COSA VISITARE IN ?

ABBAZIA CISTERCENSE DI CASAMARI Distanza da : 39 Km Tempo di percorrenza: 0:47

Nel territorio del di , a 9 km dal centro, sulla via Maria, - raggiungibile facilmente anche dall'autostrada -Sora - sorge l'abbazia di Casamari. Essa fu edificata sulle rovine dell'antico municipio romano denominato Cereatae, perchè dedicato alla dea Cerere. Il nome Casamari è di origine latina e significa "Casa di Mario", patria del console romano Caio Mario, celebre condottiero, nemico di Silla.L'abbazia fu costruita nel 1203 e consacrata nel 1217. E' uno dei più importanti monasteri italiani di architettura gotica cistercense. La pianta dell'edificio è simile a quella dei monasteri francesi, mentre la facciata della chiesa presenta all'esterno un grandioso portico. Si entra nel monastero attraverso un'ampia porta a doppio arco. All'interno si trova un giardino la cui parte centrale è occupata dal chiostro. Esso è di forma quadrangolare, con quattro gallerie a copertura semicilindrica. L'aula capitolare è un ambiente formato da nove campate e da quattro pilastri ed è usata per le riunioni. Dal chiostro, grazie a una porta, si entra nella chiesa che è a pianta basilicale a tre navate. Dietro l'altare dell'abbazia troviamo il coro costruito nel 1940. All'interno della struttura ci sono alcune sale duecentesche, che contengono reperti archeologici di epoca romana. Di grande interesse sono: la biblioteca e il museo ricco di opere d'arte.

ORARI MESSE E VISITE

Messe: 7.00, 8.30, 10.00, 11.00, 12.00, 17.00 (estivo:18.00) Lodi: 8.00 Vespri: 16.00

I monaci di Casamari celebrano tutta la loro liturgia in canto gregoriano. Nei giorni feriali: Lodi, ore 6,00; S.Messa, ore 7,30; Sesta, ore 12,45; Nona, ore 16,00; Vespro, ore 19,15. Nei giorni festivi: Lodi ore 8,00; Messa ore 11,00; Vespro ore 16,00 (durante l'ora legale alle 17,00).

Visite: 9-12, 15-18. Visita guidata per gruppi: è bene avvisare dell'arrivo qualche giorno prima e chiedere la disponibilità di un monaco per la guida. Non si paga nulla, è gradita una offerta. tel: 0775/282371

Sito internet: http://www.casamari.it/

CASSINO E L’ABBAZIA DI MONTECASSINO Distanza da Fiuggi: 91 Km Tempo di percorrenza: 1:12

Cassino affonda le radici nella storia, che è passata lieve con Annibale ai tempi della seconda guerra punica, che ha inciso nella cultura dell'Italia con i Placiti Cassinesi e del mondo intero con S. Benedetto e la regola benedettina. Una storia che è diventata troppo dura durante la seconda guerra mondiale, portando alla distruzione totale della città e dell'Abbazia di Montecassino. Oggi Cassino coniuga questa storia con la dinamicità e la freschezza di una cittadina invasa da studenti che frequentano l'Università di Cassino, sempre più in crescita. Gode di teatro romano, e di una vicinanza strategica con mare, monti e laghi. L'Abbazia di Montecassino, con il suo museo, inoltre, è tra i monumenti più visitati d'Italia.

A nessuno che percorra l’autostrada del Sole, nel tratto che congiunge Roma a Napoli (uscita di Cassino), sfugge lo spettacolo che si offre lungo l’ampia valle del fiume Liri: una squadrata e candida costruzione è lì, ben piantata a 520 metri di altezza, sopra l’ultima propaggine di una catena di balze del . Il grande edificio è la maestosa Abbazia di Montecassino che si staglia sulla cima della montagna, ricoperta una volta da boschi di secolari querce e lecci ed ora da verdi-argentei ulivi, quasi a dominare la sottostante città di Cassino. L’abbazia fu fondata nel 529 da San Benedetto da Norcia, ma venne devastata daiLongobardi (580), dai Saraceni (883), da un terribile terremoto (1349) e il 15 febbraio del 1944, durante l’ultimo conflitto, venne completamente rasa al suolo da un violento bombardamento degli Alleati.

Con ostinata fedeltà, voluta ed annunciata dalle parole dell’Abate Ildefonso Rea “dov’era e com’era”, utilizzando i marmi superstiti, l’opera di ricostruzione, iniziata con la posa simbolica della prima pietra il 15 marzo 1945, ha restituito al mondo cristiano, e non solo, la più insigne delle abbazie benedettine quella stessa che secoli prima meritò la definizione di “Atene medievale nella notte di molti secoli " da parte del Gregorovius. L’opera di ricostruzione dell’intero complesso è avvenuto completamente a spese dello Stato italiano.

Sito internet: http://www.cassino.it/abbaziamontecassino.php CERTOSA DI TRISULTI Distanza da Fiuggi: 26 Km Tempo di percorrenza: 0:40

Nel territorio di , comune insignito dal Touring Club Italiano del marchio di qualità “Bandiera Arancione”, sorge, a circa 800 m. d’altezza, sotto la cresta rocciosa del monte Rotonaria, tra il verde dei boschi che la circondano, la Certosa di Trisulti, splendido esempio di architettura religiosa in montagna.Le sue origini risalgono all’anno Mille, quando S. Domenico da Foligno, monaco benedettino, fondò in questo posto di selvaggia bellezza e solitudine, già luogo di eremitaggi, come ci testimonia la vicina mistica grotta della Madonna delle Cese, incavata nella montagna e costruita sotto un’alta rupe, un monastero dedicato a S. Benedetto. Per volere del papa anagnino Innocenzo III, nel 1204 l’abbazia e i beni passarono ai Certosini, che curarono la costruzione di un nuovo monastero più conforme alla loro vita e regola monastica. Il cenobio è un complesso organico di edifici, viali e giardini in un breve piazzale che si affaccia su una voragine boscosa. Su questo piazzale troviamo l’antica Foresteria in stile romanico-gotico, detta “Palazzo di Innocenzo III”, che infatti qui amava soggiornare, ed è oggi sede dell’importante biblioteca che vanta oltre 36.000 volumi. Di fronte sorge la chiesa abbaziale dedicata a S. Bartolomeo. Rimaneggiata nel corso dei secoli, è di stile settecentesco, con facciata neoclassica. L’interno ad una navata è divisa da un’iconostasi in due parti, quella dei conversi e quella dei Padri, secondo la peculiare caratteristica della chiesa certosina; in ambedue notevoli sono i cori in legno. Alle pareti si possono ammirare i dipinti di Filippo Balbi, mentre la volta a botte è decorata con affreschi di Giuseppe Caci. Mirabili sono i due chiostri. Il più piccolo racchiude il cimitero certosino, a sinistra del quale si apre la sala capitolare (con pavimento ad intarsio sul fondo di noce scuro), sulle cui pareti si ammirano otto quadri sulla Maddalena, probabilmente opera del Caci. Il grande chiostro, del 1700, invece, si trova su un piano più basso rispetto a quello della chiesa, ed è di stile Rinascimentale. Un’attenzione particolare va anche rivolta alla sagrestia, notevole per i suoi mobili in noce di scuola certosina e per gli affreschi realizzati nella volta che rappresentano la vita della Vergine. Gioiello della Certosa è la Farmacia, sistemata in una palazzina con antistante giardino caratterizzato da siepi di bosso, modellate in forme curiose dai stessi frati, un tempo orto botanico. Essa fu realizzata nel secolo XVIII, ma da sempre i monaci della Certosa hanno raccolto sulle montagne circostanti erbe con cui preparare medicamenti, unguenti, droghe che riponevano in vasi di terracotta maiolicata. Questi si possono ancora ammirare ben allineati in una delle due deliziose salette. Ancora oggi permane la produzione di liquori tradizionali. Le sale della farmacia sono arredate con mobili settecenteschi e belle scaffalature in legno, sulle quali appaiono in bella mostra scatole di faggio e vasi in vetro e ceramica. Singolare è la decorazione pittorica, soprattutto del cosiddetto, salottino del Balbi, il salotto d’attesa che ha preso il nome del principale decoratore dell’intero complesso, il pittore napoletano Filippo Balbi, che fra il 1857 e il 1865 soggiornò a lungo nella Certosa per rifugiarsi dall’assedio borbonico ed eseguì numerosi dipinti. L’attenzione del visitatore è però attirata dalle volte a crociera della sala principale della spezieria, decorata sul finire del Settecento da Giacomo Manco in stile pompeiano, in ossequio alla moda esplosa dopo i primi ritrovamenti di pitture in Pompei ed Ercolano. Infine, sempre nella Farmacia, si può ammirare un suggestivo dipinto del Balbi, a grandezza naturale, raffigurante Frà Benedetto Ricciardi, direttore della Farmacia fino al 1863 anno della sua morte. Questo dipinto, per gli abili giochi di prospettiva, mostra un’impronta di forte realismo. Per tutte queste particolarità, per la varietà di stili e di temi, per l’importanza storica ed artistica, la Certosa di Trisulti, abitata e gestita dai padri Cistercensi dal 1947, fu dichiarata Monumento Nazionale nel 1890.

Sito internet: http://www.collepardo.it/certosa.htm

VIA BENEDICTI: SUBIACO – MONTECASSINO

“Il Cammino delle Abbazie - Via Benedicti”, un sentiero in nove tappe per ripercorrere il viaggio intrapreso da San Benedetto, patrono d'Europa, tra l'anno 525 e il 529 è un'iniziativa promossa dalla Provincia di Frosinone, in collaborazione con Il Gruppo Regionale del Club Alpino Italiano, grazie a un contributo concesso dalla Regione .

Il “Cammino delle Abbazie da Subiaco a Montecassino” è un grande percorso segnato ed attrezzato, lungo circa 150 km e articolato in 9 tappe, che unisce Subiaco con Montecassino, rispettivamente “culla” e “capitale” del monachesimo benedettino, percorribile a piedi o a cavallo (oltreché con gli usuali mezzi di locomozione utilizzando la viabilità ordinaria). Il percorso ripropone il viaggio intrapreso da San Benedetto, patrono d’Europa, tra il 525 ed il 529 e collega tra loro 7 importanti siti religiosi: il Monastero di Santa Scolastica ed il Sacro Speco a Subiaco, la Certosa di Trisulti, la Badia di San Sebastiano ad , l’Abbazia di Casamari, l’Abbazia di San Domenico a Sora, l’Abbazia di Montecassino.

È stato realizzato come tratto della più estesa “Via Benedicti” che unisce Norcia in Umbria all’Abbazia di San Vincenzo al Volturno nel Molise, con l’utilizzo della segnaletica adottata a livello internazionale contrassegnata in questo caso dal logo . Il percorso escursionistico è stato realizzato su progetto originario e in collaborazione con il Club Alpino Italiano – Gruppo regionale del Lazio.

Si tratta di un percorso, in gran parte montano, che collega l'Abbazia di Subiaco con l'Abbazia di Montecassino, tratto della ben più ampia “Via Benedicti” che unisce Norcia all'Abbazia di San Vincenzo al Volturno. In tal modo si è inteso esaltare il legame tra escursionismo, arte e fede in una terra ricca di significative presenze benedettine e di testimonianze di vita monastica di ascendenza benedettina. Sette gli importanti siti religiosi ad essere collegati tra loro: il Monastero di Santa Scolastica e il Sacro Speco a Subiaco, la Certosa di Trisulti, la Badia di S. Sebastiano ad Alatri, l'Abbazia di Casamari, l'Abbazia di San Domenico a Sora e l'Abbazia di Montecassino.

