Europarties as Legitimizing Organizations Towards a Comparative Measurement of National Party Affiliation and Dis- Affiliation

Di Enrico Calossi (Observatory On Political Parties and Representation – European University Institute) [email protected]

Paper presentato al Convegno Generale SISP 2011 – 8-10 settembre, Palermo Panel «Rappresentanza e partiti nell’Unione Europea»

Abstract

La letteratura da sempre imputa ai partiti politici varie funzioni all’interno dei sistemi politici (strutturazione del voto, articolazione degli interessi, comunicazione e socializzazione politica, selezione del personale politico, ecc…). Storicamente i diversi modelli di partiti che si sono succeduti (dal partito di notabili al partito pigliatutti, passando dal partito di massa e per finire con il cartel party) hanno adempiuto a queste funzioni in modo diverso. Gli Europartiti, un modello di partito che, per certi versi, estremizza alcune caratteristiche del cartel party (Katz, Mair, 1995), come ad esempio la perdita di contatto con gli elettori, l’autonomia funzionale delle diverse facce del partito e la dipendenza dai fondi statali, difficilmente riesce ad adempiere a quelle che originariamente sono state considerate le funzioni dei partiti. Riprendendo anche la figura del “Partito in Franchising” (Hopkin, Paolucci, 1999) utile per concettualizzare i rapporti all’interno dei partiti nei sistemi politici multilivello, le relazioni tra gli Europartiti (a loro volta suddivisi tra la faccia istituzionale rappresentata dai gruppi Politici del Parlamento Europeo e da quella extraparlamentare rappresentata dai Partiti Politici a Livello Europeo - PPLE) e i partiti nazionali sembrano spesso caratterizzate da una sorta di scambio in base al quale i partiti nazionali garantiscono risorse economiche, voti e deputati agli Europei, mentre quest’ultimi forniscono “legittimazione” a quelli di livello nazionale. Una evidente dimostrazione di come avvenga la legittimazione da parte del livello europeo nei confronti dei partiti nazionali si ha soprattutto contestualmente all’accesso all’Unione Europea di un nuovo paese, situazione che obbliga/facilita i partiti nazionali del neo-membro a scegliere un’affiliazione europea. Un altro momento particolare, che esemplifica il ruolo ricoperto dalle strutture politiche europee nel fornire “legittimazione” ai livelli nazionali, avviene quando un partito nazionale, volente o nolente, cambia la propria affiliazione europea (ad esempio l’espulsione della dal gruppo Liberale o il passaggio dell’Irlandese Fianna Fail dal gruppo Nazionalista a quello Liberale). Un ulteriore aspetto rilevante è rappresentato dalle resistenze che i piccoli partiti nazionali, già presenti all’interno di un gruppo parlamentare o di un PPLE, muovono per impedire l’accesso di un altro partito nazionale, magari più grande e competitore elettorale. L’obiettivo di questo paper è quello di ricostruire fornire un framework interpretativo dei rapporti tra partiti nazionali e Europei partendo dalla ricostruzione delle vicende che hanno caratterizzato l’approdo dei vari partiti nazionali ai loro referenti europei, concentrandosi in particolare su quei casi di cambiamento di affiliazione politica che meglio potrebbero consentire di analizzare il ruolo giocato dalle strutture europee nel fornire legittimità ai livelli nazionali.

1 Introduzione La cooperazione transnazionale tra i partiti è stata individuata della letteratura come uno degli ambiti della politica partitica nel quale il processo di Europeizzazione può realizzarsi (Ladrech 2002). In questo contesto il concetto di Europeizzazione è generalmente inteso come l’adattamento al nuovo contesto ambientale per come è stato modificato dai cambiamenti imposti dall’Unione Europea (Hanley 2008). Gli obiettivi di questo paper sono: a. cercare di individuare le motivazioni e gli incentivi in base ai quali i partiti politici nazionali mirano ad ottenere un’affiliazione partitica a livello Europeo. Pertanto vanno individuati quali sono i vantaggi che questi partiti ricevono dalle loro affiliazioni sovranazionali. Allo stesso tempo, interpretando anche le organizzazioni sovranazionali come attori unitari, vanno individuati i relativi incentivi che spingono ad accettare o rifiutare l’affiliazione di un partito nazionale. b. capire quali sono i percorsi che i partiti nazionali seguono per aderire ad un Europartito. Cioè quali sono le strategie dei partiti nazionali e degli Europartiti, quando le loro volontà non coincidano, nel perseguire il successo dell’affiliazione. c. ricostruire quelle variabili caratteristiche del singolo partito o del sistema politico che influenzano, facilitando o ostacolando, l’affiliazione del partito nazionale alla struttura sovranazionale. Il paper si organizza nel modo seguente. Nel primo paragrafo saranno meglio definiti uno dei due attori studiati, cioè gli Europartiti, e il concetto di legittimazione. Nel secondo paragrafo saranno descritti le funzioni e gli obiettivi dei partiti nazionali nel contesto dell’Europeizzazione e le funzioni e gli obiettivi degli Europartiti. Nel terzo sarà presentata una tipologia delle relazioni tra partiti nazionali ed Europartiti. Nel quarto saranno presentate alcune caratteristiche proprie dei partiti o del sistema di partito che possono influenzare le relazioni tra i due soggetti. Seguiranno le conclusioni per sintetizzare i risultati del paper e suggerire nuove ricerche.

1. Gli Europartiti e la legittimazione Gli attori analizzati in questo paper sono i partiti nazionali e gli Europartiti. Sulla definizione di questi ultimi vanno spese alcune parole poiché il dibattito è ancora aperto. Da quando ha cominciato ad interessarsi del rapporto tra partiti nazionali e livello Europeo, la letteratura si è concentrata su due eurostrutture: una interna al Parlamento Europeo (i gruppi parlamentari) e una esterna al Parlamento (le federazioni transnazionali). Alcuni autori sottolineano o privilegiano l’importanza dei gruppi (Attinà 1990; Bardi 1994; Bowler e Farrell 1995; Bay-Brzinski 1995; Attinà 1997; Hix e Lord 1997; Bardi e Ignazi 1999, Raunio 2002; Kreppel 2002; Noury 2002; Faas 2003; McElroy e Benoit 2007), altri si sono concentrati piuttosto sulle federazioni sottolineandone il loro progressivo consolidamento e le loro maggiori potenzialità di sviluppo (Bell e Lord 1998; Hix 1996; 2002; Hix e Lord 1997; Delwit, Külahci e van De Walle 2001; Ladrech 2002; Johansson e Raunio 2005; Day e Shaw 2006; Jansen 2006; Hanley 2008). A proposito dei rapporti tra le due eurostrutture esiste un consenso generale nel considerarli sbilanciati, nella distribuzione di risorse e prerogative, con i gruppi in posizione dominante rispetto alle federazioni. Infatti l’appartenenza ad un gruppo parlamentare europeo consente alle delegazioni partitiche nazionali e ai singoli parlamentari di accedere a notevoli risorse materiali (segreterie, documentazione, ecc…) nonché notevoli vantaggi politici (attribuzione di posti nelle

