(rel. Barzi Francesca)

Odoardo Focherini nacque a Carpi, in provincia di , il 6 giugno 1907. Parliamo di un uomo normale, del nostro tempo, che ha avuto affetti, amicizie, passioni, difficoltà. Potrebbe essere la vita di ciascuno di noi. L’unico aspetto che lo potrebbe differenziare è il fatto che ha avuto 7 figli.

Approfondiamo gli aspetti della sua vita.

Gli ambienti di vita e gli incontri: un tramite per le scelte future. A due anni dalla sua nascita la madre muore e il padre si risposa con Teresa alla quale Odoardo sarà sempre legato. Teresa si prende cura della crescita spirituale e lo introduce alle attività in oratorio affidandolo quattordicenne a Zeno Saltini, (il futuro fondatore di Nomadelfia) di 7 anni maggiore, affinchè possa prendersi cura della sua formazione umana. Accanto all’amico Zeno, Odoardo trova provvidenzialmente il luogo e le occasioni per esprimere le sue qualità. Infatti Zeno intuisce le capacità e i talenti di Odoardo, stimola il gusto di fare e lo coinvolge nella nascente federazione giovanile di Azione Cattolica. Odoardo è un educatore veramente in gamba. Negli anni della giovinezza altri incontri incideranno sulla formazione di Odoardo, come quello con don Benatti, un sacerdote di Carpi, che creò l’Opera Realina, una proposta per giovani che rischiavano di ridursi a vivere sulla strada. L’Opera Realina si impegnava di insegnare un mestiere e curare le loro anime. Don Benatti profuse i suoi stessi risparmi e le ricchezze personali per questo progetto. Focherini lo aiutò nell’attuazione dell’opera.

Una grande storia d’amore. Sempre a proposito di incontri, nell’estate del 1925 in Val di Non incontra Maria Marchesi. Nasce un amore sincero che rimarrà immutato per tutta la vita, nonostante le prove cui saranno sottoposti. Avranno 7 figli: le testimonianze che abbiamo di Odoardo ci dicono che era un padre affettuoso, giocoso. La figlia maggiore Olga racconta che quando tornava a casa dal lavoro, giocava con i figli, improvvisava spettacolini teatrali e raccontava sempre storie. Tornando al rapporto con Maria, c’è da sottolineare che Odoardo, portando avanti molti incarichi e attività, era sereno perché la moglie lo sosteneva sempre, curava tutta la famiglia con dedizione assoluta. La fede in Gesù ha fatto il resto e ha condotto Odoardo su strade impervie…

Odoardo: un uomo vulcanico appassionato della vita. Gli impegni che Odoardo assunse furono davvero innumerevoli nella realtà della sua chiesa locale e nell’A.C. di cui diverrà presidente diocesano. Tra le tante esperienze che promuove segnaliamo anche la fondazione del primo gruppo scout cattolico, iniziativa coraggiosa in un clima politico avverso a queste iniziative. E’ segretario del primo congresso eucaristico diocesano (1929) e inizia la collaborazione all”Avvenire d’Italia" proprio come cronista di questo evento. Collaborerà poi anche con “L’osservatore romano della domenica”. Il servizio che dà al giornale è volontario (il suo lavoro è presso la società assicurativa Cattolica) e lo fa animato da passione comunicativa, per offrire chiavi di lettura che aiutino a comprendere il tessuto spirituale che si intreccia dentro gli eventi. Nel 1939 diventa direttore amministrativo dell’“L’Avvenire d’Italia”: il giornale ha una linea editoriale contraria alle leggi razziali e alla guerra perciò chi vi lavorava era additato come nemico della patria. Quando sarà arrestato, Focherini dovrà rendere conto anche di questo.

Aumenta il carico d’impegni ma non cambia il suo stile: sereno, umile, attento agli altri.

L’aiuto agli ebrei, l’incarcerazione e la prigionia.

Nel 1942 comincia ad entrare in contatto con ebrei in fuga e decide di aiutarli. Prima inizia con una coppia di amici e poi, vivendo come inaccettabile che persone innocenti siano deportate, si dà da fare per aiutare concretamente queste persone in difficoltà. Aiuterà a mettersi in salvo 105 ebrei. Con il suo amico Don Dante Sala (parroco di Martino Spino in provincia di Modena) e un gruppo di collaboratori, nasconderanno famiglie di ebrei e le faranno espatriare in Svizzera. E’ don Dante che accompagna i fuggiaschi. Trascura i suoi affari per l’amore verso i fratelli perseguitati. Prima di iniziare a fare questo, parla con la moglie e lei gli dà il suo pieno consenso.

Anche la sorella di don Zeno Saltini (Marianna conosciuta come Mamma Nina) ospita nella sua casa donne e ragazze ebree in attesa di fuga.

