Maurizio Gualtieri

NUOVE FORME DI USO DELL’ACQUA IN ETÀ ROMANA

Bagni e terme

Introduzione

La diffusione dell’edificio termale (nel suo duplice aspetto di thermae e balnea)1 rappre- senta uno dei fenomeni caratteristici della società romana ed è pertanto strettamente col- legata, nello specifico contesto regionale della antica, al processo di romaniz- zazione verificatosi a partire dal III secolo a.C. e, in maniera più accentuata, agli svilup- pi urbani successivi alla guerra sociale2 (fig. 84).Ci si riferisce ovviamente alla diffusione di un tipo di edificio che s’inquadra a pieno diritto nello sviluppo dell’architettura roma-

Acquedotto principale Viabilità principale di età romana Città Villa Piccola villa

fig. 84. Carta della Lucania antica con indicazione delle villae e degli acquedotti 127 na, cioè il balneum articolato in caldarium, tepidarium e frigidarium (Vitr 5.10.2-4), senza voler, tuttavia, entrare nel dibattuto problema di una presunta ‘invenzione’ roma- na (Plinio NH, 9.168) del sistema di riscaldamento ad ipocausto, e del lungo periodo di transizione dai bagni di tipo ellenistico a quelli che possiamo definire più specificamen- te romani3. A tal riguardo è da menzionare il fatto che esempi di bagni sia per uso pub- blico in contesto urbano che nell’ambito di complessi abitativi rurali sono documentati in area lucana già in un periodo precedente l’affermarsi di tipi architettonici che possia- mo definire specificamente ‘romani’4.Degno di menzione per il particolare stato di con- servazione è l’ambiente con bagno a semicupio nella fattoria di Moltone/ (fig. 85), un dato che indica la diffusione di apprestamenti per igiene personale, anche nella Basilicata interna, già a partire dal III secolo a.C5.

Il periodo tardo-repubblicano (II-I sec. a.C.)

È probabile che la più antica documentazione letteraria romana di bagni in contesti pri- vati, riferibili ai primi anni del II secolo a.C. (la villa di Scipione l’Africano a Liternum con b a l n e o l u m ( Sen. Ep. 86) e gli accenni di Plauto (Mo s t. 756) a b a l i n e a e che un suo personaggio intro d u r rebbe nell’ampliamento della casa) si riferiscano ancora ad un tipo di bagno derivato da modelli greco-ellenistici, quali ben documentati, ad esempio, nelle case di Ol i n t o. È solo nel corso del II secondo secolo a. C. che si manifesta la diffusione di un tipo di bagno, in edifici privati, che mostra connotazioni specificamente romane6: nelle villae della Campania e del vicino Lazio e, pressappoco contemporaneamente, nelle case a peri- stilio di Pompei, mentre parallelamente si sviluppano i primi complessi termali pubblici (Cuma e le Terme Stabiane di Pompei). A partire dagli inizi del I secolo a.C. queste ulti- me si arricchiscono del sistema di riscaldamento ad ipocausto che, fra l’altro, richiede un tipo di sistemazione architettonica dei vari ambienti in una pianta simmetrica e stan- dardizzata (Terme del Foro di Pompei). Mancano in Basilicata, per evidenti ragioni, casi di simili trasformazioni ed anche esempi di bagni e terme inquadrabili in queste fasi ini- ziali di sviluppo. Uno degli esempi più antichi di bagno ad ipocausto è probabilmente quello esistente a Venusia, mentre due impianti di età tardo-repubblicana sono docu- mentati da epigrafi rinvenute ad (CIL IX, 6193 = ILLRP, 521) e Grumentum (CIL X, 221 = ILLRP, 606). L’iscrizione da Acerenza, datata sulla base del testo e della scrittura alla fine della Repubblica, menziona il rifacimento di una piscina; quella da Grumentum, si riferisce più genericamente ad un balneum7.È da sospettare, tuttavia, che simili impianti debbano essersi diffusi soprattutto in concomitanza con i rinnovamenti urbanistici successivi ad età sillana e soprattutto con la ripresa di età triumvirale/augu- stea. Tali sviluppi sono documentati in Basilicata non solo dalle trasformazioni del pae- saggio agrario ma anche da una evidente ripresa degli insediamenti nel territorio. Nonostante la natura ancora frammentaria della documentazione sinora raccolta, lo scavo di un complesso rurale in località Braide di ci documenta un piccolo vano in cocciopesto ed un locale con caldaia per impianto di riscaldamento ad aria calda che potrebbero costituire una prima documentazione di balneum tardo-repubblicano annes- so ad una villa rustica datata fra la fine del II ed il I secolo a.C8.Va da sè che la docu- mentazione archeologica sui più antichi edifici termali in Basilicata dev’essere considera-

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fig. 85. Tolve. Fattoria/villa in località Moltone. Bagno a semicupio

129 ta sullo sfondo delle trasformazioni socio-economiche del I secolo a.C. Per brevità, si evita di soffermarsi sul quadro storico generale, anche se non è fuori luogo sottolineare il fenomeno di rivitalizzazione innescato dalle assegnazioni viritane di età triumvirale documentate per Venusia e fors’anche per Grumentum e, più in generale, dalla politica augustea di incoraggiamento all’agricoltura. Parallelamente, si assiste allo sviluppo di alcuni dei principali centri urbani della Basilicata interna quali Venusia, Grumentum e forse anche Potentia9.

Il periodo imperiale (I-III sec. d.C.)

Per la prima e media età imperiale, la documentazione archeologica sugli edifici termali si fa assai più ricca, sia per quanto riguarda i centri urbani che per gli insediamenti del territorio. Nonostante la relativa scarsezza di costruzioni pubbliche, già sopra menziona- ta quale elemento caratteristico della Magna Grecia romanizzata, e soprattutto dell’area lucana interna (cioè gran parte della odierna Basilicata)10 è stato giustamente osservato che per quanto riguarda gli edifici termali le regiones II e III in cui risulta compresa l’at- tuale Basilicata, risultano (in termini statistici del numero di presenze accertate) mag- giormente dotate di tali apprestamenti rispetto a molte altre regioni della penisola11. Una tale situazione privilegiata, tuttavia, si verifica soprattutto a vantaggio dei centri urbani della costa12: fa eccezione la parte interna dell’area apulo-daunia (che include Venusia), nella quale si riscontra una maggiore densità di edifici termali in contesto urbano rispet- to alla restante area apulo-lucana. Il quadro generale della presenza di thermae e balnea in Basilicata, che è possibile deli- neare sulla base della documentazione epigrafica ed archeologica relativa ai centri urba- ni, è stato tuttavia notevolmente arricchito dalla ricerca archeologica degli ultimi decen- ni, che ha messo in luce una serie di edifici termali, a volte imponenti, in contesti di vil - lae o vici. Merita priorità di menzione il grande complesso termale di Cugno dei Vagni, nell’entroterra di Herakleia, probabilmente appartenente ad un nucleo residenziale padronale connesso con un insediamento a carattere vicano, a giudicare dalle dimensio- ni del sito e dalla presenza di una necropoli13. In mancanza di scavi sistematici di epoca recente, la cronologia del complesso termale è incerta, anche se certamente compresa fra il termine di datazione inferiore delle strutture (età augustea) ed il termine finale (età severiana). L’articolazione dell’impianto, tuttavia, e la prevalenza di un’architettura ‘cur- vilinea’ lasciano pensare ad un impianto di età adrianea o sucessivo14. Anche nell’edilizia pubblica, la tendenza verso una monumentalizzazione degli impianti termali, nel corso del II secolo d.C., è indicata dall’impiego sempre più frequente, rispetto ai secoli prece- denti, della dizione “thermae” nella documentazione epigrafica disponibile15. È da sottolineare inoltre che, sia pure nei limiti di una documentazione ancora parziale, il complesso caldarium-calida piscina della villa di II secolo d.C. di recente scavata a Masseria Ciccotti/, nella Lucania nord-orientale, presenta svariate ana- logie, sia per monumentalità d’impianto che per dimensioni, con l’edificio termale di Cugno dei Vagni. In particolare, le dimensioni della piscina la rendono paragonabile a quello di una terma pubblica16: un dato assai significativo, il quale ci lascia pensare che a compenso di ridotti investimenti in edifici pubblici, la costruzione di grandi appresta- menti termali di II secolo d.C. (o anche del periodo successivo) si indirizza di preferen-

130 Gualtieri za alla pars urbana delle grandi villae del territorio del tipo di quelle documentate a Masseria Ciccotti e San Gilio (in agro di Oppido Lucano) o presumibilmente di quella, scarsamente documentata, in agro di , da cui proviene il ben noto sarcofago di , anch’esso testimonianza, sia pur indiretta, del livello raggiunto dalle residenze dei possessores di questo comprensorio interno apulo-lucano nel medio impero17.

Il periodo tardo-antico (IV-V sec. d.C.)