2 commissioni, cariche direttive nel PE, ecc…). Però, sia le federazioni sia i gruppi, mancano a tutt’oggi di un elemento che la letteratura ritiene essenziale per i partiti politici: il legame con la società civile. Questo infatti, anziché essere autonomo, è garantito alle due euro-strutture dai singoli partiti nazionali. In un certo senso si può dunque affermare che mentre nei partiti tradizionali (dal partito di notabili sino al cartel party ) erano i singoli iscritti individuali a rappresentare la base del partito, nei partiti operanti a livello europeo sono i singoli partiti nazionali a rappresentare la membership . Per questo, nonostante la definizione utilizzata da Poguntke et al . (2007) che limita e definisce gli Europartiti come l’ambito delle relazioni tra gruppo parlamentare e partito extraparlamentare, ritengo che, per l’importanza del ruolo che ricoprono nel mantenere i rapporti con la società civile, i partiti nazionali debbano essere inseriti nel modello. Pertanto si può applicare anche per i partiti operanti a livello europeo il modello delle “tre facce” dell’organizzazione partitica proposto da Katz e Mair (1993). Oltre ai gruppi parlamentari (rappresentanti del (Party in Central Office ) e alle federazioni transnazionali (il Party in Public Office ), la terza faccia (il Party on the Ground ) viene così rappresentata dai singoli partiti nazionali (Bardi 2005). Al di là di questo schema condivisibile, in letteratura permane però una certa confusione terminologica nell’uso di termini come Partito Europeo, Europartito, Partito Transnazionale o Partito Politico a livello Europeo, che spesso vengono utilizzati sia per descrivere le organizzazioni extraparlamentari (le federazioni transnazionali) sia per indicare l’insieme delle relazioni tra le due eurostrutture di vertice. Un’operazione chiarificatrice in questo senso è stata svolta, in un primo momento, dall’articolo 138A (poi diventato art. 191) del trattato di Maastricht. L’articolo 138A però si limitava a dire che “I partiti politici a livello europeo sono un importante fattore per l'integrazione in seno all'Unione. Essi contribuiscono a formare una coscienza europea e ad esprimere la volontà politica dei cittadini dell'Unione”. In questo modo emergeva il concetto di Partito Politico a livello Europeo anche se continuava a rimanerne l’oggetto. Più chiaro in tal senso è stato il regolamento del Parlamento e del Consiglio Reg. (CE) n. 2004/2003 che disciplina il funzionamento e soprattutto il finanziamento dei “Partiti Politici a livello Europeo” ( Political Party at European Level ) identificandoli abbastanza chiaramente con le federazioni transnazionali (che da ora in poi chiamerò “partiti a livello Europeo” o PLE). Dopo l’approvazione del regolamento 2004/2003 è diventato impossibile definire l’insieme delle tre facce (gruppi, federazioni e partiti nazionali) come “partiti politici a livello europeo” perché questa definizione è stata assegnata in via regolamentare alle federazioni. Rimane però ancora aperta la discussione su come definire l’insieme delle relazioni e dei legami operanti tra le tre facce. Anche la dizione di Partito Europeo rimane suscettibile di vari fraintendimenti poiché è utilizzabile anche per definire i singoli partiti nazionali in lavori comparativi con partiti extraeuropei (ad es. la SPD è un partito europeo, così come il Labour Party inglese o il PCF, mentre il Partito Liberaldemocratico Giapponese o il Partito Democratico Statunitense chiaramente non sono partiti europei). Per questo credo che la scelta da preferire, anche per l’attitudine di numerose lingue europee ad utilizzare il prefisso “Euro” per definire le istituzioni legate direttamente alla UE (Europarlamento, Euroministro, Eurozona, ecc...) o all’intero continente (Eurolega, Eurovisione, ecc...) oppure anche per alcuni atteggiamenti politici (Euroentusiasta, Euroscetticismo, Eurocomunismo), sia l’utilizzo del termine Europartito. Con questo termine dunque indico l’insieme delle relazioni operanti tra i gruppi parlamentari nel Parlamento Europeo (GPE), i Partiti Politici a livello Europeo (PLE) e i partiti nazionali membri delle due facce di vertice, come descritto dalla Fig.1

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Gruppo nel PE Partito Politico a Party in Public Office Livello Europeo Party in Central Office

Partiti nazionali Party on the Ground

Fig. 1. L’Europartito

Per quanto riguarda la legittimazione occorre dire che ogni partito politico gode di una credibilità che deriva dalla capacità di far corrispondere alle intenzioni propagandate azioni conseguenti. In particolare è importante che il partito riesca a far percepire all’elettorato la propria abilità e serietà nel rispettare gli impegni (Spirova 2008). In particolare riuscire a propagandare i successi e mettere in sordina gli insuccessi, così come evidenziare i propri esponenti più onesti o capaci oppure ancora utilizzare simboli prestigiosi, sono tutti esempi di come un partito possa sfruttare le proprie risorse interne per rafforzare la propria credibilità agli occhi dell’elettorato. Non bisogna però pensare che un partito miri obbligatoriamente ad accrescere la propria credibilità agli occhi di tutto l’elettorato. I partiti di classe, etnici, o comunque che mirano a rappresentare uno od alcuni settori ben specifici della società hanno interesse ad essere ritenuti credibili solo da parte del proprio elettorato di riferimento. Oltre agli sforzi autonomi che un partito può compiere esiste anche un’altra forma di rafforzamento della credibilità che proviene dall’ambiente esterno. Essere un interlocutore degli altri partiti politici, vedere le proprie posizioni politiche riportate negli organi di stampa, avere rapporti con altre organizzazioni sociali, sono tutti elementi che contribuiscono a dipingere il partito come una organizzazione importante, seria e meritevole di essere ascoltata. In contesti nei quali gli elettori riescono a ricevere informazioni anche dall’estero è normale che alcuni di questi soggetti che “legittimano” i partiti politici possono anche essere esterni al paese stesso. Pertanto, in presenza di questa credibilità esterna, dunque la “legittimazione può essere intesa come il riconoscimento di un partito da parte di una organizzazione esterna a quel paese e che è una sorta di marchio di riferimento che costituisce una garanzia agli occhi degli altri partiti” (Dorget 2000). Le fonti di legittimazione possono essere le più varie. Ovviamente i rapporti con partiti esteri dotati di carisma e prestigio possono essere fonte di legittimazione. Ad esempio il piccolo Partito Laburista irlandese poteva vantare agli occhi dei suoi competitor interni le sue relazioni frequenti e costanti con i più forti Laburisti inglesi. Oppure, ricordo come nella fase pre-eterogenesi dei fini, quando l’allora segretario del Partito Comunista Italiano, Achille Occhetto, in procinto di proporre la modifica del nome e la ri-collocazione internazionale nella famiglia socialista, compì un viaggio per l’Europa e in Francia, dove era comunque presente un forte partito comunista, preferì incontrare gli esponenti socialisti piuttosto che i dirigenti del partito “fratello” (Bell, Lord

4 1998).Altri fonti di legittimazione possono essere le ONG e le fondazioni no-profit. In particolare possiamo ricordare, in modo particolare per i partiti dei paesi recentemente fuoriusciti da una dittatura, la partecipazione ai convegni organizzati da Freedom House o il National Democratic Endowment (citazione). Ma nel contesto europeo nessuno come le “stiftungen” tedesche è stato così attivo nel promuovere la democrazia e la legittimazione dei partiti politici nazionali. In particolar modo nell’ex-blocco sovietico quest’ultime spesso hanno svolto anche una funzione che ha anticipato e poi favorito le relazioni tra i partiti nazionali e gli Europartiti (Dakowska 2005) Per concludere è logico però che nel contesto del processo di integrazione siano le organizzazioni sovranazionali europee, soprattutto gli euro partiti, a svolgere il ruolo più rilevante di “legittimatori” dei partiti nazionali.