Il materiale promozionale è realizzato in collaborazione con il Gruppo Regionale del Club Alpino Italiano. Trattasi di una curatissima cartina, in cui è tracciato il percorso, diviso in diverse tappe, con l’indicazione del tempo di percorrenza e del dislivello altimetrico di ciascun tragitto. Il Cammino, infatti, è sviluppato in molteplici tappe in luoghi di enorme valore storico-turistico (Subiaco, Villa di Nerone- Altipiani di Arcinazzo; Altipiani di Arcinazzo-; Guarcino-Collepardo; Collepardo-Veroli; Veroli-Monte San Giovanni Campano; Monte San Giovanni Campano-; Arpino-; Casalvieri-; Colle San Magno-Abbazia di Montecassino), più diverse varianti, (Altipiani di Arcinazzo-Campocatino; Campocatino-Collepardo; Casalvieri- e Roccasecca-Abbazia di Montecassino).

Sito internet: http://www.viabenedicti.it

MURA CICLOPICHE

I centri urbani difesi da possenti circuiti murari ed arroccati sulle alture in posizione strategica sono il segno distintivo dell’antico popolamento della Ciociaria. Quasi tutte queste città hanno origini antichissime, tanto che secondo la mitologia furono fondate dal dio Saturno. Si svilupparono in epoca preromana, come centri ernici e volsci, e divennero poi città romane, abbellite da sontuosi edifici. Le mura sono costruite per lo più in opera poligonale, con enormi blocchi di pietra di impressionanti dimensioni, incastrati fra loro a secco, la cui costruzione è stata attribuita all’opera dei mitici Pelasgi. è forse l’esempio più significativo delle città fortificate, perché le sue mura mostrano, con la sovrapposizione delle diverse tecniche costruttive, il succedersi nel tempo dei vari interventi: sono infatti in poligonale, poi rialzate in opera quadrata ed infine restaurate nel medioevo. La sua acropoli, capolavoro di ingegneria civile, è sostenuta da un potente avancorpo che conserva l’iscrizione con i nomi dei magistrati locali che ne curarono la costruzione alla fine del II sec. a.C., quando fu realizzato anche il grande mercato coperto. Nella città fu costruito nel II sec. d.C. il teatro, ancora visibile nei pressi di Porta Sanguinaria.

Alatri, altro centro della confederazione ernica, è cinta da uno spettacolare circuito murario in poligonale lungo circa 2300 metri. L’acropoli è uno dei monumenti più grandiosi della Ciociaria. Di forma trapezoidale, si erge al centro della città: è sostenuta da mura poligonali alte da 6 a 17metri, che delimitano una spianata sulla quale si eleva la Cattedrale, costruita sulle rovine di un tempio romano.

Veroli, anch’essa in origine ernica, conserva nei pressi della Rocca di S. Leucio, l’antica acropoli, i resti delle possenti mura in poligonale, in cui si aprono numerose porte principali e secondarie. Al centro di Veroli, nel cortile della casa medievale Reali, sono visibili i Fasti Verulani (I sec. d.C.), una lunga iscrizione latina che riporta il calendario delle feste civili e religiose e dei mercati periodici della città, che rappresenta un eccezionale documento della vita pubblica di Veroli all’inizio dell’impero.

Una passeggiata davvero suggestiva è quella che conduce ad Arpino, antico centro volsco, la città patria del condottiero Caio Mario, di Marco Tullio Cicerone, e di Marco Vipsanio Agrippa, genero dell’imperatore Augusto e costruttore del Pantheon a Roma. Sull’altura della Civitavecchia, l’antica acropoli che domina il paese, si conservano i grandiosi resti delle fortificazioni in opera poligonale. La porta principale è coperta dal famoso “arco a sesto ”, costruito con blocchi gradualmente aggettanti fino a formare un apice, secondo una tecnica antichissima risalente al VII-VI sec. a.C.

Anche Atina è una città fortificata con mura in poligonale, datate al IV-III sec. a.C., i cui resti si conservano sulla via Sferracavallo e nei pressi del cimitero.

Anagni, la città sacra degli ernici, è cinta invece da mura in opera quadrata del IV-III sec. a.C., che sostruiscono anche lo sperone dell’acropoli, sulla cui spianata sorse, nel medioevo, la Cattedrale, costruita sulle strutture di un tempio pagano. Le mura comprendono la straordinaria struttura degli “Arcazzi”, una costruzione su pilastri ed archi, direttamente derivata da modelli della Grecia orientale. fu famosa per la quantità e l’importanza dei suoi santuari, ma con l’avvento del Cristianesimo le chiese si sostituirono ai templi pagani e divenne la “città dei Papi”.

FERENTINO E LA SUA ACROPOLI Distanza da Fiuggi: 21 Km Tempo di percorrenza: 0:37

Ferentino, città di fondazione ernica è tra le città ciociare ad avere il maggior numero di monumenti e di epigrafi romane he hanno lasciato testimonianza indelebile. Ferentino è munita di una poderosa cerchia muraria poligonale lunga 2500 metri, formata di enormi blocchi calcarei, incastrati tra di loro senza malta cementizia. Tali mura risalgono al IV secolo a. C. per la parte in opera poligonale, al II-I secolo a. C. per la parte in opera quadrata e all’età medioevale e moderna con la costruzione di torri. Nel circuito murario esterno si aprono cinque porte monumentali. Nel settore sud si apre la Porta Sanguinaria, che lega il toponimo, di probabile formulazione medievale, alla presenza nelle sue vicinanze di un luogo destinato alle esecuzioni capitali. Originariamente sormontata da un architrave monolitico, oggi presenta sulla sua sommità un arco a tutto sesto in conci radiali. Nel settore sud-est si apre la Porta Maggiore, detta anche Archi di Casamari, perché collocata sulla strada che conduce all’Abbazia cistercense di Casamari. La porta si presenta costruita in opera quadrata con due archi a tutto sesto in conci radiali a doppia ghiera, che si innestano perpendicolarmente al muro di cinta secondo il sistema difensivo delle omeriche porte “Scee” o “sinistre”. Le porte sinistre facilitavano la difesa della città da parte dei militi arroccati sulle mura, che costeggiavano la strada d’accesso alla porta. Nei pressi di questa porta è ubicato il monumento più interessante dell’età romana di Ferentino: il cosiddetto testamento di Aulo Quintilio Prisco, magistrato e patrono di Ferentino, vissuto nella metà del I secolo d.C.. Il singolare monumento è scolpito nella roccia del colle come un’edicola rettangolare, decorata da un frontone triangolare, sostenuto da pilastrini. Una lunga iscrizione onoraria celebra Aulo Quintilio ricordando le sue numerose cariche pubbliche e i benefici che procurò al popolo ferentinate. Un'altra porta scea a doppio arco si apre nel settore ovest delle mura esterne: Porta Montana, così denominata perché consentiva il raccordo con la zona montuosa della regione. L’aspetto attuale della porta risale ad un rifacimento settecentesco. Nel settore nord-ovest si apre la Porta San Francesco, così denominata per la sua vicinanza con l’omonima chiesa, che i Francescani iniziarono a costruire all’interno delle mura cittadine sin dal 1250. A ridosso della porta, sormontata da un arco a tutto sesto, è addossata una torretta difensiva di epoca medievale. Nel settore ovest delle mura antiche si apre Porta Sant’Agata, detta anche del Borgo. Ebbe una notevole importanza in età antica perché attraverso essa la città si collegava direttamente con la Via Latina. Nel parapetto del balcone soprastante la porta fu murata un’epigrafe latina risalente al 213 d. C. e dedicata all’imperatrice Giulia Domna e a suo figlio Caracalla. A coronamento della città svetta la mole dell’Acropoli, capolavoro di ingegneria civile. Il grandioso terrazzamento su cui sorge l’Acropoli, risale al II secolo a. C. L’avancorpo meridionale è costituito da una imponente fascia muraria e la struttura, a pianta quadrangolare, presenta all’interno tre ambienti rettangolari, circondati da quattro corridoi, coperti da volte a botte. All’Acropoli si accede per mezzo della porta di tipo “sceo”, detta popolarmente del Fattore. Sul lato opposto all’avancorpo, 11 metri più in basso della sommità dell’Acropoli, si apre il cosiddetto Mercato, sorta di strada coperta risalente alla fine del II secolo a. C. La destinazione commerciale dell’edificio è suggerita dalla sua vicinanza al circuito murario esterno e in particolare alla Porta Montana, nelle cui vicinanze esisteva il Foro “pecuarium”, dove si effettuava il commercio del bestiame. Il Mercato consta di una vasta sala, lunga circa 24 metri, coperta da una volta a botte e fiancheggiata da cinque vani o botteghe a pianta rettangolare, aperti sul lato nord-orientale mediante ampie arcate a tutto sesto. Singolare è la porta di accesso, alta circa 7 metri.In prossimità di Porta Sanguinaria, nel II secolo a.C. sorse il Teatro, scoperto agli inizi del XX secolo dall’archeologo Alfonso Bartoli nell’area di un giardino privato. Delle strutture antiche sono oggi visibili le gradinate della cavea e il corridoio di accesso all’orchestra e al proscenio.

Sito internet: http://www.proloco.ferentino.fr.it/tes_mura.htm

ALATRI E LA SUA ACROPOLI Distanza da Fiuggi: 18 Km Tempo di percorrenza: 0:27

Il complesso monumentale dell’Acropoli di Alatri, situato al centro dell’abitato cittadino, costituisce una delle creazioni più suggestive e meglio conservate dell’architettura preromana in Italia. La costruzione ciclopica, caratterizzata da robuste muraglie in opera poligonale avvolge per intero la sommità della collina, dando origine ad una vasta sopraelevazione di forma trapezoidale. La struttura di contenimento è stata edificata direttamente sulla viva roccia del colle, presumibilmente intorno al VII secolo a. C. dalle popolazioni erniche, mediante la sovrapposizione di enormi massi irregolari di pietra calcarea, connessi gli uni agli altri secondo una singolare tecnica che non prevede l’impiego di sostanze cementizie. Oltre al paramento murario, già di per sé sorprendente per la grandezza dei massi impiegati e per l’elevazione raggiunta, degni di ammirazione sono le due porte di accesso: la Porta Maggiore, anche detta di Civita, ubicata sul lato meridionale, ottenuta dalla sovrapposizione di otto macigni sormontati da un colossale architrave monolitico; e la Porta Minore assai meno imponente ma di eguale suggestione per la presenza all’interno di un angusto corridoio ascendente, perfettamente conservato. Tuttavia, l’eccezionale significato della porta risiede nelle tre figure falliche scolpite a rilievo sulla fronte della trabeazione, nelle quali gli storici sono soliti ravvisare una chiara testimonianza degli antichi riti misterici connessi al culto itiphallico, praticato dalle popolazioni pelasgiche. Non lontano dalla porta Maggiore si aprono sulla superficie muraria tre nicchie quadrangolari, disposte in rapida successione che vede al centro la più grande di esse; si ipotizza che esse abbiano potuto accogliere i simulacri delle divinità tutelari, destinati a svolgere una simboliche funzione protettrice accanto all’ingresso principale dell’area santa. Nella seconda metà del II secolo a. C. fu costruito dal censore Lucio Betilieno Varo un monumentale portico d’accesso all’acropoli i cui resti sono ancora visibili lungo il pendio che si sviluppa alla base della porta Minore. Questa ineguagliabile opera di fortificazione impressionò profondamente un visitatore della Vaglia del Gregorovius e, a buon diritto, è stata affissa al paramento murario dell’Acropoli, presso la porta Maggiore, un’iscrizione che ne riferisce l’entusiastico giudizio, secondo il quale l’incredibile semplicissima tecnica costruttiva di questi enormi muraglioni destava in lui maggiore ammirazione dello stesso Colosseo.

