MINISTERO DELL’INTERNO Scuola Superiore dell'Amministrazione dell'Interno XXV Corso di formazione dirigenziale per l'accesso alla qualifica di Viceprefetto

INTERCONNESSIONE TRA IL PREFETTO E IL TERRITORIO

Dott.ssa Sabatina ANTONELLI Dott.ssa Mariagrazia COLOSIMO Dott.ssa Mariacristina DI LELLO Dott.ssa Lorella GALLONE Dott. Massimo MAURO Dott.ssa Elvira NUZZOLO Dott.ssa Raffaella VANO

RELATORE: Prefetto Carlo BOFFI

PREMESSA ………………………………………………………………………………….…... Pag. 2

CAP. 1 RADICAMENTO DEL PREFETTO NEL TERRITORIO: ANALISI STORICA ED EVOLUZIONE DELL’ISTITUTO PREFETTIZIO ………………………… Pag. 4

CAP. 2 IL TERRITORIO, LE SUE PECULIARITA’ ED I RIFLESSI SULLE MODALITA’ DI INTERVENTO DEL PREFETTO …………………………………………….. Pag. 14

CAP. 3 LA GOVERNANCE DEL TERRITORIO …………………………………………... Pag. 22

3.1 Dal government alla governance: la funzione prefettizia in un sistema amministrativo multipolare …….………………………………………………. Pag. 22

3.2 Governance “multivello”: conferenza permanente …………………………… Pag. 26

3.3 La governance nella sicurezza: i patti per la sicurezza ………………………. Pag. 30

3.4 L’attività di intelligence del prefetto come strumento di conoscenza del territorio ………………………………………………………………………. Pag. 35

CAP. 4 IL PREFETTO QUALE PROPULSORE DEI PROCESSI DI AMMODERNAMENTO DELLE ATTIVITÀ PUBBLICHE SUL TERRITORIO: DAL MODELLO AUTOREFERENZIALE AL MODELLO DI GOVERNO A RETE. STRATEGIE METODOLOGICHE ...... Pag. 42

4.1 La comunicazione pubblica nel processo di innovazione ……..………………... Pag. 42

4.2 Modello di governo a rete territoriale. Sperimentazione metodologica ………… Pag. 49

4.3 Sviluppo di nuovi strumenti di collaborazione: marketing sociale e marketing territoriale ……………………………………………………………………… Pag. 57

CONCLUSIONI ………………………………………………………………………………….. Pag. 65

SCHEDA…………………………………………………………………………………………... Pag. 68

BIBLIOGRAFIA ………………………………………………………………………………… Pag. 70

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PREMESSA

“Nonostante il trascorrere del tempo e il mutare delle situazioni, il ruolo del Prefetto si ripresenta identico e pur sempre diverso nella sua essenzialità. Ruolo attorno al quale va suscitato un nuovo fermento di iniziative secondo una logica di vicinanza alle esigenze del territorio”, così si è espresso il Ministro dell’interno in occasione della cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico 2011-2012 della Scuola Superiore dell’Amministrazione dell’interno.

L’obiettivo del presente lavoro è quello di far emergere, in un quadro istituzionale ancora in movimento tra scenari di federalismo e nuove ipotesi di regionalismo, la centralità di un istituto, quale quello prefettizio, che, nella sua ormai consistente storia, ha dimostrato di poter corrispondere ad esigenze nel tempo mutevoli.

Le pagine che seguono propongono innanzitutto una disamina storica del processo evolutivo riguardante le funzioni prefettizie, caratterizzate, in ogni tempo, da un profondo radicamento nel tessuto locale.

Vengono analizzate, quindi, le peculiarità del territorio, il luogo da cui originano le richieste della comunità e delle sue istituzioni, mettendosi in evidenza il fatto che i prefetti e le prefetture, in quanto recettori sensibili delle esigenze del territorio, rappresentano – grazie ad un’attenta conoscenza, analisi e valutazione della realtà sociale e ai favorevoli contatti con l’insieme del mondo pubblico - momento di aggregazione per la conoscenza e l’affidabile interpretazione della realtà territoriale in tutti i suoi profili, sociali, economici, culturali e politici.

A seguire, in considerazione dei mutamenti intervenuti nell’assetto istituzionale complessivo, si è dato conto di come sono stati ridisegnati i rapporti tra i vari “attori” della scena pubblica e il modo di “governare” i territori, passando da una logica decisionale verticistica a forme di coordinamento “orizzontale”. Invero, nell’attuale architettura dello Stato costituzionale italiano, la funzione prefettizia rappresenta una delle cartine al tornasole maggiormente indicative di una trasformazione profonda, la quale per essere gestita necessita di risorse di leadership e capacità di generazione e

2 mantenimento del consenso e della pace sociale, molto più attente alle capacità dei singoli territori di quanto non accadesse agli albori dell’esperienza nazionale italiana.

I prefetti, anche in virtù della profonda conoscenza delle realtà locali in cui operano e attraverso l’ausilio delle conferenze permanenti, possono promuovere la necessaria integrazione delle informazioni utili ad una determinazione partecipata dei livelli essenziali delle prestazioni, la cui individuazione parta, come è logico che sia, dal territorio.

Infine, il capitolo IV dà conto della evoluzione intercorsa tra prefetto e territorio e, conseguentemente, del modo di agire e di interagire del prefetto stesso, anche attraverso la descrizione di progetti concretamente realizzati, volti alla creazione di un contesto favorevole per la “promozione” di benefici per la collettività (marketing sociale). Il passaggio dal modello autoreferenziale a quello partecipativo della amministrazione è rappresentato, in primo luogo, attraverso l’evoluzione della comunicazione pubblica e i riflessi sul ruolo del prefetto in tale processo di innovazione. Il nuovo ruolo dello Stato, che deve assicurare il concorso di soggetti pubblici e privati nello svolgimento delle politiche nazionali, sta generando un modello “a rete” di gestione del territorio che, da una lettura congiunta dei fenomeni, produce interventi sinergici e condivisi, in un sistema unitario di cui il prefetto è garante.

Attraverso il percorso sopra delineato si è inteso ricercare un “metodo” per lo svolgimento del ruolo del prefetto sul territorio. Un ruolo che non ha mai avuto nulla dell’improvvisazione ma che è il frutto di una lunga tradizione con costante attenzione verso l’interesse pubblico, forte dedizione ed etica nell’agire.

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CAP. 1 RADICAMENTO DELL’ISTITUTO PREFETTIZIO NEL

TERRITORIO: ANALISI STORICA ED EVOLUZIONE.

Nel corso della storia del nostro Paese, l’istituto prefettizio, pur nelle varie connotazioni legate al contesto socio-politico di riferimento, è stato sempre caratterizzato da un profondo radicamento nel territorio. Le trasformazioni succedutesi nel tempo non hanno inciso sull’essenza dell’istituto, ma solo sui poteri che il legislatore gli ha attribuito nelle diverse epoche.

Sin dal momento della sua istituzione, il prefetto ha saputo instaurare un rapporto diretto con le variegate realtà locali, mantenendo una duttile capacità di comprendere la realtà e di adattarvisi, di essere silenzioso interprete e garante della continuità delle istituzioni; organo di emergenza, ma pure e, principalmente, di raccordo, di mediazione, di coordinamento, di collaborazione e sostegno per le autonomie territoriali che ne hanno richiesto l’intervento.

Introdotto in Italia nel 1802, durante il regime napoleonico, l’istituto prefettizio trovò la sua consacrazione nel R.D. n. 250 del 9 ottobre 1861.

In un’Italia che andava consolidandosi come Nazione, caratterizzata da realtà territoriali estremamente differenziate soprattutto sotto il profilo economico e sociale, i prefetti si posero come strumenti di garanzia della società locale, di trasmissione di domande sociali dalla periferia al centro e radicarono l’immagine stessa del nuovo Stato nelle province, contribuendo non poco a consolidare l’unità nazionale - sia politica che amministrativa - ancora provvisoria e insidiata da più parti. 1

I prefetti del Regno riuscirono a leggere e ad interpretare la nuova Italia in modo acuto e lungimirante.2 Se, all’inizio, la loro attenzione fu tutta concentrata sulle necessità di uno Stato ancora da fare (i problemi dell’unificazione politica ed amministrativa, le condizioni infrastrutturali del Mezzogiorno, la selezione di una nuova

1 Melis G., “Storia dell’amministrazione italiana 1861-1993” 1996, p.80. 2 Pietro Borzomati, “La Calabria dal 1882 al 1892 nei rapporti dei Prefetti”, Editori Meridionali Riuniti, Reggio Calabria 1974. 4 classe dirigente), ben presto essi seppero rivolgere il loro sguardo critico sui mali economici e sociali delle province, divenendone i primi e più autorevoli analisti.

L’azione dei prefetti nelle province fu diversificata a seconda delle situazioni socio-economiche: se a Grosseto il prefetto Carlotti approfondì la questione della malaria in Maremma, nelle province del sud, prefetti come De Luca e Sigismondi, si interessarono al fenomeno del brigantaggio, altri come il Villamarina si occuparono del fenomeno migratorio verso le Americhe.

Allo scopo di acquisire puntuali e dettagliate notizie sulla realtà locale, i prefetti si avvalsero di ogni fonte di informazione, documentale e non, realizzando una paziente opera di rielaborazione di dati e contributi di altri soggetti od organi. I più illuminati3 non esitarono ad utilizzare la statistica per produrre analisi e studi particolareggiati, convinti che la conoscenza dettagliata ed ancorata su basi tecnico-scientifiche di una provincia fosse un presupposto ineludibile per governarla. E’ emblematica, al riguardo, l’attività del prefetto Scelsi che, all’esito di un’accurata ricerca di statistica sociale sulle condizioni della provincia di Foggia, fece approvare dal consiglio provinciale un complesso piano di bonifica e irrigazione e la concessione di contributi per la costruzione di strade comunali, che consentirono al promontorio garganico di uscire da una condizione di isolamento.4

Il ruolo della prefettura era strategico nel sistema delle relazioni tra centro e periferia. L’autorità prefettorale del periodo post-unitario poteva dispiegare interventi decisivi per implementare politiche governative, ovvero per scoraggiare iniziative locali

3 Enrico Gustapane, “Per una storia del Prefetto”in AA.VV., “Studi per la storia dell’Amministrazione pubblica italiana (Il Ministero dell’Interno e i Prefetti)”, Scuola Superiore dell’Amministrazione dell’Interno, Roma 1998, pagg.99-110.

4 Donato D’Urso,”Giacinto Scelsi, garibaldino e Prefetto”, in Camicia Rossa, n.1/2006, gennaio-marzo 2006; Roberto Bolognesi,“Modernità della figura del Prefetto: da Giacinto Scelsi ad oggi”in “Instrumenta”, anno IV, n.11, pagg.521-549. Giacinto Scelsi fu prefetto a Foggia a decorrere dal 29 novembre 1865.

5 distoniche, nonché per prevenire ed arginare fenomeni socio-politico-economici che potevano destare preoccupazione. 5

A tale riguardo Gianni Letta6 evidenzia come “… non sia un caso che la legge provinciale e comunale, già quella del 1865 e poi le successive riedizioni, …. così come il testo delle leggi di pubblica sicurezza adoperino, per il prefetto, un verbo inusuale, non consueto nella disciplina giuridica e nei testi legislativi …. “vegliare” e “curare”…… Veglia sull’andamento di tutte le pubbliche amministrazioni …… veglia alla sicurezza dei cittadini, all’incolumità e alla tutela della proprietà. ….. Cura l’osservanza delle leggi e dei regolamenti …. Perché vegliare è qualcosa di più di vigilare, controllare, dirigere, coordinare, promuovere, eseguire, sovrintendere. Vegliare esige qualcosa di più, che va al di là della competenza o della professionalità, che chiama in causa una mobilitazione spirituale …. Che indica una partecipazione che è totale che non è soltanto burocratica, amministrativa o professionale … E’ una funzione altissima che chiama in causa tutta intera la personalità con la propria sensibilità, con la propria cultura, con la propria disponibilità”.

L’insieme dei compiti affidati al prefetto investiva la vita della provincia nel suo complesso, sottoponendola ad una serie di controlli e di condizionamenti successivi che, attraverso l’amministrazione, la polizia, la giustizia, la scuola, i vari corpi morali, raggiungevano la sfera d’attività del singolo cittadino.7

Il costante flusso di informazioni verso il centro, consentiva di svolgere un’attenta opera di ascolto dei cittadini e di monitoraggio dei fenomeni sociali

5 Si evidenzia, ad esempio, che tra il 1885 che il 1890, il trend relativo ai contratti per manufatti arginali stipulati dalla prefettura di Mantova per conto dello Stato, si aggirava su valori annui di circa un milione di lire; ciò anche per assorbire ampie schiere di disoccupati che si temeva potessero farsi strumentalizzare per inscenare manifestazioni di dissidio e tumulti di piazza, come paventato dalla prefettura. “I Prefetti di Mantova nel crepuscolo del secolo risorgimentale”in Amministrazione pubblica. Anno X, n.53-54, gennaio-aprile 2007. 6 Prolusione del dr. Gianni Letta, resa in occasione della cerimonia inaugurale dell’Anno Accademico 2011/2012 della S.S.A.I.

7 Ernesto Ragionieri – “La storia politica e sociale”, da “Storia d’Italia,vol.4, Dall’Unità ad oggi”, Giulio Einaudi Editore, Torino 1972.

6 emergenti. Le relazioni periodiche (quindicinali, trimestrali, semestrali),8 oltre a contenere osservazioni e dati sul funzionamento dei servizi amministrativi degli uffici della provincia, si dedicavano alla descrizione del cosiddetto “spirito pubblico”. In ciò si esplicava, in particolare, la sensibilità ed attenzione dei prefetti che, in tal modo, tracciavano quadri policromi delle amministrazioni locali, dimostrando, in varia misura, di avere, o meno, il polso della provincia. Dette relazioni avevano, infatti, lo scopo di fornire al Ministero dell’Interno un quadro della situazione economica e morale a livello locale, per permettere al Governo di adottare misure mirate oppure di considerare l’opportunità di adeguamenti legislativi generali.

Dall’esame dei suddetti documenti, si evince come i “prefetti amministrativi” fossero attenti conoscitori delle condizioni della provincia loro affidata. Le analisi dagli stessi prodotte erano ispirate a principi di “correttezza, equilibrio ed obiettività”, nonché di “rifiuto del particolare, dell’interesse della fazione o della classe.”9

In tali atti si evidenziava, inoltre, un senso critico e propositivo, che esprimeva un atteggiamento responsabile e rispettoso dei ruoli, ma non per questo prono né inutilmente conflittuale. I prefetti, senza sostituirsi all’autorità politica, non esitavano a denunciare problemi e ad indicarne le possibili soluzioni, talvolta anche dissonanti dagli orientamenti prevalenti di governo. Luigi Zini, che fu segretario generale del Ministero dell’Interno negli anni successivi all’unificazione, prefetto e poi senatore del Regno, nell’evidenziare come i prefetti fossero un fondamentale elemento di raccordo tra centro e periferia, li definiva come defensores civitatis.

Il ruolo attivo svolto dai prefetti nei primi sessanta anni di storia unitaria, quali propulsori di iniziative politiche ed amministrative, ha fatto sì che fossero assimilati più ad amministratori che a funzionari. Nel 1922 l’autorevole Augusto Monti, sulla rivista

8 La corrispondenza dei prefetti col Ministero dell’Interno fu oggetto di una dettagliata circolare di del 15 ottobre 1862, riportata in appendice al volume La nuova legge comunale e provinciale del Regno d’Italia posta in relazione col testo delle leggi precedenti, a cura di Antonino Scibona, Torino 1865

9 Cfr. Vincenzo Pacifici, “Le relazioni dei prefetti dell’Italia meridionale sull’Italia settentrionale”, in A. Ciampani – C.M. Fiorentino – V.G.Pacifici, “La moralità dello storico: indagine storica e libertà di ricerca. Saggi in onore di Fausto Fonzi, Rubbettino, Soveria Mannelli”, 2004, pag. 167 e ss.

7 di Piero Gobetti “La rivoluzione liberale”, scriveva - anche se con tono polemico - che i prefetti, insieme ai segretari comunali, avevano governato l’Italia.10

La figura del prefetto segue gli sviluppi storici dell’amministrazione pubblica italiana, adeguando di volta in volta il proprio ruolo ai nuovi assetti. Nel decennio del Governo Crispi, a fronte di una proliferazione dei Ministeri che rese più complesso l’apparato pubblico, il prefetto costituì il punto di riferimento di tutta l’amministrazione statale locale.11

Con Giolitti, il prefetto, in concomitanza con l’espansione delle funzioni dello Stato, nonché con le profonde innovazioni nel settore industriale, tecnologico e commerciale, adattò sistemi e metodi alle nuove esigenze, aggiungendo ai tradizionali compiti quello di mediatore dei conflitti sociali. Egli seppe esercitare un ruolo attivo nei processi di trasformazione sociale del Paese, pur continuando ad essere l’organo di fiducia del Governo. Per corrispondere alle nuove esigenze imposte dalla duttile politica giolittiana, di cui divenne il puntuale esecutore, il prefetto dovette adottare un comportamento di assoluta neutralità ed escogitare nuove capacità di mediazione per rimuovere le cause dei conflitti sociali con altri mezzi rispetto all’impiego della forza pubblica, in quanto, per il governo Giolitti, l’ordine pubblico doveva essere il risultato di una politica sociale di prevenzione. Si occupò, pertanto, di questioni di prezzi e salari, di condizione del lavoro e, in generale, di problematiche sociali riguardanti il mondo del lavoro e della produzione. Egli si immerse direttamente con sensibilità e nuovi mezzi, nel vivo dei processi economici produttivi e sociali della provincia, ponendo attenzione sia allo sviluppo economico del Paese che alla tutela delle classi sociali. Si possono, a tal riguardo, citare gli interventi straordinari di partecipazione diretta posti in essere dai prefetti al fine di affrontare la “questione meridionale”.12 Anche nel fine secolo e nel

10 Cfr. Augusto Monti, “Attivo e passivo della burocrazia”, in “La rivoluzione liberale” , 1922, n.14.

11 C. Meoli, “ Il Prefetto fra Stato centrale e ceti dirigenti locali” , in “Nuova Rassegna” n. 20, 2004.

12 A. A. Mola, “ Giolitti – lo statista della nuova Italia “ p. 284. R.C. Friend “Il Prefetto in Italia “, Ed. Giuffrè, Milano, p. 130. Con legge 31 marzo 1904, n. 140, modificata nel 1908, a seguito delle proteste del Capo Divisione del Ministero dell’interno e del prefetto di Potenza, furono attribuiti al prefetto poteri per l’attuazione dei progetti finalizzati al controllo delle inondazioni e degli smottamenti del terreno, per le bonifiche urbane, per il credito agrario, per migliorare le aziende agricole. Come scrive Gaetano 8 primo dopoguerra, i prefetti erano presenti sul territorio ad affrontare tutte le criticità connesse ad importanti mutamenti quali: l’enorme ampliamento delle funzioni dello Stato, l’inasprirsi delle tensioni politiche e sociali e l’intensificazione delle rivendicazioni provenienti dal mondo del lavoro. In quel mutato contesto, il prefetto riuscì a reinterpretare il relativo ruolo, adattandolo all’esercizio di competenze nuove rispetto a quelle tradizionalmente legate ai poteri di controllo sugli enti locali ed alla tutela dell’ordine pubblico. Egli svolse compiti di mediazione e pacificazione sociale, nonché di prevenzione di conflitti legati a rivendicazioni del mondo del lavoro e della produzione. Si cita, ad esempio, il prefetto di Ferrara che, nel 1911, risolse una spinosa vertenza tra agrari e braccianti nota come “Lodo Taddei”.