Don Dante Sala viene arrestato e incarcerato per 3 mesi; quando ritorna in libertà riprende l’attività come parroco, mentre Odoardo continua a dare l’aiuto agli ebrei finchè l’11 marzo 1944 la sua vita cambia irrimediabilmente.

L’ultimo ebreo che riesce a salvare si chiama Enrico Donati. Odoardo aveva finto di andare in ospedale a Carpi per effettuare degli esami, in realtà consegna a Donati i documenti per la fuga. Tutto avviene con successo, ma subito dopo è arrestato e condotto al carcere di . Qui rimane 4 mesi. In tutta la detenzione, fino a Hersburg, scriverà moltissime lettere. A noi ne sono pervenute 166, ma ce n’erano di più, però ha ordinato alla moglie di distruggerle. Erano scritte con grafia diversa e firme differenti per non farsi scoprire dalla censura. La prima cosa che fa è scrivere al fidato amico Sacchetti, collaboratore dell’”Avvenire” per il funzionamento del giornale: <>. Lettera del 13 aprile. Nelle lettere rassicura i parenti e la moglie in particolare del suo stato di salute e della sua tranquillità. Ha fiducia, non è accusato di nulla. Dopo un mese di detenzione subisce un interrogatorio che sarà l’unico. Scriverà di essere rimasto particolarmente colpito dal fatto che i suoi accusatori mostravano molta irritazione per la sua fede cristiana e per il suo impegno in Azione Cattolica. Tuttavia è proprio la fede a dargli la forza per resistere e reagire. Le condizioni di prigionia sono molto dure e lui si rende conto in prima persona dei maltrattamenti che vengono riservati agli ebrei. Quando il fratello della moglie Maria riesce a fargli visita e gli chiede se ha avuto dei ripensamenti su quello che ha fatto, Odoardo rivela:” Se tu avessi visto come ho visto io in questo carcere cosa fanno patire agli ebrei, non rimpiangeresti se non di non aver fatto abbastanza per loro , se non di non averne salvati in numero maggiore”.

Il 5 luglio 1944 Odoardo è trasferito al campo di prigionia di , a pochi chilometri da casa. Sembra un riavvicinamento a casa, in verità sarà la prima tappa verso la deportazione in Germania. A Fossoli, ma anche negli altri campi di concentramento, troverà sempre il modo per recitare il Rosario e meditare il Vangelo con altri internati.

Soprattutto infonde a tanti compagni di sventura il suo sorriso e la confortante fiducia in una soluzione positiva delle loro vicende. Lui, padre di 7 figli, trova una nuova misura di paternità nei confronti di altri prigionieri. Citiamo 2 persone in particolare:

Teresio Olivelli. A pochi giorni dal suo arrivo al campo di Fossoli, il 12 luglio, accade un episodio tragico: la fucilazione per rappresaglia di 67 deportati. Fra questi sarebbe annoverato anche l’ufficiale alpino , esponente cattolico della resistenza lombarda, che però, grazie ad Odoardo, riesce a sfuggire alla morte e a nascondersi nella scuderia del campo. Per settimane Focherini lo sfamerà di nascosto, fino alla propria partenza per il lager di . Là purtroppo Odoardo ritroverà Teresio (scoperto e picchiato selvaggiamente) e insieme compiranno il viaggio verso la morte in Germania. Fa riflettere il coraggio di Odoardo: rischiare la vita, già compromessa, per sfamare e tenere nascosto un prigioniero… Odoardo sapeva di rischiare la vita, ma non ha fatto alcun tipo di calcolo: ha aiutato e basta.

Franco Varini E’ un partigiano 17enne bolognese. Varini si salverà dal lager e dirà di Focherini: “Era un personaggio particolare: colpivano la sua umanità, la sua intelligenza, il grande fervore religioso che esprimeva in ogni gesto o parola, senza però imporci la sua fede. Era allegro, gioviale e con me addirittura tenero. A volte, quando mi vedeva troppo serio o mi immaginava tormentato da tristi pensieri, mi rincuorava”.

Il 5 agosto 1944 da Fossoli quasi tutti i prigionieri, compreso Odoardo, vengono deportati a Bolzano, nel campo di concentramento di Gries. Senza più protezione a Fossoli, Teresio viene scoperto e trasferito anch’egli a Bolzano dove le condizioni sono durissime, con punizioni disumane. Odoardo non si scoraggia e riesce a portare un po’ di serenità. Clandestinamente scrive molte lettere a casa, firmandosi con nomi inventati per non farsi scoprire. Per la moglie e i figli ha ancora una parola d’affetto e battute. Riesce anche a dedicare una lettera tenerissima ai figli, in cui confeziona per loro una serie di indovinelli.

