docu- cia di Molise. Bullettino di Paletnologia Italiana, 4: te e raffinati pugnali a ritocco piatto contraddi- mentata nel beneventano, nel Matese campa- 65-68. Palma di Cesnola A. (1993). Il Paleolitico superiore in stinguono in particolare la facies del Gaudo (di no e, entro confine, nella bassa e alta valle del Italia. Garlatti & Razzai Ed., Firenze. cui è eponima la necropoli scoperta nel 1943 Volturno (Cocchi Genick, 1996; Rufo, 2011 e alle foci del Sele, in località Spina-Gaudo), pre- relativa bibliografia). Non è da escludere in- Pigorini L. (1876): L’età della pietra nella provincia di valentemente rappresentata in contesti fune- Molise. Bullettino di Paletnologia Italiana, 2: 119-125. rari della Campania (dal Monte Massico al Ci- condizionatamente, infine, la compatibilità lento) ma segnalata anche in Basilicata, Puglia, di alcuni elementi con orizzonti più recenti Pigorini L. (1887): Tombe neolitiche scoperte nel Co- basso Lazio, Molise e Calabria. All’inizio dell’E- (Bronzo antico). mune di Monteroduni in provincia di Campobasso. tà del Bronzo la produzione in pietra scheggia- Bullettino di Paletnologia Italiana, 13: 169-172. ta, in declino sul piano qualitativo (i manufatti Peroni R. (1994): Introduzione alla protostoria italia- sono di fattura grossolana rispetto a quelli ene- na. Editori Laterza, Roma-Bari. olitici), in termini quantitativi diviene seriale e orientata a forme standardizzate a lavorazione Rufo E. (2011): Note sulla preistoria dell’Alta Valle del bifacciale: pugnali a base semplice e a codolo, Volturno. ArcheoMolise, III, 8: 8-17. punte di freccia a base concava e diritta o con peduncolo e alette. Nel corso del Bronzo medio Schnapp A. (1994): La conquista del passato. Alle questa produzione cade in disuso, fino a scom- origini dell’Archeologia. Arnoldo Mondadori Ed., Mi- lano (ed. or.: La conqête du passé. Aux origines de parire del tutto, soppiantata dalla lavorazione l’archéologie. Editions Carré, Paris, 1993). dei metalli; sopravvive invece la manifattura di oggetti in pietra levigata, che, vitale per tutta la Solinas A. (2009): Molise: note di archeologia e protostoria, fa da complemento alla produzio- paleontologia. http://www.veja.it/2009/06/30/ ne metallurgica. molise-note-di-archeologia-e-paleonologia/

62 63 Baranello, Museo Civico, vetrina XII, primo ripiano Nicola Somma, Giovane contadina, fine XVIII il presepe napoletano di Giuseppina Rescigno

Breve storia del collezionismo del sizione presepiale, formata da poche statuet- presepe napoletano te, in imponenti apparati scenografici che ab- bondano di personaggi, rappresentazioni rea- Le origini della produzione artistica di sta- listiche e minuziose di luoghi, sfoggio di ric- tuette per la composizione di scene raffigu- chezza e qualità dei costumi. Trasformazione ranti la Natività è antica e va collegata alla cui contribuì in modo decisivo l’introduzione tradizione medievale della Sacre Rappresen- dell’utilizzo dei manichini: figure articolate tazioni. La produzione di figure a tutto tondo formate da un’anima di ferro dolce ricoperta in terracotta era diffusa nell’intera penisola di stoppa, con arti in legno e testa in terracot- italiana, Napoli compresa, dove, tra Quattro- ta policroma, delle quali si poteva modificare cento e Cinquecento, sono documentati alle- a piacimento l’atteggiamento. stimenti di presepi in ambito religioso, in par- A partire dalla fine del Seicento, ma soprat- ticolare presso i monasteri cittadini. tutto nel corso del Settecento, il presepe di- La nascita del fenomeno del collezionismo venta a Napoli un fenomeno soprattutto laico, vero e proprio si ha solamente in epoca baroc- una vera e propria moda tra le famiglie nobi- ca, quando lo spirito religioso, che pervade la li e agiate che gareggiano nella realizzazione volontà di ricomporre visivamente i luoghi e i dell’apparato più ricco e grandioso, spesso ri- personaggi della Natività, incontra la sensibi- correndo alla consulenza di architetti, pittori lità laica e mondana del nuovo secolo. Il gusto e scenografi nelle scelte di allestimento. Na- teatrale, che si diffonde in tutte le manifesta- sce un nuovo ramo del collezionismo aristo- zioni artistiche, trasforma la semplice compo- cratico, cui è destinato un notevole impegno