L’effetto Giolitti sull’istituto prefettizio si protrasse anche nel periodo fascista, preservando la pubblica amministrazione da eccessi e prevaricazioni, in quanto i funzionari entrati in carriera nel periodo antecedente continuarono a considerarsi servitori dello Stato e non del regime. La stragrande maggioranza dei prefetti, infatti, adempì al proprio dovere impedendo il compimento di prepotenze da parte dei piccoli gerarchi locali.13

L’assetto dei rapporti centro-periferia, realizzato dal fascismo, venne travolto dalla disintegrazione di quel regime. Con l’avvento dello Stato repubblicano democratico, l’istituto prefettizio riacquistò, già alla fine del 1945, un ruolo fondamentale, non solo nel delicato campo dell’ordine pubblico, ma anche in quello della gestione della ricostruzione. In quegli anni, emersero importanti testimonianze della capacità di manovra dei prefetti, a fronte delle più pressanti esigenze acclarate nel

Natale, i prefetti, nell’età giolittiana, si sentivano guidati da un esperto timoniere. In particolare, Giolitti “ mise il prefetto di fronte alla questione sociale. Lo diresse a comprenderla ed a giudicarla nella sostanza più che nei riflessi politici”. G. Natale, Giolitti e gli italiani, con prefazione di Benedetto Croce, Milano, 1949, p. 48.

13 In quel periodo buio, che la recente storiografia sta rivisitando, ci furono figure esemplari di prefetti, capaci di resistere ai tentativi più scoperti di politicizzazione dell’azione amministrativa condotti dal fascismo. Si richiama, ad esempio, l’attività del citato prefetto Taddei che, divenuto Ministro dell’interno nel 1921, si oppose fermamente alla marcia su Roma; si rammenta ancora il vice prefetto Franzè, che preferì darsi alla clandestinità pur di non applicare le leggi razziali. Atti del Convegno “Le Unità degli italiani “ – Lecce 4 novembre 2011- prefetto Giuliana Perrotta.

9 contesto locale. Si ricorda l’azione di alcuni di essi – fra i quali quello di Milano – in tema di abolizione del controllo sui prezzi di prima necessità, nonché gli interventi per limitare l’aumento dei canoni delle abitazioni e impedire gli sfratti.14

Il profondo legame esistente tra prefetto e territorio ha probabilmente consentito a tale istituzione di superare la ventata abolizionista che si agitò negli anni precedenti la fase costituente. Le invettive di Luigi Einaudi, che nel 1944 tuonava “Via il Prefetto”, o di Mario Boneschi, che un anno dopo parlava di “carica inutile e nociva”, nella sostanza non ebbero un effetto concreto.

La ragione di tale sopravvivenza va ricercata anche nella situazione sociale ed amministrativa esistente negli anni 1943 – 1944, ed ancora - al Nord - all’inizio del 1945. In quelle condizioni difficili, era il prefetto che interveniva concretamente a sanare le urgenze e a provvedere ai bisogni primari della cittadinanza. Forse, per la prima volta, in quegli anni si comprese che l’emergenza era il “regno” del prefetto e che senza di esso non poteva essere affrontata. Se si esamina la documentazione relativa alle province maggiormente danneggiate dalla guerra, ci si rende conto che il prefetto svolgeva un ruolo fondamentale ai fini della ricostruzione, soprattutto nei rapporti tra centro e periferia. Ciò emerge dalle note con cui taluni di essi insistevano, in modo quasi ossessivo e sistematico, per avere benzina, camion e gomme, nonché il materiale necessario a riattivare le strade.15

14 G. Carli, “Cinquant’anni di vita italiana “, Roma – Bari 1993, pp. 77 – 79. Guido Carli, nelle sue memorie, descrive i prefetti succubi dei sindacati, per avere ostacolato, nel secondo dopoguerra, la riaffermazione del liberismo economico appoggiandosi ad alcuni settori del mondo cattolico e sposando le tesi dei sindacati.

15 Marco De Nicolò, dagli atti del convegno tenutosi a Lecco il 30 settembre 2011 sul tema “I Prefetti nell’Italia unita”. Negli stessi lavori dell’Assemblea Costituente veniva riconosciuto il notevole rilievo dell’istituto prefettizio. , dichiarava: “non pensate si possa fare a meno dei prefetti. Senza i prefetti nessun ordine: voi non contereste nulla; né voi né noi ….. I prefetti sono garanzia di serietà e di ordine” F.S. Nitti, “I Prefetti”, intervento del 6 giugno 1947, in seno all’Assemblea Costituente, in Instrumenta, III, n.9, 1999. Lo stesso Luigi Einaudi, divenuto Presidente della Repubblica, scelse proprio un prefetto per guidare uno dei più importanti Uffici del Segretariato Generale della Presidenza. E, ancora il giurista Massimo Severo Giannini, che pure in sede costituente non ebbe a formulare giudizi propriamente lusinghieri sull’istituto prefettizio, con particolare riferimento ai rapporti con gli enti Locali, ebbe a dire: “Come tecnico il prefetto è un sicuro consigliere, soprattutto per quelle piccole amministrazioni i cui apparati burocratici non sono idonei a risolvere complicati problemi giuridici”. Marco De Nicolò, op.cit. 10

Con l’attuazione dell’ordinamento regionale, negli anni ’70, il prefetto - in un contesto caratterizzato da un crescente policentrismo autarchico - garantisce la gestione coordinata ed unitaria di una molteplicità di interessi tipici in una società sempre più complessa e articolata. Le regioni, non sempre erano riuscite a svolgere appieno la funzione di rappresentanti nella cura degli interessi pubblici generali della comunità di riferimento.16 Torna, quindi sulla scena il prefetto quale solutore dei problemi del territorio, grazie alla sua comprovata capacità di mediazione attraverso la messa in rete dei soggetti di volta in volta interessati.

Anche a seguito di numerosi interventi legislativi che lo individuano come destinatario di importanti funzioni e competenze, proprio per la sua propensione ad essere il naturale interlocutore delle autonomie locali, non solo nei momenti di difficoltà ma anche nei periodi di normalità, il prefetto acquisisce nuovi spazi di azione, divenendo punto di riferimento per mediare e gestire situazioni particolari ed eccezionali di diversa gravità e pericolosità sociale, di cui lo Stato si fa carico per realizzare una migliore convivenza civile.17 Sotto quest’ultimo aspetto, non appare superfluo ricordare l’emblematica vicenda riferita al noto “rapporto Mazza”,18 che

16 G. Faramondi, “Alla ricerca dell’in se del Prefetto: uomo d’ordine o mediatore sociale ” Scritti in onore di Aldo Buoncristiano – Rubettino 2008. In questo periodo si assiste all’assunzione di fatto, di nuove funzioni da parte dei prefetti: si citano, ad esempio, gli interventi del prefetto di Roma in materia di traffico, di assunzioni al Policlinico Umberto I, di gestione degli immobili degli istituti assicurativi; l’attività mirata del prefetto di Milano in attuazione del progetto “efficienza della pubblica amministrazione”; gli interventi del prefetto di Bologna relativi all’Ufficio di assistenza al cittadino; infine ai numerosi risolutori interventi di tutti i prefetti per mediare numerose conflittualità di lavoro e sociali. 17 L. 1° aprile 1981, n. 121 riguardo alla posizione del prefetto in materia di pubblica sicurezza; D.Lgs. 6 settembre 1989, n. 322, istitutivo del Sistema Statistico Nazionale, che affida al prefetto il coordinamento a livello provinciale di tutte le fonti pubbliche preposte alla raccolta ed elaborazione di dati statistici; L. 12 giugno 1990 n. 146, in materia di esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali; L.28.2.1990, n. 39, art. 7, in materia di espulsione degli extracomunitari; L. 26 giugno 1990, n. 162, in materia di stupefacenti L. 12 luglio 1991, n. 203, art 17, istitutiva del Comitato provinciale della pubblica amministrazione; L. 22.7.1991, n. 221, art 1, riguardante le attività mafiose negli enti locali. Le citate leggi non rilevano tanto per gli specifici poteri conferiti al prefetto (espulsione dello straniero, precettazione in tema di sciopero etc.), quanto per l’attribuzione al prefetto del fondamentale compito di impulso, mediazione, coordinamento di tutti i soggetti chiamati ad intervenire sulla tematica.

18 Il rapporto prende il nome da Libero Mazza, allora prefetto di Milano, riguardo ad uno scontro, avvenuto in quel capoluogo, tra manifestanti del movimento studentesco e la polizia nel 1970; in tale circostanza si verificò la morte di un giovane. Il 22 dicembre 1970, il prefetto mandò al Ministro 11 costituisce un ulteriore approccio concreto, dimostrativo della capacità del prefetto di saper guardare dentro la realtà del suo territorio in modo obiettivo ed equilibrato, pervenendo anche a valutazioni circa le previsioni sull’evolversi di determinate patologie sociali - nel caso di specie - di fenomeni eversivi. Dal rapporto Mazza emergono le doti che da sempre si richiedono ai prefetti, vale a dire la preveggenza e la capacità di utilizzare al meglio gli strumenti a disposizione, affinando i sistemi informativi e prevenendo o disinnescando le tensioni sociali nei limiti del possibile, in piena collaborazione con i governi locali, nel rispetto delle autonomie.

Nel nuovo modello ordinamentale incentrato sul pluralismo autonomistico, la funzione del prefetto assume una duplice configurazione: esercitare il coordinamento dell’attività amministrativa degli uffici periferici dello Stato - alla luce delle funzioni che gli derivano dal D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300 - a seguito dell’istituzione degli Uffici Territoriali di Governo, nonché assicurare la leale collaborazione da parte dei predetti uffici nei confronti degli enti locali.

Con la riforma del titolo V della parte II della Costituzione, il richiamato principio di leale collaborazione trova formale consacrazione. Il rispetto di tale principio – come si approfondirà in seguito – 19va assicurato nella governance del territorio attraverso l’azione del prefetto, che può intervenire nei confronti delle amministrazioni periferiche dello Stato al fine di evitare pregiudizi alla qualità dei servizi resi alla cittadinanza. Lo Stato centralizzato è diventato Stato delle autonomie e, quindi, il nuovo

dell’Interno Restivo il famoso rapporto - pubblicato, benché documento riservato - sui giornali nell’aprile del 1971- in cui si fa il punto della situazione e si attribuisce una schiacciante superiorità numerica agli estremisti di sinistra. In particolare, comincia a prospettarsi la teoria degli opposti estremismi, di cui poi si sarebbe parlato a lungo, e si paventa il rischio di un’insurrezione armata contro lo Stato. Si prefigurano, quindi, pericoli che in seguito si sarebbero rivelati effettivi, derivanti dalla crescita di quei movimenti che ”sono preventivamente rivoluzionari, propugnano la lotta al sistema e si prefiggono di sovvertire le istituzioni democratiche consacrate dalla Carta costituzionale attraverso la violenza organizzata”. Giovanna Tosatti, dagli atti del convegno tenutosi a Lecco il 30 settembre 2011 sul tema“I prefetti nell’Italia unita”.

19 Vedi infra capitolo 3.

12 centro non è più la burocrazia ministeriale, ma la periferia dove pulsa il cuore dei problemi.20

Nella rapida descrizione di circa due secoli di storia e nel susseguirsi di importanti eventi che hanno profondamente mutato il nostro Paese, il cui orizzonte ormai guarda ad una realtà più complessa riferita al contesto europeo, la duttile figura del prefetto rimane l’elemento costante che accompagna, quale sicuro punto di riferimento, i vari processi di cambiamento grazie ad una peculiarità insita nel suo DNA: lo stretto legame col territorio di cui egli è fedele interprete perché ne ha approfondito la conoscenza in ogni suo dettaglio, perché è quello il punto di partenza della sua mission.

Quanto significato ha la raccomandazione, sempre attuale, rivolta ai funzionari prefettizi in uno dei primi corsi di formazione: “Quando arrivate in una provincia, cominciate a guardare la cartina geografica, leggete la storia di questa parte del Paese, ma soprattutto uscite dagli uffici: siate un cittadino fra i cittadini”.21

20 A tale proposito, P. Padoin (in “I prefetti e la riforma della Pubblica Amministrazione” ” Scritti in onore di Aldo Buoncristiano – Rubettino 2008) ricorda un importante concetto espresso dal Presidente Cossiga, nel 1985, il quale affermò che “ogni autorità politica, per decidere, deve conoscere i problemi in ogni loro dimensione, ma deve anche sapere come i problemi sono avvertiti, sentiti, vissuti, sofferti dalla comunità e dai singoli. Rappresentare all’autorità politica con schiettezza la realtà del Paese è il compito che i Prefetti si devono assumere”. 21S. Sepe “ Per una Storia del Ministero dell’Interno” in “Studi per la storia dell’Amministrazione pubblica italiana (Il Ministero dell’Interno e i Prefetti)”, in Quaderni della SSAI, n. 7/1998. La citata raccomandazione fu rivolta ai funzionari della carriera prefettizia nel 1956, dall’allora direttore del personale Adolfo Memmo.

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CAP. 2 IL TERRITORIO, LE SUE PECULIARITA’ ED I RIFLESSI SULLE MODALITA’ DI INTERVENTO DEL PREFETTO

L’analisi dell’evoluzione storica delle interconnessioni tra prefetto e territorio ha evidenziato come la funzione della prefettura ed il ruolo del prefetto siano variati nel tempo, partendo dall’originario obiettivo di perseguimento dell’unitarietà politica, amministrativa e sociale del Paese sino a giungere all’attuale funzione di garanzia dei diritti costituzionali primari dell’individuo, di attuazione del principio di sussidiarietà verticale ed orizzontale e di leale collaborazione tra le diverse componenti della Repubblica.

Deve ora procedersi a chiarire la nozione di “territorio”.

Tale concetto, infatti, non è affatto univoco e pacifico, ma deve essere definito e precisato, in quanto va correlato con l’ istituto prefettizio.

“ Prefettura” e “territorio”, invero, sono concetti così connessi e contigui che in altri ordinamenti finiscono con il coincidere, al punto che la nozione di “prefettura” individua una circoscrizione amministrativa territorialmente definita, e cioè un’entità geografica22.

In Italia, invece, con il termine prefettura si indica non un’entità geografica ma amministrativa, e cioè l’ente periferico del Ministero dell’interno cui è preposto un prefetto, il quale esercita le sue funzioni in un’area che coincide con quella dell’ente provincia.

L’esistenza di una nozione di prefettura nel nostro ordinamento differente rispetto a quella di altri non fa tuttavia venir meno il legame esistente tra la stessa ed il relativo territorio.

Il “territorio”, infatti, non costituisce solo un ’“ambito di esercizio di funzioni”. Esso ricomprende tanto le istituzioni di una certa zona che la società civile, giungendo sino a definire i rapporti tra la funzione del prefetto e le peculiarità storiche,

22 E’ il caso della Cina, in cui per prefettura si intende una suddivisione di secondo livello; o del Giappone, in cui è una ripartizione del territorio regionale. In Francia, invece, la prefettura è sia l’ente periferico del Ministero dell’interno che fa capo ad un prefetto che il capoluogo di un Dipartimento. 14 geografiche, ambientali, sociali, produttive, artistiche, e persino eno-gastronomiche di una data area e delle sue popolazioni.

Le “interconnessioni tra il prefetto ed il territorio” sono quindi molteplici ed estremamente articolate, in quanto indicano i legami tra la storia, le tradizioni socio- culturali e la realtà economica di una certa area ed il prefetto.

Le funzioni prefettizie, infatti, come si è già visto nella parte storica, non sono una “variabile indipendente dal territorio”, in quanto non si esauriscono nella mera assegnazione di una competenza da parte di una norma di legge, ma vivono in esso e necessitano perciò di modalità attuative che ne rispettino le peculiarità, la storia e le tradizioni.

In tale modo si evita che il territorio rappresenti il mero precipitato di azioni di governo calate dall’alto.

Pertanto, se l’attribuzione di una competenza da parte di una norma di legge necessita di attuazione in tutto il Paese, è però anche richiesto l’esercizio di una sensibilità che garantisca il rispetto delle differenti realtà e peculiarità territoriali.

Il prefetto è quindi chiamato a garantire che le direttive che provengono dal centro siano realizzate tenendo conto delle risorse economiche e finanziarie degli enti locali e siano funzionali al tessuto economico-produttivo locale.

Venendo ora alle singole peculiarità di un territorio, si ritiene opportuno che l’esame debba essere avviato partendo dalle radici storiche di una certa zona, in quanto sono le vicende del passato quelle che per prime caratterizzano un’area, ne connotano le istituzioni e caratterizzano il sentire e la vita dei suoi abitanti.

Pertanto la storia di un territorio è il primo elemento che deve essere conosciuto da parte del prefetto, in quanto questi nelle relazioni istituzionali si trova quotidianamente a vivere quella storia e quel passato e a doverne tenere conto nelle funzioni di rappresentante della Repubblica, in modo da poter comprendere le ragioni di

15 una spiccata sensibilità delle popolazioni in ordine a determinate tematiche e le divisioni politiche che intorno a tali tematiche esistono.23

Altro elemento che poi caratterizza il territorio e lo connota è quello delle tradizioni di una data comunità.

Il corretto esercizio delle funzioni prefettizie non può infatti non tenere conto di queste tradizioni locali, nonché delle manifestazioni e degli eventi culturali che le celebrano, pena l’apparire estraneo al territorio stesso o lontano interprete dalle funzioni di “rappresentante della Repubblica”.24

Va tuttavia sottolineato che la sola conoscenza della storia e delle tradizioni non rappresentano elementi che da soli consentono un adeguato svolgimento delle funzioni di rappresentante della Repubblica, essendo richiesto al prefetto uno sforzo che trascende la semplice conoscenza di quel territorio e si estende alla promozione ed al supporto.

Come già evidenziato nel precedente capitolo, il prefetto ha saputo ritagliarsi un ruolo unico nell’ordinamento proprio grazie alla capacità di saper andare oltre alle funzioni meramente “notarili” o “burocratiche” assegnate dalle norme, facendosi interprete delle istanze della popolazione e promotore di iniziative a supporto delle comunità, delle istituzioni e dei gruppi locali.

Le funzioni legate al territorio svolte dal prefetto non sono infatti solo quelle “tipiche” o “normate” ma soprattutto quelle “atipiche”, cioè quelle non direttamente previste da una norma di legge, ma poste in essere quale organo di chiusura e di cerniera dell’ordinamento o rientranti nel “marketing territoriale” o nel “marketing sociale”.25

23 Un esempio è dato dal “Giorno del Ricordo” nel Friuli Venezia Giulia, regione che ha direttamente vissuto il dramma delle foibe, dell’occupazione partigiana jugoslava, e dell’esodo di oltre trecentomila istriani e dalmati dopo il secondo conflitto bellico, e nella quale la Festa della liberazione del 25 aprile segna proprio l’inizio del periodo di occupazione delle milizie titine.

24 Un esempio è quello del Palio, ma vi sono anche le Feste patronali e altre manifestazioni locali, come la Festa di S. Rosa a Viterbo; la Festa del Redentore a Venezia; la Festa della Colombina a Firenze.

25 Vedi infra capitolo IV

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Le funzioni atipiche costituiscono, infatti, la cartina di tornasole della capacità del prefetto nel sapersi relazionare col territorio, anche quale problem solver.

Sono numerosi i settori in cui tale ruolo emerge in connessione con il territorio.

Tra quelli di maggior rilievo vi è, ad esempio, lo sport, che rappresenta ai nostri giorni uno dei principali aspetti che caratterizza la vita di un territorio ed incide sulle funzioni del prefetto per diverse ragioni.

In primis per il seguito popolare che le vicende di una squadra cittadina possono avere,26 o per il fatto che nella provincia si svolge un evento di grande rilievo internazionale o addirittura mondiale,27 o ancora perché in quel territorio vi sono stabilimenti che producono un determinato marchio legato allo sport, 28 o infine per gli effetti economici e mediatici che produce sul territorio un particolare evento sportivo. 29

In tutte queste circostanze il prefetto è preposto in via prioritaria a garantire l’ordinato svolgimento della manifestazione sportiva e ad evitare turbative alla sicurezza pubblica. Egli è tuttavia chiamato anche ad avere un ruolo attivo, agendo per la soluzione di problemi che possono emergere nell’organizzazione di un certo evento o per favorire delle ricadute economiche a favore del territorio.

Lo sport, infatti, non rileva solo per il seguito e la popolarità che può incontrare nella cittadinanza, ma anche per le conseguenze economiche che produce.

