Comune di (Lo) Relazione geologica per la variante generale del P.R.G. 2003 ______Modificata a seguito delle osservazioni pervenute e della deliberazione della Giunta Provinciale di Lodi n° 78 del 07 aprile 2004

Sommario

1 Inquadramento geografico e principali lineamenti fisiografici 2 2 Aspetti climatici 5

2.1 QUADRO DINAMICO...... 5

2.2 PARAMETRI CLIMATICI ...... 8 2.2.1 temperature 8 2.2.2 precipitazioni 11 3 Lineamenti strutturali 15 4 Geomorfologia ed elementi di pedologia 20

4.1PROCESSI GENETICI ...... 20

4.2COMMENTO DELLA TAVOLA 1 œ CARATTERI MORFOLOGICI ...... 22

4.3 ELEMENTI DI PEDOLOGIA ...... 23 4.3.1 sintesi delle caratteristiche 23 4.3.2 Aspetti applicativi delle caratteristiche pedologiche 26 5 Idrografia e idrologia 28 6 Aspetti idrogeologici 30

6.1CARATTERISTICHE GENERALI E STRATIGRAFIA DEI POZZI ...... 30

6.2MORFOLOGIA DELLA FALDA SUPERFICIALE...... 34

6.3CONSIDERAZIONI SULLA VULNERABILIT DELLA FALDA FREATICA ALL‘INQUINAMENTO...... 38 6.3.1 premessa 38 6.3.2 generalità‘ sul metodo SINTACS 39 6.3.3 i fattori della vulnerabilità 40 6.3.4 valori dell‘indice di vulnerabilità e relativa rappresentazione 44 7 Aspetti geotecnici 48 8 Conclusioni e Classi di fattibilità 51 9 Indici dei grafici e delle figure 57

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1 Inquadram ento geografico e principali lineam enti fisiografici

Il territorio amministrato è costituito da una tratto di pianura di forma circa romboidale di 5,64 Km2 (5,62 nel fotogrammetrico), posto nella parte centro settentrionale della Provincia di Lodi a quote comprese tra 74 e 77 m s.l.m.

Sull‘I.G.M. in scala 1:25.000 l‘area amministrata è individuabile nel foglio n° 60, tavoletta IV N.O. —Lodi“, mentre nella Carta Tecnica Regionale in scala 1:10.000 è presente nelle sezioni B7e1 a nord, e B7e2 a sud rispettivamente per il 45 ed il 55 % .

Il confini a nord e nord-est sono con Figura 1: individuazione area di studio nel territorio il comune di Lodi, ad est con San Martino provinciale in Strada, a sud con e ad ovest con , per un perimetro complessivo di 14,64 Km.

Sono presenti due nuclei abitati distanziati di circa 1 Km : Muzza Sant‘Angelo, sede municipale, e Cornegliano Laudense che costituisce il nucleo storico, di antiche origini.

Muzza Sant‘Angelo ha avuto un intenso sviluppo edilizio a partire dagli anni ‘70, probabilmente in virtù della prossimità con il casello autostradale dell‘A1 e con la SS 235 che delimita il lato NW dell‘abitato, ed attualmente si estende per circa 0,6 Km2 con edifici principalmente residenziali, mentre una propaggine di circa 0,2 Km2 posizionata a nord, in direzione di Lodi, è interessata da insediamenti artigianali e commerciali. Cornegliano Laudense forma invece un borgo di piccole dimensioni, esteso per circa 0,1 Km2, ed ha avuto un limitato incremento edilizio negli ultimi decenni. Nel complesso quindi le aree urbanizzate, comprendenti anche un insediamento industriale interposto tra i centri abitati, occupano circa 1,0 Km2, pari al 18 % del territorio comunale.

I dati dei Censimenti Generale dell‘Agricoltura indicano per il 1982 una superficie totale destinata all‘agricoltura pari a 3,891 Km2 (circa il 70% del totale amministrato), che scendono a 3,098 nel 2000 (circa il 55% del totale), mentre la Superficie Agricola Utilizzata (SAU) è pari a 3,461 Km2 nel 1982 e 2,773 Km2 nel 2000. Il rapporto SAU/superficie agricola totale è pari a 0,89 nel 1982 e permane costante anche nel 2000.

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La presenza del Canale Muzza e del reticolo di rogge da esso derivate sia a monte sia all‘interno del territorio comunale, costituisce l‘elemento fisiograficamente più importante, storicamente formatosi in periodo medioevale e consolidatosi con importanti opere nel XVII° secolo1, che si è mantenuto relativamente inalterato nelle epoche seguenti.

Figura 2 : territorio comunale rappresentato su una carta delle province di Lodi e Crema del 1818.

Nella carta storica sopra riportata si osservi l‘importante fascio di rogge derivate dal canale a valle della località Muzza, conservatesi fino agli anni ‘80, ed il percorso, rimasto immutato, delle principali rogge (Codogna, Quaresima, Cavallona e dell‘attuale derivatore Cà de Bolli. Fonte : Archivio Storico Lodigiano œ Lodi.

Il Canale Muzza attraversa il centro dell‘abitato omonimo e delimita a sud ovest il territorio comunale, mentre all‘estremo opposto la Roggia Codogna percorre il territorio in prossimità del confine nord orientale.

Nell‘attuale gestione la distribuzione idrica non viene mai sospesa, salvo in caso di necessità straordinarie per l‘esecuzione di opere o manutenzioni, determinando condizioni costanti di limitata soggiacenza della falda che interessa quasi tutto il territorio. Le acque del canale Muzza defluiscono infatti tutto l‘anno a quote prossime o superiori a quelle del piano campagna, mentre le principali rogge presentano rilevanti portate anche in periodo invernale, come risulta indicato nella tabella della tavola 3.

1 Deflusso m inim o vitale – im plicazioni di carattere com prensoriale. Consorzio Bonifica M uzza Bassa Lodigiana – Lodi, 1999.

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Altimetricamente e morfologicamente il territorio si presenta totalmente pianeggiante, ma operando con l‘analisi riportata nella tavola 1 può essere suddiviso in due zone: la prima estesa in tutta l‘area a NW della congiungente dei due centri abitati si caratterizza per una acclività prossima a zero e per irregolari elevazioni e depressioni della superficie topografica che si mantengono nell‘ordine di ê0,3 m, la seconda manifesta invece chiari gradienti in direzioni da ESE a SSW dell‘1,5ó2„ (quest‘ultima direzione interessa solo parte dell‘abitato di Muzza Sant‘Angelo, dove i dati possono essere però meno significativi), riprendendo l‘assetto più frequentemente presente nella porzione centrale del territorio provinciale.

Si richiama l‘attenzione sulla singolarità della morfologia sopra descritta che, per quanto noto allo scrivente, non trova riscontro in altre aree della provincia, e che verifica almeno una parziale corrispondenza con l‘asse di anticlinale riconosciuta nel territorio comunale, sede del noto giacimento di gas metano. L‘analisi di tale aspetto, a parere dello scrivente, riveste un interesse scientifico, che comunque esula dagli scopi della presente relazione.

Un ulteriore elemento da rilevare è dato dalla lieve depressione che accompagna il percorso della roggia Codogna, che delinea una possibile zona di testa di paleoalvei riconosciuti con maggiore continuità in territorio di Massalengo2.