Sito internet: http://www.murapoligonali.it/

VEROLI E LE MURA MEGALITICHE Distanza da Fiuggi: 28 Km Tempo di percorrenza: 0:45

Delle mura in opera poligonale che fortificavano l’antica città ernica di Verulae sono rimasti pochi tratti, limitati alla Rocca di S. Leucio e nei pressi della cattedrale di S. Andrea. Il circuito seguiva in massima parte l’andamento del terreno e fortificava solo alcuni tratti delle colline, mentre le mura mancavano in punti meno accessibili ed impervii. Nei secoli esse hanno subito un serie di danneggiamenti, in particolare in seguito all’assedio del re Ladislao nel 1406. Il segmento più lungo e più antico si può vedere a nord-est della città, nell’area dell’acropoli e prosegue, dopo una interruzione, tra le due alture. Nella parte più alta le mura non dovevano solo fortificare la zona, ma dovevano sostenere un terrapieno che permettesse un ampliamento dell’area collinare. In questo punto sono da individuare i tratti più antichi della città di Veroli, secondo alcuni studiosi risalenti forse al XII secolo a.C. (secondo la tradizione, opera dei mitici Pelasgi), più probabilmente al VII secolo a.C. Successivamente questi furono rimaneggiati con sopraelevazioni e torri sia in periodo romano che in periodo medievale, in particolare con la costruzione della chiesa di San Leucio e della vicina rocca. Una cinta più interna doveva circondare l’antico Forum, individuato nell’area della chiesa di S. Andrea. Alcuni avanzi, costruiti in tecnica diversa dalla precedente, più recente, sono stati rinvenuti nei locali del magazzino comunale e della Casa Mazzoli.

Sito internet: http://www.prolocoveroli.it/cultura/mura_medioevali.html

ARPINO, CITTA’ DI CICERONE E CAIO MARIO Distanza da Fiuggi: 57 Km Tempo di percorrenza: 1:08

Le origini di Arpino si perdono nella notte dei tempi. Narra la leggenda che essa sarebbe stata fondata dal dio Saturno, protettore delle messi, così come altri centri della Ciociaria (Alatri, Ferentino, Atina, Anagni). I suoi primi abitatori furono identificati con i mitici Pelasgi, la popolazione preellenica alla quale la tradizione attribuisce la realizzazione del gigantesco sistema fortificato delle "mura ciclopiche", dette per questo "pelasgiche", ancora oggi visibile in località Civitavecchia e in numerosi punti dell'abitato cittadino. In realtà, i primi ad insediarsi nella zona furono i Volsci, la cui presenza è documentata sin dal VII sec. a.C. Conquistata dai Sanniti nel IV sec. a.C., passò dopo breve tempo sotto il dominio di Roma, con il diritto di civitas sine suffragio. La città divenne così il centro di irradiazione della civiltà romana nella Valle del Liri. Nel 188 a.C. ottenne a pieno titolo il diritto alla cittadinanza romana, diventando civitas cum suffragio, grazie anche al contributo in termini di uomini che Arpino dette a Roma nella guerra contro Annibale.

Durante il consolato di Caio Mario l'Ager Arpinas (il territorio del municipium arpinate) si estendeva dal villaggio di Cereatae Marianae, l'odierna Casamari, fino ad Arce. Con l'età imperiale la città conobbe un periodo di declino. Durante l' Alto Medioevo Arpino fu più volte territorio di conquista: nel 702 cadde sotto il dominio del duca longobardo di Benevento, Gisulfo I. Nell' 860 fu presa dai Franchi al comando del conte Guido, quindi seguirono l'invasione degli Ungari e le devastanti incursioni dei Saraceni al principio del X secolo. Dopo l'anno mille Arpino fu dominio normanno con Roberto, duca di Caserta. Nel XIII sec. , con l'arrivo nell'Italia meridionale degli Svevi, subì drammatiche distruzioni ad opera di Federico II (1229) e di Corrado IV (1252). Quest'ultima incursione, culminata in un rovinoso incendio, cancellò molte delle antiche vestigia romane conservate nella città e costrinse la popolazione superstite a rifugiarsi nella vicina località fortificata di Montenero. Con la conquista del Regno di Napoli da parte degli Angiò, nel 1265, Arpino conobbe una significativa ripresa. A questo periodo risalgono infatti molte opere di fortificazione, tra le quali i torrioni e i castelli di Civitavecchia e di Civita Falconara. Nel corso del XIV secolo fu feudo della famiglia degli Etendard e dei Cantelmi. Nel 1409 il re di Napoli Ladislao d'Angiò-Durazzo le concesse il privilegio di città demaniale, sottraendola così alla giurisdizione feudale. Il sovrano vi stabilì anche una guarnigione militare, che si insediò nel castello ancora oggi denominato "Castello di Ladislao" sovrastante la rocca di Civita Falconara. Il re trascorreva lunghi periodi nel castello arpinate, punto strategico per la difesa dei confini settentrionali del Regno. Durante il conflitto tra Angioini ed Aragonesi (1458-1464), papa Pio II, celebre cultore del mondo classico, ordinò alle sue truppe di risparmiare dal saccheggio Arpino, sostenitrice degli Angiò, in memoria dei suoi due illustri cittadini, Cicerone e Caio Mario. Dalla fine del XV secolo la città appartenne alla famiglia dei Marchesi d'Avalos, e nel corso del Cinquecento vi soggiornò più volte Vittoria Colonna, moglie del marchese Francesco Ferrante d'Avalos, poetessa, intellettuale, amica e confidente di Michelangelo Buonarroti. Acquistata dai duchi Boncompagni nel 1583, entrò a far parte del territorio del ducato di Sora e vi rimase fino al 1796. I secoli XVII e XVIII videro la sua massima espansione economica e demografica, sostenuta dallo sviluppo delle sue manifatture laniere, grazie alle quali il nome di Arpino divenne celebre in tutta l'Europa del tempo come sinonimo di fervida città industriale. Sorsero e prosperarono lanifici all' avanguardia per le tecniche di lavorazione, e pressoché tutta la popolazione fu impegnata nell' attività produttiva. Divenne inoltre un rinomato centro di cultura e di istruzione, dove fiorì un eccellente collegio gestito dai padri Barnabiti. Nel 1796 tornò a far parte a pieno titolo del Regno di Napoli, del quale condivise le sorti. Nel 1799 subì le drammatiche conseguenze della guerra tra i francesi sostenitori della Repubblica Partenopea ed i filoborbonici. Nel 1814 Gioacchino Murat, allora Re di Napoli, vi istituì il Convitto Tulliano, sul modello dei licei francesi. Con l'Unità d'Italia Arpino si trovò a condividere con il resto dell' ex Regno borbonico i problemi e le contraddizioni dell' unificazione. La decadenza dell'industria laniera e la contrazione dello sviluppo economico provocarono un forte flusso migratorio dei suoi abitanti verso il nord Europa e l'America. Nel 1927 la città entrò a far parte della neo-costituita provincia di Frosinone. I tristi eventi della Seconda Guerra Mondiale segnarono tragicamente Arpino, che nel maggio 1944, in località Collecarino, fu teatro di un eccidio di cittadini inermi per mano delle truppe tedesche. Oggi la conformazione della città, risultato della sovrapposizione di tanti insediamenti successivi, ricorda la forma di una ics: sulle quattro propaggini si trovano i quartieri Colle, Civita Falconara, Arco e Ponte, che si congiungono al centro nella Piazza Municipio, cuore della città. La struttura attuale è fortemente condizionata dall'impianto sette-ottocentesco, che coincise con il momento di massima fioritura di Arpino nell'economia, nelle lettere e nelle arti. Tracce di caratteri medievali si possono individuare ancora oggi negli edifici sacri e nelle abitazioni signorili, oltre che nei resti delle fortificazioni.

Sito internet: http://www.arpinoturismo.it

LA CITTA’ DI ATINA Distanza da Fiuggi: 73 Km Tempo di percorrenza: 1:25

Atina è un comune italiano di 4549 abitanti appartenente alla provincia di Frosinone, nel Lazio. E’ situata nel cuore delle Mainarde, a 490 metri s.l.m., alle pendici del colle di S. Stefano, sperone del monte Prato che chiude a sud-est la , un’ampia conca appenninica formata dall’alto bacino del fiume Melfa e dal torrente Mollarino che si estende per circa 325 Kmq e che vanta secoli di storia e luoghi ancora poco noti ma non per questo meno autentici o suggestivi. Il territorio comunale è di ha. 2980. La città si sviluppa su tre aree: il centro storico (dove, sui resti dell’antica città romana, ebbe origine l’abitato tardo medioevale e moderno) , il Colle e Atina Inferiore, sorta nel secondo dopoguerra vicino al ponte sul fiume Melfa. Fino al 1927 faceva parte della provincia di Caserta (o ) istituita nel 1861 dal Regno di Vittorio Emanuele II di Savoia il quale conservò le circoscrizioni borboniche istituite nel 1816 da Gioacchino Napoleone. Durante la seconda guerra mondiale la città subì la distruzione di numerose chiese e abitazioni, anche storiche. Secondo la leggenda fu fondata da Saturno, dio dell’Olimpo, che, costretto a fuggire dalla Grecia, si nascose nel Lazio dove diede vita ad una favolosa “età dell’oro”, fondando cinque grandi e feconde città, tra cui Atina. La città antica era cinta da un esteso circuito murario costituito da enormi massi e distinto in due fasi costruttive : uno pre-romano in poligonale di I e II maniera e uno posteriore in poligonale di III e IV maniera. Alla considerazione del mistero sulla nascita di questi secolari e affascinanti blocchi di pietra fa eco la notizia di una antica importanza della città che ci giunge da un passo dell’Eneide di Virgilio dove Atina, definita potens, è chiamata a realizzare le armi nella imminente guerra dei latini contro Enea. Nel IV sec. a. C. il centro è sotto il controllo dei Sanniti i quali nel 293 furono sconfitti dalle legioni romane che ne devastarono il territorio. Assoggettata dai romani divenne Colonia iscritta alla tribù Teretina, poi ottenne la civitas sine suffragio e, solo dopo la morte di Cesare, ottenne la piena cittadinanza divenendo Municipio. In quell'epoca e nella successiva età imperiale, la cittadina ebbe un grosso sviluppo come testimonia il ricco patrimonio epigrafico che, oltre a confermare la presenza di numerosi personaggi di rango elevato, ci informa sulla esistenza di numerosi templi e culti dedicati a Cerere, Venere, Augusto. Certamente vi era un Foro con le Terme, i Bagni Imperiali, l’Acquedotto che raggiungeva la città attraverso un condotto che partiva dalle sorgenti Chiusi e, probabilmente, un anfiteatro. Sia in città che nel territorio sono avvenuti rinvenimenti di strade, statue e ville riferibili al I e II sec. d.C. ricche di pavimenti musivi come quello a tessere bianche e nere formato da quindici pannelli, di cui quattro raffiguranti una serie di eroi armati, ora in mostra nel salone del palazzo ducale o il mosaico policromo rappresentante Esione ed Ercole, conservato a Roma nel museo di Villa Albani. In età cristiana fu sede vescovile. Primo vescovo fu S. Marco, dal 1799 venerato come patrono della città e convertito, secondo la leggenda, da San Pietro, suo conterraneo. Fin dal 1140 ebbe una sede episcopale trasformata in seguito in prepositura, ovvero in una chiesa locale autonoma. I capi, chiamati preposti, venivano eletti dal clero atinate e confermati dal papa. Le fonti storiche, al pari di quelle archeologiche, sono molto avare per i primi secoli del medioevo. Al VII secolo risale la prima menzione documentaria che definisce l’oppidum Atinem come una fortezza bizantina posta all’estremo confine tra il Ducato Romano e i territori longobardi meridionali: la sua funzione strategica consisteva nel difendere Sora alle spalle e nel controllare l’asse stradale di origine romana della via Sferracavalli, tramite il controllo del passo fortificato di Cancello. L’importanza del passaggio obbligato verso il meridione è confermata con l’unificazione normanna e la nascita del Regno Meridionale durante il quale la città, insieme alla valle di Comino, si trova coinvolta nelle guerre che segnano il passaggio dalla fase normanna a quella sveva e successivamente a quella angioina e aragonese. La storia della città si intreccia, dunque, con le vicende del Ducato di Benevento, della Contea di Capua, dei Conti di Aquino e della famiglia angioina dei Cantelmo. Dopo l’acquisto del ducato di Alvito da parte dei Gallio (1595), ultimi feudatari della Valle di Comino, l’abitato ebbe un periodo di stabilità politica, un notevole sviluppo edilizio fuori le mura con la costruzione di palazzi signorili e nuove chiese, un potenziamento della viabilità e la costruzione di un ponte sul fiume Melfa, formato, all’epoca, da 5 pilastri e 4 campate realizzati con la riutilizzazione del materiale archeologico proveniente dalla località San Marciano. Dopo l’eversione della feudalità, decretata dai francesi nel 1806, il paese continuò ad essere il polo di sviluppo economico della valle: si ricostruì la strada Sferracavalli (1824), si edificò la cartiera (1845), si impiantò il cimitero (1849 ) e la Reale Ferriera (1854) Alla fine del XIX sec. il tessuto urbano si sviluppò lungo via S. Nicola e la via Sferracavalli. Nel 1848 Atina fu attraversata da ideologie liberali - unitarie grazie al ruolo svolto dalla famiglia Visocchi che, dopo l’unità d’Italia, fu indiscussa protagonista della vita politica ed economica dell’abitato. Nella seconda metà dell’Ottocento furono aperte scuole primarie, una scuola di disegno “per artieri“ e una delle prime banche popolari della Terra di Lavoro. La città moderna è caratterizzata da emergenze architettoniche che testimoniano la sua ricchezza storica e che si aprono quasi tutte lungo il fronte edilizio del palazzo Cantelmo: la Cattedrale Santa Maria Assunta, il Palazzo Prepositurale, le residenze dei Visocchi, dei Fasoli, dei Palombo. Nel tessuto abitativo minore emergono l’ex convento di San Francesco, il Museo Civico Archeologico, numerosi resti di epoca romana. Gli ultimi decenni hanno assistito alla crescita del nuovo nucleo urbano di “Ponte Melfa” dove sono situate le più importanti realtà di carattere turistico, artigianale e commerciale, oltre a importanti sedi politico-amministrative della Valle.