Intorno ad ogni manifestazione sportiva ruotano invero numerosissimi interessi, da quelli delle sponsorizzazioni a quelli del circo mediatico-pubblicitario, dagli interessi legati alle scommesse sportive al maggior afflusso turistico conseguente ad una

26 Un esempio è quello del seguito che hanno sul territorio le vittorie della locale squadra cittadina impegnata in un campionato nazionale o in una competizione europea (come Siena nel basket; Trento nella pallavolo; Udine nel calcio).

27 Come lo svolgimento di una tappa del Giro d’Italia o una gara del campionato di Formula 1 a Monza o a Imola.

28 Gli stabilimenti della Ferrari sul territorio di Modena, o a Bologna quelli della Ducati.

29 Come una gara di coppa del mondo di sci a Courmayer; una regata di Coppa America a Napoli o a Trapani; manifestazioni veliche, come la Barcolana a Trieste, la quale attira oltre duemila imbarcazioni ed è la più grande regata del Mediterraneo. 17 importante manifestazione sportiva, che genera un aumento delle vendite dei prodotti locali e maggiori incassi per negozi, alberghi, ed esercizi pubblici.

Lo sport, peraltro, è un elemento che può favorire la creazione di una sorta di “affinità empatica” tra il territorio ed il prefetto - magari per il solo fatto che questi è un appassionato praticante di quello sport così diffuso – facendo percepire quest’ultimo come parte integrante della comunità.

Oltre allo sport, però, vi sono diversi altri aspetti e peculiarità del territorio che interagiscono e sono connesse con le funzioni del Prefetto.

Un esempio è quello delle produzioni e delle specificità eno-gastronomiche, non solo per i riflessi economici che ne derivano, ma anche per la capacità di richiamo turistico e che rendono famosa una certa località.30

In tal senso rientra nella funzione di rappresentanza istituzionale non solo il presenziare alle manifestazioni - così testimoniando la vicinanza dello Stato a quel territorio - ma anche il contribuire in altre e diverse forme alla diffusione dei prodotti tipici in ambito nazionale, promuovendo la collaborazione tra i produttori, le pro loco, gli enti turistici ed operando in sinergia con gli amministratori locali.

Altra peculiarità territoriale è il patrimonio artistico ed architettonico che arricchisce una certa zona.

Il nostro Paese ha infatti un immenso patrimonio di opere d’arte, spesso non conosciute ed adeguatamente pubblicizzate, che lo impreziosiscono e che non solo ne celebrano il passato e la civiltà, ma possono anche rappresentare un fattore di sviluppo e di richiamo turistico.

Tra le funzioni del prefetto in questo settore vi è non solo quella di cooperare nell’opera di conservazione e di salvaguardia dei tesori artistici insieme ai

30 E’ il caso delle produzioni vitivinicole di territori come la Franciacorta, il Chianti, il Collio, la zona di Cirò, che sono famose in tutto il mondo. Nel settore alimentare, poi, sono numerosissime le località famose per prodotti come la pasta di Gragnano; il pane di Altamura; i pizzoccheri della Valtellina; il tartufo d’Alba etc..

18 sovrintendenti, ma anche di sostenere le iniziative volte a promuovere le ricchezze artistiche dell’area e di renderle fruibili da parte del maggior numero di turisti, in modo da contribuire allo sviluppo del territorio stesso.

Il prefetto potrà perciò farsi promotore e sostenere, d’intesa con i sovrintendenti, mostre destinate a raccogliere i capolavori artistici presenti nella provincia; promuovere iniziative volte a stimolare il Ministero per i beni culturali nell’attività di restauro; ovvero, in caso di carenza di risorse pubbliche, promuovere iniziative di sensibilizzazione volte a reperire finanziamenti privati destinati al restauro ed alla conservazione dei beni artistici ed architettonici.

Altra peculiarità del territorio è quella dell’ambiente, del paesaggio e delle bellezze naturali, che rappresenta un altro motore dei flussi turistici.

Il ruolo del prefetto in questo settore è quindi di importanza fondamentale. Egli, infatti, svolge in primis una azione di salvaguardia e tutela dell’ambiente naturale, impartendo direttive alle Forze dell’ordine in modo da contrastare possibili fenomenologie criminali, come gli incendi dolosi boschivi o l’abusivismo edilizio.

Tuttavia, oltre alla funzione di salvaguardia, spettano al prefetto anche attività di promozione del patrimonio ambientale naturale, in collaborazione con gli amministratori locali.

Altre peculiarità del territorio che possono interagire con le funzioni del prefetto sono quelle rappresentate dalle manifestazioni artistiche, letterarie, teatrali, cinematografiche, della moda.31

Tutte queste manifestazioni, artistiche e di costume rappresentano non solo degli eventi culturali di grande importanza - che richiamano l’attenzione delle televisioni di tutto il mondo, dei giornali, delle riviste per l’evento che vi si tiene - ma anche delle vetrine per le città che ospitano l’evento, e pongono al centro dell’attenzione del pubblico nazionale ed internazionale quel territorio.

31 Ad esempio con eventi come il Festival del Cinema di Venezia e di Roma; o la Stagione lirica dell’Arena di Verona, la Biennale di Venezia e la Quadriennale d’Arte di Roma; o manifestazioni popolari come il Festival di Sanremo. 19

Perciò, anche in questo tipo di manifestazioni il ruolo del prefetto non è solamente quello di garantire l’ordinato svolgimento dell’evento, ma di contribuire in modo atipico al buon esito della manifestazione stessa, intervenendo per superare possibili inconvenienti o risolvere criticità che dovessero emergere nella fase organizzativa o in quella della manifestazione stessa.

Il territorio, tuttavia, non è costituito solo da elementi storici, ambientali, eno- gastronomici, sportivi, artistici, architettonici, o di costume, ma dal tessuto istituzionale di una certa area geografica, e cioè dai sindaci, dagli amministratori locali, dai dirigenti delle amministrazioni periferiche dello Stato, ma anche dalla società civile, dalle realtà religiose, dal mondo produttivo e delle organizzazioni sindacali, del mondo dell’università, della ricerca e della scienza.

Il territorio è composto, quindi, anche dalla rete di relazioni esistente tra le diverse realtà istituzionali, sociali, economiche e scientifiche di una certa area.

Il prefetto è pertanto parte importante di questa componente territoriale, e può svolgere una funzione fondamentale nella riallocazione del territorio quale neo- baricentro dell’azione dei pubblici poteri.

Infatti, l’essere “istituzione del territorio” ed allo stesso tempo “articolazione periferica di un’amministrazione centrale” permette al prefetto di porre in essere quella inversione di tendenza da molte parti auspicata, e consistente nell’abbandono del concetto tradizionale di territorio come “oggetto” dell’esercizio del potere, bensì come “soggetto” del cambiamento. 32

In quest’ottica il territorio non è più il mero luogo di esercizio delle competenze, cioè del “chi fa cosa”, ma il luogo da cui si sviluppano le richieste volte ad assecondare le esigenze della comunità locale e delle sue istituzioni, per cui l’esercizio delle funzioni è subordinato a tali esigenze e si conforma alle stesse, così invertendo il tradizionale processo che vede le funzioni “calate” dall’alto.

32 Così Andrea Piraino, in Tavola rotonda conclusiva del “Master in gestione del Territorio” presso la SSAI, intitolata: “Il territorio come rete di governo. Prospettive, sfide, criticità”- Roma, 17 febbraio 2012. 20

In questa inversione di prospettiva il prefetto può rappresentare il motore di un sistema di governance che parte dai comuni - come enti esponenziali delle comunità territoriali e rappresentativi dei bisogni di queste - ed arriva al governo centrale.

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CAP. 3 LA GOVERNANCE DEL TERRITORIO

3.1 Dal government alla governance: la funzione prefettizia in un sistema amministrativo multipolare.

Governare il territorio non significa soltanto “amministrarlo” ma organizzarlo in funzione di un’idea di crescita e di comunità.

Da tempo si propone la riflessione sul ruolo effettivo della Pubblica Amministrazione all’interno dei percorsi di sviluppo del territorio. E’ un tema cruciale poiché appare ormai chiaro che le Pubbliche Amministrazioni rappresentano lo snodo centrale per avviare in maniera “sistemica” il rilancio del tessuto produttivo ed economico. Questo passa inevitabilmente attraverso la riaffermazione del principio della coesione sociale declinato nelle diverse tipologie delle identità locali. Una sorta di “abito su misura” che deve tenere conto della realtà del territorio in cui si agisce. Il tema richiama il processo di riconfigurazione delle politiche pubbliche che, abbandonato il modello originario, accentrato e piramidale, si muove verso il potenziamento dei poteri locali regionali e territoriali, mirando al rafforzamento della partecipazione delle organizzazioni della società civile e della cittadinanza, stimolando e promuovendo il confronto con le istituzioni per realizzare obiettivi comuni.

Si assiste, in buona sostanza, al graduale passaggio da una logica gerarchica che rende lo Stato regolatore sovraordinato agli altri soggetti (government) a una forma di “governo in rete” della cosa pubblica che chiama in causa tutti gli attori – pubblici e privati - a vario titolo interessati (governance) 33.

33 La storia del termine governance (direzione, dominio) vede la sua iniziale diffusione all’interno del settore privato, contrariamente al termine government che è riferito per lo più all’attività di governo pubblico; assume infatti il nome di corporate governance la gestione operativa strategica delle aziende private, alla quale partecipano i principali azionisti. Nell’uso che è andato assumendo nel dibattito sulle politiche pubbliche in Italia dai primi anni ’80 esso è stato opposto al termine government per intendere l’attività di governo di un territorio o di un’organizzazione che deriva dal concorso delle iniziative e delle attività messe in campo da tutte le componenti sociali che caratterizzano quel territorio (od organizzazione). In generale, il concetto di governance richiama un modello di gestione delle relazioni basato sui principi della collaborazione, della condivisione, del consenso e del coordinamento. Si tratta, in sintesi, di un modello di gestione dei processi di programmazione in cui l’efficacia dell’azione pubblica dipende non solo dalla attività tipicamente politico-amministrativa ma deriva dal raccordo tra attori istituzionali e attori sociali e dalla loro capacità di condividere obiettivi e cooperare per raggiungerli. 22

Col termine governance, dunque, intendiamo il processo di elaborazione, determinazione, realizzazione e implementazione di politiche condotto secondo criteri di concertazione e di partenariato tra soggetti pubblici e soggetti privati. Essa costituisce una forma avanzata ed evoluta di gestione della complessità, una gestione rappresentativa della capacità dei diversi attori di coordinare le proprie strategie di intervento e di condividere la conoscenza necessaria per progettare insieme azioni di sviluppo condivise con un approccio orientato al problem solving.34

Il nostro ordinamento si muove chiaramente in questa direzione.

Sin dagli inizi degli anni ’90, infatti, con l’approvazione delle leggi n. 142/90 e n. 241/90, ha preso avvio una grande stagione riformatrice, che, passando per la fase evolutiva che va sotto il nome di “federalismo amministrativo a Costituzione invariata”, è giunta alla riforma del Titolo V della Costituzione. Un passaggio dirompente che rappresenta il punto di approdo del processo di attuazione della “Repubblica delle Autonomie” e che vede nel nuovo testo dell’articolo 114 della Costituzione la creazione di una nuova statualità, definita prudentemente da certa dottrina come la possibile via italiana al federalismo.

Con la riforma del Titolo V la pari dignità tra lo Stato e gli enti territoriali, ai vari livelli, ha trovato un fondamento costituzionalmente riconosciuto, per cui si è passati da un sistema gerarchico ad un sistema equiordinato. Una delle novità più rilevanti introdotte dalla riforma, oltre a quella della pari ordinazione e rilevanza di Stato ed autonomie locali come componenti della Repubblica, è quella contenuta nell’art. 118 Cost. che ha stabilito, come regola generale, che “le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni, salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario

34 Un passaggio fondamentale, nella elaborazione di un concetto condiviso di governance territoriale, viene dalla definizione enunciata nel Libro bianco sulla governance europea pubblicato dalla Commissione europea il 5 agosto 2001: “ il concetto di governance designa le norme, i processi e i comportamenti che influiscono sul modo in cui le competenze sono esercitate a livello europeo, soprattutto con riferimento ai principi di apertura, partecipazione, responsabilità, efficacia e coerenza.” 23 siano conferite alle Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza”.35

Ancorché si sia in presenza di una pluralità di soggetti, ciascuno dei quali titolare di un settore differenziato di competenze, lo stesso principio di sussidiarietà deve assumere una connotazione dinamica e coinvolgere una complessa rete di accordi, di intese, di attività concertative: in breve, la sussidiarietà deve coniugarsi con un altro principio che è quello di leale collaborazione. Il principio in discorso che, a ben guardare, costituisce l’effetto naturale dell’organizzazione pluralistica dello Stato, pone un obbligo di cooperazione e di coesione tra i vari soggetti pubblici: sotto il profilo pratico, siffatto obbligo si traduce in un metodo di lavoro che privilegia l’interazione, lo scambio, l’intesa e, se possibile, l’utilizzo in comune di risorse, in vista del raggiungimento di un fine condiviso.

Il nuovo modello policentrico, che esalta l’identità e la capacità di autonomia del singolo ente territoriale, pone inderogabilmente la questione della governabilità e della coesione territoriale, sociale e istituzionale a salvaguardia del fondamentale equilibrio costituzionale dei poteri, delle funzioni e dell’identità unitaria dei valori di cui la Repubblica nel suo complesso è espressione. E’, quindi, indispensabile una cerniera istituzionale in grado di garantire, grazie soprattutto alla conoscenza storica delle istituzioni e del territorio, il rispetto della legalità nel supremo interesse dello Stato unitario.

In realtà, ben prima che il concetto stesso di governance venisse delineato, pur in un’architettura ordinamentale informata a rigidi principi autoritativi e in carenza di specifiche attribuzioni normative, il territorio ha sempre conosciuto un soggetto che si assumesse la responsabilità di guidare i processi con un ruolo attivo, di stimolo e di leadership, mediando tra interessi contrastanti e contribuendo a portare infine a soluzione problematiche locali.

35 Il principio di sussidiarietà, di derivazione comunitaria, postula che l’ente pubblico che è più vicino, territorialmente parlando, al bisogno pubblico, è quello che per primo deve intervenire, essendo l’ente che meglio degli altri conosce tale bisogno della cui soluzione, prima degli altri, deve farsi carico. Se non interviene, perché non lo sa fare o non lo può fare, in sostituzione di esso, sono chiamati, via via, gli altri enti pubblici territorialmente più lontani. 24

Questo è stato, fin dalla sua ormai bicentenaria istituzione, uno dei ruoli principali che il prefetto ha saputo interpretare, guadagnandosi sul campo, con gli sforzi profusi, la visione di largo respiro e la capacità di aggregare consenso intorno a soluzioni condivise, un’autorevolezza che ne ha costituito, e ne costituisce, il tratto distintivo presso le comunità in cui egli presta la sua opera.

Quell’antica azione di governance - codificata di recente anche nel D.P.R. n. 180 del 200636, che ha attribuito formalmente al prefetto il compito di promuovere la leale collaborazione interistituzionale e il coordinamento tra enti - rappresenta oggi una delle più significative missioni che l’istituto è chiamato a realizzare nella Repubblica delle Autonomie37. E’ una funzione che il prefetto, rappresentante del Governo sul territorio, espressione dello Stato a diretto contatto con la comunità locale, è chiamato a svolgere, tutelando e promuovendo, come un bene proprio della democrazia, la coesione sociale che è condizione indispensabile per un corretto e adeguato sviluppo economico.

Tale ruolo il prefetto ha svolto - e continua a svolgere - grazie a caratteristiche che gli sono proprie: elevata professionalità e capacità di analisi, terzietà della posizione, ricerca dell'equilibrio complessivo del sistema, interpretazione fedele delle esigenze e dei bisogni dei cittadini, attitudine al dialogo ed alla mediazione.

Si tratta di attività, anche informali, di mediazione e raccordo nei rapporti con associazioni, sindacati, ordini professionali, organizzazioni di categoria, comitati, gruppi e finanche singoli cittadini, che costituiscono insieme un modello di governance

36 D.P.R. 3 aprile 2006, n. 180 – “Regolamento recante disposizioni in materia di Prefetture-Uffici territoriali del Governo, in attuazione dell’art. 11 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni.” L’art. 1, comma 2, in particolare, dispone: Ferme restando le proprie funzioni, la Prefettura, avvalendosi anche delle Conferenze permanenti, di cui all'articolo 4, assicura: a) il coordinamento dell'attivita' amministrativa degli uffici periferici dello Stato sul territorio; b) la leale collaborazione degli uffici periferici dello Stato con i diversi livelli di governo esistenti sul territorio.

37 Nel complesso nuovo quadro di rapporti, l’antica connotazione prefettizia legata al coordinamento di soggetti diversi e della funzione di rappresentanza è stata riproposta e formalizzata dal legislatore anche all’art. 10 della L. n. 131/2003. In particolare, il comma 1 prevede che, in ogni Regione a statuto ordinario, il prefetto preposto all’Ufficio territoriale del Governo avente sede nel capoluogo regionale svolge le funzioni di rappresentante dello Stato per i rapporti con il sistema delle autonomie. In tale quadro, assume un’importanza fondamentale la considerazione che il rappresentante dello Stato sia chiamato a svolgere un’ampia gamma di attribuzioni anche attraverso le conferenze di cui all' art. 11 del D.Lgs. n. 300/99. 25 territoriale. Modello di governance di assoluta importanza e utilità nel nuovo contesto ordinamentale, cui si chiede di rispondere positivamente alle potenziali conflittualità di cui è portatore un sistema che prevede la coesistenza sul territorio di una molteplicità di poteri operanti in posizione di equiordinazione, e che pertanto abbisogna di istituzioni e di sedi che, favorendo il confronto dialettico tra i diversi attori, e fra questi e lo Stato, siano in grado di rispondere alle istanze ed alle esigenze territoriali in un quadro di riferimento unitario, assicurando al tempo stesso coesione sociale e ordinato vivere civile.