È soprattutto l’evidenza epigrafica da Grumentum che ci indica una serie di interventi di ristrutturazione alle terme del centro urbano fra III e IV secolo d.C., con una possi- bile estensione al V secolo. La più antica delle tre iscrizioni (CIL X, 222) è datata fra il 270-275 d.C18. e documenta un intervento di ristrutturazione, apparentemente estensi- va, dell’edificio termale “balnea...restituit”. Una seconda (CIL X, 212) datata fra IV e V secolo19 si riferisce ad un intervento rivolto prevalentemente ad attività di abbellimento delle “terme”20. Infine, una terza iscrizione (CIL X, 213), assai frammentaria, ed anch’es- sa databile fra IV e V secolo sulla base della menzione del corrector Lucaniae et Brittiorum21, documenta un altro intervento di abbellimento delle “terme”. Senza dub- bio, gli ultimi due interventi relativi all’impianto termale (CIL X, 212 e CIL X, 213) testimoniano della notevole importanza del centro urbano di Grumentum nel tardo- antico, soprattutto dopo la costruzione, all’inizio del IV secolo, della via Herculia che collegava l’Appia con la via Popilia22. La documentazione archeologica da , d’altra parte, mostra una serie di rifaci- menti nel complesso termale al centro della città romana che non solo ne sottoli- neano una continuità d’uso per tutto il IV secolo2 3, ma implicano altresì una ripa- vimentazione del f r i g i d a r i u m con un tipo di mosaico policromo figurato che è pro- babimente da porre in relazione con gli a t e l i e r s di Canosa o di Ta r a n t o. Tali dati, sia pur frammentari e confinati all’ambito specifico degli apprestamenti termali, acqui- stano una rilevanza assai maggiore quando vengano considerati unitamente alla documentazione derivante dagli insediamenti rurali. Fondamentale, per la sua com- p l e t ezza, è l’evidenza dal p ra e t o r i u m di San Gi ovanni di Ruoti, riferibile soprattutto alla fine del IV ed a tutto il corso del V secolo. Altri complessi rurali, anch’essi risul- tati di scavi degli ultimi decenni, lasciano pensare che il complesso citato non rap- p resenti un caso isolato nel contesto della Basilicata tardo-antica. In part i c o l a re, gli a p p restamenti termali di Masseria Ciccotti (Oppido Lucano) e di Casa del Di a vo l o ( L a vello), seppur databili (nel primo caso sulla base del contesto archeologico) in età medio-imperiale, mostrano continuità di uso, unitamente a probabili ristru t t u r a z i o- ni in età tardo-antica, parallelamente agli sviluppi riscontrati nei complessi re s i d e n- ziali (grandi v i l l a e) a cui appart e n g o n o. Pe rtanto, con tutta la cautela richiesta dalla frammentarietà di gran parte dei dati disponibili sugli edifici termali tard o - a n t i c h i , l’evidenza cumulativa dei dati appena citati e degli sviluppi messi in luce dalla esplo- razione di complessi rurali del tipo di San Gi ovanni di Ruoti, Masseria Ciccotti e San Gilio di Oppido Lucano, Casa del Di a volo di (per menzionare solo gli esempi meglio noti allo scrivente) mostra aspetti di vitalità se non anche di ripre s a , soprattutto nel territorio. Un simile quadro è già di per sè atto a suggerire, per que- sto ambito regionale (come pure per la confinante area apula ed alcuni compre n s o-

131 ri del Bruzio), fenomeni di trasformazione che, soprattutto per quanto riguarda l’ a- bitato rurale, sarebbe assai difficile conciliare con la visione convenzionale di una generalizzata ‘decadenza tard o - a n t i c a’ .

Le ville del Potentino

Come già accennato nel testo introduttivo, la relativa scarsezza di documentazione ar cheologica su edifici termali in contesti urbani è in parte almeno compensata da una ar ticolata documentazione archeologica per i siti rurali. Nella Basilicata settentrionale, in pa r ticolar modo nell’a r ea potentina, gli scavi di vi l l a e o altri tipi d’insediamento rur a l e 2 4, di recente condotti in maniera sistematica e su grandi aree, hanno fornito una notevole quantità di dati puntuali su edifici termali e, in più di un caso, ne hanno permesso per- sino una ricostruzione in elevato. Soprattutto per il periodo di massima fioritura degli edifici termali, cioè quello compreso fra il II ed il IV secolo d.C., la documentazione pro- veniente dalle villae risulta essere quella più completa e più chiaramente leggibile. Ciò è tanto più vero in quanto la più recente ricerca archeologica in Basilicata ha documenta-

fig. 86. . Fattoria/villa in località Mancamasone 132 Gualtieri

to con dovizia di dati sia uno sviluppo precoce delle villae in Basilicata2 5 (fig. 86), sia la presenza di monumentali complessi residenziali ad esse connessi, soprattutto fra il II secolo avanzato ed il V secolo d.C. Pertanto, la committenza privata di balnea per tali complessi rurali è in grado di compensare, almeno in parte, una documentazione sinora assai scarsa su simili impianti in contesti abitativi urbani. È da sottolineare, tuttavia, che l’analogia con siti urbani meglio conosciuti quale Paestum (nella Lucania occidentale), lascia pensare che gli sviluppi documentati nelle villae del territorio trovassero manife- stazioni paragonabili nelle residenze urbane. Nonostante l’esistenza di esempi precoci di villae rusticae in Basilicata, di cui si è fatto cenno, e fenomeni di diffusione del tipo di ‘villa catoniana’ già nel II secolo a.C. (Monte Irsi - Matera, Brienza - )26, è tutta- via solo a partire dagli anni finali del I secolo a.C. o, con maggiore certezza, dalla prima metà del I secolo d.C. che troviamo una documentazione chiaramente leggibile su impianti di balnea nella Basilicata centro-settentrionale, coerentemente con la già citata documentazione da Venusia, Aceruntia e Grumentum.

La villa di Masseria Ciccotti di Oppido Lucano

a) Il balneum di I Fase Nonostante le molte tracce di ba l n e a annessi a villae rus t i c a e tra la fine del I secolo a.C. ed il I secolo d.C., manca una documentazione sufficientemente completa, che sia raffron t a - bile con quella della confinante area lucano-occidentale (Buccino, Ricigliano) e che possa co s t i t u i r e un pe n d a n t per lo sviluppo di th e r mae e balnea, a parti r e già dal I secolo a.C., documentato (sia da testi epigrafici che da resti archeologici) in contesti urbani. Un esempio abbastanza ben conservato di caldarium, appartenente alla Fase I della villa in contrada Masseria Ciccotti di Oppido Lucano (fig. 87), di recente scavato, ci offre buoni elementi di documentazione per uno di questi impianti iniziali di balnea inseriti

fig. 87. Oppido Lucano. Villa di Masseria Ciccotti. Pianta generale con indicazione delle fasi edilizie

133 fig. 88. Oppido Lucano.Villa di Masseria Ciccotti. Veduta del caldarium della Fase I

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nella pars urbana delle villae del Potentino. Si tratta di un ambiente quadrangolare (vano 4/ovest) di m. 3,8 x 3,6 con 25 (disposte a file di 5 x 5) suspensurae (di cui alcune con- servate sino a circa 50 cm. di altezza) formate da mattoni circolari di circa 20 cm. di dia- metro appoggiate su di un pavimento di sesquipedales (tegole di 45 cm. di lato) (fig. 88). I quattro lati dell’ambiente sono invece circondati da pilastri di mattoncini rettangolari posizionati in corrispondenza degli allineamenti delle suspensurae. Nell’angolo nord- ovest dell’ambiente è conservato un breve tratto del pavimento al di sopra dell’interca- pedine, formato da un livello di bipedales (tegole di due piedi o 60 cm. di lato) su cui si appoggia uno strato di calcestruzzo di circa 10-15 cm. È evidente, tuttavia, che il mosai- co pavimentale rinvenuto si riferisce ad un riuso dell’ambiente nella Fase III (IV-V seco- lo d.C.) ed è infatti coevo ad un rifacimento dei muri dell’ambiente stesso di cui la pare- te ovest è la prova più chiara (fig. 89). Nonostante la esiguità dei resti ceramici rinvenu- ti nello scavo del riempimento dell’ipocausto, la costruzione del balneum è inquadrabile nella Fase I della villa (tra Augusto e la metà del II secolo d.C.: più probabilmente nel corso del I secolo d.C.). Le dimensioni stesse dell’ambiente si accordano con quelle di caldaria coevi, rinvenuti nella confinante area lucano-occidentale27. Non è stato identificato un praefurnium che, per svariate considerazioni, doveva trovar- si ad un livello leggermente più basso (secondo i dettami di Vitruvio)28, quindi lungo il lato sud (il declivio segue un andamento nord-sud). Esso pertanto dev’essere stato taglia- to nella Fase III dalla costruzione delle massiccie fondazioni del muro nord dell’aula absi- data. Tracce di bruciato e ceneri sono state notate al momento dello scavo delle fonda- zioni dell’edificio più tardo, anche se l’accentuato processo di erosione su questo lato del sito deve aver cancellato tracce più consistenti del praefurnium29. L’ambiente 4/ est, non esplorato al disotto del più tardo pavimento di IV secolo che unifica gli ambienti 4/est e 4/ovest in un unico ambiente, ma visibilmente separato da un muro di Fase I al di sotto

fig. 89. Oppido Lucano. Villa di Masseria Ciccotti. Dettaglio del mosaico sul fondo del frigidarium della Fase I