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Figura 3 : stralcio del foglio geologico 60 œ Piacenza scala 1:100.000, riprodotto in scala 1:50.000:

2 Riccardo Bersezio: (1986) – Prim a ricostruzione dei paleoalvei nella pianura tra Adda e Ticino.

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Geologicamente tutto il territorio si colloca nella pianura largamente uniforme detta —Livello fondamentale della Pianura“ o —Piano Generale Terrazzato, come illustrato nella figura sopra riportata.

L‘unità presente in territorio comunale è esclusivamente il fluvioglaciale würmiano fgw del —livello fondamentale della pianura“, formato da —alluvioni prevalentemente sabbiose, con lenti limose e sottili livelli ghiaiosi…“. In alto sulla destra della figura 3, compare la scarpata principale e le alluvioni oloceniche dell‘Adda (a2), in territorio di Lodi e .

2 Aspetti clim atici

2.1 quadro dinam ico

La quasi totale assenza di rilevi che caratterizza la pianura padana, e la sua collocazione tra giovani (in senso geologico) catene montuose che la delimitano a nord e ad ovest (altezza media 2400 m), e a sud (altezza media 1400 m), costituiscono la principale causa della complessiva omogeneità del clima che caratterizza soprattutto la sua parte assiale. Nondimeno alla scala di maggiore dettaglio si individuano differenze apprezzabili nei valori medi dei parametri, che indicano variazioni spaziali difficilmente percepibili nell‘osservazione diretta, ma che possono avere una concreta influenza economica e sociale, come ad esempio nel bilancio idrico dei suoli e nelle conseguenti esigenze irrigue.

Il tipo di tempo presente in un luogo, ossia la combinazione dei valori di temperatura, umidità, grandezza e intensità delle precipitazioni e del vento che caratterizza un periodo dell‘anno varia ovviamente nel tempo (in senso cronologico). Lo studio delle cause di tali modificazioni costituisce l‘oggetto della climatologia dinamica, che analizza le variazioni stagionali delle configurazioni bariche delle masse d‘aria ed i fenomeni meteorologici connessi, e quindi nel loro complesso il clima.

Secondo quanto illustrato da vari Autori 3, si possono così riassumere i fenomeni che interessano stagionalmente l‘Italia Settentrionale nel suo complesso, e nello specifico il tratto mediano del Po:

3 Q uanto riportato è essenzialm ente tratto dalle seguenti pubblicazioni: Bernacca E. (1971) - Che tem po farà. M anuale di m eteorologia pratica. Ed. M ondadori. C.O ttone, R.Rossetti (1980): Condizioni term o-pluviom etriche della Lom bardia Atti dell’Istituto di Geologia dell’Università di Pavia. Vol. XXIX, Pavia. Cati L. (1981) - Idrografia e Idrologia del Po - Pubblicazione n°19 dell’Ufficio Idrografico del Po. Ed. Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Rom a. Ghezzi A., Riva I. (1990) - Il clim a del territorio delle provincia di Crem ona e M antova - Pianura. n° 3/1989, supplem ento della “Provincia Nuova” - Ed. Provincia di Crem ona.

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In inverno l‘arrivo di masse d‘aria fredda continentale da nord-est (anticiclone russo- sarmatico), provoca temperature basse ed anche gelate, ma scarse precipitazioni e calma di vento con formazioni di nebbie. La formazione di queste —nubi al suolo“ è dovuta, durante i mesi da novembre a febbraio, ad un forte irraggiamento notturno, ossia alla rapida perdita di calore, a partire dal tramonto, dello strato di aria a contatto con il suolo che si raffredda più degli strati d‘aria superiori. Tale fenomeno determina una inversione del gradiente termico verticale negli strati bassi dell‘atmosfera (circa 100 m)4 e la formazione di una stratificazione che diminuisce la dinamica delle masse d‘aria (assenza di vento) divenendo stabile per parecchi giorni. Quando la diminuzione della temperatura raggiunge il punto di rugiada si ha la condensazione del vapore acqueo e la formazione della nebbia. Il raffreddamento avviene principalmente quando non vi è copertura di nubi, che diversamente rifletterebbero al suolo parte del calore rilasciato per irraggiamento.

Il fenomeno, come noto, oltre a diminuire la visibilità, produce i gravi inconvenienti connessi alla stagnazione delle sostanze inquinanti a bassa quota, sostanzialmente prodotti dal traffico veicolare.

Secondo quanto riferito da Ghezzi (v. nota 3), in inverno —I possibili mutamenti sono determinati dal sopravvento di circolazioni dinamiche attive. Tra queste risultano in genere più efficaci quelle caratterizzate da apporto di aria dai settori orientali (bora, generalmente associata a scarsa nuvolosità, e scirocco [vento da S-E] normalmente accompagnato da precipitazioni), fenomeno peraltro non molto frequente. Di minore efficacia risultano le circolazioni a componente occidentale: da nord-ovest il foehn5 riesce a distruggere l‘inversione dissipando la nebbia, ma raramente è in grado di dare venti di intensità apprezzabile; da sud-ovest le condizioni di libeccio danno annuvolamenti, difficilmente accompagnati da precipitazioni, a causa dell‘azione di schermo del sistema appenninico...“.

In primavera sul Golfo Ligure si forma frequentemente un minimo depressionario, che determina afflussi da S-W di aria umida proveniente dall‘Atlantico e dal Mediterraneo che costituisce la principale causa di precipitazioni.

Occorre rilevare che lo schermo costituito dal sistema appenninico determina l‘attenuazione in pianura per tutte le perturbazioni provenienti dal quadrante di SW (in qualunque stagione dell‘anno), fenomeni che poi si distribuiscono con intensità decrescente da Ovest verso Est, secondo la direzione di moto. Questo aspetto è osservabile nei valori medi stagionali e totali annui a distanze di pochi chilometri.

4 In pianura il gradiente è m ediam ente di -0,56 °C/100 m ., m entre in caso di inversione term ica i valori diventano positivi. 5 Secondo il Cati (1981) “il vento è particolarm ente presente da dicem bre a m arzo... .si riscalda adiabaticam ente provocando aum enti rapidi di tem peratura e quindi fusione di neve e ghiacciai. La risultante di tale azione si concreta spesso in piene im provvise dei corsi d’acqua”.

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Le curve di uguale precipitazione media annua (isoiete) relative al periodo 1921 - 1970 (Cati L., cit.) mostrano il territorio di Cornegliano Laudense poco oltre l‘isoieta 800 mm, posta lungo l‘allineamento Turano - S. Angelo Lodigiano.

La rappresentazione fornita da Ghezzi (cit.) per le provincie di Cremona e Mantova, esaminando dati dal 1960 al 1974, indica un chiaro gradiente in diminuzione da Ovest verso Est, pari a circa 30 mm/anno di pioggia ogni 10 Km e differenze in valore assoluto più accentuate. Si va infatti dagli oltre 800 mm della zona occidentale della provincia di Cremona a meno di 650 mm/anno per la città di Mantova.

In primavera inoltre il maggiore riscaldamento al suolo provoca fenomeni convettivi (movimenti d‘aria ascendenti e discendenti che trasportano in quota pulviscolo e vapore d‘acqua) con formazione di cumuli (nubi isolate e basse a base piatta e forte sviluppo verticale, che si formano e dissolvono nel corso della giornata), che possono dare luogo a precipitazione intense ma di breve durata e temporali, seguite da rapide schiarite.