3.2 Governance “multivello”: conferenza permanente

Come sopra delineato, il Ministero dell’interno svolge, da sempre, compiti di interesse generale per la collettività, sia al centro sia in ambito periferico, nei “territori”38, in primo luogo attraverso i prefetti. Tra la fine degli anni novanta e i primi anni del duemila sono stati ridefiniti gli assetti istituzionali, in attuazione di un disegno finalizzato alla configurazione di un nuovo modo di “essere” e di rappresentare lo Stato, anche sul territorio. In questo nuovo quadro, si delinea una riconfigurazione del ruolo del prefetto e del rapporto tra quest’ultimo ed i diversi livelli di governo che svolgono, anch’essi, la propria azione sui “territori”. Il prefetto si pone, quindi, ancora più vicino ai cittadini, che dal territorio traggono la propria identità, in primo luogo sociale e culturale. Tale ruolo “di prossimità” diventa, infatti, sempre più rilevante in un contesto, quale quello attuale, di minori sicurezze, in primo luogo sotto il profilo economico e, quindi, sociale, dei cittadini, che cercano risposte alle loro legittime aspettative, proprio da parte dei responsabili della cosa pubblica. Lo Stato – al centro come in periferia – vuole diventare più “leggero” negli apparati ma più influente ed efficace nell’azione concreta. Lo Stato, quindi, “meno forte ma più forte”, mette da parte la vecchia “veste” di potere autoreferenziale preoccupandosi, invece, di svolgere azioni concrete per la crescita sociale e la difesa di

38 I “territori” sono, qui, volutamente indicati al plurale per evidenziare le differenze e le peculiarità di ciascun contesto in cui i prefetti operano. 26 una civile convivenza, “più autorevole nel sollecitare e nel sostenere i Governi locali e regionali nell'assolvimento della loro delicata missione istituzionale, più consapevole del nuovo ruolo e della sua importanza in una società complessa connotata da una difficile globalizzazione” 39. In un ottica di “semplificazione” viene a convergere nella prefettura - che assume la denominazione di Ufficio Territoriale del Governo, in aggiunta alle ordinarie attribuzioni, tipizzate o meno - l’esercizio unitario delle funzioni (con talune eccezioni) spettanti allo Stato a livello periferico, in una prospettiva di razionalizzazione della rappresentanza generale del Governo sul territorio40. Non essendosi mai concretamente realizzato tale progetto, il legislatore ha ricalibrato la mission della prefettura, esaltandone la funzione di governance in relazione al nuovo assetto delle autonomie territoriali, mutandone nuovamente la denominazione in prefettura-Ufficio Territoriale del Governo41. Il riferimento della funzione statale ad un unico centro di imputazione viene quindi superato per lasciare spazio, in capo alla prefettura-UTG, alla funzione di garanzia per “l’esercizio coordinato dell’attività amministrativa degli uffici periferici dello Stato” e per “la leale collaborazione di detti uffici con gli enti locali”. Il principio della leale collaborazione, viene espressamente richiamato dalla Costituzione dove, a seguito della riforma del titolo V, è stato introdotto al fine di delimitare – unitamente al principio di sussidiarietà – la cornice entro cui è possibile per il Governo esercitare, in casi specifici, il potere sostitutivo nei confronti degli organi degli enti territoriali (art. 120 Cost.). Tale principio rappresenta, ormai, il criterio di riferimento – anche secondo costante giurisprudenza della Corte Costituzionale 42 - per

39 Considerazioni espresse dal Prefetto Mosca nel libro “Il prefetto”. Ed. Rubettino 2010.

40 Si tratta della prima formulazione dell’art. 11 del D.Lgs n.300/1999 in materia di Uffici Territoriali del Governo.

41 Il d.lgs. n. 29/2004 ha poi modificato l’art. 11 del D.Lgs n. 300/1999.

42 Secondo la Corte, infatti, “il principio di leale collaborazione deve presiedere a tutti i rapporti che intercorrono tra Stato e regioni: la sua elasticità e la sua adattabilità lo rendono particolarmente idoneo a regolare in modo dinamico i rapporti in questione, attenuando i dualismi ed evitando eccessivi irrigidimenti. La genericità di questo parametro, se utile per i motivi sopra esposti, richiede tuttavia 27 raggiungere un punto di equilibrio tra i diversi livelli di governo e di governance. Con esso, si intende riportare a coerenza un sistema che vede la valorizzazione delle autonomie, da una parte, e, dall’altra, la necessità che la Repubblica rimanga, comunque, una ed indivisibile (art. 5 Cost.). Ed è, in primo luogo, attraverso lo strumento della Conferenza provinciale permanente43 che si è inteso concretizzare l’azione di coordinamento e di mediazione del prefetto, assicurando il raccordo tra i diversi livelli di governo, a presidio delle esigenze di unità della Repubblica ed a garanzia della coesione sociale e territoriale, oltre che per la risoluzione pratica di questioni in cui le competenze statali e quelle delle autonomie territoriali sono interconnesse. Per le sue connotazioni di “stanza di compensazione delle tensioni scaturenti in ambito locale” nonché di “efficace centro di codecisione”, la Conferenza rappresenta, altresì, fonte di conoscenza per il prefetto in ordine alla realtà territoriale di riferimento nonché valido supporto per espletare la funzione di indirizzo dell’azione dei pubblici poteri verso le reali ed effettive esigenze della collettività, specifiche per ciascun territorio44. Nella pratica, lo strumento delle Conferenze permanenti ha consentito di convogliare, su tematiche di interesse dei singoli territori, l’impegno e le competenze dei diversi uffici ed organismi, spesso portando alla conclusione di protocolli operativi o all’istituzione di tavoli, anche tecnici, volti al raggiungimento materiale di determinati

continue precisazioni e concretizzazioni. Queste possono essere di natura legislativa, amministrativa o giurisdizionale” (sentenza n. 31/2006). Inoltre, secondo la Corte, i meccanismi di leale collaborazione vanno necessariamente previsti solo quando vi sia una concorrenza di competenze nazionali e regionali, ove non possa ravvisarsi la sicura prevalenza di una materia sull’altra (sentenze n. 88/2009, n. 231/2005 e n.33/2011).

43 L’art. 11 del D.Lgs. n. 300/1999, come modificato dall’art. 1 del D.Lgs. n. 29/2004, disciplina la conferenza provinciale permanente, presieduta dal prefetto e composta dai responsabili di tutte le strutture amministrative periferiche dello Stato che svolgono la loro attività nella provincia nonché da rappresentanti degli enti locali. A livello regionale, la conferenza permanente – presieduta dal prefetto capoluogo di regione - è composta dai rappresentanti delle strutture periferiche regionali dello Stato, alla quale possono essere invitati i rappresentanti della regione.

44 Vedi relazione del prefetto Penta al Convegno ANFACI del 2006 dal titolo: Organizzazione degli uffici centrali di livello dirigenziale e nuovo ordinamento delle Prefetture UTG”.

28 obiettivi (es. istituzione di reti telematiche provinciali, vigilanza su aziende per prevenzione dei rischi sul lavoro, sensibilizzazione contro le stragi del sabato sera, ….). La “forza” di tale strumento risiede nella tradizionale capacità dei prefetti di “stare” nei territori in maniera “vigile” ed efficace comprendendo le istanze della collettività di riferimento e facendosi parte attiva per condurre le singole forze in campo, facendole confluire - agendo in squadra - verso una incisiva dinamica di al superamento delle criticità riscontrate attraverso un’azione condivisa. La conferma, implicita, della validità di tale strumento si rinviene nell’ambito del ddl di delega, in discussione al Parlamento (A.C. 4567), volto a semplificare il “sistema delle Conferenze”45, ed a creare – a livello centrale - un’unica sede di raccordo istituzionale, denominata “Conferenza permanente dei livelli di governo”, con riferimento ai Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e Stato46. Come enunciato dalla relazione illustrativa, il provvedimento vuole “far fronte alle esigenze di negoziazione e di mediazione politiche fra Governo e autonomie territoriali così come scaturiscono dal nuovo titolo V della parte seconda della Costituzione e dalla successiva giurisprudenza applicativa della Corte Costituzionale”, tenendo conto del “complesso interagire dei soggetti costitutivi della Repubblica”. Secondo il progetto in esame, la Conferenza permanente dei livelli di governo, per il raggiungimento dei propri obiettivi, può avvalersi delle Conferenze permanenti provinciali47. Ove tale disposizione fosse approvata, verrebbe ulteriormente rafforzato il tradizionale ruolo di coordinamento e di mediazione del prefetto ai fini di reductio ad unum della

45 “Sistema delle Conferenze” è una definizione utilizzata in dottrina per indicare la concertazione interistituzionale che si realizza tramite le Conferenze attualmente disciplinate dalla legge: Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province di Trento e Bolzano (D.P.C.M. 12/10/1983, art. 12, L. n. 400/1988, D.Lgs. n. 281/1997, D.Lgs. n. 418/1989); Conferenza Stato-Città-Autonomie locali (D.P.C.M. 2 luglio 1996, D.Lgs. n. 281/1997); Conferenza unificata (art. 8, D.Lgs. n. 281/1997).

46 L’art. 1, comma 1, del disegno di legge definisce la Conferenza permanente dei livelli di governo “sede di confronto, concertazione e attuazione del principio di leale collaborazione tra i soggetti costitutivi della Repubblica ai sensi dell'articolo 114 della Costituzione, nonché di coesione e di integrazione delle politiche pubbliche, ferme restando le rispettive competenze”.

47 Artt. 1, comma 1, lett. s) rinvia, per la definizione di modalità di raccordo, a successivi provvedimenti attuativi.

29 complessiva azione di risposta delle istituzioni alle istanze del territorio. Infatti, la Conferenza permanente dei livelli di Governo – anche attraverso lo strumento delle Conferenze permanenti - dovrebbe rappresentare una sede “di coesione e di integrazione delle politiche pubbliche”, e di concreta applicazione del principio di “leale collaborazione” tra lo Stato e le autonomie territoriali48. Nel nuovo assetto costituzionale si avverte l’esigenza di assicurare un momento di sintesi del “sistema” Stato/autonomie, in parallelo a quanto avviene a livello centrale. La sempre maggiore spinta di cambiamento verso un sistema istituzionale a “rete”49, in cui i diversi livelli di governo sul territorio si tengono insieme e interagiscono sempre più fortemente, è alla base della discussione parlamentare in atto in ordine alla semplificazione dell’ordinamento regionale e degli enti locali, nonché in materia di trasferimento di funzioni amministrative. In tale contesto è, altresì, prevista una delega al Governo per la ridefinizione del ruolo e degli ambiti territoriali di competenza delle prefetture-UTG, con accorpamento delle strutture dell’amministrazione periferica dello Stato, le cui funzioni vengono conferite all’ufficio medesimo.

3.3 La governance nella sicurezza: patti per la sicurezza

Il progressivo decentramento amministrativo e il trasferimento di funzioni dallo Stato alle Regioni e agli enti locali50 hanno portato alla richiesta, da parte di questi

48 La Corte Costituzionale ha più volte espresso l’avviso secondo cui le Conferenze rappresentano una sede privilegiata per l’attuazione del principio di “leale collaborazione”. Secondo la Corte, allo stato della legislazione vigente, “il principale strumento che consente alle regioni di avere un ruolo nella determinazione del contenuto di taluni atti legislativi statali che incidono su materie di competenza regionale è costituito dal sistema delle Conferenze. Esso (…) realizza una forma di cooperazione di tipo organizzativo e costituisce una delle sedi più qualificate per l'elaborazione di regole destinate ad integrare il parametro della leale collaborazione” (da ultimo, sent. n. 401/2007). Inoltre, “lo strumento dell'intesa costituisce una delle possibili forme di attuazione del principio di leale cooperazione tra lo Stato e la regione e si sostanzia in una paritaria codeterminazione del contenuto dell'atto; intesa da realizzare e ricercare, laddove occorra, attraverso reiterate trattative volte a superare le divergenze che ostacolino il raggiungimento di un accordo, senza alcuna possibilità di un declassamento dell'attività di codeterminazione connessa all'intesa in una mera attività consultiva non vincolante” (sent. 21/2006).

49 Vedi, al riguardo, il cap.4.

50 Si richiamano, al riguardo, la L. n. 59/1997 e il D.Lgs. n.112/1998 nonché la riforma costituzionale del 2001, che ha modificato il Titolo V della parte seconda della Costituzione. In particolare, l’art. 118 Cost. prevede che la legge statale disciplini forme di coordinamento tra Stato e Regioni in materia di ordine 30 ultimi, di un più significativo ruolo nelle politiche della sicurezza urbana, in osservanza al principio di sussidiarietà e alla conseguente opportunità di allocare funzioni e poteri pubblici ai livelli istituzionali più vicini al cittadino. In particolare i sindaci, a partire dal 199351, hanno posto sempre più l’accento sull’esigenza di una maggiore partecipazione attiva nella governance della sicurezza urbana, con specifico riguardo a quei fenomeni di illegalità o degrado presenti sui rispettivi territori (es. prostituzione, abusivismo commerciale, impiego di manodopera irregolare, spesso straniera), percepiti quali fattori di criticità dalla collettività locale. In materia di sicurezza è, pertanto, progressivamente maturato il convincimento – a livello sociale e istituzionale - che azioni maggiormente integrate tra diversi livelli di governo, statale e locale, nel rispetto delle rispettive competenze, fossero necessarie accanto alle forme di collaborazione già codificate ed operative52. Nel 2007 veniva quindi avviato un progetto di riforma in tale settore che, non conclusosi per la fine anticipata della XV legislatura, è stato poi ripreso nell’ambito di un più ampio “pacchetto sicurezza”, approvato l’anno successivo. Con le disposizioni introdotte sono stati potenziati, nel rispetto delle prerogative statali, gli strumenti giuridici a disposizione del sindaco per migliorare la percezione della sicurezza nelle aree urbane53. In tale contesto, viene codificato il concetto di “sicurezza urbana”, inteso quale “bene pubblico da tutelare attraverso attività poste a difesa, nell'ambito delle comunità locali, del rispetto delle norme che regolano la vita pubblico e sicurezza che, ad esclusione della polizia amministrativa locale, sono materie assegnate alla legislazione esclusiva dello Stato (art. 117, c.2 lett.h), Cost).

51 Si tratta della L. n. 81/1993 recante “Elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale”, le cui disposizioni sono poi confluite nel D.Lgs. n. 267/2000, con cui è stato approvato il testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.

52 L’art. 20 della L. n. 121/1981 già prevedeva la partecipazione del sindaco del comune capoluogo e del presidente della provincia al Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica.

53 L’art. 6 del D.L.92/2008 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica) convertito, con modificazioni, dalla L. n. 125/2008, apporta modifiche all’art. 54 TUEL, sulle attribuzioni del sindaco nelle funzioni di competenza statale. In attuazione di tale disposizione il Ministro dell’Interno ha emanato il decreto del 5/8/2008. La Corte costituzionale, con sentenza 7 aprile 2011, n. 115, ha chiarito la portata del novellato art. 54 T.U.E.L., con riferimento alla possibilità, per i sindaci, di emanare ordinanze, anche contingibili ed urgenti, in materia di incolumità pubblica e sicurezza urbana.

31 civile, per migliorare le condizioni di vivibilità nei centri urbani, la convivenza civile e la coesione sociale”. Tra gli strumenti conferiti ai sindaci rileva, in primo luogo, la possibilità di emanare provvedimenti contingibili e urgenti, “al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana54. Il prefetto, a propria volta, quale cerniera istituzionale, riconduce ad una coerente unità la pluralità di azioni intraprese dai sindaci in caso di ripercussioni delle ordinanze su comuni limitrofi, anche attraverso la convocazione di un'apposita conferenza con la partecipazione di tutti i soggetti interessati, compreso il presidente della provincia. Nella nuova formula di “governance multilivello” della sicurezza viene, inoltre, in rilievo la capacità del prefetto di integrare e riportare ad unità il concorso - nel presidio dei territori - dei cittadini che, in forma associata e non armata, possono segnalare ai sindaci e alle forze di polizia situazioni di disagio sociale o turbative della sicurezza urbana 55. Si è cercato, infatti, di concepire, accanto alla tradizionale concezione della polizia di prossimità, “una polizia di comunità sull’esempio anglosassone, dove alcune funzioni di sicurezza secondaria siano affidati a soggetti diversi da quelli tradizionali”56. La configurazione di un rapporto ancora più stretto tra il sindaco e la comunità locale a seguito dell’introduzione dell’elezione diretta del “primo cittadino” – con il parallelo rafforzamento del ruolo e delle funzioni dello stesso - aveva già portato alla

54 La Corte costituzionale, con sentenza 7 aprile 2011, n. 115, ha chiarito la portata del novellato art. 54 T.U.E.L., con riferimento alla possibilità, per i sindaci, di emanare ordinanze, anche contingibili ed urgenti, in materia di incolumità pubblica e sicurezza urbana. L’ANCI, nella pubblicazione “Oltre le ordinanze: i sindaci e la sicurezza urbana” del marzo 2009, ha monitorato oltre 500 ordinanze, da cui è emerso che sono soprattutto i sindaci dei comuni di dimensioni medie – tra 50.000 e 100.000 abitanti - collocati nel Nord ovest ad aver assunto provvedimenti sul tema della sicurezza urbana.

55 La L. n.94/2009, all’art. 3, commi da 40 a 44, disciplina la facoltà per il sindaco, previa intesa con il prefetto, di avvalersi del concorso di associazioni volontarie di cittadini non armati con cui ha stipulato apposita convenzione, iscritte, previo parere del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, in un apposito elenco prefettizio. Il decreto attuativo del Ministro dell’interno dell’8 agosto 2009, specifica i requisiti richiesti alle associazioni dei cittadini, incaricate “di svolgere attività di mera osservazione in aree specifiche del territorio comunale”.

56 In tal senso si è espresso il “Documento programmatico dell’ANFACI”, elaborato in occasione del 48° Consiglio nazionale (Roma, 29 marzo 2008). 32 stipula, nel 1997, dei primi “patti per la sicurezza” tra i competenti organismi statali e gli enti locali, con la previsione di forme di collaborazione nel campo della sicurezza e della tutela della legalità. Tali patti non erano, tuttavia, riconducibili ad una visione generale unitaria e, pertanto, si è progressivamente avvertita l’esigenza di individuare obiettivi e principi che potessero fornire comuni linee di indirizzo ai soggetti sottoscrittori. Preliminarmente, il legislatore ha ritenuto di legittimare questi strumenti di collaborazione tra lo Stato e gli enti locali nel campo della sicurezza urbana, attraverso il riconoscimento di una “base” normativa. La legge finanziaria per il 2007 57ha, infatti, conferito al Ministro dell’interno e, per sua delega, ai prefetti, la possibilità di stipulare convenzioni con le regioni e gli enti locali – quali rappresentanti delle istanze di sicurezza delle collettività di riferimento - per realizzare “programmi straordinari” volti ad incrementare i “servizi di polizia, di soccorso tecnico urgente e per la sicurezza dei cittadini”. Tale innovazione nasce dalla consapevolezza che le politiche della sicurezza non possono prescindere dalla specificità delle singole realtà e, conseguentemente, anche al fine di accrescere la complessiva capacità di risposta delle istituzioni sul territorio, la definizione di priorità e di adeguate modalità d’intervento deve essere necessariamente il frutto di una stretta cooperazione tra il prefetto e le istituzioni locali. Sulla base delle disposizioni della legge finanziaria per il 2007, è stato successivamente stipulato il “Patto per la sicurezza tra il Ministero dell’interno e l’ANCI”, considerato un “accordo cornice” per l’implementazione di nuove azioni coordinate ed integrate sulle aree urbane da parte dei diversi livelli di governo58. Il fine è quello di realizzare una sinergia tra l’impegno dello Stato sul fronte dell’ordine e sicurezza pubblica – esercitato, in provincia, attraverso il coordinamento del prefetto – e quello dei sindaci, rappresentanti delle collettività locali, impegnati nella gestione dei fenomeni di disagio sociale e di degrado urbano. Ciò nella consapevolezza

57 L n. 296/2006, art. 1, comma 439.

58 Il “Patto” è stato stipulato il 20 marzo 2007 tra il Ministro dell’interno e il Presidente dell'Anci, Leonardo Domenici. Nell'ambito di questo accordo cornice è stata, altresì, sottoscritta un'intesa con i sindaci delle città metropolitane che riguarda queste ultime aree urbane. 33

che le situazioni urbane di degrado o di isolamento sociale possono favorire l'insorgere di fenomeni criminosi e di violenza, accrescendo il sentimento e la percezione di insicurezza dei cittadini. Il nuovo modello di governo della sicurezza urbana - con lo svolgimento di iniziative congiunte e condivise che scaturiscono dai singoli Patti sottoscritti a livello territoriale – affianca, ai necessari e tradizionali interventi per la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, quelle iniziative idonee a migliorare la vivibilità del territorio e la qualità della vita, coniugando prevenzione, mediazione dei conflitti, controllo e repressione. Esso muove dal principio secondo cui la sicurezza rappresenta un diritto primario dei cittadini, inteso nel senso più ampio e, quindi, riferito non solo alla tutela dai fenomeni di criminalità ma anche da quei fenomeni conseguenti a situazioni di disagio sociale e di degrado dei comportamenti civili. Gli impegni assunti dalle parti riguardano, in sintesi: - il rafforzamento della collaborazione tra i prefetti e i sindaci per un “integrato” processo conoscitivo delle problematiche emergenti sul territorio, nel solco di quanto già avviato con la partecipazione del sindaco capoluogo di provincia e del presidente della provincia al comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica; - l’attivazione di politiche integrate della sicurezza che - superando l’aspetto meramente repressivo - siano efficaci sotto il profilo della prevenzione, attraverso la riqualificazione del tessuto urbano, il recupero del degrado ambientale e delle situazioni di disagio sociale; - la valorizzazione della formazione e dell’aggiornamento professionale del personale dei corpi di polizia municipale, creando così le condizioni per una più efficace integrazione tra gli operatori; - la promozione della interconnessione tra i sistemi informativi e le sale operative delle Forze di polizia e quelle delle polizie municipali; - il potenziamento degli apparati di videosorveglianza. Il 13 settembre 2008 il Ministero dell’interno ha stipulato un ulteriore Accordo con la Consulta nazionale - ANCI piccoli comuni, in materia di Patti per la sicurezza, prevedendo il potenziamento di forme di collaborazione logistica e strumentale. Infatti,

34 proprio nelle realtà urbane di piccole dimensioni, il tema della sicurezza va declinato in modo specifico e peculiare in quanto legato spesso a fenomeni di marginalità sociale e micro-criminalità che incidono sulle fasce più deboli della popolazione, richiedendo adeguate misure di prevenzione, controllo e repressione. In tale solco, è stato istituito, nel 2009, un apposito fondo, per la realizzazione, sulla base di apposite convenzioni tra il Ministero dell’interno ed i comuni interessati, di iniziative urgenti per il potenziamento della sicurezza urbana e la tutela dell'ordine pubblico59, tra cui: - attuazione degli obiettivi fissati nei patti per la sicurezza, anche con riferimento ai progetti di investimento in tecnologie di videosorveglianza ovvero finalizzate alla realizzazione della interoperatività tra sale operative delle Forze di polizia e della polizia locale; - progetti diretti all’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati; - interventi in materia di sicurezza urbana con particolare riferimento al risanamento delle aree degradate, al miglioramento della viabilità e all’assistenza di persone disagiate. I comuni possono accedere alle risorse disponibili attraverso la predisposizione di progetti preventivamente posti all'esame e al parere del prefetto, che assume in sé la conoscenza del territorio e delle problematiche emergenti.

