ISSN: 1013-8099

Commissione Internazionale per la protezione delle acque italo-svizzere

Ricerche sull’evoluzione del Lago Maggiore Aspetti limnologici

Programma triennale 2013 - 2015 Campagna 2014 a cura di Giuseppe Morabito

Consiglio Nazionale delle Ricerche Istituto per lo Studio degli Ecosistemi Sede di Pallanza

ISSN: 1013-8099

Commissione Internazionale per la protezione delle acque italo-svizzere

Ricerche sull'evoluzione del Lago Maggiore Aspetti limnologici

Programma triennale 2013 - 2015 Campagna 2014

a cura di Giuseppe Morabito

Consiglio Nazionale delle Ricerche Istituto per lo Studio degli Ecosistemi Sede di Verbania Pallanza

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I dati riportati nel presente volume possono essere utilizzati purché se ne citi la fonte come segue: C.N.R.-I.S.E. Sede di Verbania. 2015. Ricerche sull'evoluzione del Lago Maggiore. Aspetti limnologici. Programma triennale 2013-2015. Campagna 2014. Commissione Internazionale per la protezione delle acque italo-svizzere (Ed.): 103 pp.

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INTRODUZIONE ...... 5 PREFAZIONE ...... 5 INQUADRAMENTO GEOGRAFICO ...... 6 MODALITÀ DI CAMPIONAMENTO E METODI DI ANALISI ...... 7 UNITÀ DI MISURA ...... 8 1. IDROLOGIA E CLIMA. APPORTI QUANTITATIVI A LAGO: PIOGGE, PORTATE E COEFFICIENTE DI DEFLUSSO ...... 9 1.1. CARATTERISTICHE IDROLOGICHE ...... 9 1.1.1. Pluviometria del bacino imbrifero ...... 9 1.1.2. Deflussi ...... 14 2. IL MESCOLAMENTO INVERNALE DEL LAGO: DIPENDENZA DALLA METEOROLOGIA LOCALE, DALLE OSCILLAZIONI OCEANICHE NORD‐ ATLANTICHE (NAO) E DAI CAMBIAMENTI CLIMATICI GLOBALI ...... 18 2.1. CONTENUTI CALORICI, TEMPERATURA, OSSIGENO E STABILITÀ TERMICA NELLE ACQUE DEL LAGO MAGGIORE NELL’ANNO 2014 ...... 18 2.1.1 Profondità di mescolamento ...... 18 2.2. ASPETTI DELLA DINAMICA DEL LAGO MAGGIORE CONDIZIONATI DAL CLIMA ...... 22 2.2.1 Rapporto tra temperatura dell’aria e dell’acqua ...... 22 2.2.2 Contenuto di calore ...... 22 2.2.3 Profondità di mescolamento ...... 24 2.2.4 Concentrazioni dell’ ossigeno ipolimnico ...... 24 2.2.5 Stabilità termica ...... 25 2.2.6 Rapporti tra gli indici M, NAOW e Trend ...... 25 2.2.7 Conclusioni ...... 26 BIBLIOGRAFIA ...... 26 3. INDAGINI SULL’EVOLUZIONE DEL POPOLAMENTO ZOOPLANCTONICO: CONFRONTO CON I DATI PREGRESSI ANCHE ALLA LUCE DELLE MUTATE CONDIZIONI METEO‐CLIMATICHE...... 28 BIBLIOGRAFIA ...... 35 4. CARATTERISTICHE STRUTTURALI DELLE ASSOCIAZIONI FITOPLANCTONICHE NEL LAGO MAGGIORE ED EVOLUZIONE STAGIONALE DEI POPOLAMENTI...... 37 4.1. STRUTTURA DEI POPOLAMENTI FITOPLANCTONICI ...... 37 4.2 VARIAZIONI DELLA BIOMASSA ALGALE ...... 39 BIBLIOGRAFIA ...... 41 5. IL CARBONIO ORGANICO NEL LAGO MAGGIORE: TENDENZA EVOLUTIVA, ORIGINE E CARATTERISTICHE QUALITATIVE ...... 43 5.1 CARBONIO ORGANICO TOTALE (TOC, TOTAL ORGANIC CARBON) ...... 43 5.2 PARTICELLE ESOPOLIMERICHE TRASPARENTI (TEP, TRANSPARENT EXOPOLYMERIC PARTICLES) ...... 45 5.3 SOSTANZA ORGANICA CROMOFORICA DISCIOLTA (CDOM, CHROMOPHORIC DISSOLVED ORGANIC MATTER) ...... 48 BIBLIOGRAFIA ...... 50 6. PRESENZA E DISTRIBUZIONE DI BATTERI ANTIBIOTICO‐RESISTENTI NELLE ACQUE DEL LAGO MAGGIORE ...... 51 6.1 VALUTAZIONE DELLA PRESENZA DI GENI DI ANTIBIOTICO-RESISTENZA (ABR) NELL’ANNO 2014 ...... 52 6.2 QUANTIFICAZIONE DEI GENI DI RESISTENZA ...... 55 BIBLIOGRAFIA ...... 58 7. EVOLUZIONE STAGIONALE E A LUNGO TERMINE DELLE CARATTERISTICHE CHIMICHE DEL LAGO MAGGIORE E BILANCIO DEI NUTRIENTI A LAGO (AZOTO E FOSFORO) ...... 59

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7.1. CHIMICA DI BASE E CONTENUTO IONICO DELLE ACQUE LACUSTRI ...... 59 7.2. NUTRIENTI A LAGO (COMPOSTI DELL’AZOTO E DEL FOSFORO E SILICATI) ...... 62 7.3 OSSIGENO DISCIOLTO ...... 69 7.4 METALLI IN TRACCE ...... 71 7.5 CHIMICA DEI TRIBUTARI E DELL’EMISSARIO ...... 71 7.6. CONCENTRAZIONI MEDIE AREALI ...... 75 7.7 CARICHI CHIMICI E BILANCI DI AZOTO E FOSFORO ...... 77 BIBLIOGRAFIA ...... 85 8. CARATTERIZZAZIONE TASSONOMICA E FUNZIONALE DELLA FAUNA ITTICA NEL LAGO MAGGIORE CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLA COMPETIZIONE PER LE RISORSE ALIMENTARI E ALLE SPECIE ALLOCTONE INVASIVE DI RECENTE COMPARSA ...... 86 8.1 PREMESSA ...... 86 8.2 COMPOSIZIONE DELLA COMUNITÀ ITTICA DEL LAGO MAGGIORE ...... 86 8.2.1 Abbondanze assolute e relative ...... 86 8.2.2 Distribuzione verticale delle abbondanze e delle biomasse relative ...... 90 8.2.3 Caratterizzazione della comunità ittica: considerazione conclusive ...... 93 8.3. SOVRAPPOSIZIONE DELLA NICCHIA TROFICA ...... 93 BIBLIOGRAFIA ...... 96 9. CONCLUSIONI ...... 97 ELENCO DEGLI AUTORI E DEI COLLABORATORI ...... 103

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INTRODUZIONE

Giuseppe Morabito Prefazione

Questo rapporto presenta i risultati emersi nel corso del 2014 dalle ricerche sul Lago Maggiore realizzate dal CNR-ISE (già Istituto Italiano di Idrobiologia) per conto della Commissione Internazionale per la Protezione delle Acque Italo- Svizzere. L'attività di ricerca su questo lago è stata strutturata in modo tale che anche per questo ciclo di ricerche fosse garantita la continuità della serie storica dei dati limnologici sin qui raccolti, prezioso strumento diagnostico dello stato del lago che si integra perfettamente con i nuovi strumenti dei quali la CIPAIS si è dotata e che sta perfezionando: il Pannello di Controllo ed il Piano d'Azione. Nel 2014 sono proseguite le ricerche programmate per il triennio 2013-2015. In linea con quanto realizzato negli anni passati, anche la presente attività è indirizzata alla valutazione della qualità delle acque lacustri, con particolare attenzione ad alcuni elementi di criticità emersi nel corso delle campagne limnologiche più recenti, quali: 1) alterazioni idrologiche connesse con i cambiamenti climatici in atto; 2) modificazioni dell'idrodinamica lacustre legate al riscaldamento globale in atto; 3) modificazioni strutturali del popolamento zooplanctonico e variabilità delle relazioni trofiche; 4) tendenza verso un lieve peggioramento di alcuni indicatori di stato trofico, osservato nel quinquennio precedente (clorofilla, fosforo e carbonio organico); 5) analisi della struttura qualitativa del carbonio organico, attraverso la valutazione della frazione esopolimerica (TEP) e di quella otticamente misurabile (CDOM); 6) quantificazione dei geni dell’antibiotico resistenza nei popolamenti naturali del lago e valutazione del rischio per la salute umana per la possibile trasmissione dell’antibiotico resistenza a batteri patogeni; 7) caratterizzazione della struttura e composizione della fauna ittica, con particolare riguardo all’impatto delle specie alloctone invasive.

A conclusione del presente anno di indagini si può confermare che il Lago Maggiore si mantiene in condizioni di oligotrofia, sebbene l’evoluzione recente di alcuni indicatori tradizionali, nonché i risultati ottenuti con le nuove ricerche, debbano indurre a valutare con attenzione l'evoluzione di questo ecosistema.

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Inquadramento geografico SUDDIVISIONI AMMINISTRATIVE DEL BACINO IMBRIFERO Province (I): Novara e V.C.O. (Piemonte); Varese e Como (Lombardia) Cantoni (CH): Grigioni, e Vallese.

COORDINATE GEOGRAFICHE DEL CENTRO DEL LAGO Latitudine: 45° 57' N Longitudine: 3° 47' W (da Monte Mario).

CARATTERISTICHE MORFOMETRICHE DELLA CONCA LACUSTRE

Quota media del lago 194 m s.l.m. Prof. criptodepres. 176 m Lunghezza del thalweg 66 km Volume 37,502 km3 Larghezza massima 10 km Profondità media 176,5 m Area1 212,5 km2 Sviluppo del volume 1,44 Larghezza media 3,9 km Perimetro 170 km Profondità massima 370 m Indice di sinuosità 3,07 Tempo teorico di rinnovo delle acque: considerato di ~ 4 anni ma in rivalutazione con le ricerche in corso.

CARATTERISTICHE MORFOMETRICHE DEL BACINO IMBRIFERO

Altitudine massima 4.633 m s.l.m. Larg. media (dal lago) 37,6 km

Altitudine media 1.270 m s.l.m. Indice di compattezza 1,58 Area (lago incluso)2 6.599 km2 Rapporto fra aree del bacino 31,1 imbrifero e del lago

1 169,9 km2 in territorio italiano e 42,6 km2 in territorio svizzero 2 3.229,5 km2 in territorio italiano e 3.369,5 km2 in territorio svizzero

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Modalità di campionamento e metodi di analisi

Nel corso della campagna di indagini limnologiche condotta nel 2014 sul Lago Maggiore, le metodologie utilizzate per la raccolta ed il trattamento dei campioni, nonché le metodiche analitiche specifiche seguite per la loro valutazione sia in termini qualitativi che quantitativi, sono state le stesse utilizzate in occasione delle precedenti campagne e sono descritte nei singoli capitoli. L'ubicazione delle stazioni di campionamento è indicata nella figura 1.

Fig. 1. Lago Maggiore, 2014. Ubicazione delle stazioni di campionamento

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Unità di misura

PARAMETRI FISICI SIMBOLO UNITÀ DI MISURA Temperatura atmosferica Ta [°C] Temperatura dell’acqua Tw [°C] Oscillazione Nord Atlantica NAOw [hPa] Precipitazioni P [mm] Portata Q [m3 s-1] Altezza idrometrica H [m s.l.m.] Trasparenza - [m] Temperatura dell'acqua del lago Tw [°C] -2 Contenuto di calore Htot (Hmix; Hhypo) [MJ m ] -3 Stabilità termica St [J m ] Flussi di calore - [cal cm-2 d-1]

PARAMETRI CHIMICI SIMBOLO UNITÀ DI MISURA -1 Ossigeno disciolto O2 [mg O2 L ] Fosforo totale TP [μg P L-1] Fosforo reattivo RP [μg P L-1] -1 Azoto ammoniacale N-NH4 [μg N L ] -1 Azoto nitrico N-NO3 [μg N L ] Azoto inorganico Nin. [μg N L-1] Azoto organico Norg. [μg N L-1] Azoto totale TN [μg N L-1] Apporti areali - [mg m-2 a-1] Carichi - [t a-1] Conducibilità elettrica specifica - [μS cm-1] (a 20°C) Concentrazione idrogenionica pH [u] Alcalinità totale - [meq L-1] -1 Silicati reattivi SiO2 [mg Si L ]

PARAMETRI BIOLOGICI SIMBOLO UNITÀ DI MISURA Clorofilla chl-a [μg L-1] Feofitina - [mg m-3] Biomassa fitoplancton - [mm3 m-3] Biomassa zooplancton - [cm3 m-3] Densità zooplancton - [ind m-3] Abbondanza relativa pesci NPUE [ind m-2] Biomassa per unità di superficie pesci BPUE [g m-2] Particellato totale (Seston) - [mg L-1] Carbonio organico particellato POC [μg L-1] Carbonio organico totale TOC [mg L-1] Carbonio inorganico totale TIC [mg L-1] Materia organica disciolta otticamente misurabile CDOM [μg L-1] Particelle esopolimeriche trasparenti TEP [μg L-1] Popolamento batterico eterotrofo CMI [cell 106 ml-1]

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1. IDROLOGIA E CLIMA. APPORTI QUANTITATIVI A LAGO: PIOGGE, PORTATE E COEFFICIENTE DI DEFLUSSO

Marzia Ciampittiello, Claudia Dresti, Helmi Saidi 1.1. Caratteristiche idrologiche

1.1.1. Pluviometria del bacino imbrifero I dati di precipitazione, per l'anno 2014, sono stati raccolti, come di consueto, dalle stazioni pluviometriche del Servizio Meteorologico Svizzero, dell’Ufficio dei Corsi d’Acqua, Dipartimento del Territorio del Canton Ticino, dell'ENEL, dell’Area Previsione e Monitoraggio Ambientale dell’Arpa Piemonte, delle Officine Idroelettriche della Blenio-, della Società Idroelettriche Riunite, dell’Istituto Geofisico Prealpino e del Consorzio del Ticino. Per quanto riguarda i dati raccolti dalle stazioni meteorologiche del CNR Istituto per lo Studio degli Ecosistemi non sono disponibili al momento. Verranno inseriti non appena possibile. I totali mensili ed annui delle precipitazioni sono riportati in Tabella 1.1 insieme alle medie dell’anno in studio e ai periodi 1978-13 e 1921-77. Gli andamenti mensili delle precipitazioni del 2014 e quelli dei periodi di riferimento, sono rappresentati in Figura 1.1.

Tab. 1.1. Lago Maggiore 2014. Totali pluviometrici mensili e annuali nel bacino imbrifero (mm).

Stazione Bacino m GEN FEB MAR APR MAG GIU LUG AGO SET OTT NOV DIC ANNO

s.l.m.

AIROLO Ticino immissario 1139 172 236 67 76 167 141 188 193 32 227 634 48 2181

PIOTTA Ticino immissario 1007 118 194 68 84 139 137 185 160 25 146 532 26 1814

FAIDO Ticino immissario 760 131 184 62 52 107 109 180 154 19 233 534 34 1799

COMPROVASCO Ticino imm.-Brenno 575 167 170 45 51 86 103 189 126 23 234 457 27 1678

BIASCA Ticino immissario 291 244 223 73 65 74 159 188 248 40 325 550 39 2228

S. BERNARDINO (Tunnel) Ticino imm.-Moesa 1639 246 258 114 80 117 234 246 241 60 287 454 52 2389

MESOCCO Ticino imm.-Moesa 815 196 206 56 71 106 170 251 280 38 195 401 36 2006

BRAGGIO Ticino imm.-Moesa 1320 202 205 81 100 102 190 278 319 47 190 436 52 2202

GRONO Ticino imm.-Moesa 350 194 196 76 84 121 124 225 249 41 106 399 44 1859

BELLINZONA Ticino immissario 225 219 229 74 83 91 165 229 383 50 261 493 47 2324

MAGADINO (Aeroporto) Lago Maggiore 197 244 267 114 91 95 207 237 361 33 268 678 52 2647

VIRA GAMBAROGNO Lago Maggiore 210 227 283 114 113 35 140 270 363 48 255 907 41 2796

CIMETTA Lago Maggiore 1672 222 325 150 128 73 180 265 289 76 345 533 42 2628

LOCARNO MONTI Lago Maggiore 366 213 286 125 133 83 159 269 348 60 327 733 47 2783

BRISSAGO Lago Maggiore 280 220 307 152 166 119 140 259 324 71 449 908 36 3151

MALVAGLIA Ticino imm.-Brenno 923 154 152 85 75 59 140 188 168 25 179 375 34 1632

LODRINO Ticino immissario 275 ------

GNOSCA Ticino immissario 247 171 148 72 81 82 160 202 374 32 265 429 58 2075

GIUBIASCO Ticino immissario 215 210 211 96 86 84 169 217 332 47 232 514 65 2263

LUZZONE DIGA Ticino imm.-Brenno 1617 157 272 87 68 101 140 227 194 35 329 600 43 2254

ACQUACALDA Ticino imm.-Brenno 1775 372 180 100 72 117 148 190 166 60 513 227 51 2195

PASSO MUAZ Ticino imm.-Brenno 1698 252 283 105 80 102 159 202 176 53 290 521 35 2257

OLIVONE Ticino imm.-Brenno 905 187 212 57 61 85 106 200 174 30 247 444 0 1803

VERBANO CENTRALE Lago Maggiore 202 240 334 211 171 129 173 288 338 81 463 1049 40 3516

PIANO DEI CAMOSCI 2450 35 43 54 43 126 124 201 150 69 152 88 37 1122

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Tab. 1.1. Continuazione.

L. TOGGIA Toce 2170 77 98 78 77 133 81 186 117 55 131 252 46 1331

L. SABBIONE Toce 2462 62 108 78 44 30 110 179 94 37 78 274 39 1133

L. MORASCO Toce 1820 112 170 81 17 96 98 164 133 50 159 417 45 1542

L. VANNINO Toce 2175 89 149 119 65 97 101 170 162 44 132 386 55 1569

PONTE FORMAZZA Toce 1300 ------

CRODO (Ist. Agrario) Toce 560 87 197 131 94 95 124 177 89 29 74 541 45 1684

CREVOLADOSSOLA Toce 303 ------

DOMODOSSOLA (Nosere) Toce 252 127 199 132 113 103 74 204 80 41 78 606 49 1806

DOMODOSSOLA Toce 240 144 210 134 102 104 71 170 97 49 90 436 48 1655

CODELAGO Toce-Devero 1885 104 167 93 68 105 104 197 138 45 112 476 58 1667

DEVERO (Reg. Piem.) Toce-Devero 1640 106 175 102 69 115 173 201 163 45 145 405 42 1738

L. D'AGARO Toce-Devero 1600 124 173 119 64 104 120 164 113 38 103 578 49 1749

SIMPLON DORF Toce-Diveria 1495 92 195 64 94 140 60 220 89 35 71 452 32 1544

S. DOMENICO Toce-Diveria 1300 98 148 108 60 124 100 223 118 63 144 494 46 1726

AGRASINA Toce-Isorno 1370 147 252 143 127 137 107 213 137 51 120 721 39 2194

L. LARECCHIO Toce-Isorno 1840 165 426 177 131 138 86 212 130 36 180 855 50 2586

PONTETTO Toce-Isorno 348 130 182 84 84 84 59 137 59 26 76 436 21 1377

DRUOGNO Toce-Melezzo occ. 831 122 190 128 114 127 61 258 115 25 205 667 47 2060

Lago PAIONE Superiore Toce-Bogna 2269 66 60 76 37 150 155 268 130 68 221 157 60 1449

PIZZANCO Toce-Bogna 1142 113 197 134 84 142 130 198 90 31 148 634 46 1948

L. ALPE CAVALLI Toce-Ovesca 1510 79 98 89 78 91 81 135 85 30 86 428 34 1314

ALPE CHEGGIO Toce-Ovesca 1460 94 102 109 112 133 122 188 102 54 119 560 53 1747

L. CAMPOSECCO Toce-Ovesca 2281 99 138 121 103 124 102 199 91 46 83 318 36 1460

L. CAMPLICCIOLI Toce-Ovesca 1320 130 213 159 134 155 102 207 96 40 102 584 51 1973

MACUGNAGA -(P.sso Moro) Toce-Anza 2820 47 67 59 40 98 90 176 95 27 70 85 31 884

MACUGNAGA (Fornarelli ) Toce-Anza 1185 ------

ANZINO Toce-Anza 669 68 3 37 136 115 127 205 110 40 86 556 52 1536

SAMBUGHETTO Toce-Strona 800 176 294 143 116 138 147 263 164 67 300 1103 91 3002

OMEGNA Toce-Strona 298 189 242 168 120 103 160 188 78 30 230 848 76 2431

MONTE MESMA Toce-L. d'Orta 575 182 225 152 107 112 103 197 222 43 143 791 87 2364

MOTTARONE (Baita CAI) Toce-L. d'Orta 1302 166 134 150 129 137 146 265 294 47 208 1090 106 2872

ROBIEI Maggia 1898 213 309 134 82 182 171 282 226 69 257 815 61 2799

CEVIO Maggia 418 177 276 81 116 125 79 233 164 25 201 729 31 2237

BOSCO GURIN Maggia 1505 146 293 123 123 133 156 255 164 46 153 623 44 2259

MOSOGNO Maggia 760 216 309 110 165 171 114 298 185 28 435 951 38 3020

CORTINO CAVAGNOLI Maggia 2226 284 264 110 45 211 36 354 177 79 305 600 111 2576

CAVERGNO CENTRALE Maggia 540 153 213 99 96 114 97 168 191 20 148 629 38 1966

PIANO DI PECCIA Maggia 1020 159 287 112 95 155 126 193 165 36 178 708 43 2258

SAMBUCO DIGA Maggia 1471 145 215 116 89 140 109 204 162 22 123 503 70 1898

FUSIO Maggia 1300 167 146 89 96 144 112 195 169 27 168 649 38 2000

MAGGIA Maggia 327 156 204 109 128 107 151 195 127 30 456 752 45 2460

PALAGNEDRA Maggia 498 187 252 145 158 145 106 268 159 25 427 1038 49 2959

CAMEDO Maggia 550 219 257 127 157 148 92 284 183 30 409 1136 59 3100

SONOGNO 925 204 262 109 88 127 197 212 213 43 405 692 52 2604

FRASCO Verzasca 890 ------

AROSIO 860 215 246 127 116 105 110 263 243 57 211 643 84 2420

ISONE Tresa 810 235 242 143 140 108 207 285 351 60 65 589 69 2493

LUGANO Tresa 273 223 277 86 108 136 161 361 259 24 157 587 51 2430

CRANA TORRICELLA Tresa 1002 250 319 153 135 131 170 327 389 97 256 808 57 3092

PONTE TRESA Tresa 274 227 281 81 117 136 86 380 276 14 241 748 52 2639

STABIO Tresa 353 251 316 84 132 71 172 380 316 26 114 638 49 2549

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Tab. 1.1. Continuazione.

SOMAZZO Tresa 580 249 310 119 0 50 161 253 246 18 140 658 87 2290

MENDRISIO Tresa 290 228 247 108 150 92 115 304 232 31 117 553 72 2249

GERMIGNAGA Tresa 203 ------

CURSOLO O. (M.te Pratini) 940 199 255 188 157 158 128 261 189 63 584 1028 72 3281

LUNECCO Cannobino 415 ------

CANNOBIO Cannobino 220 188 249 177 162 124 142 280 330 61 351 779 72 2913

MOTTAC S. Bernardino 1695 113 104 106 102 136 115 297 169 56 339 966 74 2577

CICOGNA S. Bernardino 770 186 318 223 144 139 195 290 290 57 513 1099 84 3540

MIAZZINA S. Bernardino 721 ------

UNCHIO S. Bernardino 283 199 254 183 137 111 112 204 270 26 319 969 87 2868

PIANCAVALLO S. Giovanni 1240 ------

MERGOZZO L. di Mergozzo 195 ------

CANDOGLIA Toce 201 146 222 153 98 122 178 234 248 31 416 775 58 2680

PALLANZA Lago Maggiore 211 239 282 142 167 109 101 220 293 23 273 990 82 2923

CAMPO DEI FIORI Bardello 1226 195 251 61 74 82 92 217 138 35 149 738 77 2108

GAVIRATE Bardello 284 304 166 196 34 55 40 80 109 149 25 99 564 1819

VARESE (Ist. Geofisico) Bardello 410 210 285 96 182 78 128 309 251 22 126 649 83 2416

AZZATE Bardello 320 245 204 228 82 126 71 135 267 251 28 76 507 2220

SOMERARO Lago Maggiore 470 207 278 178 158 106 103 235 361 26 219 1104 95 3070

MOTTARONE VETTA Erno 1491 ------

ARONA Vevera 334 ------

MIORINA Ticino emissario 195 218 229 132 126 75 119 176 281 47 90 599 100 2192

2014 175 220 115 100 115 126 229 200 46 216 616 66 2225

1978-13 70 59 97 171 207 159 138 156 180 188 146 81 1653

1921 - 1977 63 75 103 163 199 168 142 172 180 183 178 83 1709

- dato mancante dato ricostruito dato parziale

Nel 2014 si sono registrati, mediamente all’interno del bacino del Lago Maggiore, 2225 mm, valore al di sopra della media pluriennale. Tale valore è il risultato di piogge superiori alla media, cadute nei primi tre mesi dell’anno, a luglio, agosto, ottobre e soprattutto alle eccezionali piogge di novembre. Il valore massimo annuale registrato risulta quello della stazione di Cicogna, in ValGrande con 3540 mm; in altre 10 stazioni si sono registrati piogge superiori ai 3000 mm e in 45 si sono registrate piogge superiori ai 2000 mm, delle quali 17 superiori ai 2500 mm. Il 32% circa delle stazioni ha quindi registrato valori di pioggia compresi tra i 2000 e i 2500 mm, il 19% circa tra i 2500 e i 3000 mm e l’11% circa superiori ai 3000 mm. Analizzando la Figura 1.1 si nota chiaramente che si sono avute precipitazioni di molto superiori alle medie pluriennali nei mesi di gennaio, le piogge registrate sono state più del doppio di quelle medie pluriennali e a febbraio, circa di tre volte maggiori rispetto a quelle che cadono mediamente nel mese. Superiori a circa 1,5 volte nel mese di luglio e di poco superiori a marzo, agosto e ottobre. Di particolare eccezionalità sono state le piogge di novembre. Si è calcolato che tale mese è stato il più piovoso degli ultimi 90 anni con quantità di pioggia superiore alla media, mediamente del 400%. La stazione che ha fatto registrare le maggiori piogge è stata Camedo con 1136 mm insieme ad altre 8 che hanno fatto registrare piogge superiori ai 1000 mm. La maggior parte delle stazioni, 61, ovvero il 69%, hanno registrato piogge superiori ai 500 mm.

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Fig. 1.1. Andamento mensile delle piogge per l’anno 2014 e periodi di riferimento (1978-2013 e 1921-1977) a confronto

Questa elevata quantità di pioggia ha portato innalzamenti dei livelli dei fiumi e dei laghi tali da generare il 16 novembre il raggiungimento di una quota di esondazione del Lago Maggiore pari a 196.87 m s.l.m., terza piena per importanza dopo quelle del 1993 e del 2000. Dall’analisi dei tempi di ritorno dei livelli del Lago Maggiore che superano i 195,5 m s.l.m. (quota di esondazione al lungolago di Pallanza), si può dire che l’esondazione del Lago Maggiore avviene con un tempo di ritorno pari a due anni. Considerando gli ultimi 15 anni, si sono avute esondazioni nel 2013 (195,56 m s.l.m, il 2 maggio) e precedentemente nel 2008 (195,55 m s.l.m., il 6 novembre), nel 2004 (196,03 m s.l.m, il 3 novembre), nel 2002 (196,65 m s.l.m, il 29 novembre) e nel 2000 (197,94 m s.l.m, il 16 ottobre). La maggior parte degli eventi di piena, in questi ultimi anni, sono avvenuti in autunno. L'esondazione del 2000 fu provocata dal valore eccezionale di precipitazione registrato nel mese di ottobre, durante il quale mediamente sul bacino del lago si registrarono 529 mm, contro i 206 mm medi pluriennali (1978-1999). Quella del 2002 fu invece provocata dalle precipitazioni cadute nel mese di novembre, 690 mm medi nel bacino contro i 116 medi pluriennali (1978-2001), così come quella del 2014 quando in alcune stazioni si sono registrate piogge superiori ai 1000 mm, proprio nel mese di novembre. Il Lago Maggiore ha risposto alla quantità di precipitazione caduta su tutto il suo bacino e a quella arrivatagli dagli affluenti, con un innalzamento del livello di circa 6 cm/ora nella giornata del 13 ottobre e di 7 cm/ora nella giornata del 5 novembre per raggiungere il valore massimo di 196,87 m s.l.m. attorno alle ore 09:00 del giorno 16 novembre.

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Durante i mesi di ottobre e novembre inoltre, si sono verificati periodi con numerosi picchi di precipitazione giornaliera, in particolare: tra i giorni 12-13 ottobre, 4-5 novembre e 10-12 novembre caratterizzati da precipitazioni molto intense soprattutto a Cicogna, Cursolo e Someraro. Una prima analisi è stata condotta nel periodo a ridosso di tali eventi ed è disponibile al link: http://www.ise.cnr.it/news/press-release. La distribuzione spaziale delle piogge (Fig. 1.2) mostra come le elevate precipitazioni annuali si siano concentrate soprattutto nella Valle Maggia e nell’ampia area comprendente l’Alto Verbano, la ValGrande, il Verbano e tutto il Cusio. Per quanto riguarda la distribuzione stagionale (Tab. 1.2) si sono registrate piogge superiori alla media in inverno (+174%), di poco inferiori in primavera (-28% circa), e di nuovo superiori in estate (+ 15%) e in autunno (+64%).