Sito internet: http://www.comune.atina.fr.it/

ANAGNI, TERRA DI PAPI, LA CITTA’ DELLO SCHIAFFO Distanza da Fiuggi: 16 Km Tempo di percorrenza: 0:26

Cenni storici ______

« veggio in Alagna intrar lo fiordaliso e nel vicario suo Cristo esser catto. Veggiolo un'altra volta esser deriso; veggio rinovellar l'aceto e 'l fiele, e tra vivi ladroni esser anciso. »

(Dante Alighieri, Purgatorio XX, vv. 86-90)

Città a 424 m sita nella media valle del fiume Sacco, anticamente conosciuta come Anagnia, fu capitale della Confederazione degli Ernici. Caduta nelle mani dei Romani intorno al 306 a. C., divenne prefettura e quindi municipio. Nel 1160 durante le lotte tra Alessandro III e Federico Barbarossa, il papa vi promosse una riunione di cardinali e prelati per scomunicare l'imperatore, l'antipapa Vittore IV e i loro sostenitori. Nel secolo XII Anagni divenne comune e subì l'intolleranza delle opposte fazioni politiche, finché cadde sotto la signoria dei Caetani. Nel 1303 Bonifacio VIII, in lotta con Filippo IV il Bello, poco prima di pronunciare la scomunica contro il re di Francia, fu imprigionato dai Francesi e dai partigiani guidati da Guglielmo di Nogaret e Giacomo Sciarra Colonna, ma fu successivamente liberato dai cittadini insorti. Leggendario lo schiaffo che Giacomo Sciarra Colonna avrebbe dato al papa e da cui prese nome l'episodio “schiaffo d'Anagni”. La cittadina, che fu nel Medioevo residenza del Papa, è ancor oggi ricca di edifici risalenti a quel periodo. Nella parte alta della città domina la cattedrale, risalente al 1074, con l’imponente fiancata e le tre absidi. L’interno, a tre navate, ha un pavimento a mosaico di Maestro Cosma. Il presbiterio conserva opere decorative dei Vassalletto: il ciborio, il cero pasquale in forma di colonna tortile a tarsie marmoree; la cattedra episcopale, con braccioli e schienale a tarsie e protomi leonine. La cripta, a tre navate e tre absidi, ha un pavimento a mosaico di Cosma e dei figli Luca e Jacopo (1231). Gli affreschi delle pareti costituiscono uno dei cicli pittorici più interessanti del Duecento italiano. Al Duecento risalgono il palazzo di Bonifacio Anagni, famosa fino ad oggi soprattutto per il ruolo avuto come sede papale nel Medioevo e legata alle vicende di Bonifacio VIII, ha ultimamente assunto una notevole importanza anche nel campo delle ricerche preistoriche grazie al rinvenimento di manufatti litici di oltre 700.000 anni fà e di resti fossili di Homo erectus datati 458.000 anni, i più antichi d'Italia. Di estrema importanza anche il rinvenimento di materiale etrusco del VII secolo a.C., a testimonianza della penetrazione di questo popolo nella Valle del Sacco e del Liri, probabile itinerario seguito dagli Etruschi per gli scambi culturali con la Magna Grecia. All'epoca di Tarquinio il Superbo ( inizi V sec. a. C.) il sito di Anagni era abitato da genti erniche, probabilmente di origine marsa o . I rapporti con la nascente potenza romana conobbero alterne vicende: dalle alleanze del V sec. a. C. alle guerre con Roma del 318 a. C. fino allo scioglimento della Confederazione Ernica imposto dai romani nel 306 a. C. L'impianto urbanistico-arcaico di Anagni, città sacra e centro politico della Confederazione, era limitato alla zona dell'acropoli e difeso parzialmente da una cinta muraria difeso interamente in epoca romana secondo la tecnica delle mura cosiddette " serviane" (IV-III sec. a. C.). Al II sec. a. C. risale la costruzione dell'emicidio degli "Arcazzi", con tre grandi archi a tutto sesto sorretti da pilastri isolati dalla cinta muraria, cui si ricollegano in alrìto mediante una pseudo-volta. Anagni fu residenza estiva dell'imperatore Marco Aurelio, di Comodo, di Lucio Settimo e di Caracalla. Centro della vita politica internazionale del Medioevo, fù a buon diritto chiamata la "La Città dei Papi" non solo per essere stata la patria di quattro grandi pontefici: Innocenzo III, Gregorio IX, Alessandro IV e bonifacio VIII; fu infatti anche residenza ufficiale dei Papi che trovavano in Anagni un sicuro rifugio ed una degna sede del loro mandato. La Cattedrale, costruita tra il 1071 e il 1105, converva pressoché immutato il suo carattere romanico- lombardo nella facciata, con l'arco a tutto sesto della "porta Matrona" incorniciato da trecce bizantine e la mole imponente delle absidi del lato nord. Nel lato ovest fù inserito in seguito il corpo gotico della cappella Caetani. All'interno l'architettura è scandita da tre navate, con al fondo chiusura absidale e la cripta sottostante il presbiterio. La navata centrale e il transetto furono risttrutturati in stile gotico alla metà del XIII secolo. Il pavimento a mosaico fù eseguito nel 1231 dal celebre Cosma, mentre la sedia episcopale ed il candelabro tortile sono opera di Pietro Vassalletto (1260). Dalle navate laterale si discende nella bellissima cripta, detta di S. Magno, impreziosita da affreschi di maestri Benedettini nel carso del XIII secolo. Molto importanti non solo per la vastità cilcica, ma soprattutto perché documentano il passaggio dalla tecnica pittorica bizantina a quella romanica. Staccato dall'edificio principale, si erge maestoso il Campanile in pietra scalpellata , con cinque ordini di aperture. Da questa Basilica, il 24 Marzo 1160, Alessandro III scomunicò l'imperatore Federico Barbarossa; e sarà in Anagni che i messi imperiali, dopo la sconfitta di Legnano, sottoscriveranno il " pactum anagninum" (1176), preliminare del trattato di Venezia. Ma la cattedrale fu anche teatro di eventi specificatamente religiosi, come la canonizzazione di Santa Chiara di Assisi e la composizione della disputa tra i Regolari ed i Secolari sotto il pontificato di Alessandro IV. Il cosiddetto "Palazzo papale", già della famiglia Conti fu acquistato dai Caetani nel 1295. Il prospetto è costituito da un portico con grandi archi, sormontato da un loggiato con bifore. La leggenda vuole che in quelle sale, affrescate con motivi floreali e faunistici, il papa Bonifacio VIII venisse oltraggiato da Guglielmo di Nogaret e Sciarra Colonna , invitati dal re di Francia Filippo il Bello. Il palazzo ospita un piccolo museo e il Centro di Anagni dell'Istituto di Storia e Arte del Lazio Meridionale.

ANAGNI TERRA DI PAPI:

Cosi più volte è stata definita la nostra terra, affermazione suffragata dall'alto numero di pontefici ciociari saliti al soglio di Pietro, e dal ruolo svolto dall'intera regione nelle vicende della Chiesa nel corso dei secoli. Già nel VI secolo sono infatti da annoverare due papi, fatti poi santi, Ormisda, eletto nel 514, e suo figlio Silverio (caso unico nella storia della Chiesa) eletto nel 534. Grazie al soggiorno di alcuni papi soprattutto in Anagni, ma anche in altri centri, quali Ferentino e Montecassino, la Ciociaria fu anche sede di importanti avvenimenti politici e storici. Ma sarà proprio Anagni ad assumere un ruolo guida nella regione, oltre che per avere dato i natali ad alcuni pontefici, anche perché ne divenne spesso sede stabile. Questo legame con le vicende del Papato e di Roma fu confermato anche dalle continue lotte tra la nobiltà locale e la grande nobiltà romana, in continua contrapposizione nell'affermare la propria supremazia e nel far eleggere propri rappresentanti al soglio supremo di Roma. Attraverso queste poche righe vi proponiamo una breve biografia, ricordando le vicende fondamentali dei vari papi ciociari nella storia della Chiesa: Innocenzo III Papa, (Anagni 1160-Perugia 1216). Al secolo Lotario Conti. Nominato cardinale nel 1190, assunse la carica pontificia nel 1198. Ripristinò in Roma e nello Stato Pontificio il potere papale, affermandosi come teorico della teocrazia pontificia, in linea con le idee di Gregorio VII, che voleva il papato al di sopra di qualsiasi autorità politica esistente. Promosse la IV Crociata nel 1202 che, invece di sbarcare sulle coste asiatiche, si volse alla ricca preda dell'impero bizantino e, invece di conquistare Gerusalemme, conquistò Costantinopoli e lì si fermò.Inflessibile verso i movimenti ereticali, lottò in Francia contro i Valdesi, i Catari, gli Albigesi contro i quali bandì una crudele crociata. Nel 1215 convocò a Roma il IV Concilio Lateranense, che condannò il catarismo. Condusse una politica di arbitrato della Chiesa in Francia con Filippo II Augusto, in Spagna, Portogallo, Polonia, Ungheria, Bulgaria, Svezia e Danimarca. In Germania riconobbe imperatore Ottone di Brunswick, ma in seguito lo scomunicò, dichiarandolo deposto dalla sua carica ed eleggendo al suo posto il pupillo Federico, figlio del defunto imperatore Enrico VI. Scomunicò anche Giovanni Senza Terra, re d'Inghilterra, ma in seguito lo investì del trono inglese come di un feudo papale. In campo religioso iniziò la riforma della Curia romana, curò la formazione dei vescovi e ne rafforzò l'autorità, promosse la riforma dei monasteri, favorì il sorgere di nuovi ordini dediti alla cura dei poveri e dei malati e seguì con favorevole interesse il sorgere dell'ordine domenicano e dell'ordine francescano, promulgò una vasta e importante legislazione canonica, fu anche autore di numerosi Sermones. Gregorio IX papa, (Anagni 1170 - Roma 1241). Al secolo Ugolino Conti. Nipote di Innocenzo III, cardinale nel 1198, vescovo di Ostia nel 1206. Eletto nel 1227, protesse l'ordine francescano, contribuendo alla redazione definitiva della sua Regola e di quella delle clarisse. Canonizzò San Francesco, Sant'Antonio e San Domenico. Per due volte, nel 1227 e nel 1239, scomunicò Federico II, pur avendo concluso con lui nel 1230 la Pace di S. Germano. Nel 1232 istituì il Tribunale dell'Inquisizione e lo affidò ai domenicani. Tentò senza successo un'unione con la Chiesa orientale. Nel diritto canonico è importante la sua compilazione della raccolta delle decretali pontificie che entrarono a far parte del Corpus iuris canonici. Alessandro IV papa (m. Viterbo 1261). Al secolo Rinaldo Conti di Segni, era parente di Gregorio IX, che lo aveva nominato cardinale nel 1227. Successe a Innocenzo IV nel 1254 e seguì una politica antisveva scontrandosi subito con Manfredi, contro il quale lanciò la scomunica nel 1259. Non meno difficili furono le relazioni con Roma, protettore dei francescani, elevò agli onori degli altari S. Chiara. Bonifacio VIII papa (Anagni ca. 1235 - Roma 1303). Al secolo Benedetto Caetani. Eletto papa nel dicembre 1294, dopo l'abdicazione di Celestino V, Bonifacio VIII fu un intransigente sostenitore del primato spirituale e temporale dei papi alle soglie di un periodo che avrebbe segnato al contrario la decadenza della Chiesa medievale. Alle aspirazioni di rinnovamento religioso oppose dapprima una politica di repressione, con l'imprigionamento di Celestino V e la lotta contro i Colonna, culminata con la presa di Palestrina nel 1298, e quindi di integrazione, con il grandioso giubileo del 1300 (il primo nella storia della Chiesa). In Italia intese sostenere la propria supremazia con diverse intromissioni nei conflitti che agitavano Stati e città della penisola, interventi destinati comunque al fallimento o a effimeri successi. Dove, lo scacco della sua politica apparve evidente e definitivo, fu però sulla scena internazionale, in particolare nella lotta che lo oppose a Filippo IV di Francia. Nel 1303 Guglielmo di Nogaret, inviato di Filippo, procedette addirittura al suo arresto in Anagni e, per quanto una sollevazione popolare ottenesse l'immediata liberazione del papa, che un mese dopo moriva, questo episodio segnò l'effettiva sconfitta delle pretese di Bonifacio VIII e, con esse, delle sue ideologie. Leggendario in questa occasione lo schiaffo che, Giacomo Sciarra Colonna avrebbe dato al papa e da cui prese nome l'episodio "schiaffo d'Anagni".

Sito internet: http://www.comune.anagni.fr.gov.it/home/

LE TERME DI FIUGGI, FONTE DI BONIFACIO VIII

Fiuggi è una delle più importanti stazioni termali d'Europa, con un centro storico arroccato sulla collina e un moderno centro termale che si estende a valle immerso nel verde dei boschi di castagno. Con la sua notevole attrezzatura alberghiera Fiuggi è, dopo Roma, la città di Fiuggi è la città del Lazio che ha il maggior numero di posti letto in esercizi alberghieri e extra-alberghieri. Assai vasta e diversificata è la rete commerciale con quasi 300 esercizi che comprendono boutiques, negozi artigianali, supermercati. Numerosi i ristoranti, pizzerie, pub e locali caratteristici. spiccano il Palaterme, il Teatro della Fonte, il Teatro comunale e numerose discoteche e sale da ballo. Fiuggi ospita annualmente manifestazioni di grande importanza e congressi nazionali ed internazionali, vi si respira un'aria salubre ed è ancora una città a misura d'uomo.Fiuggi è ancora un piccolo borgo medievale nel cuore della Ciociaria, una terra di antiche tradizioni agresti che ha saputo conservare numerosi elementi che parlano della sua storia, i suoi ritmi, la sua cultura, la sua natura. Arrivando in questa cittadina della provincia di Frosinone ci si immerge immediatamente nella vitalità che la caratterizza. Vetrine luminose, gallerie d'arte, aste, animano le vie della città assieme a via-vai di gente, proveniente da tutta Europa, che con bicchieri alla mano entrano ed escono dalle famose Terme. Siamo nella parte bassa della città, quella delle Terme vere e proprie, dove, nella Fonte di Bonifacio VIII ed in quella Anticolana, si raccolgono le acque oligominerali lidi Fiuggi", famose per le loro proprietà terapeutiche, come apertamente riconosciuto da numerose autorità mediche, indicate per la cura e prevenzione della calcolosi renale, gotta, infezioni delle vie urinarie, ecc. (vennero prescritte anche a Papa Bonifacio VIII che ne trasse immediato giovamento e a Michelangelo per placare "il mal di pietra" di cui soffriva). La Fonte di Bonifacio VIII fu costruita all'inizio del '900, in elegante stile liberty di cui rimane, oggi, solo il suggestivo portale d'ingresso. Negli anni '60, infatti, la struttura fu com. pletamente riorganizzata. E' il luogo predisposto alla cura vera e propria, quella che va effettuata la mattina a digiuno. L'imponente salone centrale consente grazie ai suoi impianti di riscaldamento, dì seguire la cura della acque anche nei mesi invernali. Accanto alle tontanelle di mescita e agli ambulatori medici c'è un insieme di strutture pensate per rendere più piacevole il soggiorno degli ospiti come bar, caffè concerto, sale polifunzionali. La Fonte Anticolana, anche detta "Fonte Nuova" perché inaugurata negli anni Venti, è quella più frequentata durante il pomeriggio. Situata in una posizione incantevole, offre agli ospiti qualche fontanella in meno ma, in più, splendide passeggiate nei giardini e nei viali alberati del grande parco attrezzato con i campi da tennis e di bocce, il minigolf e il ping pong, un'area per bambini e una sala giochi. E' qui inoltre che si trova il Teatro delle Fonti, un palcoscenico che ospita ogni anno importanti spettacoli musicali e manifestazioni culturali di notevole prestigio. Solo in un secondo momento ci si accorge che Fiuggi non è solo Terme ma anche Storia, anche Medioevo. Basta alzare lo sguardo verso l'alto e ammirare il caratteristico borgo dell'anno Mille arroccato sulla cima del colle e quindi decidere di recarsi su, in Piazza Trento e Trieste. I due palazzi che fanno la loro bella figura sulla piazza sono l'ex Grand Hotel Città di Fiuggi costruito nel 191 O, oggi Teatro Comunale, e il Palazzo comunale del 1925 costruito in stile rinascimentale in onore del breve periodo (1421-14 78) di libero Comune. Entrando in uno qualsiasi dei tanti vicoli della Fiuggi storica, l'antica Anticoli di Campagna, sì lascia alle spalle il moderno e si fa un tuffo nel passato. Il borgo medievale è un susseguirsi di vicoli, piazzette, ripide scalinate e case costruite una sull'altra. la presenza nei secoli delle più importanti famiglie romane ha lasciato testimonianze architettoniche assai interessanti, come gli antichi palazzi padronali: Case Grandi, Martini, Alessandrì. Passeggiando, lo sguardo è catturato dalle bifore, dai portali di pietra sovrastati da stemmi gentilizi e dalle belle chie. se. Nella chiesa di San Biagio, patrono di Fiuggi, si conservano opere di pregio. Costruita intorno al11 00 e successivamente rifatta sul modello barocco, conserva un affresco del XIII secolo, un'acquasantiera ricavata da un capitello romano, un Quadro del Cavalier d'Arpino e un affresco della Vergine col Bambino (sec. XII; scuola di Giotto?). Due busti in argento del patrono (S.Biagio) e comprotettore (S.Rocco) si trovano nella Collegiata di S.Pietro assieme ad opere della scuola romana del '600. Santo Stefano e Santa Maria del Colle furono costrui. te, invece nel XV secolo, su due templi pagani. Negli ultimi anni il centro storico è diventato anche un punto d'incontro per gustare dei piatti tipici locali, infatti durante il percorso si incontrano cantine accuratamente sistemate a locanda. Ma non finisce qua! Fiuggi ci riserva ancora sorprese. Grazie ai suoi quindici mila posti letto, Fiuggi si presta perfettamente ad essere Porta della Ciociaria! Chi osa entrarvi scoprirà un territorio ai più sconosciuto, che lascerà sorpresi piacevolmente e, soprattutto, arricchiti nella mente e nel cuore. E' la nostra terra: la Ciociaria Bella e Buona.

Il complesso termale di Fiuggi, composto da due stabilimenti idrotermali, si estende a valle della città, immerso nei boschi di castagni, querce e pini. La Fonte di Bonifacio VIII fu costruita all'inizio del secolo, in elegante stile liberty di cui rimane, oggi, solo il suggestivo portale d'ingresso. Negli anni '60, infatti, la struttura fu completamente riorganizzata. La Fonte di Bonifacio VIII è il luogo predisposto alla cura vera e propria, quella che va effettuata la mattina a digiuno. Alle sue fontanelle, sparse a centinaia nelle ampie aree verdi e negli spazi coperti, possono accedere contemporaneamente fino a 25.000 persone. L'imponente salone centrale consente, grazie ai suoi impianti di riscaldamento, di seguire la cura delle acque anche nei mesi invernali. Ma la Fonte non è solo un luogo di cura. Accanto alle fontanelle di mescita e agli ambulatori medici, infatti c'è un insieme di strutture pensate per rendere più piacevole il soggiorno degli ospiti: bar, caffè concerto, sale polifunzionali. Sito internet: http://www.fiuggi.biz/fiuggi/citta-di-fiuggi.html LE GROTTE DI Distanza da Fiuggi: 75 Km Tempo di percorrenza: 1:10

Le Grotte di Pastena, scoperte nel 1926 dal barone Carlo Franchetti e rese turistiche a partire già dal 1927, sono annoverate tra i maggiori complessi speleologici della nostra penisola. L'area in cui sono situate risulta una delle più pittoresche della Ciociaria, dove l'inclemenza degli eventi geologici ha determinato la formazione di un paesaggio tipico, paragonabile al Carso Friuliano, bizzarre forme di erosione e pianure legate ad antichi laghi carsici. Il percorso turistico, che si articola tra un ramo attivo inferiore, dove scorre un fiume sotterraneo, ed un ramo fossile superiore, ricco di concrezioni calcistiche, mostra ambienti di particolare interesse, unici per maestosità e mistero. Le stupende grotte di Pastena vanno sicuramente annoverate tra le risorse naturali più significative della provincia di Frosinone, sia per la maestosità ed il mistero degli scenari, sia per l'estensione delle diramazioni. Sin dal 1926 le Grotte di Pastena costituiscono un richiamo continuo e costante per tanti visitatori, spinti non solo dalla passione per il naturalismo ma anche dalla curiosità di vedere stalattiti e stalagmiti in bella composizione, poste in fondo ad una valle verdeggiante ed un paese lontano dalle grandi vie di comunicazione,e, quindi, ancor più unico e caratteristico. Nessuna penna può descrivere la bellezza e l'unicità delle Grotte di Pastena. Ogni cosa è in fondo, notevolmente vicino a quello che si presenta agli occhi del visitatore. Stalattiti e stalagmiti in bella successione creano emozioni e suggestioni a non finire. Le Grotte di Pastena sono collocate all'interno della catena dei , in un'area marginale di un antico polje carsico. La grotta si divide in due percorsi rappresentati da un ramo attivo inferiore e da un ramo fossile superiore, per una lunghezza di quasi un chilometro. L'interno è attrezzato turisticamente con comodi sentieri che permettono di ammirare, alla luce dei riflettori, tutte le meraviglie di questo mondo sotterraneo: dalle stalattiti e stalagmiti, alle colonne, ai laghetti, alle fragorose cascate, ai drappeggi di calcite, alle bizzarre forme di erosione delle volte. L'ingresso, segnato da una cortina di stalattiti policrome, è da preludio alle incantevoli dieci sale seguenti, dai nomi fantasiosi legati alla storia della grotta. L'itinerario per il turista, in un crescendo di emozioni, è organizzato con un passaggio dalle sale del ramo inferiore, caratterizzate da un fiume sotterraneo e dal lago blu, alle sale del ramo superiore con concrezionamento sempre più accentuato, culminante con le suggestive sale delle meraviglie e delle colonne. Tutte le visite sono condotte da guide che vi illustreranno i vari fenomeni con precisione e competenza.

