25 Aprile , città dalle due anime mille volte offesa e risorta Boris : un grande della “cultura di frontiera”

di Tatjana Rojc on l’ingresso della Repubblica di del loro cammino in Europa. L’oxfordia- nel contesto degli Stati no Matthew Arnold ebbe a dire nel Università di Nova Gorica, Slovenia C che compongono l’Unione Euro- 1857 come “nessun evento, nessuna lette- pea, gli sloveni sono tornati ad avere uno ratura sono compresi in modo adeguato se spazio culturale che comprende anche le non vengono messi in rapporto con altri Nelle sue opere comunità nazionali slovene che vivono eventi e altre letterature”. E sarà proprio un mondo che parte in Austria, Ungheria e in Italia, lungo questo che cerco di sottendere, parlando da lontano ed è tutta la fascia del confine orientale. Que- di lettere slovene che cioè ci sia nella let- per metà sloveno sto ha posto la cultura slovena nuova- teratura europea tutta in nuce un pensie- e per metà italiano. mente unitaria al centro dell’Europa dei ro unitario che da Omero al XX secolo Da Slataper popoli, quell’Europa, per inciso, che ha riuscì a determinare la formazione delle caratterizzato i secoli dell’appartenenza singole letterature nazionali, quindi an- a Svevo e Saba. all’Impero asburgico e che è stato il co- che di quella slovena. La persecuzione mune denominatore dello spazio cultu- Tra i numerosi grandi narratori, testimo- fascista rale centro-europeo. ni del loro tempo, che raccontarono i e quella di Tito. Il fattore che determina l’appartenenza grandi eventi, determinanti per il percor- La deportazione nazionale non è, nel caso sloveno, il ter- so della nazione slovena fino all’età con- nazista ritorio ma, viceversa, la lingua e con essa temporanea, attraverso le piccole storie la parola scritta, la letteratura che assur- dei loro protagonisti, vi sono spesso no- ge, appunto, proprio a fattore determi- mi di autori originari dal cosiddetto Li- Boris Pahor. nante nel delineare il profilo culturale torale sloveno che comprende le città e della stessa nazione, la cui l’entroterra di Trieste e . Trieste, cultura funge idealmente la città di Boris Pahor, è stata definita già da tramite tra tre mondi da Scipio Slataper una città dalle due linguistici e culturali: quel- anime. lo slavo, quello neolatino, L’identità triestina è per Angelo Ara e quello germanico. una “identità di frontie- La lingua slovena vanta una ra”. La divisione culturale di questi due storia millenaria che si divi- elementi triestini per eccellenza, quello de in due fasi. La prima fa- slavo o più precisamente sloveno, e quel- se tra il IX secolo e il 1550 lo italiano, risulta essere ancora abba- viene chiamata proto-era ed stanza esplicita: i due elementi, infatti, è il periodo in cui la comu- oggi ancora dialogano troppo poco tra ne lingua paleoslava viene loro. Condividono, però, il potere sim- già segnata da nuovi signi- bolico del mito della Trieste letteraria e ficati. Risalgono a prima multiculturale. dell’anno 1000, infatti, i Dopo la Grande Guerra, allo sfacelo del- primi documenti in lingua l’impero asburgico, la nuova linea di de- slovena che sono poi anche marcazione geopolitica aveva diviso i primi documenti scritti di Trieste dal suo hinterland naturale. Gli tutto il mondo slavo, chia- sloveni del Litorale vennero di fatto scis- mati Brizˇinski spomeniki si dalla matrice centrale ed è allora che (Monumenti di Frisinga). comincia a definirsi entro il contesto slo- Ha inizio, invece, l’era veno il vero significato della parola “con- nuova quando, nel 1550, fine”, il cui concetto comincia ad avere viene dato alle stampe il per gli autori triestini di lingua slovena primo libro in lingua slove- più significati: può essere concepito co- na a opera di Primozˇ Tru- me limite, come frontiera, come dife- bar (1508-1586) che par- sa/offesa, come spazio del malinteso, tecipò alla Riforma prote- come spazio di conflitto. E infine, in stante e che segnò per gli un’ottica non viziata da ideologie, pre- sloveni l’inizio definitivo concetti e verità precostituite, anche co-