2. Le funzioni e gli interessi dei partiti nazionali e degli Europartiti

A partire dagli anni ’50 con la nascita del processo di integrazione Europea lo stesso ambiente istituzionale di riferimento dei partiti nazionali è andato modificandosi. Da sempre è esistito un ambito internazionale con il quale i partiti nazionali potevano confrontarsi. Ciò ha favorito la nascita delle varie “internazionali” (dal nome della prima famiglia, quella socialista e laburista, che adottò una forma di coordinamento sovranazionale) e poi delle varie strutture pan- europee destinate poi ad essere assorbite dalle organizzazioni legate all’Unione Europea (ad es. l’Unione Europea dei Cristiani Democratici e L’Unione Democratica Europea si sciolsero nel PPE rispettivamente nel 1999 e nel 2002). Per i partiti politici dell’Europa Occidentale, che in larghissima parte, secondo quanto individuato da Rokkan condividevano le stesse social cleavages non è stato difficile costruire organizzazione partitiche sovranazionali basate su posizioni ideologiche e politiche comuni.

Come già accennato, dagli anni ‘50 il processo di integrazione europea causa un deciso salto di qualità nella capacità di influenza del contesto sovranazionale su quello nazionale. Le stringeti prerogative che da subito caratterizzano la CECA, l’Euratom e successivamente la Comunità Economica Europea non sarebbero però state sufficienti a suscitare un cambiamento rilevante nelle relazioni tra partiti nazionali e organizzazioni sovranazionali. Il passaggio organizzativo fondamentale che ha reso necessarie la presenza di strutture sovranazionali più organizzate è stato sicuramente la modalità organizzativa delle assemblee precedenti il Parlamento Europeo. La scelta di raggruppare i parlamentari per affinità politiche anziché per provenienza nazionale ha favorito la transnazionalizzazione della party politics europea. All’epoca della nascita del Parlamento Europeo la varianza ideologica dei partiti nazionali rappresentanti nelle assemblee è molto limitata, sia per l’assenza dei partiti comunisti (all’epoca contrari all’esperienza integrazionista) sia per la vicinanza storica dei 6 paesi fondatori. In pratica solo i gollisti francesi mal si collocano all’interno delle famiglie Cristiano-Democratica, Socialista e Liberale. Sul modello dei parlamenti nazionali l’Assemblea Comune si organizzò al proprio interno conferendo poteri e funzioni (ad esempio i posti all’interno delle diverse Commissioni) ai Gruppi Parlamentari che corrispondevano alle tre famiglie suddette più un gruppo specifico per i gollisti.

Progressivamente, con l’ingresso dei comunisti e di nuovi paesi membri, nei quali erano presenti partiti non inseribili nei gruppi parlamentari già esistenti, quest’ultimi sono andati

5 aumentando, come mostrano le tabelle 1 e 2. La proliferazione dei gruppi dimostra come la varianza ideologica tra i partiti nazionali, che rappresenta chiaramente un ostacolo per la nascita di organizzazioni transnazionali, sia andata aumentando fino al 1994. Da allora, grazie alla certosina attività degli Europartiti che da un lato hanno lavorato per ridurre le differenze tra i partiti nazionali, dall’altro sono diventati più includenti, ha portato ad una riduzione del numero dei gruppi.

Tab. 1. Evoluzione gruppi nel Parlamento Europeo (1) Denominazione del gruppo Pre-1979 1979-84 1984-89 1989-94 Famiglia spirituale Popolari Democratico Partito Popolare Europeo Cristiano Socialisti Socialista Liberali Liberale Democratico Liberale e Democratico e Riformista Conservatori Conservatore Democratici Europei Europeo Sinistra Alternativa Sinistra Unitaria Comunisti e Alleati Europea / Coalizione di Sinistra Nazionalisti Democratici Progressisti Europei Alleanza Democratica Europea Verdi Arcobaleno Verdi Regionalisti Arcobaleno Arcobaleno Destra Radicale Eurodestra Eurodestra Gruppi tecnici Gruppo Tecnico degli Indipendenti N° Gruppi 6 7 8 10 Fonte. Calossi 2011

NB: la parola “gruppo” presente nel nome è omessa

Tab. 2. Evoluzione gruppi nel Parlamento Europeo (2) Denominazione del gruppo

Famiglia 1994-99 1999-2004 2004-09 Dal 2009 spirituale Popolari Partito Popolare Europeo e Democratici Europei (PPE-DE) Partito Popolare Europeo Socialisti Alleanza Progressista dei Partito Socialista Europeo Socialista Socialisti e dei Democratici Liberali Partito Liberale Partito Liberale Democratico Riformista Alleanza dei Liberali e Democratici per Democratico Riformista Europeo / Alleanza l’Europa Europeo Radicale Europea Conservatori Partito Popolare Europeo e Democratici Conservatori e Riformisti PPE-DE / Forza Europa Europei Europei Sinistra Sinistra Unitaria Sinistra Unitaria Europea e Sinistra Verde Nordica Alternativa Europea Nazionalisti Unione per l’Europa Alleanza Democratica Unione per delle Nazioni / Europa Conservatori e Riformisti Europea / Europa delle l’Europa delle della Democrazie e Europei Nazioni Nazioni Diversità Verdi Verdi Verdi e Alleanza Libera Europea Regionalisti Alleanza Rad. Europea Verdi e Alleanza Libera Europea Destra / Europa della Indipendenza e Europa della Libertà e della

6 Radicale Democrazie e Diversità Democrazia Democrazia Gruppi tecnici Gruppo Tecnico degli / / / Indipendenti N° Gruppi 9 8 7 7 Fonte: Calossi 2011 NB: la parola “gruppo” presente nel nome è omessa

La riduzione dei gruppi parlamentari è però anche una precisa intenzione dei partiti nazionali che hanno progressivamente compreso l’importanza di appartenere a gruppi numericamente più rilevanti. Infatti la collaborazione tra i partiti nazionali e la nascita della organizzazioni sovranazionali ha rappresentata dalla precisa necessità di mettere in comune competenze ricevendo dagli altri partiti (tramite l’organizzazione sovranazionale che abbatte i costi di transazione dovuti a contatti che altrimenti sarebbero sporadici e informali) risorse materiali ed immateriali. Quelle materiali sono ovviamente la capacità organizzativa che altri partiti hanno già assunto, ma anche, nel caso dei partiti più poveri, il diretto ottenimento di risorse economiche. Quelle informali sono la possibilità di partecipare a circoli informali più rilevanti (le “stanze dei bottoni”) oltre alla già ricordata legittimità (Spirova 2008). Queste risorse sono utili al partito nazionale per competere nel proprio contesto nazionale, in particolare, ed è questo il caso della legittimità sovranazionale, utilizzandole contro i partiti che insistono su nicchia elettorale affine.