Orari e prezzi Orario d'ingresso periodo estivo: 1° aprile - 31 ottobre: 9:00 -19:00 (prima visita guidata ore 10.30 - ultimo ingresso ore 18.00) Orario d'ingresso periodo invernale: 1° novembre - 31 marzo: 9:00 - 17:00 (ultimo giro guidato ore 16.00)

Tariffe: biglietto d'ingresso • Adulti - € 8,00 • Bambini da 5 a 12 anni - € 6,00 (ingresso gratuito per bambini con meno di 5 anni) • Comitive (gruppi organizzati composti da più di 20 persone) - € 6,00 • Scolaresche - € 5,00 • Enti Convenzionati - € 5,00 Il biglietto d'ingresso comprende 2 visite guidate: la visita alle Grotte e la visita al Museo della Civiltà Contadina e dell'Ulivo Info e prenotazioni 0776.545011 - 0776.546322 - [email protected]

Come raggiungere le grotte Le Grotte di Pastena di raggiungono percorrendo l'autostrada del Sole Roma - Napoli (A1) uscendo al casello di , da dove si prende la strada per fino a raggiungere il centro abitato di questo paesino. Si prosegue quindi per Pastena passando per il Piano "Madonna delle Macchie" dove si attraversa, su un piccolo ponte, il fiumicello "Fosso Mastro". Una volta raggiunta Pastena si prosegue in direzione di e a 4-5 km si raggiunge un bivio da cui si dirama a destra una strada con indicazioni bene evidenti, che conduce al piazzale delle Grotte, situato ad un altezza di circa 40 metri rispetto all'ingresso che è a 165 metri sul livello del mare. Per chi viene dal mare, deve percorrere la strada statale Appia, oltrepassare , dirigersi verso Lenola e quindi direttamente verso Pastena. Le Grotte di Pastena sono unite in consorzio a quelle di Collepardo.

Sito internet: http://www.grottepastena.it/grotte.html

LE GROTTE DI COLLEPARDO Distanza da Fiuggi: 20 Km Tempo di percorrenza: 0:30

Le Grotte di Collepardo (anche note come Grotte dei Bambocci) sono state originate da quell'insieme di fenomeni carsici presenti nel comune di Collepardo legati all'erosione sottoranea del suolo da parte dell'acqua, similmente al vicina dolina carsica detta Pozzo d'Antullo. Il nome di Grotte dei Bambocci ha origine dalla caverna principale dove numerose stalattiti per le loro forme richiamano l'aspetto di bambole e pupazzi (detti appunto bambocci). Questo nome fu sostituito poi in "Grotte Regina Margherita" nel 1904 quando il Comune di Collepardo dedicò le grotte alla prima Regina d'Italia dopo la sua storica visita nella caverna. All'interno delle grotte sono stati rinvenuti resti di fauna risalenti al pleistocene, come Cervus elaphus, e scheletri umani dell'età del bronzo, collocabili fra il 1600 e il 1400 a.C.. Degni di menzione numerosi ex-voto pagani rinvenuti nella grotta, legati al culto solare del Sole Invitto Mitra. Questi reperti indicano che nella grotta vi era un grande santuario mitraico, detto "Mitreo", meta di continui pellegrinaggi, dove si svolgevano i riti misterici solari. I Mitrei erano dentro grotte naturali o artificiali che ricordassero la grotta dove nacque il dio Mitra il 25 dicembre; ma la grotta simboleggiava il nostro Universo, la "Caverna cosmica" cosicché, secondo i pagani, il dio nasceva in una grotta per simboleggiare la sua venuta nel nostro universo. Un sacerdote mitraico vestito di rosso detto "Pater" presenziava i riti di iniziazione nel Mitreo, tra cui il battesimo di acqua e poi di fuoco. Il Mitreo delle grotte di Collepardo doveva essere un grande santuario molto conosciuto all'epoca.

Sito internet: http://www.grottecollepardo.it

IL PARCO NAZIONALE D’ LAZIO E MOLISE

Distanza da Fiuggi: 61 Km Tempo di percorrenza: 1:19

Nell’entroterra ciociaro, ai confini con l’Abruzzo e il Molise, tra paesaggi suggestivi e borghi medioevali, si inserisce il Parco Nazionale d’Abruzzo con il suo versante laziale. Il Parco Nazionale, istituito nel 1921, che risulta quindi essere il più antico d’Italia, è di fondamentale importanza per la tutela e la salvaguardia di alcune specie dell’ambiente faunistico italiano, come l’orso marsicano, il camoscio d’Abruzzo e il lupo. La sede centrale del Parco è a Pescasseroli, raggiungibile facilmente da Sora, porta del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise. Il Parco Nazionale oltre a coinvolgere il territorio della Valle del Sangro in Abruzzo, include anche buona parte della Val di Comino, in provincia di Frosinone, nel Lazio: è questa la parte di territorio del Parco identificata come “versante laziale”.

Il versante laziale, per la ricchezza delle acque e per il clima particolarmente umido, è uno dei valloni più ricchi di vegetazione forestale. Racchiusa entro il gigantesco anfiteatro delle montagne a sud est della provincia di Frosinone, lo splendido scenario della Val di Comino, è una fonte straordinaria di storia arte e cultura tale da identificarla oggi come la “Via Romantica della Ciociaria” che si snoda lungo la valle svelandoci antichi borghi dominati da potenti castelli, adorni di sontuosi edifici e luoghi ricchi di storia, che si affacciano sul versante laziale del Parco.

Siamo nella valle delle zampogne. I territori ivi compresi conservano le tracce indelebili del lavoro che l’uomo ha compiuto per integrarsi con l’ambiente naturale circostante. Sul lato nord del versante laziale del Parco Nazionale troviamo i territori di , , Alvito e ; a sud , , e . L’incantevole Campoli Appennino testimonia, con la sua architettura, la cultura agraria che gli ha dato vita, tradotta nell’espressione artistica dell’intaglio del legno. Nella sua area faunistica, la più grande d’Europa, troviamo inoltre l’orso Abele e la sua dolce compagna Jill.

Il territorio del comune di Alvito comprende il vallone Lattara e il versante meridionale della Serra del Re fino alla Serra Traversa. Il paese, situato ai piedi di un’antica rocca medievale, ha conservato un bellissimo centro storico ricco di edifici e monumenti di grande valore. San Donato Val di Comino è un pittoresco centro della Valle, che ha ottenuto dal Touring Club Italiano l’ambito riconoscimento di BANDIERA ARANCIONE, il marchio di qualità turistico ambientale. Terra di passo, battuta nei secoli da eserciti, mercanti, monaci e pellegrini presenta un tessuto urbanistico caratterizzato da scalinate, stradine strette e ripide, che si aprono in piazzette dominate da belle chiese. Breve sosta lungo il percorso per ammirare la Riserva Naturale del Lago di . E’ una dell'oasi naturalistiche più interessanti e incontaminate dell'Italia centrale, ricca di flora e di fauna. Poco più giù si incontra il piccolo paese di Settefrati. Così denominato dai monaci benedettini a ricordo dei sette figli di Santa Felicita morti durante le persecuzioni cristiane, preserva all’interno del suo borgo, affascinanti strutture medioevali come la Torre del XII secolo e l’antica chiesa parrocchiale.

Nel suo territorio è possibile visitare posti di particolare intensità suggestiva, come il Santuario di Canneto che, oltre ad essere luogo religioso, fa della sua valle una delle più belle e selvagge di tutto il Parco. Parte integrante del versante laziale del Parco Nazionale d'Abruzzo è Picinisco che domina dall'alto l'intera Valle di Comino. Le stazioni sciistiche d’inverno a Prati di Mezzo e le escursioni estive sul monte Meta, fanno del paese una meta privilegiata per i turisti. Protetto dalla catena montuosa delle Mainarde, in un paesaggio suggestivo ricco di boschi di faggio, laghetti e corsi d'acqua, sorge S. Biagio Saracinisco. Legato ai benedettini fino al 1200 passò poi, dopo altre vicende, sotto la giurisdizione del ducato di Alvito, seguendone le sorti.

Le diverse altitudini e le varietà di climi fanno rientrare i comuni ciociari in un circuito ottimale per chi vuole alienarsi dalla caotica società moderna.

Il susseguirsi delle stagioni consente al Parco di cambiare “abito”, permettendo così al visitatore di poter ammirare colori, profumi, paesaggi, ambienti, animali e piante che variano con il trascorrere dei giorni e dei mesi. E in particolari circostanze, tra i silenzi dei faggi, è possibile ammirare la maestosità di quella che fin dall’antica Grecia è considerata emblema di forza e spiritualità: l’aquila reale. Un percorso che può essere anche legato all’enogastronomia e ai prelibati prodotti del territorio, come i tartufi, i fagioli cannellini, i torroncini di pasta di mandorle e l’ottimo vino DOC Cabernet di Atina, per riscoprire la memoria di antichi sapori, nel gusto di piatti unici e genuini cucinati con ingredienti semplici, sani e tipici del luogo, per riconquistare il gusto di mangiare con gusto.