72 l patria indipendente l 11 aprile 2010 me spazio di pacificazione, come è da Scipio Slataper, in una relazione tifascista, slovena e italiana, rivolu- avvenuto negli ultimi due decenni. indissolubile: la mancanza della zionaria e conservatrice, in un sus- Più che a una definizione “di con- tradizione culturale autoctona e la seguirsi di torti e vendette quasi fine” mi piace, dunque, pensare a pluralità etnica di Trieste avevano senza fine. una cultura “di frontiera”. Il ter- dato il via al «mito della triestini- L’incendio del Narodni dom rap- mine frontiera offre, infatti, la tà» che è, per dirla con Saba, «di presenta una pietra miliare nella possibilità di non porre delle linee un’altra specie». letteratura triestina: ne parla Giani di demarcazione ben definite e Fino allo scoppio della Prima Stuparich in “Trieste nei miei ri- guardare, finalmente, con serenità guerra mondiale, infatti, sloveni e cordi”: «Nel tragico spettacolo di anche alla cultura triestina, parten- italiani (perché è questo, principal- quel pomeriggio io avvertii qualco- do dagli Anni Venti, da quegli an- mente, lo scontro che Trieste cer- sa di immane: i limiti di quella ni di grandi cambiamenti che han- ca di superare) avevano condiviso, piazza mi si allargarono in una vi- no fortemente inciso sulla conce- seppur da due posizioni diverse, sione funesta di crollo e rovine, co- zione dell’arte, della musica, delle tutta la storia triestina, dunque pu- me se qualcosa di assai più feroce lettere, della pittura: partendo da- re, a cavallo tra Ottocento e Nove- della stessa guerra passata minac- gli anni più cruciali del Novecento cento, la prodigiosa espansione ciasse le fondamenta della nostra si può, infatti, a mio parere, far le- materiale e intellettuale della classe civiltà». va proprio sulla presenza nelle due borghese. Quella slovena aveva Ne parla sopratutto Boris Pahor culture triestine per eccellenza di voluto dichiarare tangibilmente la nel suo racconto “Grmada v pri- valori sovrapponibili. Nonostante propria presenza e la propria cre- stanu” (Il rogo nel porto), titolo il ruolo avuto nell’ambito del ter- scita economica e culturale soprat- dal quale prende nome anche la ritorio mitteleuropeo, la città se- tutto con il monumentale edificio silloge di novelle che segnò l’in- guì un percorso del tutto singolare multifunzionale del Narodni dom, gresso di Pahor sulla scena lettera- per le proprie peculiarità: fu di fat- progettato dal celeberrimo archi- ria italiana nel 2000. La nazione to elusa la grande lezione psicana- tetto Max Fabiani che divenne slovena, infatti, oppressa dal susse- litica weissiana, anche se Svevo co- simbolo della presenza paritetica guirsi dei totalitarismi del XX se- scientemente ebbe a forgiare un della componente slovena non sol- colo, ha consegnato alla cultura il individuo, portatore delle psicosi e tanto nei sobborghi, ma nello stes- potere di diffondere un pensiero delle nevrosi dell’uomo contem- so centro cittadino. L’incendio del rivoluzionario e un sentimento di poraneo, concentrato sulle proprie Narodni dom nel 1920, opera de- rivolta nei confronti della costri- debolezze. gli squadristi capitanati da France- zione tradizionalista. Dopo il pe- Credo siano maturi i tempi per cui sco Giunta, dette il via a quella fol- riodo delle avanguardie del primo il ragionamento debba superare le corsa così profondamente trie- dopoguerra, essa ha, infatti, innan- necessariamente lo scontro tra due stina che potremmo definire con zitutto fatto proprio quel percorso nazioni, due etnie, due civiltà, cer- una serie di paradossi fascista e an- dell’arte europea che Renzo Cresti cando di convergere sulle conseguenze che la disgregazione dell’Impero asburgi- co, la Grande Guerra, il Trattato di Rapallo, il fascismo, il nazi- smo, il comunismo, la Seconda guerra mondiale, i traumi e le lacerazioni del do- poguerra, ma anche i vari -ismi portarono in una Trieste dai pri- mi Anni Venti, quan- do la città si vide co- stretta a ridisegnare una propria identità nell’ambito di un contesto politico e statale del tutto nuo- vo: quello italiano. Già prima, però, que- sta dualità apparente- mente e definitiva- mente scissa, era stata posta, invece, proprio Boris Pahor riceve il “Premio Napoli” nel 2008 per la sezione Letteratura straniera.