135 fig. 90. Oppido Luc a n o . Villa di Mas s e r i a Ciccotti. Canale di scari - co , in terracotta, del frigidarium (ambiente 20)

del pavimento tardo, potrebbe aver funzionato da tepidarium o altro annesso del bal - neum. Parimenti, il piccolo ambiente di circa m.3,6 x 2,5 compreso fra gli ambienti 3 e 4 e pavimentato da uno spesso strato di cocciopesto doveva essere indubbiamente colle- gato con gli altri ambienti del balneum. L’ambiente 12, da cui si accedeva negli ambien- ti 4/ est e 4/ ovest avrebbe potuto fungere da apodyterium. Sul lato nord è invece collo- cato il frigidarium /piscina una vasca rettangolare di circa m. 3,5 x 2,5 con tre gradini sul lato est, quindi accessibile dal lato nord-et del presunto apodyterium (ambiente 12). La canalizzazione in tubuli di terracotta del diametro di circa 15 cm., rinvenuta al disot- to del pavimento tardo dell’ambiente 3, più ad ovest, mostra una leggerissima pendenza da nord-est a sud-ovest. Essa è stata esplorata solo per un tratto di ca. 5 m.30, ed è risul- tata appartenere alla I Fase edilizia, dato che viene tagliata da un muro di fine II-III seco- lo d.C. (fig. 90). Pertanto è stata interpretata quale conduttura di scarico della piscina (la tubatura di rifornimento idrico doveva invece provenire da nord, la parte leggermente più elevata del plateau). b) I grandi bagni di II Fase (scavi Di Cicco) Alcuni degli edifici centrali di un monumentale ba l n e u m sono stati scavati all’inizio del

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fig. 91. Oppido Luc a n o . Villa di Masseria Cic c o t t i . Piscina della Fase II (disegno V. Di Cic c o )

secolo dall’allora Soprintendente V. Di Cicco e mai pubblicati. Una concisa relazione di sc a v o, corredata di una dettagliata pianta in scala 1:100 ed alcune fotografie sono state recuperate in un recente spoglio della documentazione degli archivi della Sop r i n t e n d e n z a Acheologica della Basilicata e messe a disposizione dello scrivente, grazie alla cortesia della Dott.ssa A. Russo (figg. 91-92-93). La documentazione fotografica allegata alla rel a z i o n e di scavo ci fornisce anche una collocazione precisa della pi s c i n a allineata con la cisterna terminale dell’acquedotto e poco più ad est di essa (fig. 94). Per tanto, sulla base di alcu- ne tracce dei muri perimetrali, visibili in superfi c i e nonostante il successivo riempimento dello scavo, è stato possibile inserire il complesso nella pianta genera- le della vi l l a in corso di scavo, all’estremità nord-ovest della pars urbana della villa. Pur in assenza di specifici dati scavo, è quindi possibile fo r m u l a r e ipotesi sia sul tipo d’impianto che sulla cro- nologia. Ipotesi che risultano tanto più attendibili in

figg. 92-93. Oppido Luc a n o . Villa in località Mas s e r i a Cic c o t t i . Te r me della Fase II (foto V. Di Cicco)

137 fig. 94. Oppido Luc a n o . Villa di Masseria Cic c o t t i . Pianta delle fasi edilizie del primo e del medio Imp e r o (20=frigidarium; 12=apodyterium, con caldarium in basso

quanto il complesso risulta poi inseribile nella periodizzazione della villa oramai definita con una certa precisione sulla base dei contesti ceramici associati. Un elemento indubbia- mente caratteristico degli sviluppi dei grandi impianti termali a parti r e dal II secolo d.C. è l’organizzazione compatta31 degli ambienti principali dell’impianto e la pianta unificata del sistema calida piscina/ca l d a r i u m , con abside terminale per ciascuno dei due ambienti. Un simile sviluppo planimetrico pone di per sè il ba l n e u m ma g g i o r e di Masseria Ciccotti in un periodo non precedente agli sviluppi architettonici di età adrianea32 . Ci sembra pertanto possibile, sia pur in assenza di dati di scavo, inquadrare il balneum in questione nella II Fase edilizia della villa in corso di scavo a Masseria Ciccotti datata, sulla base delle sequenza stratigrafica e dei dati ceramici associati, al periodo compreso fra la metà del II secolo d.C. ed i primi decenni del III d.C33. In tale periodo sembrerebbe altresì inquadrabile, sia pur ipoteticamente e sulla sola base della tecnica edilizia, la costruzione dell’acquedotto, la cui esistenza costituisce un pre- supposto necessario per il rifornimento idrico del balneum stesso34. L’esistenza di un impianto termale di tali dimensioni e caratteristiche architettoniche, paragonabile per dimensione ad impianti termali pubblici di Velia ed anche di Paestum,35 ha naturalmente notevoli implicazioni per l’interpretazione complessiva della villa di II Fase in corso di scavo a Masseria Ciccotti, sia per quanto riguarda l’estensione complessiva sia per la valu- tazione delle caratteristiche generali ed il livello di complessità architettonica della sua pars urbana. A causa della mancanza di precisi dati di scavo, non è possibile al momento stabilire la durata di uso del balneum e, soprattutto se esso venisse ancora utilizzato (con probabili modifiche) durante il periodo tardo-antico, successivamente alle radicali trasformazioni subite dal nucleo residenziale della villa, con la costruzione dell’aula absidata e della tri - chora nel corso del IV secolo d.C. L’assenza di altri ambienti termali che possano attri- buirsi al nucleo residenziale di età tardo-antica, nonostante lo scavo piuttosto estensivo

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del complesso, lascia pensare che ‘i grandi bagni’ (e quindi l’acquedotto) funzionassero ancora nella fase tardo-antica della villa, nonostante l’apparente distanza (40/50 m.) dal nucleo aula absidata/trichora. È stato già sottolineato altrove36 che una tale distanza, crea- ta dal ‘vuoto’ di costruzioni nell’area nord-ovest, è più apparente che reale: l’esistenza di una corte a cielo aperto con portico o altri edifici, almeno lungo il lato est è ipotizzabi- le, anche in base alla disposizione degli edifici moderni. Se una tale ipotesi sarà confer- mata dallo scavo, avremmo un ulteriore elemento atto a qualificare gli aspetti di monu- mentalità del complesso di età medio-imperiale ed un nuovo dato per valutare possibili elementi di continuità fra le Fasi I-II di età imperiale e la Fase III del Tardo-Antico.

La villa di San Pietro di Tolve

Un secondo complesso rurale in corso di scavo in agro di Tolve (fig. 95), non lontano dal comprensorio dell’alto Bradano appena considerato, ci fornisce un impianto terma- le chiaramente leggibile nelle sue caratteristiche planimetriche e databile, sulla base di precisi dati stratigrafici, fra la metà del II secolo d.C. e gl’inizi del III37. Si tratta di un balneum dalla pianta abbastanza semplice, con gli ambienti principali disposti lungo due linee parallele, secondo la tipologia elaborata da Krenker e adottata nella classificazione di Nielsen38. Le dimensioni stesse dei singoli ambienti (ca. m. 4 x 4,5 fig. 95.Tol v e. Villa di San per i caldaria e ca. m. 4 x 2,6 per il frigidarium) forniscono l’impressione di un impian- Pie t r o. Pianta general e to ancora abbastanza tradizionale, ancorato agli sviluppi planimetrici dei balnea della con indicazione delle fasi. Tarda-Repubblica e del Primo Impero, assai poco influenzato dai vistosi sviluppi di età In rosso il Periodo 1 (1- 150 d.C.); in giallo il adrianea. È stato giustamente sottolineato che il nuovo senso dello spazio e le moltepli- Periodo 2 (150-250 ci soluzioni di ‘architettura curvilinea’ introdotti in età adrianea trovano un pronto rifles- d.C.); in ver de il Per i o d o so sia nella penisola italiana che nelle province e soprattutto nell’architettura dei balnea 3 (250-520 d.C.); in blu e delle villae39, aspetto peraltro ben visibile nella pianta sinora recuperata dell’edificio ter- il Periodo 4 (1300- male di Masseria Ciccotti, ascrivibile alla seconda metà del II secolo d.C. 1450). Gli ambienti dal 13 al 25 costituiscono il Il balneum di San Pietro di Tolve, pur non mostrando alcuna delle caratteristiche della qu a rt i e r e termale ‘nuova architettura’ di età adrianea, include tuttavia alcuni aspetti che potrebbero ricon- (H. Di Giu s e p p e ) dursi ad impianti termali di II secolo d.C., quali la presenza di ben quattro caldaria

139 (ambienti 6, 12, 20 e 33)4 0. fig. 96. Ruo t i . È evidente, dunque, che, se Veduta aerea da un lato il ba l n e u m de l l a della villa di San Gio van n i villa di San Pie t r o di Tol v e è atto a sottolineare l’i m p o rt a n - za architettonica di questo complesso nel corso del II secolo d.C., d’altra parte s’i n - quadra molto meglio in un tipo di architettura ancora tradizionale quale quella dei Periodi 1 e 2 della villa di San Gio vanni di Ruoti (vedi in f r a) piuttosto che sulla scia dei vistosi sviluppi mostrati nello stesso periodo dai ba l n e a di a l t re v i l l a e della Ba s i l i c a t a ( Masseria Ciccotti, Cu g n o dei Vagni, Casa del Dia v olo e p robabilmente anche Sa n Gilio di Oppido Luc a n o ) .

La villa di San Giovanni di Ruoti fig. 97. Ruoti. Villa di San Gio vanni. Pianta della villa del Periodo 2B. Il balneum La recente pubblicazione analitica dei risultati degli scavi condotti a San Giovanni di corrisponde agli 41 Ruoti (fig. 96), ci fornisce la più completa documentazione sinora disponibile in area ambienti 24-27 lucana di un balneum di età tardo-antica, annesso ad una villa/praetorium42, la cui pian- (da SMALL-BUCK ) ta architettonica si sviluppa con caratteri- stiche monumentali (con la inclusione di una grande aula absidata quale ambiente centrale della residenza, nel corso del V secolo d.C. e sino alla metà del VI (Periodi 3A e 3B). La completezza dello scavo, che ha esplorato gran parte dell’area residenzia- le della villa, nelle sue diverse fasi edilizie, ha inoltre permesso di recuperare una pian- ta sufficientemente completa del balneum appartenente al Periodo 2 (fig. 97), prece- dente cioè il fenomeno di monumentaliz- zazione della villa (Periodo 3A), che si data intorno al 400 d.C., fornendoci una pre- ziosa spia sulle profonde trasformazioni verificatesi nell’ a rchitettura degl’ i m p i a n t i termali fra il periodo alto e medio imperia- le ed il Tardo-Antico.