64 65 di tempo e denaro, come dimostrano non solo mi elenchi di nomi di autori. Nel 1896 Anto- dicato, era assiduo frequentatore e profondo Nell’altra pagina: i documenti dell’epoca, ma anche i racconti nio Perrone, collezionista di presepi, pubblica conoscitore dell’ambiente del collezionismo Baranello, Museo Civico, vetrina XII, secondo ripiano, dei viaggiatori che narrano con entusiasmo e Cenni storici sul presepe, che rappresenta il napoletano. Un’attività che ha svolto ininter- visione d’insieme. stupore la ricchezza e lo sfarzo dei presepi al- primo tentativo di definire le specifiche sti- rottamente per tutta la vita sulla scia del suo In questa pagina, a sinistra: lestiti nei grandi saloni delle case patrizie. listiche degli artisti del presepe napoletano, amico e committente Placido di Sangro, Duca Baranello, Museo Civico, vetrina XII, primo ripiano Per elevare il valore artistico delle composi- diventando così per molto tempo testo di ri- di Martina. Lorenzo Mosca, Paggetto, seconda metà XVIII zioni sono chiamati a realizzare i personaggi e ferimento per gli specialisti del settore nell’at- I rapporti stretti che intercorrevano tra i In questa pagina, a destra: le figure presepiali anche artisti di grido, nor- tribuzione dei pezzi. due sono testimoniati dai disegni di progetti Baranello, Museo Civico, vetrina XII, primo ripiano malmente impegnati nella plastica monumen- Tra i nomi ricorrenti nei pochi documenti realizzati dall’architetto molisano su commis- Giuseppe Gori, Nero dragomato, fine XVIII/inizi XIX tale, come Giuseppe Sanmartino, e ben presto dell’epoca e nei cataloghi ottocenteschi spic- sione del Duca, conservati presso il Museo, alcuni scultori si affermano quali veri e propri cano Francesco Celebrano, Felice e Matteo e dal Monumento al Cacciatore, dedicato alla nista molisano è testimoniata da un confronto specialisti del genere. Bottiglieri, Lorenzo Mosca, Gennaro Sanmar- memoria del figlio suicidatosi per una delu- stretto tra i pezzi del fondo Barone del Museo Nell’Ottocento il collezionismo aristocra- tino e Saverio e Nicola Vassallo. sione d’amore. Il monumento fu fatto innalza- Civico di Baranello e quelli della sua Colle- tico è affiancato e presto superato da quello re nel 1886 da Placido e sua moglie su proget- zione de Sangro, fondo costitutivo del Museo borghese, che si distingue per una maggiore Barone collezionista e il rapporto con to di Barone nei pressi del Casino di famiglia Duca di Martina a Napoli, con evidenti diffe- attenzione al singolo pezzo e all’identificazio- Placido di Sangro a Mottola e venne distrutto dalla caduta di un renze di quantità legate alle differenti possibi- ne dell’autore. Non a caso, già nella seconda fulmine nel 1974. lità economiche dei due collezionisti. metà dell’Ottocento, a partire dal Catalogo dei È in questo contesto che si colloca l’attività Il Duca di Martina, dopo la morte del figlio, pezzi presepiali esposti all’Esposizione Na- di collezionista di Giuseppe Barone, il quale, si trasferì a Parigi dove si dedicò completa- I pezzi del museo di Baranello zionale di Belle Arti del 1877 e dal Catalogo come dimostrano la qualità e la varietà dei mente alla sua attività di collezionista. L’in- del Museo Filangieri del 1888, si hanno i pri- pezzi esposti ancora oggi nel Museo a lui de- fluenza che egli ebbe sulle scelte del collezio- I manichini del presepe napoletano della Col-