patria indipendente l 11 aprile 2010 l 73 in tal senso a moderno Ulisse che, tornando dal mondo delle ombre, non rinuncia a far vivere, ancora, coloro che sono dovuti divenire ombre nei lager nazisti. Le ombre che Boris Pahor cerca di incontrare, di riportare in vita in tutte le sue opere, ombre di uomi- ni oppressi dall’assurdità dei regi- mi totalitari del XX secolo, sono le protagoniste di tutto l’opus paho- riano, dove vi è raccontata l’essen- za dell’uomo e dello scrittore: la storia dell’uomo, la sua esperienza di perseguitato, il suo difficile per- corso attraverso le persecuzioni che ha subìto, anche il suo percor- so di intellettuale dalla formazione cosmopolita, fortemente intrisa, oltre che di elementi sloveni e ita- liani, di quelli francesi. È la Francia, Parigi in particolare, a essere, oltre a Trieste, il luogo dove Pahor racconta di sé, della sua vita, della sua scrittura, della sua amicizia con , grande poeta e intellettuale slove- no che per primo aveva pubblica- mente denunciato, assieme agli scrittori triestini Boris Pahor e già all’inizio degli Anni Settanta gli eccidi del dopo- guerra. La difesa (che era poi la di- fesa dei valori della democrazia, della libertà di pensiero, della veri- tà) perpetrata da Pahor nei con- fronti di Edvard Kocbek che fu a capo della fazione cattolico-sociale del Fronte di Liberazione della lotta partigiana slovena e fu quindi destituito da Tito dopo la Libera- zione, valse a Pahor anni di ostra- cismo letterario e politico negli La copertina di un libro pubblicato da Boris Pahor. ambienti jugoslavi. Emerge da tutta l’opera di Boris definisce «estetica che si contrae in Cominform, le lotte politiche, il Pahor la sconvolgente memoria etica». valore della libertà e della demo- del deportato, costretto a un tragi- Questa “estetica che si contrae in crazia, la necessità di avere chiara co pellegrinaggio nei lager di Da- etica” rappresenta in qualche mo- la possibilità di scegliere la propria chau, Natzweiler Struthof, nuova- do l’assioma per eccellenza della identità. Di non essere, dunque, mente Dachau, Dora Mittelbau, letteratura triestina in lingua slove- altro da sé. Harzungen, Bergen Belsen: la sua na del secondo dopoguerra e in Pahor, innanzitutto per la propria condanna della dittatura e la lucida special modo di Boris Pahor che è esperienza di deportato, sembra analisi storica e politica della città riuscito a denunciare e a racconta- dialogare sopratutto con Primo nella quale egli è nato e che divie- re l’esperienza di tutta la comuni- Levi, ponendo al centro del pro- ne il suo microcosmo ideale, dal tà: il trauma della lingua proibita, prio racconto l’uomo, la sacralità quale egli parte per raccontare, ma dei nomi e dei cognomi italianiz- della vita, ma pure il potere salvifi- al quale egli ritorna sempre, Trie- zati, le deportazioni, la prigionia, co della figura femminile intesa ste. Boris Pahor ci fa partecipi di il confino, l’esilio forzato, l’oppo- come una Antigone sofocleiana, una memoria collettiva, di ciò che sizione, i lutti, l’epopea partigiana concentrando il proprio realismo non dobbiamo dimenticare. Egli e il dramma degli eccidi del dopo- di tipo tolstojano soprattutto sul descrive gli orrori vissuti e rivissuti guerra, la scissione imposta dal binomio thanatos-eros, assurgendo con uno sguardo quasi finalizzato

74 l patria indipendente l 11 aprile 2010 a registrare le cesellature più fini e grande ruolo salvifico del singolo ni. Per il suo messaggio, per il va- le dinamiche più recondite come individuo e dell’umanità tutta. lore etico e estetico delle sue ope- una macchina da presa fa, zoo- Le opere di Boris Pahor sono state re, per aver “reso immaginabile l’i- mando al massimo. Trieste ritorna tradotte nelle principali lingue eu- nimmaginabile”, come ebbe a sempre con la sua “scontrosa gra- ropee e sono state pubblicate in scrivere la critica francese, riferen- zia” sabiana ed è un po’ come Bo- Slovenia, Italia, Austria, Germania, dosi agli orrori del Novecento, ai ris Pahor, all’apparenza scontroso Francia, Spagna, Finlandia, Croa- quali Boris Pahor è riuscito a so- e, invece, uomo di grande sensibi- zia, Stati Uniti d’America. Impor- pravvivere, facendosene