L’adesione ad un’Europartito può essere di diversi gradi. Il livello più completo è rappresentato dall’adesione al Partito Politico a Livello Europeo (ciò comporta anche che gli eventuali deputati europei si iscrivano al gruppo parlamentare di riferimento). Alcuni Europartiti (PPE, PSE, SE, ecc…) concedono poi la possibilità di aderire in qualità di partito osservatore o associato 1. Quest’ultimi non hanno i pieni diritti degli altri partiti membri (ad esempio possono partecipare alle riunioni ma non hanno diritto di voto e di decisione), ma neanche gli stessi obblighi di seguire perfettamente la linea dell’Europartito. Esiste poi la possibilità di aderire unicamente al Gruppo Parlamentare, tralasciando l’iscrizione al Partito Politico a Livello Europeo (questo ricorda un po’ la posizione dei Conservatori inglese e della ODS ceca che erano iscritti al gruppo parlamentare del PPE, come componente dei Democratici Europei, ma non al PPLE). I gruppi parlamentare concedono poi anche la possibilità di iscrizione come partito osservatore. Anche in questo caso diritti ed obblighi del partito osservatore sono diluiti (vedi tabella seguente).

Tabella 1: Classificazione dei gradi di affiliazione ad un Europartito

1 Adesione al Partito Politico a Livello Europeo 2 Membro osservatore o associato del PPLE 3 Membro del gruppo parlamentare 4 Membro osservatore del gruppo parlamentare 5 Nessuna adesione

1 La differenza tra associato e osservatore dipende in genere dallo status del paese di provenienza, cioè se membro, candidato, associato o semplicemente esterno all’Unione Europea. 7 Affrontando gli obietti degli Europartiti essi si dividono sostanzialmente in quelli di tipo quantitativo e quelli di tipo qualitativo. Prima di affrontare gli obiettivi quantitativi occorre ricordare che gli Europartiti svolgono malamente alcune funzioni classiche dei partiti politici. In particolare nella strutturazione del voto, che è la funzione principale dei partiti politici, gli Europartiti dipendono quasi completamente dai partiti nazionali in quanto le elezioni vengono affrontate con simboli e liste diverse paese per paese. Pertanto la competizione tra gli Europartiti non avviene tanto nel momento elettorale quanto piuttosto nella capacità di attrarre partiti nazionali che riescono ad ottenere sostanziali successi elettorali. Ciò fa aumentare la probabilità di avere partiti all’interno delle compagini governative nazionali ma ancora di più fa aumentare la probabilità di accrescere le dimensioni del gruppo parlamentare di riferimento nel PE. Inoltre, da un punto di vista qualitativo l’Europartito ha interesse ad avere partiti nazionali dotati di prestigio nazionale ed internazionale che possano trasferire la propria legittimità all’Europartito stesso. Ciò però non deve andare a scapito della coerenza ideologica dell’Europartito. Un partito con un profilo ideologico potrebbe anche creare imbarazzi negli altri partiti membri che potrebbero trovarsi a disagio con il nuovo membro. Un partito dal profilo ideologico altamente dissonante da quello dell’Europartito e degli altri partiti membri comporterebbe delegittimazione dell’Europartito stesso che sarebbe percepito come portatore di una linea politica non chiara o comunque opportunistica e finalizzata solo ad ottenere un maggior numero di membri.

La diluizione della coerenza ideologica di un Europartito ha anche delle conseguenze negative all’interno del gruppo parlamentare. Infatti, come ci insegna la letteratura la mancanza di una forte coerenza si correla negativamente con la coesione di voto all’interno del gruppo (Gabel e Carruba 2004; Hix, Noury, Roland 2006; Bardi et al . 2010). Una debole coesione in fase di votazione nel PE rende il gruppo più debole e complessivamente ne fa perdere anche la credibilità agli occhi degli altri attori e di fatto la legittimità. Dunque, mentre appare difficile per un Europartito espellere un partito nazionale perché non riesce a portare un numero sufficiente di voti e di seggi al parlamento europeo 2, le differenze ideologiche e le mutate posizioni politiche di un partito nazionale sono spesso le motivazioni che spingono un Europartito a voler interrompere l’affiliazione con un partito nazionale.

3. Le relazioni tra i Partiti Nazionali e gli Europartiti

In questo paragrafo analizzo i percorsi tramite i quali i partiti nazionali riescono ad affiliarsi agli Europartiti, ma anche quegli atteggiamenti che si instaurano tra i due attori quando le volontà di collaborazione non coincidono.

2 Nel 1999 PPE ha però introdotto un articolo nel proprio statuto che recita: “ If a Member Party is not any more a viable political force in its respective country and, in particular, has not been represented in regional or national or European Parliaments for two consecutive parliamentary terms, the EPP Presidency can recommend to the Political Assembly its suspension and exclusion…” (Article 9, EPP Statutes). 8 Tab. 3: Una tipologia degli atteggiamenti dei partiti nazionali verso gli Europartiti e viceversa

Volontà di accettare l’affiliazione da parte dell’Europartito Sì No Volontà di presentare Sì Adesione Rigetto. Espulsione domanda di affiliazione No Dimissioni Nessuna adesione. del Partito Nazionale Dimissioni concordate