Tab. 1.2. Piogge stagionali del 2013 e per i periodi di riferimento.

Periodo Inverno Primavera Estate Autunno

2014 116595 504330 434556 584878 1978-13 207 475 452 514 1921-77 221 465 482 541

Fig. 1.2. Isoiete del bacino Lago Maggiore per l’anno 2014.

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1.1.2. Deflussi Nella Tabella 1.3, unitamente alle regioni amministrative di appartenenza, sono riportate le principali caratteristiche morfometriche dei bacini dei corsi d'acqua, presi in considerazione, sia per quanto attiene ai principali immissari che all'emissario del Lago Maggiore. I dati riguardanti i deflussi dei principali immissari e dell'emissario del Lago Maggiore, misurati nel 2014, attraverso le reti di rilevamento dell’Area Previsione e Monitoraggio Ambientale dell’Arpa Piemonte, dell’Ufficio Federale dell’Ambiente di Berna (UFAM) e del Consorzio Ticino, sono riportati in Tabella 1.4.

Tab. 1.3. Lago Maggiore 2014. Bacini idrografici dei principali immissari e dell'immissario: regioni di appartenenza, aree (km2) e caratteristiche altimetriche (m).

Regione Area Quota Area Altitudine Altitudine Corso d'acqua Amministrativa sez. misura sez. misura totale massima mediana

Ticino Canton Ticino 1515,0 220 1616,21 3402 1720 immissario Maggia Ticino-Piemonte 926,0 202 926,10 2864 1550 Cannobino Piemonte 107,0 215 110,42 2193 1057 S. Giovanni Piemonte 55,0 226 60,71 2156 914 S. Bernardino Piemonte 125,0 225 130,84 2301 1228 Toce Piemonte 1532,0 198 1774,11 4633 1570 Niguglia Piemonte 115,7 289 115,72 1643 595 Erno Piemonte 25,0 220 25,64 1491 657 Vevera Piemonte 21,0 196 21,43 912 449 Bardello Lombardia 111,7 238 134,27 1227 284 Lombardia 45,0 197 45,37 1235 501 Lombardia 94,5 197 94,59 1226 490 Tresa Ticino-Lomb. 615,0 271 754,20 2245 650 Ticino emissario Lomb.-Piemonte 6599,0 191 6599,00 4633 1283

Per quanto riguarda la rete di misura dei deflussi del CNR Istituto per lo Studio degli Ecosistemi, risultano ancora non funzionanti gli strumenti sui corsi d’acqua Niguglia, Cannobino, Erno e con malfunzionamenti estesi a quasi tutto il 2014 per quelli sulla Margorabbia, il e il Boesio. I dati del torrente San Giovanni non sono ad oggi ancora disponibili ma verranno aggiornati appena possibile, come quelli del Torrente Bardello. Per quanto riguarda invece gli strumenti di misura sui torrenti Cannobino e Niguglia, verranno ripristinati entro la fine del 2015, grazie al progetto PITAGORA (Piattaforma Interoperabile Tecnologica per l’Acquisizione, la Gestione e l’ORganizzazione dei dati Ambientali), finanziato con il contributo del P.O.R. - F.E.S.R. 2007/2013, Attività I.1.3 Innovazione e PMI della Regione Piemonte, con tecnologia innovativa e trasmissione dati in tempo reale, nonché con possibilità di accesso ai dati rilevati attraverso la piattaforma PITAGORA e tramite l’utilizzo di una App per cellulari. L’andamento delle portate nel 2014 è stato determinato dall’elevata piovosità dell’anno. Infatti tutti i corsi d’acqua di cui si sono ricavate le portate hanno mostrato valori annuali superiori alla media, mediamente del 150%. I mesi caratterizzati da portate più elevate rispetto alla media sono stati gennaio, febbraio marzo aprile, agosto e novembre; per alcuni corsi d’acqua anche luglio e dicembre. Il mese che ha fatto registrare le minori portate è stato per quasi tutti i corsi d’acqua, settembre durante il quale si sono registrate portate inferiori alla media di circa il 28%. Le

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portate del mese di novembre sono state superiori a quelle dei periodi di riferimento, valutate per lo stesso mese, mediamente intorno al 355%. I valori mensili dei deflussi dei principali immissari del Lago Maggiore sono riportati nella tabella 1.4.

Tab. 1.4. Portate medie mensili e annue del 2014 e dei periodi di riferimento.

Corso d'acqua Periodo GEN FEB MAR APR MAG GIU LUG AGO SET OTT NOV DIC ANNO

2014 * 46,01 55,51 70,16 86,22 108,05 118,66 100,22 102,63 43,64 94,04 171,03 69,79 88,93

TICINO IMM. 1978-13 32,94 31,27 36,14 53,81 109,54 117,58 91,69 64,73 68,05 74,52 59,48 37,19 64,92

1921-74 28,00 27,30 31,00 52,30 108,00 140,00 107,00 82,90 80,00 70,90 61,10 35,80 68,70

------CANNOBINO 2013 *

1978-10 2,63 2,61 4,77 8,67 10,52 6,79 4,82 4,64 7,39 8,92 6,45 4,10 6,17

------S. GIOVANNI 2014 *

1978-06 1,15 0,97 1,71 3,44 3,83 2,67 1,84 1,21 2,75 3,91 2,69 1,35 2,29

2014 * ------

S. BERNARDINO 1978-13 1,99 2,03 4,89 12,24 15,34 8,21 4,49 3,63 8,66 11,16 7,58 3,38 7,00

1956-77 2,96 4,33 6,27 9,72 10,11 10,42 7,93 10,46 11,59 12,35 11,59 3,92 8,48

2014 * 53,46 59,45 76,37 95,16 118,50 118,17 105,86 83,67 44,97 58,34 239,43 72,70 93,79

TOCE 1978-13 26,94 26,06 33,26 60,71 118,18 118,57 81,83 59,33 64,16 76,49 61,24 33,47 63,44

1936-64 30,90 30,00 34,90 59,70 105,10 127,10 93,40 74,30 73,50 72,10 64,90 37,80 67,10

2014 * ------

NIGUGLIA 1979-12 2,72 2,22 2,95 5,41 7,32 5,76 3,57 2,36 3,08 6,37 5,43 3,67 4,24

1941-60 3,57 3,71 3,53 4,98 6,93 6,45 4,51 3,67 4,38 5,57 7,68 4,70 4,97

------ERNO 2014 *

1978-07 0,70 0,60 0,94 1,43 1,55 1,11 0,68 0,54 0,90 1,60 1,06 0,69 0,98

VEVERA 2014 * ------

1978-13 0,52 0,45 0,53 0,74 0,85 0,62 0,35 0,26 0,33 0,74 0,60 0,50 0,54

2014 * ------

BARDELLO 1978-13 2,61 2,42 2,61 3,07 4,17 3,75 2,53 1,30 2,12 2,76 2,84 2,56 2,74

1939-56 2,55 2,84 2,73 3,22 3,90 3,32 2,91 1,87 2,25 2,60 3,43 2,81 2,87

BOESIO 2014 * ------

1978-13 1,30 1,05 1,39 2,11 2,49 1,88 1,43 1,10 1,61 2,20 1,82 1,19 1,61

MARGORABBIA 2014 * ------

1978-13 2,37 2,13 3,02 4,32 5,07 3,61 2,08 1,36 2,09 4,35 4,26 2,42 3,17

2014 * 44,47 52,27 38,19 30,17 34,63 20,31 39,20 56,11 17,45 21,51 112,48 34,36 41,64

TRESA 1978-13 14,36 12,43 16,63 29,87 40,43 30,94 21,72 15,21 19,48 27,39 26,13 17,64 23,24

1923-74 16,10 14,90 17,70 27,80 36,60 34,60 25,30 19,10 20,70 24,10 33,80 23,30 24,50

2014 * 327,10 383,54 418,15 402,20 448,42 380,90 399,16 495,84 222,42 337,32 1128,03 351,42 440,70

TICINO EMISS. 1978-13 150,35 145,05 177,54 290,69 472,60 433,93 343,05 253,51 260,98 361,26 260,37 186,31 279,48

1921-77 145,00 147,00 159,00 263,00 435,00 495,00 384,00 295,00 316,00 318,00 327,00 193,00 290,00

- dato mancante (*) dato in attesa di validazione dato parziale Dati ricostruiti

Il corso d’acqua che ha fatto registrare le maggiori portate è stato il Fiume Tresa con un valore annuale pari al 174% dei valori medi pluriennali, seguito dal

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Ticino Emissario con il 155% dei valori medi pluriannuali. Mensilmente il valore massimo di portata è stato raggiunto a novembre; un secondo valore massimo è stato raggiunto in momenti diversi per ciascun corso d’acqua, a maggio, giugno, agosto ottobre e dicembre. Anche i corsi d’acqua confermano quindi l’eccezionalità dell’anno 2014 in termini di quantità d’acqua caduta e veicolata a lago. Per quanto riguarda l’evento di piena di novembre si è valutato nello specifico l’andamento del Fiume Toce, individuando tre diversi fasi di innalzamento del livello con altrettante tre fasi di decremento, a partire già dal 01 di ottobre con il raggiungimento di un primo colmo il 13 ottobre (+ 2.18 m sullo zero idrometrico). Dopo una prima fase di decremento, il 3 novembre si ha un seconda fase di aumento del livello del fiume che ha raggiunto un secondo colmo il 5 novembre (+ 4.56 m sullo zero idrometrico). Successivamente si è avuta una seconda diminuzione alla quale ha fatto seguito un ulteriore aumento, che ha portato il livello del fiume a raggiungere il massimo valore dell’evento, il 12 novembre (+5.77 m sullo zero idrometrico). Tale valore è di 2,75 m al di sotto del massimo raggiunto nell'evento dell’ottobre 2000 (+8,52 il 15 ottobre) e 2,95 m al di sotto dell'evento di settembre 1993 (+8,72 m il 24 settembre). Lo zero idrometrico del Toce è posto a 196 m s.l.m. Nella figura 1.3 sono riportati gli andamenti mensili del Ticino Immissario, del Toce e del Ticino Emissario. Dai grafici si evidenzia bene l’evento di novembre quando per tutti e tre i corsi d’acqua si sono raggiunti i massimi valori di portata. Il secondo massimo è stato a maggio per il Toce, a giugno per il Ticino Immissario e ad agosto per il Ticino Emissario. Tutti e tre hanno fatto registrare portate superiori alla media dei periodi di riferimento durante i primi mesi dell’anno e in estate, raggiungendo poi a settembre il valore minimo annuale.

16

a

b

c

Fig. 1.3. Lago Maggiore 2014. Regime delle portate a)Ticino Immissario, b) Toce, c) Ticino Emissario.

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2. IL MESCOLAMENTO INVERNALE DEL LAGO: DIPENDENZA DALLA METEOROLOGIA LOCALE, DALLE OSCILLAZIONI OCEANICHE NORD‐ATLANTICHE (NAO) E DAI CAMBIAMENTI CLIMATICI GLOBALI

Valter Ambrosetti, Luigi Barbanti, Elisabetta Carrara, Antonella Zambon, Mario Contesini, Claudia Dresti, Angelo Rolla

2.1. Contenuti calorici, temperatura, ossigeno e stabilità termica nelle acque del Lago Maggiore nell’anno 2014

2.1.1 Profondità di mescolamento Nel corso del 2014, come di consueto, la verifica dell’effettiva profondità dello strato mescolato invernale nel Lago Maggiore è continuata attraverso una serie di sopralluoghi nel suo punto di maggior profondità. Lo scopo era di analizzare la distribuzione verticale, lungo l’intera colonna d’acqua, di alcuni parametri fisici e chimici (temperatura e concentrazioni di ossigeno disciolto, nitrati e silicati). Si è visto che anche in quest’ultimo anno, come nei precedenti 51 anni (Ambrosetti et al., 2010), l’omogeneizzazione verticale delle sue acque è risultata incompleta raggiungendo una profondità di ca. 65 m, rimanendo quindi sui livelli degli anni più recenti: un aspetto idrodinamico quest’ultimo che è ormai divenuto la regola nelle acque del Lago Maggiore. Si tratta di un fatto, ormai ampiamente confermato a livello mondiale, che trova la sua causa nella tendenza al riscaldamento delle acque lacustri manifestatasi negli ultimi decenni, tendenza che nei laghi profondi della zona temperata ha impedito la loro piena circolazione invernale. Anche le indagini condotte nel 2014 hanno confermato quanto già sottolineato nei rapporti annuali precedenti, cioè la scarsa incidenza sulla profondità del mescolamento di alcuni parametri meteorologici come il vento e la temperatura dell’aria. In gennaio e febbraio, il percorso del vento è risultato in media rispetto al periodo di confronto, rispettivamente con valori di 3564 km (contro una media di 3595) e 3464 km (contro una media di 3325 Km). La temperatura media dell’aria invernale è risultata invece molto al di sopra della media degli ultimi 60 anni (4.77 °C contro 3.66 °C) con un aumento in gennaio di 1.71 °C e in febbraio di 1.4 °C rispetto a quella del periodo di confronto. Di conseguenza, l’energia necessaria ad indurre la presenza di moti convettivi capaci di agire dalla superficie al fondo del lago, non è stata sufficiente ad innescare una piena circolazione delle acque del lago.

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6300 Contenuto massimo 1800

5900 1600

-2 5500 1400 -2 Bilancio termico

MJ m

MJ m

5100 1200

4700 1000 Contenuto minimo

4300 800

1963

1965

1967

1969

1971

1973

1975

1977

1979

1981

1983

1985

1987

1989

1991

1993

1995

1997

1999

2001

2003

2005

2007

2009

2011

2013 2015 Fig.2.1. Contenuti di calore e bilancio termico delle acque del Lago Maggiore nel periodo 1963-2014.

Il contenuto di energia totale entro la massa lacustre nel 2014 ha subito nel periodo invernale un leggero aumento (5051 MJm-2) rispetto ai 5 anni precedenti, in cui non si superavano i 5000 MJm-2. In estate, si sono raggiunti 6090 MJm-2, dato sugli stessi valori dal 2011 ma molto al di sotto di quello del 2010 (6344 MJm-2) e del 1998, quando con 6.401 MJm-2 si è stabilito il massimo assoluto del cinquantennio (Fig. 2.1 e Fig. 2.2). 6500

6000

5500

-2

MJ m 5000

4500

4000

1963

1964

1967

1969

1971

1973

1975

1977

1979

1981

1983

1985

1987

1989

1991

1993

1995

1997

1999

2001

2003

2005

2007

2009

2011

2013 2015 Fig. 2.2. Andamento mensile del contenuto di calore nella colonna d’acqua del Lago Maggiore nel periodo 1963-2014.

E’ altrettanto importante rilevare come la quantità di calore contenuta nell’ipolimnio profondo del lago, sede della così detta “memoria climatica” (Ambrosetti & Barbanti, 1999), dopo un periodo in diminuzione dal 2005 al 2007 (di portata simile a quella riscontrata nel 1981) ha ripreso ad aumentare sino al portandosi a 1428 MJm-2 nel dicembre 2014 (Fig. 2.3).

19

1500

1450

1400

-2

MJ m 1350

1300

1250

1963

1967

1971

1975

1979

1983

1987

1991

1995

1999

2003

2007

2011 2015 Fig. 2.3. Andamento della memoria climatica nel Lago Maggiore nel periodo 1963-2014.

Per quanto riguarda la profondità di mescolamento per moti convettivi, nell’inverno 2013-2014 si sono raggiunti i 65 metri di profondità. Questo è visibile in Fig. 2.4 in cui è rappresentata la distribuzione verticale della concentrazione di O2 misurata dalla superficie al fondo del lago: l’isolinea 9.0 mgl-1 si mantiene per tutto l’anno tra 50 e 100 metri di profondità, così come quella quotata 8.0 mgl-1 attorno a - 100 m. Nella zona profonda, sotto i 250 m, la concentrazione di O2 per tutto l’anno si mantiene tra 6.5 e 7 mgl-1 evidenziando così la mancanza di inserimenti nell’ipolimnio profondo di acqua fredda, sia di origine litorale che per moti convettivi.

0

-50

-100

-150

-200

-250

-300

-350

Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic

-1 Fig. 2.4. Distribuzione verticale della concentrazione di O2 (mg l ) nell’anno 2014.

Un’ulteriore conferma della limitata profondità raggiunta dal mescolamento nel 2014 viene fornita dalla distribuzione verticale della temperatura dell’acqua lacustre,

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che indica nei mesi invernali a 65 metri un salto termico di 0.6 °C, sufficiente però ad impedire una circolazione completa (Fig. 2.5).

0

-50

-100

-150

-200

-250

-300

-350

Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic Fig. 2.5. Distribuzione verticale della temperatura (°C) nell’anno 2014.

Anche i valori della stabilità termica invernale, misurata lungo la colonna d’acqua sulla base dei dati medi mensili, confermano un mescolamento limitato a circa 65 m di profondità. I relativi profili verticali (Fig. 2.6) mostrano una decisa resistenza ai moti convettivi, che a gennaio e febbraio 2014 si colloca attorno a -65 m. La curva di marzo e ancor più quella di aprile mostrano infine come il mescolamento convettivo si sia ormai interrotto essendo già iniziata la fase di riscaldamento primaverile del lago.

J m-2 0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 0

50 Gennaio 100

150 Marzo 200 Aprile Dicembre prof. (m) Febbraio 250

300

350

Fig. 2.6. Sequenza temporale della distribuzione verticale della stabilità termica del Lago Maggiore da Dicembre 2013 ad Aprile 2014.

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2.2. Aspetti della dinamica del Lago Maggiore condizionati dal clima

I risultati dei vari modelli di regressione applicati nell’analisi statistica (presentati nel precedente rapporto, con la simbologia dei vari parametri) consentono di definire il peso, esercitato sulle principali variabili limnologiche, caratterizzanti il Lago Maggiore, dalle singole forze esterne, globale (trend), a larga scala (indici NAOw) e scala locale (indici M); in altri termini, si ha la possibilità di cogliere la dinamica che regola la risposta idrodinamica del lago, controllata dalle variabili stesse e dalle loro relazioni reciproche.

2.2.1 Rapporto tra temperatura dell’aria e dell’acqua Fra le componenti dei modelli di regressione riguardanti le relazioni tra gli indici NAOw e le condizioni termiche dell’atmosfera (Ta) e dell’acqua superficiale del lago (Tw), la più significativamente legata all’indice atlantico risulta essere la temperatura massima dell’aria (Ta max). E’ quindi la temperatura diurna dell’aria il tramite attraverso la quale la NAOw incide con maggior peso sulla struttura termica dell’acqua del lago, quanto meno su quella superficiale; quasi ininfluente risulta invece la temperatura minima dell’atmosfera (Ta min), scarsamente correlata con la NAOw e con una scarsa capacità di adattamento nel riprodurre l’andamento della variabile nel modello di regressione. Livingstone et al. (2003) sul Lago di Zurigo avevano invece attribuito alla temperatura minima giornaliera (quella notturna) il peso maggiore nella definizione della termica lacustre, in quanto determinante nel raffreddamento convettivo notturno dello strato mescolato superficiale: questo diverso risultato fra la termodinamica dei due laghi va probabilmente attribuito alla loro diversa posizione geografica, in particolare alla loro collocazione rispettivamente a nord e a sud della catena alpina. Ad un aumento dell’indice NAOw corrisponde al tempo t=0 anche una diminuzione di ∆T, cioè della differenza tra temperatura dell’acqua superficiale e quella dell’aria; trattasi di un parametro fondamentale per la valutazione delle componenti del bilancio termico del lago dal momento che una sua diminuzione comporta una minor perdita di energia ad onda lunga verso l’atmosfera, oltre che un aumento dell’energia assorbita dalla massa lacustre (nel Lago Maggiore + 0.0122 MJ m-2 anno-1 dal 1963 ad oggi), nonchè un leggero incremento dell’ evaporazione e contenute perdite di calore sensibile; la conseguenza è stato quindi il raffreddamento invernale delle acque lacustri che, nel tempo, è risultato sempre meno pronunciato. E’ chiaro però che, oltre alla temperatura atmosferica, come già detto, devono essere tenuti presenti altri elementi climatici e limnologici, che sono componenti essenziali nei processi di riscaldamento delle acque, per lo più riguardanti situazioni locali.

2.2.2 Contenuto di calore Ad un aumento dell’indice NAOw corrisponde un incremento del contenuto di calore del lago (Htot) e nel modello di regressione ridotto l’indice atlantico risulta una componente significativa sia del calore contenuto nello strato mescolato (Hmixi) che di quello totale; l’energia presente nella parte più profonda del lago (Hhyp) dipende invece essenzialmente dall’autocorrelazione e dal trend. Se ne deduce che i processi idrodinamici invernali che interessano in profondità il Lago Maggiore sono condizionati, in particolar modo, dalla situazione presente nel corpo d’acqua

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nell’inverno dell’anno precedente, dal momento che la dinamica termica estiva non è in grado di “cancellare” completamente quanto, sempre in profondità, si era instaurato in precedenza. Va infatti considerato che nel periodo estivo sono solo gli strati superficiali del lago che vengono influenzati dalle condizioni esterne; il 90% dello scambio energetico annuo nel Maggiore, come negli altri laghi italiani che superano i 100 m di profondità, si verifica entro uno strato d’acqua che rappresenta il 14-16% della profondità massima (Ambrosetti et al., 2003). E’ pur vero che movimenti dell’acqua di diversa natura, quali shears locali e onde interne (Michalsky & Lemmin, 1995), possono agire in maniera diversificata in rapporto alle caratteristiche morfometriche e batimetriche della conca del lago, determinando così nell’ipolimnio una variabilità della quantità di contenuto calorico, variabilità che tuttavia si presenta con un’incidenza molto modesta, non superiore al 2-4% dello scambio totale annuo. Dai bilanci termici, valutati a livello mensile, per esempio, risulta che nell’ultimo cinquantennio i guadagni annuali del Maggiore nel periodo di stratificazione sono aumentati di 0.0101 MJ m-2 per anno, mentre le perdite invernali si sono ridotte di 0.0034 MJ m-2 per anno: la conseguenza è stato l’incremento del contenuto calorico minimo invernale (Hmix) soprattutto negli strati superiori alla profondità raggiunta dal mescolamento verticale. In particolare dal 1963 al 2010 il contenuto Htoti è aumentato dell’11.9% (mentre per quello estivo l’incremento è stato di +14.5%): il che significa che l’energia calorica invernale ha visto un aumento annuo per unità di volume sull’intera colonna, di 0.0704 J m-3, distribuito in 0.0883 J m-3 nella parte superiore e in 0.068 J m-3 nell’ipolimnio (Ambrosetti et al., 2010). Uno dei risultati più evidenti dell’analisi statistica è la costante presenza nei modelli di regressione proposti della componente “trend”, caratterizzata anche da un suo forte peso nel definire la significatività delle correlazioni fra i due indici NAOw ed M e le singole variabili limnologiche; in altri termini c’è una incidenza notevole delle tendenze temporali che caratterizzano l’andamento di base evidenziato dalle serie temporali delle singole variabili. Questo problema, che era già stato affrontato da Lemmin & Amouroux (2006) nelle loro ricerche sul Lago di Ginevra, introduce al tema dell’influenza dei cambiamenti climatici globali sui principali parametri fisici dell’ecosistema lacustre. Gli Autori avevano già osservato l’esistenza di un trend generale al riscaldamento negli strati superiori di quel corpo d’acqua (più forte durante l’inverno che in estate) e la causa era stata attribuita in particolare al progressivo riscaldamento dello strato limite atmosferico nelle notti invernali, con conseguente minor raffreddamento del lago. Tuttavia la durata delle serie storiche disponibili è ancora troppo limitata per consentire una chiara definizione di quale potrà essere lo sviluppo futuro di ogni singolo parametro come conseguenza dei mutamenti in atto: la tendenza al riscaldamento globale oggi riconosciuta potrebbe rivelarsi infatti una semplice fase destinata ad esaurirsi nel tempo. Infatti, dall’analisi del contenuto di calore della memoria climatica nelle acque del Lago Maggiore, così come degli altri laghi profondi sud-alpini (Ambrosetti & Barbanti, 1999) appare con molta evidenza dal 1800 ad oggi la presenza di almeno quattro fasi di riscaldamento (e di altrettante di raffreddamento) che dal punto di vista delle quantità di contenuto energetico raggiungono livelli estremi simili a quelli verificatisi a partire dal 1985 (Carrara et al., 2009).

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2.2.3 Profondità di mescolamento I processi di mescolamento verticale che la massa d’acqua del Lago Maggiore evidenzia alla fine dell’inverno limnologico traggono la loro origine dall’azione sinergica sia delle forze esterne a larga scala (nel nostro caso sintetizzati dagli indici NAOw) che di quelle locali (indici M), con queste ultime che risultano le più incisive. Dalle analisi statistiche emerge che l’indice atlantico influenza debolmente M, ma questo, a sua volta, incide fortemente sulla profondità del mescolamento verticale tardo invernale (Dm): infatti la significatività del legame tra l’indice M, depurato dall’effetto NAOw, e Dm supera abbondantemente quella con l’indice atlantico rendendo tra l’altro non significativa la componente autoregressiva presente nel relativo modello. La fase autunnale di raffreddamento della massa d’acqua è dovuta in buona parte alle componenti del parametro M, il quale è costituito esclusivamente da elementi meteo locali, in particolare dal vento e dalla radiazione solare che agiscono in maniera opposta: il primo è il motore principale della turbolenza che favorisce i processi convettivi, mentre l’azione radioattiva tende a favorire il galleggiamento. Tuttavia, sull’intero areale del Lago Maggiore, a partire dagli anni settanta, la quantità di vento filato ha subito una sensibile riduzione, come evidenziato dal trend della serie storica relativa che presenta, proprio in quegli anni, una rottura significativa del suo andamento; viceversa, la radiazione solare effettiva, intorno agli anni ’90, ha mostrato un notevole incremento (Ambrosetti et al., 2006). Col concorso di ambedue queste variazioni della meteorologia locale si è assistito all’affermarsi nel Lago Maggiore di una serie di mescolamenti verticali invernali che hanno interessato solo una parte della colonna d’acqua senza mai raggiungere la massima profondità del lago. Il fatto che le due citate componenti di M non presentino alcun legame con l’indice NAOw (p-values non significativi), è probabilmente da attribuire alla posizione geografica del Maggiore, sud-marginale all’arco della catena alpina che agisce da ostacolo alle oscillazioni atlantiche, particolarmente per quanto attiene alle loro condizioni anemologiche. Anche dai risultati del cross-correlogramma si osserva come la relazione tra l’indice NAOw e i due parametri suddetti sia di entità modesta. Di conseguenza, le corrispondenti rappresentazioni grafiche che risultano dall’applicazione del modello di regressione mostrano una scarsa capacità di adattamento nel riprodurre l’andamento delle variabili prese in esame.

2.2.4 Concentrazioni dell’ ossigeno ipolimnico Dalle profondità raggiunte dal mescolamento verticale invernale dipendono, come è ovvio, le concentrazioni di O2 presenti nei livelli più depressi dell’ipolimnio che, per quanto riguarda questo lavoro, sono state calcolate per lo strato al di sotto di 250 m. Al pari della profondità di mescolamento, anche le concentrazioni di O2 risultano quindi dipendenti dalle forze esterne locali: il modello di regressione relativo al valore di M (p-value 0.0001) e alla sua componente auto-regressiva (p- value 0.004) mostrano infatti un buona capacità di adattamento nel riprodurre l’andamento della variabile O2 con le rispettive serie temporali che, nel corso degli anni, mostrano andamenti quasi paralleli. Sono tuttavia evidenti alcune nette diversificazioni che si riscontrano in anni particolari e che si spiegano con il fatto che i processi di ossigenazione profonda sono avvenuti attraverso meccanismi diversi dal tipico mescolamento convettivo verticale; tra questi vanno ricordati, per esempio,

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l’infossamento di acque fredde litorali o la discesa in profondità di acque di fusione delle nevi (Ambrosetti et al., 2010).

2.2.5 Stabilità termica La progressiva riduzione delle profondità del mescolamento invernale nel Lago Maggiore, evidenziata in situ dalla presenza di seppur modesti gradienti verticali della temperatura e di alcuni parametri chimici, ha comportato anche un aumento della stabilità termica (St), calcolata per unità di volume (quella di natura chimica è del tutto trascurabile in questo lago). Dall’analisi delle stime dei coefficienti dei modelli di regressione di M e NAOW nei confronti stabilità termica totale, valutata cioè sull’intera colonna d’acqua, si rileva come l’indice relativo alla situazione meteorologica locale, oltre a mostrare coefficienti più significativi, presenti una migliore capacità di adattamento nel riprodurre l’andamento della variabile stessa. La St totale ha assunto un valore nullo solo nel 1963 ad indicare l’avvenuta completa omogeneizzazione verticale delle acque lacustri mentre negli anni successivi si sono registrati valori bassi solo nel 1969 (45.1 J m-3) e nel 1970 (113.1 J m-3), anni nei quali il mescolamento verticale, per altro incompleto, ha raggiunto ragguardevoli profondità (rispettivamente di m 250 e m 300: le St dello strato mescolato sono state di 33.7 J m-3 nel 1969 e di 101 J m-3 nel 1970, mentre quelle ipolimniche sono risultate quasi simili attorno ai 12 J m-3 . Negli anni successivi i valori di stabilità si sono sensibilmente innalzati, in particolare nello strato ipolimnico con un aumento medio annuo del 15% rispetto a quelli dello strato mescolato e con punte superiori del 100% negli anni 2008 e 2009: si è così determinata una sempre più evidente netta separazione tra gli strati superiore e inferiore del lago, a conferma del ridotto mescolamento convettivo verticale tardo invernale riscontrato in questi anni (Ambrosetti et al., 2010).