In estate predomina l‘alta pressione o campi di pressione livellata (valori uniformi per vaste aree), che causano deboli circolazioni di masse d‘aria. La stagnazione di aria calda è rotta solo dalla infiltrazione di aria fresca dalle vallate alpine, favorita dalla formazione di deboli aree di depressione, che può dare luogo a violenti temporali, talora accompagnati da grandine. Localmente, soprattutto in prossimità di bacini idrici, possono aversi delle trombe d‘aria.

In autunno torna ad instaurarsi un minimo depressionario nell‘alto mediterraneo, ed analogamente alla primavera, l‘apporto delle precipitazioni avviene con circolazione di aria umida da sud-ovest. Con il progredire della stagione arrivano a prevalere gli apporti di aria fredda stratificata che caratterizzano il tempo nebbioso invernale.

In conclusione si propone l‘elaborazione dei dati termo-pluviometrici della stazione di Sant‘Angelo Lodigiano secondo il climatogramma di Peguy, che ha il vantaggio di una facile lettura e consente un giudizio sintetico sulle caratteristiche climatiche dell‘area.

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Clim atogram m a di Peguy - periodi clim atici a Sant‘Angelo Lod. - valori m edi m ensili dal 1993 al 1997 250 240 230 p

r 220 e

c 210 i p

i 200 t a

z 190 i o 180 n

e freddo umido caldo umido

170 m

e 160 d

i 150 a

m 140

e 130 n g e l o s

i 120 l e

110

i temperato n

100 m O

m 90 80 Mg 70 N Ap A 60 D 50 M 40 G S G L 30 F 20 10 arido 0 -1 -9 -8 -7 -6 -5 -4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 0 tem perature medie m ensili in °C grafico 1 :diagramma climatico di Peguy

2.2 param etri clim atici

2.2.1 TEMPERATURE

Le caratteristiche termometriche nella pianura risultano particolarmente omogenee per vaste aree, variando principalmente in funzione dell‘orografia, ossia del gradiente verticale (vedi nota 5), e non della latitudine.

Temperature medie annue comprese tra i 12 °C ed i 13 °C delimitano la fascia Lombarda estesa dal Po ai piedi della Prealpi; lungo un allineamento passante tra Milano e Como e diretto verso ESE si distinguono valori massimi, ed in corrispondenza di Chiari (BS) si registrano infatti i valori medi annui più elevati (14,3 °C) (C.Ottone , R.Rossetti, cit.).

Di seguito sono illustrati i valori medi mensili del periodo 1981-1989 a Sant‘Angelo Lodigiano, Corno Vecchio e Cremona 6.

6 Dati desunti da: AA.VV. - Parco Adda Sud (1995) - Progetto per la definizione delle acque sorgive, fluenti e sotterranee necessarie alla conservazione degli ecosistem i nel Parco Adda Sud - Relazione generale - Istituto di Chim ica Agraria e Am bientale - Facoltà di Agraria di Piacenza.

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temperature medie mensili nel decennio 1981 - 1990 in varie

30 stazioni 29 28 27 26 25 24 23 22 21 20 19 18 17 16 15 14 13 ° C 12 11 10 9 8 S.Angelo m inim a 7 S.Angelo m edia S.Angelo m assim a 6 Corno Vecchio m inim a 5 Corno Vecchio m edia 4 Corno Vecchio m assim a 3 Crem ona m inim a 2 Crem ona m edia 1 Crem ona m assim a 0 -1 -2 gennaiofebbraio m arzo aprile m aggio giugno luglio agostosettem breottobre novem brdeicem bre grafico 2 temperature in stazioni varie

Si rileva una grande similitudine tra le stazioni, riscontrabile sia per i valori medi sia per i valori massimi e minimi (medi mensili). Le temperature più elevate si registrano nel mese di luglio con circa 24 °C, mentre le minime si hanno a gennaio con circa 1,5 °C, in ritardo di circa un mese rispetto al solstizio d‘estate e d‘inverno (21 giugno e 21 dicembre), quando l‘insolazione assume i valori estremi. Le temperature crescono linearmente da febbraio a giugno, incrementando di circa 4,5 °C/mese e dopo un trimestre mediamente superiore ai 20°C, calano rapidamente nei mesi di ottobre e novembre perdendo quasi 6,5°C/mese, per poi attenuare il raffreddamento tra dicembre e gennaio (differenze di meno di 3 °C). Solo saltuariamente il mese di gennaio presenta valori medi inferiori allo zero.

Le fluttuazioni intorno al valore medio mensile paiono più accentuate nei mesi caldi, che possono presentarsi con temperature medie prossime a quelli primaverili, rispetto in particolare al periodo autunnale-invernale quando gli scarti rispetto al valore medio sono circa di ê 2,5°.

L‘escursione termica annua è quindi in media di 22,5 °C, valore piuttosto elevato che delinea le condizioni tipiche del clima continentale. L‘escursione giornaliera media è maggiore nella stagione estiva, con circa 12 °C, ed ha valore minimo a gennaio con circa 7°C (C.Ottone, R.Rossetti, cit.).

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Secondo la pubblicazione n° 21 del servizio idrografico italiano (fascicolo 1, Italia settentrionale 1960 e fascicolo 4°, Monografia 1969, in Cati L., cit.), i valori di temperatura estremi giornalieri del trentennio 1926 -1955 sono di 39,2 °C e -15,7 °C a Pavia (rispettivamente giugno 1935 e febbraio 1929), 37,8 °C e -15,4 °C a Cremona (rispettivamente a luglio 1950 e gennaio 1954), delineando una escursione di quasi 55 °C, doppia rispetto a quella media annua.

Considerando le analogie riscontrate tra le stazioni, si possono aggiungere alcune considerazioni relativamente alla distribuzione dei giorni corrispondenti a significative soglie termiche e ad eventuali variazioni nel tempo dei valori, illustrando le elaborazioni disponibili per la stazione di Cremona, i cui dati sono stati più estesamente esaminati.

Occorre solo rimarcare che alcune deviazioni potrebbero derivare da —un debole effetto di clima urbano che invece non influisce in modo apprezzabile sulle precipitazioni“ (Ghezzi A, Riva I, cit.).

Secondo quanto esposto dall‘autore appena citato, alcuni valori di soglia risultano particolarmente significativi per gli effetti che rivestono sull‘attività biotica:

- valori inferiori allo zero indicano nessuna attività biologica delle piante, ed è la temperatura intorno alla quale si attivano i cicli di gelo e disgelo; - i 5 °C indicano una ridotta attività vegetale, ma ancora di gelo per la vita animale;

- temperature di 10 °C sono considerati come minima temperatura di gemmazione e l‘inizio del comfort umano;

- infine i giorni con temperatura superiore ai 25 °C possono rappresentare alle nostre latitudini, il valore significativo dei giorni caldi.

