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Intervista al Ministro dell’Interno

Annamaria Cancellieri

Nata a Roma nel 1943, è laureata in Scienze Politiche. Nel 1972 inizia la carriera direttiva al Ministero del - l’Interno e nel 1993 viene nominata Prefetto. Già Commissario a , ha ricoper- to la carica prefettizia in varie città: , , , Genova e . È stata Commissario straordinario di nel 2010 e di Parma nel 2011. Dal 16 novembre 2011 è il Ministro dell’Interno.

Il Prefetto è stata nominata Ministro dell’Interno del go- verno Monti e nella storia della Repubblica Italiana è la seconda donna in assoluto, dopo , a ricevere la nomina ad un incarico di tale delicatezza. È una donna concreta e simpatica che con la stessa carica di entusiasmo ha affron- tato Prefetture, incarichi di Commissario straordinario e sta portando avanti un Ministero tradizionalmente “maschile” con competenza e partecipazione. È moglie, mamma e nonna di nipotini che adora e da cui è ricambiata con lo stesso amore soprattutto quando in qualche momento ‘di fuga’ dal Viminale diventa com- pagna di giochi in un giardino della Capitale. Ben consapevole della complicata fase che sta vivendo l’Italia, ha risposto alle do- mande di Gnosis senza reticenze e con l’ottimismo di chi sa che la reazione alla cri- si si costruisce giorno per giorno condividendo responsabilità ed impegni ciascuno per la propria parte.

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Gentile Ministro, in un periodo di recessione diffusa, con le perduranti difficoltà di crescita dell’economia – quotidianamente si affrontano licenziamenti, cassa integra- zione e riduzioni di personale per le contrazioni dei rapporti di lavoro – quali sono i ri- schi effettivi destinati ad aumentare la tensione sociale? Il momento non è dei più tranquilli. La tenuta sociale del paese è messa a dura prova dalla crisi economica, ma, fortunatamente, i cittadini hanno fino- ra risposto in maniera civile e composta, consci delle difficoltà che sta attra- versando il paese. Tutti abbiamo il dovere di essere sempre vigili per poter guardare avanti con fiducia nelle istituzioni e nella possibilità di crescita del- l’Italia.

Nelle manifestazioni e nei cortei di contestazione qual è il collante che unisce l’antago- nismo al mondo del lavoro e l’anarchismo al pianeta scuola e università? Viviamo in un’epoca storica e in una parte del mondo dove, purtroppo, dal punto di vista sociale quello che viene abitualmente definito “il collante” è molto scarso. Questo accade anche nel mondo giovanile. Se ci riferiamo alle manifestazioni e ai cortei credo che, come spesso succe- de, e come è avvenuto anche in altre epoche di contestazioni – a volte – le fran- ge più radicali tentano di “gestire” la massa dei contestatori incrementando il livello di aggressività contro le Forze dell’Ordine.

Cosa differenzia le espressioni tipiche “piazza” e “movimento” nel 2012 rispetto ai medesimi concetti “figli” del ‘68? È passato quasi mezzo secolo. Quello del ’68 era un altro mondo…: si viveva in un Paese e in un’Europa che, lasciata alle spalle la guerra, vedeva un futuro di lavoro, dopo i flussi di emigrazione del passato e sognava il benessere. Il movimento contestava la cravatta, la burocrazia, il formalismo e la scuo- la elitaria. I ragazzi, i giovani – considerati per la prima volta “categoria” – chiedeva- no di poter partecipare a loro modo al boom iniziato negli anni ’60 in nome dell’utopia dell’uguaglianza sociale e della “fantasia al potere”. Adesso lo scenario è assolutamente antitetico: il movimento va in piazza perché c’è la crisi del mercato del lavoro, perché deve affrontare un futuro buio e le generazioni più giovani avranno, probabilmente, un livello economi- co-sociale peggiore dei genitori.

Perché – a Suo parere – sia il mondo della contestazione che le aree politiche e “gestio- nali” della piazza non esprimono leaders carismatici? I leaders non si inventano. Un leader è sempre un mix di doti personali e di condizioni oggettive realizzate. Ma in un’epoca in cui la comunicazione è