2.2.6 Rapporti tra gli indici M, NAOW e Trend L’analisi statistica dei dati relativi al Lago Maggiore ha constatato come l’indice M, alla cui formulazione concorrono, come si è detto, esclusivamente parametri limno-meteorologici locali, determini un impatto molto significativo sulle sue principali caratteristiche fisiche, sia quando opera in sinergia con l’azione esercitata dall’indice atlantico invernale, sia quando è depurato dall’effetto di quest’ultimo; in particolare, l’azione di M, privata degli effetti a grande scala, non ha alcuna incidenza sui contenuti di calore (H) ma solo sulla profondità di mescolamento (Dm) e, in parte, sulla concentrazione di ossigeno negli strati profondi. Infatti, l’incidenza dominante nei modelli dei residui è data dalla componente autoregressiva e dal trend, quest’ultimo generato principalmente dall’evoluzione climatica globale in atto a cui sono soggetti i due indici qui considerati. L’indice NAOw invece risulta più legato al contenuto energetico presente nel lago, soprattutto quello degli strati più superficiali. I due indici (M in progressiva diminuzione dal 1963, mentre in crescita è NAOw) risultano determinanti, rispettivamente, nella riduzione dello spessore dello strato mescolato e nel suo progressivo riscaldamento: questo ha acuito la differenza di stabilità lungo la colonna d’acqua a livello del salto termico, riducendo nel contempo la possibilità di una sua completa omogeneizzazione. Infatti, se Vollenweider (1964), sulla base dei dati allora disponibili, supponeva episodi di mescolamento verticale completi ogni sette anni circa, dal 1963 eventi simili non si sono più verificati (Ambrosetti et al., 2010). Due le principali conseguenze che ne

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sono derivate: il possibile isolamento delle acque degli strati più profondi, per altro in parte superato per la presenza di altri meccanismi atti alla loro ossigenazione e l’allungamento del tempo di ricambio delle acque del lago, attualmente stimato in quattro anni per la massa d’acqua fino a 120 m di profondità, e di un valore a due cifre per quella sottostante (Ambrosetti et al., 2011). I risultati dei modelli di regressione proposti dall’analisi statistica mostrano, come si è visto, una loro buona capacità di adattamento nel riprodurre i trends, effettivamente misurati, dei diversi parametri limnologici: tuttavia non mancano evidenti differenziazioni fra le due serie di dati, sopra tutto in occasione di eventi di carattere eccezionale con le curve proposte dai modelli che evidenziano picchi molto pronunciati, sia verso l’alto che verso il basso, per altro limitati nel tempo alla durata dell’evento stesso. La presenza di queste irregolarità era già stata testimoniata dall’andamento a denti di sega della “memoria climatica”, riconosciuta da Ambrosetti & Barbanti (1999) non solo nel Lago Maggiore ma anche in tutti i grandi laghi subalpini. Detti eventi, ancorché isolati, possono causare importanti stress all’ecosistema lago; di qui la necessità di una ancora più dettagliata analisi degli eventi che portano a queste situazioni particolari. La già ricordata costante presenza di trends, in aumento o in diminuzione, nelle serie temporali sperimentali di quasi tutti i parametri limnologici, trends che risultano componenti fondamentali dei modelli di regressione proposti, sottolinea che, accanto agli impatti sul lago della variabilità meteorologica locale e delle fluttuazioni delle oscillazioni atlantiche, si riscontrano effetti legati ai cambiamenti climatici a livello globale: in particolare negli ultimi decenni va riconosciuto l’incremento della temperatura atmosferica, della quale, anche la nostra indagine, ha evidenziato la forte incidenza sulle strutture termiche dei laghi.

2.2.7 Conclusioni Una delle conseguenze del riscaldamento climatico in atto potrebbe quindi essere l’aumento del rischio di anossie delle acque L’azione del mutamento climatico globale gioca un ruolo non trascurabile nel condizionare i meccanismi interni all’ecosistema e in particolare, la termodinamica di un lago profondo come il Maggiore In particolare il forcing a larga scala incide sui contenuti profondi dei grandi laghi, eventi che, a lungo termine, potranno anche contro-agire agli sforzi che sono stati fatti per debellare gli effetti dell’eutrofizzazione. Ai fini di valutare l’effettiva portata dei forcing esterni, oltre alle variazioni climatiche, sulle quali è ancora aperta la discussione circa la loro effettiva portata e sulle cause che le generano, deve essere presa in considerazione anche la possibile incidenza di altre cause esterne, ad esempio le modificazioni ambientali. Bibliografia

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3. INDAGINI SULL’EVOLUZIONE DEL POPOLAMENTO ZOOPLANCTONICO: CONFRONTO CON I DATI PREGRESSI ANCHE ALLA LUCE DELLE MUTATE CONDIZIONI METEO‐CLIMATICHE.

Roberta Piscia, Marina Manca

Nel corso del 2014 abbiamo prelevato campioni zooplanctonici con cadenza mensile nell’usuale sito del monitoraggio a lungo termine, ovvero in zona pelagica lungo il transetto -Caldè in corrispondenza del punto di massima profondità del lago. Per la raccolta dei campioni abbiamo utilizzato due plankton sampler di Clarke-Bumpus armati di rete a maglie da 76 e 126 μm rispettivamente, trascinati lungo una traiettoria sinusoidale entro lo strato d’acqua 0-50 m, nel quale lo zooplancton risulta principalmente distribuito. Tramite l’analisi microscopica abbiamo stimato la biomassa, la densità di popolazione e il relativo contributo dei singoli taxa. Dai dati raccolti è stato possibile evidenziare un aumento precoce, già dal mese di marzo, della densità numerica del popolamento zooplanctonico di rete, con valori circa doppi rispetto a quelli di febbraio (Fig. 3.1). La massima densità di popolazione è stata registrata, come di consueto, nel mese di maggio, mese nel quale i valori sono risultati pienamente raffrontabili con quelli registrati nell’ultimo quinquennio. Così come osservato lo scorso anno, l’incremento di densità numerica del popolamento zooplanctonico di rete da febbraio a maggio è stato determinato da due componenti, quella dei naupli di copepodi e quella dei rotiferi zooplanctonici (Fig. 3.1, Fig. 3.2 A e B; Manca et al., 1996). Il cospicuo ridimensionamento della densità numerica del popolamento zooplanctonico a giugno, con una diminuzione di quasi il 60% del valore stimato a maggio, è proseguita fino al minimo registrato in agosto, mese a partire dal quale la densità di popolazione del popolamento zooplanctonico di rete è risultata attestarsi su valori molto bassi, e pressoché costanti, fino alla fine dell’anno.

Fig. 3.1. Densità di popolazione dello zooplancton di rete nel corso del 2014 nel Lago Maggiore.

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A

B

Fig. 3.2. Densità di popolazione degli stadi adulti di diaptomidi (A) e ciclopidi (B) e dei relativi nauplii e copepoditi nel corso del 2014 nel Lago Maggiore (i valori delle linee vanno riferite all asse di destra).

Come di consueto, i copepodi sono risultati persistere durante tutto l’anno, variando da un minimo di circa 5000 ind m-3 a novembre a un massimo di circa 33000 ind m-3 a maggio (Fig. 3.1). Complessivamente, il popolamento a ciclopidi ha presentato il suo massimo sviluppo nel periodo marzo-maggio, cui ha fatto seguito un declino a giugno, con valori simili a quelli di gennaio e febbraio (Fig. 3.2A). Una lieve ripresa del popolamento ha caratterizzato i mesi di settembre ed ottobre, seguita da un ulteriore decremento numerico nell’ultima parte dell’anno (novembre e dicembre).

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Tra i ciclopidi adulti, per i quali è stata eseguita la distinzione in specie, si è osservata la dominanza di Mesocyclops leuckarti nei mesi primaverili (da aprile a giugno), con valori compresi tra il 61% e il 74%, mentre nella restante parte dell’anno è risultata Cyclops abyssorum la specie numericamente più abbondante. A differenza dei ciclopidi, lo sviluppo numerico dei diaptomidi nel corso del 2014 (Fig. 3.2B), è risultato meno altalenante, con un graduale aumento a partire dal mese di marzo fino al raggiungimento del picco in densità a maggio (22129 ind m-3), e il declino successivo nei mesi successivi, con valori del tutto comparabili a quelli di inizio anno a partire da settembre. Questo dato conferma la spiccata stabilità e persistenza temporale di questa componente del popolamento zooplanctonico. Anche nel 2014, tra i diaptomidi la specie quasi esclusivamente presente è stata Eudiaptomus padanus, molto probabilmente ibridato con la specie invasiva Eudiaptomus gracilis, rilevata nel Lago Maggiore nel 2006 (Manca et al., 2007; Visconti e Manca, 2010). Da segnalare la presenza, seppur con pochi individui e limitatamente a pochi mesi, di Mixodiaptomus laciniatus, specie che, successivamente all’invasione di Eudiaptomus gracilis non era più stata rinvenuta nelle acque pelagiche del lago fino allo scorso anno (Piscia e Manca, 2014). Come già sottolineato, l’andamento generale del popolamento zooplanctonico di rete è stato fortemente influenzato dalla componente a rotiferi, soprattutto nei mesi primaverili. Come evidenziato nel grafico in Figura 3.3, un brusco incremento della densità numerica è stato osservato in aprile e ancora maggio, mese nel quale si è raggiunto il massimo valore di densità numerica, per il 66% determinato dal rotifero coloniale Conochilus unicornis-hippocrepis gr. I taxa numericamente dominanti, con valori compresi tra il 43% a luglio e il 95% a gennaio, sono risultati Asplanchna priodonta, Synchaeta spp., Keratella spp., Polyarthra spp., Conochilus unicornis-hippocrepis gruppo, Filinia longiseta e Kellicotia longispina. La presenza di Kellicotia, Synchaeta, Asplanchna e Conochilus è risultata caratterizzare i primi sei mesi dell’anno, mentre le altre specie sono state rinvenute nel popolamento zooplanctonico di rete durante tutto l’arco dell’anno. Nel 2014, molto contenuto è stato lo sviluppo numerico dei cladoceri zooplanctonici del Lago Maggiore (Fig. 3.4). Il dato medio annuo è risultato pari a circa un terzo di quello registrato nello scorso anno (959 e 3367 ind m-3, nel 2014 e 2013, rispettivamente). I primi cinque mesi del 2014 sono stati caratterizzati dalla presenza di Daphnia hyalina-galeata ed Eubosmina longispina con valori di densità molto modesti anche a maggio, quando il picco di densità è stato stimato in circa 3300 ind m-3), decisamente in controtendenza rispetto ai valori degli altri anni del quinquennio e di quelli del quinquennio precedente (Piscia et al., 2013). Nei successivi mesi, Eubosmina è stata sostituita da Diaphanosoma brachyurum, specie responsabile, insieme a Daphnia, del secondo picco in densità, osservato a luglio (3192 ind m-3). Come di consueto, il declino a giugno della densità numerica dei cladoceri filtratori (in Fig. 3.4 evidenziati con i toni del verde) è risultato concomitante con l’incremento numerico dei grandi cladoceri predatori (evidenziati con i toni del rosso), che in quel mese hanno raggiunto il massimo sviluppo numerico, suggerendo un loro possibile ruolo nel declino dei filtratori, in quanto loro prede preferite (Manca e DeMott, 2009; Manca, 2011).

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Fig. 3.3. Densità di popolazione dei rotiferi appartenenti allo zooplancton di rete del Lago Maggiore nel corso del 2014.

Fig. 3.4. Densità di popolazione dei cladoceri del lago Maggiore nel corso del 2014. I valori di B. longimanus e L. kindtii vanno riferiti all’asse di destra.

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Anche quest’anno, le analisi degli isotopi stabili di carbonio e azoto (13C e 15N) hanno confermato i pattern stagionali osservati negli anni precedenti (Fig. 3.5), ovvero la tendenza dei diversi taxa ad avere un fingerprint isotopico del carbonio (13C‰) meno impoverito in estate, e più arricchito nell’isotopo pesante dell’azoto (15N ‰) in autunno-inverno rispetto ai mesi primaverili ed estivi. In particolare, è stata confermata la stretta relazione tra il segnale isotopico del carbonio di Daphnia e il valore medio di temperatura dei primi 50 metri registrato nel corso dell’anno. Il segnale isotopico del carbonio dei diversi taxa di cladoceri analizzati è risultato solidale con quello di Daphnia, ritenuto rappresentativo della linea di base pelagica (Visconti e Manca, 2011), indicando una comune fonte alimentare. I copepodi si sono invece distinti. In particolare, il segnale isotopico dei diaptomidi in autunno è risultato essere più negativo rispetto a quello di Daphnia (-35,01‰ e - 32,94‰, rispettivamente), mentre i segnali isotopici dei ciclopidi si sono distinti ad agosto e a gennaio (-32,60‰ e -33,03‰, -27, 83‰ -35,07‰, rispettivamente). La tendenza dei ciclopidi ad utilizzare basi alimentari diverse da quella rappresentata da Daphnia è in linea con quanto rilevato nel corso degli anni del quinquennio. Tale tendenza risulta ancor più interessante alla luce del fatto che Cyclops adulto sembra avere un ruolo non trascurabile nel veicolare gli inquinanti organici persistenti ai pesci zooplanctivori (Bettinetti et al., 2015). Analisi di maggior dettaglio, sia della base alimentare, sia della distribuzione verticale degli organismi potrebbero meglio chiarire i risultati finora ottenuti. Tutt’altro che trascurabile è risultato l’intervallo di variazione del segnale isotopico dell’azoto di Daphnia, organismo zooplanctonico utilizzato come riferimento per la linea di base pelagica, con valori minimi, similari in primavera ed estate (di 2,57‰ e 2,86‰, rispettivamente) e massimi in autunno e inverno (di 9,05‰ e 9,83‰, rispettivamente). Per Eubosmina, la variazione tra il valore minimo e massimo è risultata più contenuta (variando tra 3,32‰ in primavera e 5,56‰ in inverno), in particolare a gennaio è stato rilevato un contenuto nell’isotopo pesante dell’azoto e nettamente inferiore rispetto a Daphnia (5,56‰ e 9,83‰ per Eubosmina e Daphnia, rispettivamente). Questo aspetto, già osservato negli anni precedenti può essere attribuito alla capacità di Eubosmina di utilizzare materiale sestonico meno arricchito in 15N rispetto a Daphnia. La minore variabilità nel corso dell’anno sta anche ad indicare una maggiore specializzazione di Eubosmina rispetto a Daphnia nell’utilizzo dell’alimento. Un altro elemento che ha trovato conferma nei dati del 2014 è stata la vicarianza di ruolo di Daphnia e Diaphanosoma, il cui valore ad agosto, unica data in cui la quantità di materiale è stata sufficiente per eseguire l’analisi, non suggerisce frazionamento del carbonio rispetto a Daphnia. Dei due cladoceri predatori, Bythotrephes longimanus è risultato avere un valore di 15N più elevato, con una differenza costante rispetto a Leptodora kindtii nei mesi nei quali quest’ultima era presente (estivi ed autunnali). In particolare, i risultati per queste due specie di cladoceri, in queste due stagioni, sembrano suggerire, non tanto una predazione diretta di Bythotrephes su Leptodora, quanto una predilezione del primo per prede caratterizzate da un maggior contenuto dell’isotopo pesante e viceversa. Come già osservato negli anni precedenti, il fingerprint isotopico dei ciclopidi ha mostrato un trend del tutto peculiare, con una variazione molto contenuta, sia del segnale isotopico del carbonio, sia di quello dell‘azoto. Tale risultato può essere interpretato come il segnale di una spiccata specializzazione di nicchia trofica.

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Analogo discorso può essere fatto per i diaptomidi, variando il loro valore del 15N tra un minimo di 7,73‰ 15N in primavera ad un massimo di 11,42‰ 15N in inverno. Di particolare interesse è risultato il valore misurato in primavera, in quanto esso sembra suggerire una sorta vicarianza di ruolo trofico con Bythotrephes, in linea con quanto osservato in precedenza (Piscia e Manca, 2013). I dati di fingerprint isotopico di carbonio e azoto ottenuti per i singoli taxa analizzati sono stati confrontati con quelli relativi al pool delle tre frazioni dimensionali del popolamento zooplanctonico pelagico di rete, utilizzati per la determinazione degli inquinanti organici persistenti (cfr., Rapporto CIPAIS DDT 2014), quali descrittori sintetici del popolamento zooplanctonico. I risultati ottenuti sono riportati nel grafico in Figura 3.5. I valori di 13C‰ e 15N‰ nelle 3 frazioni dimensionali da noi analizzate possono essere ricostruiti a partire dai segnali isotopici dei singoli taxa e del loro relativo contributo alla biomassa totale (cfr., Rapporto CIPAIS DDT 2014), pertanto sono rappresentativi degli organismi che predominano nel campione in termini di biomassa. I segnali isotopici dei pool delle frazioni dimensionali ≥450 µm e 450 µm ≤ X < 850 µm sono risultati perfettamente sovrapposti in primavera e in inverno e molto simili in autunno, cioè nei periodi nei quali il contributo dei grandi cladoceri predatori in termini di biomassa è stato trascurabile. In estate, invece, essi sono risultati notevolmente differenziati tra loro (fraz. 450 µm ≤ X < µm 850: 13C = - 29,92‰, 15N = 6,56‰; fraz. ≥ 450µm: 13C = -26,74, 15N = 7,78‰). Il percorso disegnato dal fingerprint isotopico di carbonio e azoto della frazione ≥ 850 µm è risultato ricalcare quello della frazione ≥450 µm, sebbene con una variazione più ampia nei valori, essendo la prima priva degli organismi più piccoli, quali copepodi calanoidi e cladoceri filter e particle feeders, quali Eubosmina e Diaphanosoma. Nel loro complesso, pertanto, i risultati relativi alle indagini condotte nel 2014 suggeriscono che le informazioni veicolate dalle diverse frazioni dimensionali dipendono dalla struttura del popolamento e da quanto quest’ultimo sia eterogeneo in termini di taglia corporea degli organismi. I risultati delle analisi isotopiche hanno confermato quanto già osservato negli anni precedenti, ovvero che le variazioni stagionali dei taxa zooplanctonici analizzati sono state influenzate dallo sviluppo della stratificazione termica (Visconti e Manca, 2011; Caroni et al., 2012), passando da valori di 13C‰ più impoveriti nell’isotopo pesante del carbonio a valori meno impoveriti, con il progredire del riscaldamento. L’intervallo di variazione dei valori misurati è stato in linea con quanto osservato nel quinquennio precedente, confermando come esso rifletta la distribuzione verticale entro lo strato da noi campionato, con valori meno negativi per i taxa che tendono a distribuirsi in strati meno profondi del pelago (Visconti e Manca, 2011; Caroni et al., 2012). Le variazioni stagionali nel fingerprint isotopico dell’azoto sembrano confermare quanto già osservato in altri laghi, vale a dire un legame con le variazioni stagionali nella pressione di predazione da parte dei pesci e il possibile utilizzo di fonti alimentari diverse da quelle utilizzate da Daphnia (Visconti et al., 2014; Perga e Gerdaux, 2005; Fadda et al., 2014).

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A

primavera estate autunno inverno

B

Fig. 3.5. Segnali isotopici di carbonio e azoto dei diversi taxa zooplanctonici del Lago Maggiore nei 4 momenti stagionali (A) e nei pool delle frazioni ≥ 450µm, 450µm ≤ X < 850 µm e ≥850µm (B). BYTH. Bythotrephes longimanus; DIAP: diaptomidi; DAPH: Daphnia hyalina-galeata; CYC: ciclopidi; EUBO: Eubosmina longispina; LEPT: Leptodora kindtii; DIAPH: Diaphanosoma brachyurum.

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Bibliografia

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4. CARATTERISTICHE STRUTTURALI DELLE ASSOCIAZIONI FITOPLANCTONICHE NEL LAGO MAGGIORE ED EVOLUZIONE STAGIONALE DEI POPOLAMENTI

Giuseppe Morabito, Martina Austoni 4.1. Struttura dei popolamenti fitoplanctonici

Lo schema dei campionamenti per il fitoplancton si è uniformato, anche per il 2014, alla serie storica dei campionamenti sul Lago Maggiore. Nella stazione al largo di Ghiffa sono stati effettuati, tra il 21 gennaio ed il 16 dicembre, 20 sopralluoghi con prelevamento di campioni d'acqua nello strato 0-20 m, con frequenza mensile nei mesi di gennaio, febbraio, novembre e dicembre, all’incirca quindicinale nella restante parte dell'anno. I campioni sono stati analizzati in laboratorio seguendo le tecniche già utilizzate negli anni passati, per quanto riguarda i conteggi, l'identificazione delle specie e il calcolo della biomassa (biovolume). La determinazione della concentrazione della clorofilla a e dei feopigmenti, sui campioni raccolti, è stata effettuata esclusivamente tramite analisi fluorimetrica con sonda bbe-Fluoroprobe, metodica più sensibile e meno soggetta ad errori dovuti a manipolazione e degradazione del campione. Il numero totale dei taxa censiti durante il 2014 è stato di 105 unità, valore diminuito rispetto ai 117 taxa del 2013 ma in linea con i valori misurati dal 2000 ad oggi, uguali o superiori alle 80 unità tassonomiche, come evidenziato nei rapporti precedenti. Nel 2014 il numero medio di specie per campione è risultato uguale a 42, inferiore all’anno 2013 che rappresentò il valore massimo assoluto dal 1981 con 54 unità. Al contrario, il numero di specie significative (dominanti in quanto concorrenti a formare almeno l'80 % del biovolume totale almeno una volta nel corso dell'anno) ha mostrato un leggero aumento rispetto al 2013, attestandosi sul valore di 41 specie, valore comunque assolutamente confrontabile con i numeri registrati nel decennio precedente. Il perdurare di un numero elevato di specie dominanti nella comunità è indicativo di una ripartizione decisamente omogenea degli individui tra le specie presenti di volta in volta nel corso della successione stagionale e testimonia un’alta biodiversità dell’ambiente. Le classi con il maggior numero di taxa sono state diatomee e cianobatteri, presenti, rispettivamente, con 30 e 25 unità tassonomiche, seguite dalle cloroficee (24), quest’ultima classe è diminuita rispetto al 2013 di 4 unità: da anni ormai queste tre classi sono quelle maggiormente rappresentate tra il fitoplancton del Lago Maggiore, sebbene i rapporti reciproci di importanza, come numero di specie censite, possano subire delle leggere oscillazioni tra un anno e l'altro. Seguono, in ordine di importanza, le crisoficee, con 11 unità, le criptoficee e le dinoficee, che con 9 e 6 unità tassonomiche rispettivamente, sono, come di consueto, i gruppi meno rappresentati nella flora pelagica del Lago Maggiore. La successione stagionale si è svolta, anche nel 2014, con una dinamica molto simile a quella osservata nel 2013: infatti, anche il 2014 si potrebbe definire un anno

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“a diatomee”, essendo stati questi gli organismi algali costantemente dominanti in termini di biomassa, durante l’arco dell’intero anno (Fig. 4.1). Il 2014 è stato caratterizzato da una costante e massiccia presenza di diatomee, nello specifico di Fragilaria crotonensis, largamente dominante da gennaio a luglio, cui si sono unite Diatoma tenuis e Synedra acus v. angustissima. Queste ultime due specie sono presenti nella seconda metà dell’anno, a partire da settembre. Diatomee e cianobatteri hanno rappresentato (Fig. 4.1), come di consueto, i gruppi dominanti, sebbene, in estate, un contributo significativo sia venuto anche dai dinoflagellati con Ceratium hirundinella. Lo sviluppo dei popolamenti algali ha avuto inizio, nel 2014, già dal mese di gennaio con Fragilaria crotonensis, sostituita da Asterionella formosa nel mese di febbraio. Verso la metà di marzo abbiamo un primo picco di diatomee, ascrivibile a Fragilaria crotonensis, che perdura fino a giugno con picchi in aprile. La prima fase di crescita delle diatomee è risultata, nel 2014, anticipata rispetto agli anni passati, probabilmente anche a seguito di condizioni meteorologiche particolarmente favorevoli, con temperature atmosferiche del periodo invernale superiori alla norma. Sulla dinamica del popolamento a diatomee è rilevante sottolineare come la concausa di questa costante dominanza nel 2014 potrebbe essere dovuta, ancora una volta, a eventi meteorologici eccezionali. Infatti, i mesi primaverili sono stati caratterizzati da precipitazioni di portata eccezionale, che, probabilmente, hanno portato al lago notevoli quantità di silice. Questo elemento, il cui esaurimento durante lo sviluppo primaverile rappresenta di solito il principale fattore limitante per il proseguimento della crescita delle diatomee, sarebbe risultato quindi presente in concentrazioni tali da sostenere la produzione di diatomee fino alla tarda estate. Peraltro, il popolamento a diatomee non ha raggiunto livelli quantitativi paragonabili a quelli misurati nel 2013: tra le possibili concause del minore sviluppo potrebbe esserci la ridotta profondità di mescolamento dell’inverno 2013-2014, essendo noto che le diatomee sono favorite da una elevata turbolenza delle acque. Questo potrebbe spiegare anche il ridotto sviluppo di Tabellaria flocculosa, che, nel Lago Maggiore, è competitivamente svantaggiata rispetto a Fragilaria crotonensis in situazioni di ridotto mescolamento (Morabito et al., 2012). Le Cryptophyta danno un contributo sia in estate con Katablepharis ovalis che in autunno con Plagioselmis nannoplanctica e Cryptomonas spp. Le Crysophyceae danno il loro contributo nei mesi estivi con Chrysochromulina parva. L’importanza delle Chlorophyceae risulta drasticamente ridotta: in pratica, delle 24 specie rinvenute solo Mougeotia sp., cloroficea rappresentativa delle associazioni fitoplanctoniche tardo primaverili nel Lago Maggiore, ha raggiunto valori di biomassa prossimi ai 70 mm3 m-3 solo nel mese di giugno. La serie dei dati relativi alla concentrazione della clorofilla a mostra i valori mediamente più alti nel periodo primaverile, con il massimo assoluto registrato il 18 marzo (4,85 mg m-3). La crescita dei cianobatteri, ridotta durante la fase di fioritura delle diatomee, ha avuto il suo massimo sviluppo nella tarda estate, favorita anche dal mantenersi di temperature elevate e di condizioni climatiche favorevoli (Fig. 4.1): nel gruppo mantengono una certa importanza le Oscillatoriales del gruppo Planktothrix rubescens/agardhii, da anni elemento tipico della flora algale pelagica del Lago Maggiore, Aphanizomenon flos-aquae insieme a Tychonema bourellyi mentre risultano trascurabili le Chroococcales di piccole dimensioni.

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Anabaena lemmermannii protagonista di estese fioriture nel passato recente, si è presentata anche nel 2014: presente già dai primi di luglio, ha il suo massimo sviluppo, peraltro alquanto modesto in valore assoluto, a metà settembre.

Fig. 4.1. Biovolumi cumulati dei principali raggruppamenti sistematici per il 2014.

I dati del 2014 confermano alcuni mutamenti osservati negli ultimi anni (presenza, tra le dominanti, di specie a carattere meso-eutrofo e riduzione di altre con esigenze oligotrofe), che farebbero pensare ad una tendenza verso un peggioramento qualitativo delle acque lacustri. 4.2 Variazioni della biomassa algale

Dal 1981, cioè dall’inizio del processo di oligotrofizzazione del Lago Maggiore si è osservata una diminuzione costante dei valori medi annui del biovolume complessivo del fitoplancton e della concentrazione della clorofilla a: nel 2004 questi parametri avevano mostrato un leggero aumento rispetto al 2003, ma nel 2005 si era osservato un nuovo decremento di entrambi i parametri, particolarmente evidente a carico del biovolume, che aveva raggiunto il valore minimo storico (dal 1981) con 0,62 cm3 m-3. Nel 2014 il biovolume medio annuo è stato di 0,66 cm3 m-3, vicino al minimo storico, con una concentrazione media annua della clorofilla a pari a 2,21 mg m-3. Come detto in precedenza, il 2014 è stato un anno caratterizzato dalla presenza costante e quasi esclusiva delle diatomee, di conseguenza la successione delle specie di diatomee riflette quasi esattamente la successione stagionale del fitoplancton. Nel 2014 anche la fase di successione primaverile delle diatomee ha mostrato alcune differenze rispetto al passato: Asterionella formosa, Diatoma tenuis e Tabellaria flocculosa hanno notevolmente ridotto la loro importanza nei mesi di marzo ed aprile, a vantaggio di Fragilaria crotonensis largamente dominante da gennaio a luglio (Fig. 4.2).

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Tra le diatomee centriche si osserva, la presenza di ciclotelle di piccole dimensioni tra cui Cyclotella comensis e C. gabriuscula, insieme a Stephanodiscus minutulus, sebbene con massimi di biomassa relativamente modesti.

Fig. 4.2. Biovolumi cumulati di entità sistematiche particolarmente significative. Per il 2014.

Oltre a F. crotonensis, il popolamento a diatomee è stato caratterizzato dalla dominanza di Cyclotella gabriuscula, Asterionella formosa ed Aulacoseira granulata nei mesi primaverili. La fase autunnale della successione vede la netta dominanza di Synedra acus v. angustissima. Per quanto riguarda gli altri gruppi algali, i cianobatteri raggiungono una certa importanza in diversi momenti della successione stagionale, con il contributo di numerose specie, tra cui Tychonema bourrellyi, Planktothrix rubescens/agardhii, Anabaena lemmermanni, Anabaena planctonica. Interessante la presenza di Aphanizomenon flos-aquae, che raggiunge il massimo sviluppo alla fine di agosto. Questa specie, sebbene sempre presente tra i cianobatteri quantitativamente significativi, è stata raramente dominante negli anni passati, mentre aveva raggiunto una certa importanza anche nel 2013. La sua prevalenza potrebbe essere spiegata dall’elevata tolleranza per le temperature alte (Pearl, 1988). Probabilmente anche le preferenze trofiche di questa specie sono da tenere in considerazione. Infatti, la letteratura scientifica descrive A. flos-aquae come una specie tipica di ambienti eutrofi (Hörnström, 1981; Reynolds et al., 2002) e particolarmente sensibile alla carenza di fosforo, anche se un recente studio comparato sul fitoplancton dei laghi profondi italiani (Salmaso et al., 2003) ha leggermente corretto precedenti indicazioni sulle preferenze trofiche di questo cianobatterio, associandolo più tipicamente ai bacini meso-eutrofi. La sua accresciuta importanza, peraltro, potrebbe essere messa in relazione con l’aumento del fosforo totale, evidenziato a partire dal 2012, anno che segna il recente passaggio a tenori più elevati di questo elemento nelle acque lacustri, come descritto nel capitolo 7 del presente rapporto.