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Il balneum del Periodo 2 si presenta come un impianto piuttosto semplice, con gli ambienti distribuiti lungo un asse nord-sud, all’estremità occidentale della villa. Esso include un frigidarium di ca. m.7 x 5 con pavimento in cocciopesto (ambiente 24); un piccolissimo ambiente di m.2 x 1,5, con pareti foderate di cocciopesto e conservate sino ad un’altezza di 50 cm., che doveva servire da piscina; un tepidarium di ca. m.5x4 (ambiente 27) e, lungo le stesse pareti, un caldarium di ca. m. 3,5 x 4 con una piccola vasca per acqua calda all’estremità sud. Da questo lato, cioè lungo la direzione del decli- vio, gli scavatori ipotizzano la presenza della fornace per il riscaldamento43. Il grande vano quadrangolare di m. 7,5 x 5 con pavimento in cocciopesto (ambiente 25), immediatamente ad est e da cui si accedeva al frigidarium fungeva probabilmente da apodyterium o vestibulum. Nel complesso, tuttavia, nonostante le dimensioni ragguarde- voli di ca. 250 mq., si tratta di un balneum d’impianto assai tradizionale, e di modeste esigenze, per il rifornimento idrico del quale era sufficiente una cisterna, collocata all’e- stremità nord del cortile centrale della villa. Un simile impianto, nonostante la colloca- zione cronologica nell’ambito del IV secolo d.C. proposta dagli scavatori, risente assai poco degli sviluppi dell’architettura termale di II secolo d.C., già citati e ben rispecchia- ti invece nei grandi balnea ‘di lusso’ esistenti nelle villae di Masseria Ciccotti, Casa del Diavolo e fors’anche San Gilio, per rimanere nello stesso ambito regionale. Esso sem- brerebbe raffrontarsi piuttosto con il balneum di San Pietro di Tolve, la cui costruzione si pone nell’ambito del II secolo d.C.: in ambedue i casi prevale uno spiccato elemento

fig. 98. Ruoti. Villa di San Gio vanni. Pia n t a della villa del Periodo 3B. Il balneum corrisponde agli ambienti 45-53 (da SM A L L - B UCK 1994)

141 di tradizionalismo ed un carattere assai più utilitario dell’edificio termale. A part i re dall’inizio del V secolo d.C. (Periodi 3A e 3B), invece, la villa di San Giovanni di Ruoti mostra un evidente fenomeno di monumentalizzazione, ben visibile anche nell’architettura e decorazio- ne pavimentale del balneum, collocato ora all’estremità sud-est del complesso residen- ziale (fig.98). È da osservare che esso era costituito da un gruppo compatto di ambienti (45-53, di cui 45 costituisce un vestibolo o anticamera) con orientamento leggermente diverso da quello del resto del complesso, fatto che ha lasciato pensare che esso sia stato aggiunto succesivamente alla costruzione originaria del complesso di fase fig. 99. Ruoti. Villa di 3A44. L’accesso al balneum era collocato all’estremità est del passaggio a terrazzo (ambien- San Gio vanni. Veduta del te 43) che immetteva sul lato ovest del vestibolo 45. L’accesso visibile nella pianta sul balneum del Periodo 3 muro nord dell’ambiente 45 è stato aperto successivamente (nel Periodo 3B) quando il nucleo residenziale principale della villa, inclusa l’aula absidata, era stato spostato all’e- stremità nord-est del complesso. L’ambiente 49, cui si accedeva da 45, era un frigidarium absidato con uno spesso pavimento in calcestruzzo, che viene successivamente arricchi- to di pavimentazione musiva nel periodo 3B, ed un canale di deflusso nella parte cen- trale (fig. 99). Lungo il lato est del frigidarium era collocata una piscina di piccole dimen- sioni (m. 2,5 x 1,5; profondità m. 1,65), separata dalla parte principale dell’ambiente da una lunga soglia (m. 2,5), al disotto della quale erano due gradini di accesso al fondo della vasca. Da una porta nella parete ovest del frigidarium si accedeva ad un altro ambiente absidato con ipocausto (48) con suspensurae di mattoni circolari, interpretabi- le come tepidarium, data la maggiore distanza dalla fornace, posta all’estremità sud del- l’ambiente 53. Da 48 si accedeva in un piccolo ambiente quadrato (52), anch’esso con analogo apprestamento di ipocausto, che sosteneva un pavimento in opus signinum, e con tubuli rettangolari lungo le pareti per la circolazione di aria calda: era probabilmente un ambiente per sudationes, piuttosto che un semplice caldarium, in considerazione anche dell’assenza di qualsiasi traccia di una vasca per acqua calda. Da 52 si accedeva nell’am- biente 53, absidato su ambedue i lati corti, anch’esso con ipocausto; come ci si aspette- rebbe dalla sua collocazione prossima alla fornace (immediatamente all’esterno del lato sud), si tratta di un esempio canonico di caldarium, con la vasca dell’acqua calda collo- cata in una estensione rettangolare sul lato sud (il più vicino alla fornace). Alcuni rifaci- menti minori vengono effettuati successi-vamente alla costruzione degli inizi del V seco- lo d.C. e prima della fine del Periodo 3A (intorno al 460 d.C.) e poi nel Periodo 3B (dal 460 d.C. sino a ca. 525 d.C.). Le modifiche nel corso del Periodo 3A riguardano prin- cipalmente l’aggiunta di una latrina (il piccolo ambiente 47 all’esterno dell’abside del- l’ambiente 48 ed a cui si accedeva direttamente dal vestibolo (ambiente 45) ed una ripa- razione dell’ipocausto dell’ambiente 53 con la sostituzione di una parte delle suspensurae di mattoncini circolari con pilae di pietra vulcanica. Verso la fine del periodo 3A vengo- no infine aggiunti due ambienti di servizio (46 e 50) lungo il lato ovest del balneum.

142 Gualtieri

Nel Periodo 3B le modifiche principali riguardano la ripavimentazione degli ambienti. Il frigidarium (ambiente 49) viene ripavimentato con un elegante mosaico geometrico policromo a rosetta centrale, mentre l’ipocausto dell’adiacente tepidarium (ambiente 48), danneggiato probabilmente da un crollo, viene riempito e ripavimentato anch’esso con un mosaico policromo a grandi tesserae, di cui rimane un tratto della fascia a guilloche che ne costituiva il riquadro, per un probabile riuso come un secondo frigidarium, secondo quanto ipotizzato dagli scavatori45. Per quanto riguarda gli elevati, che rimangono sostanzialmente immutati nel corso del Periodo 3, la ricostruzione proposta è basata sulla osservazione che si tratta di un grup- po compatto di ambienti absidati con muri sufficientemente solidi per sostenere una copertura a volta (figg. 100-101). Pertanto, i quattro ambienti riscaldati (48, 51, 52 e 53) erano molto probabilmente coperti con una serie di volte a botte parallele. È facile osservare, sia sulla pianta che sulla ricostruzione assonometrica, che il complesso del bal - fig. 100. Ruoti. Villa di neum risulta perfettamente orientato con l’aula absidata del periodo 3A (periodo in cui San Gio van n i . Assonometria della villa esso viene costruito) mentre mostra una leggera sfasatura nell’orientamento rispetto alla del Periodo 3 (da pianta del Periodo 3B, in cui l’aggiunta della nuova aula absidata all’estremità nord-ovest SM A L L - B UCK 1994) viene a condizionare l’orientamento generale della villa, la cui superficie complessiva risulta raddoppiata rispetto a quella del precedente periodo. fig. 101. Ruoti. Villa di Le accresciute necessità di approvvigionamento idrico che un simile impianto comporta San Gio van n i . Ri c o s t r uzione della villa vengono ora soddisfatte mediante un impianto di canalizzazione di acque imbrigliate da 46 del Periodo 3 (da sorgenti poco più a monte, ad una distanza compresa fra 400 e 600 m. , di cui è ben SM A L L - B UCK 1994) conservato il tratto terminale. Parte della costruzione originaria del canale è stata oblite-

143 rata dalla estensione del complesso verso nord-est, dalle successive costruzioni del Periodo 3B. Pertanto conosciamo la struttura dell’acquedotto solo nella sua fase di fine V secolo, anche se, presumibilmente, la sua costruzione deve risalire almeno sino alla fine del IV secolo d.C., cioè al momento immediatamente precedente la costru z i o n e del grande b a l n e u m del Periodo 3. Il tratto finale di una condotta sotterranea emer- g e va nell’ a rea immediatamente ad est dell’ambiente 61. In questo punto la sezione del canale (foderato di tegole) misurava 61 cm. in altezza per 50 cm. di larghez z a . Pro s e g u i va quindi, senza copertura, verso sud lungo l’ambiente 61, sino all’ a n g o l o n o rd-est dell’ambiente 68 dov’era situato un sistema di distribuzione con una picco- la costruzione in mattoni, interpretata dagli scavatori come castellum aquae4 7. Qui la canalizzazione si biforc a va, in un ramo ovest che raggiungeva, in una condotta a pre s- sione, il b a l n e u m, entrando dall’ambiente 45 ed un canale lungo il limite est del- l’ambiente 68 e quindi del b a l n e u m. Questo secondo canale, con una sezione di par- tenza (al punto in cui esce dal presunto c a s t e l l u m) di cm. 24 x 18, quindi notevo l- mente ridotta rispetto a quella della ‘s p e c u s’ della condotta sotterranea, viene inter- p retato come probabile condotta del surplus di acqua non utilizzata per il b a l n e u m. Ai tre citati esempi, oggetto di esplorazione sistematica mediante scavo sono da a g g i u n g e re alcuni esemplari di b a l n e a o t h e rm a e noti o da scavi parziali o da rileva- menti effettuati in seguito a ricognizioni di superficie.