66 67 lezione Barone sono esposti nella vetrina XII to in stampa proprio in quegli anni e ancora to di personaggi raffiguranti le diverse razze Nell’altra pagina: del Museo. Si tratta di 18 pezzi raffiguranti oggi ritenuti tra i maggiori esponenti del ge- dell’Impero Ottomano. Particolarmente sfar- Baranello, Museo Civico, vetrina XII, secondo ripiano diversi tipologie di personaggi, di animali e di nere: Nicola Somma, Lorenzo Mosca, Giusep- zosa è la vestitura della statuina, arricchita da Giacomo Colombo, Angelo, inizio XVIII vegetali. pe Gori, i Bottiglieri, gli Ingaldi e i Vassallo. una collana di perle e da ricami d’oro. Sotto il In questa pagina: L’intento squisitamente collezionistico ed Le figure sono distribuite nei primi due ri- turbante in seta il capo pelato presenta sulla Baranello, Museo Civico, vetrina XII, secondo ripiano erudito di Barone è attestato dalla scelta di ac- piani della vetrina. Sul ripiano più alto sono sommità apicale il codino, obbligatorio a Na- Nicola Somma, Mandriano, fine XVIII quistare solo alcuni pezzi sciolti, senza mirare esposti, in ordine: poli per i cosiddetti “levantini” (schiavi tor- a una ricostruzione di scene o episodi tipici la giovane contadina, vestita con corpetto nati liberi). L’attribuzione da parte di Barone la statuetta del contadino caratterizzata della tradizione presepiale napoletana. e maniche in tessuto celeste, gonna rossa e a Giuseppe Gori può considerarsi attendibile dallo stesso forte espressionismo, elemento di È evidente, nella scelta espositiva, che Ba- grembiule a fasce bianche e il giovane conta- per il naturalismo e l’attenzione ai dettagli reminiscenza sanmartiniana proprio dello sti- rone vuole mostrare al visitatore un campione dino benestante con il corpetto in seta bianca che il modellatore ereditò dal maestro, Giu- le di Nicola Somma, a cui il Barone attribuisce della vastissima produzione del genere, che con applicazioni e ricami, giacca in lissato di seppe Sanmartino. il pezzo; ne rappresenti la varietà nei soggetti (i conta- seta blu e pantaloni in seta damascata rossa, Le figure presenti sul secondo ripiano sono: il gobbo, le cui parti modellate e scolpite dini, ma anche il paggetto suonatore e il nero entrambi attribuiti dal Barone a Nicola Som- una figura di contadina, le cui parti model- sono riferite, nell’Inventario, a tal “Battista”, dragomato, gli animali sia in legno sia in terra- ma, modellatore attivo tra la seconda metà del late e scolpite sono anche esse attribuite alla modellatore di cui non sono state rinvenute cotta ma anche i vegetali) e negli autori. XVIII secolo e il 1817; mano di Nicola Somma. L’espressionismo pro- notizie nella bibliografia relativa. La figura L’esposizione, infatti, mostra come Barone il paggetto dal ricco abbigliamento, indica- prio della produzione del presepista napoleta- può comunque considerarsi opera del tardo abbia scelto di acquistare le opere degli auto- to dal Barone come opera di Lorenzo Mosca, no è evidente nella resa dei tratti fisionomici Settecento per la resa realistica del volto e ri più “accreditati” in quel momento sul mer- uno dei massimi esponenti del genere, attivo a e nel realismo delle mani. Di particolare inte- delle mani e per il tipo di abbigliamento; cato dell’antiquariato, dei quali nell’inventa- Napoli tra il 1721 e il 1789; resse è la presenza dei cosiddetti “finimenti”, il mandriano con in mano il secchio del lat- rio cita con attenzione i nomi. Sono gli stessi il “nero