Quando gli orientamenti tra partito nazionale ed Europartito sono comuni il percorso sembra non presentare ostacoli. In caso di condivisione dell’affiliazione il partito nazionale viene cooptato a pieno titolo diventando un membro della struttura europea e, se ha parlamentari eletti al PE, anche membro del gruppo corrispondente. Al contrario se l’intenzione del partito nazionale e di quello europeo è quella di interrompere il rapporto di affiliazione, il partito nazionale si dimetterà in modo concordato oppure, se non fosse membro, continuerebbe a non chiedere l’affiliazione. Tutto sembra semplice, però, mentre è abbastanza frequente che i due attori siano d’accordo nel voler continuare l’affiliazione, al contrario è piuttosto raro che si presenti una comune volontà nell’interrompere il rapporto. La presenza di un’affiliazione infatti è foriera di relazioni, modi d’essere, rapporti, rendite di posizione che causano una path dependence, la cui interruzione rappresenta comunque un costo. Inoltre la volontà di interrompere l’affiliazione è una decisione che si colloca alla fine di un processo che matura lentamente: ciò rende possibili e appetibili correzioni di rotta od altri atteggiamenti, da parte dell’attore che non condivide l’interruzione o da parte di settori interni al partito o all’Europartito, che rendono la scelta di interrompere il rapporto meno motivata. In alcuni casi, inoltre, la comune volontà di interrompere il rapporto è dissimulata dall’atteggiamento di uno dei due partiti che vuol far ricadere solo sull’altro le ragioni della fine dell’affiliazione. Ad esempio, alla fine del 1999 le tensioni tra il Partito Nazionalista Basco e il Partito Popolare spagnolo, entrambi membri del PPE, si riflettevano all’interno dell’Europartito. Il PPE decisamente propendeva per il più forte PP e cominciò a non invitare più i leader del PNV alle riunioni dei leader. Il PNV decise pertanto di dimettersi del PPE. Seppur formalmente le dimissioni del PNV furono un’autonoma scelta di questo partito, in realtà era la decisione era frutto della comune volontà dei due (ex)partner (De Winter L., Reino Cachafeiro. M. G. 2011). Si passa così ad esaminare i due casi, nella realtà dunque più frequenti, nei quali la volontà dei due partiti non è univoca, cioè quando un partito vuole l’affiliazione e l’altro non più o non ancora. In teoria anche in questi due casi le opzioni sembrano nette. Se la volontà di negare o di interrompere l’affiliazione proviene dall’Europartito la domanda di affiliazione del partito viene rigettata, oppure se è già membro esso viene espulso. Se l’intenzione di interrompere il rapporto proviene dal partito nazionale, quest’ultimo lascia l’organizzazione sovranazionale. In realtà anche questo caso rappresenta una posizione idealtipica con rari riscontri nella realtà. Un partito nazionale infatti prima di presentare l’adesione di affiliazione sonderebbe informalmente il terreno per capire quali sono le chance di accettazione. Inoltre il partito nazionale può cercare di capire, e quindi correggere, quali sono gli aspetti organizzativi, simbolici, programmatici che compromettono l’affiliazione (è questo il caso dei socialdemocratici bulgari che dovettero accettare alcuni aspetti di natura programmatica prima di essere accettati nel PSE –

9 Spirova 2008). Allo stesso tempo l’Europartito può adottare diverse opzioni intermedie prima di arrivare direttamente al rigetto o alla accettazione della domanda di adesione. Ad esempio concedere lo status di partito osservatore o associato è una pratica diffusa che diluisce un rigetto completo ed anzi favorisce un ingresso a pieno titolo in futuro. Per questa ragione questa soluzione può venire incontro anche alla volontà e agli interessi di alcuni partiti nazionali che non vogliono o non hanno ancora un grado di unità interno tale da optare per l’adesione completa, ma che vogliono comunque “sperimentare” per un periodo il funzionamento dell’Europartito. Per citarne alcuni basta ricordare il ceco Partito Comunista di Boemia e Moravia, membro osservatore della Sinistra Europea per alcuni distingui sull’atteggiamento critico di SE verso lo stalinismo (Mayer 2000), oppure i Socialisti Popolari danesi che sono solo osservatori dei Verdi. Inoltre l’atteggiamento dell’Europartito può essere quello di non consentire l’affiliazione del partito nazionale al Partito Politico a Livello Europeo, che come abbiamo visto in precedenza, rappresenta il livello “massimo” di adesione ad un Europartito, ma di consentire, ad esempio, l’iscrizione al gruppo parlamentare del PE. Questo ad esempio può essere un escamotage per modificare o addolcire la posizione di alcuni partiti nazionali già membri dell’Europartito che si oppongono all’ingresso del nuovo partito. Questo ad esempio fu il percorso seguito da nel periodo successivo alle elezioni Europee del 1994. In quell’occasione Forza Italia, nonostante la proclamazioni liberali, aspirava a far aderire i suoi deputati al gruppo popolare, come primo passaggio per l’adesione al Partito Popolare. L’adesione non fu possibile e solo 4 anni dopo, nel 1999, i singoli deputati furono accettati individualmente nel gruppo Popolare. A quel punto caddero anche le resistenze degli altri partiti per l’ammissione di Forza Italia all’interno del PPE (Poli 2002). Se invece il partito è già membro dell’Europartito e vuol continuare ad esserlo mentre l’Europartito non voglia più la strada più diretta da seguire è l’espulsione. E’ stato così per il piccolo partito regionalista Vallée d’Aosta, espulso dall’Europartito regionalista EFA per “mancanza di attività”. Anche il CDS-PP espulso dal PPE per la sua nuova linea politica anti-integrazionista: il CDS-PP trovò una collocazione nell’Unione per l’Europa (UpE). E’ stato anche il caso dell’Union fur Sudtirol, espulsa dall’EFA per non aver aderito alla risoluzione di condanna dell’Islamofobia adottata dall’Europartito. Anche il Nuovo Partito Socialista Italiano fu espulso dal gruppo socialista per essersi alleato a livello nazionale con il centrodestra assieme a due partiti ritenuti razzisti (Alleanza Nazionale e Lega Nord) e quindi in contrasto con i valori del PSE. Spesso però l’espulsione è solo l’ extrema ratio e gli Europartiti preferiscono seguire strada alternative. Ad esempio nel caso del Partito Socialdemocratico slovacco (SMER), il partito fu sospeso per aver stretto un’alleanza di governo con il partito di estrema destra SNS. Lo SMER esprimeva all’epoca il presidente del consiglio, proprio grazie all’alleanza con l’SNS, e forse per questo non fu espulso direttamente dal PSE come era avvenuto pochi anni prima per il NPSI. Nel 2008 inoltre il partito fu riaccolto nel PSE, nonostante non avesse interrotto l’alleanza di governo, perché “il governo non aveva comunque assunto atteggiamenti razzisti” 3. Altre volte l’espulsione può essere minacciata, come nel caso dell’Unione delle Forze Democratiche bulgare. Quest’ultima, membro del PPE, aveva dichiarato nel 2007 tramite il suo segretario che avrebbe aderito di buon grado al nuovo gruppo conservatore che Tories inglesi e