La villa di Albero in Piano di Rapolla

Un piccolo ambiente re t t a n g o l a re, rinvenuto dagli scavi inglesi del 1971 in località A l b e ro in Piano (Rapolla), è stato interpretato al momento della scoperta quale f r i g i - d a r i u m di un b a l n e u m a p p a rtenente alla pars urbana di una villa di ragguard e vo l i dimensioni. L’ambiente include un mosaico in bianco-nero con decorazione di ele- menti marini ed un ippocampo al centro, databile al II secolo d.C. (pro b a b i l m e n t e intorno alla metà del secolo). Nonostante l’esiguità dell’ a rea scavata, si tratta di un un b a l n e u m che s’inquadra molto bene negli sviluppi di ambienti termali nel corso del II secolo documentati in contesti di v i l l a e. Anche se non sia più accettabile l’ipotesi ori- ginaria degli scava t o r i4 8 che si trattasse specificamente della villa a cui appart e n e va la sepoltura con il ben noto ‘s a rcofago di Me l f i’, rinvenuto in agro di Rapolla4 9, dove va trattarsi di una villa di un certo rilievo con un esempio di b a l n e u m paragonabile a quello rinvenuto a Masseria Ciccotti/Fase I o a San Pi e t ro di To l ve.

La villa di Casa del Diavolo di Lavello

Un imponente impianto termale di età imperiale (fig. 102) appartiene ad una estesa villa in località Casa del Di a volo (Lave l l o )5 0, di cui, pur in mancanza di scavi siste- matici, è stato di recente recuperato un rilievo architettonico dettagliato5 1. Un nucleo centrale del grande b a l n e u m, in opera laterizia è conservato in elevato (un edificio re t t a n g o l a re con volta a botte). Esso si dispone topograficamente all’ e s t re m i t à sud di un gruppo di ambienti gravitanti intorno ad un vasto cortile centrale, con orientamento dive r s o. Accanto all’ambiente re t t a n g o l a re, a volta, di m. 4 x 5 è un

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fig. 102. Lavel l o . Villa di “Casa del Di a vo l o ”. Pianta del complesso con balneum (da ROS U C CI 1987) BALNEUM

ambiente absidato (forse un c a l d a r i u m) e quindi un altro ambiente re t t a n g o l a re più grande, con pavimento a cocciopesto. Il tipo di costruzione e la pianta lascere b b e ro p e n s a re ad una datazione del complesso certamente non anteriore al II secolo ava n- zato, probabilmente databile nel III secolo o inizi del IV d.C.

Acquedotti, fontane e ninfei

Lo sviluppo degli acquedotti nella Basilicata romana

Due citazioni letterarie, relative ad aree confinanti con la Basilicata, sottolineano l’im- portanza dell’acqua e dei sistemi di approvvigionamento idrico nello sviluppo della regione in età Romana. Il primo passo, tratto dalla descrizione oraziana del ben noto viaggio da Roma a Brindisi (Hor. Sat. I, 5, 88-89), esprime meraviglia nel constatare che «venit vilissima rerum hic aqua» («in questo luogo si vende l’acqua, la più comune delle cose»), riferendosi probabilmente ad una località minore posta fra Aequum Tuticum (Ariano Irpino) nell’antica Irpinia ed Ausculum (Ascoli Satriano), nella Daunia, sulla sponda sinistra dell’Ofanto. Il secondo passo, invece, appartiene alla metà del II secolo d.C. (Philostratus, Vita Sophistarum II, 1, 551) e ci riferisce una tradizione attendibile, secondo cui l’acquedotto di Canusium sarebbe stato realizzato grazie alla munificenza di

145 Erode Attico: «Okise de (...) kai to en te Italia Kanusion emerosas udati» cioè «..costruì quindi(..) in Italia ciò che vivifica Canosa con l’acqua»52. Un tale passo testimonia anche, con laconica chiarezza, una concezione diffusa nel mondo antico sulla possibilità di rivi- talizzare una regione mediante un adeguato sistema di approvvigionamento idrico53 Lo sviluppo di elaborati sistemi di approvvigionamento idrico costituisce senza dubbio un fenomeno che si manifesta in concomitanza con la romanizzazione della regione e, sotto vari rispetti, sia la documentazione archeologica che le epigrafi relative ad impian- ti idrici ci permettono di seguirne l’evoluzione nel corso dell’età imperiale. A tal riguar- do, non sorprende il fatto che, a giudicare dalla documentazione sinora disponibile, sem- brerebbe esservi un parallelismo cronologico fra lo sviluppo degli acquedotti e quello degli edifici termali: giustamente, Palladio (De agri cultura 1.39) sottolinea l’importanza dell’approvvigionamento idrico per il funzionamento di thermae e balnea. Allo stato attuale della documentazione, Grumentum sembre rebbe fornirci la docu- mentazione più antica di un acquedotto: sono stati identificati vari tratti del perc o r s o , con paramento in opera quasi reticolata ed il probabile castellum aquae in pro s s i m i t à delle mura, sotto forma di un notevole ammasso di detriti5 4. Sulla base della tecnica edi- lizia impiegata e delle marcate analogie che esso presenta con le mura di cinta, databili anche in base a dati epigrafici, una datazione nella seconda metà del I secolo a.C. sem- bra ve ro s i m i l e . Per ragioni facilmente intuibili, quando si consideri l’importanza che le risorse idriche del medio Ofanto hanno ricoperto nella storia della Basilicata, anche a Venosa e nel suo territorio troviamo, ancora nell’ambito del I secolo a.C., testimonianze assai chiare di un acquedotto che serviva la città. Sia l’iscrizione (AE 1973, n.201) che le tracce rinvenu- te55, nonchè il monumentale sistema di cisterne/castellum aquae di recente scavate sotto il castello (cioè sul punto più alto dell’area urbana) sono databili ad età augustea, e per- tanto non lasciano ombra di dubbio sulla esistenza di un sistema di approvvigionamen- to idrico dal territorio circostante già agli inizi del I secolo d.C. Mancano altri documenti epigrafici per il periodo imperiale e tardo-antico, in tutta l’a- rea lucana, con la sola eccezione della iscrizione Mello-Voza n.110 proveniente da Paestum56, il più importante centro urbano della Lucania occidentale. Nonostante non faccia parte della Basilicata, l’area qui considerata in maniera specifica, l’epigrafe viene citata per la menzione che in essa viene fatta di riparazioni effettuate in epoca tardo-anti- ca. Essa ci documenta un fenomeno di mantenimento e probabilmente in alcuni casi anche di ristruttura zione di acquedotti preesistenti in età tardo-antica, un dato che sem- bra applicabile ad altri casi in cui, pur mancando l’evidenza specifica, è ragionevole pen- sare che il sistema di rifornimento idrico sia stato mantenuto in funzione sino all’ab- bandono del sito (infra: si consideri il caso di Masseria Ciccotti e San Gilio). Per il resto, la documentazione disponibile per lo sviluppo degli acquedotti in Basilicata durante i secoli dell’Impero è totalmente confinata all’evidenza archeologica, ed esclusi- vamente ad insediamenti rurali (villae), dove è dato, peraltro, trovare qualche esempio in perfetto stato di conservazione. Nonostante la mancanza di dati puntuali di scavo (ad eccezione del caso di San Giovanni di Ruoti, per cui tuttavia la documentazione è limi- tata al V secolo d.C.), i dati disponibili lasciano pensare ad un vero e proprio ‘boom’ di impianti di rifornimento idrico in alcune zone della Basilicata nel corso del II secolo d.C. L’evidenza più chiaramente leggibile è quella di recente raccolta nel comprensorio del- l’alto Bradano dove un progetto di ricerca territoriale (survey), in corso, ha già fornito

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dati puntuali per ipotizzare un sistema di distribuzione idrica assai articolato, funziona- le ad una occupazione della campagna con un sistema articolato di v i l l a e, distribuite lungo i tracciati della viabilità secondaria ad una distanza di non oltre 2-3 km l’una dal- l’altra (i n f ra, fig. 111), in un periodo compreso fra l’età augustea e gli Antonini (dall’ i- nizio del I secolo d.C. fino al II secolo avanzato ed in molti casi sino alla prima metà del III sec. d.C.).