dragomato”, figura tipica del prese- la gabbietta e il paniere, elementi cui si deve te, attribuita dal Barone a Nicola Somma, che nomi riportati dal Perrone nel suo testo anda- pe napoletano del Settecento, spesso affolla- gran parte del fascino del presepe napoletano; presenta elementi di grande interesse sia nel forte espressionismo del volto che nell’atten- zione ai dettagli delle vesti: il cappello, la bor- sa e le ciocie in cuoio, il corpetto e le brache in tela di cotone (tipo jeans), il gilet in tessuto di lana a lungo pelo; il vecchio signore del contado, attribuita da Barone a un Bottiglieri. Si tratta molto proba- bilmente di Matteo, allievo di Lorenzo Vacca- ro, attivo a Napoli soprattutto come scultore in marmo e stucco. La sua abilità nella ritrat- tistica, per la quale fu il più noto a Napoli nel- la prima metà del Settecento con Domenico Antonio Vaccaro, è riconoscibile anche nella sua attività di presepista, come mostra la forte caratterizzazione fisionomica delle sue sta- tuette; il piccolo puttino di particolare bellezza e valore artistico, intagliato in legno policromo, attribuito dal Barone a Giacomo Colombo, scultore di marmo e legno attivo nelle provin- ce del Viceregno tra la fine del XVII e gli inizi del XVIII. È documentata anche la sua attivi-

68 69 A destra: Baranello, Museo Civico, vetrina XII, secondo ripiano Francesco Gallo, Mucca, fine XVIII tà di intagliatore di figure del presepe, come nel caso del presepe della chiesa di Santa Ma- ria in Portico, di cui fanno parte due ritrat- ti dal vero di personaggi popolari. La mano esperta dell’intagliatore è chiaramente rico- noscibile anche nel piccolo angelo di Baranel- lo, in particolare nel trattamento dei capelli e del piumaggio delle ali. Nella vetrina, sul secondo ripiano, sono esposte inoltre una serie di piccole sculture raffiguranti animali, provenienti anch’esse da composizioni presepiali napoletane: la pecora sdraiata che, si afferma nell’In- ventario, fu scolpita in legno di tiglio da Sa- verio Vassallo. In effetti la bottega dei fratelli Vassallo, figli dello scultore Onofrio, fu attiva principalmente nel campo dell’animalismo presepiale. Molte sono le piccole figure prove- nienti dalla bottega che possono confrontarsi con la pecora di Baranello, ma in particolare il confronto si fa stretto con la pecora attribuita dal Borrello a Nicola Vassallo: stessa postura e stesso modo di rendere le pieghe del vello; un agnello per il quale il Barone riporta come autore un tal “Sarno”. La bibliografia riferisce l’attività di due modellatori con que- sto cognome: Luigi, attivo nella seconda metà plare di Baranello conferma la tendenza pro- re a quale di questi modellatori possa riferirsi del XVIII sec., e Giuseppe, scultore in legno e pria del Gallo a trascendere la realtà per giun- la realizzazione della figura in questione, che Bibliografia modellatore di cui si hanno notizie tra 1757 e gere a una resa poetica del mondo animale; presenta comunque uno stretto legame con Barone G. (1899): Il Museo civico di Baranello ordi- nato, descritto ed illustrato dall’architetto Giuseppe 1789. Difficile stabilire a quale delle due mani le due caprette, riferite da Barone sempre a una coppia di caprette pubblicate da Borrelli Barone. Stabilimento tipografico Pierro e Veraldi, appartenga l’opera in questione, che comun- Francesco Gallo. Significativo è in questo caso (tav. 60) e firmate da Edoardo Ingaldi. Napoli. que rileva una grande attenzione alla resa na- il confronto con gli animali della raccolta Per- Catello E. (1991): Il presepe napoletano del Settecen- to. Gruppo Editoriale Fabbri, Milano. turalistica dell’animale; rone attribuiti al Gallo e pubblicati dalla Pic- I pezzi qui