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Quanto la preoccupa la presenza invasiva delle forme di criminalità organizzata e del- le mafie in ambiti particolari come i settori della produzione/distribuzione e degli inve- stimenti per i grandi eventi? Già dalla mia precedente esperienza professionale di Prefetto nel Mezzo- giorno ho conosciuto le difficoltà di chi cerca di fare impresa sfuggendo al gio- go della criminalità organizzata e le tante aree grigie che frenano lo sviluppo nel sud. Nelle regioni del nord Italia non nasce la cultura omertosa, né la cultura di una popolazione “assuefatta” a certi fenomeni che esiste in altre zone del Pae- se, ma c’è ancora una forte capacità di reazione e i cittadini, perfettamente consapevoli del loro diritto di cittadini, non soggiacciono alle prevaricazioni e tendono a denunciarle. Ma, a Milano, come in altri territori ricchi del Paese e dell’Europa, ho avu- to modo di constatare che, pur essendo forte la capacità di reazione, c’è il ten- tativo delle mafie di penetrare negli ambiti in cui “girano i soldi”. E purtroppo Milano in questo senso costituisce una forte attrattiva e lo sarà ancora di più in vista dell’Expo 2015. Con il protocollo di legalità firmato a febbraio scorso dalla Società Expo 2015 e dalla Prefettura di Milano abbiamo fatto in modo di prevenire tali rischi di infiltrazioni mafiose, nelle gare e nei lavori, attraverso il controllo preventi- vo di tutti i soggetti appartenenti alla filiera delle imprese e senza limitazioni di soglie in relazione al valore degli appalti. Questo tipo di vigilanza è reso possibile anche tramite l’accertamento del rispetto della normativa in materia di tracciabilità dei flussi finanziari. Da Milano sono partite spesso rivoluzioni che hanno cambiato il Paese. Penso che anche questa volta Milano possa dare un contributo valido sul fron- te della legalità.

Lei è un Ministro molto attento anche alle realtà territoriali che spesso analizza da vi- cino viaggiando molto e intervenendo con decisione: quali Regioni Le sembrano più a rischio criminalità in questo momento storico? Sarebbe sbagliato fare delle graduatorie. Il ministro dell’Interno deve ave- re un quadro complessivo delle emergenze. Ma non svelo certo segreti se dico che noi monitoriamo con estrema attenzione sia le aree del sud dove tradizio- nalmente è forte la criminalità organizzata sia quelle del nord in cui le mafie tentano di fare affari.

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E le Giunte, le Amministrazioni periferiche, cosa possono fare per supportare le attivi- tà e l’impegno delle Forze dell’Ordine? Io dico sempre che i sindaci sono i nostri primi alleati. Ho un ottimo rapporto con loro e credo che siano partners fondamentali per le Forze dell’Ordine. In particolare gli amministratori locali ci danno una mano quando riescono a migliorare la coesione sociale delle loro popolazioni. E sono molto costruttivi anche quando svolgono un ruolo attivo nella diffusio- ne e nella pratica della legalità.

Quali sono i rischi maggiori per la società italiana attualmente? E quanto incide la crisi economica sui profili di rischio? La crisi economica può favorire la criminalità e la relativa espansione, per- ché produce debito e rende più difficile l’accesso al credito. Per questo dobbia- mo ribaltare il paradigma e cambiare l’inerzia a favore di chi dice no alla cri- minalità. Adottare i codici antimafia, attenersi alle leggi dello Stato, contrasta- re il lavoro nero, l’elusione e l’evasione fiscale deve diventare per le imprese un’opportunità economica, un’occasione di guadagno.

Come pensa che possa risolversi la situazione in Val di Susa? La TAV rischia di trasformarsi sostanzialmente in una questione di ordine pubblico, mentre in realtà per la popolazione locale e le istituzioni dovrebbe rappresentare un’opportunità. Per il nostro governo è una priorità perché guarda allo sviluppo e all’ammodernamento del Paese. Una priorità ribadita proprio nei giorni scorsi nel vertice bilaterale dai presidenti Monti e Holland.

Quanto è diffusa – secondo Lei – la cultura della sicurezza in Italia? Cosa si può fare per incrementarla? Ho ragionato a lungo sulla percezione della sicurezza. Viviamo in un’epo- ca in cui aumentano le paure: ansie e preoccupazioni sembrano una compo- nente psicologica di questa fase storica. Anche la “microdelinquenza” appar- tiene alla criminalità diffusa ed è stato un errore, in passato, sottovalutarla. La repressione da sola non basta a produrre sicurezza. Possiamo dare ri- sposte concrete anche favorendo il rapporto diretto con le Forze dell’Ordine, con le amministrazioni e con le associazioni di categoria. È il processo globale di educazione alla sicurezza che fa crescere la fiducia nelle istituzioni.

Il concetto di pubblica sicurezza coincide con la sicurezza pubblica? Tradizionalmente, il concetto di sicurezza pubblica riguarda in via priori- taria il contrasto e il contenimento dei fenomeni criminali e in particolare quei reati che per la loro aggressività influenzano la vita di una comunità.

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La sicurezza invece è percepita dai cittadini come un diritto primario ed una componente indispensabile della qualità della vita: c’è l’esigenza che tale diritto sia garantito in rapporto ad ogni fenomeno di criminalità presente sul territorio in cui si vive e si lavora.