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Le Cryptophyta danno un contributo modesto, con la solita Plagioselmis nannoplanctica, presente lungo l'arco dell'intero anno, Cryptomonas erosa e C. ovata in autunno (Fig. 4.2). Importante anche Katablepharis ovalis durante l’estate. La presenza delle Chrysophyceae in termini di biovolume è stata decisamente modesta: questo gruppo compete con le diatomee per i silicati e, quindi, la loro crescita potrebbe essere stata limitata dal forte sviluppo delle diatomee. Tra le Chrysophyceae solamente Chrysochromulina parva e Uroglena americana sono rientrate nel gruppo delle dominanti. Per quanto riguarda l''importanza delle Chlorophyta, la presenza di cloroficee è risultata assai modesta e ridotta rispetto all’anno precedente: tutte le specie rinvenute sono presenti con biovolumi trascurabili. Già negli anni passati era stato messo in evidenza lo stretto legame che intercorre tra la dinamica dei fattori meteo-climatici locali e lo svolgimento della successione stagionale del fitoplancton: in particolare, una recente analisi (Morabito et al., 2012) dei dati a lungo termine relativi al popolamento a diatomee del Lago Maggiore ha mostrato come questo gruppo sia fortemente controllato dai parametri atmosferici che determinano il clima primaverile. Per quanto riguarda il bacino del Lago Maggiore, sia la primavera del 2002, che quelle del 2013 e 2014, nonché l’estate del 2014, sono state caratterizzate da un’abbondanza di precipitazioni superiore alla norma, con un possibile aumento degli apporti di silicati a lago, situazione che favorisce le diatomee di grandi dimensioni: il fenomeno è stato ben documentato anche in altri laghi (Leitao et al., 2003; Anneville et al., 2004; Znachor et al., 2008), dove, a seguito di forti eventi di precipitazione, si erano sviluppate abbondanti popolazioni di Fragilaria crotonensis, analogamente a quanto osservato nel 2014 sul Lago Maggiore. Le dinamiche della successione fitoplanctonica osservate nel 2014, quindi, confermano la tendenza evidenziata negli ultimi anni, secondo cui, a fronte di uno stretto controllo sui carichi puntiformi di nutrienti, è divenuto sempre più importante il ruolo degli apporti da fonti diffuse, soprattutto in relazione all’azione di eventi meteoclimatici estremi, il cui effetto, sul lungo termine, potrebbe essere simile a quello prodotto dal processo di eutrofizzazione sperimentato dal lago negli anni ’60- ‘70. Bibliografia

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Reynolds, C.S., V. Huszar, C. Kruk, L. Naselli-Flores & S. Melo. 2002. Towards a functional classification of freshwater phytoplankton. J. Plankton Res., 24: 417- 428. Salmaso, N., G. Morabito, R. Mosello, L. Garibaldi, M. Simona, F. Buzzi & D. Ruggiu. 2003. A synoptic study of phytoplankton in the deep lakes south of the Alps (lakes Garda, Iseo, Como, Lugano and Maggiore). J. Limnol., 62: 207-227. Znachor, P., E. Zapomelova, K. Rehakova, J. Nedoma, & K. Simek, K., 2008.The effect of extreme rainfall on summer succession and vertical distribution of phytoplankton in a lacustrine part of a eutrophic reservoir. Aquatic Sciences 70: 77-86.

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5. IL CARBONIO ORGANICO NEL LAGO MAGGIORE: TENDENZA EVOLUTIVA, ORIGINE E CARATTERISTICHE QUALITATIVE

Cristiana Callieri, Mario Contesini, Roberto Bertoni

La maggior parte della sostanza organica presente nel Lago Maggiore è prevalentemente autoctona derivando dall’attività della microflora autotrofa ed eterotrofa del lago. Tuttavia anche le sostanze organiche alloctone, provenienti dal bacino imbrifero e di origine antropica ed ecosistemica, concorrono a formare l’insieme delle sostanze organiche del lago. La sostanza organica alloctona include, con sempre maggior abbondanza, sostanze bioattive come ormoni e farmaci che, raggiunto il lago, interagisco con la sua rete trofica. Considerato il ruolo importante della sostanza organica nella catena alimentare se ne è ampliato lo studio, proseguendo la ricerca sulla sua evoluzione temporale ed implementandola con l’analisi di alcune sue caratteristiche qualitative per individuare l’abbondanza di componenti potenzialmente dannosi e per caratterizzarne l’origine autoctona o alloctona. Il Lago Maggiore è un ecosistema dove il fitoplancton, il maggior produttore di sostanza organica, è dominato essenzialmente da diatomee in primavera e da pico- cianobatteri e forme coloniali (anche tossiche) in tarda estate. Tuttavia, in questi ultimi dieci anni, anche a causa dei cambiamenti climatici in atto, le dinamiche del fitoplancton e dei cianobatteri hanno subito notevoli e inaspettate variazioni che influenzano quantitativamente e qualitativamente la sostanza organica prodotta da questi organismi autotrofi. La sostanza organica nel suo complesso può essere valutata come Carbonio Organico Totale (TOC) che è un efficace descrittore dello stato trofico di un lago. Lo studio ormai trentennale del TOC presente nel Lago Maggiore ha mostrato che con il procedere dell’oligotrofizzazione di questo ecosistema si sia verificata una significativa diminuzione delle concentrazioni di TOC. Il monitoraggio della qualità dell’importante riserva di acqua dolce costituita dal Lago Maggiore non può quindi prescindere dalla prosecuzione della serie storica di dati sul TOC in esso contenuto. A partire dal 2013 inoltre, lo studio del TOC si è ampliato includendo anche la valutazione delle sue caratteristiche qualitative. In particolare si è studiata, su base stagionale, la dinamica delle particelle esopolimeriche trasparenti (TEP, Transparent Exopolymeric Particles) e della CDOM (Chromophoric Dissolved Organic Matter). Le prime sono responsabili della componente mucillaginosa della DOM lacustre che, prodotta talvolta in modo massivo dall’attività algale, può interferire con le attività di pesca o può determinare la formazione di masse flottanti superficiali. La seconda è costituita da composti organici ad elevata aromaticità ed è quindi un indicatore di ingresso al lago di sostanza organica alloctona, prodotta nel bacino imbrifero.

5.1 Carbonio Organico Totale (TOC, Total Organic Carbon)

La concentrazione di Carbonio Totale Organico e Inorganico (TOC e TIC) è stata valutata analiticamente su campioni di acqua di lago prelevati con frequenza

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mensile alla stazione di massima profondità (Ghiffa) a 10 profondità scelte in modo da ottenere un profilo di questa variabile lungo la colonna d'acqua. Come in passato le misure di TOC sono state effettuate, previa filtrazione del campione su rete con maglie da 126 µm, con un analizzatore Shimadzu 5000, dotato di autocampionatore, nel giorno stesso del prelievo. Nella Figura 5.1 è presentata l’evoluzione temporale del TOC nelle zone fotica ed afotica del Lago Maggiore nel 2014, confrontata con il trend della stessa variabile nel quinquennio 2009-2013. Dal suo esame emerge che la concentrazione di TOC si è mantenuta prossima ai valori misurati nel quinquennio precedente, confermando la sostanziale stabilità dello stato trofico del Lago Maggiore. La concentrazione di TOC è stata massima nel periodo tardo primaverile ed estivo (1.264 mg L-1 in giugno come valore medio nella zona fotica) per poi decrescere progressivamente negli ultimi mesi dell’anno con il minimo di 0.612 mg L-1, valore medio della zona afotica in novembre.

Fig. 5.1. Evoluzione temporale della concentrazione di TOC nelle zone fotica ed afotica del Lago Maggiore nel 2014 a confronto con i valori della stessa variabile nel quinquennio precedente.

Nella Figura 5.2 il trend stagionale del TOC nell’epilimnio e nell’ipolimnio del Lago Maggiore è presentato in dettaglio per il 2014 insieme alle concentrazione di Carbonio Inorganico Totale (TIC, Total Inorganic Carbon) nelle stessi strati. Dal suo esame si può constatare che nel Lago Maggiore il carbonio inorganico non è mai limitante poiché la sua concentrazione è di un ordine di grandezza superiore a quella del TOC. E’ comunque evidente la diminuzione di TIC e il corrispondente aumento di TOC negli strati più superficiali nei mesi di maggior produzione autotrofa.

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Fig. 5.2. Evoluzione stagionale nel corso del 2013 e 2014 della concentrazione del Carbonio Organico Totale (TOC) e del Carbonio Inorganico Totale (TIC) nell’epilimnio e nell’ipolimnio del lago.

5.2 Particelle Esopolimeriche Trasparenti (TEP, Transparent Exopolymeric Particles)

Le particelle esopolimeriche trasparenti (TEP) sono una classe di particelle organiche presenti negli ambienti acquatici sia marini che lacustri, formate da polisaccaridi escreti da cellule algali e batteriche (Alldredge et al. 1993, Passow 2002). Studi pregressi hanno mostrato che le TEP possono essere associate a fioriture primaverili di diatomee ma anche ad incrementi di aggregati cianobatterici autunnali (Grossart et al. 1997). Quindi lo studio quantitativo del TEP nel Lago Maggiore lungo il profilo verticale e nelle diverse fasi stagionali può dare indicazioni utili sulle sostanze polimeriche extracellulari di natura glucidica rilasciate nell’ambiente dalle alghe e dai batteri, che possono influenzare negativamente la qualità e l’utilizzabilità delle acque del lago. Va ricordato che tra gli effetti dannosi del TEP c’è l’alterazione della dinamica della sedimentazione del carbonio organico con conseguenze importanti sul bilancio complessivo del carbonio. Questo si aggiunge ai possibili effetti negativi sull’attività di pesca per occlusione delle reti e sull’efficienza dei sistemi di filtrazione dell’acqua per usi industriali o alimentari. Infine la qualità delle acque lacustri può essere ridotta per la proprietà del TEP di indurre formazione di schiume e di costituire punti di accumulo di nanoparticelle, batteri e virus. I campioni sono stati prelevati nella stazione di massima profondità (Ghiffa) a 10 profondità: superficie, 5, 10, 15, 20, 50, 100, 200, 300, e 350 metri ed inoltre si è analizzata un campione integrato 0-20 m per caratterizzare la zona epilimnetica ed uno 20-350 m per quella ipolimnetica. La metodica utilizzata, come per l’anno passato, è stata quella descritta da Passow e Alldredge (1995) con la quale le TEP sono colorate con alcian blu, un

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colorante cationico idrofilo che si lega ai lipopolisaccaridi. Si sono usate membrane in policarbonato con pori da 0.4 µm sulle quali si sono filtrati i campioni d’acqua ad un vuoto di 150 mm Hg e si sono colorate le particelle con 500 µl di una soluzione acquosa di alcian blu (8GX) allo 0.02% in acido acetico 0.06%. I filtri sono stati poi immersi in 6 ml di una soluzione al 80 % di acido solforico per 2 ore. L’assorbanza veniva misurata a 787 nm in una cuvetta di 1 cm e il valore del bianco (costitutito da un filtro colorato con alcian blu) veniva sottratto alla misura. La concentrazione di TEP veniva poi ottenuta tramite una curva di calibrazione con gomma xantano. Nella Tabella 5.1 sono riportati i dati di TEP e di TOC della zona epi ed ipolimnetica. Si osserva che il TEP nell’ipolimnio è presente a concentrazioni molto basse o è assente, perché è nella zona trofogenica, eufotica che si produce questo materiale. Le variazioni stagionali del TEP seguono quelle del TOC e nel 2014 queste sostanze sono arrivate ad un massimo del 26% del carbonio organico totale, come media dello strato 0-20 m. Nel 2013 queste percentuali erano state più basse soprattutto in ottobre. Nella tabella è anche riportato il valore della clorofilla nel campione integrato misurata dopo estrazione con il metanolo. Si nota come i valori di TEP siano in accordo con le variazioni delle concentrazioni di clorofilla, mostrando quindi come questa frazione di materiale extracellulare sia anche molto legato ai popolamenti algali.

Tab. 5.1. Concentrazione di TEP e TOC (µg L-1), % di TEP e concentrazione di Clorofilla a (µg L-1) nella zona eufotica e afotica del L. Maggiore 2014.

TEP TOC % TEP Chl

0-20 m

11/02/2014 39 840 5 0.33 16/04/2014 109 925 12 0.73 14/05/2014 75 1111 7 0.53 22/07/2014 332 1261 26 2.25 21/10/2014 223 966 23 1.40

20-350 m

11/02/2014 0 840 0.0

16/04/2014 29 769 3.7

14/05/2014 20 832 2.5

22/07/2014 48 774 6.2

21/10/2014 32 740 4.3

Nella Figura 5.3 sono riportati i profili di TEP nelle quattro date di campionamento stagionale previste. Nel 2014 si è aggiunta una data di campionamento in aprile (16 aprile) per verificare eventuali aumenti dovuti a picchi primaverili di alghe. In febbraio le concentrazioni di TEP sono vicine allo zero, in aprile e in maggio già si notano aumenti: in superficie si raggiungono concentrazioni di 130-150 µg L-1. Con il proseguire della stagione aumenta la concentrazione di TEP che arriva al massimo

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di 776 µg L-1 a 10 m il 22 luglio. Nella stessa data anche il TOC raggiunge le massime concentrazioni dell’anno ma con valori più alti in superficie (1780 µg L-1) e gradualmente decrescenti con la profondità. Anche in ottobre il TEP rimane a concentrazioni elevate, con un profilo verticale simile a quello estivo. Rispetto al 2013 si notano concentrazioni estive di TEP più elevate e che permangono più a lungo in lago (fine ottobre). In primavera i profili delle percentuali di TEP sul TOC (Fig. 5.4) mostrano valori intorno al 10-13% che poi diminuiscono con la profondità.

Fig. 5.3. Profili verticali delle concentrazioni di TEP (pannello superiore) e TOC (pannello inferiore) nelle diverse stagioni, nel Lago Maggiore 2014, alla stazione di Ghiffa.

In estate e per tutto ottobre le percentuali di TEP arrivano anche al 56% nei primi 10- 15 metri. La tarda estate è tipicamente il periodo di comparsa di cianobatteri e di microcolonie di pico-cianobatteri nel Lago Maggiore (Callieri 2010, Callieri et al. 2014).

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Fig. 5.4. Profilo verticale della percentuale di TEP sul TOC totale elle diverse stagioni, nel Lago Maggiore 2014, alla stazione di Ghiffa.

5.3 Sostanza Organica Cromoforica Disciolta (CDOM, Chromophoric Dissolved Organic Matter)

La valutazione differenziale della componente autoctona, a basso peso molecolare, e di quella terrigena alloctona, ad alto peso molecolare, è stata effettuata con frequenza stagionale con stime dell'abbondanza relativa di CDOM (Chromophoric Dissolved Organic Matter) da spettri di assorbimento a specifiche lunghezze d'onda. Da questi si è calcolato la pendenza dello spettro (Spectral slope, S) nelle regioni a lunghezza d’onda più corta (275–295 nm) e più lunga (350–400 nm) e poi il loro rapporto (Slope Ratio, SR). Questo rapporto è inversamente correlato al peso molecolare medio del DOM (Helms et al. 2008) e assume valori tanto più elevati quanto più nel DOM sono abbondanti le molecole a basso peso molecolare (autoctone) rispetto a quelle ad alto peso molecolare (alloctone). In altre parole, nei campioni con prevalenza di CDOM lacustre S275–295 > S350–400 mentre è vero il contrario in campioni con prevalenza di CDOM di origine terrestre (alloctona). Quindi al crescere del peso molecolare SR diminuisce per la maggior assorbanza del CDOM ad alto peso molecolare a lunghezza d’onda più lunghe. (Chen et al 2011, Cory et al. 2011). Nella Fig. 5.5 sono presentati i valori di SR misurati nel corso del 2014 nelle diverse stagioni insieme a quelli relativi al 2013 per comodità di confronto. SR ha assunto il valore di 4.6 già in febbraio alla profondità di 15 m in concomitanza con la presenza di un abbondante popolamento fitoplanctonico (oltre 1 µg L-1 di clorofilla). Successivamente, a maggio, SR torna su valori inferiori ad 1 in tutta la colonna, mostrando l’origine prevalentemente alloctona del DOM presente in quel mese. La successiva immissione di DOM a basso peso molecolare a seguito della produzione autoctona autotrofa è documentata dai più elevati valori che SR assume in luglio, quando questa variabile arriva a presentare una elevata variabilità verticale lungo tutta la colonna e un valore superiore a 4 alla profondità di 50 m. In autunno SR torna

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ad essere inferiore all’unità dimostrando la dominanza del CDOM ad altro peso molecolare e quindi di origine terrestre. In particolare, l’evoluzione spaziale e temporale di SR nel 2014 ha mostrato l’origine prevalentemente autoctona della sostanza organica presente nel Lago Maggiore non soltanto nella stagione estiva ma anche nel mese di febbraio, in concomitanza con un picco, stagionalmente anomalo, di abbondanza algale. Questo risultato supporta la validità di questo parametro per il fingerprinting delle sorgenti di DOM e la sua utilizzabilità anche per identificare le variazioni di abbondanza del carbonio organico in lago legate a peculiarità climatiche, come quelle che hanno caratterizzato l’inverno 2014. E’ comunque ancora da sottolineare la validità diagnostica di SR per tracciare la distribuzione di eventuali sostanze organiche alloctone immesse in lago.

Fig. 5.5. Distribuzione verticale dei valori di SR misurati nel Lago Maggiore nel 2014 in diversi periodi stagionali, a confronto con i profili di SR del 2013.

In conclusione, si può affermare che la concentrazione di sostanza organica, espressa come carbonio organico totale, nel Lago Maggiore nel 2014 non è cambiata in modo rilevante rispetto ai cinque anni precedenti. La disponibilità di carbonio inorganico è sempre stata elevata durante tutto il corso dell’anno. Le TEP hanno costituito una frazione importante del DOM, oltre il 50%, nei mesi di luglio e ottobre negli strati epilimnici, rimanendo su valori modesti e decrescenti con la profondità negli strati ipolimnici. Si tratta di quantità che, pur non avendo causato nel 2014 fenomeni critici, risultano tuttavia tali da far considerare con attenzione questa frazione della sostanza organica. Infatti, anche se il Lago Maggiore è oligotrofo la massima concentrazione di TEP qui misurata (di poco inferiore a 800 µgL-1) è risultata superiore a quella media di 22 laghi della zona nord temperata (256 µgL-1, de Vicente et al. 2010). In considerazione dei possibili effetti negativi del TEP già

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prima ricordati risulta quindi importante considerare questa frazione della sostanza organica come un indicatore dell’evoluzione qualitativa delle acque lacustri. La CDOM è risultata essere una componente importante del DOM negli strati più profondi nei mesi invernali mentre nell’estate 2014 la componente autoctona, a basso peso molecolare, ha dominato il DOM in tutta la colonna d’acqua. Il monitoraggio dell’abbondanza relativa di CDOM si è poi dimostrato importante nella valutazione degli effetti sul lago dell’evoluzione climatica in atto. Infatti, nel mese di febbraio, cioè in un periodo stagionale normalmente di bassa produzione algale, la produzione autoctona autotrofa è risultata essere il maggior costituente del TOC nella zona epilimnica, fatto questo da porre in relazione con le peculiarità climatiche dell’inverno 2014. Si può quindi confermare che, come è emerso dal primo anno di indagini, TEP e CDOM presentano, nel Lago Maggiore, una variabilità spaziale e temporale tale da renderli utili indicatori di eventuali variazioni qualitative della sostanza organica presente in lago. Bibliografia

Alldredge A., U. Passow, B. Logan. 1993. The abundance and significance of a class of large transparent organic particles in the ocean. Deep-Sea Res., 40: 113 - 140. Callieri C. 2010. Single cells and microcolonies of freshwater picocyanobacteria: a common ecology. J.Limnol. 69 (2): 257-277. Callieri C., R. Bertoni, M. Contesini, F. Bertoni. 2014. Lake level fluctuations boost toxic cyanobacterial “oligotrophic blooms”. PloS One, 9, 10, e109526. Chen H., Zheng B., Song Y., Y. Qin. 2011. Correlation between molecular absorption spectral slope ratios and fluorescence humification indices in characterizing CDOM. Aquat. Sci. 73:103–112 Cory R.M., Boyer E.W., D.M. McKnight. 2011. Spectral Methods to Advance Understanding of Dissolved Organic Carbon Dynamics. In: Forested Catchments Forest Hydrology and Biogeochemistry. Eds Levia D. F., Carlyle-Moses D., Tanaka T. Springer Netherlands. vol. 216: 117-135 de Vicente I., Ortega-Retuerta E., Mazuecos I.P., Pace M.L., Cole J.J., I. Reche. 2010. Variation in transparent exopolymer particles in relation to biological and chemical factors in two contrasting lake districts. Aquat. Sci. 72:443–453 Grossart H.P., M. Simon, B.E. Logan. 1997. Formation of macroscopic organic agggregates (lake snow) in a large lake: the significance of transparent exopolymeric particles, phytoplankton, and zooplankton. Limnol. Oceanogr. 42: 1651-1659. Helms J.R., Stubbins A., Ritchie J.D., Minor E.C., Kieber D.J., K. Mopper. 2008. Absorption spectral slopes and slope ratios as indicators of molecular weight, source, and photobleaching of chromophoric dissolved organic matter. Limnol. Oceanogr. 53:955–969 Passow U. 2002. Transparent exopolymer particles (TEP) in aquatic environments. Prog. Oceanogr. 55: 287–333. Passow U., A.L. Alldredge. 1995. A dye-binding assay for the spectrophotometric measurement of transparent exopolymer particles (TEP). Limnol. Oceanogr. 40: 1326–1335.

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6. PRESENZA E DISTRIBUZIONE DI BATTERI ANTIBIOTICO‐ RESISTENTI NELLE ACQUE DEL LAGO MAGGIORE

Gianluca Corno, Andrea Di Cesare, Ester Eckert, Mario Contesini, Roberto Bertoni

La presenza in ambiente di batteri non-patogeni resistenti agli antibiotici è un problema sanitario di primaria importanza. Questi batteri, non pericolosi per l’uomo, possono essere tramite di geni specifici, e quindi indurre resistenza agli antibiotici, in batteri patogeni di origine alloctona che sono presenti nelle acque in ambienti antropizzati come il Lago Maggiore, risultando in un potenziale grave rischio per la salute umana e per l’utilizzo dell’acqua. Un batterio assume la possibilità di sopravvivere in presenza di antibiotici attraverso l’acquisizione e l’attivazione di geni e di pathways molecolari specifici che possono essere prodotti da stress ambientali (per esempio l’impatto dei raggi ultravioletti che provocano mutazioni casuali che si risolvono nello sviluppo di geni funzionanti), dalla presenza di organismi che producono antimicrobici (come nel caso delle resistenze ad antibiotici naturali, molto diffuse nei popolamenti batterici ambientali) e per via dell’esposizione all’antibiotico dei batteri che vivono nei pressi di scarichi urbani, agricoli e industriali (ed è questo il caso più grave perché le resistenze sviluppate sono ad antibiotici sintetici o semisintetici, utilizzati in ambito medico, ospedaliero e veterinario). La nostra attività si concentra su questo ultimo e più pericoloso gruppo, quantificando i geni di resistenza ai principali gruppi di antibiotici di uso comune (medico e veterinario) nei popolamenti batterici del Lago Maggiore. Un’attività comparabile è portata avanti dall’EAWAG sul Lago di Ginevra (Progetto “Antibiotic resistance as an emerging environmental contaminant”, Czekalski et al. 2012, 2014) e analisi sulla presenza di batteri antibiotico resistenti nei tributari del Lago di Costanza sono alla base del progetto “SchussenAktivplus” dell’Università di Tübingen (Triebskorn and Hetzenauer 2012, Triebskorn et al. 2013): entrambi questi studi stanno evidenziando la presenza e la potenziale pericolosità di importanti popolamenti di batteri antibiotico-resistenti nelle acque dei due laghi oggetto di studio. Le acque di scarico civili agricole ed industriali della Val d’Ossola, del Canton Ticino e della zona del Basso Verbano confluiscono nel Lago Maggiore e seppur trattate in modo corretto la loro introduzione è causa diretta o indiretta della formazione di antibiotico-resistenze, in quanto ad oggi non esistono trattamenti specifici per la rimozione di antibiotici dai reflui, come confermato dagli studi sugli efflussi del Depuratore di Losanna nel Lago di Ginevra (Czekalski et al. 2014). Sebbene i dati sull’utilizzo, ancora oggi massivo (nell’ordine di 105 tonnellate per anno nella sola Svizzera, fonte FEDESA) di antibiotici confermino un costante calo nell’ultimo decennio in Canton Ticino e una situazione di consumi grossomodo stabili per Regione Piemonte e Regione Lombardia (AIFA, 2009), sia nel settore medico che in quello veterinario, dati contrastanti arrivano da specifiche analisi sulle vendite (che negli ultimi anni sono caratterizzate anche da un mercato diretto, generalmente elettronico, in gran parte illegale) e da studi sulla presenza di batteri antibiotico resistenti negli ospedali così come nei prodotti agricoli e zootecnici (per esempio la presenza di stafilococchi aurei meticillino-resistenti nei suini da macello ha registrato in Svizzera nel 2012 un aumento dal 5,6 al 18% a fronte di una

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diminuzione delle vendite di antibiotici nel settore zootecnico di circa l’1% e di oltre l’8% nel settore medico, ARCH-Vet. 2012). Un rapporto tra antibiotici utilizzati in veterinaria e antibiotici utilizzati in cure mediche è molto difficile da ottenere, proprio per la poca affidabilità dei dati a disposizione. Inoltre, quantificare la presenza diretta di antibiotici nelle acque del lago è quasi impossibile, data la grande varietà di differenti antibiotici prodotti e date le loro bassissime concentrazioni in acqua, è però possibile quantificarne l’impatto sulla comunità batterica, in termini di sviluppo di batteri resistenti, che sono poi anche la fonte di potenziale rischio. A partire dal 2013, il CNR-ISE monitora la presenza di geni di antibiotico- resistenza per gli antibiotici di uso più comune nella comunità batterica acquatica, in 4 stazioni, due pelagiche (Ghiffa, punto di massima profondità del Lago e Pallanza, Bacino Borromeo), e due litorali ( ed Arona). Le stazioni sono caratterizzate da diverso impatto antropico: Ghiffa subisce indirettamente (attraverso correnti, navigazione, venti e trasporto attraverso organismi più grandi) l’effetto delle attività umane a riva, e quindi dell’inquinamento da antibiotici, mentre le altre tre stazioni sono caratterizzate da un impatto diffuso e costante, con punte di utilizzo nella stagione estiva quando le rive in prossimità dei punti di campionamento sono ampiamente utilizzate per scopi ricreativi.

6.1 Valutazione della presenza di geni di antibiotico-resistenza (ABR) nell’anno 2014

L’attività periodica di campionamento nei Punti di Ghiffa e Pallanza si è svolta mensilmente durante tutto l’anno 2014, mentre i punti di Arona ed Ascona sono stati campionati 4 volte durante il 2014, con cadenza stagionale. I campioni sono stati raccolti come campione integrato degli strati d’acqua compresi tra 0 e 20 metri (ponendo particolare cura nell’evitare di contaminare il campione con frazioni di sedimento e quindi, quando necessario, limitandosi alla frazione 0-1 metro sopra al fondo). Una volta prelevati campioni sono stati quindi posti a 4°C e trasportati nei laboratori dell’ISE dove sono stati prefiltrati su retino da 10 μm per eliminare organismi di taglia superiore, ed i batteri concentrati sul filtri Nucleopore da 0.22 μm. Per ogni filtro, in dipendenza della stagione e quindi della biomassa microbica, è stato possibile concentrare tra 500 e 1500 ml di campione. Dai filtri è stato poi estratto il DNA batterico totale, poi mantenuto a -20°C. Attraverso l’amplificazione tramite polimerase chain reaction (PCR) di frammenti di DNA unici nella loro composizione e specifici di singoli geni di ABR è stato possibile valutare la presenza degli stessi nei vari campionamenti. I protocolli di PCR utilizzati sono quelli standard per ciascun gene ed il risultato è stato valutato qualitativamente dopo aver migrato elettroforeticamente il frammento in gel, averlo evidenziato in fluorescenza (SybrGreen, Biorad). L’amplicone è stato quindi visualizzato in gel attraverso un sistema GelDoc (Biorad). Solo I campioni nei quali la corsa dell’amplicone è risultata priva di segnale di fondo, e l’unica banda presente era relativa alla dimensione attesa sono stati considerati come positivi. I geni analizzati durante il 2014 (secondo anno di monitoraggio intensivo) coprono le famiglie di antibiotici di uso più comune nell’ultimo decennio in Italia ed in Svizzera: beta-lattamici, fluorochinoloni, sulfamidici e tetracicline (Tabella 6.1): si è deciso di testare gli stessi geni già testati nel 2013, al fine di valutarne sia i trend

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pluriennali (nel caso fossero già presenti), sia l’eventuale comparsa (nel caso non fossero stati trovati nel 2013). In totale è stata valutata la presenza di 9 geni, includendo il gene Int1 che per quanto non specifico per una particolare ABR è associato ad un elemento, l’integrone 1, spesso associato a sviluppo di ABR a diversi agenti antimicrobici (Hall & Stokes 1993). Nella seconda parte dell’anno il gene tet(B) di resistenza alle tetracicline, sempre assente fino ad allora, non è più stato testato, ed abbiamo iniziato a testare il gene erm(B) di resistenza all’eritromicina (gruppo degli antibiotici macrolidi). Inizialmente si era deciso di non testare i macrolidi che hanno un consumo (limitato al settore umano) relativamente ridotto il Piemonte e Lombardia.