Sito internet: http://www.parcoabruzzo.it/

LA CASCATA DI

Distanza da Fiuggi: 47 Km Tempo di percorrenza: 0:58

Portata metri cubi secondo: (m³/s) 50 Altezza in metri: (h) 27 (circa)

A Isola del Liri, in provincia di Frosinone, si trova una Cascata naturale, unica in Italia a cadere in pieno centro storico. Il fiume Liri, qui, ha il compito naturale di far da scenario nei paesi in cui passa. Proprio ad Isola del Liri compone lo spettacolo imponente di un’attrattiva turistica fra le più tipiche del paesaggio italico: “la Grande Cascata”, dove l’intera fiumana strapiomba da un largo salto di circa ventisette metri biancheggiando in una fluida imponente massa d’argento, tra una fragorosa orchestrazione di voci e un vasto pulviscolo in cui giocano gli arcobaleni di tutte le ore del giorno. Pittoresco è il prospetto che si affaccia sul Liri, lungo via della Cascata, che forma visivamente una quinta alla Cascata Grande e concorre alla suggestiva scena naturalistico-architettonica che in passato fu più volte celebrata da artisti italiani e stranieri: numerose stampe e disegni ritraggono la cascata come sfondo di un paesaggio con la visione del borgo di Isola. Ad esempio, Philipp Hackert (1777) valente paesaggista del XVIII sec., amico caro di Goethe, la dipinse nel suo viaggio di ritorno dall’Abruzzo; così come fece I.Bidault (1790) raffigurando il paesaggio di Isola del Liri con la Cascata nel suo dipinto ora esposto nel Museo del Louvre a Parigi. E poi, ve lo ricordate l’Intervallo-RAI? Il lento scorrere di immagini-cartolina in bianco e nero raffiguranti panorami o monumenti di alcune cittadine italiane ha riproposto centinaia di volte proprio la Cascata Grande come immagine della città. Il fiume Liri, proveniente dalla piana di Sora, dopo aver sfiorato il millenario monastero di San Domenico, arrivato in prossimità del basamento roccioso di travertino su cui si erge il maestoso Castello Boncompagni – Viscogliosi, si divide in due bracci, avvolgendo poi come un’isola la sottostante città. Il braccio sinistro del fiume alimenta la Cascata Grande, detta anche Cascata Verticale, con un gran balzo di circa 27 metri. Si origina, invece, dal ramo destro del Liri, una seconda cascata, più bassa: la Cascata del Valcatoio. Le sue acque s’inabissano giù lungo una parete rocciosa inclinata per 160 metri fino ad arrivare nella bassa plaga. Il fiume Liri, con il suo costante flusso di acque, ha sempre determinato la ricchezza e lo sviluppo di queste zone. Con l’avvento dell’economia industriale ha avuto un ruolo fondamentale di fonte inesauribile di energia, sia meccanica che idroelettrica, per la cittadina di Isoal del Liri. Durante la Signoria dei Boncompagni, Duchi di Sora dal 1580 al 1786, in Isola del Liri e nel territorio della Media Valle del Liri sorsero i primi insediamenti industriali: gli opifici della carta e della lana lungo l’omonimo fiume. Le attività delle cartiere e dei lanifici vennero connesse allo sfruttamento dell’energia idraulica. Si sviluppò l’industria della lana proprio nei pressi della Cascata del Valcatoio e tale località fu chiamata così dalla parola “Valca”, che deriva da Valchiera (un impianto di macchine per la follatura). Grazie alle acque del fiume e delle sue Cascate del Liri, che potevano produrre forza motrice per le macchine industriali, la cittadina ebbe un notevole impulso sotto il dominio francese del Regno di Napoli, all’inizio dell’Ottocento. Infatti, ai connazionali di Murat, Vicerè di Napoli, essa si presentava come una terra dotata di grosse potenzialità, mai pienamente sfruttata, con un corso fluviale ricco di balze naturali, adatte a generare forza idraulica e con un affluente, il Fibreno, dotato di acque chiare idonee alla fermentazione degli stracci (materia base per la fabbricazione della carta, prima del legno usato in tempi recenti). Dal 1821 al 1841 sorsero nella Valle del Liri nuove cartiere che realizzarono qui quella rivoluzione industriale che si era creata in altri Paesi europei. A San Domenico, a Isola del Liri e in altri luoghi lungo il fiume si insediarono centrali elettriche, stabilimenti per la fabbricazione della carta, dei cartoni, della cellulosa; dei feltri delle cartiere; industrie fra le più importanti della produzione e della economia nazionale rappresentando quote ragguardevoli. Oggi a testimoniare l’illustre passato di Città Industriale della Carta, ruolo che ancora oggi Isola del Liri svolge, è stato messo a punto un percorso turistico che parte dal ponte sul corso principale della cittadina, ottimo punto da cui ammirare e fotografare la Cascata, spettacolo unico in pieno centro storico. Attraversando il Corso Roma si arriva al Parco Fluviale da dove comincia una piacevole passeggiata accompagnati da resti di antiche macchine della carta, fino ad arrivare ai piedi della Cascata del Valcatoio. Proprio sotto gli spruzzi del getto della Cascata, ci piace chiudere gli occhi per un momento e immaginare questa valle 170 anni fa, con alla testa un piccolo Comune di 4 mila abitanti, divenuta nel giro di un ventennio una potenza industriale, grazie all’abbondanza di acqua e alla disponibilità di una mano d’opera intelligente.

Sito internet: http://www.isolaliri.com/isolaliri/guida/cascate.php

LAGO DI CANTERNO Distanza da Fiuggi: 9 Km Tempo di percorrenza: 0:15

Territorio La Riserva Naturale del si trova a nord-est della Provincia di Frosinone, territorialmente è divisa tra i comuni di Ferentino, , , Fiuggi e , e si sviluppa nel versante meridionale dei , alla quota di 720 m s.l.m., ha un’estensione superficiale di 1824 ettari, è delimitata, a Sud da Monte Maino (812 m) a Sud-Est da M. Monticchio (737 m.) e M. Barazzo ( 657 m.) ad Est da M. Vasciano ( 653 m.) a Nord-Est da Colle Jove (640 m.) a Nord-Ovest da Monte Porciano ( 953 m) e La Monna (846 m), mentre al suo interno si trovano M. Corniano (640 m.) e M. Carrozzo (587 m) a Nord e Monte dei Fuochi (570 m.) a Nord-Ovest, nel cuore della riserva si sviluppa il Lago di Canterno che rappresenta l’elemento principale dell’intera area, è un bacino di 2 Km² che si estende da Nord-Ovest a Sud-Est. L’intera zona è interessata da fenomeni geomorfologici carsici, sia superficiali che sotterranei, testimoniati dalla presenza sul territorio di doline, grotte ed inghiottitoi, una delle caratteristiche principali dei paesaggi carsici, è il ridotto sviluppo del reticolo idrografico. Il lago stesso formatosi nei primi decenni del secolo scorso, per la progressiva occlusione del suo unico emissario, l’inghiottitoio Pertuso, rappresenta un prodotto superficiale carsico essendo un lago di dolina. Prima dell’occlusione del suddetto inghiottitoio, con l’accumulo di materiali detritici e alluvionali portati dai vari immissari si registravano riempimenti e svuotamenti periodici, in seguito all’occlusione il lago è stato reso perenne dalla Società Romana, l’attuale ENEL, per utilizzarlo in funzione idroelettrica. Le grotte, caratteristiche negli ambienti carsici, sono due, quelle di Madonna della Stella, situate nel versante ovest della Monna e quelle di Corniano, situate ai piedi dell’omonimo monte; per quanto riguarda gli inghiottitoi ce ne sono tre, Bocca di Patoni , la Bocca di Puzziglio, ai piedi del versante settentrionale di M. Barazzo ad una quota di circa 550 m s.l.m. e a poca distanza da questo ad una quota di 530 m s.l.m. la Bocca della Parata.

Fauna La riserva, anche se non molto estesa, presenta una notevole varietà di ambienti naturali, ciascuno dei quali è legato ad una determinata flora e fauna, parlando di fauna, molte sono le specie di uccelli presenti,sia stanziali che di passo. Tra gli acquatici ci sono il cormorano (Phalacrocorax carbo), l’airone cenerino (Ardea cinerea),l’airone bianco, la garzetta (Egretta garzetta), lo svasso maggiore (Podiceps cristatus), la gallinella d’acqua (Gallinula chloropus), la folaga (Fulica atra), il germano reale, il cavaliere d’Italia, ed altri ancora. Tra i rapaci sono abbondanti, sia i notturni che i diurni, c’è il gufo comune (Asio otus), l’allocco (Strix aluco selvatica), il cuculo (Cuculus canorus) il barbagianni (Tyto alba), la poiana (Buteo buteo), il gheppio (Falcus tinnunculus) lo sparviero (Accipiter nisus), il falco pecchiaiolo, il nibbio bruno (Milvus migrans) ecc. Per quanti riguarda i mammiferi c’è la volpe (Vulpes vulpes), la faina (Martes foina), lo scoiattolo (Sciurus vulgaris), il cinghiale (Sus scrofa), l’istrice (Hystrix cristata), il tasso (Meles meles), la talpa (Talpa europaea), il riccio (Erinaceus europaeus), la lepre, piccoli roditori e insettivori . Il lago inoltre è sempre stato un’attrattiva per molti pescatori, infatti molte sono le specie ittiche presenti: la carpa (Cyprinus carpio), l’anguilla (Anguilla anguilla), la tinca (Tinca tinca) il persico (Perca fluvialis), il carasso () ecc. Flora Come è noto la vegetazione varia sensibilmente al variare dell'altitudine: salendo di quota il paesaggio cambia, si osserva una riduzione della vegetazione. A quota più bassa (circa 530 m s.l.m.) si trova il lago, che è soggetto ad una notevole fluttuazione del livello delle acque, e questo fa si che sia povero di vegetazione riparia, essenziale per la stabilizzazione delle sponde, per il rifornimento di materia organica, per il controllo dell’eutrofizzazione delle acque tramite l’assorbimento dei nitrati, per offrire riparo agli organismi acquatici e per la filtrazione delle acque di dilavamento del terreno, ma questo non toglie che le condizioni di umidità favorevoli e la buona fertilità del terreno abbiano permesso la stabilizzazione di un notevole numero di specie vegetali, alcune delle quali, per la particolarità delle condizioni ambientali sono riscontrabili solamente in questa zona, per quanto riguarda la situazione Laziale. In prossimità del lago si sviluppano specie vegetali erbacee igrofile, come ad esempio Polygonum amphibium L.(rarissima), Herniaria incana Lam.(rara), Spergularia rubra L. (comune), Ranunculus neapolitanus Ten.(rara), Rorippa palustris (rarissima), Potentilla supina (rarissima), Trifolium fragiferum (comune), Gnaphalium uliginosum (comune), Pulicaria vulgaris (rara), Carduus nutans (comune), Crypsis alopecuroides (rarissima), Cyperus michelianus (rarissima). Durante il periodo estivo, inoltre, il notevole abbassamento del livello minimo, favorisce l’aumento della concentrazione di sale creando così un ambiente salmastro, habitat ideale per alcune specie eurialine come ad esempio la Corrigiola littoralis L.(rarissima). La tipica vegetazione palustre caratterizzata da giunchi, cannucce, ranuncoli acquatici ecc, non si sviluppa lungo le coste del lago ma a ridosso dei vari fossi, che garantiscono una maggiore umidità durante tutto l’anno a differenza del lago stesso, che come abbiamo detto subisce continue variazioni del suo livello. Sono presenti tre fossi naturali, oltre al Fosso del Diluvio, che convogliano le acque meteoriche, e sono: il fosso Dove, il fosso Padrone e il fosso Riopreta. Nella zona orientale del lago, a poca distanza dalle sponde, estesi sono i campi ad uso agricolo e per il pascolo. Le coltivazioni sono essenzialmente a graminacae, all’interno delle quali trovano il loro habitat ideale alcune specie appartenenti alla famiglia delle compositae (margherite, Bellis perennis e cardi Carduus nutans, Cynara cardunculus altilis) e alla famiglia delle papaveracae (Papaver rhoeas). Le forme arboree iniziano a svilupparsi dal limite di massimo invaso delle acque (550 m s.l.m.), più a valle si trovano latifoglie igrofile come salici (Salix alba e Salix fragilis) e pioppi (Populus alba e Populus nigra ), salendo di quota invece specie mesofite tipiche dell’Appennino, caratterizzate da formazioni boschive di querce rappresentate essenzialmente dal cerro (Quercus cerris) e da boschi misti di latifoglie come il castagno (Castanea sativa), abbondante nella zona nord della riserva verso Fiuggi, il carpino bianco, il carpino nero (Ostrya carpinifolia), la roverella (Quercus pubescens), il ginepro rosso (Juniperus oxicedrus), l’Acero campestre (Acer campestre) e l’orniello (Fraxinus ornus), salendo ancora, le formazioni boscose lasciano posto a forme arbustive rappresentate essenzialmente dal biancospino (Crataegus monogyna). In particolare su Monte Vasciano si trovano il Pino marittimo (Pinus pinaster), il Pino domestico (Pinus pinea) il Pino d’aleppo (Pinus alepensis), il cerro (Quercus cerris) e la Roverella (Quercus pubescens); su Monte Barazzo troviamo prevalentemente il castagno (Castanea sativa); su Colle Jove troviamo il cerro (Quercus cerris) e la roverella (Quecus pubescens) e su Monte Coniano il cerro (Quercus cerris) la roverella (Quercus pubescens) e il Pino nero (Pinus nigra). La Regione Lazio ha individuato due Siti di importanza comunitaria (SIC), una nel versante sud di Monte Porciano (89,6 ettari) ed una nei castagneti di Fiuggi (211,6 ettari) di cui 23,494 ettari ricadono all’interno dell’area protetta. I boschi di conifere su citati (Pino domestico, Pino marittimo e Pino nero), che si trovano su colle Monticchio su Monte Vasciano e sul Monte Corniano sono stati introdotti per azione antropica di rimboschimento. Un microambiente interessante è offerto dalle siepi, rappresentate essenzialmente da ginestre e da specie appartenenti alla famiglia delle rosacae come i rovi Rubus fruticosus e i biancospini Crataegus monogyna, queste offrono riparo ad animali selvatici e vengono utilizzate da molti uccelli per la deposizione delle uova. Questi microambienti si ritrovano anche sugli isolotti che caratterizzano il lago, in questo caso la siepe è rappresentata da specie pioniere e capaci di resistere ai continui cambiamenti del livello delle acque, passando da fasi di emersione durante il periodo invernale a fasi di immersione durante il periodo estivo, lo stesso discorso vale per la penisola, che si trova nella parte orientale del lago ed è unita alla terraferma tramite un braccio che durante i periodi di maggiore precipitazione meteorica viene sommerso lasciando così la penisola separata dalle sponde del lago, e utilizzata per la nidificazione da molti uccelli acquatici. Un altro ambiente caratteristico della riserva è quello roccioso, non alterato dall’attività antropica, qui si possono trovare alcune specie di orchidee, di ginestre di cardi e piante aromatiche come il timo, la mentuccia, il rosmarino ecc. Sito internet: http://www.riservanaturalecanterno.it LAGO DI POSTA FIBRENO