Quanto è possibile creare “parametri di eticità” – e non solo di legge – nella lotta alla corruzione? In termini molto generali la corruzione è una degenerazione morale e spi- rituale di una persona o di una società che ha perduto il senso dell’onestà, del- la dignità, del rispetto per se stessa e per gli altri. In termini più specifici, tecnici e propri si parla di corruzione quando in politica o nella Pubblica Amministrazione si viene meno a un dovere morale per denaro o per un interesse particolare di qualsiasi tipo, personale, familia- re, sociale, economico, politico, culturale e perfino religioso. Il tema dell’etica e del rischio di corruzione è di particolare attualità in Ita- lia. La lotta alla corruzione nella Pubblica Amministrazione è giudicata debo- le dalla società civile. Per contrastare la corruzione e l’illegalità occorre attiva- re strumenti incisivi. La legge sull’Anticorruzione, recentemente approvata, presenta una serie di strumenti di prevenzione e repressione piuttosto ade- guati a fronteggiare l’illegalità.

Qual è il ruolo della Intelligence in un periodo in cui le comunicazioni sono di diffu- sione rapida e globale? Fondamentale. L’intelligence è la nostra scommessa contro la criminalità. La nuova intelligence deve coinvolgere le Istituzioni, in primo luogo il Parlamento, e la società per acquisire consapevolezza sui temi di interesse na- zionale. L’obiettivo è migliorare la qualità del servizio reso al Paese negli ope- ratori, nelle attività e nei risultati. Ritengo fondamentale il processo di comunicazione anche in alcuni settori di Intelligence per fornire ai cittadini la risposta più adeguata alle loro esigen- ze e per fare apprezzare tutte le Istituzioni come veri argini a tutela del siste- ma democratico.

Internet è area di globalizzazione per eccellenza: il contributo della Rete è considerato più positivamente per l’acquisizione di notizie e informazioni o più negativamente per la “creazione” di reati e l’aumento di crimini impensabili anche solo un quarto di se- colo fa? A metà anni ‘90 Internet sembrava un luogo oscuro e pericoloso che avreb- be attirato nella rete generazioni di adolescenti isolandole da coetanei e fami- glia, e finendo per allontanare i ragazzi dalla realtà.

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Ma oggi, in piena ‘era del Web’, questa nuova tecnologia sembra aver per- so molti degli aloni negativi e, anche se non si può ignorare che tale strumen- to possa essere usato per crimini informatici, continuo ad essere convinta de- gli indiscussi vantaggi che Internet ha apportato nell’acquisizione di notizie ed informazioni oltre i tradizionali mass-media.

Quali prospettive di vita professionale e di inserimento nel mondo del lavoro può ave- re oggi un giovane? Questo governo ha come primo impegno quello di portare fuori l’Italia da un difficile momento di crisi economica nonché quello di creare condizioni migliori anche per i giovani. Per quanto riguarda in particolare il ministero dell’Interno, stiamo lavorando per indirizzare i fondi dei progetti sicurezza proprio in incentivi e opportunità per i giovani. Il progetto è quello di far sentire lo Stato sempre più vicino ai cittadini, di creare le condizioni perché tutti in Italia possano vivere un po’ più serena- mente, concentrandosi per dare un futuro ai giovani. Ho messo a punto pro- getti per combattere in modo più efficace la criminalità organizzata, per con- trastare la micro-criminalità, ma anche per semplificare la burocrazia e rende- re più semplice il rapporto tra lo Stato e i cittadini e per migliorare la sicurez- za nelle scuole.

Lei è un Ministro molto impegnato e con problemi da affrontare tutti i giorni, ma è an- che moglie, mamma e nonna, quanto la supporta la Sua famiglia? Tutte le donne che lavorano dovrebbero potersi avvalere di servizi sociali utili a conciliare la carriera, la cura dei figli e degli anziani. Io sono stata fortu- nata, nonostante sia stato comunque difficile. La famiglia mi ha aiutato molto, ma, per la maggior parte delle donne, gli ostacoli sono tanti.

È riuscita a realizzare i Suoi sogni giovanili? E cosa Le manca dei Suoi venti anni? Come le ho appena detto penso di dovermi ritenere una persona fortuna- ta, anche perché ho avuto dalla mia carriera enormi soddisfazioni e, nella mia vita privata, sono felice come mamma e come nonna. Dei miei vent’anni ricordo la freschezza e l’entusiasmo tipico di quell’età, che ricordo con un pizzico di nostalgia, anche se, ad essere sincera, molto di quell’entusiasmo me lo sento addosso ancora oggi, nonostante sia passato qualche lustro…

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