Tab. 6.1. Antibiotico resistenze testate nel Lago Maggiore, molecole correlate, e dati sul consumo in Italia (Rapporto EFSA e ECDC, 2011). *dati percentuale sul totale utilizzato (valori riferiti al consumo totale che include sia il settore ospedaliero che le cure mediche di base). Famiglia di Utilizzo medico in Gene testato per Utilizzi più comuni antibiotici Italia nel 2011* CIPAIS Pollame, ovini e tet A Tetracicline 1.74 suini. Cure mediche tet B di base. Bovini, suini, sul I Sulfamidici 1.31 pollame, sul II acquacoltura. bla CTX Ospedaliero, cure di Beta-lattamici 63.25 bla SHV base. Bovini e suini. bla TEM Fluorochinoloni 12.78 Ospedaliero. Pollame qnr S Ospedaliero, Macrolidi 15.72 erm B cure di base. ------int 1

I risultati relativi alle analisi per il 2014 dimostrano la presenza di un numero significativo di batteri ABR nelle acque del Lago Maggiore (Fig. 6.1). Questo dato e coerente con i dati a disposizione per i grandi laghi subalpini e con quanto già osservato nel Lago Maggiore nel 2013, ma pone una necessità di analisi e di comprensione del rischio fino ad oggi mai presa in considerazione nella gestione della risorsa idrica. Nel dettaglio, durante l’arco del 2014, ABR ad antibiotici beta-lattamici (i più utilizzati in ambito umano) sono stati riscontrati in campioni singoli nei 4 siti di riferimento (gene blaCTXM) durante la prima parte dell’anno (Fig. 6.1) o sono risultati assenti nei popolamenti batterici del Lago (geni blaTEM e blaSHV). La loro presenza sporadica non sembra legata a particolari eventi climatici o di generale impatto sul Lago, anche se una sorta di stagionalità sembra comparire. Per questa ragione analisi più dettagliate ed una serie temporale più lunga permetteranno una valutazione più completa dei dati. Il gene di resistenza ai solfamidici (sulII) è invece stato riscontrato sia nei siti di monitoraggio mensile di Ghiffa (pelagico) e di Pallanza che in quelli a campionamento stagionale di Arona e Ascona in ogni stagione. La presenza costante

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e massiva di geni di ABR ai solfamidici è comune ad altri laghi (e.g. Ginevra) e non è correlata all’utilizzo di questa famiglia di antibiotici sull’uomo, in quanto i solfamidici, largamente utilizzati fino agli anni ‘60, sono oggi utilizzati in casi molto particolari ed hanno un utilizzo molto limitato. L’impiego di solfamidici in zootecnia è invece massivo, specialmente nel trattamento di bovini e altri grandi mammiferi ed in acquacoltura.

Fig. 6.1. Frequenza dei geni di ABR risultati positivi nei vari siti campionati nell’anno 2014. Per ogni campionamento e per ogni sito almeno una specifica ABR è stata trovata durante l’anno 2014, indipendentemente dalla resistenza testata. Il colore rosso indica una situazione di almeno un campionamento durante la stagione nel quale lo specifico gene di resistenza è quantificabile, il giallo, che in almeno un caso abbiamo avuto una presenza non quantificabile (e mai più elevata durate la stagione), mentre il verde indica l’assenza del gene specifico.

Anche i geni di resistenza alle tetracicline, antibiotici ampiamente utilizzati in zootecnia e anche, seppur con minor preponderanza, nelle cure di base e ospedaliere per esseri umani, sono presenti in misura consistente nei campioni analizzati: il gene tetA è stato stagionalmente riscontrato in tutti i campioni, con una certa riduzione nel periodo estivo, specialmente ad Arona ed Ascona. Il gene tetB è risultato non presente in tutti i campioni, anche in questo caso in accordo con i dati prodotti dai programmi di analisi effettuati su altri grandi laghi europei, per questa ragione a partire da luglio 2014 non è stato più monitorato. Tutti i campioni analizzati sono inoltre risultati negativi rispetto alla presenza di fluorochinoloni (qnrS) dei macrolidi (nuovo gruppo di antibiotici, testato attraverso il gene ermB a partire dal 2014) e dell’interferone 1. I risultati ottenuti, oltre a porre l’attenzione su un tema a lungo sconosciuto ed oggi di rilevanza preminente, ci hanno portato a ricercare un dato più preciso riguardo all’effettiva consistenza del numero di geni presenti, e quindi dell’importanza della contaminazione. Per questa ragione, nel 2014, abbiamo applicato analisi di qPCR (PCR quantitativa) ai geni tetA di resistenza alle tetracicline e sulII (solfamidici) presenti nella gran parte dei campioni analizzati, ma anche per i geni blaCTXM (betalattamici) e strB (aminoglicosidi) presenti solo in alcuni campioni, ma di maggiore interesse in quanto più direttamente correlabili a contaminazioni da parte dell’uomo.

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6.2 Quantificazione dei geni di resistenza

La quantificazione dei geni tetA, sulII, blaCTXM e strB è stata effettuata attraverso analisi in PCR quantitativa (qPCR). Il DNA estratto da ogni campione è stato purificato e quantificato. Il protocollo di qPCR utilizzato prevede l’uso di home-made standard per la definizione di un limite soglia per la quantificazione del segnale (Bustin et al. 2009). Per le analisi è stato utilizzato un termociclatore Biorad CTX Connect, con chimica SSO Advanced (Biorad) in SybrGreen. I valori di amplificazione dei diversi geni sono stati poi rapportati ai valori di amplificazione del gene 16S rRNA, gene conservativo delle cellule procariotiche che può essere considerato un proxy del numero totale di cellule batteriche, ma anche indicato come numero assoluto di copie di ogni dingolo gene per millilitro, in modo da evitare errori legati alla variabilità del numero di copie di 16S rRNA nei diversi batteri. I risultati ottenuti dimostrano la presenza, in termini significativi del gene tetA nei popolamenti batterici del Lago Maggiore, senza pattern spaziali significativi, con concentrazioni che possono raggiungere i 500000 geni presenti per milione di cellule batteriche, equivalente in alcuni casi a circa 1000000 di geni per millilitro (Fig. 6.2). Questo valore, riscontrato per tetA nelle sue massime concentrazioni è indicativo di un elevato impatto antropico, dal punto di vista di rilascio di antibiotici in ambiente, ed è in qualche modo paragonabile ai valori per il gene sulII (Fig. 6.2) che, seppur non raggiunga abbondanze elevate quanto tetA, in molti casi (come a Pallanza per i primi 6 mesi del 2014) è il gene di resistenza più abbondante in assoluto. I geni di resistenza a betalattamici e aminoglicosidi (blaCTXM e strB) sono presenti nel Lago Maggiore unicamente nella prima parte del 2014, e solo in due casi in gennaio 2014 risultano quantificabili (Fig. 6.2). In generale possiamo osservare una situazione in cui la prima parte dell’anno è caratterizzata da una elevata quantità di geni di resistenza nel popolamento batterico, in tutte le stazioni. La seconda parte del 2014 invece vede un calo drastico delle abbondanze ed in alcuni casi (blaCTXM e strB) la scomparsa quasi assoluta del gene. La comparazione tra il primo anno di monitoraggio (il 2013) ed il 2014, ci conferma la complessità dell’analisi. Limitandoci ai due geni per i quali abbiamo valori quantitativi per entrambi gli anni del biennio, sulII e tetA (Fig. 6.3) si può notare come le due annate siano state caratterizzate da trend difficilmente comparabili sia per la stazione pelagica di Ghiffa che per quella litorale di Pallanza. La stazione di Ghiffa vedeva nel 2013 per il gene tetA un picco estivo ben caratterizzato ed uno a dicembre 2013, con abbondanze relative comprese tra 20 e 100 geni per millilitro. Allo stesso tempo il gene sulII oltre ad un piccolo picco ad inizio primavera incrementava significativamente in estate (5-10 copie per millilitro). Nel 2014 (Fig. 6.3) la situazione ha visto un forte incremento di abbondanze per entrambi i geni nella prima parte dell’anno (tetA circa 1 milione di copie millilitro a gennaio e aprile, sulII 50-100000 copie per millilitro da febbraio a maggio) mentre da luglio a dicembre la situazione si è riportata su valori paragonabili al 2013.

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Fig. 6.2. Misura dell’incidenza dei diversi geni di resistenza quantificabili attraverso tecniche di RT- PCR nei popolamenti microbici del Lago Maggiore nel 2014.

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Fig. 6.3: Numero di copie per millilitro di geni di resistenza alle tetracicline (tetA) ed ai solfonamidici (sulII) nelle stazioni di Ghiffa (pelagica) e Pallanza (litorale), campionate con cadenza mensile.

Benché la situazione di Pallanza sembri più complessa (Fig. 6.3), un netto incremento in termini di abbondanza assoluta può essere facilmente osservato sia per quanto riguarda i geni di resistenza ai solfonamidici (in netto calo nella seconda parte dell’anno) che le tetracicline. Il valore massimo in termini di abbondanza per il sito di Pallanza è più basso per entrambi i geni, che non superano le 70000 cellule millilitro (tetA) e le 180 (sulII). In conclusione possiamo affermare che dalle analisi di questo secondo anno di monitoring della presenza di antibiotico-resistenze nel Lago Maggiore, il quadro che si ottiene è di un lago fortemente antropizzato dove resistenze specifiche ad antibiotici sintetici sono presenti e diffuse. Questa situazione pur essendo lontana dall’essere ottimale non ci pone per ora in uno stato di emergenza, ma sicuramente di pre-allarme in quanto l’utilizzo delle acque del Lago a fini diversi è già elevato ed andrà ad aumentare nei prossimi anni, mentre un eventuale adeguamento dei sistemi di depurazione non è una soluzione definitiva e l’utilizzo di antibiotici, seppur in calo secondo le fonti ufficiali, è comunque ancora massivo, sia nel settore della salute umana che, soprattutto, in quello agricolo-zootecnico. Le analisi effettuate in questo secondo anno hanno permesso di confermare alcune criticità apparse già durante il 2013, e di proporne di nuove. L’andamento in crescita delle abbondanze dei principali geni di resistenza preoccupa e richiede un affinamento delle ricerche, oltre che alla costituzione di una serie temporale tale da permetterci di destagionalizzare i dati e valutarli nella loro consistenza reale.

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Al tempo stesso la conferma dell’assenza di geni di resistenza ad un gruppo importante e molto utilizzato come i fluorochinoloni ci fa ben sperare per una diretta risposta ambientale alla contaminazione, ma anche in questo caso solo attraverso analisi più approfondite e serie temporali più ampie sarà possibile proporre una valutazione nel merito. Così come fatto per il 2014 anche nel 2015 stiamo affinando la ricerca, e definendo nuove famiglie di antibiotici per le quali è necessaria la valutazione dello sviluppo di batteri resistenti. Le analisi quantitative verranno quindi ampliate a più geni, ogniqualvolta verrà considerato necessario, ed includeranno sicuramente tutti i geni a maggior diffusione, per le quali saranno ampliate anche al biennio 2013-14 (come già fatto quest’anno per il gene sulII), grazie al fatto che il DNA estratto è conservato nei laboratori del CNR-ISE. Bibliografia

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7. EVOLUZIONE STAGIONALE E A LUNGO TERMINE DELLE CARATTERISTICHE CHIMICHE DEL LAGO MAGGIORE E BILANCIO DEI NUTRIENTI A LAGO (AZOTO E FOSFORO)

Michela Rogora, Paola Giacomotti, Arianna Orrù, Lyudmila Kamburska, Alfredo Pranzo, Gabriele A. Tartari

7.1. Chimica di base e contenuto ionico delle acque lacustri

I prelievi per le analisi chimiche nel 2014 sono stati eseguiti con frequenza mensile in corrispondenza del punto di massima profondità del Lago Maggiore (bacino di Ghiffa). Le profondità considerate sono state in totale 12: 0, -5, -10, -20, - 30, -50, -100, -150, -200, -250, -300, -360 metri. Su tutti i campioni raccolti sono stati determinati pH, conducibilità, alcalinità, ossigeno disciolto, nutrienti (fosforo reattivo e totale, azoto ammoniacale, nitrico e totale, silicati). In due momenti stagionali (marzo e settembre) sono stati determinati anche l’azoto nitroso ed i principali anioni e cationi. Le analisi sono state eseguite presso il laboratorio di idrochimica del CNR ISE di Verbania, con le metodiche analitiche in uso presso il laboratorio ed utilizzate nel corso delle precedenti campagne sul Lago Maggiore. Il laboratorio adotta regolarmente controlli di qualità sia interni (es. utilizzo carte di controllo, verifica del bilancio ionico, confronto conducibilità misurate e calcolate) che esterni (es. analisi di campioni certificati, partecipazione ad esercizi di intercalibrazione), per garantire la qualità dei dati prodotti e la loro confrontabilità nel tempo. Le informazioni sulle metodiche analitiche e sui controlli di qualità adottati nel laboratorio sono disponibili al sito web http://www.idrolab.ise.cnr.it/. In aggiunta alle elaborazioni eseguite negli anni precedenti, che prevedono la rappresentazione delle variabili come medie epilimniche (0-25 m), ipolimniche (25- 360 m) o sull’intera colonna d’acqua (0-360 m), sono stati realizzati dei grafici utilizzando tutti i dati disponibili (12 profondità per ogni campionamento). Questo tipo di rappresentazione è stata utilizzata per i nutrienti e l’ossigeno, allo scopo di evidenziare contemporaneamente la variabilità spaziale del dato (lungo la colonna) e quella temporale. Infine, allo scopo di analizzare le tendenze a lungo termine (dagli anni ’80) ed individuare le variazioni principali intervenute nei livelli dei nutrienti a lago, le serie storiche (valori medi sulla colonna d’acqua alla circolazione tardo invernale) sono state analizzate mediante il metodo proposto da Rodionov e Overland (2005) per l’individuazione di “regime shift”. Si tratta di un metodo statistico che permette di individuare i punti di discontinuità in una serie temporale, mediante l’analisi sequenziale di media e deviazione standard. I valori di conducibilità e le concentrazioni degli ioni principali misurati nel campionamento alla circolazione (10 marzo 2014) sono riportati in Tab. 7.1, a confronto con i valori rilevati negli anni precedenti (2005-2013). Tutti i dati fanno riferimento al campionamento di marzo, in corrispondenza del mescolamento tardo invernale, e si riferiscono a valori medi ponderati sui volumi dalla superficie al fondo. Com’è da attendersi nel caso di un lago grande e profondo come il Maggiore, la composizione chimica di base delle acque varia pochissimo tra un anno e l’altro, e le concentrazioni ioniche, così come la conducibilità, risultano abbastanza stabili nel tempo (Tab. 7.1).

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La Figura 7.1 mostra l’andamento delle temperature superficiali (strato epilimnico, ovvero tra 0 e 25 m di profondità) nelle acque del lago rilevate nel 2014, a confronto con l’andamento del decennio precedente. I massimi estivi nel 2014 sono stati di 17,2°C, più bassi quindi rispetto a quelli degli anni precedenti: con l’eccezione del 2004, 2008 e del 2013 infatti, i massimi estivi hanno raggiunto in tutti gli anni valori compresi tra 18 e 20 °C. I minimi del periodo tardo invernale (7,2 e 7,1 in gennaio e febbraio 2014, rispettivamente) sono stati invece simili a quelli degli altri anni. La Figura 7.2 mostra i valori medi di pH e ossigeno misurati nello strato epilimnico nel periodo 2004-2014. I dati dell’ultimo anno non hanno mostrato scostamenti di rilievo rispetto all’andamento tipico di questi due parametri, se non per un minimo accentuato di pH in ottobre (7,36). I massimi estivi, di 8,08 e 8,14 in giugno –luglio rispettivamente, sono stati leggermente inferiori rispetto a quelli degli anni immediatamente precedenti (tra 8,3 e 8,5); a questi picchi corrispondono i massimi di saturazione di ossigeno (108% e 112%) rilevati nel 2014 (Fig. 7.1).

Tab. 7.1 Concentrazioni degli ioni principali (meq L-1) e conducibilità a 20 °C (Cond.; µS cm-1) alla circolazione tardo invernale nelle acque del Lago Maggiore (valori medi ponderati sui volumi), stazione di Ghiffa, negli anni dal 2005 al 2014.

GHIFFA 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 - HCO3 0,81 0,82 0,83 0,83 0,82 0,84 0,84 0,85 0,83 0,83 = SO4 0,61 0,63 0,61 0,61 0,61 0,62 0,62 0,62 0,63 0,6 Cl- 0,07 0,07 0,08 0,07 0,08 0,08 0,09 0,08 0,08 0,09 - NO3 0,06 0,06 0,06 0,06 0,06 0,06 0,06 0,06 0,06 0,06 Ca++ 1,12 1,13 1,16 1,15 1,14 1,12 1,10 1,13 1,09 1,11 Mg++ 0,31 0,31 0,31 0,31 0,31 0,31 0,31 0,31 0,30 0,30 Na+ 0,12 0,12 0,13 0,13 0,13 0,13 0,13 0,13 0,13 0,13 K+ 0,04 0,04 0,04 0,04 0,04 0,04 0,04 0,04 0,04 0,04 Σ ioni 3,14 3,18 3,21 3,20 3,19 3,20 3,18 3,22 3,16 3,17 Cond. 147 148 150 153 152 152 151 153 151 152

Nelle Figure 7.3 e 7.4 sono riportati gli andamenti dei valori mensili di alcalinità e conducibilità in epilimnio e sull’intera colonna d’acqua dal 2004 al 2014. Le due variabili mostrano andamenti simili, essendo calcio e bicarbonati gli ioni prevalenti e che maggiormente contribuiscono al contenuto ionico totale e quindi al valore di conducibilità. I valori epilimnici di entrambe le variabili mostrano una variabilità stagionale accentuata: nel 2014 i massimi superficiali di alcalinità e conducibilità sono stati misurati ad aprile (0,84 meq L-1 e 148,1 µS cm-1 a 20 °C, rispettivamente) e i minimi in settembre (0,73 meq L-1 e 129 µS cm-1 a 20 °C, rispettivamente). Come nel 2013 il minimo estivo di conducibilità nel 2014 è stato piuttosto accentuato; anche la conducibilità media sulla colonna ha mostrato una leggera flessione nel 2014, in contrasto con il trend in aumento che aveva caratterizzato l’ultimo decennio (Fig. 7.4). A fine anno inoltre, la conducibilità, dopo un aumento nel mese di ottobre a 140 µS cm-1 a 20 °C, è nuovamente diminuita (132 µS cm-1 a 20 °C a dicembre), a causa delle elevate precipitazioni che hanno interessato tutto il mese di novembre.

60

Anche l’alcalinità, come valori medi sulla colonna d’acqua, sembra essersi stabilizzata nelle acque del lago, rispetto al trend in aumento che aveva caratterizzato il periodo precedente (Fig. 7.3).

°C 24,0 Temperatura epilimnio

20,0

16,0

12,0

8,0

4,0 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015

Fig. 7.1 Valori della temperatura delle acque in epilimnio (0-25 m) nel periodo 2004-2014 (valori medi ponderati sui volumi nella stazione di massima profondità).

pH O2 % sat 9,0 pH epilimnio ossigeno epilimnio 125

8,6 105

8,2 85

7,8 65

7,4 45

7,0 25 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015

Fig. 7.2 Valori di pH e saturazione d’ossigeno nello strato epilimnico (0-25 m) delle acque del Lago Maggiore nel periodo 2004-2014 (valori medi ponderati sui volumi nella stazione di massima profondità).

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meq L-1 0,95 Alcalinità (epilimnio) Alcalinità (lago)

0,90

0,85

0,80

0,75

0,70

0,65 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015

Fig. 7.3 Andamento nel periodo 2004–2014 dei valori medi ponderati sui volumi di alcalinità nello strato epilimnico (0-25 m) e nell’intero lago (0-370 m).

µS cm-1 160 Conducibilità (epilimnio) Conducibilità (lago)

150

140

130

120 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015

Fig. 7.4 Andamento nel periodo 2004–2014 dei valori medi ponderati sui volumi di conducibilità a 20°C nello strato epilimnico (0-25 m) e nell’intero lago (0-370 m).

7.2. Nutrienti a lago (composti dell’azoto e del fosforo e silicati)

La Figura 7.5 riporta i valori medi ponderati sulla colonna d’acqua di azoto nitrico e totale nel periodo 2004-2014. Le concentrazioni di azoto organico, nitrico e totale in epilimnio (0-25 m) sono invece riportate in figura 5.6.

62

mg N L-1 1,10 azoto nitrico azoto totale

1,00

0,90

0,80

0,70 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015

Fig. 7.5. Concentrazioni di azoto totale e nitrico nel periodo 2004-2014 (valori medi ponderati sui volumi dalla superficie al fondo nella stazione di massima profondità). mg N L-1 1,20 azoto totale azoto nitrico azoto organico

1,00

0,80

0,60

0,40

0,20

0,00 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015

Fig. 7.6 Concentrazioni di azoto nitrico, organico e totale nello strato epilimnico (0-25 m) nel periodo 2004-2014. Il trend dei valori di nitrati mostra una diminuzione nell’ultimo decennio, confermata anche dai dati del 2014: da concentrazioni attorno a 0,85 si è passati a circa 0,80-0,82 mg N L-1. Mentre però nel 2013 i valori erano rimasti stabilmente attorno a 0,80 mg N L-1, senza un’evidente stagionalità, nel 2014 si è passati da 0,83 nei mesi invernali a 0,80-0,81 in estate, per poi risalire a 0,85 mg N L-1 in ottobre. I valori di azoto totale appaiono più stabili nel tempo, con una leggere flessione nel 2014, soprattutto dei minimi estivi (0,89 mg N L-1 in agosto).

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La diminuzione di azoto nitrico è osservabile anche dai dati relativi alle acque superficiali (strato epilimnico): sia i massimi invernali che i minimi estivi tendono a diminuire progressivamente, da 0,86-0,88 a 0,82-0,83 e da circa 0,70 a 0,58 mg N L-1 rispettivamente. Nel 2014 comunque l’andamento stagionale delle diverse forme di azoto è stato del tutto simile a quello degli anni precedenti: l’azoto totale è risultato compreso tra 0,76 in agosto/settembre e 0,97 mg N L-1 in gennaio e l’azoto organico, che rappresenta comunque una frazione non superiore al 20% del totale, tra 0,11 in dicembre e 0,23 mg N L-1 in giugno. Nel 2014 l’azoto nitrico e totale hanno mostrato, come già rilevato per altre variabili, una flessione dei valori in dicembre, a causa degli elevati afflussi conseguenti alle precipitazioni particolarmente abbondanti di novembre. Il grafico in Fig. 7.7 mostra l’andamento nell’ultimo decennio delle concentrazioni di nitrati considerando tutte le profondità campionate.

Fig. 7.7 Concentrazioni di azoto nitrico misurate alle diverse profondità (da 0 a 360 m) nelle acque del Lago Maggiore nel periodo 2004-2014.

Questa rappresentazione grafica mette in maggior evidenza la diminuzione delle concentrazioni di nitrati che si verifica nel periodo estivo nelle acque superficiali: pur trattandosi di un andamento che si ripete regolarmente tutti gli anni, per effetto dell’uptake di azoto da parte delle alghe fitoplanctoniche, questo processo sembra essersi accentuato negli anni più recenti: negli strati più superficiali le concentrazioni sono scese infatti fino a circa 0,4-0,5 mg N L-1 negli anni 2012-14, mentre rimanevano superiori a 0,6 mg N L-1 negli anni precedenti. Analogamente le concentrazioni negli strati al di sotto dei 30 m di profondità sono leggermente diminuite, come evidenziato dalla variazione di colore in Figura 7.7. Questa tendenza potrebbe dipendere da un utilizzo più marcato di azoto nei mesi estivi, ma anche da una variazione negli apporti di questo elemento dalle acque tributarie. Le temperature estive negli strati superficiali de lago sono state, nel 2014, inferiori alla media (Fig. 7.1), fattore che non giustificherebbe una maggior produttività algale ed

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un maggior consumo di nutrienti, rispetto agli anni precedenti. La diminuzione è quindi più verosimilmente da attribuire alla recente diminuzione degli apporti di azoto nitrico dai tributari, dovuta prevalentemente alla riduzione dei carichi atmosferici di questo elemento (Rogora et al. 2012). Tra le altre forme di azoto, i nitriti, come già negli anni precedenti, hanno mostrato a Ghiffa concentrazioni molto basse nel 2014 (1 µg N L-1 a marzo in epilimnio); anche l’azoto ammoniacale ha presentato valori bassi, attorno a 2 µg N L- 1 nei mesi invernali e leggermente più elevati nel periodo primaverile ed estivo (4-14 µg N L-1, con il massimo di 14 µg N L-1 in agosto nelle acque epilimniche). Considerando l’intera colonna d’acqua, i valori medi sono stati compresi tra 1 e 5 µg N L-1. Le dinamiche dell’azoto nel loro complesso sono particolarmente importanti in un ecosistema come quello del Lago Maggiore. Le variazioni dei livelli di azoto nelle acque, i rapporti relativi tra azoto e fosforo, e la conversione dell’azoto nelle diverse forme possono avere infatti importanti ripercussioni sulle biocenosi (Elser et al., 2009). Studi sulla chimica delle deposizioni atmosferiche nell’areale del lago e sulla loro evoluzione temporale hanno dimostrato come gli apporti dall’atmosfera siano un veicolo preferenziale di azoto per le acque superficiali (Rogora et al., 2006). Il Lago Maggiore, così come altri corpi idrici minori all’interno del suo bacino imbrifero, rispondono alle variazioni nei carichi atmosferici di azoto, con un ritardo temporale che dipende da vari fattori, tra cui le dinamiche di mescolamento ed i processi biologici. Il lago in particolare sta rispondendo alla recente riduzione negli apporti atmosferici di azoto, dopo un periodo di progressivo arricchimento in nitrati che aveva caratterizzato gli anni ’90 e ’00 (Rogora et al., 2012). La Fig. 7.8 riporta le concentrazioni medie sulla colonna d’acqua di fosforo reattivo e totale misurate nella stazione di Ghiffa nel periodo 2004-2014. Nel 2014 i massimi di entrambe le variabili sono stati misurati in dicembre (rispettivamente 10 e 12 µg P L-1) e marzo (rispettivamente 8 e 13 µg P L-1) e i minimi in luglio e settembre (7 e 10 µg P L-1). I dati del 2014 confermano il trend in aumento delle concentrazioni di fosforo, iniziato nel 2011. I valori degli ultimi 4 anni infatti, sono stati caratterizzati da massimi estivi sempre superiori a 12 µg P L-1 nel caso del fosforo totale e prossimi o superiori a 10 per il fosforo reattivo, e da minimi estivi di 10-11 e 7-9 µg P L-1, rispettivamente, valori superiori di 1 o 2 µg P L-1 a quelli rilevati negli anni precedenti. Anche le concentrazioni medie annue, che concorrono a definire il livello trofico del lago, nel 2014 sono state pari a 9 e 11 µg P L-1 sull’intera colonna d’acqua per fosforo reattivo e totale, valori che collocano il lago tra l’oligotrofia e la mesotrofia. La Fig. 7.9 mostra l’andamento nell’ultimo decennio delle concentrazioni di fosforo totale alle diverse profondità. Appare evidente un lieve incremento dei valori alle profondità tra 30 e 50 m, ma soprattutto un aumento progressivo delle concentrazioni nelle acque ipolimniche: i valori al di sotto dei 200 m di profondità, negli anni fino al 2010, erano compresi prevalentemente tra 10 e 15 µg P L-1, mentre negli anni più recenti hanno spesso raggiunto o superato i 20 µg P L-1. Questo accumulo nelle acque ipolimniche è da ritenersi una conseguenza del mancato rimescolamento delle acque, che negli ultimi anni non ha mai interessato profondità superiori ai 100 m. Si sta quindi assistendo a una fase di incremento, seppur

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contenuto, dei livelli di fosforo nelle acque, in particolare della riserva complessiva di questo elemento negli strati più profondi. µg P L-1

14 Fosforo reattivo Fosforo totale

12

10

8

6

4

2 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015

Fig. 7.8 Andamento delle concentrazioni di fosforo reattivo e totale nel periodo 2004-2014 (valori medi ponderati sui volumi dalla superficie al fondo nella stazione di massima profondità).

Fig. 7.9 Andamento delle concentrazioni di fosforo totale nel Lago Maggiore alle diverse profondità nel periodo 2004-2014.

Per quanto riguarda i silicati reattivi, le concentrazioni medie annue in epilimnio, ipolimnio e sull’intera colonna d’acqua nel 2014 sono state pari rispettivamente a 1,05, 1,65 e 1,6 mg Si L-1. La Figura 7.10 riporta i valori epilimnici (0-25 m) e medi sulla colonna d’acqua dei silicati nel periodo 2004-2014. I valori del 2014, così come quelli del 2013, si caratterizzano per dei minimi estivi, nelle acque

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superficiali, leggermente più elevati della media (tra 0,65 e 0,97 mg Si L-1 nei mesi da aprile a ottobre). I massimi invernali (1,42-1,70 mg Si L-1) sono stati in linea con quelli misurati negli altri anni, considerando la variabilità di questo soluto, le cui concentrazioni nelle acque sono controllate prevalentemente dall’uptake da parte delle diatomee. I valori medi sulla colonna d’acqua non hanno mostrato tendenze significative nell’ultimo decennio (Fig.7.10). Anche per i silicati, si è analizzata la tendenza delle concentrazioni nell’ultimo decennio utilizzando tutti i dati disponibili per le 12 profondità campionate (Fig. 7.11): si conferma la mancanza di un trend, sia per quanto riguarda le acque superficiali che quelle profonde, ad indicare per questa variabile una situazione di sostanziale stabilità, perlomeno per il periodo più recente.

mg Si L-1 2,00 Silicati (epilimnio) Silicati (lago)

1,60

1,20

0,80

0,40

0,00 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015

Fig. 7.10 Concentrazioni medie ponderate sui volumi di silicati reattivi nello strato epilimnico (0-25 m) e nell’intero lago (0-370 m) nel periodo 2004-2014.