Pare intuitivo valutare l‘effetto che tali soglie esercitano nei confronti delle attività sociali ed economiche e quindi la rilevanza che tali considerazioni hanno nella materiale gestione di un territorio. Il quadro definito dall‘autore con dati relativi al periodo 1964 - 1974 per la stazione di Cremona, e quindi da ritenere approssimativamente valido anche per il territorio di Cornegliano Laudense, è il seguente:

temperature in °C fino a 0 da 0 a 5 da 5 a 10 da 10 a 25 oltre i 25

n° giorni/anno 18 60 59 198 28

L‘andamento delle temperature nel corso della seconda metà del secolo, individuato dai valori medi annui a Cremona dal 1945 al 1993 (da Provincia di Cremona, 1996, cit.), sottolinea la sostanziale assenza di mutazioni del parametro, che si caratterizza per una quasi costante oscillazione di ê 1 °C intorno al valore medio di 13 °C.

In sintesi il regime termico di Cornegliano Laudense può essere classificato —Temperato sub-continentale“ , definito dai seguenti limiti (da Pinna, pubblicazione n°21 (1969) del Servizio Idrografico , Monografia, in Cati L., cit.):

- media annua fra 10° e 14,4 °C; - media del mese più freddo fra -1° e 3,9 °C; - da 1 a 3 mesi con temperatura media >20 °C;

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- escursione termica superiore a 19 °C.

2.2.2 PRECIPITAZIONI

La distribuzione del fenomeno nello spazio è già stata esaminata in precedenza nell‘ambito della descrizione della climatologia dinamica. Di seguito sono illustrati e commentati i dati della stazione pluviometrica ERSAL di Sant‘Angelo Lodigiano dal 1993 al 1997, per avere una seppur orientativa indicazione sull‘andamento stagionale del fenomeno (nei mesi da agosto a dicembre 1996 i dati sono mancanti):

precipitazioni m ensili a Sant'Angelo , anni dal 1993 al 1997

350

300

1993 1994 250 1995 1996 1997 a i 200 m edia g g o i p

m 150 m

100

50

0 gennaio marzo maggio luglio settembre novembre MEDIA MENSILE grafico 3: precipitazioni mensili a Sant‘Angelo Lodigiano 1993-1997

Il valore totale medio annuo è di 850 mm, con una deviazione standard di 150 mm. Si può quindi sommariamente ritenere che con una probabilità del 95% le piogge annue saranno comprese tra i 1150 mm e i 550 mm.

Nell‘andamento medio annuale si nota un periodo di più abbondante precipitazione nel mese di settembre mentre nel resto dell'anno le piogge si distribuiscono abbastanza omogeneamente, risultando molto scarse a marzo.

Si segnala che secondo Ottone e Rossetti (1980, cit.), il tipo pluviometrico che caratterizza l‘area può essere definito come fascia di transizione tra il —sublitoraneo padano“, caratterizzato da due massimi tra loro equivalenti ed il —sublitoraneo appenninico“, nel quale il massimo autunnale è superiore a quello primaverile, e il minimo estivo è più profondo dell‘invernale.

L‘assenza del massimo primaverile è ragionevolmente imputabile alla scarsità degli anni considerati.

In merito all‘intensità media giornaliera delle precipitazioni, C.Ottone ed R Rossetti (1980, cit.), sottolineano la riduzione generalizzata di tale parametro procedendo

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Le precipitazioni di massima intensità costituiscono gli eventi di maggiore pericolosità e determinano gli episodi alluvionali che pongono a rischio il territorio anche in ambito locale, in relazione al dimensionamento e stabilità delle opere di drenaggio e smaltimento delle acque.

In argomento il Cati (1980, cit.) riferisce quanto illustrato in una precedente pubblicazione del Servizio Idrografico relativa alle precipitazioni massime per periodi da 1 a 5 giorni consecutivi dal 1921 al 1950. Il territorio di Cornegliano Laudense si colloca nell‘ambito di una zona omogenea estesa tra il fiume Lambro ed il fiume Mincio (zona E), per la quale è proposta la seguente relazione:

H = 309,3 T 0,115

con H = precipitazione in mm e T = numero di giorni consecutivi di pioggia, da 1 a 5.

Quindi i valori previsti sono : n° giorni consecutivi 1 2 3 4 5 quantità di pioggia in mm 309 335 351 363 372

Nella Pubblicazione —Progetto Lambro“ della Provincia di Milano7 sono descritti gli eventi intensi di durata inferiore alle 24 ore, ottenuti esaminando dati pubblicati dal Servizio Idrografico fino al 1976, e successivamente quelli giacenti presso il Magistrato per il Po fino al 1986 incluso. Utilizzando la distribuzione probabilistica dei massimi valori secondo Gumbel, gli Autori propongono per la stazione di i seguenti parametri della classica funzione esponenziale H = a tn :

T a n con T = tempo di ritorno in anni, t = tempo della 100 50 0,3 precipitazione in ore, —a“ ed —n“ parametri della curva 50 45,8 0,3 compensatrice dei dati sperimentali . 30 42,6 0,29 10 35,6 0,29

7 AA.VV.(1989) : Progetto Lam bro - piano di bacino - proposte per la sistem azione idraulica del Lam bro e per il riassetto paesaggistico della sua valle - Ed. Provincia di M ilano.

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curva dei casi critici delle piovosità a Lodi 140

120

100

80

60 Tr=100 40 Tr=50 Tr=30 Tr=10 20

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 tem po in ore grafico 4: precipitazioni critiche a Lodi

Una analoga analisi è contenuta nel documento —Distribuzione spaziale delle precipitazioni intense - Allegato 3“ della —Direttiva sulla piena di progetto da assumere per le progettazioni e le verifiche di compatibilità‘ idraulica“ del PAI, che fornisce i parametri delle linee segnalatrici di probabilità pluviometrica per tempi di ritorno di 20, 100, 200 e 500 anni per tutto il bacino del Po, ottenuta mediante un‘interpolazione spaziale con il metodo di kriging dei parametri a e n delle linee segnalatrici, discretizzate in base a un reticolo di 2 km di lato. Le stazione più prossime a Cornegliano Laudense utilizzate, sono quelle di (dati dal 1951 al 1985), e Treviglio (dal 1951 al 1986). La cella DL090, circa coincidente con il curva dei casi critici delle piovosità a Cornegliano Laudense territorio di Cornegliano 140 Laudense, riporta i seguenti parametri: 120

m 100

T a n m

n i

500 80,4 0,198 a i g

g 80

200 71,7 0,202 o i p

a

100 65,5 0,207 l l

e 60 d 20 49,7 0,22 a Tr=500 z z e

t Tr=200 l 40 a Tr=100 Tr=20 grafico 5 : precipitazioni critiche a 20 Cornegliano Laudense secondo il PAI 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 tempo in ore

Le differenze tra le due elaborazioni paiono relativamente contenute, rientrando nelle approssimazioni usuali per questo tipo di indagine.

I valori relativi alle 24 ore risultano però sensibilmente inferiori a quanto indicato dal Cati per piogge di un solo giorno. Tale scostamento, oltre che al differente intervallo temporale esaminato, è motivata dal fatto che l‘analisi del Cati si riferisce ai valori massimi

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Il quadro fornito con il presente paragrafo è utilizzabile sia per gli aspetti connessi all‘attività edilizia, sia per le questioni concernenti attività sociali, per le quali si può operare una previsione almeno di massima del rischio meteorologico.

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3 Lineam enti strutturali

Le indagini di carattere geofisico legate innanzitutto alle esplorazioni per idrocarburi ed i numerosi pozzi perforati nella pianura padana, hanno consentito di definire con buona precisione la forma e lo spessore dei depositi profondi.