Il 5 settembre Odoardo con altri prigionieri, tra cui Teresio e Franco Varini, è trasferito nel campo di concentramento di Flossenburg in Germania. I sopravvissuti lo hanno descritto come un incubo. Odoardo è spogliato di tutto e diventa il numero 21518. Il 29 settembre avviene il trasferimento di centinaia di prigionieri, compreso Odoardo , ad . Odoardo è assegnato ai lavori pesanti di uno scavo di una galleria. Rinuncia al poco cibo per procurarsi due lettere che saranno scritte in tedesco da Teresio. Vuole dare alla moglie un segnale della sua esistenza. Durante i lavori si ferisce col filo spinato a una gamba (così sembra) e viene ricoverato in infermeria e lì lasciato morire di setticemia. Qui trascorre l’ultimo mese delle sua vita confortato almeno dall’amico Teresio Olivelli, che raccoglie dalla voce di Odoardo il suo testamento spirituale: “I miei figli … Voglio vederli prima… Tuttavia accetta, o Signore, anche questo sacrificio e custodiscili tu, insieme a mia moglie, ai miei genitori e a tutti i miei cari… Dichiaro di morire nella più pura fede cattolica, apostolica romana e nella piena sottomissione alla volontà di Dio, offrendo la mia vita in Olocausto per la mia Diocesi, per l’A.C., per l’Avvenire d’Italia e per il ritorno della pace nel mondo. Vi prego riferire a mia moglie che le sono sempre rimasto fedele, l’ho sempre pensata e sempre intensamente amata”. Odoardo muore a 37 anni il 27 dicembre 1944; il suo corpo viene bruciato. Anche Teresio morirà dopo pochi giorni, ma prima comunicherà il testamento spirituale di Odoardo a un internato che lo riferirà una volta fatto ritorno a casa.

La notizia della sua morte giunge alla moglie solo il 6 giugno 1945.

Dalle persone salvate sappiamo che lui si comporta mettendoci un di più: la passione comunicativa. Non è un freddo organizzatore, ma una persona che ha comunque sempre una parola di giovialità.

Odoardo Focherini e don Dante Sala sono stati tra i primi italiani a ricevere nel 1969 l’onorificenza di “giusto tra le nazioni” attraverso l’istituto . Pag. 70 Ha ricevuto la medaglia civile della Repubblica italiana e iscritto all’Albo dei Giusti tra le Nazioni nel 1995. La Chiesa il 15 giugno 2013 ha dichiarato Odoardo “Beato”. La Chiesa che lui ha tanto amato lo ricorda perché Odoardo ha seguito e testimoniato Cristo offrendo la sua vita per i fratelli che neanche conosceva. La chiesa lo considera martire perché, a motivo della sua fede vissuta fino in fondo, è stato perseguitato. Focherini nelle sue lettere lo evidenzia più volte: le ragioni dell’arresto sono da ricercarsi nell’attività di gestione del giornale “L’Avvenire d’Italia” e nella volontà di colpire la fede e le idee che animavano le azioni del servo di Dio.

Concludo questo intervento con le parole di Lampronti, un amico che così parla di Odoardo:

“Odoardo era un uomo come noi, con le nostre stesse esperienze, ma con in più una fede adamantina, una ricchezza spirituale ridondante. Un uomo che al nostro affanno … ha saputo offrire un sorriso di consolazione, di distensione come quello che ha illuminato sempre il suo volto”. Ho incontrato Odoardo nel 1943, quando cercavo salvezza per mio figlio, per i miei, per me. Ricordo che egli mi disse:” Ho sette figli e di fronte alla mia coscienza sarei a posto anche se pensassi solo a proteggere loro, ma non posso fare a meno di aiutarvi. Nella solitudine in cui la ferocia nazifascista lasciò mio figlio e me, il ricordo del sacrificio di Odoardo Focherini mi aiuta a credere che esistono ancora quei valori umani di cui, dopo tante atrocità si sarebbe portati a dubitare”.

Sono state fatte molte pubblicazioni, aumentate in questi ultimi anni, dopo il processo per la beatificazione. Per chi volesse approfondire ulteriormente segnalo: Odoardo Focherini. Il sorriso distintivo della santità, di Ilaria Vellani, Maria Peri (nipote di Focherini), Francesco Manicardi. Un poderoso lavoro è stata la raccolta riunificata delle 166 lettere scritte da Focherini durante la prigionia, documento fondamentale per il percorso di beatificazione e anche per capire a fondo la sua personalità.

Per far conoscere la sua figura ai ragazzi c’è stata la stampa di questo libricino: “Più di così non si può amare” che si propone di raccontare ai ragazzi la vita di questo uomo e senz’altro l’intento è riuscito sia per i contenuti esposti in modo semplice, chiaro ed essenziale, sia per le illustrazioni che ben raccontano gli eventi.