Fig. 7.11 Andamento delle concentrazioni di silicati nel Lago Maggiore alle diverse profondità nel periodo 2004-2014.

67

L’applicazione del metodo della “Regime Shift Analysis” (Rodionov and Overland, 2005) alle serie di dati storici (1983-2014) relativi a fosforo totale, azoto totale e silicati ha permesso di identificare le principali discontinuità, che delimitano periodi ‘stabili’ in cui le concentrazioni non variano significativamente e i punti di cambiamenti (shifts) (Fig. 7.12).

Silicati 2 1994 3 1999

1,6 2001 1,5

1 - 0 RSI 1,2 1986 -1,5

mg Si mgSi L 0,8 -3 0,4 -4,5 2006

0 -6

1983

1985

1987

1989

1991

1993

1995

1997

1999

2001

2003

2005

2007

2009

2011 2013

Azoto totale

1985 1992 2002 1 1

-0,5

1 -

0,8 RSI -2

mg N mg L 0,6 -3,5 2007

0,4 -5

1983

1985

1987

1989

1991

1993

1995

1997

1999

2001

2003

2005

2007

2009

2011 2013

Fosforo totale 25 3 2012 20 2 1998

15 1 RSI

1 -

10 0 µg P P µg L 2000 2005 5 -1 1987 1992

0 -2

1983

1985

1987

1989

1991

1993

1995

1997

1999

2001

2003

2005

2007

2009

2011 2013

Fig. 7.12 Regime shift analysis applicata alle concentrazioni (valori medi sulla colonna d’acqua) di silicati, azoto totale e fosforo totale misurateFoforo alla reattivocircolazione tardo-invernale nel periodo 1983-2014. 2012 2 Probability15 = 1, cutoff length = 10, Huber parameter = 1, significance 0.01; RSI- Regime Shift Index; 1997 1 Weighted:12 Weighted means of the regimes. 2003

0 RSI 9

1 - Tra 6 le variazioni più importanti, si evidenziano uno “shift” rispettivamente-1 1992 µg P P µg L 3 -2 positivo e negativo per1989 azoto e fosforo totale nel 1992. Contemporaneamente ad una

delle riduzioni0 più accentuata dei livelli di fosforo a lago, avvenuta all’inizio-3 degli

1983

1985

1987

1989

1991

1993

1995

1997

1999

2001

2003

2005

2007

2009

2011 2013

RSI parametro Weighed

68

anni ’90, si verificava quindi un aumento del contenuto di azoto nelle acque, con conseguente variazione del rapporto N:P nelle acque. Nell'ultima decade si osserva invece la presenza di una discontinuità, sotto forma di diminuzione, comune alle tre variabili negli anni tra 2005 e 2007, e particolarmente accentuata per silicati e azoto. Dopo un periodo di aumento, iniziato negli anni ’90, le concentrazioni di entrambe queste variabili sono diminuite, per poi rimanere pressoché stabili dal 2006 in poi. Sia l’azoto che la silice sono comunque presenti a lago con valori attualmente più elevati di quelli che caratterizzavano il lago all’inizio degli anni ’80 (Fig. 7.12). Infine per il fosforo totale si evidenzia uno “shift” positivo nel 2012, che segna il recente passaggio a tenori più elevati di questo elemento nelle acque lacustri, come descritto in precedenza. Anche il periodo 1998-2005 era stato caratterizzato da livelli leggermente più elevati di fosforo, mentre i minimi assoluti per il Lago Maggiore hanno caratterizzato il periodo 2006-2011. Nel complesso questo tipo di analisi evidenzia come, se nel caso del fosforo le variazioni più marcate si sono avute nella fase di oligotrofizzazione del lago (anni ’90), anche nel periodo più recente si assiste ad un’alternanza di fasi, che permangono in genere per qualche anno. Un discorso analogo vale per i composti dell’azoto e per i silicati. Nel determinare queste fasi gli apporti dal bacino hanno un ruolo determinante: ad esempio, la recente diminuzione dei livelli di azoto è quasi certamente da imputare al calo negli apporti atmosferici di questo elemento e quindi alla diminuzione dei carichi veicolati dai tributari (Rogora et al., 2012), come discusso nel successivo paragrafo 7.4. Certamente però anche i fattori meteo- idrologici (alternanza di anni siccitosi e anni con precipitazioni abbondanti) e climatici giocano un ruolo importante (Rogora et al., 2013). Infine, analizzare gli andamenti delle concentrazioni di nutrienti a lago in maniera congiunta è importante ai fini di considerarne, oltre ai singoli valori, anche i reciproci rapporti, che possono avere un ruolo importante nel controllo della produzione algale (Elser et al., 2009, Teubner and Dokulil, 2002). 7.3 Ossigeno disciolto

I valori del contenuto medio e della saturazione di ossigeno nel periodo 2004- 2014 nello strato al di sotto dei 200 m di profondità, ritenuti indicativi dello stato di ossigenazione delle acque, sono riportati in Fig. 7.13. I dati del 2014 confermano la situazione degli ultimi anni, ovvero una stabilità delle concentrazioni di ossigeno -1 disciolto in questo strato, con valori compresi tra 6,5 e 7,5 mg O2 L (54-63% di saturazione). Nel periodo 2006-2011 si era verificata una diminuzione dei tenori di ossigeno -1 al di sotto dei 200 m, passati da valori superiori a 9,5 mg O2 L (oltre 75% come -1 tenore di saturazione) a valori inferiori a 7,0 mg O2 L (56-59% come percentuale di saturazione). Questa tendenza si è arrestata dal 2011 in poi, e i valori si sono -1 stabilizzati attorno a 7,0 mg O2 L e 60% di saturazione (Fig. 7.13). Gli andamenti nell’ultimo decennio della concentrazione di ossigeno disciolto e del valore di saturazione, considerando tutte le profondità analizzate, è riportato in Fig.7.14. Si osserva una lieve tendenza all’aumento delle concentrazioni nelle acque -1 superficiali, dove i massimi estivi superano frequentemente i 12 mg O2 L ; inoltre,

69

negli anni più recenti i valori sembrano permanere elevati per un periodo più prolungato (indicativamente da marzo a giugno-luglio).

-1 % O sat. mg O2 L 2 12 contenuto medio % di saturazione 85

11 75

10 65

9 55

8 45

7 35 < 200 m 6 25 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015

Fig. 7.13 Andamento nel periodo 2004-2014 delle concentrazioni medie di ossigeno (valori ponderati sui volumi).

-1 Fig. 7.14 Andamento nel periodo 2004-2014 delle concentrazioni di ossigeno (mg O2 L ) e dei corrispondenti tenori di saturazione (% O2) alle diverse profondità analizzate.

70

Per le acque ipolimniche si conferma la riduzione dei valori a partire dal 2006, che appare accentuata soprattutto al di sotto dei 150-200 m. Nell’ultimo triennio i valori sembrano però stabili, sia in termini di concentrazioni che di saturazione (Fig. 7.14). Nel complesso i valori di ossigeno misurati nel Lago Maggiore possono ritenersi indicativi di un buon livello di ossigenazione delle acque. I valori sono infatti nettamente più elevati rispetto a quelli raggiunti nel periodo di massima -1 eutrofizzazione (5,4 mg O2 L e 45% di saturazione negli anni ‘80) ed il lago è quindi ben lontano dalle condizioni di ipossia/anossia delle acque di fondo che caratterizzano i laghi eutrofi. Tenori leggermente più elevati di ossigeno nelle acque superficiali in primavera-estate potrebbero dipendere da una più intensa (o anticipata) attività algale, cosa che troverebbe conferma nella diminuzione delle concentrazioni di nitrati in epilimnio nei mesi estivi. 7.4 Metalli in tracce

In occasione dei campionamenti del mese di marzo (circolazione tardo- invernale) e settembre (stratificazione) sui campioni raccolti sono state eseguite anche le analisi dei principali metalli in tracce mediante spettrofotometria ICP-OES con nebulizzatore concentrico ed ultrasonico. Pur non rappresentando i metalli pesanti un elemento di criticità per il Lago Maggiore, queste analisi consentono di eseguire uno screening della presenza di questi elementi in due momenti stagionali significativi. I valori medi sull’intera colonna d’acqua a marzo e settembre 2014 sono riportati in in Tabella 7.2. As, Cd, Cr, Pt, Pb e Se e Ti sono risultati sempre al di sotto del LOD e non sono quindi riportati in tabella. Anche per gli altri elementi le concentrazioni risultano sempre molto basse, con l’eccezione dello stronzio, di origine prevalentemente terrigena, che presenta valori attorno a 230 µg L-1. I metalli di origine prettamente antropica e che potrebbero avere rilevanza ai fini della qualità delle acque sono assenti o presenti in concentrazioni prossime al limite di rilevabilità.

Tab. 7.2 Concentrazioni (µg L-1) dei principali metalli pesanti nelle acque del Lago Maggiore. Valori medi sulla colonna d’acqua (0-360 m) nei campionamenti di marzo e settembre 2014. <: inferiore al limite di detezione (LOD).

Al Ba Co Cu Fe Li Mn Ni Sr V Zn

10.03.14 7,5 11 0,3 0,6 1,1 2,6 0,2 0,6 232 11 1,5

15.09.14 5,2 11 < 0,6 1,3 1,0 0,2 0,5 234 < 2,3

7.5 Chimica dei tributari e dell’emissario

Le indagini sulle caratteristiche chimiche dei 14 principali tributari del Lago Maggiore e del Ticino emissario sono state svolte nel 2014 con frequenza mensile e con le stesse modalità utilizzate negli anni precedenti. I valori medi annui per pH, alcalinità, conducibilità, composti dell’azoto, fosforo totale e silicati sono riportati in Tabella 7.3.

71

I valori delle variabili chimiche di base (pH, conducibilità, alcalinità) e dei silicati sono pressoché stabili nel tempo, in quanto dipendono prevalentemente dalle caratteristiche litologiche dei bacini. Nel 2014 in realtà, a causa degli afflussi meteorici elevati che hanno caratterizzato soprattutto i mesi autunnali, le acque immissarie hanno presentato concentrazioni minori di alcuni soluti e in generale della conducibilità. Quest’ultima ad esempio è risultata inferiore del 20-30% rispetto al 2013 nella maggior parte dei corsi d’acqua, per effetto della diluzione. Analogamente l’alcalinità misurata è stata minore di quella del 2013 in misura compresa tra il 10 e il 30%.

Tab. 7.3 Valori medi annuali (ottenuti dai campionamenti mensili) delle principali variabili chimiche nei tributari e nell’emissario del Lago Maggiore nel 2014.

T.A. Cond. N-NH4 N-NO3 Norg TN TP RSi pH -1 -1 -1 -1 -1 -1 -1 -1 meq L µS cm mg N L mg N L mg N L mg N L µg P L mg Si L

Tributari lombardi Boesio 8,20 4,56 505 0,14 3,02 0,12 3,28 165 3,1 Bardello 8,10 2,63 296 0,12 1,39 0,13 1,63 102 1,6 Tresa (a) 8,29 1,68 195 0,04 1,01 0,06 1,12 23 1,1 7,43 0,32 65 0,08 0,94 0,03 1,03 45 3,9 Tributari piemontesi Vevera 7,80 1,20 188 0,05 2,53 0,15 2,71 32 5,1 Strona 7,52 0,37 75 0,04 1,03 0,04 1,10 25 2,5 Toce 7,45 0,71 142 0,04 0,60 0,04 0,66 21 2,5 San Giovanni 7,33 0,23 51 0,01 1,02 0,04 1,08 18 4,3 Erno 7,41 0,29 104 0,01 1,40 0,06 1,48 24 4,0 San Bernardino 7,37 0,23 41 0,01 0,75 0,05 0,81 19 2,8 Cannobino 7,28 0,18 36 0,01 0,49 0,06 0,56 11 3,1 Tributari svizzeri Maggia 7,49 0,33 50 0,01 0,60 0,07 0,67 8 2,9 Ticino immissario 7,79 0,87 184 0,04 0,73 0,02 0,79 14 2,6 Verzasca 6,96 0,32 50 0,01 0,69 0,05 0,75 6 2,7 Emissario 8,10 0,80 137,10 0,02 0,69 0,05 0,76 10 0,9 Ticino emissario

(a) - Comprensivo delle acque emissarie del Lago di Lugano e del T. Margorabbia

Anche se leggermente inferiori a quelli degli anni precedenti, i valori di alcalinità e conducibilità dei Torrenti Boesio e Bardello nel 2014 sono stati ancora una volta nettamente più elevati rispetto a quelli degli altri tributari (4,56 e 2,63 meq L-1 e 505 e 296 µS cm-1 rispettivamente) poiché, oltre agli input di origine terrigena, ricevono apporti sotto forma di scarichi non completamente depurati. Per lo stesso motivo, i due torrenti si differenziano dagli altri tributari anche per le elevate concentrazioni di composti del fosforo e dell’azoto (Tab. 7.3). Nel 2014 le concentrazioni medie di fosforo totale in questi due corsi d’acqua sono state superiori a 100 µg P L-1 (165 nel caso del Boesio), mentre nella maggior parte degli altri tributari non si sono superati i 25 µg P L-1 (32 e 45 µg P L-1 nel Vevera e nel Giona, rispettivamente). Analogamente, azoto ammoniacale, organico e totale nel Boesio e nel Bardello (0,14 e 0,12 mg N L-1, 0,12 e 0,13 mg N L-1 e 3,28 e 1,63 mg N L-1, rispettivamente) hanno presentato concentrazioni quasi sempre superiori a quelle di tutti gli altri corsi d’acqua; solo il Torrente Vevera mostra valori simili a quelli dei due tributari lombardi per azoto organico e totale (0,15 e 2,71 mg N L-1).

72

Bisogna però rilevare come, rispetto al 2013, sia il fosforo totale che i composti dell’azoto sono diminuiti nel Boesio e Bardello, soprattutto per quanto riguarda l’ammonio (-35% circa). Il fosforo totale è passato, nel caso del Bardello, da 156 a 102 µg P L-1 e nel Boesio da 195 a 165 µg P L-1. Considerando l’andamento dei valori nell’ultimo decennio (Fig. 7.15 e 7.16), si può osservare una tendenza al miglioramento per entrambi i corsi d’acqua a partire dal 2008. I valori di fosforo totale del 2014 sono stati i più bassi dell’ultimo decennio, e si differenziano marcatamente dai massimi registrati negli anni 2005-2007 (circa 500 e 400 µg P L-1 rispettivamente per Bardello e Boesio). I valori per quanto riguarda i composti dell’azoto mostrano una maggior variabilità temporale, ma anche in questo caso quelli del 2014 sono stati tra i più bassi dell’ultimo decennio. Pur rimanendo i livelli di fosforo ancora troppo elevati, per i due corsi d’acqua si deve quindi rilevare un’effettiva tendenza al miglioramento, in particolare per quanto riguarda il Bardello. Il controllo di questi due corsi d’acqua dev’essere comunque mantenuto, anche alla luce dei possibili effetti negativi che l’elevato contenuto di nutrienti può avere sulla qualità delle acque dei tributari stessi e delle acque litorali interessate dai loro apporti. Anche i Torrenti Vevera e Giona necessitano di essere monitorati con continuità, in quanto, pur se in maniera meno accentuata rispetto a Bardello e Boesio e in modo discontinuo, presentano concentrazioni mediamente elevate di nutrienti, principalmente fosforo e azoto ammoniacale (nel caso del Vevera anche per azoto organico e totale) (Tab. 7.3). Per quanto riguarda gli altri tributari, le concentrazioni medie di fosforo totale nel 2014 sono risultate inferiori a 10 µg P L-1 solo per i fiumi Maggia e Verzasca, nei quali comunque i valori sono aumentati rispetto al 2013; negli altri casi le concentrazioni sono risultate comprese tra gli 11 µg P L-1 del Cannobino ed i 25 µg P L-1 dello Strona (Tab. 7.3). I valori sono diminuiti in alcuni corsi d’acqua rispetto al 2013, in misura compresa tra il 20% del San Giovanni e il 36% dello Strona, mentre sono aumentati in altri, in particolare San Bernardino (da 8 a 19 µg P L-1) e Cannobino (da 7 a 11 µg P L-1), oltre ai già citati Vevera e Giona. Un aumento abbastanza accentuato ha riguardato anche il Ticino Immissario (da 5 µg P L-1 nel 2013 a 14 µg P L-1 nel 2014). Gli aumenti sono da attribuire nella maggior parte dei casi a valori piuttosto elevati di fosforo totale misurati nel campionamento di ottobre 2014, in corrispondenza di un evento di piena che ha interessato la maggior parte dei corsi d’acqua a seguito delle abbondanti precipitazioni. L’andamento delle concentrazioni di fosforo totale misurate mensilmente nei tributari (esclusi Bardello, Boesio, Vevera e Giona) nel 2014 è mostrato in Fig. 7.17. Come si può osservare, in diversi casi ad ottobre si sono misurate concentrazioni nettamente più elevate rispetto agli altri mesi dell’anno; questo effetto è stato evidente soprattutto per Ticino Immissario (87 µg P L-1), San Bernardino (156 µg P L-1) Cannobino (57 µg P L-1), San Giovanni (56 µg P L-1) e Strona (55 µg P L-1). In questi corsi d’acqua, nello stesso campionamento, si sono misurate concentrazioni piuttosto elevate anche di fosforo reattivo (rispettivamente 37, 17, 14, 19 e 40 µg P L-1), mentre i composti dell’azoto non hanno evidenziato scostamenti evidenti rispetto ai restanti mesi dell’anno. Il campionamento, eseguito il 13 ottobre, è avvenuto in coincidenza di un picco nelle portate di questi corsi d’acqua; in alcuni casi (Ticino Immissario, San Bernardino) il valore di portata è stato tra i massimi registrati in tutto il corso dell’anno. Questa situazione ha comportato un aumento del

73

materiale in sospensione nelle acque. La determinazione del fosforo totale prevede, dal punto di vista analitico, una mineralizzazione acida e successiva quantificazione dell’ortofosfato: in questo modo anche il materiale particellato contribuisce ai valori misurati. Gli aumenti temporanei di fosforo osservati in ottobre (ed il valore annuo superiore alla media per alcuni tributari) sono quindi da attribuire alle particolari condizioni meteo-idrologiche.

mg N L-1 µg P L-1 Fosforo totale 1.2 600 Bardello Azoto ammoniacale 1.0 500 Azoto organico 0.8 400

0.6 300

0.4 200

0.2 100

0.0 0 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014

Fig. 7.15 Concentrazioni medie annuali di fosforo totale e di azoto ammoniacale ed organico misurate dal 2005 al 2014 alla foce del Torrente Bardello.

mg N L-1 µg P L-1 1.5 Fosforo totale 500

Boesio Azoto ammoniacale 1.2 400 Azoto organico

0.9 300

0.6 200

0.3 100

0.0 0 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014

Fig. 7.16 Concentrazioni medie annuali di fosforo totale e di azoto ammoniacale ed organico misurate dal 2005 al 2014 alla foce del Torrente Boesio.

74

µg P L-1 160 Can Ern Mag Sbe Sgi 140 Str Tic Toc Tre Ver 120

100

80

60

40

20

0 gen feb mar apr mag giu lug ago set ott nov dic Fig. 7.17 Concentrazioni di fosforo totale misurate mensilmente nei principali tributari del Lago Maggiore durante il 2014.

Come precedentemente osservato, le abbondanti precipitazioni e l’aumento delle portate non hanno invece influenzato i valori dei composti dell’azoto. Per questi ultimi, infatti, in tutti i tributari non si è evidenziata una tendenza generalizzata all’aumento o alla diminuzione rispetto al 2013. Le concentrazioni di azoto ammoniacale ed organico sono risultate inferiori a 0,10 mg N L-1 (Tab. 7.3), con l’eccezione dei casi già citati (Bardello, Boesio, Vevera e Giona). 7.6. Concentrazioni medie areali

Per confrontare il livello qualitativo delle acque tributarie nei diversi areali (ticinese, lombardo e piemontese) sono state calcolate, anche per il 2014, le concentrazioni medie areali annuali, che tengono conto dell’areale drenato dai singoli tributari. Tali concentrazioni, insieme a quelle delle acque tributarie nel loro complesso, per azoto ammoniacale, azoto organico e fosforo totale sono riportate rispettivamente nelle Figure 7.18, 7.19 e 7.20, a confronto con i valori dell’ultimo decennio. Per tutte e tre le variabili considerate, il 2014 è risultato molto simile all’anno precedente a livello di concentrazioni medie delle acque tributarie nel loro complesso: sono diminuiti leggermente i valori per azoto ammoniacale (da 0,04 a 0,03 mg N L-1) e fosforo totale (da 21 a 20 µg P L-1) e aumentati quelli per l’azoto organico (da 0,04 a 0,05 mg N L-1). Nel caso dell’azoto ammoniacale e del fosforo, la diminuzione che ha interessato i tributari lombardi e piemontesi è stata in parte controbilanciata dall’aumento di quelli ticinesi. Questa situazione è da imputare principalmente ad un aumento delle concentrazioni nel Ticino Immissario, dovuta, come sopra descritto, ai valori superiori alla media che hanno caratterizzato il campionamento dell’ottobre 2014.

75

Considerando l’andamento dell’ultimo decennio, si osserva una situazione di miglioramento complessivo per quanto riguarda azoto organico e fosforo: i valori del primo sono infatti stabilmente attorno a 0,05 mg N L-1, come valore medio per le acque tributarie, da circa 5 anni (Fig. 7.19); il fosforo è passato da valori medi di circa 30 µg P L-1 nel 2005-2006 agli attuali 20 µg P L-1, grazie prevalentemente alla riduzione che ha caratterizzato i tributari lombardi (Fig. 7.20).

mg N L-1 Lombardia 0.20 Piemonte Azoto ammoniacale Canton Ticino Acque tributarie 0.16

0.12

0.08

0.04

0.00 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014

Fig. 7.18 Concentrazioni medie areali annuali di azoto ammoniacale nel decennio 2005-2014 nelle acque tributarie totali e in quelle campionate in Lombardia (compresi gli apporti derivanti dal Lago di Lugano attraverso il Tresa), Piemonte, Cantone Ticino.

mg N L-1 Lombardia 0.50 Piemonte Azoto organico Canton Ticino Acque tributarie 0.40

0.30

0.20

0.10

0.00 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014

Fig. 7.19 Concentrazioni medie areali annuali di azoto organico nel decennio 2005-2014 nelle acque tributarie totali e in quelle campionate in Lombardia (compresi gli apporti derivanti dal Lago di Lugano attraverso il Tresa), Piemonte e Cantone Ticino.

76

µg P L-1 Lombardia 140 Piemonte Fosforo totale Canton Ticino 120 Acque tributarie

100

80

60

40

20

0 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014

Fig. 7.20 Concentrazioni medie areali annuali di fosforo totale nel decennio 2005-2014 nelle acque tributarie totali e in quelle campionate in Lombardia (compresi gli apporti derivanti dal Lago di Lugano attraverso il Tresa), Piemonte e Cantone Ticino.

L’azoto ammoniacale ha presentato un andamento più irregolare, con un massimo nel 2012 (0,07 mg N L-1 come valore medio); nel 2014 comunque il valore rilevato, sia per l’areale lombardo che per le acque tributarie nel loro insieme (0,06 e 0,03 mg N L-1 rispettivamente), è stato il più basso dell’ultimo decennio (Fig. 7.18). I valori nel complesso confermano quindi un buon livello qualitativo delle acque immissarie, soprattutto per il periodo più recente. I valori più elevati sono tuttora quelli che caratterizzano i tributari lombardi, in particolare Boesio e Bardello. La differenza tra le tre aree in termini percentuali nel 2014 è stata simile agli anni precedenti, con rapporti tra Canton Ticino, Piemonte e Lombardia pari rispettivamente a 1,0:3,0:6,8 per l’azoto ammoniacale, 1,0:1,0:3,3 per l’azoto organico e 1:2,9:10,6 per il fosforo totale.

7.7 Carichi chimici e bilanci di azoto e fosforo

La mancata disponibilità di dati giornalieri di portata per numerosi tributari, dovuta a problemi di malfunzionamento degli strumenti di misura o dei sistemi di trasmissione dei dati, ha comportato l’impossibilità di eseguire un bilancio complessivo di fosforo e azoto con la metodologia adottata negli anni precedenti. Si è proceduto a calcolare gli apporti chimici a partire dalle concentrazioni per i tributari per i quali fossero disponibili i dati giornalieri dei deflussi, ovvero Ticino Immissario, Toce, San Bernardino, Strona e Tresa, drenanti complessivamente il 65% del bacino. Analogamente sono stati calcolati i carichi in uscita dal lago attraverso il Ticino emissario. I dati delle portate per Toce, San Bernardino e Strona sono stati forniti da ARPA Piemonte, Area Previsione e Monitoraggio Ambientale

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Per Cannobino e San Giovanni (3% del bacino), il calcolo dei carichi è stato eseguito dopo aver ricostruito i valori di portata sulla base di correlazioni con i dati di tributari con caratteristiche simili dal punto di vista morfometrico ed idrologico. Per i tributari Maggia, Verzasca, Erno e Giona (19% del bacino) gli apporti sono stati stimati dalla regressione lineare tra i contributi areali e le concentrazioni medie annuali calcolate per gli altri tributari. Infine, per i tributari Bardello, Boesio e Vevera (3% del bacino) si è deciso di non calcolare i carichi, ed escluderli quindi dal calcolo del carico complessivo di fosforo e azoto a lago. L’errore associato ad una stima dei carichi da questi tributari basata sulla regressione tra contributi areali e concentrazioni medie sarebbe stato infatti piuttosto elevato, trattandosi di corsi d’acqua caratterizzati da livelli medio- elevati di nutrienti e da un’accentuata variabilità interannuale delle concentrazioni. Il calcolo dei carichi complessivi a lago per il 2014 rappresenta quindi una sottostima rispetto al carico reale, non considerando due dei tributari con le maggiori concentrazioni di composti del fosforo e dell’azoto. I valori calcolati per gli anni precedenti indicavano un contributo da questi tributari pari a circa il 16-20% e 6-8% del carico complessivo per fosforo e azoto rispettivamente (Rogora et al., 2014). Tenuto conto di questi fattori, si può ritenere che il calcolo degli apporti dai restanti tributari eseguito per il 2014 rappresenti comunque una stima accettabile dei contributi di fosforo e azoto provenienti dal bacino drenante, ed un indicatore dello stato di qualità complessivo delle acque tributarie. Se i dati di portata per Bardello e Boesio dovessero rendersi disponibili nel corso del 2015, grazie alla risoluzione dei problemi di trasmissione dei dati, i carichi per il 2014 verranno calcolati ed un aggiornamento relativo ai risultati verrà inserito nel rapporto 2015. I carichi delle diverse forme di azoto (ammoniacale, nitrico, organico e totale) e di fosforo totale veicolati a lago dai principali tributari (selezionati in base a quanto sopra descritto) e quelli in uscita attraverso il Ticino emissario, sono riportati in Tabella 7.4. Nel caso di Ticino Immissario, San Bernardino, Cannobino e Strona, gli apporti sono stati calcolati escludendo il dato di ottobre 2014: soprattutto per il fosforo, le alte concentrazioni misurate in questo campionamento, combinate con i deflussi elevati, porterebbero ad un valore particolarmente alto del carico complessivo. Poiché il picco nei valori di concentrazione è stato quasi certamente limitato nel tempo (all’inizio dell’evento di piena), utilizzare questi dati porterebbe ad una sovrastima del carico annuo. Per quanto riguarda il contributo dai diversi tributari, i carichi di azoto più importanti nel 2014 sono stati quelli derivanti da Toce, Tresa e Ticino Immissario (rispettivamente 37, 21 e 21% del totale nel caso dell’ammonio e 22, 26 e 19% per i nitrati). Per l’azoto organico il contributo più importante è stato quello della Maggia, pari a 123 t N a-1. Per il fosforo totale infine, il carico maggiore è derivato dal Toce (60 t P a-1, pari al 37% del totale), seguito da Tresa (33 t P a-1), Ticino Immissario (23 t P a-1) e Maggia (20 t P a-1); gli altri tributari contribuiscono complessivamente per circa il 17% del totale misurato. I carchi di azoto ammoniacale, nitrico e totale nel 2014 sono aumentati per la maggior parte dei tributari rispetto al 2013, in misura accentuata soprattutto nel caso del Ticino Immissario (da 24 a 54 t N a-1), mentre sono generalmente diminuiti i carichi di azoto organico. L’aumento, nel caso dell’azoto nitrico (dell’ordine del 20-30% per Tresa e Ticino Immissario e superiore al 70% per Toce e Strona), è probabilmente da attribuire agli elevati apporti meteorici che hanno caratterizzato il 2014 (circa 2225 mm come afflussi totali sul

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bacino, rispetto a 1710 del 2013). L’aumento degli apporti di nitrati, considerando la somma dei tributari campionati, è stato del 26%. Nel caso dell’azoto ammoniacale ed organico la situazione è risultata disomogenea tra i diversi tributari; nel complesso, la somma degli apporti dai tributari campionati, è aumentata nel caso dell’ammonio del 30% circa e diminuita del 56% per l’azoto organico rispetto all’anno precedente. Infine, per quanto riguarda il fosforo, tutti i tributari con l’eccezione del San Giovanni e del Toce hanno presentato un incremento dei carichi rispetto al 2013, di oltre il 100% per Maggia (da 10 a 20 t P a-1), San Bernardino (da 1,8 a 3,7 t P a-1) e Giona (da 1,7 a 4,1 t P a-1). L’aumento è stato accentuato anche per Ticino Immissario (a 12 a 23 t P a-1), Verzasca (da 2,6 a 4,3 t P a-1) e Strona (da 7 a 12 t P a- 1); nel complesso il carico dai tributari campionati è aumentato del 23%. Questa variazione è da attribuire prevalentemente ai maggiori deflussi registrati nel 2014.