Il carattere fondamentale dell‘asse padano è rappresentato da un sistema di pieghe a vergenza appenninica (provocate da spinte a principale componente Sud-Nord) che interessano le successioni marine del Miocene medio - superiore e del Pliocene, all‘interno di un bacino di avanfossa fortemente subsidente.

Le successioni in questione costituiscono il margine NW dell‘ampia struttura a festone che, all‘incirca da Volpedo (11 Km a sud di Voghera) si protende verso il centro della Pianura padana, fino al Colle di San Colombano, per flettersi, dapprima a ESE verso Cremona, e poi a SE in direzione della zona di Parma - Reggio Emilia.

La struttura, generatasi a seguito di movimenti rotazionali antiorari (Vanfossi et alii, 1994), evidenzia la presenza, al suo margine occidentale di un‘area con anomalia magnetica residua, che è stata interpretata come un ostacolo all‘avanzamento delle coltri appenniniche, rappresentato dal basamento pre - mesozoico e delle sue coperture triassiche [rocce di origine marine di età superiore a 200 milioni di anni] presenti a —ridotta“ profondità, nonché da corpi vulcanici, come evidenziato da numerosi autori ( Pieri- Groppi, 1981; Castellarin et alii, 1985 e 1992; Cassano et alii,1986; Castellarin e Vai, 1986; C.N.R., 1991)“.

Il fronte delle strutture profonde è interessato da fratture che scompongono le rocce secondo un piano parallelo a quello dello scorrimento (ramp) e da sistemi di faglie trascorrenti, che traslano lateralmente i blocchi.

E‘ da rilevare che (Pieri e Groppi, 1981), la zona frontale degli Appennini in tale area viene a giustapporsi a quella dell‘arco del Sudalpino-Orobico giungendo, in pratica ad un contatto-scontro nella zona tra Cornegliano e Bordolano (18 Km a Nord di Cremona).

Inoltre, sempre secondo gli stessi autori i terreni marini più recenti che vengono coinvolti sono quelli pliocenici, ma le deformazioni interessano anche la parte basale del quaternario (Pleistocene).

Il quadro strutturale descritto è sinteticamente illustrato dalle due figure seguenti, dove si osserva che la parte settentrionale del territorio comunale lambisce l‘alto strutturale di Cornegliano, forse intersecando l‘area del giacimento, mentre la parte centrale e meridionale si colloca lungo i fianchi della depressione indicata dalla isobate della base del Pliocene.

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Figura 4: Carta di inquadramento geologico strutturale (da C.N.R., Structural Moldel of , 1991),con modifiche. - linee sottili con numeri : isobate dalla base del Pliocene; - le spesse con trattini doppi perpendicolari : faglie dirette; - linee spesse con rettangolini distanziati: sovrascorrimenti post Tortoniani

5 Km

Figura 5: sezione strutturale della pianura orientata circa SSW œ NNE; sezione n° 5, AGIP 1996

Legenda: Q = quaternario; Plms = Pliocene medio e superiore; Pli = Pliocene inferiore; Ms = Miocene superiore; Mm = miocene medio; Mi = Miocene inferiore; PG = Palogene; Mz = mesozoico. In rosso con croci nere è indicato il basamento cristallino, talora sovrastato da vulcaniti permiane.

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La sezione sopra riportata illustra lo schema strutturale in corrispondenza dell‘asse padano, e passa nella porzione NW del territorio comunale (da AGIP 1986: Pianura padana - interpretazione integrata di dati geofisici e geologici, 73° congresso Società Geologica Italiana, Roma).

Risultano ben evidenziati l‘elevazione del substrato che forma l‘anticlinale di Cornegliano œ Caviaga, lateralmente delimitata da faglie ad andamento sub verticale, nella quale si riconosce la serie completa del miocene (Mi, Mm, Ms) e del pliocene (Pli, Plms), sensibilmente ridotta in corrispondenza dell‘asse della piega. La sezione non indica riduzioni di spessore nel depositi quaternario (pleistocene), che si sviluppa per circa 1000 m comprendendo una estesa porzione basale di depositi marini e di transizione, ma in generale occorre osservare che tali strutture, disposte in direzione prevalentemente W-E attraverso il territorio lodigiano e cremonese, condizionando lo sviluppo della rete idrografica superficiale, la circolazione sotterranea e la morfologia per effetto di una attività neotettonica (movimenti della crosta terrestre in corso negli ultimi 2 milioni di anni) ancora in atto.

In corrispondenza delle dorsali si osserva spesso la presenza in superficie di terreni più antichi del quaternario continentale, mantenuti in posizione più elevate durante le più recenti fasi alluvionali seguite alle glaciazioni. Le più evidenti di tali strutture positive sono il colle di San Colombano ed i rilievi intorno a , in corrispondenza dei quali affiorano terreni attribuiti alle fasi interglaciali del Mindel, collocabile intorno a 700.000 anni fa.

Il processo generale di subduzione, responsabile della formazione dei sovrastanti depositi quaternari (marini e continentali), è tuttora attivo ed è stimato in talune località possa avvenire con velocità che raggiungono i 5 mm/anno8.

Nell‘area in esame, come si evidenzia nello schema sotto riportato, risulta osservabile anche lo stretto rapporto esistente tra la disposizione dei principali fiumi ed i lineamenti sepolti.

La cartografia è tratta da : AGIP (1957): Schema strutturale della Pianura Padana.

- Le frecce nere indicano strutture anticlinali (elevazione del substrato miocenico); - le frecce chiare indicano strutture sinclinali (piegamento con concavità verso l‘alto del substrato); - le isobate indicano la profondità della base del pliocene; le chiazze scure i campi produttivi a gas;

8 AA.VV. (1980):carta neotettonica d’Italia - Note illustrative ai fogli 61 (Crem ona) , 62 (M antova) , 72 Fiorenzuola d’Arda), 73 (Parm a). In “Contributi alla realizzazione della carta neotettonica d’Italia”- Parte II° Pubblicazione 356 CNR.

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Figura 6: schema strutturale : da A.G.I.P. , 1957

Cornegliano

Vi sono varie considerazioni che inducono a ritenere tuttora attive le strutture in questione, con prevalente sollevamento alternato a fasi di stasi. Senza entrare in un dettaglio che esula dai compiti dalla presente relazione, si citano ad esempio le seguenti osservazioni:

- l‘anomala deviazione del percorso del Lambro Meridionale a Villanterio;

- l‘entità delle vallecole dei versanti meridionali del Colle di San Colombano, sproporzionati alle dimensioni del loro bacino imbrifero, e la superficie bombata delle superfici sommitali e laterali del rilievo;

- la presenza di un —leggero sollevamento anticlinale“ della Formazione di San Colombano , e l‘andamento leggermente bombato delle superficie dei terrazzi (prewurmiani) di copertura del Colle di San Colombano;

- la misura diretta del sollevamento , valutato mediante il confronto della rete altimetrica rilevata nel 1897 con quella del 1957, pari nell‘area a circa 25 mm, come mostrato dalla successiva figura, corrispondente ad un velocità di 0.5 mm/anno.