brevemente descritti, se non Piccoli Catello M. (a cura di) (1991): Il presepe napo- una statuetta raffigurante una “mucca sdra- coli Catello. La capretta con numero di inven- esauriscono completamente il panorama della letano. Napoli. iata in atto di muggire”, la cui attribuzione a tario 1086 è in stato frammentario; produzione presepiale napoletana tra Sette- Mancini F. (1993): I pastori napoletani del Settecento nelle raccolte. Di Mauro Editore, Sorrento. Francesco Gallo è confermata dal confronto uno stambecco citato dal Barone come ope- cento e Ottocento, certo raggiungono l’intento Borrelli G. (2001): Personaggi e scenografie del pre- con l’opera di stesso soggetto della raccolta ra di tal Ingaldi. In realtà la bibliografia riferi- dell’architetto Barone di offrirne indicazioni sepe napoletano. Napoli. Perrone pubblicata dalla Piccoli Catello. Il sce di varie personalità appartenenti alla stes- e tratti principali a chi, per lontananza geo- Catello R. (2005): Collezionismo e collezionisti. In: Gallo fu modellatore della Real Fabbrica e per sa famiglia Ingaldi, dedite alla realizzazione grafica dal principale centro di produzione, Museo Nazionale di San Martino: Il presepe: le colle- zioni del Museo di San Martino Napoli. Electa Napoli, questo considerato “dilettante” come autore di statuette per presepi: Aniello, Nicola, Vin- allora difficilmente colmabile, non ne avrebbe Napoli, 37-45. di animali per il presepe. Lo splendido esem- cenzo, Raffaele, Edoardo. Difficile individua- altrimenti avuto possibilità di conoscenza.

70 71 porcellanele di Gabriella Di Rocco

urono i Portoghesi – ‘porcelana’ in portoghese sta per ‘vasellame’ – che per Fprimi importarono in Europa questi manufatti dalla Cina, dove in tempi remoti, probabilmente già intorno al VII secolo d.C., si inventò questo particolare tipo di materiale; dalla Cina la fabbricazione della porcellana giunse in Giappone, di cui sono particolarmente note le porcellane in stile Kakiemon e Imari.

Già Marco Polo, al rientro dal suo lungo sog- fattura a Firenze ed ottenendo, con l’aiuto di giorno in Estremo Oriente nel XIII secolo, ebbe artisti provenienti dal Levante e di personale a scrivere una relazione sulla porcellana por- specializzato di Faenza e Urbino, una pasta di tando in Europa un tipo di proto-porcellana, porcellana ‘tenera’, detta per l’appunto ‘porcel- una ceramica dall’impasto duro verniciata di lana medicea’, la quale produzione, però, s’in- bianco. terruppe con la morte di Francesco. A partire dalla seconda metà del XVI secolo, Agli inizi del XVIII secolo, dietro la forte grazie alla mediazione della Compagnia Olan- spinta dell’Elettore di Sassonia Augusto il Forte, dese delle Indie, i mercati europei conobbero lo scienziato tedesco, il diciottenne Friedrich e apprezzarono i manufatti in porcellana che Böttger, e il fisico Walther von Tschirnhaus ri- venne definita ‘oro bianco’, divenendo un pro- uscirono, dopo innumerevoli tentativi, a rico- dotto di lusso molto ricercato dalle corti di tutta struire la formula della porcellana: a Meissen, Europa. Da quel momento scienziati e chimici nei pressi di Dresda, si avviò così la produzione del Vecchio Continente tentarono di scoprire di questi costosi e pregiati manufatti realizzati la ricetta dell’impasto, di carpirne i segreti di ad imitazione di quelli levantini. fabbricazione, ma senza successo. Ci provaro- A partire dal 1730 anche i Francesi avviarono Baranello, Museo Civico, vetrina XVI: piatto in no Cosimo I de’ Medici e suo figlio Francesco, la propria manifattura a Chantilly, per volontà porcellana, fabbrica di Meissen noto alchimista, installando una piccola mani- del Duca di Borbone, fervente collezionista di (foto SBSAE Molise).