3.4 L’attività di intelligence del prefetto come strumento di conoscenza del territorio.

Fondamentale rilievo ha sempre avuto la funzione informativa del prefetto, ispirata al principio “conoscere per ben governare”. Tale funzione può essere considerata espressione storica dell’esercizio di un ruolo di analisi e sintesi che, sin dalle origini, è apparso connaturato alla centralità istituzionale del prefetto nella sua

59 Il fondo - con una dotazione di 100 milioni di euro per il 2009 sullo stato di previsione del Ministero dell’interno - è stato istituito con D.L. n. 112/2008, art. 61, comma 18. Il decreto dei Ministri dell'interno e dell'economia e finanze del 3/2/ 2009, ha poi definito l'ambito di destinazione dei relativi stanziamenti.

35 duplice veste di referente del governo sul territorio ma anche di latore delle istanze della periferia verso l’autorità centrale.

Quella che, con terminologia moderna, potremmo oggi definire “analisi di contesto”, intesa come valutazione ed apprezzamento delle condizioni e delle specificità dell’ambiente in cui opera un’organizzazione, ha rappresentato il pane quotidiano di intere generazioni di prefetti, che l’hanno tradotto in relazioni, rapporti, informative, rilevazioni e monitoraggi via via sempre più tecnologici e sofisticati. Le relazioni periodiche inviate al centro per informare gli organi governativi della condizione generale della provincia, nei suoi risvolti politici, economico e sociali, rappresentano da sempre i primi strumenti di conoscenza del territorio e di promozione degli interessi locali.60

Oggi, l’affermarsi di un più marcato policentrismo amministrativo – che ha visto affiancarsi alle prefetture altre “cinghie di trasmissione” in grado di mettere in collegamento il Governo centrale con i territori – e la vasta diffusione di strumenti di comunicazione hanno modificato radicalmente la natura stessa della funzione informativa.

Ai prefetti non si richiede più o non tanto di portare a conoscenza del governo i singoli fatti - il più delle volte riportati o riferiti tempestivamente da altre fonti di informazione – bensì di sapere offrire elementi ulteriori che consentano una lettura più attenta della realtà fenomenica, effettuata da soggetti istituzionali che agiscono in posizione di terzietà.

60 Le relazioni prefettizie sullo stato della provincia si sono sempre connotate per correttezza, equilibrio, obiettività, caratteristiche che discendevano dal puntuale riferimento a dati di fatto e numerici, tutti ben documentati e circostanziati. Negli anni ’90 il principale prodotto informativo dei prefetti cambia aspetto: le sezioni in cui essa si articola vengono dapprima ridotte a cinque (situazione politico-amministrativa, andamento della pubblica amministrazione, situazione economico-occupazionale, situazione sociale, situazione dell’ordine e della sicurezza pubblica), la cadenza da semestrale diviene annuale, le modalità di compilazione sempre più guidate e vincolanti in modo da garantire omogeneità di rilevazione e facilitare quindi l’aggregazione dei record su base nazionale. Sperimentazione dopo sperimentazione, il modello di rilevazione viene modificato di anno in anno, finchè la collaborazione con l’Istituto Guglielmo Tagliacarne non porta ad un progetto particolarmente ambizioso che mira a trasformare la relazione in uno strumento rigoroso e attendibile per la comprensione e conoscenza globale del territorio, in cui non sia trascurato nessun aspetto significativo della realtà della provincia. 36

Nella nuova prospettiva di governance locale – di cui si è dato conto nelle pagine precedenti – appare evidente che nel momento in cui gli attori diventano molteplici, una conoscenza del territorio condivisa diviene necessariamente il primo, fondamentale momento di integrazione.

Sicuramente centrale in questo processo appare la collocazione istituzionale della prefettura-UTG che sebbene fortemente radicata nell’amministrazione statale, giunge ad intrecciarsi inevitabilmente con il sistema regionale e locale, mostrandosi la sede ideale dove far rinascere l’informazione sul territorio allargata a tutta la pubblica amministrazione, il luogo principe dove potenziare l’analisi degli aspetti sociali, economici, politici, ambientali e criminali del territorio.

Come si è detto, il tentativo di trasformare le prefetture in Uffici Territoriali del Governo, pur affondato dalle resistenze delle burocrazie, ha lasciato comunque in dote alle prefetture un’eredità concreta e positiva costituita dalle Conferenze permanenti, sedi naturali di concertazione e raccordo tra le autorità pubbliche dislocate sul territorio. Esse rafforzano la legittimazione del prefetto a ricevere e conoscere informazioni sui diversi settori di attività statale, sul funzionamento delle articolazioni amministrative periferiche, sulle relative problematiche e criticità.

La Conferenza rappresenta peraltro uno dei più importanti, ma non l’unico, degli strumenti di mediazione, coordinamento e comunicazione tra istituzioni e soggetti rappresentativi del territorio, di cui le prefetture tuttora dispongono, come il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica e il Consiglio territoriale per l’immigrazione.

Il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica è sede di analisi, valutazione ed elaborazione delle politiche di sicurezza in provincia, ed attraverso esso i prefetti possono interagire efficacemente con le forze di polizia ed i sindaci. Esso rappresenta un luogo particolarmente favorevole all’acquisizione ed allo scambio, anche informale, di conoscenze ed elementi di valutazione sulla qualità della convivenza civile in provincia.

37

I Consigli territoriali per l’immigrazione rappresentano un fondamentale strumento di monitoraggio, in sede locale, della presenza degli stranieri sul territorio e della capacità di assorbire i flussi migratori. Dal punto di vista della documentazione generale, tale strumento è anche una sede privilegiata di produzione dell’informazione statistica e documentaria: il monitoraggio sull’attività svolta dai Consigli, che impegna annualmente le Prefetture in una minuziosa attività di raccolta ed elaborazioni di dati e notizie sul fenomeno migratorio, viene compendiata in una pubblicazione dal notevole interesse conoscitivo.

Oltre agli strumenti appena indicati, essenziali per la conoscenza del territorio si rivelano gli “Osservatori” attraverso i quali è possibile rilevare le linee di tendenza e di prospettiva dei vari fenomeni a livello locale, fattori dei quali è necessario tener conto per poter attuare un governo decentrato, ma nel contempo integrato e coordinato del territorio.

Tra questi va menzionato l’Osservatorio sul credito, oggi soppresso61, che ha operato presso le prefetture dei capoluoghi di regione, ai sensi dell’articolo 12, comma 6, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla L. 28 gennaio 2009, n. 2, ("misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale"), con il compito di monitorare l’andamento del credito alle famiglie ed alle imprese.

L’attività svolta dai predetti organismi ha comportato “…un'analisi che, avendo un ambito di riferimento regionale, ha consentito di rischiarare una varietà di problematiche sottese al sistema produttivo italiano, mettendone in luce l'articolazione, gli equilibri e le dinamiche territoriali”62. Non una mera raccolta di dati statistici – dunque – ma una più ampia attività di studio volta all’attuazione di misure di

61 Con la Direttiva congiunta, in data 30/7/2010, dei Ministri dell'interno e dell'economia e delle finanze, è stata disposta la cessazione dell'attività degli osservatori sul credito, a far tempo dal 15 settembre 2010. La citata Direttiva dà, comunque, la facoltà di continuare, a livello locale, l'attività di monitoraggio ed analisi della situazione economica e dei suoi risvolti sociali, attraverso le ordinarie modalità secondo cui quotidianamente si esplica l’opera dei prefetti sul territorio, anche al fine di predisporre eventuali interventi a garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. 62 Cfr. la Direttiva citata alla nota precedente. 38 contenimento delle criticità che la congiuntura economica attuale ha comportato. La prefettura si riconferma come il luogo nel quale il cittadino può palesare le proprie istanze, come il luogo di risoluzione di controversie e di mediazione delle problematiche che affiorano sul territorio.

E’ proprio il costante appello dei governi alle funzioni informative dei prefetti a dimostrare che vi è ancora un ampio spazio per reinterpretare in modo incisivo e moderno quel ruolo di analisi e lettura dei contesti che è parte ineludibile del bagaglio culturale e professionale dell’amministrazione prefettizia.

A ben vedere, e la vicenda degli speciali osservatori lo dimostra, la domanda che nasce e cresce dalle istituzioni di governo, e che indirettamente interroga la vitalità della figura prefettizia, è quella di poter contare su agenzie informative che sappiano abbinare all’autorevolezza del metodo d’analisi anche la forza della terzietà e fedeltà al bene pubblico che solo un organo interno alla stessa pubblica amministrazione può garantire.

Il prefetto e le prefetture UTG, anche grazie al notevole patrimonio informativo interno, ai compiti di informazione generale svolti sin dall’unità d’Italia a supporto dell’attività di governo e a quelli in materia di documentazione e di statistica, appaiono un nodo territoriale a forte valenza strategica per promuovere la necessaria integrazione delle conoscenze e delle informazioni e per facilitare le imprescindibili intese interistituzionali.

Proprio in considerazione di ciò, l’attività conoscitiva del prefetto richiede di essere organizzata secondo fasi e procedure che siano in grado di ridurre fortemente l’influenza del caso e dell’improvvisazione, in modo da agevolare il prefetto e i funzionari di prefettura nel leggere dentro (secondo il significato latino di intelligere) i fenomeni sociali, economici e giuridici della realtà provinciale per prevedere i loro possibili sviluppi.

L’esigenza di rivitalizzare, alla luce delle trasformazioni sociali ed istituzionali intervenute, l’antica attività di conoscenza del territorio svolta dal corpo prefettizio, è testimoniata dalla particolare attenzione che è stata riservata nella stesura dei decreti ministeriali di individuazione dei posti di funzione prefettizi del Ministero dell’interno e 39 delle prefetture-UTG laddove sono individuati gli apparati centrali e periferici deputati ad implementare nuovi strumenti operativi.

Per quanto riguarda le prefetture-UTG, la scelta operata è stata quella di attribuire ad un’unica struttura, l’ufficio di gabinetto, tutte le funzioni di informazione, documentazione e comunicazione, così da farne il luogo nel quale confluiscono il maggior numero di conoscenze che si indirizzano nei diversi canali di comunicazione interna ed esterna e che si traducono in studio e analisi della realtà socioeconomica per alimentare la funzione di rappresentanza e amministrazione generale svolta dal prefetto.63

A livello centrale, i compiti di documentazione e statistica sono stati attribuiti, per effetto del D.P.R. n. 210/200964, alla Scuola Superiore per l’Amministrazione dell’Interno, che ha assorbito le attribuzioni ed i compiti della Direzione Centrale per la Documentazione e la Statistica.65

In tal modo la Scuola assicura, oltre ai consueti compiti di formazione, qualificazione ed aggiornamento del personale dell’Amministrazione civile, anche quelli di documentazione generale, di analisi e ricerca sulle tematiche socio-economiche di maggior rilievo nel territorio, a sostegno dell’attività di “amministrazione generale” del Ministero e delle prefetture.

Si tratta di un progetto di ampio respiro che implica una messa a punto complessiva del sistema “formazione - documentazione”, focalizzando l’attenzione

63 Il D.P.R. n. 340/1982, che aveva riformato l’ordinamento del personale e l’organizzazione degli uffici dell’Amministrazione civile dell’Interno, aveva attribuito i compiti relativi alla documentazione generale al primo dei tre settori nei quali venivano riarticolati gli uffici amministrativi in sostituzione delle vecchie divisioni. Ciò appariva contraddittorio in quanto si era ritenuto di scindere “gli affari relativi all’esercizio delle funzioni di amministrazione generale spettanti al Prefetto quale rappresentante del Governo nella provincia”, riservati all’ufficio di Gabinetto, dai compiti relativi alla documentazione generale. Siffatta previsione normativa sembrava ignorare la valenza strategica della documentazione generale e la sua precipua contiguità con quella funzione di amministrazione generale dalla quale veniva scollegata. 64 Il D.P.R. 24 novembre 2009 reca “Disposizioni relative all’organizzazione degli uffici centrali di livello dirigenziale generale del Ministero dell’interno ed al personale dell’amministrazione civile dell’interno”. 65 Con il D.P.R. n. 398/2001 (successivamente modificato con d.P.R. n. 154/2006) la Direzione centrale per la documentazione, divenuta Direzione centrale per la documentazione e la statistica, era stata incardinata prima presso il Dipartimento per gli affari interni e territoriali e successivamente, con il passaggio da quattro a cinque dipartimenti, presso il neonato Dipartimento per le politiche del personale dell’amministrazione civile e per le risorse strumentali e finanziarie. 40 sulla questione centrale della “buona amministrazione del territorio”. Ciò implica che la Scuola – proprio per adempiere ai predetti “compiti di analisi e ricerca su tematiche socio-economiche emergenti sul territorio” - debba privilegiare la collaborazione con le Università e gli Istituti di ricerca più prestigiosi, per fornire prodotti di “ricerca applicata” autorevoli ed aggiornati allo scopo di incrementare, soprattutto nei “discenti”, la conoscenza del territorio, per poi integrarla con i “saperi”, anch’essi i più aggiornati, intorno al tema della buona amministrazione.

Questi ulteriori e correlati compiti di analisi e ricerca attribuiti alla Scuola lasciano intravedere la volontà politica di una valorizzazione delle potenzialità scientifiche-relazionali della S.S.A.I. e, in prospettiva, un’auspicata ricaduta di queste sinergie sul piano della formazione del personale.

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CAP.4 IL PREFETTO QUALE PROPULSORE DEI PROCESSI DI AMMODERNAMENTO DELLE ATTIVITÀ PUBBLICHE SUL TERRITORIO: DAL MODELLO AUTOREFERENZIALE AL MODELLO DI GOVERNO A RETE. STRATEGIE METODOLOGICHE.

4.1 La comunicazione pubblica nel processo di innovazione.

Le profonde trasformazioni che investono il sistema amministrativo finora analizzato, si ripercuotono nel rapporto tra pubblica amministrazione centrale e pubbliche amministrazioni periferiche, determinando in Italia, come nel resto d’Europa, l’avvio del processo di riforma del settore pubblico, in cerca di riequilibrio con il settore privato. Alla maggiore autonomia dell’ente locale si accompagna la costruzione di un nuovo rapporto con il cittadino e la realizzazione di una maggiore “vicinanza” del sistema delle amministrazioni pubbliche alla comunità territoriale. Ciò richiede percorsi di cambiamento volti a migliorare, attraverso la ricerca dell’efficienza, dell’efficacia e dell’economicità, il rapporto con il cittadino e ad elaborare nuove forme di mediazione e coordinamento fra centro e periferia. La capacità di cambiamento diviene una condizione indispensabile per la persistenza ed efficacia delle istituzioni pubbliche altrimenti minacciate da defunzionalizzazione ed entropia. Con la teoria del New Public Management (NPM) si mettono per la prima volta in discussione le tradizionali forme di gestione del settore pubblico e si avverte la necessità di applicare ad esse, adattandoli opportunamente, i principi e le tecniche del management privato: sviluppo della professionalità; raggiungimento di parametri quali indicatori delle prestazioni; competitività; potenziamento della autodisciplina ed ottimizzazione della allocazione delle risorse.

Tale processo di rinnovamento coinvolge anche l’istituto prefettizio, incidendo direttamente sul ruolo del prefetto il quale, grazie alla sua connaturata capacità di raccolta e di lettura delle dinamiche territoriali, riesce meglio di ogni altra amministrazione a ricostruire un nuovo rapporto di “visibilità e fiducia” con il cittadino, fondato sulla conoscenza del territorio. Conoscere il territorio ed

42 analizzarne la realtà socio economica, cogliere e promuovere i segnali di cambiamento e di sviluppo divengono le attività fondamentali per migliorare la governance. Il prefetto per primo assume il ruolo di facilitatore, di induttore ed agente del cambiamento alla ricerca di una metodologia orientata al risultato dell’ interesse pubblico ed alla realizzazione degli obiettivi.

In un'amministrazione sempre più complessa, caratterizzata dalla settorializzazione e dalla verticalizzazione degli apparati, la comunicazione assume un ruolo centrale per l’agire amministrativo e si afferma come momento di sutura tra i processi di modernizzazione dello Stato e la soddisfazione dei bisogni dei cittadini.

Fino agli inizi del Novecento, allorché lo Stato aveva funzioni essenzialmente d’ordine, i pubblici poteri non dialogavano con gli amministrati (i sudditi), ma esercitavano semplicemente il loro potere di imperium. La sostanziale assenza di attività di comunicazione era coerente con il modello di amministrazione e, in particolare, con le funzioni svolte dai poteri pubblici. La comunicazione era, di fatto, unidirezionale e si esprimeva in ordini e divieti con relative sanzioni. A seguito della crisi del tradizionale modello piramidale della P.A., iniziata negli anni ’70, il modo di agire della pubblica amministrazione si rivoluziona con la L. n. 142/90 e la L. n. 241/90 che per la prima volta riconoscono al cittadino diritti inediti come l’accesso ai documenti amministrativi, la partecipazione al procedimento, l’informazione circa l’avvio del procedimento. Alla luce del processo di decentramento amministrativo e coerentemente con il principio di sussidiarietà, la trasparenza amministrativa diventa metodo quotidiano di azione, valore culturale e patrimonio dell’agire pubblico che punta ad un nuovo rapporto con il cittadino su basi relazionali, collaborative, partecipative e condivise . L’amministrazione si trasforma così da mera esecutrice di norme a impresa erogatrice di servizi pubblici ai cittadini. Ne consegue che l'interesse pubblico finisce per essere esterno alla pubblica amministrazione, perché coincide con il servizio al cittadino.

In questo nuovo contesto caratterizzato da un sistema di “attori” sempre più articolato, la comunicazione diventa per il prefetto il principale strumento per

43 instaurare un rapporto di fiducia con i cittadini e il mondo imprenditoriale e per attuare politiche interistituzionali integrate e condivise nell’ottica del federalismo e del rafforzamento dei livelli locali di governo.

Con gli Uffici relazione con il pubblico (URP), istituiti con D.Lgs. n.29/93, le prefetture aprono uno spazio nuovo alla comunicazione non solo extraistituzionale ma interna ed esterna e di interconnessione attraverso sportelli di informazione al cittadino che si trasformano in banche dati contenenti il decalogo delle prestazioni erogate. Lo strumento della Carta dei servizi diventa un vero e proprio strumento di marketing in cui comunicazione, affidabilità, tempestività e trasparenza acquistano un ruolo decisivo nella gestione delle politiche dell’ente.