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Figura 7: movimenti verticali del suolo dal 1897 al 1957 in mm. (Arca, Beretta œ 1985)

Il complesso di indizi sopra esaminato ha portato lo scrivente a suggerire un‘interpretazione in chiave neotettonica delle particolarità morfologiche osservate nel territorio comunale, rappresentate dall‘estesa presenza di terreni a quote prossime a 77,0 m s,l.m. nella porzione a nord della congiungente Muzza œ Cornegliano, che configurano una planarità delle superfici che non pare trovare riscontro in altre aree del lodigiano.

Tale aspetto, che sarebbe interessante vagliare disponendo di dati topografici di dettaglio nei territori di Lodi, Lodivecchio, Pieve Fissiraga e , è illustrato e commentato nell‘allegata tavola 1 e nel capitolo seguente.

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4 Geom orfologia ed elem enti di pedologia

4.1 Processi genetici

La pianura attualmente osservabile è essenzialmente prodotta da un processo di riempimento del bacino subsidente da parte di sedimenti di origine marina durante il pliocene (da 4,9 a 1,6 milioni di anni fa), mentre con il primo Pleistocene (da 1,6 a circa 0,75 m.a.), anche a seguito di processi di sollevamento in corrispondenza di —alti strutturali“, ha preso inizio la deposizione di ambiente transizionale (al limite tra il marino ed il terrestre, ossia di spiaggia, laguna, delta, piane di marea etc.), caratterizzata da fasi spiccatamente marine e depositi di origine continentale.

I sedimenti formatisi, costituiti da limi intervallati da sabbie fini e strati torbosi, rappresentano la base sulla quale sono andate a deporsi grandi masse di sabbie e ghiaie di origine continentale, trasportate dalle Alpi e dagli Appennini verso valle dalle notevoli portate dei fiumi durante le glaciazioni, che caratterizzarono il pleistocene superiore.

Le coltri di materiale sabbioso-ghiaioso sono convenzionalmente attribuite a tre diverse glaciazioni del Pleistocene medio e superiore, denominate Mindel (intorno a 0,7 milioni di anni fa), Riss (da 0,3 a 0,13 m.a.) e Wurm (da 70.00 a 12.000 anni fa), anche se le fasi glaciali recentemente riconosciute nell‘alta pianura sono più di una decina; tale semplificazione è dovuta alla difficoltà, allo stato attuale delle conoscenze, di distinguere nelle stratigrafie dei pozzi della bassa pianura singole fasi che hanno determinato l‘erosione e l‘accumulo di materiali assai simili.

I depositi che costituiscono la copertura alluvionale della pianura padana, sono quindi il prodotto del susseguirsi di più cicli erosivi e deposizionali, che hanno portato ciascuna delle colti più giovani ad adagiarsi sulle altre, relativamente più antiche, tramite il parziale riempimento dei solchi vallivi profondamente incisi in queste, determinando frequenti giustapposizioni tra depositi di diversa età.

Al termine dell‘ultima fase glaciale la pianura risultava percorsa da fiumi di portata molto maggiore dell‘attuale, di cui si ha chiara testimonianza nelle tracce dei paleoalvei posti all‘interno di quell‘ampia fascia di pianura compresa tra i bordi superiori delle scarpate principali (localmente chiamate —coste“), che è denominata —Livello Fondamentale della Pianura“ o — Piano Generale Terrazzato“.

Tracce continue di questa antica idrografia sono individuabili nell‘alveo dell‘attuale colo Sillaro, che percorre buona parte della porzione occidentale del territorio lodigiano estendendosi da a , transitando a distanze minime di 1,5 Km dal confine occidentale del territorio comunale, nell‘area compresa tra la rampa ovest di accesso all‘autostrada, l‘autostrada stessa in direzione Milano e l‘abitato di Borgo San Giovanni, la cui porzione settentrionale è costruita a ridosso del paleoalveo. Un aspetto

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L‘analisi dei parametri di tali forme, in particolare l‘ampiezza dei meandro ed i raggi di curvatura, ha condotto il Marchetti9 ad ipotizzare che le portate potessero essere normalmente superiori di 5 - 6 volte rispetto a quelle degli attuali fiumi, raggiungendo il valore di 25, rispetto alle portate dell‘Oglio, per un analogo paleoalveo presente in territorio cremonese.

L‘abbondante deflusso è stato attribuito al clima freddo umido che avrebbero caratterizzato le fasi finali della glaciazione e la prima deglaciazione, che produsse grandi apporti di materiale alluvionale verso la pianura, reso disponibile anche dall‘accumulo di materiale sciolto da parte dai ghiacciai allo sbocco delle vallate alpine (apparati morenici).

Tali processi, avvenuti in realtà mediante più cicli di avanzamento e ritiro dei ghiacciai, portarono alla formazione della porzione superiore del citato —livello fondamentale della Pianura“, mentre una successiva fase caratterizzata sia dalla diminuzione delle precipitazioni sia dall‘intrappolamento dei sedimenti nei bacini lacustri formatisi a monte degli sbarramenti morenici (14), diede luogo alla migrazione del punto neutro dei fiumi10 verso valle.

Ebbe così inizio, in un periodo approssimativamente compreso tra i 7.500 ed i 10.000 anni fa, una decisa fase di erosione dei depositi fluvioglaciali dell‘età wurmiana, che unitamente a fenomeni locali di innalzamento della pianura per cause tettoniche, produsse le profonde incisioni che attualmente ospitano la fascia di divagazione dei meandri dei fiumi di origine alpina, dette piane oloceniche, tra le quali in ambito locale quella dell‘Adda.

Con il succedersi di fasi climatiche a diversa intensità, i fiumi hanno apportato e successivamente rieroso i sedimenti all‘interno della valle, producendo un complesso di depositi posti a quote che si differenziano di alcuni metri, che nel loro complesso costituiscono una serie di terrazzi inscatolati nel solco definito dal terrazzamento principale.

9 M archetti M . (1990) : “Cam biam enti idrologici nella Pianura Padana Centrale a nord del fium e Po: i casi di “Underfit stream ” dei fium i M incio, O glio e Adda” . Geografia fisica e dinam ica del quaternario , n° 13. 10 Si intende con tale term ine un tratto dell’asta fluviale caratterizzata sostanzialm ente dal trasporto di m ateriale, interposta tra la prevalente erosione che avviene a m onte e la deposizione che si m anifesta a valle di detto punto. Con un aum ento delle precipitazioni, che produce una m aggiore frequenza degli episodi di piena, si assiste ad uno spostam ento verso m onte del punto neutro, m entre in caso inverso si ha la m igrazione verso valle. Tale riferim ento teorico è però fortem ente variato nei singoli corsi d’acqua da aspetti caratteristici, in particolare dalla presenza di tributari e da fenom eni neotettonici.

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La figura 1, tratta dalla carta geologica ufficiale, mostra che tutto il territorio comunale si colloca esclusivamente all‘interno del —livello fondamentale della pianura“ formato dalle alluvioni fluvioglaciali wurmiane (Pleistocene superiore), mentre le scarpate principali del terrazzo dell‘Adda, ed i sottostanti depositi olocenici antichi, a2 nel caso specifico, si individuano a distanze minime di circa 2,8 Km dal limite orientale del territorio amministrato.