72 73 In questa pagina, in alto: porcellane giapponesi. Nel 1738 gli artigiani di Baranello, Museo Civico, vetrina XVI: piatto in Chantilly fondarono la manifattura di Sèvres, porcellana, fabbrica di Meissen (foto SBSAE Molise). presso il castello di Vincennes, e la stessa fami- In questa pagina, in basso: glia reale garantì un contratto di esclusiva per Baranello, Museo Civico, vetrina XVI: piatto in la produzione di porcellana in Francia. porcellana, fabbrica di Meissen (foto SBSAE Molise). Proprio in quello stesso anno, nel 1738, Car- Nell’altra pagina: lo III di Borbone, re di Napoli, aveva sposato Baranello, Museo Civico, vetrina XVI: tazza e piattino in Maria Amalia, nipote di Augusto il Forte, e di lì porcellana, fabbrica di Sèvres (foto SBSAE Molise). a poco, nel 1743, decise di avviare una fabbrica di porcellane anche a Napoli, la celebre mani- fattura della Real Fabbrica di Capodimonte. A questo scopo il sovrano assunse i migliori scien- ziati e artisti in circolazione a quel tempo, i chi- mici Schepers, il decoratore Giovanni Caselli e il modellatore Giuseppe Gricci. Nel 1771, suo figlio ed erede al trono, Ferdi- nando IV, contro la volontà del padre che nel 1759 aveva dismesso la Real Fabbrica parteno- pea per trasferirla interamente a Madrid, avviò la produzione della Real Fabbrica Ferdinandea. Secondo la studiosa Angela Caròla Perrotti, la produzione ferdinandea si divide in tre periodi ben distinti: il primo, di avvio, dal 1771 al 1780, il secondo dal 1780 al 1799, il terzo, più difficile, dal 1800 al 1806. Il primo periodo vide in azione il pittore e scultore Francesco Celebrano nelle vesti di direttore artistico e Tommaso Perez in quelle di direttore amministrativo. Nel secon- do periodo la produzione della fabbrica toccò il suo massimo splendore: alla fine del 1779 il defunto Tommaso Perez venne sostituito dal marchese Domenico Venuti. Costui, uomo di grande cultura e di ancor più grande tempera- mento, si assunse l’onere anche della direzio- ne artistica, oltre che di quella amministrativa, della fabbrica; grazie alla personalità di Venuti, al suo gusto e alle sue competenze, la fabbrica di Capodimonte assurse a livelli mai più eguaglia- ti. Nel ventennio che precede gli anni travagliati della Rivoluzione Partenopea del ‘99 vennero, infatti, realizzati servizi da mensa e riprodu- zioni di opere d’arte, particolarmente di quelle che venivano alla luce negli scavi di Pompei ed Ercolano, di altissima qualità e pregio.

74 75 Se la porcellana cosiddetta ‘dura’, tipica terno delle teche XIV, XV, XVI, XVII e XVIII fabbrica di Meissen, datato alla metà del XVIII Nell’altra pagina: dell’Oriente e del nord Europa, si caratterizza della seconda sala, una straordinaria quanti- secolo; l’alto livello decorativo, con il delicatis- Baranello, Museo Civico, vetrina XVI: tazza in per un impasto a base di caolino, feldspato e tà di porcellane, oltre 300, delle più svariate simo motivo a tulipano, pone questo oggetto tra porcellana, fabbrica di Sèvres (foto SBSAE Molise). acqua, la porcellana ‘tenera’ privilegia, invece, fogge e provenienze. Per brevità non potremo i più raffinati della collezione di porcellane del In questa pagina, in alto: il gesso al posto del caolino e contraddistingue soffermarci capillarmente su ciascun oggetto, Museo Civico di Baranello. Baranello, Museo Civico, vetrina XVI: piattino in particolarmente la produzione partenopea. I ma, nell’auspicio di poter presto avviare la com- Alla manifattura tedesca appartengono altri porcellana, fabbrica di Sèvres (foto SBSAE Molise). processi di lavorazione delle due tipologie sono pilazione del nuovo e aggiornato catalogo delle magnifici piatti della vetrina XVI, tra cui quelli In questa pagina, in basso: differenti: nella porcellana ‘dura’ la coperta, mi- opere del Museo Civico ‘G. Barone’, di cui si con tesa a rilievo decorati con fiori policromi, Baranello, Museo Civico, vetrina XVI: tazza e piattino