3 Da http://www.pes.org/en/news/smer-suspended-pes-political-family e da http://www.euractiv.com/en/elections/slovak-ruling-party-joins-european-socialist-ranks/article-188184 10 ODS sembravano in procinto di formare. L’UDF fu subito minacciata di espulsione da parte del PPE e fu lesta a tornare sui suoi passi, sfiduciando anche il proprio segretario per aver rilasciato la dichiarazione mezzo stampa senza averla concordata con il resto del partito 4. Esistono poi i casi nei quali sia il partito nazionale a voler interrompere la collaborazione mentre l’Europartito faccia di tutto per mantenerla. In questo caso dunque è l’Europartito che deve valutare cosa deve cambiare della propria struttura organizzativa o dell’impianto ideologico, se davvero vuol impedire le dimissioni del partito nazionale. Una soluzione adottata ad esempio nel 2009 dal Partito Socialista Europeo per accogliere gli eletti del nuovo Partito Democratico italiano. La componente di derivazione margheritina era affiliata al Partito Democratico Europeo e quindi i suoi deputati sedevano nel gruppo parlamentare dell’Alleanza dei Liberali e dei Democratici. Per di più la provenienza originaria di buona parte della Margherita era di natura democristiana e quindi legata al PPE: era logico che il nuovo PD non potesse aderire semplicemente né al gruppo Socialista né tantomeno al PSE. La soluzione fu quella di trasformare il gruppo da una semplice emanazione del PSE ad una alleanza tra Socialisti e Democratici, da cui il nome di Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici nel Parlamento Europeo (Calossi, Bardi 2010). Un’altra strategia del partito può essere quella di reagire cercando di affiliare un nuovo partito proveniente dallo stesso paese membro. Ad esempio questo è il caso di Sinistra Europa che di fronte all’uscita del piccolo Partito Comunista dei Lavoratori Ungheresi fu molto rapida nell’accogliere l’adesione dell’altrettanto piccolo e concorrente Partito dei Lavoratori. Oppure, e questa mi sembra più una strategia teorica che altro, l’Europartito si può far promotore di un rapporto privilegiato con una o più fazioni interne che non intendano seguire la decisione del partito nazionale nell’interrompere il rapporto. Ma almeno, vista la scarsa consistenza degli Europartiti questa mi sembra più una strategia teorica piuttosto che una pratica di successo realmente avvenuta. Per concludere, non è possibile elencare in questa sede tutte le adesioni dei partiti nazionali che sono avvenute dalla nascita dei primi Europartiti negli anni 70. Mi limiterò pertanto a riportate le modifiche di relazioni (dimissioni, dimissioni concordate, espulsioni) più significative avvenute nell’ultimo ventennio.

Tabella 2: Dimissioni, Espulsioni e dimissioni concordate avvenute dal 1991.

Anno Partito Paese Europartito Status Esito

1991 PDS Italia Sinistra Unitaria Membro del Dimissioni e adesione a PSE gruppo 1992 Gruppo Democratici - Gruppo - Federazione con PPE in PPE- Europei Democratici DE Europei 1994 Lega Nord Italia Alleanza Libera Membro del Sospeso. Si dimette ed Europa (EFA) gruppo aderisce a ELDR 1995 CDS-PP Spagna PPE Membro del Espulsione e adesione a gruppo Unione per l’Europa 1995 Forza Italia Italia Forza Europa Membro del Dimissioni concordate e gruppo adesione e Unione per l’Europa (UpE) 1995 RPR Francia Alleanza Membro del Dimissioni concordate e Democratica gruppo cessazione del gruppo.

4 Da http://sofiaecho.com/2007/03/09/651120_epp-suggests-ceased-membership-for-bulgarias-udf 11 Europea Adesione a UpE 1995 Fianna Fail Irlanda Alleanza Membro del Dimissioni concordate e Democratica gruppo cessazione del gruppo. Europea Adesione a UpE 1996 Partito Socialdemocratico Portogallo ELDR Membro Dimissioni e adesione al PPE 1997 Lega Nord Italia ELDR Membro Espulsione e adesione a gruppo Tecnico degli Indipendenti 1998 Forza Italia Italia UpE Membro del Dimissioni e adesione gruppo individuale a gruppo PPE 1999 CDS-PP Spagna UpE Membro del Cessazione del gruppo e gruppo adesione a PPE 1999 Forza Italia Italia - - Adesione a PPE 1999 Partito Nazionalista Basco Spagna PPE Membro Dimissioni e adesione ad EFA. 2000 FIDESZ Ungheria ELDR Membro Dimissioni e adesione a PPE 2002 RPR Francia Gruppo PPE-DE Componente DE Fusione nell’UMP e adesione al PPE 2003 CDS-PPE Spagna UpE Membro del Dimissioni e adesione a gruppo gruppo PPE-DE 2004 UDF Francia PPE Membro Dimissioni e adesione a PDE 2004 Lega Nord Italia Gruppo I/D Membro del Dimissioni dal gruppo e gruppo adesione a gruppo UEN 2004 Movimento Popolare Danimarca Europa delle Membro del Dimissioni Contro l’Unione Europea Diversità (gruppo) gruppo 2004 Partito Nazionale Basco Spagna Libera Alleanza Membro Dimissioni e passaggio a Europea (EFA) partito ELDR 2006 SMER – Partito Slovacchia PSE Membro Sospeso Socialdemocratico 2007 Valle d’Aosta Italia EFA Membro Espulso 2007 Margherita Italia PDE Membro Fusione con DS e adesione al gruppo S&D 2008 I Verdi Danimarca Verdi Membro Espulsione 2008 Unione per il Sud-Tirolo Italia EFA Membro Espulsione 2009 PIS Polonia AEN Membro Dimissioni e adesione a AECR 2009 Partito dei Pensionati Italia PPE-DE Membro Dimissioni da componente DE componente DE e adesione a PPE 2009 CDS-PP Italia PPE-DE Membro Dimissioni da componente DE componente DE e adesione a PPE 2009 Conservatori Regno PPE-DE Membro del Dimissioni ed adesione a Unito gruppo AECR 2009 Partito Comunista dei Ungheria Partito Sinistra Membro Dimissioni Lavoratori Europea 2009 ODS Rep. Ceca PPE-DE Membro del Dimissioni ed adesione a gruppo AECR 2009 Alleanza Nazionale Italia AEN Membro Fusione con Forza Italia e adesione a PPE 2009 Fianna Fail Irlanda Unione per l’Europa Membro Dimissioni e passaggio a delle Nazioni partito ELDR 2009 Socialisti Popolari Danimarca GUE-NGL Membro del Dimissioni e osservatori gruppo all’Europartito Verde Fonte: siti internet degli Europartiti e volumi in bibliografia

4. Variabili facilitanti la separazione o l’adesione

Compito di questo paragrafo è evidenziare se esistono degli elementi caratterizzanti il singolo partito nazionale oppure il sistema partitico del paese di provenienza che possono facilitare o rendere più difficoltoso il percorso di affiliazione all’Europartito.