4.2 Com m ento della tavola 1 œ Caratteri Morfologici

Per individuare i dettagli morfologici locali sono stati selezionati sulla restituzione fotogrammetrica in scala 1:5.000 n° 237 punti quotati maggiormente significativi dell‘andamento naturale della superficie topografica, escludendo quindi tutti i punti relativi a strade, ponti o manufatti. Ciò ha comporta una significativa riduzione dei dati in corrispondenza dei nuclei abitati, che però pare non avere compromesso il buon esito complessivo del lavoro.

In seguito è stata effettuata un‘elaborazione mediante Surfer® 7, impiegando l‘algoritmo di interpolazione di base denominata Point Kriging e variogramma lineare.

L‘osservazione della tavola deve essere condotta tenendo conto che, benché sia possibile introdurre nei dati discontinuità quali scarpate naturali o artificiali, nella maggior parte dei casi l‘utilizzo di metodi di interpolazione produce una lieve attenuazione delle forme nette, e quindi non sempre quanto evidenziato corrisponde nei dettagli con quanto osservabile sul terreno. Nondimeno l‘elaborazione consente di cogliere aspetti reali legati a fenomeni morfogenetici che diversamente non risulterebbero apprezzabili, per la materiale l‘impossibilità di percepirle da terra gradienti topografici inferiori a circa l‘1% .

Dalla tavola emerge in primo luogo la presenza di un vasto ripiano sub orizzontale posto a quote comprese tra i 77,0 ed i 77,6 m s.l.m., che occupa circa il 45% del territorio amministrato, e che trova buona coincidenza sia con l‘asse della piega anticlinale indicata nella carta geologica del foglio 60 —Piacenza“, sia con la distribuzione dei pozzi per ricerca di idrocarburi segnalati sulla stessa carta. Tale osservazione, sulla base dei soli indizi citati, conduce a ritenere possibile che localmente l‘evoluzione neotettonica possa esercitare un controllo sull‘evoluzione morfologica ed idrografica, con possibili effetti pratici in tempi storici (non di PRG). In questa chiave interpretativa la lieve depressione che accompagna la roggia Codogna Bassa potrebbe rappresentare un caso di antecedenza rispetto all‘evoluzione del rilevo, ovvero di conservazione di un tracciato idrografico che mantiene il percorso originario incidendo il substrato che nel frattempo subisce un sollevamento. Ovviamente la verifica di tale ipotesi richiede una estensione dell‘analisi morfologica al territorio limitrofo e la comparazione dei dati con quelli della struttura profonda, che esula dagli scopi della presente relazione. Si sottolinea comunque che nella parte centrale del lodigiano si osserva mediamente un gradiente topografico dell‘ l‘1,5 ó 2,0„ in direzione SSE, e che in assenza di particolarità morfologiche connesse

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Nella parte di territorio posta circa a sud del parallelo passante per il cimitero di Cornegliano, si osserva un andamento normale per il territorio centro lodigiano, caratterizzato da gradiente topografico mediamente in direzione SSE che presenta valori che variano localmente dall‘1% (rari) al 1,5„ , disponendosi in direzione N-S a ridosso del canale Muzza, e in direzione W-E nella porzione più orientale del territorio, dove risulta evidente l‘azione modellatrice delle acque superficiali con deflusso in direzione della depressione dell‘Adda.

Nella tavola è individuato con il retino AR-HBONE di autocad una piccola depressione artificiale posta poco ad est della C.na Campolungo (escavazione per prelievo inerti), e con il simbolo una piccola frana osservabile nelle sponde della roggia Codogna Bassa, poco a nord della C.na Passerina.

Nei sopralluoghi non sono risultate presenti o segnalate significative erosioni o instabilità delle sponde dei canali, o di scalzamenti dei manufatti, ed in genere i corsi d‘acqua osservati sono parsi in buono stato di manutenzione.

4.3 elem enti di pedologia

4.3.1 SINTESI DELLE CARATTERISTICHE

Ai fini del presente studio l‘analisi delle caratteristiche pedologiche del territorio è rilevante sia per l‘individuazione delle potenziali capacità agronomiche dei terreni, sia per valutare la funzione protettiva esercitata dai suoli nei confronti delle acque sotterranee.

Quanto riferito nel presente capitolo non è frutto di rilievi appositamente condotti nel corso della presente indagine, ma rappresenta una sintesi, riferita al territorio di Cornegliano Laudense, dello studio pedologico pubblicato dell‘ERSAL (SSR n°30, giugno 2000) per l‘area del medio e alto lodigiano.

La collaudata metodologia di indagine si inserisce nel contesto di un complesso di studi avviati dall‘Ente nel 1985, che hanno prodotto con 38 pubblicazioni l‘analisi pedologica in scala 1:50.000 di tutto il territorio lombardo di pianura.

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Il contenuto specialistico di tali indagini è supportata da analisi del paesaggio condotte mediante la cartografia storica e le foto aeree, la realizzazione di numerose osservazioni puntuali (in media 1 profilo ogni 4 Km2 e 4 trivellate al Km2, pari a circa n° 20 nel solo territorio di Cornegliano) ed analisi chimiche e tessiturali sui campioni. Il risultato ottenuto è da ritenersi qualitativamente superiore rispetto ad una eventuale indagine sulle caratteristiche tessiturali dei terreni superficiali quale si sarebbe potuto realizzare nell‘ambito del presente studio. Per le considerazioni sopra espresse la scala 1:37.500 delle carte elaborate dall‘ERSAL costituisce un informazione di sufficiente dettaglio per le finalità di pianificazione; la riproduzione delle stesse in scala 1:20.000 operata con la tavola 2 risponde solo all‘esigenza di mantenere prossima la scala di rappresentazione con gli altri dati di analisi

Entrando nel merito dell‘analisi pedologica si deve premettere che nei territori di pianura l‘attività agricola si sovrappone in modo determinante ai fattori naturali di pedogenesi (tempo, clima, substrato e morfologia delle superfici), producendo il rimescolamento dell‘orizzonte superficiale e di parte degli orizzonti diagnostici, ed in numerosi casi realizzando la decapitazione o la sepoltura del profilo originario con lavori di livellamento.

I suoli sono stati classificati adottando il sistema elaborato dal Dipartimento dell‘Agricoltura degli Stati Uniti (USDA) chiamato Soil Taxonomy, per il quale è di primaria importanza l‘individuazione del regime di umidità prevalente. Per ragioni connesse ad esigenze di continuità nella cartografia regionale, l‘ERSAL ha classificato tutti i suoli dell‘area ammettendo la prevalenza di un regime di umidità ustico (suolo è secco, cioè l‘acqua è trattenuta dal suolo con una tensione > 15 atm, totalmente o parzialmente per almeno 90 giorni cumulativi e per meno di 45 giorni consecutivi in estate, almeno 6 anni su 10), benché tale regime rappresenti solo una minoranza dei casi ottenuti nell‘elaborazione dei dati climatici con suoli che presentano una AWC (quantità d‘acqua in un suolo che può essere estratta dalle radici delle piante) pari a =170 mm, e sia invece prevalente nell‘area il regime di umidità udico (vi è umidità, cioè l‘acqua è trattenuta dal suolo con una tensione < 15 atm, in qualche parte della sezione di controllo, per 90 o più giorni cumulativi e per almeno 6 anni su 10).