testimone, lità, tanto da intraprendere un dia- tanti organi di stampa (tra cui più egli è considerato dalla cultura eu- logo ininterrotto con la parte più volte il francese “Le Monde” e il te- ropea un classico del XX secolo, al intima di se stesso. Emblematico desco “Frankfurter Allgemeinde pari di , Robert Antel- in tal senso il suo sentirsi inade- Zeitung” ) hanno dedicato a que- me, Solzenicyn. Pahor, grande te- guato, durante il suo viaggio di ri- sto Grande ampissimi spazi. Boris stimone della storia, ha voluto, at- torno al lager, tra la folla di turisti- Pahor, nato a Trieste nel 1913, as- traverso le proprie opere, ridare visitatori, egli-pellegrino, appunto, surge a emblema delle persecuzio- voce e dignità a coloro ai quali i che non è mai riuscito a scucirsi ni squadriste e fasciste nei con- regimi totalitari hanno voluto to- dalle spalle la gliere tutto, farli giubba di depor- diventare numeri, tato, ed è riuscito cenere, ombre. a conviverci. E Nella sua estrema viene riconosciu- modestia, infatti, to come parte in- Boris Pahor non ha tegrante di quel mai voluto avvaler- luogo della sua si della propria dannazione. condizione di in- L’opera di Boris tellettuale europeo Pahor è il raccon- per promuovere se to della morte vi- stesso ma, nel con- sta allo specchio: tempo, si è sempre lo specchio del reso disponibile nel protagonista sono portare il suo mes- i suoi compagni saggio anche tra le di giochi e di persone più sem- scuola, costretti a plici e soprattutto rinunciare all’uso tra i giovani nelle della propria lin- scuole di tutta gua e a vedersi Ancora una immagine di Boris Pahor. l’Europa ed è stato cambiato il co- insignito di grandi gnome e il nome, privati della pro- fronti della minoranza nazionale riconoscimenti letterari nonché più pria identità, sono i compagni di slovena in terre giuliane già a par- volte candidato al Premio Nobel viaggio, di lager, alcuni condanna- tire dal 1920. Egli, sopravissuto al- per la Letteratura. ti, ridotti in cenere, annientati, pri- l’orrore dei lager, fu duramente Ecco dunque perché Boris Pahor vati di qualsiasi dignità. Persino vessato anche dal regime comuni- va inteso a tutti gli effetti come della stessa pietas della sepoltura, sta jugoslavo che, per la denuncia autore in un contesto europeo altri salvatisi. da lui fatta dei crimini perpetrati ampio. Egli è, però, pure l’emble- C’è in Pahor un sovvertimento del dal regime jugoslavo nell’imme- ma di quegli autori sloveni del binomio eros-thanatos, in lui la diato dopoguerra, gli ha proibito Novecento che rispecchiarono in morte, thanatos, viene superata, o per ben due volte e per lunghi pe- modo particolare il ruolo rivolu- se non superata del tutto, almeno riodi l’ingresso in Jugoslavia. Que- zionario dell’arte che coglie sem- bypassata attraverso l’eros, un eros sta sua fede nel valore della demo- pre, e con largo anticipo, gli im- poetico, pulito che porta verso il crazia, questa sua denuncia aperta pulsi di un’epoca e ne determina concetto di altissimo rispetto del contro tutte le dittature, contro poi, analizzandole e perpetuando- corpo umano, quel corpo per il “il grande che vuole distruggere il le, le caratteristiche di pensiero. quale il lager non ha alcun rispetto piccolo”, come egli stesso asserisce, L’opera di Boris Pahor comprende e che egli celebra attraverso la ri- sono valori che costituiscono, as- anche, incondizionatamente, gli cerca dell’incontro intimo, dell’in- sieme alla forza salvifica dell’amo- archetipi determinanti della sua contro amoroso. La figura femmi- re, il messaggio centrale della sua appartenenza. Ma conferma pure nile costituisce uno dei cardini su opera che consta in una trentina di come l’appartenenza di un indivi- cui gira tutta la forza narrativa pa- volumi di narrativa e saggistica, at- duo a una nazione meno numero- horiana: è la donna, infatti, essen- traverso i quali egli si fa mediatore sa, a una minoranza nazionale, za stessa dell’amore, della grazia, tra il mondo delle ombre “di colo- non può in alcun modo determi- della vita, a cui Pahor affida il ro che non sono tornati”, e i giova- narne l’inferiorità.

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