12 a. Assenza di altre formazioni nazionali già iscritte all’Europartito In alcuni Europartiti i partiti già membri hanno diritto di veto sulla domanda di iscrizione di altri partiti. Risulta naturale che un partito nazionale voglia mantenere in esclusiva la caratteristica di essere l’unico rappresentante dell’Europartito all’interno della propria polity. Ad esempio questo è il caso di Rifondazione Comunista che di fronte alla domanda di adesione degli ex- compagni di partito di Sinistra Ecologia e Libertà alla Sinistra Europea dichiarò esplicitamente la sua opposizione (www.european-left.org ). Esistono comunque delle eccezioni, come accadde nel 1998 quando il leader del piccolo CCD, Pierferdinando Casini, già membro del PPE, di adoperò per trovare una soluzione all’ingresso di Forza Italia all’interno del PPE. C’è da aggiungere però che il CCD all’epoca era alleato di FI e che fino a pochi anni prima presentava i propri candidati all’interno delle liste di quest’ultima. Come conferma a contrario posso riportare l’atteggiamento dei Verdi Europei che, nel 2008, mentre erano in fase di trattativa con i Socialisti Popolari danesi per una loro affiliazione in qualità di osservatori, non ebbero remore ed espellere rapidamente il piccolo Partito Verde, anch’esso danese, che aveva esplicitamente dichiarato di voler affiancarsi alle elezioni europee con l’euroscettico Movimento Popolare contro l’Unione Europea. La motivazione, visto l’atteggiamento pro-integrazionista dei Verdi Europei, era buona, ma sicuramente giocò un ruolo anche la trattativa in corso con i più rilevanti Socialisti Popolari (Heidar 2008). Inoltre alcune convivenze di più partiti nazionali all’interno dell’Europartito sono durate veramente poco. Nel 2005, anche per pochi soli mesi, in Romania i due maggiori partiti politici, quello Socialdemocratico e quello Democratico, furono contemporaneamente membri osservatori del PSE. Dopo pochi mesi il Partito Democratico lasciò il PSE per aderire al PPE 5. Anche le francesi UDF e UMP, avversarie in Francia, convissero dal 2002 al 2004 all’interno del PPE, fino a che l’UDF lasciò per aderire e fondare il Partito Democratico Europeo. Il punto reale è che due partiti avversari in patria difficilmente riescono a convivere all’interno dello stesso Europartito. Non appena si presenta l’occasione uno dei due partiti nazionali lascia l’Europartito per aderire ad un altro. Con questo mi collega alla seconda variabile interveniente nei meccanismi di affiliazione.

b. Alternativa di affiliazione ad un altro gruppo politico Dalla tab. 2 si vede come in pochissimi casi un partito nazionale si sia dimesso dall’Europartito senza avere già pronta un’affiliazione alternativa. Questo dimostra che il bisogno di legittimazione da parte dei livelli europei è ormai un elemento irrinunciabile dalla maggior parte dei partiti nazionali. In fatti, solo in pochi casi, vedi Partito Comunista dei Lavoratori Ungheresi, un partito ha scelto di interrompere un’affiliazione non aderendo a nessun’altra organizzazione. E per di più nessun partito politico che ha vocazione o aspirazione a governare nel breve periodo può scegliere di non aderire, o peggio ancora, di interrompere la propria affiliazione. Fino a che un partito nazionale non ha una chiara alternativa all’affiliazione in corso preferisce rimanere, seppur a disagio, membro dell’Europartito di cui fa parte.

c. Scontri interetnici

5 Da http://www.kas.de/wf/doc/kas_9672-1522-2-30.pdf?100906152204

13 All’interno di un paese quando un partito rappresentante l’etnia maggioritaria è membro di un’Europartito assieme ad un altro partito rappresentante di una minoranza irredentista o comunque in contrasto possono esserci tensioni. E’ ad esempio il caso del Partito Nazionalista Basco che fu espulso dall’Internazionale Democristiana su precisa richiesta del Partito Popolare spagnolo. Però in altre occasioni, ad esempio nel caso dei partiti democristiani slovacchi KDH e SMK, membri del PPE e rappresentanti rispettivamente della maggioranza slovacca e della minoranza ungherese, non hanno problemi a condividere l’affiliazione allo stesso Europartito. Dunque lo scontro interetnico può diventare un elemento di difficoltà nell’adesione ad un Europartito, per almeno uno dei due partiti, in genere quello rappresentante la minoranza, a seconda del tasso di nazionalismo del partito e della famiglia politica stessa.

d. Adesione ad altri gruppi sovranazionali (organizzazione internazionale, gruppo parlamentare, ecc…) collegati all’Europartito Se un partito nazionale, ancora non affiliato ad un Europartito, è già membro di altri gruppi o organizzazioni sovranazionali che sono collegate anche in modo non formale e diretto all’Europartito è più facile che il partito nazionale possa essere accettato o voglia aderire a quel determinato Europartito. Sono molto frequenti i casi di partiti che erano membri di una organizzazione internazionale (ad esempio l’Unione Europea dei Cristiano Democratici che raggruppava partiti democratico-cristiani) e che aderiscono successivamente all’Europartito. Ancora più forte poi è l’aiuto all’adesione che ricevono quei partiti nazionali già aderenti a gruppi parlamentari simili presenti in altre assemblee parlamentari sovranazionali In questo caso le assemblee più vicine come funzioni e vicinanza geografica al Parlamento Europeo, come l’Assemblea del Consiglio d’Europa, ma soprattutto il Comitato delle Regioni (che è un organismo dell’Unione Europea) rivestono un ruolo fondamentale.

e. Rischio di estinzione della struttura europea Come abbiamo visto i casi di espulsione di partiti nazionali da parte degli Europartiti sono molto rari. Questa rarità è anche motivata dal fatto che espellendo un partito, e quindi perdendo la sua dote di parlamentari, spesso un Europartito, soprattutto se piccolo, può mettere a repentaglio la propria esistenza. Ad esempio, al momento della nascita del Partito della Sinistra Europea alcuni partiti membri avevano ipotizzato l’abbandono del gruppo confederale GUE-NGL per interrompere ogni rapporto con i partiti hard-line e filo-stalinisti lì rappresentati. I numeri però non consentivano la formazione di un gruppo parlamentare autonomo, così come non l’hanno consentito nel 2009 quando l’idea era nuovamente circolata. Per questa ragione non avvenne l’espulsione degli elementi indesiderati (Calossi 2011).

f. Sconfitta elettorale, anche se nazionale Come abbiamo visto il PPE ha modificato il suo statuto ed ha inserito il criterio del successo elettorale per espellere un partito nazionale. Ma anche senza questo riferimento formale il criterio del successo elettorale viene comunque considerato da parte degli Europartiti per valutare l’adesione di un nuovo membro. Questo avviene anche in presenza di altri partiti avversari già membri dell’Europartito. In fase di adesione di Forza Italia i dirigenti dell’Europartito ben sapevano che avrebbero infastidito il più piccolo Partito Popolare Italiano, già membro del PPE. Però la rilevanza di Forza Italia, con il suo pacchetto di deputati, facevano indubbiamente gola al PPE. Se

14 poi lo scontro diventa evidente tra il piccolo e il grande partito (come nel 2000 tra gli spagnoli PP e PNV) l’Europartito, se non sottendono anche rilevanti problemi ideologici che potrebbero danneggiare la coesione dell’Europartito, si schiera a favore del partito più grande.

g. Iscrizione dei MEPs un gruppo vicino all’Europartito Dopo le elezioni il partito nazionale indica ai propri eletti il gruppo parlamentare del PE al quale iscriversi. A volte però alcuni eletti, sia per scelte individuali, sia perché appartengono a particolari fazioni interne decidono di aderire ad altri gruppi. I meccanismi sanzionatori vorrebbero che il deputato venisse espulso dal partito (se già non aveva presentato le dimissioni). In alcuni casi però, se il partito nazionale non reagisce con meccanismi sanzionatori, significa che la scelta individuale del MEP in qualche senso anticipa una tendenza già in atto nel partito stesso. È questo il caso dell’unico MEP dei Socialisti Popolari danesi che nel 2004 decise di non aderire al gruppo GUE-NGL e aderì al gruppo Verde. Il deputato non venne espulso e 4 anni dopo il suo stesso partito decise anzi di seguirne le ombre decidendo di diventare partito osservatore dello European Green Party e di inviare i suoi futuri eletti nel gruppo Verde. Emblematico poi è il caso dei deputati di Forza Italia che, aderendo individualmente al gruppo PPE-DE nel 1998, aprire poi la strada all’adesione del partito al PPE.