Con il D.Lgs. n.39/93 la creazione della rete informatica ha una immediata ricaduta anche nei rapporti con i cittadini, in quanto l’amministrazione è in grado di produrre e recuperare autonomamente documenti attraverso la rete informatica, riducendo la montagna di certificazioni e migliorando sensibilmente i rapporti tra amministrazione e cittadini. Con l’entrata in vigore delle prime due leggi Bassanini la L. n.59/9766 e la L. n.127/97 il principio di sussidiarietà e decentramento, si avvale di un sistema di “comunicazione a rete” per la razionalizzazione e la semplificazione delle procedure.67. La Legge costituzionale n. 3/2001 introduce

66 In attuazione della Legge delega n.59/97 che ridisegna in chiave federalista lo Stato, vengono emanati una serie di decreti legislativi che mirano a riorganizzare la struttura di governo e l’amministrazione centrale (D.Lgs.300/99), a riorganizzare la Presidenza del Consiglio dei ministri (D.Lgs. 303/99), a individuare le modalità di trasferimento di compiti e funzioni dall’apparato centrale alle regioni e agli enti locali (il più importante: D.Lgs. n.112/98) e infine a introdurre la firma digitale e il telelavoro anche nel settore pubblico (L.n.191/98).

67 La semplificazione è un processo continuo di miglioramento finalizzato a rendere l’organizzazione più fluida , più aperta e flessibile verso l’esterno. E’ un mezzo per migliorare il rapporto tra l’amministrazione e i cittadini, le imprese e tutti i soggetti portatori di un interesse per la collettività. L'attività di semplificazione amministrativa e normativa che l'Italia sta portando avanti da alcuni anni riguarda sia gli aspetti del riordino normativo (semplificazione dei procedimenti e "codificazione" delle norme) sia la metodologia del processo di produzione delle "regole" (analisi di impatto della regolamentazione, consultazione dei destinatari delle norme).

44 importanti principi di federalismo e realizza la "costituzionalizzazione" del decentramento delle funzioni amministrative introdotte con le riforme Bassanini.68

In questa prospettiva, un ruolo sempre maggiore viene svolto dalle regioni e dagli enti locali, in grado di interpretare la richiesta di servizi più efficienti anche in relazione alle esigenze territoriali. La capacità di ogni singola amministrazione di adeguare la propria organizzazione al mutato scenario sociale ed economico, rappresenta una sfida per il sistema amministrativo nel suo complesso. Con la L.n.150/2000, in particolare, si definiscono confini e finalità delle attività di comunicazione e si sancisce la distinzione tra comunicazione pubblica ed istituzionale. Per il prefetto la comunicazione costituisce il fondamento del rapporto di fiducia con i cittadini ed assume la veste di funzione legittimata e riconosciuta al pari delle altre 69. Lo scopo non è quello di persuadere i cittadini della validità delle scelte operate, ma di agevolare la partecipazione degli stessi alle decisioni assunte,70

68 Sul concetto di sussidiarietà v. cap. II - Questa legge sancisce il principio di pari dignità degli enti che costituiscono la Repubblica (art. 114 Cost.), in quanto pone sullo stesso piano comuni, province, regioni, città metropolitane e Stato, quali enti che concorrono paritariamente a costituire le articolazioni istituzionali della comunità italiana. Inoltre, costituzionalizza il "principio di sussidiarietà" (art. 118 Cost., comma 1), secondo il quale le funzioni amministrative spettano alla istituzione più vicina ai cittadini e possono essere affidate a una istituzione superiore solo quando ciò sia giustificato dalla complessità o dalle dimensioni delle funzioni da realizzare.

69 All'ufficio relazioni con il pubblico (URP) è affidata la gestione delle attività di comunicazione interna; all'ufficio stampa le competenze relative all'informazione verso i media mentre il portavoce che è la persona legata all'organo di vertice da un rapporto fiduciario, affianca l'ufficio stampa.

70 Tali attività sono finalizzate ad esternare le funzioni, ad applicare norme, a regolare giuridicamente i rapporti fra i soggetti membri dell’ordinamento (comunicazione normativa o giuridico-formale), ad informare gli utenti sulle modalità di funzionamento degli uffici e sull’applicazione di norme (comunicazione di servizio), a far conoscere l’identità e l’orientamento operativo delle istituzioni pubbliche (comunicazione d’immagine). Il Giornale telematico è la testimonianza di un’esperienza progettuale che ha dimostrato come la comunicazione interna possa costituire una risorsa strategica per la crescita dell’amministrazione,un’azione capace di saldare gli obiettivi dell’istituzione con il miglioramento delle relazioni, le modifiche dei comportamenti, la scoperta di nuovi valori. Il Giornale telematico ha rappresentato una realtà importante per il Ministero dell’interno poiché ha dimostrato come un’amministrazione tradizionalmente autoreferenziale possa trasformarsi, con l’uso di strumenti interattivi di comunicazione interna, in una “risorsa circolare” di caratteri identificativi quali l’appartenenza, l’adesione, il consenso, ma anche la creatività, la corresponsabilità, la progettualità, la competenza, l’identità, in una parola lo scambio delle conoscenze e dei valori.

45 per interagire con il territorio e dare attuazione ai principi di trasparenza, semplificazione ed informazione.71

Intanto l’evoluzione degli scenari, i forti cambiamenti economici imposti dalla globalizzazione dei mercati e i processi di integrazione europea forniscono una nuova spinta per il miglioramento dei rapporti e delle modalità di comunicazione con il territorio. Le nuove tecnologie diventano una risorsa straordinaria per le istituzioni che vogliono migliorare i servizi offerti ai cittadini e alle imprese, sviluppare la propria capacità competitiva e adeguare il livello delle prestazioni. Con il D.Lgs. n.150/2009 (c.d. riforma Brunetta ) e poi con il D.Lgs. n.235/2010, vengono introdotti i due pilastri su cui si basa il processo di rinnovamento e modernizzazione della pubblica amministrazione. Da una parte si introducono i principi di meritocrazia, premialità, trasparenza e responsabilizzazione dei dirigenti, dall’altra si realizza il grande progetto della pubblica amministrazione digitale, iniziata nel 2005.

L’entrata in vigore del nuovo codice digitale rende obbligatoria l’innovazione nella p.a. dando ai cittadini il diritto di interagire sempre e dovunque attraverso reti telematiche come Internet e la posta elettronica, imponendo allo stesso tempo, a tutte le amministrazioni l’accessibilità delle informazioni con modalità digitale. Il codice è una complessa riforma, una specie di “costituzione” del mondo digitale, che semplifica il sistema giuridico di riferimento e lo rende più efficace, fornendo il quadro legislativo necessario per dare validità giuridica alle innovazioni. In questa fase, particolarmente significativo è il ruolo espletato dalle prefetture nel favorire la concreta e immediata attuazione delle innovazioni tecnologiche tenendo conto delle peculiarità locali e favorendo l’adeguamento degli enti in particolari situazioni di disagio economico finanziario. Si cita, ad esempio, il Protocollo d’intesa tra prefettura di Lucca, provincia e comune di Lucca per la

71 Le strutture che si occupano di comunicazione devono sempre garantire la trasparenza dei processi decisionali, rendendo effettivo il diritto di accesso dei cittadini agli atti delle amministrazioni pubbliche; informare con completezza e correttezza i cittadini sulle decisioni adottate; individuare standards qualitativi dei servizi erogati e garantirne la più ampia comunicazione ai cittadini. 46 costituzione del coordinamento territoriale per l’amministrazione digitale della provincia di Lucca.72

Le potenzialità delle nuove tecnologie vengono utilizzate non più in modo unidirezionale (dall’amministrazione al cittadino) ma in modo interattivo, bidirezionale, per cui il tradizionale rapporto “top down” del flusso delle informazioni, si trasforma in “bottom up”73. Ogni ente ha quindi l’obbligo di pubblicare sul proprio sito internet tutti i dati necessari per orientare l’utente74. L'obiettivo è quello di migliorare la qualità dei servizi con l'apporto dei cittadini, rilevando in tempo reale e continuo il grado di soddisfazione per i servizi ricevuti75. L’e-government, che si sta diffondendo in tutte le aree più avanzate del pianeta, rappresenta un primo sostrato tecnologico per l’affermarsi di uno Stato digitale a cui è corrisposto un progressivo sviluppo della capacità di comunicazione anche delle prefetture76.

72 Il Protocollo in questione, sottoscritto il 21 dicembre 2007, ha favorito l’adeguamento - nel rispetto della normativa - e l’adozione delle tecnologie di sviluppo in materia, mediante la valorizzazione ed il rafforzamento delle esperienze di cooperazione già in essere tra le Amministrazioni locali, stimolando il metodo della progettualità condivisa con lo scambio di dati per via telematica e con la progressiva eliminazione delle richieste di certificazione.

73 La comunicazione dall’alto verso il basso (top down) segue generalmente la catena di comando formale, dal vertice alla base. Riflette le relazioni d’autorità e di responsabilità evidenziate negli organigrammi La comunicazione dall’alto verso il basso (top down) segue generalmente la catena di comando formale, dal vertice alla base. Riflette le relazioni d’autorità e di responsabilità evidenziate negli organigrammi ed ha la finalità di far colloquiare il vertice con l’organizzazione o con singole categorie di pubblici di riferimento interno (come i dirigenti o i quadri). La comunicazione dal basso verso l’alto (bottom up) è un feedback di dati e informazioni dalla base ai vertici manageriali e serve a raccordare le aree periferiche con l’alta dirigenza.

74 Il sito Internet della p.a. (art. 56-57 codice digitale) è diventato “porta” privilegiata per l’accesso alle pubbliche amministrazioni.

75 Determinante è il ruolo che le prefetture, nell’ambito della Conferenza permanente provinciale, svolgono per la promozione e sottoscrizione di protocolli volti a favorire l’informatizzazione degli uffici, la digitalizzazione dei flussi informativi, la circolarità delle informazioni, la trasparenza nonchè per assicurare una maggiore economicità ed efficienza ed delle pubbliche amministrazioni.

76 Importante è l’istituzione del nuovo “ufficio comunicazione esterna” inaugurato dal Ministro dell’Interno il 28/2/2012 presso la prefettura di Trieste, quale mezzo per mettere in contatto il Governo con le collettività locali, in un‘ottica di servizio al cittadino . Il compito della Pubblica Amministrazione- ha detto il Prefetto Giacchetti- “è quello di essere al passo dei tempi in ogni campo, ancor di più in quello comunicativo.” 47

Un esempio di questa crescita tecnologica si può rinvenire nella rete Intranet e nell’istituzione dei portali nei quali convergono argomenti “di settore” o territorialmente riferiti a un’area più limitata, diventando nodi interconnessi di un sistema complesso che dialoga e si sviluppa in una dimensione pluralista ed in un’ottica di rete 77. Tuttavia mentre le nuove tecnologie aprono interessanti scenari per quel che concerne i rapporti tra cittadini e pubblica amministrazione, l’emanazione del D.L. 9 febbraio 2012 n. 5, recante disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo, dimostra che sono ancora tanti i ritardi del sistema. Nel disegno di legge di conversione si legge infatti che le principali organizzazioni internazionali hanno individuato nella “complicazione burocratica” una delle prime cause dello svantaggio competitivo dell’Italia nel contesto europeo e nell’intera area Ocse. Il recente rapporto del World Bank Institute “Doing business in a more transparent world” segnala infatti il ritardo dell’Italia, che nel 2011 scende dall’83° all’87° posto su 183 Paesi, rispetto all’ anno precedente.

L’urgenza del citato decreto-legge, frutto di un intenso confronto con gli stakeholders, nasce dall’esigenza di ridurre i costi della burocrazia attraverso una serie di disposizioni di sostegno e impulso allo sviluppo del sistema economico, secondo un piano di intervento adeguato a riportare il Paese a livelli di competitività78.

77 Illuminanti a questo proposito i dati relativi al portale istituzionale del Ministero dell’interno che nel 2010 ha registrato 5.614.000 accessi e 16.000.000 pagine visualizzate.

78 La Commissione Attività produttive della Conferenza delle regioni e delle province autonome ha elaborato un dossier sui “Principali interventi normativi di semplificazione per le imprese adottati a livello nazionale nel periodo 2008 – 2011”. Il Dossier , pubblicato sul sito www.regioni.it , nella sezione “azImpresa”, nasce “dall’esigenza di una ricognizione della più recente normativa statale sui temi della semplificazione degli oneri amministrativi a carico delle imprese e della liberalizzazione del mercato dei servizi”. Nel dossier sono state messe a confronto le diverse disposizioni secondo uno schema, chiamato “Guida ragionata”, che è stato articolato nelle seguenti sezioni: 1: Sportello Unico Attività Produttive; 2: Avvio ed esercizio dell’attività (SUAP, Comunicazione Unica per la nascita d’impresa e Albo Imprese Artigiane); 3. Certificazioni delle imprese e acquisizioni d’ufficio ( modifiche al D.P.R. n. 445/2000) controlli e sanzioni.

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4.2 Modello di governo a rete territoriale. Sperimentazione metodologica.

Il ruolo che le recenti riforme attribuiscono ai prefetti è di facilitare il dialogo e la coesione delle istituzioni presenti sul territorio in ragione della triangolazione funzionale della “rappresentanza generale del governo nella provincia”, del “coordinamento delle pubbliche amministrazioni statali sul territorio” e dell’espletamento dei compiti di “collaborazione a favore delle regioni e degli enti locali”.

Il prefetto diventa il promotore del perseguimento sul territorio dell’interesse generale, ponendosi al centro di un sistema di relazioni istituzionali finalizzato alla sinergica realizzazione di interventi in ambito locale ed alla costruzione di politiche territoriali e nazionali, integrate, coerenti e finalizzate al perseguimento dell’interesse pubblico.

Un impegno in tal senso significa contribuire, in maniera decisiva e concreta, alla diffusione di modelli comportamentali improntati ai principi di sussidiarietà e di leale collaborazione tra istituzioni, sanciti, come già detto, dalla riforma costituzionale, al fine di evitare che spinte centrifughe o dissociative possano mettere a repentaglio i fondamentali valori di unità nazionale. Quanto sopra trova conferma nelle proposte formulate nell’ambito del rapporto 2010 “L’Italia che c’è”, curato dall’associazione Italiadecide79 che, in collaborazione con gli uffici della Camera dei Deputati, promuove studi e ricerche per il miglioramento della governance e delle politiche pubbliche. Nel documento elaborato, si sottolinea, che il sistema delle Conferenze fra Stato ed autonomie80 rappresenta uno snodo decisivo nella formazione delle reti territoriali,

79 Tra i promotori Carlo Azeglio Ciampi, Giuliano Amato, Vincenzo Cerulli Irelli, Luciano Violante.

80 Vedi anche sulla conferenza permanente dei livelli di governo al cap III. La Conferenza Stato-città e autonomie locali è un organo collegiale con funzioni consultive e decisionali, sede istituzionale permanente di confronto e raccordo tra lo Stato e gli enti locali. Istituita con D.p.c.m. 2 luglio 1996, la Conferenza è disciplinata dal D.Lgs. n. 28 agosto 1997 n. 281 e presieduta dal Presidente del Consiglio dei ministri o, per sua delega, dal Ministro dell'Interno o dal Ministro per gli affari regionali. Ne fanno parte, anche, i Ministri dell'Economia e delle Finanze, delle Infrastrutture, della Salute, i presidenti di Anci, Upi, Uncem, nonché, su designazione delle rispettive associazioni, 6 presidenti di Provincia e 14 sindaci, di cui cinque sindaci di città che siano aree metropolitane. Nuove funzioni sono attribuite alla 49 evidenziando come alcune delle pubbliche amministrazioni di eccellenza (ad es. la rete dei prefetti e le reti della sicurezza) hanno saputo innovare significativamente le proprie modalità di intervento attraverso l’adozione di moduli operativi polifunzionali e lo stretto contatto con il territorio.

Il rapporto auspica che vengano assicurati “attraverso le reti territoriali” i livelli di armonizzazione di regole e comportamenti anche nei rapporti tra pubblico e privato, necessari a conseguire gli obiettivi delle politiche nazionali. In tale ottica, lo sviluppo delle reti territoriali è stato posto come asse unificante per il programma di riforme dell’Italia, da presentare nel quadro della Strategia europea 2020 e della nuova governance economica.

Tale modello si sta delineando sotto la pressione di tensioni locali che da sempre caratterizzano il nostro Paese e come risultante positiva di un processo di modernizzazione ed apertura alla dimensione europea e globale. La leva dell’Unione europea è stata il fattore principale che ha sostenuto e guidato questo processo. Nella nuova prospettiva, le riforme in senso federale possono ribaltare le logiche di frammentazione e costruire un sistema che, in analogia con il modello di governance multilivello dell’Unione europea, impegni tutti i livelli di governo verso concreti risultati di politica pubblica, liberando risorse e semplificando il carico normativo ed amministrativo per cittadini e imprese.

Il nuovo modello italiano, basato sulle reti territoriali, potrebbe essere quello di Stato unitario decentrato che tende ad applicare i moduli europei della sussidiarietà e flessibilità organizzativa in modo più funzionale81. E’ un modo nuovo di guardare al

Conferenza dalla L.n. 131/2003 di adeguamento dell'ordinamento alla riforma del Titolo V della Costituzione, e dalla L.n.11/2005 in materia di partecipazione degli enti locali al processo normativo comunitario. Per l’attuazione, a livello territoriale, delle misure di coordinamento definite a livello generale tra lo Stato e gli Enti locali, il D.P.R. n.180/2006 (di attuazione dell’articolo 11 del D.Lgs. n.300/99) prevede che la Conferenza si avvalga delle riformate prefetture-UTG. 81 Particolarmente interessante è la sezione del rapporto dedicata alla rete dei prefetti, ai quali, tra gli altri, Giuliano Amato ha rivolto parole di stima in considerazione della loro capacità di interpretare le esigenze del territorio . Lo stralcio del citato rapporto è stato diramato con circolare del capo di gabinetto del Ministro dell’interno del 18 novembre 2010 per rimarcare “il ruolo forte dei prefetti nella governance dei territori” e la capacità finora dimostrata di saper interpretare sempre in modo nuovo ed attuale il proprio ruolo istituzionale. Un ruolo essenziale, di cui il rapporto auspica un rafforzamento in 50 valore dell’unità nazionale, non solo come fattore di identità storico culturale, ma anche come concreta capacità dell’intero apparato istituzionale di dare risposte adeguate alle istanze delle comunità locali82 cogliendo, allo stesso tempo, l’invito dell’Europa a concentrare studi, progetti e azioni di valorizzazione del territorio.

La realtà del Mezzogiorno d’Italia per esempio, a fronte dell’opportunità costituita dai finanziamenti europei 2007-2013, ha dimostrato finora consistenti ritardi nel sistema delle conoscenze storiche, sociali, economiche e ambientali delle realtà locali, rendendo difficoltoso l’avvio di politiche di sviluppo. In tale ottica è necessario riflettere intorno alla costruzione di una strategia territoriale di governance in grado di superare alcuni storici limiti della programmazione territoriale, puntando sull’opportunità di creare valore.

A tal fine è necessaria la creazione di nuove competenze in grado di investire sul patrimonio culturale, sull’ambiente, sul paesaggio come risorse capaci di rilanciare le identità locali, sulla base di un’approfondita conoscenza sia del territorio regionale che di analoghe esperienze avviate in altre regioni italiane ed europee. Diviene fondamentale l’integrazione fra il mondo della ricerca, la realtà degli enti locali e le singole professionalità chiamate ad intervenire sui processi di sviluppo. L’alta formazione, ad esempio, come garantita dalla Scuola superiore del Ministero dell’interno83, può costituire uno strumento per la creazione di reti culturali a scala internazionale e per la diffusione a livello locale di una nuova sensibilità e abilità una prospettiva di evoluzione federalistica, in grado di garantire, attraverso la riconosciuta capacità di coordinamento e raccordo, la piena attuazione della leale collaborazione e la tutela dell’ interesse nazionale 82 Il citato rapporto tende anche ad evidenziare la non adeguata utilizzazione della rete prefettizia, quale punto di riferimento di tutti gli uffici periferici dello Stato e unico soggetto in grado di assicurare il necessario raccordo e coordinamento delle autonomie locali con gli organi dello Stato. All’attuazione della riforma (risalente ormai al 2003, con la riscrittura dell’articolo 11 del D.Lgs. n.300/1999 e al relativo regolamento approvato con D.P.R. n. 180/2006) secondo il rapporto, si oppongono proprio le altre amministrazioni dello Stato che hanno uffici sul territorio, ciascuna delle quali, gelosamente, mantiene un legame esclusivo e gerarchico con le articolazioni territoriali, impedendo di realizzare sul territorio un’azione statale coordinata, sebbene il D.P.R. n.180/2006 preveda anche un potere sostitutivo del prefetto nei confronti delle altre amministrazioni periferiche dello Stato, i cui servizi presentino disfunzioni o anomalie.