Tab. 7.4 Lago Maggiore. Apporti annuali (t a-1) di azoto e fosforo dai tributari principali ed uscite attraverso l'emissario per il 2014.

N-NH4 N-NO3 Norg TN TP 2014 2014 2014 2014 2014 (a) Ticino Immissario 54 2103 38 2195 23 (b) Maggia 15 1119 123 1258 20 (b) Verzasca 5 334 21 360 4.3 (a) Cannobino 3 119 13 135 1.8 (a) San Giovanni 1 107 5 114 2.1 (a) San Bernardino 3 227 4 234 3.7 (a) Toce Ossola 98 1791 52 1940 60 (a) Strona 19 595 16 630 12 Erno (b) 0.7 78 3 81 1.2 Tresa (a) 56 1535 82 1672 33 Giona (b) 7 97 2 107 4.1 Totale 261 8105 360 8725 165 Ticino emissario (a) 241 9688 568 10497 135

(a) Valori calcolati dai dati di concentrazione e dai deflussi. (b) Valori calcolati dalla regressione fra concentrazione e contributi areali.

I carichi in uscita dal Lago Maggiore attraverso il Ticino emissario hanno seguito un andamento analogo a quello degli apporti, con un aumento rispetto al 2013 per azoto ammoniacale, nitrico e totale e per il fosforo ed una diminuzione invece per l’azoto organico. I bilanci per azoto e fosforo totale sono stati calcolati per il 2014 e riportati in Tab. 7.5 e 7.6, insieme ai valori per il periodo precedente (2005-2013). Un confronto effettivo con gli altri anni non è però possibile essendo i bilanci per il 2014 incompleti, mancando i dati degli apporti da Bardello, Boesio e Vevera. Nel caso dell’azoto, il valore ottenuto dalla somma dei tributari campionati, è probabilmente inferiore del 5-6% di quello effettivo (valore medio del contributo di Bardello, Boesio e Vevera al totale ottenuto dai dati dell’ultimo decennio). Nonostante questa sottostima, si può osservare come gli apporti complessivi di azoto dai tributari campionati siano stati piuttosto elevati nel 2014, facendo registrate il

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valore più elevato dell’ultimo decennio; questo a causa degli afflussi elevati che hanno comportato, soprattutto per alcuni tributari (es. Toce, Ticino Immissario, Tresa), un aumento del carico di azoto veicolato a lago. Valori superiori a quello del 2014 erano stati registrati nel 2000 (12000 t N a-1) e 2002 (11000 t N a-1), anni caratterizzati da una situazione idrologica simile al 2014, con precipitazioni particolarmente abbondanti nei mesi autunnali e apporti meteorici complessivi sul bacino superiori a 2000 mm. La somma degli apporti di azoto totale dai tributari campionati (8700 t N a-1), dall’areale non campionato (ottenuto attribuendo il contributo areale medio di azoto dall’areale campionato alla parte di bacino non drenata dai tributari: 745 t N a-1), dalla popolazione rivierasca (ottenuto applicando un coefficiente per persona e considerando la popolazione residente nel bacino: 700 t N a-1) e dalle precipitazioni atmosferiche sullo specchio lacustre (ottenuto dai dati della stazione di Pallanza, secondo l’approccio descritto in Rogora et al. (2014): 465 t N a-1) nel 2014 è stata pari a 10600 t N a-1 (Tab.7.5). Si può osservare come, nonostante le precipitazioni particolarmente elevate che hanno caratterizzato il 2014, il carico di azoto dovuto alle precipitazioni sullo specchio lacustre è diminuito rispetto al 2013, ed è stato sensibilmente inferiore rispetto ai valori del 2000 e 2002, che superavano le 800 t N a-1. Questo a causa del fatto che le concentrazioni dei composti dell’azoto nelle deposizioni si sono ridotte negli ultimi anni, passando, ad esempio, nella stazione di Pallanza, da 40-50 µeq L-1 negli anni 2000 agli attuali 30 µeq L-1 nel caso dei nitrati e da 50-60 µeq L-1 a 40 µeq L-1 per l’ammonio. Nel 2014 le concentrazioni sono ulteriormente diminuite (22 e 30 µeq L-1 rispettivamente per nitrati e ammonio). La diminuzione delle concentrazioni è verosimilmente una risposta alla riduzione nelle emissioni in atmosfera dei composti dell’azoto, soprattutto NOx, verificatasi nel periodo più recente (Rogora et al., 2012). Nonostante gli elevati valori di precipitazione del 2014, le deposizioni di azoto nel complesso sono risultate inferiori rispetto a quelle degli anni 2000 (20 kg N ha-1 a-1, sempre a Pallanza, rispetto a 25-30 kg N ha-1 a-1 come somma di ammonio e nitrati). Nonostante questa tendenza alla diminuzione, si deve rilevare come questo carico atmosferico di azoto rimane piuttosto elevato, non comprendendo tra l’altro l’azoto organico e il contributo dalla deposizione secca, che nel caso dell’azoto può rappresentare dal 25 al 45 % della deposizione umida (Rogora et al. 2006).

Tab. 7.5 Lago Maggiore. Bilanci annuali nel decennio 2005-2014 di azoto totale (t N a-1). I totali parziali e complessivi sono approssimati alle centinaia. Il dato per il 2014, per quanto riguarda gli apporti, è da considerarsi incompleto perché non comprende alcuni tributari. ‘05 ‘06 ‘07 ‘08 ‘09 ‘10 ‘11 ‘12 ‘13 ‘14 Tributari campionati 4900 5200 5800 8300 8200 7700 7400 7300 7900 8700 Areale non campionato 420 446 497 711 703 660 634 626 677 745 Totale bacino emerso 5300 5600 6300 9000 8900 8400 8000 7900 8600 9400 Fascia rivierasca 700 700 700 700 700 700 700 700 700 700 Precipitazioni sul lago 500 400 380 540 505 480 309 472 498 465 Totale apporti 6500 6700 7400 10200 10100 9600 9000 9100 9800 10600 Uscite da emissario 4500 4200 5500 8200 9309 8403 7447 7809 8484 10497 Ritenzione in lago 30,8 37,3 25,7 19,6 7,8 12,5 17,3 14,2 13,4 1,0

Anche considerando la sottostima del carico dai tributari campionati, e supponendo che il valore effettivo sia stato superiore alle 9000 t N a-1 (e gli apporti

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totali pari o superiori a 11000 t N a-1), la ritenzione a lago risulterebbe attorno al 5%, valore piuttosto basso se confrontato con quello degli anni precedenti. Lavori volti a calcolare il bilancio dell’azoto per l’intero bacino del Lago Maggiore su scala pluriennale (Rogora et al., 2006) avevano messo in evidenza la tendenza a valori più bassi di ritenzione di azoto a lago negli anni con precipitazioni particolarmente abbondanti e concentrate in periodi brevi. La spiegazione potrebbe risiedere nel fatto che apporti di azoto particolarmente elevati arrivano al lago in un arco temporale breve, coincidente tra l’altro con un periodo di scarsa attività biologica (ottobre- novembre), impedendo quindi un efficace utilizzo di questo elemento da parte dei processi a lago. Nel complesso i carichi di azoto a lago dell’ultimo decennio, in particolare quelli dovuti alle acque tributarie, mostrano un’accentuata variabilità, legata prevalentemente a fattori meteo-idrologici (Rogora et al. 2014). Il trend a lungo termine degli apporti complessivi a lago, mostrato in Fig. 7.21, evidenzia la dipendenza di questi ultimi dagli afflussi sul bacino; inoltre si può osservare come i carichi siano stati per lo più compresi tra 6500 e 10500 t N a-1 nell’ultimo decennio, mentre superavano frequentemente le 11000 t N a-1 nel periodo precedente, con massimi di 13000-14000 t N a-1. Questa recente diminuzione degli apporti di azoto a lago certamente contribuisce a spiegare il trend negativo degli ultimi anni nelle concentrazioni di nitrati osservato nelle acque del Lago Maggiore e discusso nel paragrafo 7.2. Anche gli apporti di fosforo totale a lago, riportati in Tabella 7.6, non sono direttamente confrontabili con i valori degli anni precedenti, a causa dei motivi descritti in precedenza. Nel caso del fosforo infatti, il contributo da tributari come Bardello, Boesio e Vevera rappresenta un valore non trascurabile; il carico ottenuto per il 2014, dalla somma dei rimanenti tributari, sottostima il valore effettivo probabilmente di circa il 20 % o oltre. Il risultato ottenuto (165 t P a-1 per l’areale campionato e 237 t P a-1 come totale degli apporti) è già di per se’ superiore alla maggior parte dei valori rilevati nell’ultimo decennio. Considerando che il carico effettivo è stato ragionevolmente attorno alle 200 t P a-1 per l’areale campionato e 270-280 t P a-1 come totale, il 2014 si caratterizza come uno degli anni con il valore più elevato nel periodo recente. Valori di circa 270 e 300 t P a-1 erano stati registrati nel 2002 e 2000 rispettivamente, anni caratterizzati da afflussi sul bacino particolarmente abbondanti. Questo dato indica come, non solo per l’azoto ma anche per il fosforo, la variabilità interannuale dei carichi dal bacino sia in parte regolata da fattori meteo-idrologici. I dati a lungo termine sui carichi di fosforo mostrano una riduzione progressiva, dai valori stabilmente superiori alle 300 t P a-1 degli anni ’80, a valori attorno alle 200 t P a-1 dalla metà degli anni ’90 in poi, a causa principalmente della diminuzione delle concentrazioni di fosforo nelle acque tributarie (Rogora et al., 2014). Nel periodo recente, dagli anni 2000 in poi, i carichi non sono ulteriormente diminuiti, oscillando tra 170 e 250 t P a-1, e la variabilità delle portate sembra essere il fattore principale che ne determina le variazioni. Dopo il 2010, i carichi totali di fosforo sono comunque sempre risultati superiori alle 200 t P a-1, ritenuto il valore soglia per il mantenimento di uno stato di oligotrofia delle acque. Gli apporti leggermente superiori alla media di questi ultimi anni potrebbero concorrere a spiegare il recente aumento delle concentrazioni di fosforo a lago, descritto nel paragrafo 7.2.

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t N a-1 Totale apporti mm a-1 16000 Precipitazioni sul bacino 2400 14000 2100

12000 1800

10000 1500

8000 1200

6000 900

4000 600

2000 300

0 0 1978 1982 1986 1990 1994 1998 2002 2006 2010 2014

Fig. 7.21 Apporti complessivi annuali di azoto totale al Lago Maggiore e afflussi meteorici annuali sul bacino imbrifero dal 1978 al 2014. Il dato per il 2014 è sottostimato poiché non comprende alcuni tributari.

Tab. 7.6 Lago Maggiore. Bilanci annuali nel decennio 2005-2014 del fosforo totale (t P a-1). Il dato per il 2014, per quanto riguarda gli apporti, è da considerarsi incompleto perché non comprende alcuni tributari. ‘05 ‘06 ‘07 ‘08 ‘09 ‘10 ‘11 ‘12 ‘13 ‘14

Tributari campionati 108 102 117 161 127 125 154 178 159 165 Areale non campionato 9 9 10 14 11 11 13 15 14 14 Totale bacino emerso 118 111 127 175 138 136 168 194 173 179 Fascia rivierasca 58 58 58 58 58 58 58 58 58 58 Totale apporti 176 169 185 233 196 194 226 252 231 237 Uscite da emissario 65 62 66 116 103 108 104 105 83 135 Ritenzione in lago 63% 63% 64% 50% 47% 44% 54% 58% 64% 43%

In Tabella 7.7 sono riportati i contributi areali annuali, calcolati dai dati del 2014, dei composti dell’azoto e del fosforo totale per i tributari del Lago Maggiore e per il Ticino emissario. I contributi areali, tenendo conto dell’areale drenato dai singoli tributari, permettono un miglior confronto tra questi ultimi in termini qualitativi. Anche in questo caso sono stati esclusi dal calcolo per il 2014 i tributari Bardello, Boesio e Vevera. Di conseguenza, mancando le informazioni per i tributari lombardi, generalmente caratterizzati sia dai carichi che dai contributi areali più elevati di fosforo e azoto, non è stato eseguito un confronto tra i tre areali (lombardo, piemontese e ticinese) in termini di qualità degli apporti.

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Tab. 7.7 Contributi areali annuali (g m-2 a-1) di azoto ammoniacale, nitrico, organico, totale e fosforo totale dai tributari campionati e dall’emissario nel 2014. N-NH4 N-NO3 Norg TN TP 2014 2014 2014 2014 2014 Ticino Immissario 0,033 1,301 0,024 1,358 0,014 Maggia 0,017 1,209 0,133 1,358 0,021 Verzasca 0,019 1,411 0,089 1,519 0,018 Cannobino 0,025 1,078 0,122 1,225 0,017 San Giovanni 0,022 1,760 0,089 1,871 0,035 San Bernardino 0,022 1,735 0,032 1,789 0,028 Toce Ossola 0,063 1,158 0,033 1,254 0,039 Strona 0,083 2,665 0,073 2,821 0,051 Erno 0,027 2,983 0,098 3,108 0,047 Tresa 0,074 2,035 0,108 2,217 0,044 Giona 0,146 1,954 0,046 2,146 0,083 Totale campionati 0,046 1,427 0,063 1,536 0,029 Ticino emissario 0,036 1,468 0,086 1,591 0,021

Nel caso dell’azoto ammoniacale, i contributi areali nel 2014 sono diminuiti per alcuni tributari (es. Cannobino, San Giovanni, San Bernardino, Tresa) ed aumentati per altri (es. Ticino Immissario, Maggia, Verzasca) rispetto ai valori del 2013, con un aumento complessivo per le acque tributarie del 16% circa. I contributi areali sono invece prevalentemente diminuiti nel caso dell’azoto organico, del 56% circa come valore medio. Infine, per i nitrati, si è osservato un aumento dei valori nella maggior parte dei tributari, fino al 70-80% nel caso di Toce e Strona; l’aumento complessivo per le acque tributarie rispetto al 2013 è stato del 23%. Nel complesso quindi, per i composti dell’azoto, la situazione appare abbastanza eterogenea, e non si può parlare di un’effettiva tendenza all’aumento o alla diminuzione rispetto all’anno precedente. Al contrario, per il fosforo totale i contributi areali sono aumentati in quasi tutti i tributari, ad eccezione di San Giovanni e Toce. Gli aumenti più accentuati hanno riguardato Ticino Immissario (da 0,007 a 0,014 g P m-2 a-1), Maggia (da 0,010 a 0,021 g P m-2 a-1), San Bernardino (da 0,014 a 0,028 g P m-2 a-1) e Giona (da 0,034 a 0,083 g P m-2 a-1). Considerando come obiettivo di qualità delle acque un contributo areale massimo di fosforo pari a 0,02 g P m-2 a-1, numerosi tributari hanno superato tale valore; fanno eccezione solo Ticino Immissario, Verzasca e Cannobino (Tab. 7.7). Il dato del 2014 è messo a confronto con i valori medi dell’ultimo decennio nelle figure 7.22 e 7.23: si può osservare come, nel caso del fosforo totale, il 2014 abbia presentato un aumento dei contributi areali in tutti i tributari ad eccezione del Cannobino; lo scostamento rispetto agli anni precedenti è stato marcato soprattutto per Giona, Erno e Strona (Fig. 7.22). Per l’azoto totale si è verificata una tendenza generalizzata all’aumento, accentuata soprattutto per Strona (2,82 g N m-2 a-1 nel 2014 rispetto a 1,71 g N m-2 a-1 nel periodo 2005-2013) e Erno (rispettivamente 3,15 e 1,96 g N m-2 a-1); anche in questo caso l’unica eccezione è rappresentata dal Cannobino, in cui i contributi areali nel 2014 sono stati pari a 1,22 g N m-2 a-1 (rispetto a 1,83 g N m-2 a-1 nel decennio precedente) (Fig. 7.23). Come già discusso relativamente ai carichi, l’innalzamento dei valori nel 2014, soprattutto nel caso del

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fosforo, è da attribuire alle portate particolarmente elevate di tutti i tributari, soprattutto nei mesi autunnali.

g P m-2 a-1 0.10 2014 Fosforo totale Media 2005-2013

0.08

0.06

0.04

0.02

0.00 TRE GIO STR TOC ERN CAN SBE SGI TIM VER MAG

Fig. 7.22 Contributi areali di fosforo totale dai singoli tributari nel 2014 a confronto con i dati del periodo 2005-2013 (esclusi i tributari Bardello, Boesio e Vevera).

g N m-2 a-1 3.50 2014 Azoto totale Media 2005-2013 3.00

2.50

2.00

1.50

1.00

0.50

0.00 TRE GIO STR TOC ERN CAN SBE SGI TIM VER MAG

Fig. 7.23 Contributi areali di azoto totale dai singoli tributari nel 2014 a confronto con i dati del periodo 2005-2013 (esclusi i tributari Bardello, Boesio e Vevera)..

Nel complesso quindi non si può parlare di un peggioramento dello stato qualitativo delle acque tributarie: come evidenziato nel paragrafo 7.5, relativo alle

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concentrazioni, si sono verificati degli aumenti temporanei, soprattutto di fosforo, nelle acque di alcuni tributari, che sono però da attribuire principalmente alle condizioni meteo-idrologiche e non a una contaminazione delle acque da sorgenti puntiformi. Fanno eccezione alcuni corsi d’acqua, nello specifico Bardello, Boesio, Vevera e Giona, per i quali i livelli di nutrienti risultano piuttosto elevati e indicativi di immissioni da scarichi urbani e/o industriali. Risulta quindi di importanza prioritaria mantenere il monitoraggio su base mensile dei tributari, anche per quei corsi d’acqua che presentano concentrazioni medio basse di nutrienti ma caratterizzate da un’elevata variabilità interannuale. Il monitoraggio della qualità delle acque immissarie, oltre che ai fini del dello stato qualitativo del lago nel suo complesso, è fondamentale anche in relazione ai possibili effetti che gli immissari possono avere sulle acque litorali.

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8. CARATTERIZZAZIONE TASSONOMICA E FUNZIONALE DELLA FAUNA ITTICA NEL LAGO MAGGIORE CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLA COMPETIZIONE PER LE RISORSE ALIMENTARI E ALLE SPECIE ALLOCTONE INVASIVE DI RECENTE COMPARSA

Pietro Volta, Paolo Sala, Barbara Campi, Igorio Cerutti

8.1 Premessa

La presente attività di ricerca si inquadra nel contesto delle ricerche supplementari finanziate dalla CIPAIS e finalizzate ad arricchire le già estese serie limnologiche disponibili con nuovi dati relativi a componenti ecosistemiche poco conosciute o precedentemente non indagate. La fauna ittica rientra tra queste. Questa indagine dunque è indirizzata ad un approfondimento relativo alla comunità ittica del Lago Maggiore ed in particolare alla composizione in specie, le abbondanze relative delle singole specie, dei principali gruppi funzionali e delle specie autoctone e alloctone. Ulteriore elemento di indagine è quello relativo al regime alimentare di alcune delle principali specie ittiche, tale da permettere una analisi della sovrapposizione della nicchia trofica e dunque definire se vi siano i presupposti di una competizione alimentare significativa tra le specie più importanti nonché fornire le informazioni necessarie alla compilazione del “Pannello di Controllo”. Nella presente relazione si illustrerà quindi quanto è emerso nel secondo anno di indagini e, nello specifico, verrà posta l’attenzione sulla caratterizzazione tassonomica e funzionale della fauna ittica e sulla sua distribuzione nella porzione centro-meridionale del Verbano. Pertanto saranno descritti non solo la composizione in specie e le abbondanze relative di ogni singola specie ma anche la composizione in gruppi funzionali di tipo trofico e le abbondanze delle specie autoctone e alloctone, così da dare, per la prima volta in assoluto per il Lago Maggiore e i grandi laghi subalpini, un quadro aggiornato della struttura della comunità ittica Infine, ai fini dell’elaborazione di sintesi complessiva mostrata nel “Pannello di Controllo” si è provveduto anche all’analisi della sovrapposizione della nicchia alimentare tra le specie ittiche più importanti: agone, coregone bondella e gardon.

8.2 Composizione della comunità ittica del Lago Maggiore

8.2.1 Abbondanze assolute e relative Nel secondo di ricerca il campionamento della fauna ittica è stato effettuato nell’area centro-settentrionale del Lago Maggiore, posta a nord della linea immaginaria congiungente la cittadina di Verbania con quella di Laveno fino al confine svizzero. Il campionamento è avvenuto nel periodo Luglio-Ottobre 2013. Il campionamento della fauna ittica è stato effettuato in accordo con il “Protocollo nazionale di campionamento della fauna ittica nei laghi” definito in Volta et al. (2014) basato sullo standard comune europeo UNI-EN 14757 (2005).

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Per il campionamento sono state utilizzate reti multimaglia branchiali, calate in diversi punti del bacino lacustre e a diverse profondità all’interno dell’area selezionata. Le reti erano di due tipi: bentiche e cioè posate a contatto con il fondo lacustre, e pelagiche e cioè calate in modo tale da rimanere sospese nella colonna d’acqua alla profondità desiderata. La maglia delle reti era di lato compresa tra 5 mm e 135 mm. Le reti venivano calate alla sera per essere ritirate al mattino seguente, per un tempo totale di posa di circa 12 ore. Per ogni pesce catturato sono stati registrati i seguenti parametri: specie, lunghezza totale, peso totale, sesso. Per un campione significativo sono state prelevate le scaglie utili alla determinazione dell’età, parametro che verrà poi utilizzato per le elaborazioni nel terzo anno di ricerca. Oltre al riconoscimento tassonomico, ogni individuo catturato è stato associato ad una caratteristica funzionale di tipo trofico: planctivoro, bentivoro, onnivoro, piscivoro. Inoltre, ogni specie catturata è stata classificata in ragione della propria origine (autoctona e alloctona). Sono state considerate alloctone tutte le specie ittiche introdotte dopo il 1850 con una ulteriore separazione tra le alloctone recenti e cioè quelle comparse negli ultimi 50 anni (acerina, carassio, rodeo amaro, rutilo, siluro) e quelle acclimatate da tempo (coregone lavarello, salmerino alpino, persico trota, persico sole, pesce gatto e coregone bondella). La carpa (Cyprinus carpio) introdotta in epoca remota è stata considerata, ai fini di questa ricerca, autoctona. Per ogni specie o gruppo funzionale e per ogni tipologia di rete (bentica o pelagica) è stata calcolata l’abbondanza assoluta percentuale (% in numero o biomassa sul totale) e relativa (numero di individui per superficie di rete - NPUE Number per Unit Effort n ind m-2 e biomassa per unità di superficie di rete -BPUE Biomass per Unit Effort g m-2). In totale sono stati catturati 766 esemplari appartenenti a 18 specie ittiche di cui 11 autoctone, 4 alloctone di recente introduzione e 3 alloctone acclimatate (Tabella 8.1) per una biomassa complessiva di 66,5 kg. Nelle reti bentiche sono state catturate 16 specie mentre nelle reti pelagiche solo 5.

Tabella 8.1. Specie ittiche catturate nelle reti multimaglia: nome comune, nome scientifico, origine e categoria trofica

Nome comune Nome scientifico Origine specie Categoria trofica

Acerina Gymnocephalus cernuus Alloctona recente Bentivora Agone Alosa agone Autoctona Planctivora Bottatrice Lota lota Autoctona Onnivora Cagnetta Salaria fluviatilis Autoctona Onnivora Cavedano Squalius squalus Autoctona Onnivora Coregone bondella Coregonus macrophthalmus Alloctona acclimatata Planctivora Coregone lavarello Coregonus lavaretus Alloctona acclimatata Planctivora Rutilo o gardon Rutilus rutilus Alloctona recente Onnivora Luccio Esox lucius Autoctona Piscivora Lucioperca Sander lucioperca Alloctona recente Piscivora Persico sole Lepomis gibbosus Alloctona acclimatata Onnivora Pesce persico Perca fluviatilis Autoctona Planctivora (<15 cm), Piscivora Pigo Rutilus pigus Autoctona Onnivora Scardola Scardinius erythrophthalmus Autoctona Planctivora (< 10 cm), Onnivora Scazzone Cottus gobio Autoctona Bentivora Siluro Silurus glanis Alloctona recente Onnivora (<15 cm), Piscivora Trota fario Salmo trutta Autoctona Planctivora (<20 cm), Piscivora Vairone Telestes souffia Autoctona Onnivora

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Il catturato delle reti bentiche è prevalentemente costituito dal pesce persico e dal gardon, sia in numero (Fig. 8.1A) che in biomassa (Fig. 8.1B). Dal punto di vista numerico infatti il 48% dei soggetti catturati pari al 33% della biomassa sono pesce persico mentre il 37% pari al 45% della biomassa totale sono gardon. Seguono, se pur decisamente meno abbondanti la bottatrice (4% in numero e 7% in biomassa) e il lucioperca (1% in numero e 4% in biomassa). Nelle reti pelagiche invece (Fig. 8.2) il coregone bondella è la specie che più contribuisce al catturato sia dal punto di vista numerico che ponderale (80% in numero e 82% in biomassa). Dal punto di vista numerico è seguita dal gardon (9%) mentre per quanto riguarda la biomassa è seguita dal lavarello (8%).

A) B)

Fig. 8.1. Contributo numerico (A) e ponderale (B) delle diverse specie al catturato nelle reti bentiche A) B)

Fig. 8.2. Contributo numerico (A) e ponderale (B) delle singole specie al catturato delle reti pelagiche

Nel catturato delle reti bentiche gli individui appartenenti alla categoria trofica degli onnivori dominano in numero con il 48% dei soggetti catturati (Fig. 8.3A) e in peso con il 78% della biomassa (Fig. 8.3B). I planctivori invece sono nettamente i più abbondanti nelle reti pelagiche con il 91% dei soggetti catturati (Fig. 8.4A) e il 97% della biomassa (Fig. 8.4B). Le specie autoctone e le specie alloctone di recente introduzione hanno abbondanze piuttosto simili, rispettivamente contribuendo per il 57% e 41% al numero totale di individui catturati e per il 49% e 48% alla biomassa totale del catturato. Il quadro relativo alle reti pelagiche invece è piuttosto differente. Le

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specie alloctone acclimatate infatti sono nettamente dominanti sia in numero (86%) (Fig.8.6A) che in biomassa (88%) (Fig.8.6B)

A) B)

Fig. 8.3. Contributo numerico (A) e ponderale (B) delle singole categorie funzionali al catturato delle reti bentiche. A) B)

Fig. 8.4. Contributo numerico (A) e ponderale (B) delle singole categorie funzionali al catturato delle reti pelagiche

A) B)

Fig. 8.5. Contributo numerico (A) e ponderale (B) delle specie autoctone, alloctone acclimatate e alloctone recenti al catturato delle reti bentiche.

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A) B)

Fig. 8.6. Contributo numerico (A) e ponderale (B) delle specie autoctone, alloctone acclimatate e alloctone recenti al catturato delle reti pelagiche.

8.2.2 Distribuzione verticale delle abbondanze e delle biomasse relative Il numero maggiore di individui e la biomassa maggiore sono presenti negli strati negli strati più superficiali con un picco tra 3 e 12 metri mostrando poi con una progressiva diminuzione all’aumentare della profondità. Le specie euriterme dominano preferenzialmente gli strati d’acqua più superficiali (fino a 20 m di profondità) mentre le specie frigofile si ritrovano in netta prevalenza negli strati d’acqua più profondi (da 20 metri fino a 75 m). Numericamente prevalgono il rutilo e il pesce persico negli strati superiori, mentre il coregone bondella e la bottatrice sono le specie catturate con più frequenza alle profondità maggiori (Fig. 8.7A). Il quadro dei campionamenti pelagici mostra un numero di specie nettamente minore rispetto a quanto riscontrato nelle reti bentiche, sono state infatti catturate solo 5 specie (Agone, coregone bondella, coregone lavarello, rutilo, trota fario) . I coregonidi sono prevalenti e presenti a partire dallo strato 10-20m. (Fig. 8.8). Il numero e biomassa maggiori sono stati misurati negli strati più profondi, con il contributo determinante del coregone bondella.

A) B)

Fig. 8.7. Distribuzione verticale delle abbondanze (A) e delle biomasse (B) delle specie ittiche nelle reti bentiche. La barra di errore corrisponde alla deviazione standard.

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A) B)

Fig. 8.8. Distribuzione verticale delle abbondanze (A) e delle biomasse (B) delle specie ittiche nelle reti pelagiche.

Per quanto riguarda la distribuzione verticale delle diverse categorie funzionali nelle reti bentiche (Fig. 8.9), gli onnivori dominano negli strati più superficiali mentre negli strati più profondi dominano i planctivori e i bentivori. Onnivori, planctivori e piscivori hanno una distribuzione unimodale simile tra loro (Fig. 8.9A). I valori massimi vengono raggiunti nello strato 3-6 metri a cui segue una diminuzione progressiva. I bentivori mostrano una distribuzione bimodale con un primo picco tra 3 e 6 metri e un secondo nello strato più profondo. Lo stesso quadro permane anche per le biomasse (Fig. 8.9B). Gli onnivori dominano negli strati più superficiali, mentre bentivori e planctivori negli strati più profondi. Anche la distribuzione delle biomasse mostra lo stesso andamento messo in evidenza per le abbondanze. Onnivori e piscivori hanno una distribuzione di tipo unimodale, mentre bentivori e planctivori di tipo bimodale. La distribuzione delle abbondanze (Fig. 8.10A) e delle biomasse (Fig. 8.10B) nelle reti pelagiche rivela una netta prevalenze della componente planctivora che presenta un andamento unimodale con un massimo 20 m e 30 m. Gli onnivori sono limitati allo strato più superficiale.