La Basilicata centro-settentrionale

La villa di Masseria Ciccotti di Oppido Lucano

Pur nella persistente incertezza cronologica, si tratta di un esempio eccezionalmente ben conservato e chiaramente ricostruibile di acquedotto. Fa parte di un vasto sito di età imperiale che, nel periodo di massima estensione, occupava una superficie compresa fra due e tre ettari. L’esplorazione archeologica, in corso, ha sinora messo in luce una monu- mentale pars urbana ed un complesso di edifici di servizio, con apprestamenti produtti- vi, fra cui una fullonica, che probabilmente facevano parte di un vero e proprio vicus annesso alla villa. Inoltre, il fatto che l’acquedotto servisse anche per il funzionamento

fig. 103. Oppido Lucano.Villa di Masseria Ciccotti. Veduta generale (da sud) dell’edificio principale della masseria costruito al di sopra delle volte del castellum aquae

della fullonica (oltre che per il grande impianto di balneum già descritto) è mostrato da una tubatura di terracotta che approvvigionava una delle vasche della fullonica. Sulla base della tecnica costruttiva (rivestimento in opus vittatum) e della sua diretta asso- ciazione al grande balneum, appartenente verosimilmente al II secolo avanzato per il tipo di impianto ed articolazione planimetrica, i resti visibili delle arcate terminali che soste-

147 fig. 104. Oppido Lucano.Villa di Masseria Ciccotti. Dettaglio dell’angolo nord-ovest con immissione della specus

fig. 105. Oppido Lucano.Villa di Masseria Ciccotti. Castellum aquae. Dettaglio del paramento in opus vittatum (contrafforte dell’angolo sud-ovest) 148 Gualtieri

nevano in elevato la conduttura (specus), nonchè il castellum aquae, vengono datati alla seconda metà del II secolo d.C. Non è da escludere, tuttavia, che vi fosse un sistema di approvvigionamento idrico preesistente (sia per il piccolo balneum di prima fase che per il rifornimento della fullonica) sul quale si imposta l’impianto monumentale conservato in elevato (figg. 103-104-105). L’elemento più chiaramente leggibile dell’acquedotto di età medio-imperiale è il grande serbatoio terminale di distribuzione (castellum aquae) a doppia camera, rinforzato all’e- sterno da tre contrafforti su ciascun lato57. Si tratta, come si è detto, di un casteIlum ter- minale di distribuzione58, paragonabile per stato di conservazione a quello meglio noto di Pompei nei pressi di Porta Vesuvio, scavato agl’inizi del secolo. Il castellum è quasi intatto salvo che sul lato est, dove l’aggiunta moderna del vano scala per il piano supe- riore della Masseria ne ha obliterato i contrafforti. L’interno, con copertura a doppia volta a botte, è separato in due camere di identiche dimensioni da un muro centrale a doppia apertura con arcate che rendevano le due camere intercomunicanti. È conserva- to l’attacco dell’ultima arcata alla parete ovest nonchè l’accesso della specus nel serbatoio sull’angolo nord-ovest a circa quattro metri di altezza dall’attuale piano di campagna, ben visibile dalla foto. La presenza del tratto terminale della specus (lato ca. 40 cm., con pareti interne foderate di cocciopesto) all’interno della parete ovest permette anche il cal- colo esatto della capacità del castellum, dato che segna il livello massimo raggiunto dal- l’acqua all’interno della cisterna. Il percorso della conduttura su arcate, almeno nel suo tratto terminale è ricostruibile con pr ecisione poichè restano tre pilastri in laterizio su di un allineamento est-ovest (analogo al l ’orientamento dei lati lunghi del ca s t e l l u m ), leggermente più a nord della parete nord dello stesso. L’ultimo di tali pilastri è stato chiaramente realizzato quale pilastro d’a n g o l o , con la parte in elevato rotata di ca. 45° rispetto alla base ed allineata con l’a r cata di attac- co alla parete ovest del ca s t e l l u m sopra menzionata. È stato inoltre rinvenuto, in superfi -

fig. 106. Oppido Lucano.Villa di Masseria Ciccotti. Ricostruzione grafica dell’acquedotto con Autocad 149 fig. 107-108. Oppido Lucano.Villa di Masseria Ciccotti. Ricostruzione grafiche del castellum aquae con Autocad

cie, un grosso frammento di arcata in laterizio che ne ha permesso il calcolo del dia- m e t ro. La ricostruzione effettuata in Autocad del tratto terminale dell’acquedotto di Masseria Ciccotti è riuscita pertanto a tener conto di tali dati puntuali (figg. 106- 1 0 7 - 1 0 8 ) . Per quanto riguarda la cronologia, come già accennato, l’acquedotto è inquadrabile nella seconda fase edilizia della vi l l a (metà II-inizi III secolo d.C.), pur in assenza di specifici dati di scavo, essendo chiaramente connesso alla costruzione del grande ba l n e u m , imme-

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diatamente ad est di esso, ed al fenomeno di estensione del complesso in età medio-impe- riale. Se una tale data verrà confermata da più approfondite indagini del complesso, è pos- sibile ved e r vi il riflesso delle grandi opere idrauliche effettuate nel confinante territorio canusno grazie alla munificenza di Erode Attico e, molto probabilmente, rispondenti a specifici interessi fondiari di questo ‘miliardario antico’59, la cui consorte, Annia Regilla, apparteneva ad una ben nota famiglia aristocratica radicata a Canusium, con vaste pro- prietà fondiarie nella zona. Giustamente, è stato già sottolineato il fatto che la Metilia Torquata (CIL IX, 658), titolare del sarcofago di età antonina rinvenuto nel territorio di Atella, (ora nel Museo Nazionale di Napoli) appartiene all’albero genealogico della fami- glia di Erode Attico60, un dato che potrebbe pertanto costituire la testimonianza di altre proprietà terriere di Attico in territorio venusino (fra Atella e ), cioè in quella stessa media valle dell’Ofanto da cui egli attinge le acque per il grande acque- dotto di Canusium61.

La villa di San Gilio di Oppido Lucano

Una grande cisterna divisa in tre camere rettangolari di ca. m.7 x 4 (per una superficie complessiva di ca. m.7 x 12) si trova all’estremità sud-ovest (in posizione sommitale) del

fig. 109. Oppido Lucano.Villa di San Gilio.Pianta in fasi. Gli ambienti 12-13-14 costituiscono il collettore/cisterna 151 fig. 110. Oppido Lucano.Villa di San Gilio.Veduta dei resti

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plateau in contrada San Gilio, su cui è in corso di scavo una villa (figg. 109-110), data- ta fra l’età tardo-repubblicana (a cui appartiene la poderosa basis villae lungo il margine sud-est dello stesso plateau) ed il tardo antico62. È conservato parte dell’elevato in opera laterizia ma non la copertura, che dove va essere a volta, mentre sembra appurato che le t re camere erano intercomunicanti mediante pareti divisorie ad arcata. Nulla è docu- mentato del sistema di rifornimento che dove va probabilmente avve n i re incanalando le acque di sorgenti vicine, più a monte, mediante un sistema di canalizzazione sotterra- nea, non diversamente da quanto documentato (per un periodo più tardo) a Sa n Gi ovanni di Ru o t i . Nulla è possibile dire, allo stato attuale dell’esplorazione del sito, sulla datazione di un Fig. 111. Pianta del simile impianto63 che, seppur rimaneggiato ed ampliato in un periodo più tardo, potreb- territorio fra Oppido be appartenere alla fase originaria della villa, come mostrano analoghi esempi di cister- Lucano e il fiume ne annesse a villae del I secolo a.C./I secolo d.C. da varie regioni della penisola italiana. Bradano con indicazio - Su questo sito, in un’area prossima alla cisterna appena descritta, è documentata anche ne delle condutture ”64 idriche identificate una “fontana monumentale di cui è conservato il basamento in opera laterizia, di ca. (H. Fracchia e m. 3,5 x 1,5. Essa rappresenta un raro esempio di tale tipo di apprestamento in conte- A. Jansen) sto di villa.

153 L’alta valle del Bradano

L’aspetto più interessante della ricerca territoriale in corso nell’alta valle del Bradano è r a p p resentato dalla documentazione per un sistema di rifornimento idrico assai più a rticolato di quanto la documentazione dei due acquedotti sopra descritti lasciasse s o s p e t t a re. La pro s p ezione archeologica di superficie, soprattutto nell’ a rea compre s a fra il torrente Va rco ed il corso del Bradano, su di una estensione di oltre 10 kmq. ha messo in luce una serie di canalizzazioni collaterali, costituite da collettori di acque s o r g i ve, cisterne di raccord o6 5, e tratti di s p e c u s sotterranea (nei pressi dell’ a t t u a l e Masseria Caronna), e cisterne di raccordo lungo il percorso della s p e c u s che lasciano p e n s a re ad una rete di distribuzione capillare per il sistema di v i l l a e esistenti nel com- p rensorio in età imperiale (fig. 111). Il sistema è ancora in corso di studio, anche se ne è stata già presentata una relazione pre l i m i n a re (Jansen c.s.). Allo stato attuale della documentazione sembre rebbe già poter sottolineare due aspetti: a) da un lato, la nuova documentazione rafforza notevolmente il quadro, già pro- posto sulla base della sola documentazione proveniente dallo scavo di Masseria Ciccotti66, di un notevole sviluppo del comprensorio rurale dell’alto Bradano nella seconda metà del II secolo d.C. Ciò potrebbe essere dovuto ad attività evergetiche da parte di grosse famiglie con interessi fondiari che travalicano i limiti del comprensorio in esame ed è probabilmente collegato con gli sviluppi di età medio-imperiale nei territori di Venusia e Canusium già menzionati. b) dall’altro, i raffronti che possono stabilirsi con sistemi idraulici esistenti in altri comprensori rurali, che dovevano essere piuttosto diffusi67 anche se sinora documentati soprattutto nel Lazio e nell’Etruria meridionale e solo di recente oggetto di indagine sistematica68, lascerebbe pensare alla possibilità di uno sviluppo che inizia già in epoca alto-imperiale69 e quindi corrispondente alla Fase I del sito di Masseria Ciccotti (con la concomitante costruzione della fullonica).