83 Di particolare interesse il rapporto di stretta collaborazione e interscambio avviato dalla S.S.A.I. con “Le Centre des Hautes Etudes du Ministére de l’Intérieur” (CHEMI).

51 professionale nella interpretazione di ruoli. Ciò ai fini della progettazione territoriale, della lettura delle trasformazioni socio-economiche e ambientali nonché della elaborazione di strategie di sviluppo locale nell'ottica della sostenibilità, della valorizzazione e fruizione di beni culturali e paesaggistici diffusi.

Fornire risposte ai bisogni e raggiungere obiettivi di sviluppo attraverso la valorizzazione di tutte le risorse presenti nel contesto locale (imprese, enti pubblici, parti sociali, istituzioni scolastiche e formative, università, associazioni, ecc.), costituisce un’operazione estremamente complessa che comporta la convergenza di più volontà, l’attivazione di più livelli e poteri decisionali, di più competenze e ambiti istituzionali. Occorre per questo saper lavorare in rete84 e creare le condizioni affinché tutti gli attori coinvolti possano, attraverso processi di confronto e di mediazione, dialogare e superare la mancanza di comunicazione (chiusura di ogni sistema in se stesso) che è all’origine della frammentazione degli interventi, della duplicazione e sovrapposizione dei servizi e delle competenze. Diventa importante favorire il superamento delle resistenze al cambiamento organizzativo che derivano dall’elevato grado di burocratizzazione delle attività e dei processi, superare la logica tradizionale della compartimentazione delle competenze, dei linguaggi, delle strategie di azione. Lo sviluppo locale basa la propria capacità di crescita su una serie di competenze e di professionalità che messe insieme costituiscono quella sorta di capitale immateriale tale da rappresentare il vero elemento fondante per la capacità competitiva di un territorio e del suo sistema produttivo. Il perseguimento di strategie “a rete” con i soggetti a livello locale, regionale e nazionale, la capacità di networking, rappresenta una delle componenti essenziali per il miglioramento dei sistemi di governance territoriale

84 Ogni forma di relazione tra nodi è considerata una rete. La rete rafforza chi ne fa parte perché favorisce l’affermarsi della soggettività dei nodi e ne aumenta le potenzialità dal momento che ciascun nodo si riconosce in un soggetto più ampio ed articolato. La rete, quindi, è un insieme di relazioni tra nodi, ma è anche una modalità organizzativa attraverso la quale è possibile generare nuove configurazioni che obbligano i soggetti a definire finalità generali, ambiti, obiettivi specifici, soluzioni operative. Volti a favorire processi di apprendimento collettivi, ossia sviluppo di competenze - tecniche, professionali, relazionali e gestionali - e miglioramento di relazioni in contesti territorialmente definiti.

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A tale riguardo, potrebbe essere interessante, sotto il profilo operativo, individuare un metodo di lavoro utile a fornire specifiche tecniche di pianificazione territoriale per consentire anche alle prefetture ed ai prefetti di lavorare secondo il modello di “governo a rete”. Un’ esperienza positiva in tal senso è quella intrapresa dai 5 prefetti della Campania (Napoli, Avellino, Benevento, Caserta, Salerno) che, sulla base di uno studio avviato negli anni precedenti dal prefetto di Napoli De Martino con 3 regioni del Nord, 6 province e 39 uffici periferici dello Stato, hanno sperimentato un sistema di lavoro condiviso e integrato per programmare linee di sviluppo e cambiamento compatibili con le rispettive realtà territoriali. Prendendo spunto da questa esperienza campana in itinere e dallo studio di altri moduli operativi polifunzionali, si potrebbe pensare alla sperimentazione di una metodologia di lavoro valida per i diversi contesti territoriali che abbia la prefettura capoluogo di regione, quale soggetto interlocutore e coordinatore e sia fondata su modalità organizzative capaci di mettere a confronto le peculiarità territoriali e programmare strategie a rete sulla base di linee comuni di sviluppo, obiettivi specifici, soluzioni operative .

Si riassumono di seguito i punti su cui è fondata tale sperimentazione:

- attivare presso la prefettura capoluogo tavoli tematici di concertazione con le prefetture limitrofe, nell’ottica di offrire ciascuno il miglior apporto per la definizione di una programmazione di massima che parta dalla conoscenza delle realtà territoriali;

- utilizzare la rete di relazioni delle singole prefetture per raccogliere, organizzare ed elaborare serie di informazioni quantitative e qualitative sulla situazione socio- economica dei rispettivi territori provinciali. Da questo punto di vista, i prefetti rappresentano il punto di riferimento di un sistema di relazioni istituzionali in grado di promuovere la necessaria integrazione delle conoscenze e delle informazioni utili a realizzare modelli condivisi. Ciò attraverso l’utilizzo, lo sviluppo e la messa in rete del capitale intellettuale già esistente nelle amministrazioni periferiche e negli enti locali, nonchè attraverso l'attività informativa di governo, quella in materia di documentazione e di statistica, il patrimonio informativo fornito dai comitati

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provinciali ordine e sicurezza pubblica, dai consigli territoriali per l’immigrazione, dal comitato di protezione civile, dalle province, dai comuni, dalle agenzie regionali e dagli enti associativi;

- leggere e conoscere la realtà e le dinamiche dei fenomeni sociali in cui si vive, individuando punti di forza e di debolezza che uniscono il “ territorio” , selezionare idee forti di sviluppo sulle quali intervenire. Presupposto indispensabile è conoscere, saper leggere e programmare lo sviluppo del territorio, inteso non più esclusivamente come oggetto fisico empiricamente osservabile, ma come vera risorsa per lo sviluppo. In termini generali, il territorio va letto nel suo insieme di valori tangibili e intangibili – quali gli abitanti, la cultura, il retaggio storico, il patrimonio artistico e urbanistico, le infrastrutture, la localizzazione e ogni altro genere di situazione – tali da accrescere il valore complessivo dei vari elementi;

- promuovere e pianificare azioni congiunte e sperimentare progettualità ed interventi, mettendo a fattor comune dati ed informazioni che possano rappresentare elementi importanti di riflessione per un’azione coordinata. Il nuovo ruolo degli enti locali e territoriali nel processo di ridefinizione delle strategie territoriali, consiste nell’affiancare gli attori privati locali e territoriali, alle associazioni di categoria, al mondo imprenditoriale in generale, al sistema sociale, per la promozione del territorio;

- programmare modalità di comunicazione e di interscambio di elementi di rilievo, in attuazione del principio di leale collaborazione nonché di coesione e integrazione delle politiche pubbliche (ad es nel settore degli appalti pubblici la messa in rete di attività poste in essere per prevenire e contrastare pericoli di infiltrazioni mafiose);

- valorizzare il cosiddetto “modulo permanente di confronto tra le prefetture”;

- migliorare ed integrare il circuito informativo interistituzionale;

- attivare percorsi di ascolto e confronto con le diverse espressioni delle realtà territoriali (ad esempio, indurre le realtà locali a confrontarsi con casi di eccellenza

54 come la nascita della “rete di sportelli antiracket”85 oppure il progetto a rete del sito seriale “I Longobardi in Italia. I luoghi del potere (568-774 d.C.)” che ha riunito le più importanti testimonianze monumentali Longobarde esistenti sul territorio italiano, dal nord al sud della penisola, divenute nel 2011 Patrimonio Mondiale dell’ UNESCO86;

85 Interessante è il progetto pilota per la nascita di una “rete di sportelli antiracket” a sostegno delle imprese che denunciano, presentato in questi giorni dalla prefettura di Caltanisetta e Caserta in collaborazione con Confindustria e Commissario antiracket, finanziato dal Pon sicurezza 2007/2013. L'iniziativa punta non solo a sostenere le aziende che decidono di sganciarsi dal condizionamento della criminalità ma anche a fare cultura d'impresa e di legalità, facendo conoscere tutti gli strumenti esistenti per opporsi al racket . Analoga mente quattro convenzioni sono state siglate al del ministro dell’Interno in partenariato con F.A.I. riguardanti progetti quali: 1)la realizzazione di due sportelli di solidarietà alle vittime del racket e dell’usura, con sedi a Napoli e Palermo. Il progetto di 1.797.000,00 euro complessivi per 3 anni è volto ad offrire ai soggetti che denunciano reati di estorsione e di usura una assistenza completa. Ciò anche rafforzando il sistema di relazioni tra i soggetti attori coinvolti a vario titolo nella lotta al racket e all’usura (Istituzioni, Enti territoriali, Associazioni Antiracket e Antiusura, Banche, Imprenditori, Forze dell’Ordine); 2) la promozione di una rete antiracket per le Regioni dell’Obiettivo Convergenza, con sedi a Napoli, Caserta, in Calabria, Puglia, Sicilia. Il progetto di 3.524.000,00 euro complessivi per 3 anni è volto a creare una struttura che fornisca una sufficiente conoscenza dei fenomeni del racket e dell’usura, la complessità del fenomeno mafioso, la sua evoluzione, la sua diversità territoriale e rafforzi le associazioni antiracket ed antiusura, promuovendone la diffusione; 3) la costituzione di una rete per il “Consumo Critico antiracket”, con sedi a Palermo e provincia, e a Gela, in partenariato con il “Comitato Addiopizzo”. Il costo del progetto è di 1.469.977,75 euro per 3 anni. Il punto di partenza è costituito da un piccolo circuito economico già esistente, che si oppone pubblicamente al racket delle estorsioni mafiose. Lo scopo è quello di estendere la rete di “consumo critico antiracket”, quale strumento volto ad incentivare le denunce e creare un movimento collettivo di opposizione al fenomeno del “pizzo”; 4) la rete di Consumo Critico “Pago chi non paga” in tutte le regioni dell’Obiettivo Convergenza (escluse Palermo e Gela)Il costo del progetto è di 2.782.000,00 euro. Si intende creare una “Rete di Consumo Critico” costituita da operatori economici e consumatori che consenta: l’allargamento del fronte di “reazione” alla pressione della criminalità con il coinvolgimento diretto dei consumatori nella lotta al racket; • la differenziazione fra chi paga il pizzo e chi no, creando condizioni vantaggiose di mercato per coloro che rifiutano di pagarlo; • la realizzazione di una rete di imprese etiche finalizzata a contendere il mercato alle imprese mafiose. Il costo del progetto è di 1.797.000,00 euro complessivi per 3 anni. E’ volto ad offrire ai soggetti che hanno denunciato reati di estorsione e di usura una assistenza completa rafforzando il sistema di relazioni tra i soggetti attori coinvolti a vario titolo nella lotta al racket e all’usura (Istituzioni, Enti territoriali, Associazioni Antiracket e Antiusura, Banche, Imprenditori, Forze dell’Ordine). Sempre in questi giorni è stato siglato dal Ministro dell'interno il protocollo d’intesa tra le Forze dell’ordine, l’Agenzia delle dogane e le aziende interessate per l’ istituzione dell’Osservatorio nazionale sui furti di rame per combattere un fenomeno criminale in crescita, tra i più remunerativi ed insidiosi perché colpisce sia le aziende, con ingenti perdite economiche, che le infrastrutture provocando l’interruzione di pubblici servizi essenziali, con possibili implicazioni per la sicurezza e l’ordine pubblico. Si tratta di un positivo esempio di collaborazione tra pubblico e privato per risalire alla filiera, dal semplice furto alla ricettazione fino all’esportazione dell’‘oro. 86 L’iscrizione del sito seriale nel patrimonio UNESCO è testimonianza dell’impegno delle numerosissime istituzioni pubbliche e private che, coinvolte a differenti livelli nella gestione degli stessi beni o dei territori di riferimento, hanno lavorato insieme - sulla base dei principi di sussidiarietà e collaborazione sanciti dall’Europa. Tra i numerosi partner (5 Regioni, 6 Province, 8 Comuni, 2 Comunità 55 altri esempi sono i progetti delle città del pane, quelle del vino, le città slow, i paesi dipinti87 ecc. Essi hanno successo perché sono frutto di quello spirito di squadra, che ha dato alle piccole realtà le energie per fare il salto verso il mondo globalizzato); - porre in essere strategie, iniziative ed azioni condivise e congiunte, al fine di garantire il sistema e la cultura della legalità (si vedano i protocolli di legalità sottoscritti da diverse prefetture tra cui Benevento, Reggio Emilia ecc);

- comunicare i risultati raggiunti con modalità condivise.

Per consentire alle prefetture di sviluppare ed utilizzare un sistema di governo a rete finalizzato all’ottimizzazione della governance, si può fondatamente ritenere che la funzione del prefetto debba essere sempre più incentrata sul coordinamento e raccordo della presenza statuale con le aspettative delle comunità locali: per far fronte a tale impegno egli deve quindi trasformarsi in “organo di alta consulenza”, per tutte le questioni d’interesse delle amministrazioni e dei diversi livelli di governo, nonché di «raccordo sistemico» tra Governo centrale e poteri locali.

La funzione di «mediatore territoriale» del nuovo prefetto dovrà, dunque, concentrarsi sulla capacità manageriale di «fare squadra» e di essere leader tra amministrazioni locali e centrali, riqualificando il ruolo delle prefetture come sito privilegiato, di alta amministrazione, per lo sviluppo ed il coordinamento dei servizi pubblici, orientati al mondo dell’impresa e alle esigenze dei semplici cittadini e del territorio. Occorrerà, a tal fine, che il prefetto si proponga definitivamente quale propulsore dei processi di ammodernamento delle attività pubbliche sul territorio. In un contesto di marcato decentramento, il prefetto costituisce, oggi più che mai, il nucleo per la riaggregazione delle funzioni statali decentrate, elemento di raccordo tra centro e periferia, tra Stato e sistema delle autonomie locali.

Montane, 4 Diocesi, un Parco, il FAI, la Fondazione CAB e due importanti centri di Studi, il CISAM – Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo- e il Centro di Studi Micaelici e Garganici, che tanto hanno contribuito al progresso delle conoscenze sulla civiltà Longobarda) va ricordato lo stesso Ministero per i beni e le attività culturali, presente nella rete con ben 5 Direzioni regionali e 17 Soprintendenze territoriali.

87 Ved. sul punto cap.II 56

4.3 Sviluppo di nuovi strumenti di collaborazione: marketing sociale e marketing territoriale

Nell'ambito delle strategie territoriali sopra descritte, il prefetto è chiamato a promuovere azioni volte a garantire la pacifica convivenza e ad incentivare comportamenti virtuosi che tanta parte hanno nello sviluppo e progresso di una comunità. Secondo gli studi di Philip Kotler88, il “marketing sociale” può definirsi come l'utilizzo delle strategie e delle tecniche per indurre una collettività ad accettare, modificare o abbandonare un comportamento in modo volontario, al fine di ottenere un vantaggio per i singoli individui o la società nel suo complesso. A differenza del “marketing commerciale”, proprio del mondo imprenditoriale, in cui chi vende ricerca un vantaggio economico, nel “marketing sociale” l’obiettivo primario è quello di ottenere un beneficio per i destinatari del progetto e di creare un contesto favorevole alla promozione di benefici di natura sociale.

In questo senso è possibile rilevare aspetti di “marketing sociale” nell’attività prefettizia, ad esempio in materia di sicurezza, intesa nella sua accezione più ampia (ordine e sicurezza pubblica, sicurezza negli ambienti di lavoro, sicurezza partecipata ecc).

Pur potendo sembrare azzardato applicare strategie mutuate dall’ambito imprenditoriale ad attività di Istituzioni pubbliche come quella prefettizia, è fuor di dubbio che il prefetto è chiamato da sempre a risolvere i problemi del territorio, per la cura delle sorti della collettività in cui opera. E’ in tale ambito che si inscrive tutta

88 Philip Kotler, “Defining Social Marketing”, in P.Kotler, E.Roberto, N.Lee, “Social Marketing Improving the Qualityof Life”, SAGE publication, Thousand Oaks, USA 2002. Philip Kotler nasce a Chicago, il 27 maggio 1931, è Distinguished professor of international marketing presso la Kellogg School of management della Northwestern University di Evanston, Illinois. È stato indicato come uno dei massimi "guru del management" di tutti i tempi dal Financial Times (dopo Jack Welch, Bill Gates e Peter Drucker) e acclamato come "il maggior esperto al mondo nelle strategie di marketing" dal Management centre europe.Viene anche considerato uno dei pionieri del marketing sociale. Sostiene la necessità di fondare il processo decisionale di marketing su basi di maggiore scientificità impostando lo studio del marketing da un punto di vista manageriale. Kotler fornisce una definizione più ampia e generale dell'attività di marketing, come "strumento per comprendere, creare, comunicare e distribuire valore". In questo modo ne estende il campo d'azione oltre il limite della gestione d'impresa.

57 l’attività di mediazione sociale ch’egli pone quotidianamente in essere, spesso in modo silenzioso e discreto, per risolvere le controversie più disparate, con l’unico fine di promuovere le condizioni indispensabili perché il sistema territoriale colga tutte le opportunità di cui dispone, non disperda le proprie potenzialità ed allontani le eventuali minacce per la sicurezza sociale ed il connesso sviluppo del sistema economico- produttivo territoriale.

Il forte impegno che un' azione “politica”, basata esclusivamente sul contrasto all'illegalità, comporta in termini di durata ed impiego di risorse, potrebbe risultare non pienamente rispondente ai bisogni di una società come quella attuale, afflitta da molteplici mali tra i quali, in primis, la crisi dei valori di riferimento. In tale contesto una forte criticità è costituita dall’incremento del numero degli appartenenti alle fasce sociali più deboli maggiormente esposte al rischio di comportamenti illeciti. Sempre più urgente, dunque, è la individuazione di una tecnica per modificare comportamenti a rischio in modo non coercitivo al fine di giungere prossimi, quanto più realisticamente possibile, al risultato atteso. Le condizioni di progressivo e sempre più diffuso impoverimento di intere fasce di popolazione, che le pesanti ripercussioni della crisi economico-finanziaria di questi ultimi anni hanno contribuito a determinare, non fanno che aggravare il quadro di riferimento e rendere ancor più pressante l'esigenza di individuare idonee strategie d'intervento.

Qualsiasi strategia si intenda adottare, essa presuppone un' approfondita conoscenza dei contesti territoriali di riferimento e di tutte le problematiche ed eccellenze di cui essi sono espressione al fine di rimuovere, quanto più radicalmente, le prime esaltando le seconde e mirare all'innalzamento della qualità della vita e del benessere collettivo.

Il cambiamento non coercitivo per la propria complessità, non può avere un referente unico, ma trova nel prefetto un referente “naturale”, quale autorità a competenza generale, garante dell'ordine e della sicurezza pubblica e rappresentante non solo dello Stato sovrano ma anche dello Stato collettività in cui, sul modello degli Stati elvetici, assume grande rilievo l’aspetto sociale. Egli è titolare di un patrimonio di

58 informazioni ricchissimo che, attraverso l’analisi statistica e l’attività di documentazione, come già ricordato, costituisce un insostituibile strumento per orientare l’attività amministrativa. In buona sostanza, il prefetto possiede le conoscenze che, se non direttamente detenute, può procurarsi attraverso altri enti od amministrazioni, per leggere e interpretare le richieste che provengono dal territorio e contribuire così in modo attivo alla realizzazione delle condizioni perchè esse trovino una risposta e, dunque, all’innalzamento del benessere collettivo.