Distanza da Fiuggi: 85 Km Tempo di percorrenza: 1:21

Il lago di Posta Fibreno, detto anche della Posta o Fibreno, è ubicato ad un’ altitudine di 289 m. s.l.m. La sua superficie è di circa 0.287 Kmq ed il suo perimetro è di 5.163 m. Ha una lunghezza pari a circa 1096 m., la sua larghezza è di 570 m. e la sua larghezza media di 261 m., mentre la profondità massima è di 15 m. e si riscontra all’ interno di una fossa in località Carpello, localmente conosciuta come “Codigliane” e quella media di 2.5 m. Il lago Fibreno non ha immissari ed il suo unico emissario è l’ omonimo fiume. Situato nel versante sud-occidentale dei Monti della Marsica, si origina da un sistema di sorgenti pedemontane che derivano dal bacino imbrifero carsico dell’ alta Valle del Sangro in Abruzzo. Il bacino del lago presenta una forma stretta ed allungata addossata alle colline che delimitano la sponda nord- est. Ed è proprio dalle montagne del Parco d’Abruzzo che il lago Fibreno o della Posta trova le proprie origini. Infatti parte delle acque che precipitano sotto forma di neve o di pioggia su quelle montagne sono le stesse che dopo un lungo percorso, in massima parte in falde sotterranee, rivedono la luce nelle numerose sorgenti che pullulano lungo le rive del lago alimentando lo stesso con circa 6 mc. di acqua al secondo. Un’origine, quella carsica, che permette di mantenere all’ acqua una temperatura pressochè costante, all’incirca sui 10/11 gradi centigradi, nel corso dell’intero anno.

Una caratteristica, forse unica in Europa, e già citata da Plinio nella sua opera “Naturalis historia” è rappresentata dalla presenza di un’isola galleggiante formata da rizomi, torba e radici, in grado di spostarsi all’interno del suo allagato con un leggero alito di vento o con l’aumento della portata delle sorgenti che sfociano nei pressi dell’area di pertinenza. Forse per la composizione chimica di tale isola gli alberi che si trovano sulla sua superficie non si sviluppano come altri simili che hanno radici sulla terra ferma, ma crescono poco più di semplici arbusti. La “Rota”, così viene localmente chiamata l’isola galleggiante, che ha una larghezza di circa trenta metri di diametro ed una forma conica, con la punta rivolta verso il basso, quasi certamente venne originata da un’eccezionale corrente sotterranea che fece sollevare il fondo di torba da quasi nove metri sotto il livello dell’acqua. La caratteristica forma allungata, unita all’elevata velocità di ricambio teorico totale, la temperatura pressochè costante nell’arco dell’ anno anche a varie profondità, fanno sì che esso possa essere paragonato ad un ambiente lotico piuttosto che ad un ambiente lentico. E proprio grazie a queste caratteristiche che rappresentano l’habitat ideale per alcune importanti specie ittiche quali i Salmonidi, che vivono in acque ricche di ossigeno. Il fiume Fibreno, che rappresenta l’ asta principale del bacino, prende origine dalla confluenza delle acque del lago omonimo con le acque del torrente Carpello. Le sponde qui si distendono fino a raggiungere una larghezza massima di 20 m. Il fiume, che inizialmente segue un tragitto piuttosto regolare, si snoda, in seguito, con un andamento tortuoso fino alla confluenza con il fiume Liri dopo un percorso di circa 11 Km. Nel punto di confluenza tra il torrente Carpello, il lago Fibreno ed il fiume Fibreno, sulla sponda sinistra insistono due antiche costruzioni che venivano utilizzate, in passato, come “peschiere”, dove i pescatori erano soliti lasciare le trote che ancora non avevano deposto completamente le uova, per permettere così la regolare riproduzione. Il bacino del fiume Fibreno appartiene al Bacino Nazionale Liri-Garigliano ed ha una superficie di 96.4 Kmq. La portata idrologica del fiume Fibreno è di circa 6 mc. La qualità biologica del fiume risulta essere, nel complesso, buona, non vengono infatti evidenziate particolari forme di alterazioni dell’ ambiente acquatico.

IL CROCIFISSO SOMMERSO

Dal 1977 in località Codigliane, nel punto dove si registra la maggiore profondità del lago, è stata posta, a protezione del bacino lacustre e di coloro che lo frequentano, una Croce. L’opera, realizzata dallo scomparso scultore Pino Bonavenia, in acciaio e platino, viene riportata in superficie il primo fine settimana di agosto di ogni anno nel corso di una suggestiva manifestazione, chiamata “Festa del crocifisso e del subacqueo”. Associazioni di subacquei provenienti da diverse regioni d’Italia si ritrovano in questo punto suggestivo del lago per consegnare agli abitanti di Posta Fibreno la Croce che, dopo un anno, rivede la luce. Il sabato sera la Croce viene portata in processione sulle acque del lago, lungo un percorso segnato da fiaccole, accompagnata da un corteo di barche e canoe. La mattina seguente, al termine della Messa officiata sulle sponde del lago, i sub, ognuno in rappresentanza del proprio gruppo partecipante, si immergono per riportare il simbolo cristiano nella sua collocazione originaria. Per un altro anno, la Croce veglierà sul Paese dal fondo del Fibreno, cullata dalle onde e dal silenzio di uno dei laghi più belli d’Italia.

Sito internet: http://www.comune.postafibreno.fr.it/ LA CITTA’ DI SORA

Distanza da Fiuggi: 52 Km Tempo di percorrenza: 1:05

Città attiva nel commercio e nell’artigianato, posta a circa 300 m s.m. sull'alto corso del fiume Liri, sede vescovile. Di origine volsca, fu conquistata dai Romani nel 345 a. C. ai quali fu continuamente contesa dai Sanniti. Occupata nel 702 da Gisulfo I, duca di Benevento, Sora divenne capitale del gastaldato longobardo della Valle del Liri. Dopo essere stata contea indipendente, Sora fu occupata dai Normanni nel 1062. Feudo dei Tomacelli dal 1399, dei Cantelmi dal 1443 duchi di Sora, dei Della Rovere dal 1475, Sora fu venduta nel 1580 ai Boncompagni che la tennero fino al 1796. In epoca napoleonica fu teatro di lotte tra sanfedisti e giacobini mentre dal 1861 al 1870 vi agirono le bande di coloro che erano rimasti fedeli al deposto re Francesco II. Nel 1915 Sora fu gravemente danneggiata da un terremoto. Attraversata dal Fiume Liri, di rilievo sul monte San Casto sono i resti delle mura poligonali dell’acropoli dell’antica città. Il duomo di S. Maria, costruito nel secolo XIII in forme cistercensi e modificato nel XVII, poggia sui resti di un tempio pagano dedicato al dio "Sole", e risalente al III secolo a.C. Importante anche l’Abbazia di San Domenico, fatta costruire dallo stesso monaco benedettino, Domenico da Foligno, sui resti della villa paterna di Cicerone, nel 1029 per volere del longobardo Pietro, allora signore di Sora e di Arpino. Fu ristrutturata nel XIII secolo in stile gotico-cistercense, secondo i modelli dell’Abbazia di Casamari. Da visitare nel centro della cittadina il Museo Civico e l'interessante videoteca dedicata al famoso attore e regista Vittorio De Sica. Partendo da Sora è possibile effettuare escursioni sui monti e i boschi del vicino Parco Nazionale d’Abruzzo e raggiungerne i maggiori centri, quali: Pescasseroli, Opi, Scanno (distanza 30 km circa).

Sito internet: http://www.menteantica.it/sora.htm

LA CITTA’ DI FROSINONE

Distanza da Fiuggi: 31 Km Tempo di percorrenza: 0:49

Non si potrà certo dire che in Frosinone mancano attrazioni capaci di incantare il turista. Sia che il nostro occhio sia affascinato più dalla natura, sia che si cerchi una vacanza culturale o un soggiorno in una funzionale cittadina, la Frosinone moderna sa dare giuste risposte. Segnaliamo da visitare la Cattedrale di Santa Maria Assunta, fortemente rimaneggiata nel XVIII secolo conserva al proprio interno opere sacre di rilievo artistico, come la Madonna con Sant’Anna, San Gavino e angeli. Gradevole il Santuario della Madonna della Neve, custodisce tesori artistici ed è collocato in un luogo mistico, dove fatti miracolosi si svolsero, tali da invogliarne la costruzione. Ancora la Chiesa di San Magno, quella di Santa Lucia e la Chiesa di San Benedetto, a testimoniare visto il copioso numero di luoghi di culto, il mai interrotto rapporto con il papato. Di fascino la Fontana de Carolis, la sua costruzione risale al 1711 per opera dell’architetto Alessandro Specchi. Ai lati della vasca sono erette due colonne che sorreggono marmoree sfere. Ancora in piedi pur dopo il terremoto del 1915, l’incendio del 1927, e i bombardamenti della seconda guerra modniale, il Palazzo del Governo, collocato nel luogo dell’antica Rocca di Frusino, attualmente sede della prefettura. Della rocca mantiene il portale, ma l’aspetto moderno che possiede è stato voluto dopo la ricostruzione successiva ai bombardamenti. Ancora dovremmo ricordare dell’Anfiteatro Romano edificato alla fine del I sec d.C. La parte lasciata libera dal palazzo novecentesco soprastante è oggi visitabile, ma un plastico ricostruttivo dell’antica struttura è visitabile oggi al Museo Archeologico di Frosinone. Nei dintorni non mancano parchi e riserve naturali che abbracciano il territorio impreziosendolo.

Sito internet: http://www.informagiovani-italia.com/frosinone.htm

Ulteriori informazioni su: www.ciociariaturismo.it