in scela a base di ossido di stagno che ricopre il avverte grande necessità, proporremo al lettore su imitazione giapponese, e bordati in oro. Tra porcellana, fabbrica di Sèvres (foto SBSAE Molise). manufatto, diviene in cottura un tutt’uno con la alcuni particolari reperti, esemplificativi della questi particolarmente significativo è il piatto pasta e i decori pittorici appaiono ‘sopra coper- varietà e della qualità della splendida raccolta con marchio di fabbrica, due spade incrociate ta’, mentre nella porcellana ‘tenera’ essa rima- Barone. in azzurro poste sul retro ad indicare la ‘M’ di ne sempre distinta dal biscotto e le decorazioni Il piatto con decorazione floreale in oro su Meissen (inv. 1310), grazie al quale è possibi- vengono assorbite dalla pasta apparendo quindi fondo bianco e motivo geometrico a rilievo di- le confermare la cronologia del piatto stesso, ‘sotto coperta’. sposto sulla tesa (inv. 1307), posto nella vetrina il periodo compreso tra il 1725 e il 1763 in cui La collezione ‘Giuseppe Barone’ ospita, all’in- XVI, è uno dei più pregevoli esemplari della presso la fabbrica tedesca era in uso questo tipo

76 77 In alto: documentata nella collezione di Baranello. Baranello, Museo Civico, vetrina XVII: piatto in La tazza a fondo bianco decorata con mazzet- porcellana di manifattura giapponese (foto SBSAE ti di piccoli, delicati fiori colorati e orlata da un Molise). bordo in oro a denti di lupo (inv. 1321) della ve- Nell’altra pagina: trina XVI è datata al 1761, cronologia che trova Baranello, Museo Civico, vetrina XVII: bottiglia in conferma nella presenza della lettera ‘I’ che si porcellana di manifattura cinese (foto SBSAE Molise). affianca al marchio di fabbrica, due ‘L’ incro- di marchio. ciate in azzurro. È noto, infatti, che dal 1753, Di grande suggestione altri due piatti della quando Luigi XV diviene il principale azionista medesima manifattura, anch’essi provvisti di della manifattura di Sèvres, vennero inserite le marchio sul retro (inv. 1318-1319), caratterizza- lettere alfabetiche per indicare l’anno di esecu- ti dal bordo ondulato e dalla tesa interamente zione. Il motivo decorativo, i mazzetti di fiori traforata a motivi geometrici e floreali, deco- policromi isolati sulla superficie del manufatto, rati con grossi fiori policromi su fondo bianco, sono tipici di questa fase della fabbrica france- esposti sempre nella vetrina XVI. se, gli anni Sessanta del XVIII secolo. Anche la manifattura di Sèvres è ampiamente Il piatto e la tazza a fondo blu (inv. 1340),

78 79 esposti nella vetrina XVI, costituiscono un ospita, tra gli altri oggetti, anche una bottiglia Nell’altra pagina, in alto: unicum tra le porcellane della collezione Ba- di manifattura cinese (inv. 1369), ascritta al tar- Baranello, Museo Civico, vetrina XIV: piatto in rone. I decori bianchi a rilievo sul fondo oro do periodo della dinastia Ming, caratterizzata porcellana della Real Fabbrica di Capodimonte (foto SBSAE Molise). della tesa del piatto impreziosiscono l’intenso da piede ad anello, corpo sferico e lungo collo e splendente bleu de roi, creazione del chimico con bocca svasata; in intenso blu cobalto sono Nell’altra pagina, in basso: Hellot e peculiare della manifattura di Sèvres realizzate le volute di fiori e foglie di loto che Baranello, Museo Civico, vetrina XIV: piattino e tazza in porcellana della Real Fabbrica di Capodimonte. alla metà del XVIII secolo; la tazza a forma di ornano il corpo della bottiglia, mentre sul collo, elmo con decori vegetali a rilievo in bianco e nello stesso colore, campeggiano rami di fiori In basso: oro reca un’ansa a tralcio terminante con una di pruno e foglie di platano. Baranello, Museo Civico, vetrina XV: tazzina in testa di rapace. Non possiamo chiudere questa breve disami- porcellana della Real Fabbrica Ferdinandea (foto SBSAE Molise). Nella medesima vetrina trova posto un altro na sulle porcellane della collezione Barone