Nell'attività di marketing sociale non si parla di “prodotto” e di “profitto”, termini che non hanno nessun punto di contatto con l’attività pubblica. Mentre, infatti, per l’impresa l’obiettivo è quello di mettere sul mercato un prodotto di qualità a prezzi competitivi, per la pubblica amministrazione si tratta di tutelare un valore mettendo in campo determinate risorse, quanto più possibile commisurate alla tutela dell’interesse che a quel valore è sotteso.

Per poter svolgere un’azione che sia propedeutica a comportamenti virtuosi, occorre però che essa sia stata preventivamente pianificata individuando la collettività a cui è diretta. Ad essa dovrà seguire un’attenta valutazione non solo dei successi ma anche delle debolezze che l’intervento ha rivelato. Ovviamente il raggiungimento dell’obiettivo prefissato può richiedere l’impegno di risorse finanziarie (ad es. un progetto di videosorveglianza per un’area industriale o all’interno del centro cittadino).

In tal caso, la realizzazione della strategia non può prescindere dall’attivazione, da parte del prefetto, di tutte le relazioni di conoscenza, anche personale oltre che istituzionale, per reperire le necessarie risorse. Vi sono tuttavia iniziative a “costo zero”, come ad es. le campagne informative svolte nelle scuole per sensibilizzare i giovani sull’importanza di evitare l’uso di alcool e sostanze psicotrope. Dalla diffusione dei dati è stato ricostruito un quadro realistico e devastante del fenomeno e delle sue ricadute, in grado di contribuire sensibilmente a disincentivare i fenomeni di abuso. Analogamente per il bullismo, la prostituzione o le campagne contro il fumo. Anche nel settore della “sicurezza partecipata” l’esperienza della polizia di prossimità, con il poliziotto/ carabiniere/vigile di quartiere, ha consentito un contatto diretto del cittadino con le

59 autorità preposte alla sicurezza, rafforzando in quest’ultimo il senso di appartenenza alla collettività e rendendolo coprotagonista dell’attività di controllo del territorio.

Anche nel settore della sicurezza negli ambienti di lavoro possono essere realizzate esperienze di “marketing sociale” come quella realizzata alla prefettura di Terni ove è stato realizzato un progetto di “metaformazione”con il coinvolgimento di insegnanti ed alunni di tutti gli istituti tecnico- professionali della provincia. Il progetto ambisce ad essere esteso anche ad istituti non tecnici. L’esperienza, quest’anno alla sua seconda edizione, è stata finanziata dall’INAIL ed ha reso la materia della sicurezza sul lavoro disciplina extracurricolare con valutazione in pagella. La stessa ha profondamente interessato gli alunni non meno dei docenti, grazie all’approccio innovativo adottato con il contributo, oltre che di personale qualificato della ASL, DPL, INPS, INAIL, anche di uno psicologo specializzato nel settore, ed ha condotto alla produzione di elaborati di classe ed individuali valutati e premiati da una apposita commissione.

L’attività di marketing sociale tuttavia non è facilmente attuabile poiché incontra due tipi di ostacoli: uno interno ed uno esterno al sistema. L’ostacolo interno è rappresentato dal grado di coinvolgimento del prefetto e dalla sua capacità di conquistare la condivisione e partecipazione delle altre istituzioni; l’altro, esterno, dalla resistenza al cambiamento, che potremmo definire “inerziale”, che consiste nella naturale diffidenza ed opposizione alla novità come fattore destabilizzante rispetto ad un consolidato assetto degli equilibri.

La gestione del sistema sicurezza, in cui il cittadino è parte integrante, non può prescindere dal coinvolgimento dei vari livelli di governo territoriali che, in applicazione del principio di sussidiarietà, adottano decisioni per le collettività che debbono amministrare. L’autonomia dei vari livelli di governo comporta inevitabilmente il ricorso a forme di collaborazione e di concertazione per garantire l’efficacia di ogni intervento realizzato. Ciò assume sempre più importanza nel settore

60 della sicurezza, di cui lo Stato rimane il primo, sebbene non l'esclusivo, responsabile dei livelli essenziali delle prestazioni.89

Un altro settore in cui la tecnica del marketing sociale viene utilizzata è quello della integrazione dei cittadini extracomunitari. Un esempio è rappresentato dall’assegnazione agli Enti locali e/o alle associazioni di assistenza del settore, dei Fondi UNRRA90 su progetti di integrazione. I Consigli territoriali per l’immigrazione presso le prefetture, in tale circostanza, hanno avuto un ruolo imprescindibile nell'orientamento degli aventi titolo alla presentazione dei citati progetti, fornendo chiarimenti e supportando i proponenti. In tal caso, l’intervento integrato di soggetti pubblici e privati diversi, ciascuno dei quali ha contribuito efficacemente al raggiungimento di un risultato complessivo conforme alla propria specifica mission, è stato possibile grazie ad un’efficace azione di coordinamento.

Per poter attuare un buon marketing sociale non è possibile ignorare, tuttavia, le sfide imposte dalla globalizzazione che tanto peso ha sulle dinamiche economiche, finanziarie e di sviluppo internazionali e locali.

L’Unione europea, come è noto, ha recentemente intrapreso un percorso in cui vengono rafforzati i parametri selettivi che consentono la permanenza dei Paesi al suo interno attraverso strumenti come il Fiscal Compact 91, che pone ulteriori sfide ai Governi e, quindi, alle collettività.

89 ”Libertà e politiche di sicurezza”di Carlo Mosca, in “ Scritti in onore di AldoBuoncristiano”, Rubettino Editore 2008.

90 Con un accordo stipulato il 12 novembre 1947 tra il Governo italiano e l'UNRRA (United Nations Relief and Rehabilitation Administration ), reso esecutivo con D.Lgs. n. 1019 del 10 aprile 1948, veniva previsto l'impiego della "riserva UNRRA" per una serie di scopi fra i quali l'esecuzione di progetti finalizzati all’assistenza e alla riabilitazione. Il Fondo UNRRA è destinato a finanziare progetti a favore di minori, giovani, emarginati, tossicodipendenti ovvero attività di integrazione, specificamente orientate alla prevenzione di situazioni e comportamenti a rischio di devianza, abbandono o degrado sociale. Compete al Ministro dell'interno definire ogni anno gli obiettivi ed i programmi da attuare, indicando le priorità ed emanando le conseguenti direttive.

91 L’obiettivo è quello di rafforzare la disciplina di bilancio, il coordinamento delle politiche economiche e migliorare la governance dell’eurozona.. Le nuove regole sono contenute nel nuovo Trattato, che dovrebbe entrare in vigore il primo gennaio del 2013, previa ratifica da parte di 12 Paesi dell’eurozona. Esso prevede che i Paesi dell’Unione s’impegnino ad avere il deficit sostanzialmente in equilibrio, con un 61

Se le scelte che impegnano le politiche dei vari stati membri vengono adottate in ambito transnazionale, il fronte strategico è oggi, pur sempre, il territorio ed i sistemi locali, capaci di mobilitare risorse e servizi e di relazionarsi con i cittadini per gli aspetti immateriali dello sviluppo92, cioè per la promozione di quelle condizioni favorevoli (fattori culturali, ambientali ecc..) che rendono appetibile un dato contesto territoriale.

Le nuove regole comunitarie sulla concorrenza e l’accresciuta necessità di mantenersi assolutamente competitivi al di fuori dei confini nazionali, ha rafforzato le potenzialità dei sistemi locali, i quali debbono diventare degli “imprenditori istituzionali” in grado di aiutare e sostenere il continuo adeguamento dei sistemi produttivi alle esigenze dei mercati locali e internazionali. Programmare lo sviluppo economico di un'area territoriale esige oggi una riflessione profonda non solo sulla metodologia di analisi da applicare, ma anche e soprattutto sugli obiettivi stessi della programmazione, che non possono prescindere dallo scenario economico più generale.

Un sistema produttivo si sviluppa in modo efficiente solo se inquadrato in una programmazione che crei opportune basi per la crescita e lo sviluppo del territorio nel suo complesso, sia con la costruzione, la riqualificazione e l’uso di spazi e strutture, che con l’adozione di misure a garanzia della convivenza civile tra cui la tutela della sicurezza.

Il presupposto indispensabile per non perdere questa sfida consiste nel conoscere, saper leggere e programmare lo sviluppo del territorio. Secondo le nuove linee programmatiche dell’Unione Europea, previste per il periodo 2007-2013 la città, ed in modo particolare non la città metropolitana ma la città di dimensioni medie,

valore massimo dello 0,5% rispetto al pil. Questa "regola d’oro" dovrà assumere la forma di una legge costituzionale o equivalente. Sarà la Corte di giustizia Ue a vegliare sulla corretta trasposizione di questa norma, mentre in caso di mancato rispetto potranno essere imposte multe pari allo 0,1% del pil.. Il "Fiscal compact" sarà strettamente collegato con il Trattato istitutivo dell’E.S.M. (fondo salvastati permanente), la cui operatività sarà anticipata al luglio 2012. Potranno fare ricorso all’assistenza finanziaria dell’E.S.M. solo quei Paesi dell’eurozona che avranno ratificato il nuovo Patto di bilancio.

92 “ Dal goverment alla governance della sicurezza sul territorio” di Laura LEGA, in “Scritti in onore di Aldo Buoncristiano” – Rubettino Editore, 2008.

62 ricopre un ruolo guida nella costruzione della competitività e della coesione dell’Unione tutta, qualificandosi come nodo di eccellenza territoriale, vero e proprio motore propulsore dello sviluppo non solo per l’ambito urbano ma contestualmente per tutto il territorio di riferimento.

E’ ciò che viene chiamato governance, di cui si è già detto. I territori ben governati si presentano dotati in termini di capitale infrastrutturale ed umano, capaci di innovazione, aperti ai flussi globali e, nello stesso tempo, in grado di riprodurre i tratti qualitativamente più significativi della loro storia e della loro cultura. Altri territori risultano invece poco autonomi, dipendenti da apporti e sostegni esterni, poco capaci di futuro per la prevalenza di abusi territoriali, di svalorizzazione del capitale umano, della diffusione di situazioni di esclusione e di marginalità sociale, di degrado urbano ed ambientale, sostanzialmente poco capaci di autogoverno.

In tale contesto il prefetto costituisce un ganglio essenziale nell’attività di” marketing territoriale”, intesa come raccordo di azioni collettive per la promozione e lo sviluppo del territorio nonché come rappresentazione delle molteplici opportunità che il contesto istituzionale, imprenditoriale, sociale ed economico offre.

Obiettivo prioritario della pianificazione strategica è capire ma anche” intuire” quali siano gli interventi che con la loro attuazione promuovono altre trasformazioni, avendo la capacità di innescare processi complessivi che danno forza e vocazione ad interi territori.

L’attuale situazione del Paese richiede a tutte le pubbliche amministrazioni accresciute capacità di elaborare e realizzare politiche efficaci, migliorare la qualità dei servizi erogati, conseguire recuperi di efficienza. A spingere in tale direzione concorrono tanto le caratteristiche dei nuovi ordinamenti che regolano l’agire delle istituzioni pubbliche, quanto la natura dei problemi collettivi (sociali, economico- produttivi) indotti, come già ricordato, in ogni comunità dal processo di globalizzazione. Da una parte occorre accrescere l’accesso alle informazioni attraverso una serie di azioni rivolte ad un potenziamento intra-organizzativo, dall’altra,

63 provvedere a favorire lo sviluppo locale attraverso la creazione di una rete di relazioni tra le diverse entità coinvolte nel territorio sui temi generali di sviluppo.

In tale contesto, il prefetto non potrà non consolidare il ruolo di attore principale nell’ambito di un’arena policentrica costituita da vari soggetti istituzionali, nel senso di garantire un “gioco orizzontale” il cui buon funzionamento dipende dalla sua capacità di assicurare il monitoraggio dei “giocatori” e dalla capacità di questi ultimi di conformarsi alle nuove regole.

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CONCLUSIONI

Con il presente lavoro si è voluto evidenziare come la figura del prefetto, pur assumendo connotazioni diverse in relazione alla evoluzione storica dell’istituto, sia profondamente ancorata alle peculiarità del territorio che esprime le istanze della comunità che vi risiede.

Il territorio diviene, quindi, non una semplice categoria spaziale ma, ad un tempo, ispirazione e fine ultimo dell’intervento del prefetto il quale costituisce il baricentro di un sistema amministrativo multipolare chiamato ad attuare un’intelligente e moderna governance.

Gli strumenti sui quali far conto sono i processi di ammodernamento delle attività pubbliche, la promozione di strategie e nuove sperimentazioni in grado di coinvolgere, in un modello “a rete”, capace di avvalersi anche del sostegno del mondo dell’imprenditoria privata, tutti i rappresentanti istituzionali a livello locale.

Allo stato attuale non esiste una metodologia codificata di lavoro ed il grado di interazione del prefetto con il territorio è rimesso alla professionalità, alla sensibilità ed alla capacità intuitiva del singolo .

Traendo spunto da prassi ormai consolidate nella maggior parte delle prefetture, si propone, quale ipotesi operativa, l’utilizzo di una sorta di “vademecum” che consenta al prefetto di orientare la propria azione nelle singole realtà territoriali.

La elaborazione di una scheda sintetica da parte dei diretti collaboratori del prefetto (capo di gabinetto, con il coordinamento del viceprefetto vicario), può fornire un valido strumento di partenza per fornire “luce” alla conoscenza degli elementi caratterizzanti la Prefettura ed il territorio provinciale.

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organizzazione descrizione delle modalità di scheda descrittiva indicazione di tutte le interna degli relazione con l’utenza e con la delle peculiarità del attività svolte e di tutti uffici della P.A. nel suo complesso territorio, dalle gli avvenimenti di prefettura che (istituzione e funzionamento caratteristiche maggior rilievo, evidenzi anche dell’U.R.P., comunicazione geomorfologiche a verificatisi negli ultimi le eventuali esterna, utilizzazione ed quelle di tempi in provincia, problematicità aggiornamento del sito internet “vocazione” ritenuti istituzionale, attivazione di reti particolarmente informatiche di collegamento o significativi per portali con altre amministrazioni l’azione della od enti) prefettura

elenco puntuale delle ricognizione ed attività in itinere che illustrazione possono avere rilevanti dell’attività di tutti gli ed immediati riflessi organismi collegiali sull’agire presenti in prefettura dell’istituzione

enumerazione e stato dei rapporti situazioni di criticità riguardanti calendario degli breve con le altre i vari ambiti della provincia incontri che il prefetto, descrizione dei amministrazioni, in (economico, sociale, politico, come rappresentante contenuti dei particolare con gli ambientale, della sicurezza), del Governo sul protocolli organi dalle crisi aziendali alle territorio, è tenuto ad vigenti rappresentativi degli mediazioni sociali, dalle effettuare con le enti territoriali problematiche inerenti la massime cariche sicurezza della circolazione istituzionali a livello stradale alle crisi politiche provinciale interne agli enti locali

Con l’acquisizione delle sopracitate informazioni il prefetto sarà posto in grado di attuare una prima forma di approccio al territorio, di individuare gli strumenti di cui disporre, di conoscere le criticità nonchè le situazioni su cui occorre tempestivamente intervenire.

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La collocazione centrale del prefetto nel coordinamento tra enti istituzionali, locali ed istanze territoriali, evidenzia la sua capacità di mobilitare consenso e di mettere a fattor comune le competenze e le risorse dei vari soggetti coinvolti dalle politiche di intervento.

Maggiore è la “varianza territoriale” 93 presente in una comunità, più ampia sarà la gamma di soluzioni ai problemi, di gestione dei conflitti, di mediazione e di coordinamento. Questi interventi implicano una specifica attitudine del prefetto alla leadership personale ed alla neutralità che da sempre lo caratterizzano.

93 Lezione tenuta dalla prof.ssa Daniela Piana, Università di Bologna, Dipartimento di Scienza politica, presso la S.S.A.I. in occasione del xxv corso per l’accesso alla qualifica di viceprefetto.

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Prefettura di …… Ufficio Territoriale del Governo

SCHEDA

La scheda contiene una serie di informazioni che riguardano sia la struttura ed il funzionamento degli uffici che il prefetto andrà a dirigere, sia la provincia nella quale egli espleterà la propria azione di rappresentante del governo.

PREFETTURA

Viene fornita dall’ufficio di gabinetto, con il coordinamento del viceprefetto vicario, una dettagliata descrizione dell’organizzazione degli uffici della prefettura, della situazione dell’organico, sia con riferimento ai dirigenti della carriera prefettizia sia al personale contrattualizzato, e segnalati eventuali servizi in sofferenza a causa della carenza di personale e/o della scarsità di risorse strumentali. E’ opportuno fornire una disamina delle attività svolte, almeno nell’ultimo anno, dai principali organismi collegiali istituiti in prefettura come la Conferenza permanente provinciale, il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, il Consiglio territoriale per l’immigrazione, la Commissione di vigilanza sui pubblici spettacoli e da tutti i tavoli a vario titolo costituiti. Viene, inoltre, data sintetica illustrazione di tutti i protocolli ed i patti vigenti al fine di rendere evidenti al prefetto quali siano gli argomenti di maggior interesse per la società civile e per le istituzioni locali.

PROVINCIA di ……

1. Il Territorio. Si tratta di dare un quadro della distinzione in aree geografiche del territorio in base alle loro caratteristiche geo-morfologiche che spesso ne determinano la specifica vocazione.

2. Criticità ambientali. Tra le criticità dovranno essere considerate le problematiche correlate: a fenomeni geologici quali ad esempio la subsidenza; all’intensa attività industriale in determinate aree; a fenomeni di dissesto idro-geologico e conseguenti rischi.

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3. Situazione economico – occupazionale. Viene descritta la situazione dei livelli della occupazione e disoccupazione in provincia con particolare riferimento ai settori produttivi, nonché lo stato di difficoltà in cui versano taluni di essi e, nel loro ambito, specifiche realtà imprenditoriali. L’aspetto economico occupazionale riveste un’importanza dirimente per intuire le sorti delle comunità di riferimento ed implica una corretta e quanto più completa conoscenza delle variabili che su quella realtà esplicano la loro influenza.

4. Turismo e cultura. Sono illustrati le zone di particolare richiamo turistico per bellezze paesaggistiche e/o naturali, i principali monumenti artistici nonché le più significative manifestazioni culturali e tradizionali.

5. Immigrazione. Viene fornito un quadro della presenza delle principali etnie presenti sul territorio e delle eventuali implicazioni che tali presenze determinano sull’ordine pubblico e sulla pacifica convivenza dell’intera comunità.

6. Patologie sociali. Di particolare rilievo fenomeni come quello delle “stragi del sabato sera”, del consumo di sostanze stupefacenti e alcooliche nonché della prostituzione nei locali notturni o lungo le strade.

7. Tensioni sociali e criminalità. Viene analizzata la situazione con particolare riferimento alla criminalità organizzata ed ai fattori che possono concorrere o favorirne lo sviluppo, tra cui la ricchezza del territorio. Dovranno essere poste all’attenzione del prefetto eventuali probabili collegamenti con determinati sodalizi che denuncino connivenze con il mondo della malavita soprattutto se di matrice mafiosa. Andranno poi identificate le fenomenologie più ricorrenti di criminalità comune per tentare di rintracciarne le cause.

8. Amministrazione provinciale e Amministrazioni comunali. Viene descritta la connotazione politica dell’amministrazione e riferite notizie anche di natura personale sugli amministratori al fine di dare al prefetto il maggior numero di informazioni utili prima dell’incontro con i rappresentanti degli enti locali, che costituisce uno dei primi adempimenti da espletare all’indomani dell’insediamento.

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Atti del Convegno ANFACI del 2006 dal titolo: Organizzazione degli uffici centrali di livello dirigenziale e nuovo ordinamento delle Prefetture UTG”.

Prolusione del dr. Gianni LETTA, resa in occasione della cerimonia inaugurale dell’Anno Accademico 2011/2012 della S.S.A.I.

Pubblicazione ANCI “Oltre le ordinanze: i sindaci e la sicurezza urbana” marzo 2009

Tavola rotonda conclusiva del “Master in gestione del Territorio” presso la SSAI,

Andrea Piraino “Il territorio come rete di governo. Prospettive, sfide, criticità”- Roma,

17 febbraio 2012.

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