h. Fusione del partito nazionale Quando un partito nazionale si fonde con un altro partito nazionale si apre l’interrogativo sul Europartito al quale aderire. Spesso vengono adottate scelte temporanee, tipo quella decisa dalla lista elettorale comune di DS (PSE) e Margherita (ELDR) per le elezioni europee. I deputati provenienti dai DS continuarono a sedere nel gruppo socialista, gli altri in quello liberale. Altre volte invece viene scelto un partito ben preciso: alla fusione tra FI (PPE) e AN (UEN) il nuovo partito PDL decise di aderire al PPE. Se queste fusioni si interrompono, , in alcuni casi, come si può ipotizzare che sia stata la fuoriuscita di alcuni pezzi ex-AN dal PDL sotto il nuovo nome i Futuro e Libertà, scelgono di rimanere all’interno del nuovo Europartito (in quel caso il PPE), in altri casi come la fuoriuscita dal PD dell’ex-leader della Margherita Rutelli con la nuova formazione Alleanza per l’Italia, decidono di tornare nel vecchio Europartito di riferimento (in quel caso ELDR).

i. Similitudine nella denominazione Modificare il proprio nome in vista della richiesta di affiliazione ad un Europartito non sempre sembra una strategia vincente. Ad esempio il caso del Movimento per una Slovacchia Democratica (HZDS) dell’ex-autocratico presidente di quel paese, Vladimir Meciar, che aggiunse la dizione di “Partito Popolare” (LS-HZDS) al proprio nome in vista dell’ingresso nel PPE (Szczerbiak, Taggart 2008). Il PPE motivò il diniego dicendo che I partiti nazionali già presenti nell’Europartito dovevano esprimere pare favorevole, cosa che non fecero ( http://euobserver.com/9/5808 ). Successivamente l’HZSD, modificando nuovamente il proprio nome ed eliminando i riferimenti al PPE, fu accolto dal Partito Democratico Europeo nel 2009. Il PPE, soprattutto dopo il suo mutamento ideologico dei primi anni novanta non ha avuto problemi ad accogliere partiti dalle denominazioni più svariate. Originariamente il gruppo accoglieva i partiti di evidente ispirazione cristiana - la Democrazia Cristiana italiana, i Cristiano- popolari belgi, l’Unione Democratico Cristiana tedesca, ecc… riflettevano tutti, anche nel nome questa adesione. Poi con l’adesione di vari partiti conservatori (la greca Nuova Democrazia, i Moderati svedesi, ecc…) la varianza dei nomi dei partiti presenti è andata aumentando

15 notevolmente. Curiosamente il PPE ha accolto al suo interno partiti come il Partito Socialdemocratico Portoghese nel 1996 e il Partito Socialdemocratico Sloveno nel 2000. Meno vario sembra l’insieme dei nomi presenti nel PSE: ai vari partiti socialisti e socialdemocratici si aggiungono solo i partiti “del lavoro” o laburisti. In definitiva la denominazione simile o dissimile all’Europartito non sembra una caratteristica ostativa o facilitante l’affiliazione.

Facilitanti l’affiliazione Poco o Non Influenti Ostativi l’affiliazione Variabile Tipo della Variabile Tipo della Variabile Tipo della variabile variabile variabile Assenza di altri Sistemica Similitudine nella Partitica Presenza di altri Sistemica partiti membri denominazione partiti membri dell’Europartito dell’Europartito Assenza di una Partitica Scontri interetnici Sistemica Presenza di Partitica affiliazione un’affiliazione alternativa alternativa Adesione ad altri Partitica Fusione con un sistemica Non adesione ad Partitica gruppi altro partito altri gruppi sovranazionali sovranazionali simili simili Rischio di - Nessun Rischio di - estinzione della estinzione della struttura europea struttura europea Successo elettorale Partitica Sconfitta elettorale Partitica Iscrizione dei MEPs Partitica Iscrizione dei MEPs Partitica un gruppo vicino a gruppi distanti all’Europartito dall’Europartito

Conclusioni Il paper individua alcune linee di tendenza che i partiti nazionali e gli Europartiti hanno seguito nel relazionarsi tra di loro. Le procedure di espulsione da parte degli Europartiti sono molto meno frequenti rispetto alle dimissioni volontarie da parte dei partiti nazionali. Questo a dir la verità accade perché i partiti nazionali, quando si dimettono da un Europartito, non scelgono la strada dell’isolamento (che sarebbe sicuramente l’opzione peggiore) ma hanno già individuato un altro Partito Politico a Livello Europeo o gruppo parlamentare da cui farsi accogliere. Sostanzialmente il partito nazionale che prima riceveva legittimità da un determinato Europartito sa che potrà riceverne ugualmente da un altro Europartito: pertanto per il partito nazionale si tratta solo di cambiare sponsor . Al contrario i margini di manovra per l’Europartito sono molto più ristretti. Non è facile per un’Europartito espellere un partito nazionale e trovare subito un nuovo referente dotato anch’esso delle risorse che più interessano all’Europartito, cioè voti e seggi. Pertanto l’espulsione di un partito nazionale rappresenta una scelta troppo onerosa. L’Europartito vi ricorre solo quando il partito nazionale rappresenta un rischio di delegittimazione per il partito europeo stesso, come dimostrano le espulsioni o le sospensioni da parte del PSE dei partiti nazionali che si erano alleati a livello nazionale con l’estrema destra oppure l’espulsione di un partito come Lega Nord, che tutto è tranne che liberale, dall’ELDR.

16 In definitiva la maggiore fedeltà rappresentata dall’atteggiamento degli Europartiti sta a dimostrare la maggiore debolezza di quest’ultimi nei confronti dei partiti nazionali. Se i partiti nazionali hanno bisogno degli Europartiti per ricevere expertise , risorse finanziarie e legittimità, gli Europartiti hanno bisogno dei partiti nazionali per la loro stessa esistenza! Un possibile esempio di come gli Europartiti potrebbero bilanciare questa relazione asimmetrica sarebbe la possibilità di aprire la membership anche alle iscrizioni individuali. In questo modo gli Europartiti potrebbero essere in grado di ricevere la quota che il regolamento 2004/2003 gli impone di ricevere “da altre fonti” – e che oggi sostanzialmente significa “dai partiti nazionali” – dai singoli iscritti, riducendo così la dipendenza dai partiti nazionali. Proprio quelli che, non a caso, più si oppongono all’iscrizione individuale agli Europartiti, impedendo così che quest’ultimi acquistino maggior libertà e indipendenza, impendendo così che diventino i veri motori dell’integrazione politica europea, a dispetto del nome altisonante.

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