A) B)

Fig. 8.9. Distribuzione verticale delle abbondanze (A) e delle biomasse (B) delle diverse categorie trofiche nelle reti bentiche nella regione centro-settentrionale del Lago Maggiore durante il 2014. La barra di errore corrisponde alla deviazione standard.

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A) B)

Fig. 8.10 Distribuzione verticale delle abbondanze (A) e delle biomasse (B) delle diverse categorie trofiche nelle reti pelagiche nella regione centro-settentrionale del Lago Maggiore durante il 2014.

Dal punto di vista numerico (Fig.8.11A) e delle biomasse (Fig.8.11B), le specie alloctone dominano nel catturato delle reti bentiche poste nella zona litorale più superficiale e il contributo maggiore deriva dalle specie di recente comparsa. Al contrario, nel catturato delle reti bentiche poste in zona sublitorale, dominano le specie autoctone. Nella zona pelagica invece (Fig. 8.12A) a tutte le profondità si nota la netta dominanza delle specie alloctone ed in particolare di quelle acclimatatesi da tempo (coregonidi). A) B)

Fig. 8.11. Distribuzione verticale delle abbondanze (A) e delle biomasse (B) delle specie ittiche autoctone, alloctone recenti, e alloctone acclimatate nelle reti bentiche. La barra di errore corrisponde alla deviazione standard.

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A) B)

Fig. 8.12. Distribuzione verticale delle abbondanze (A) e delle biomasse (B) delle specie ittiche autoctone, alloctone acclimatate e alloctone recenti nelle reti pelagiche.

8.2.3 Caratterizzazione della comunità ittica: considerazione conclusive I risultati mostrati nel dettaglio in precedenza sono, ad oggi, gli unici di questo genere disponibili per la regione centro-settentrionale del Lago Maggiore e rappresentano dunque, insieme a quanto già presentato lo scorso anno, un elemento di novità e una utile base di confronto per valutare in futuro l’evoluzione della comunità ittica del Lago Maggiore. Essi dunque costituiscono un punto di partenza fondamentale per lo sviluppo e il mantenimento di una serie storica di riferimento relativa alla fauna ittica del Lago Maggiore confrontabile con quanto già presente per molti altri laghi europei e altri laghi italiani. Il quadro che deriva dai campionamenti effettuati in questa indagine è di tipo puntuale, riferendosi ad un preciso intervallo stagionale (quello estivo che, tuttavia, è ritenuto il più affidabile in termini di rappresentatività), è stato possibile descrivere in forma quantitativa alcune caratteristiche relative alla comunità ittica della zona centro-settentrionale del Lago Maggiore, che possono essere riassunte come segue: a. Le specie ittiche alloctone, sia recenti che introdotte in epoca storica ed acclimatatesi, prevalgono sia in numero che in biomassa rispetto alle specie autoctone e sono distribuite lungo tutta la colonna d’acqua sia nella zona litorale che in quella pelagica. b. Gli onnivori dominano nella zona litorale e sublitorale, mentre i planctivori nella zona pelagica. c. Tra le specie pelagiche domina nettamente il coregone bondella, e tra le specie litorali dominano pesce persico e gardon. Le informazioni acquisite in questa ricerca sono inoltre fondamentali per l’applicazione di quanto richiesto dalla Direttiva Quadro sulle Acque (2000/60/EC), che, per quanto riguarda l’Italia è stata recepita dal Decreto Legislativo 260/2010.

8.3. Sovrapposizione della nicchia trofica

Il grado di sovrapposizione della nicchia trofica delle specie ittiche prese in esame (Agone, gardon e coregone bondella) è stato valutato mediante l’indice di sovrapposizione α (Schoener, 1970) rivisto in Northcote & Hammar (2006), ed espresso come:

n α= 1- 0,5(∑i=1 |V.I.xi – V.Iyi|)

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dove: n= numero delle categorie alimentari V.I.xi = valore d’importanza della categoria alimentare i nella specie x V.Iyi = valore d’importanza della categoria alimentare i nella specie y

Sono stati esaminati se possibile 20 stomaci per specie per mese. Per ogni stomaco esaminato sono state determinate le categorie alimentari presenti, esprimendo i dati come: abbondanza percentuale (%N), equivalente al numero di individui di ciascuna categoria alimentare rispetto al numero totale di individui; presenza percentuale (%S), ossia il numero degli stomaci contenenti ciascuna categoria alimentare sul totale degli stomaci pieni (Hickeley et al., 1994); valore d’importanza (V.I.), calcolato come segue:

V.I.= %N x √%S L’indice varia tra 0 (nessuna sovrapposizione) e 1 (completa sovrapposizione). Valori superiori a 0,6 devono essere giudicati biologicamente significativi ed indicativi di competizione intraspecifica se le risorse sono limitate, mentre α>0,8 può essere considerato indice di un elevato grado di similarità nelle diete e di significativa competizione. Come si può vedere di seguito, l’indice di sovrapposizione di nicchia tra agone e coregone bondella (Fig. 8.13) raggiunge mediamente valori abbastanza elevati (α=0,60). Il valore minimo è toccato a giugno (0,41) mentre il valore massimo è raggiunto a febbraio.

Fig. 8.13. Indice di sovrapposizione della nicchia trofica  per agone e coregone bondella.

Confrontando le diete di coregone bondella e gardon (Fig. 8.14) si può notare che l’indice di sovrapposizione alfa si attesta intorno a valori medi abbastanza elevati

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(α=0,59). Il valore massimo è raggiunto nel mese di dicembre, mentre il valore minimo nel mese di giugno. Al contrario l’indice alfa riferito ad agone e gardon è piuttosto contenuto, mostrando valori sempre inferiori a 0,50 (valore medio = 0,40). Tuttavia, se per agone e gardon non sembra delinearsi una competizione per le risorse in nessuno dei mesi considerati (valore massimo di α =0,50), ciò risulta meno evidente per il coregone bondella, per il quale in alcuni casi i valori di alfa sono relativamente elevati (nel mese di ottobre α=0,86 e nel mese di maggio α =0,60).

Fig. 8.14. Indice di sovrapposizione della nicchia trofica  tra coregone bondella e gardon.

Fig. 8.15. Indice di sovrapposizione della nicchia trofica tra gardon e agone

Le informazioni relative all’analisi della nicchia alimentare delle tre specie più importanti hanno messo in evidenza che, sebbene vi sia una certa sovrapposizione, specialmente nel periodo invernale, durante la stagione estiva (più produttiva) questa risulta essere relativamente bassa. Tuttavia, soprattutto tra agone e coregone bondella, i valori di sovrapposizione della nicchia trofica, mediamente pari a 0,6 e in alcuni mesi piuttosto elevati, potrebbe spiegare, almeno in parte, l’evoluzione delle abbondanze di queste due

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specie ittiche così come registrate dall’andamento del pescato commerciale (Volta et al. 2013).

Bibliografia

Northcote T.G., Hamar J. 2006. Feeding ecology of Coregonus albula and Osmerus eperlanus in the limnetic waters of Lake Mälaren, Sweden. Boreal Env. Res., 11: 229-246. Schoener T.W. 1970. Nonsynchronous spatial overlap of lizards in patchy habitats. Ecology, 51: 408-418. UNI EN 14757, 2005. Water quality – Sampling of fish with multi-mesh gillnets Volta P., Grimaldi E., Calderoni A., Polli B. 2013. Andamento del pescato commerciale nel periodo 1979-2013. Commissione Italo Svizzera per la Pesca (Ed). 20pp. Volta P., Sala P., Campi B., Cerutti I. 2014. Protocollo di campionamento della fauna ittica nei laghi italiani. Report CNR-ISE 02.14. 15pp.

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9. CONCLUSIONI

I risultati ottenuti con le ricerche condotte nel 2014 hanno, in sostanza, confermato le tendenze evolutive generali dell’ecosistema, secondo quanto registrato negli anni precedenti. Tuttavia, soprattutto per alcuni parametri, è evidente come vi sia una elevata variabilità interannuale, in buona parte legata a fattori meteo- climatici. Tale variabilità, peraltro, può confondere il quadro generale, se non analizzata in una prospettiva di lungo periodo. Quindi, è chiaro che il mantenimento di lunghe serie temporali di misurazioni dei parametri chimici, fisici e biologici rappresenta un elemento cruciale riguardo alla possibilità di interpretare correttamente i fenomeni osservati. In quest’ottica, per ognuna delle singole ricerche, i dati raccolti nel 2014 sono stati confrontati, dove possibile, sia con i risultati ottenuti nel 2013 che con l’andamento pluriennale delle variabili di interesse. Gli eventi meteorologici occorsi nel 2014 hanno avuto forti ripercussioni sulle caratteristiche idrologiche e fisiche del Lago Maggiore, come descritto nei primi due capitoli del rapporto. Ricordiamo qui che, nel quadro della variabilità climatica interannuale, il 2014 è stato un anno eccezionale, per quanto riguarda le piogge cadute sul bacino: in quest’anno si sono registrati, mediamente all’interno del bacino del Lago Maggiore, 2225 mm, valore al di sopra della media pluriennale Il 32% circa delle stazioni ha registrato valori di pioggia compresi tra i 2000 e i 2500 mm, il 19% circa tra i 2500 e i 3000 mm e l’11% circa superiori ai 3000 mm. Questa elevata quantità di pioggia ha portato innalzamenti dei livelli dei fiumi e dei laghi tali da generare il 16 novembre il raggiungimento di una quota di esondazione del Lago Maggiore pari a 196.87 m s.l.m., terza piena per importanza dopo quelle del 1993 e del 2000. Tale valore è il risultato di piogge superiori alla media, cadute nei primi tre mesi dell’anno, a luglio, agosto, ottobre e soprattutto alle eccezionali piogge di novembre. Questi eventi hanno, ovviamente, influito anche sull’andamento delle portate dei tributari del Lago Maggiore. Infatti tutti i corsi d’acqua di cui si sono ricavate le portate hanno mostrato valori annuali superiori alla media, mediamente del 150%, con un picco registrato del mese di novembre, quando le portate sono state superiori a quelle dei periodi di riferimento, valutate per lo stesso mese, mediamente intorno al 355%. Per quanto riguarda la dinamica del mescolamento invernale, le misurazioni effettuate nel 2014 hanno dimostrato che la circolazione verticale invernale per moti convettivi è giunta a soli 65 metri di profondità, mentre il contenuto di calore invernale è aumentato sino a 5051 MJ m-2 che costituisce il valore più elevato dopo quello del 1998. La concentrazione di ossigeno nell’ipolimnio si è mantenuta tra 6,5 e 7 mgl-1. Questi dati confermano che un mescolamento profondo e completo del Lago Maggiore si può considerare un evento poco frequente: le analisi condotte nel 2014 hanno cercato di stabilire quale sia il controllo esercitato dai parametri climatici, sia a scala continentale, che a scala locale sui meccanismi di mescolamento. Le analisi statistiche hanno permesso di valutare come le forze climatiche locali e globali si manifestano su ciascuna delle diverse variabili che definiscono

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l’ecosistema lacustre invernale, così da prevedere uno sviluppo futuro dei vari meccanismi. L’azione del mutamento climatico globale, gioca un ruolo non trascurabile nel condizionare i meccanismi interni all’ecosistema e, nella fattispecie, la termodinamica di un lago profondo come il Maggiore. In particolare il forcing a larga scala incide sui contenuti energetici, mentre agli effetti delle profondità di mescolamento e della concentrazione di ossigeno profondo l’effetto locale assume un ruolo determinante. Una delle conseguenze del riscaldamento climatico in atto potrebbe quindi essere l’incremento del rischio di anossie delle acque profonde dei grandi laghi, con conseguenze che, a lungo termine, potrebbero anche contrastare gli sforzi fatti per debellare gli effetti dell’eutrofizzazione. E’ ormai accertato che, nel Lago Maggiore, esistono legami molto stretti tra le forzanti climatiche e le dinamiche del plancton. L’influenza dei fattori meteo- climatici è stata verificata anche nel 2014: una primavera piovosa, ma relativamente calda, ha favorito lo sviluppo del fitoplancton già dal mese di febbraio, rendendo disponibile, fin dall’inizio della primavera, una quantità di alimento non trascurabile per lo zooplancton filtratore. Infatti, è stato possibile evidenziare un aumento precoce, già dal mese di marzo, della densità numerica del popolamento zooplanctonico di rete, come di consueto dovuto alla crescita dei rotiferi e degli stadi naupliari dei copepodi. L’andamento generale del popolamento zooplanctonico di rete è stato fortemente influenzato dalla componente a rotiferi, soprattutto nei mesi primaverili. Come evidenziato nel capitolo 3, un brusco incremento della densità numerica è stato osservato in aprile ed ancora a maggio, mese nel quale si è raggiunto il massimo valore di densità numerica, per il 66% determinato dal rotifero coloniale Conochilus unicornis-hippocrepis gr. Nel 2014, d’altro canto, è stato molto contenuto lo sviluppo numerico dei cladoceri zooplanctonici del Lago Maggiore. Il dato medio annuo è risultato pari a circa un terzo di quello registrato nello scorso anno. I primi cinque mesi del 2014 sono stati caratterizzati dalla presenza di Daphnia hyalina-galeata ed Eubosmina longispina con valori di densità molto modesti anche a Maggio, quando il picco di densità è stato stimato in circa 3300 ind m-3, decisamente in controtendenza rispetto ai valori degli altri anni del quinquennio e di quelli del quinquennio precedente. La successione del fitoplancton, anch’essa condizionata dalla situazione meteo- climatica, si è svolta con una dinamica molto simile a quella osservata nel 2013: infatti, anche il 2014 si potrebbe definire un anno “a diatomee”, essendo stati questi gli organismi algali costantemente dominanti in termini di biomassa, durante l’arco dell’intero anno. Sulla dinamica del popolamento a diatomee è rilevante sottolineare come la concausa di questa costante dominanza nel 2014 potrebbe essere dovuta, ancora una volta, a eventi meteorologici eccezionali. Infatti, i mesi primaverili sono stati caratterizzati da precipitazioni di portata eccezionale che potrebbero avere contribuito al mantenimento a lago di concentrazioni costanti e sufficientemente elevate di silicati, tali da non limitare lo sviluppo del popolamento a diatomee fino alla tarda estate. Peraltro, questo gruppo algale non ha raggiunto livelli quantitativi paragonabili a quelli misurati nel 2013: tra le possibili concause del minore sviluppo potrebbe

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esserci la ridotta profondità di mescolamento dell’inverno 2013-2014, essendo noto che le diatomee sono favorite da una elevata turbolenza delle acque. I dati del 2014 confermano alcuni mutamenti osservati negli ultimi anni, come la presenza, tra le dominanti, di specie a carattere meso-eutrofo e la riduzione di altre con esigenze oligotrofe, che farebbero pensare ad una tendenza verso un peggioramento qualitativo delle acque lacustri. Le dinamiche della successione fitoplanctonica osservate nel 2014, quindi, confermano la tendenza evidenziata negli ultimi anni, secondo cui, a fronte di uno stretto controllo sui carichi puntiformi di nutrienti, è divenuto sempre più importante il ruolo degli apporti da fonti diffuse, soprattutto in relazione all’azione di eventi meteoclimatici estremi, il cui effetto, sul lungo termine, potrebbe essere simile a quello prodotto dal processo di eutrofizzazione sperimentato dal lago negli anni ’60- ‘70. Le ricerche sul plancton hanno fornito altre indicazioni interessanti sulla dinamica dei rapporti trofici: i dati di fingerprint isotopico di carbonio e azoto ottenuti per i singoli taxa analizzati sono stati confrontati con quelli relativi al pool delle tre frazioni dimensionali del popolamento zooplanctonico pelagico di rete, utilizzati per la determinazione degli inquinanti organici persistenti (cfr., Rapporto CIPAIS DDT 2014), quali descrittori sintetici del popolamento zooplanctonico. La tendenza dei ciclopidi ad utilizzare basi alimentari diverse da quella rappresentata da Daphnia è in linea con quanto rilevato nel corso degli anni del quinquennio. Tale tendenza risulta ancor più interessante alla luce del fatto che Cyclops adulto sembra avere un ruolo non trascurabile nel veicolare gli inquinanti organici persistenti ai pesci zooplanctivori. Nel loro complesso, pertanto, i risultati relativi alle indagini condotte nel 2014 suggeriscono che le informazioni veicolate dalle diverse frazioni dimensionali dipendono dalla struttura del popolamento e da quanto quest’ultimo sia eterogeneo in termini di taglia corporea degli organismi. Inoltre, i risultati delle analisi isotopiche hanno confermato quanto già osservato negli anni precedenti, ovvero che le variazioni stagionali dei taxa zooplanctonici analizzati sono state influenzate dallo sviluppo della stratificazione termica, passando da valori di 13C‰ più impoveriti nell’isotopo pesante del carbonio a valori meno impoveriti, con il progredire del riscaldamento. Per quanto riguarda la dinamica stagionale del carbonio organico, strettamente legata alle fluttuazioni degli organismi planctonici, nel 2014 la concentrazione di TOC è stata massima nel periodo estivo (1.264 mg L-1 in giugno come valore medio nella zona fotica, 1780 µg L-1 in superficie in luglio) per poi decrescere progressivamente negli ultimi mesi dell’anno con il minimo di 0.612 mg L-1, valore medio della zona afotica in novembre. Nel 2014 la concentrazione di TOC si è mantenuta prossima ai valori misurati nel quinquennio precedente, confermando la sostanziale stabilità dello stato trofico del Lago Maggiore. La componente mucillaginosa nota come TEP (Transparent Exopolymeric Particles), di recente inserita tra i parametri investigati, arriva ad un massimo di 776 µg L-1 a 10 m in estate. Inoltre si nota un perdurare in lago di alte concentrazioni di TEP anche fino ad ottobre. In estate le percentuali di TEP sono arrivate al 56% nei primi 10-15 metri. La comparsa in tarda estate di forme coloniali di cianobatteri, con le tipiche sostanze polisaccaridiche extra cellulari, potrebbe essere una delle cause delle alte concentrazioni di TEP. La massima concentrazione di TEP qui misurata (di poco inferiore a 800 µgL-1) è risultata superiore a quella media di 22 laghi della zona

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nord temperata (256 µgL-1), sebbene il Lago Maggiore sia attualmente in una condizione di oligotrofia. Per quanto riguarda la frazione disciolta, la CDOM (Chromophoric Dissolved Organic Matter) è risultata essere una componente importante del DOM negli strati più profondi nei mesi invernali, mentre nell’estate 2014 la componente autoctona, a basso peso molecolare, ha dominato il DOM in tutta la colonna d’acqua. Infatti, nel mese di febbraio, cioè in un periodo stagionale normalmente di bassa produzione algale, la produzione autoctona autotrofa è risultata essere il maggior costituente del TOC nella zona epilimnica, fatto questo da porre in relazione con le peculiarità climatiche dell’inverno 2014. Il secondo anno di monitoraggio della presenza di antibiotico-resistenze nel Lago Maggiore ha confermato il quadro di un lago fortemente antropizzato dove resistenze specifiche ad antibiotici sintetici sono presenti e diffuse. Questa situazione pur essendo lontana dall’essere ottimale non ci pone per ora in uno stato di emergenza, ma sicuramente di pre-allarme in quanto l’utilizzo delle acque del Lago a fini diversi è già elevato ed andrà ad aumentare nei prossimi anni, mentre un eventuale adeguamento dei sistemi di depurazione non è una soluzione definitiva e l’utilizzo di antibiotici, seppur in calo secondo le fonti ufficiali, è comunque ancora massivo, sia nel settore della salute umana che, soprattutto, in quello agricolo- zootecnico. L’andamento in crescita delle abbondanze dei principali geni di resistenza (tetracicline, solfonamidi, beta-lattamici, aminoglicosidi) preoccupa e richiede un affinamento delle ricerche, oltre che alla costituzione di una serie temporale tale da permetterci di destagionalizzare i dati e valutarli nella loro consistenza reale. Per quanto riguarda la chimica lacustre, alcuni dati ottenuti nel 2014 inducono a mantenere elevata la soglia di attenzione riguardo a possibili modificazioni della qualità ecologica delle acque del Maggiore, sebbene vi siano stati dei miglioramenti per quanto riguarda la qualità delle acque dei tributari più inquinati. In particolare, le concentrazioni medie annue di fosforo reattivo e totale (valori medi sull’intera colonna d’acqua) sono state di 9 e 11 µg P l-1 rispettivamente. I corrispondenti valori nelle acque superficiali (epilimnio) e profonde (ipolimnio) sono stati di 3 e 6 µg P L-1 e 9 e 12 µg P L-1. I valori del 2014 confermano quindi la tendenza all’aumento delle concentrazioni di fosforo nelle acque del lago, iniziata a partire dal 2011. I massimi tardo invernali nel periodo 2012-2014 hanno raggiunto valori di 10 µg P L-1 per il fosforo reattivo e 12-13 µg P L-1 per il totale, di 1-2 µg P L-1 più elevati rispetto a quelli rilevati negli anni precedenti (2005-2011). Anche i minimi estivi si sono spostati verso valori leggermente più elevati (es. 7 µg P L-1 per il fosforo reattivo, nel 2013 e 2014, rispetto a 5-6 µg P L-1). Si tratta comunque di variazioni contenute; le concentrazioni, inoltre, rimangono ben lontane da quelle che avevano interessato il lago nel periodo dell’eutrofizzazione. Potrebbe trattarsi di una fase transitoria, dovuta sia a variazioni negli apporti dal bacino che ad un progressivo accumulo di fosforo a causa dello scarso rimescolamento delle acque del lago negli ultimi anni. Per quanto riguarda le altre variabili chimiche, i nitrati sono rimasti stabili nel 2014 (tra 800 e 850 µg N L-1 come valori medi sulla colonna), confermando una riduzione dei valori degli ultimi anni rispetto a tutto il periodo 1990-2000. Questa diminuzione recente è da attribuire ad un calo negli apporti di nitrati attraverso le

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deposizioni atmosferiche, che nell’areale del Lago Maggiore rappresentano il principale veicolo di azoto agli ecosistemi acquatici. Anche per quanto riguarda l’ossigeno, i valori, sia al di sotto dei 200 m di profondità che nell’intero ipolimnio, sono rimasti stabili nel 2014 rispetto agli anni -1 immediatamente precedenti (tra 6,5 e 7,5 mg O2 L e tra 54 e 63% come % di saturazione nello stato al di sotto dei 200 m). Pur trattandosi di valori più bassi -1 rispetto a quelli del 2006, quando si raggiunsero i 9,5-10 mg O2 L a seguito della piena circolazione delle acque, si tratta comunque di valori indicativi di una buona ossigenazione delle acque. Le concentrazioni medie dei composti di fosforo e azoto sono state nel 2014 inferiori a quelle degli anni precedenti nei Torrenti Bardello e Boesio, a conferma di una tendenza al miglioramento della qualità delle acque di questi tributari. Si sono verificati invece degli aumenti nei valori di fosforo totale in alcuni tributari (es. Ticino Immissario, San Bernardino, Cannobino), a causa delle concentrazioni superiori alla media misurate nel periodo autunnale, in corrispondenza di un evento di piena determinato dalle abbondanti precipitazioni. Anche in questo caso è evidente che eventi climatici eccezionali possono avere ripercussioni importanti sulla chimica lacustre, con effetti a cascata sul comparto biotico e, più in generale, sulla qualità ecologica delle acque. La ricerca accessoria sullo stato della fauna ittica è stata focalizzata, nel 2014, sulla regione centro-settentrionale del Lago Maggiore: i risultati ottenuti, unici nel loro genere, rappresentano dunque, insieme a quanto già presentato lo scorso anno, un elemento di novità e una utile base di confronto per valutare in futuro l’evoluzione della comunità ittica del Lago Maggiore. Essi dunque costituiscono un punto di partenza fondamentale per lo sviluppo e il mantenimento di una serie storica di riferimento relativa alla fauna ittica di questo ecosistema lacustre, confrontabile con quanto già presente per molti altri laghi europei e altri laghi italiani. Il quadro che deriva dai campionamenti effettuati in questa indagine è di tipo puntuale, riferendosi ad un preciso intervallo stagionale (quello estivo che, tuttavia, è ritenuto il più affidabile in termini di rappresentatività). Le caratteristiche salienti della comunità ittica possono essere riassunte come segue:  le specie ittiche alloctone, sia recenti che introdotte in epoca storica ed acclimatatesi, prevalgono sia in numero che in biomassa rispetto alle specie autoctone e sono distribuite lungo tutta la colonna d’acqua sia nella zona litorale che in quella pelagica.  Gli onnivori dominano nella zona litorale e sublitorale, mentre i planctivori nella zona pelagica.  Tra le specie pelagiche domina nettamente il coregone bondella, e tra le specie litorali dominano pesce persico e gardon. Le informazioni relative all’analisi della nicchia alimentare delle tre specie più importanti hanno messo in evidenza che, sebbene vi sia una certa sovrapposizione, specialmente nel periodo invernale, durante la stagione estiva (più produttiva) questa risulta essere relativamente bassa. Tuttavia, soprattutto tra agone e coregone bondella, i valori di sovrapposizione della nicchia trofica, mediamente pari a 0,6 e in alcuni mesi piuttosto elevati, potrebbe spiegare, almeno in parte, l’evoluzione delle abbondanze di queste due specie ittiche così come registrate dall’andamento del pescato commerciale.

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In conclusione, i dati ottenuti nel corso del 2014 confermano che il Lago Maggiore mantiene tuttora quella condizione prossima all'oligotrofia, che ne ha caratterizzata l'evoluzione recente. Peraltro, come osservato in occasione di precedenti indagini, lo stato ecologico attuale del lago è il risultato di un equilibrio tra il controllo imposto dai fattori meteoclimatici e quello legato alla pressione antropica che ancora grava sull’ecosistema. Sebbene i dati raccolti nel corso del 2014 abbiano messo in evidenza come gli interventi volti alla riduzione dei carichi di origine antropica stiano dando buoni risultati, al tempo stesso si conferma che i carichi da fonti diffuse, spesso soggetti alle fluttuazioni delle condizioni meteo- climatiche, debbano essere oggetto di attenzione. In sostanza, l’equilibrio determinato, da un lato, dagli interventi volti a limitare l’impatto antropico e, dall’altro, dagli effetti della variabilità climatica, rimane precario e suscettibile di alterazioni, soprattutto a seguito di eventi estremi, come episodi di siccità o d’ingenti precipitazioni oppure introduzione di sostanze o organismi capace di alterare la rete trofica. Per la diagnosi precoce degli effetti perturbanti, spesso non conclamati nelle fasi iniziali, e per la loro mitigazione è indispensabile poter disporre della serie storica dettagliata ed esauriente di dati limnologici che l'attività di ricerca limnologica sostenuta dalla CIPAIS senz'altro garantisce, diversamente dal meno esaustivo monitoraggio " a norma di legge". Soltanto una sorveglianza adeguata, basata su una frequenza di campionamento congrua con la velocità di cambiamento delle variabili fisiche, chimiche e biologiche nell'ambiente naturale e su metodologie analitiche sufficientemente sensibili, precise ed accurate, potrà garantire la capacità diagnostica necessaria per individuare precocemente un eventuale deterioramento qualitativo delle acque lacustri.

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ELENCO DEGLI AUTORI E DEI COLLABORATORI

RESPONSABILE SCIENTIFICO DELLA RICERCA Dr. Giuseppe Morabito

RESPONSABILE AMMINISTRATIVO: Dr. Marina Manca (Direttore Istituto per lo Studio degli Ecosistemi)

ELENCO DEGLI AUTORI Dr. Valter Ambrosetti Limnologo fisico Dr. Martina Austoni Idrobiologo Prof. Luigi Barbanti Limnologo fisico Dr. Roberto Bertoni Microbiologo Acquatico Dr. Cristiana Callieri Microbiologo Acquatico Dr. Barbara Campi Ittiologo Dr. Elisabetta Carrara Limnologo fisico Per. Ind. Igorio Cerutti Tecnico in Ittiologia Dr. Marzia Ciampittiello Limnologo fisico Per. Ind. Mario Contesini Tecnico in Microbiologia Dr. Gianluca Corno Microbiologo Acquatico Dr. Andrea Di Cesare Microbiologo Acquatico Dr. Claudia Dresti Limnologo fisico Dr. Ester Eckert Microbiologo Acquatico Dr. Paola Giacomotti Idrochimico Dr. Lyudmila Kamburska Idrobiologo Dr. Marina Manca Idrobiologo Dr. Giuseppe Morabito Idrobiologo Per. Arianna Orrù Tecnico in Idrochimica Dr. Roberta Piscia Idrobiologo Per. Ind. Alfredo Pranzo Tecnico in Idrochimica Dr. Michela Rogora Idrochimico Dr. Angelo Rolla Limnologo fisico Dr. Helmi Saidi Limnologo fisico Dr. Paolo Sala Ittiologo Per. Chim. Gabriele A. Tartari Tecnico in Idrochimica Dr. Pietro Volta Ittiologo Dr. Zambon Antonella Matematico

ELENCO DEI COLLABORATORI Sig.na Evelina Crippa Tecnico in limnologia fisica Per. Elet. Dario Manca Tecnico informatico

INDIRIZZO DI RIFERIMENTO DEGLI AUTORI E DEI COLLABORATORI3 Consiglio Nazionale delle Ricerche Istituto per lo Studio degli Ecosistemi Sede di Verbania Largo V. Tonolli 50/52 28922 – VERBANIA PALLANZA

3 Alcuni autori non sono afferenti al CNR-Istituto per lo Studio degli Ecosistemi, ma l’indirizzo riportato può essere utilizzato, in ogni caso, per eventuali comunicazioni relative al presente rapporto, facendo riferimento al primo autore di ogni capitolo.

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