Il complesso di San Giovanni di Ruoti

Il sistema di rifornimento idrico del pra e t o r i u m ta r do-antico di San Gio vanni di Ruoti è stato già descritto in relazione all’a p p r ovvigionamento del ba l n e u m a cui era funzionale. Nel l ’ambito di questa discussione degli acquedotti documentati in contesto di vi l l a e è pos- sibile fare qualche osservazione addizionale sulle analogie/differen z e che esso pres e n t a rispetto agli impianti appena descritti. Data la collocazione topografica del complesso di San Gio vanni di Ruoti, in terreno collinare e su di un elevato pianoro (ca. 670 m. s.l.m.) in forte declivio, è normale che si tratti di una conduttura sotterranea di lunghezza limita- ta che incanalava acque da sorgenti vicine (non più di 300-400 m. a monte). Tale impian- to sembrer ebbe, entro certi limiti paragonabile a quello ricostruito per la villa di San Gil i o di Oppido Lucano, sia pur in assenza di ogni documentazione sulla conduttura, in que- st ’ultimo caso, e fatta salva la differenza di cronologia che, per l’impianto di San Gilio, è ancora tutta da ver i f i c a r e. Un altro elemento distinzione è rappresentato dal fatto che a San Gilio abbiamo la documentazione della grande cisterna, che poteva, probabilmente, servi - re anche da collettore di acque piovane, data la maggiore aridità dell’ambiente sul ver s a n t e orientale della Lucania rispetto a San Gio vanni di Ruoti, mentre a Ruoti il ca s t e l l u m di

154 Gualtieri distribuzione è rappresentato da un impianto assai limitato. Ma, pur con tutte queste dif- fe re n z e, abbiamo in ambedue i casi un tipo di rifornimento idrico ristretto a fonti nell’i m - mediato circondario senza opere sostanziali di condutture a lungo raggio e tratti eretti su ar cate. Una tale constatazione ci permette di sottolineare ancora una volta l’i m p o rt a n z a della documentazione dell’acquedotto che riforniva in età medio-imperiale il sito di Masseria Ciccotti, particolarmente in relazione alla rel a t i v a rarità di tali tipi ‘mo n u m e n t a - li ’ d’impianto di rifornimento idrico in contesti non urbani. Come è stato giustamente sot- tolineato, la loro scarsa diffusione in siti rurali è dovuta all’enorme costo di simili impian- ti 70 , che pertanto dovev ano servi r e solo le più monumentali e ricche vi l l a e . Non è un caso che gli esempi noti siano limitati alle vi l l a e del suburbio romano (come la vi l l a dei Qui n t i l i ) o vi l l a e di ricchissimi po s s e s s o re s in comprensori rurali quali la vi l l a di Piazza Armerina e la vi l l a di una grande proprietà di Erode Attico a Eua/Louku nel territorio di Th y r eatis, nella odierna Laconia71 .

La pendice orientale del Monte Vulture

In località Ponte Lupara di (IGM F.187 I NO, ‘Ponte rot t o ’) esistono resti di un acquedotto rom a n o 72 che sembrer ebbe databile fra la fine del II e l’inizio del III secolo d.C. soprattutto in base al tipo di costruzione (opus vittatum per i pilastri ed arcate in laterizio, in maniera analoga a quella dell’acquedotto di Masseria Ciccotti). La sua collocazione topografica ha lasciato pensare ad un acquedotto che servi v a un abitato rurale (vi l l a ?). In via puramente ipotetica non si può escludere che possa trattarsi di una più tarda estensio- ne dell’acquedotto di Venusia, il cui percorso si sviluppa nell’a r ea a sud-ovest della città73 . Tuttavia, la distanza di ca. 5 km. dal riconosciuto punto di origine dell’acquedotto ven u s i - no (località Acq u a t o r e) e, soprattutto, il suo inquadramento cronologico, lascereb b e r o pro- pe n d e r e per una possibile linea di rifornimento idrico per una, sinora non localizzata, vi l l a monumentale nel territorio fra Atella e Rionero. Una simile funzione (se essi stessi non erano parte del medesimo sistema di riforni- mento idrico) dove vano rive s t i re i resti di varie diecine di metri di un acquedotto ad a rcate segnalati ca. 2 km a nord-est di ‘Ponte ro t t o’, alle falde del Monte Vu l t u re in agro di Rapolla7 4.

Il territorio di

Sono infine da segnalare tracce di un acquedotto scoperte dal Di Cicco in località Le Tegole nei pressi di Pignola75. Qualora non si riferiscano all’acquedotto romano di Potenza, esse sarebbero da associarsi alla ben nota documentazione epigrafica sulla esi- stenza di un possedimento imperiale, nel territorio intorno all’odierno abitato di Pignola76, che molto probabilmente doveva includere una villa (o un vicus).

155 note

1 Per la differenza d’uso dei due termini si veda STACCIOLI di quella di un analogo ambiente (di ca. m. 8,0 x 6,3) nella villa 1997, pp. 9-10. Nella Forma Urbis severiana il termine balneum di Domiziano a Sabaudia (MANDERSCHEID 1994, p. 98). è specificamente riferito alla stragrande maggioranza degli edifi- 17 Per un’aggiornata collocazione dell’impianto residenziale a cui ci per bagno minori, che servivano un quartiere o gruppo di è riferibile il monumento funerario con il citato sarcofago, sco- insulae (STACCIOLI 1961); molto utile è la cartina di distri- perto nel secolo scorso, si veda GHIANDONI 1995, pp. 4-6. buzione, con indicazione della densità di distribuzione dei bal - Sulla base di un accurato studio della documentazione archivi- nea nelle varie regiones dell’Urbe, in REYNOLDS 1997, p. 23. stica e della topografia attuale dell’ a g ro di Rapolla, la Si vedano anche le osservazioni di YEGUL 1992, p. 43. Ghiandoni giustamente identifica una località diversa da quella 2 Basilicata 1990, passim. tradizionalmente accettata di Albero in Piano. Pertanto la pro- 3 NIELSEN 1985; LAFON 1991. babile grande villa a cui era annesso il momunento funerario 4 Di rilievo nella confinante area lucano-occidentale sono le (ricostruito da GHIANDONI 1995, p. 5 e fig. 6) è da ricerca- terme ellenistiche di Velia/Elea, su cui si veda ROMITO 1984 re in sito diverso da quello in cui è stato rinvenuto nel 1971 un e NIELSEN 1990. piccolo frigidarium decorato a mosaico in bianco-nero con 5 Rimanendo in area lucana, nella regione che si affaccia sul scena marina (SALVATORE 1984, p. 33 e fig.13). Golfo di Po l i c a s t ro, abbiamo ora nel Complesso A di 18 JOUFFROY 1986, p. 149. Roccagloriosa un ben documentato esempio di piccolo ambien- 19 RUSSI 1995, p. 104; GIARDINO 1980, p. 522 n. 58; te (A1) adibito a bagno, datato fra la fine del IV ed i primissi- JOUFFROY 1986, p. 166. mi anni del III secolo a.C. (M. GUALTIERI, H. FRACCHIA, 20 “Rullus Festus v.c. corr. Luc(aniae) et Bri t ( t i o r um) ad orna t u m Roccagloriose I, Napoli 1990, pp. 68-69 e figg. 69-71). Di par- th e rm a r um conlocavit”: Gia r dino (1980 n. 58) data CIL 212 al ticolare interesse nel caso citato è il sistema di canalizzazione IV -V secolo d.C. e cita CIL X 222 datandola «al periodo di messo in luce nell’ambiente A1 che si raccorda all’eccezionale Aur eliano o poco dopo». Si veda anche JOUFFROY 1986, cap. IV. impianto di canalizzazione del complesso (ibid., figg. 69-70). 21 RUSSI 1995, p. 103. 6 FABBRICOTTI 1976, pp. 32 ss. 22 PAVOLINI 1989, p. 190 e n. 62. 7 Si veda GIARDINO 1980, p. 482. 23 SALVATORE 1984, p. 82. 8 CAPANO 1990, p. 103. 24 Manca sinora per la Basilicata, al contrario di altre regioni (si 9 Si vedano, tuttavia, le importanti considerazioni di CARL- vedano, ad esempio, il vicus di San Rustico di Basciano in SEN 1988: in generale, tali sviluppi non sembrano andare oltre Abruzzo ed i vici di San Giorgio (Brindisi) e San Giusto il periodo augusteo o il primo secolo dell’Impero (fatta eccezio- (Lucera), nell’area apula), la chiara documentazione archeologi- ne per una ripresa tardo-antica documentata a Venosa e, sotto ca, e topografico-planimetrica, su vici o villaggi/borgate rurali, certi aspetti a Grumentum). che pure dovevano costituire un tipo di abitato presente nel pae- 10 CARLSEN 1988. saggio rurale della Basilicata in età romana. Si vedano, ad esem- 11 JOUFFROY 1986, p. 383 e tabella a p. 382. pio, i risultati di ricognizioni sistematiche di superficie in area 12 EAD., p.378 cartina 38. apulo-lucana (MARCHI - SABBATINI 1996, p. 105; SMALL 13 GIARDINO 1989. 1991) e le considerazioni di L. Giardino (1989) su Cugno dei 14 In particolare il grande ambiente circolare con ipocausto, Vagni. Rilevante, a tale riguardo, è anche la documentazione, interpretabile quale laconicum (Vitr. 5.10.5) trova un raffronto sistematicamente raccolta, da varie regioni della Grecia in età puntuale, anche per dimensioni con il laconicum dei “grandi romana (ALCOCK 1993, pp. 62-64). bagni” della villa di Settefinestre in Etruria, datato in età anto- 2 5 Si vedano gli esempi di To l ve - Moltone e Ba n z i - nina (CARANDINI 1985, vol.2, pp. 131-132 e figg. 225-227). Mancamasone: Leukania 1992, p. XXV; Basilicata 1990, pp. 15 JOUFFROY 1986, p. 125. 169-172. 26 16 Oltre ai riferimenti citati nel contesto della discussione del Un tale fenomeno è documentato soprattutto nel territorio di complesso, se ne considerino i raffronti con la calida piscina (ma Buccino (Salerno) nell’adiacente area lucano-occidentale confi- senza abside) delle Terme Marittime di Ostia, di m.13,20 x 7,70 nante con il comprensorio del Marmo-Platano e : (MANDERSCHEID 1994, p. 54 e fig.49). Rilevante è anche il si vedano le villae di Vagni e Vittimose. raffronto con quella delle Terme di Massacciuccoli in Toscana (a 27 In particolare una villa nei dintorni di Buccino, in località doppia abside) di ca. m. 9,90 x 4,40 (NIELSEN 1990, vol.II, Vagni con gli ambienti 16 e 17: m. 5,35 x 3,6 (DYSON 1983, fig.89). È significativo il fatto che le dimensioni della calida pp. 78-80 e fig.161 e 167); la costruzione del balneum è datata piscina della villa di II Fase a Masseria Ciccotti siano maggiori da Dyson in età alto-imperiale, nel primo secolo avanzato