sen- esemplare di manifattura francese di altissimo za fare riferimento, seppur in sintesi, ai magni- livello qualitativo: un piattino con tazza (inv. fici reperti della Real Fabbrica di Capodimonte 1349) caratterizzati da un particolare disegno e della Real Fabbrica Ferdinandea. a girandola costituito da nastri azzurri su cui si Di grandissimo pregio la serie di piatti, di cui trovano motivi floreali dorati a rilievo alternati qui mostriamo un esemplare (inv. 1159) esposto a fiori policromi su fondo bianco lungo il bordo nella vetrina XIV, databili, in base ai confron- e su fondo giallo verso il centro. ti stilistici, alla metà del XVIII secolo. Questi È stato detto inizialmente che le porcella- piatti, bordati in oro, recano sul fondo una raf- ne europee del XVIII secolo, in primis quella finatissima decorazione a fiori lilla e rossi di sassone e quella francese, presero a model- spiccata imitazione orientale. lo il vasellame importato copiosamente dalla Nella stessa vetrina sono visibili anche una Cina e dal Giappone; lo dimostra il fatto che tazza con piattino (inv. 1168) bordati da fregi tra i manufatti europei traspare nitido il gusto dorati e impreziositi da raffigurazioni antropo- per i motivi decorativi del Sol Levante, come morfe: una Venere dai vivaci colori assisa sulla i colorati e sinuosi motivi floreali, e che l’eso- conchiglia, sul fondo del piatto, e una scena di tismo orientale si traduceva, lo abbiamo visto, vita cortigiana immersa in un bucolico paesag- Bibliografia con un uso amplissimo di metalli preziosi, in gio dai toni romantici, sulla tazzina, elemento Barone G. (1897): Il Museo Civico di Baranello ordi- nato, descritto ed illustrato dall’architetto Giuseppe particolare dell’oro, impiegati assai spesso per questo caratteristico delle porcellane di Capo- Barone. Napoli. le decorazioni. dimonte; la decorazione pittorica, mediante i Eriksen S., de Bellaigue G. (1987): Sèvres porcelain: Vincennes et Sèvres 1740-1800. London. La raccolta di Baranello conserva anche mol- confronti con un grande esemplare conservato Mottola Molfino A. (1977): L’arte della porcellana in ti esemplari di provenienza orientale, cinese e presso il Museo Duca di Martina di Villa Flo- Italia. Busto Arsizio. giapponese, che, indubbiamente, l’architetto ridiana a Napoli, è stata attribuita al celebre Parca S. (2005): Schede OA, Soprintendenza per Barone doveva aver acquistato tramite i suoi pittore Giovanni Caselli. i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Molise numerosi contatti con i mercanti e gli antiqua- Per concludere, proponiamo al lettore un Perrotti A.C. (1978): La porcellana della real fabbrica Ferdinandea (1771-1806). Napoli. ri partenopei. ultimo, pregevole oggetto in porcellana, una Rescigno G. (2006): Schede OA. Soprintendenza Il delizioso piatto con decorazioni rosse, blu deliziosa tazzina realizzata dalla Real Fabbri- per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del e oro (inv. 1363) della vetrina XVII mostra una ca Ferdinandea, una delle molteplici presenti Molise. Rossi P. (1981/1983): Schede OA. Soprintendenza scena di paesaggio giapponese, tipica dello stile nella collezione Barone, conservata nella ve- per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Imari: al centro rocce da cui spuntano crisan- trina XV (inv. 1277) e decorata con una greca Molise. temi e bambù, sulla tesa rami di grosse peonie in nero su fondo rosso e una metopa centrale Schnorr Carolsfeld von L. (1974): Porzellan der Euro- paischen Fabriken. Braunschweig. alternati a zone decorate con motivi geometri- dorata dove una figura femminile in costume si Stazzi F. (1972): Capodimonte. Milano. ci. Ma non solo piatti in porcellana orientale staglia su un bel paesaggio lacustre. sono presenti qui a Baranello. La vetrina XVII E allora buona visione!

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di Nicola Niro

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