156 Gualtieri

(DYSON 1983, p. 80). E’ da notare che anche a Vagni gli hypo - nizione di un praetorium tardo-antico, si veda SMALL - BUCK causta degli ambienti 16 e 17 sono realizzati con suspensurae di 1994, p. 91. mattoncini circolari (diam. cm. 20) e quadrate. A San Giovanni 43 Vengono giustamente chiamati in causa dagli scavatori, a sup- di Ruoti, un ambiente di ca. m. 8 x 4 con ipocausto è diviso in porto di una simile ipotesi, raffronti per una analoga colloca- due settori (SMALL - BUCK 1994, p. 64 e fig.41 - ambienti 26 zione del praefurnium da FABBRICOTTI 1976, pertinenti, e 27), interpretati rispettivamente come tepidarium e caldarium. tuttavia, ad un periodo più antico. Si vedano anche le conside- Il balneum a cui essi appartengono viene inquadrato nel Periodo razioni formulate supra, per una simile collocazione della forna- 2 della villa, quindi nel IV secolo: è chiaro tuttavia, date le ce nel balneum di I Fase della villa di Masseria Ciccotti. dimensioni ristrette e la pianta assai poco articolata del com- 44 SMALL - BUCK 1994, p. 79. plesso, che un tale caldarium si rifaccia ad un tipo assai tradi- 45 SMALL - BUCK 1994, p. 99. zionale e semplice di balneum e pertanto s’inquadrerebbe assai 46 SMALL - BUCK 1994, p. 81. meglio in quel periodo cronologicamente incerto sul sito di San 47 SMALL - BUCK 1994, p. 99. Giovanni che è il II-III secolo d.C.: il salto di qualità e di 48 Riportata da SALVATORE 1984, p. 33. dimensioni del complesso della fine IV - inizi V introduce infat- 49 Si veda ora GHIANDONI 1995, pp. 4-5. ti un balneum, dalla planimetria assai più articolata. 50 ROSUCCI 1987. 28 YEGUL 1992, pp. 68-70. 51 MARCHI - SABBATINI 1996, p. 105. 29 Simili considerazioni sono state fatte per il caldarium del 52 Si veda a tal riguardo GRELLE 1992, pp. 689-691. I resti Periodo 2 a San Giovanni di Ruoti (SMALL - BUCK 1994, p. dell’acquedotto di età antonina vengono discussi da R. Cassano 64). Per ulteriori raffronti di fornaci in tale posizione, si veda nello stesso volume. FABBRICOTTI 1976. 53 Si veda anche il passo di Procopio, De Aedificiis, 6.2, secon- 30 GUALTIERI - FRACCHIA 1995, p. 111. do cui Giustiniano, grazie alla costruzione di un acquedotto 31 È il tipo di disposizione degli ambienti di un ba l n e u m ch e fece risorgere la città di Tolemaide in Africa che era decaduta a Nielsen (1990, p. 49) definisce «row type». causa di mancanza d’acqua. Rilevanti, al riguardo, i commenti 32 Per un raffronto stringente di età adrianea, si consideri la col- di OWENS 1991. locazione della calida piscina e caldarium nelle ‘Piccole Terme’ 54 L. GIARDINIO, La viabilità nel territorio di Grumentum in di Villa Adriana a Tivoli (MCDONALD - BOYLE 1980). Altro età repubblicana ed imperiale, in AA.VV., Studi in onore di raffronto, geograficamente più vicino, e paragonabile all’im- Dinu Adamesteanu, Galatina 1983 pp. 208-209. pianto di Masseria Ciccotti anche per le dimensioni (l’interno 55 SALVATORE 1984, pp. 38-39; SOMMELLA 1991; MAR- della piscina di Velia risulta più corto di quella di Masseria CHI - SABBATINI 1996, p. 47 e figg. 23-24. Ciccotti ma più largo, misurando m. 6 x 4 contro i m. 8 x 2,5 56 L’iscrizione citata (Mello-Voza 110) è un prezioso documen- di quella di Masseria Ciccotti) è quello dalle Terme Vignale a to sui lavori di riparazione dell’acquedotto di Paestum nella Velia solo di recente pubblicate (si veda la pianta in NIELSEN prima metà del IV secolo d.C.: “...vio Basso v.p. corr. (re)gionum 1990, fig.81; si veda anche MANDERSCHEID 1988, p. 221). Lucaniae (et) Brittiorum ob restauratione aqueduc(tus..)” Si veda- Uno studio delle fasi edilizie del complesso (KRINZINGER no, a tal proposito, i commenti di JOUFFROY 1986, p. 158. 1986) data la calida piscina al quarto periodo edilizio del com- 57 Se ne veda un raffronto generico per la pianta, di dimensioni plesso, corrispondente alla seconda metà del II secolo d.C. leggermente inferiori, dall’acquedotto romano di Sa m o : 33 GUALTIERI - FRACCHIA 1995, pp. 116-119; 126-129 BRINKER 1989, p. 272, fig. 94. Un raffronto stringente per 34 YEGUL 1992, pp. 389-395. pianta a partizione interna aperta da due arcate e per dimensio- 35 Nielsen (1990 vol. I, pp. 48-49 e n.92; 1990 vol II, pp. 8-9, ni è quella dalla villa di Lucio Vero ad Acquatraversa (Utilitas C50), pur specificando che l’edificio termale di Paestum è ine- Necessaria, pp. 354-355). Un tale tipo di castellum aquae è ben dito e basandosi su di un sopralluogo effettuato di persona, lo attestato in varie villae di età imperiale nel Bruzio, anche se nes- data al secondo secolo d.C., sia pur con punto interrogativo. sun esempio è stato sinora oggetto di studio specifico: si veda Specifica che si tratta di una costruzione in «early opus vitta - quello da Capo Vaticano, sommariamente presentato da tum», che sembrerebbe paragonabile in prima istanza a quella Toraldo (1934, fig. b) ma apparentemente identico per struttu- dell’acquedotto esistente a Masseria Ciccotti. ra e dimensioni. 36 GUALTIERI 1994, pp. 57-58. 58 Utilitas Necessaria, pp. 270-271. 37 DI GIUSEPPE 1994, pp. 96-99. 59 GRELLE 1992, p. 690. 38 NIELSEN 1990, vol.2, p. 51, fig.1. 60 TORELLI 1991, p. 23. 39 NIELSEN 1990, p. 59. 61 Si considerino anche, a tal proposito, le considerazioni di 40 Si considerino gli analoghi sviluppi negli edifici termali di WILSON 1995. Ostia nel corso del II secolo d.C. ed i commenti di Nielsen 62 DI GIUSEPPE 1996, pp. 219-220 e fig.6/2. (1990, p. 51). 63 I resti visibili sembrerebbero databili in età imperiale, molto 41 SMALL - BUCK 1994. probabilmente al II secolo d.C., periodo in cui è documentato 42 Sulle trasformazioni planimetriche della villa fra tarda repub- l’uso comune di opera laterizia nella zona. blica e medio-impero, si veda CARANDINI 1989. Per la defi-

157 64 DI GIUSEPPE 1996, p. 219. augustea a Venusia (MARCHI - SABBATINI 1992, p. 47 e 65 Molto probabilmente, si tratta di un castellum di carico o figg. 23-24). castellum intermedio (si veda Utilitas Necessaria, pp. 263-269). 70 WILSON 1996, pp. 24-25. 66 GUALTIERI - FRACCHIA 1995. 71 ALCOCK 1993, pp. 67 e 69 fig.22. 67 WILSON 1996, p. 25. 72 SALVATORE 1984, p. 29. 68 THOMAS - WILSON 1994. 73 SALVATORE 1984, p. 38. 69 Ad età augustea sembrerebbe databile il tratto di specus rinve- 74 nuto nei pressi di Masseria Caronna. Esso mostra una tipica SALVATORE 1984, p. 30. costruzione in blocchetti con malta e rivestimento all’interno 75 NSc 1926, pp. 443-44. con cocciopesto, simile ai tratti noti dell’acquedotto di età 76 RUSSI 1995, p. 81.

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