I suoli presenti sul terrazzo pleistocenico (Livello fondamentale della Pianura) hanno normalmente subito processi pedogenici per tempi significativamente più lunghi rispetto ai suoli delle piane oloceniche, e ciò ha consentito la lisciviazione delle basi di scambio (soprattutto Ca++, Mg++, K+, Na+) dagli orizzonti superficiali e la formazione di un accumulo di argille sotto l‘orizzonte arato, tipico dei suoli appartenenti all‘Ordine Alfisols. Il ferro liberato dall‘alterazione del sedimento di origine si trova per lo più legato al complesso argillo-umico e conferisce all‘orizzonte argillico caratteristiche colorazioni bruno rossastri, mentre i carbonati sono stati rimossi dall‘orizzonte superficiale e talora si accumulano in profondità con formazione dell‘orizzonte calcico.

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Da rilevare che alla progressiva riduzione di granulometria dei depositi fluviali originari che caratterizza il territorio lodigiano in direzione Nord- Sud, ovviamente determinata dalla diminuzione di competenza della paleo idrografia alimentata dagli affluenti alpini a nord, pare associabile la maggiore frequenza di orizzonti calcici che si riscontra in direzione sud. La presenza di depositi sabbioso-limosi rende spesso lenta la velocità di percolazione delle acque nel profilo del suolo, ed aumenta la possibilità che i carbonati presenti nei sedimenti originari vengano disciolti nelle parti superiori del profilo e si ridepositino in forma di concrezioni nelle parti inferiori.

Alla diminuzione della granulometria pare anche associabile il contestuale aumento del tasso di saturazione basica, che lungo un parallelo passante pressappoco per Cornegliano Laudense, separa il territorio provinciale in aree con TSB< 75 % (a nord) da quelle con TSB > 75 % . Il parametro, che esprime il rapporto percentuale tra dei cationi alcalini e alcalino-terrosi (Ca,Mg,Na,K) fissati sul complesso di adsorbimento e la capacità di scambio cationico, ha influenza sulla collocazione dei suoli nel sistema di classificazione, e costituisce un importante fattore di fertilità.

Le differenze individuate negli alfisuoli presenti nel territorio di Cornegliano Laudense riguardano il vario grado di saturazione del complesso di scambio (bassa per le Unità Cartografiche 11 e 13), di condizioni di saturazione idrica (presenza orizzonti calcici con idromorfia persistente osservati nei suoli delle U.C. 21 e 22) e di tessitura, quest‘ultima compresa tra media œ moderatamente grossolana nelle U.C. 11 œ14 - 16 e 19 (cioè terreni da franchi a franco sabbiosi) e media nelle U.C. 13 , 21 e 22 (cioè terreni da limosi a franchi).

I suoli di quest‘area sono totalmente privi di calcare in tutto il profilo per effetto dei prolungati processi di lisciviazione delle basi, con l‘eccezione rappresentata dalla presenza di concrezioni di carbonato di calcio nelle U.C. 21 e 22 a partire da profondità di 60 ó 80 cm.

I substrati sono prevalentemente sabbiosi ed il drenaggio è buono, con eccezione per le U.C. 21 e 22 dove il substrato è costituito dal citato orizzonte calcico ed il drenaggio è mediocre.

La sintesi riguardante le caratteristiche pedologiche sopra discusse relativamente ai suoli di Cornegliano Laudense è riportata nella tabella inserita nella tavola 2.

In merito al raffronto tra le unità e le sottounità di paesaggio con i dati morfologici e geotecnici rilevati nel corso della presente indagine, si osserva la quasi totale assenza di significative corrispondenze tra i paesaggi definiti dall‘ERSAL con le forme del terreno riportate nella tavola 1, mentre la distribuzione dei substrati pedologici trovano discreta conferma nei primi metri dei profili penetrometrici.

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Si denota in particolare la presenza di un relativamente esteso intervallo limo argilloso superficiale nelle Cpt n° 7 e 8 , realizzate nell‘area dell‘U.C 22 che mostra la tessitura più fine dei suoli nell‘area, e la presenza di depositi esclusivamente sabbiosi nel profilo della Cpt n° 5, la cui area è attribuita alla U.C. 14 che rappresenta l‘ambito di sedimentazione a maggiore energia riconosciuto. Paiono invece abbastanza discordanti le litologie riconosciute con le prove penetrometriche Cpt n° 3 e 4, ubicate sempre nell‘area dell‘U.C. 14, ma che mostrano un predominante presenza di depositi limo argillosi nei primi 1,5 ó 2,0 m.

4.3.2 ASPETTI APPLICATIVI DELLE CARATTERISTICHE PEDOLOGICHE

L‘analisi condotta con le modalità sopra accennate consente agli Autori di formulare alcune valutazioni di utilità pratica mediante l‘utilizzo di procedure codificate. In particolare costituiscono strumenti utili ai fini della pianificazione comunale sia l‘identificazione della classe di qualità agronomica dei suoli (capacità d‘uso), sia il giudizio sulla capacità protettiva dei suoli nei confronti delle acque profonde (acque sotterranee di prima falda).

Le valutazioni ottenute dall‘ERSAL sono riportate all‘interno delle Note nella tabella di sintesi contenuta nella tavola 2.

La capacità d‘uso viene individuata il un sistema ripartito in 8 classi, numerate da I a VIII in funzione della gravità e del numero delle limitazioni difficilmente correggibili che restringono il campo delle possibili pratiche colturali. Solo le prime 4 classi individuano suoli adatti all‘agricoltura, mentre le classi dalla V alla VII sono riferite a suoli adatti solo al pascolo ed alla forestazione. La classe VIII individua suoli non utilizzabili ai fini agro- silvo-pastorali.

Nel territorio di Cornegliano Laudense appartengono alla classe I i suoli delle U.C. 13 e 16, mentre i suoli le restanti Unità cartografiche sono collocati nella classe II. Di seguito si forniscono le definizioni delle classi citate:

CLASSE I : suoli con limitazioni assenti o molto lievi.

CLASSE II: suoli con alcune limitazioni facilmente controllabili, che riducono la scelta delle colture e richiedono moderati interventi di conservazione.

I suffissi ”s‘ e ”w‘, riportati nella tabella di sintesi accanto alla classe, si riferiscono rispettivamente alla sussistenza di limitazioni di tipo pedologico, quali scarsa profondità del suolo, bassa saturazione del complesso di scambio (TBS) o altro, specificato tra parentesi a fianco della classe, o alla presenza di eccesso idrico nel profilo.

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La capacità protettiva dei suoli nei confronti delle acque sotterranee esprime l‘attitudine dei suoli a funzionare da barriera naturale nei confronti della propagazione di inquinanti idrosolubili. Tale capacità protettiva costituisce un elemento fondamentale nella valutazione della vulnerabilità delle acque sotterranee all‘inquinamento, la cui determinazione contempla però la valutazione di numerosi altri parametri, quali la topografia, la caratteristiche di dispersività dell‘inquinante nell‘insaturo (sotto il suolo) e nel saturo (falda), e le caratteristiche dinamiche della falda stessa.

Si riporta di seguito lo schema di analisi applicato dall‘ERSAL, con alcune semplificazioni relative alla classe granulometriche, e con la traduzione dei termini originariamente in inglese. Lo scopo attuale infatti è di rendere comprensibile al lettore la procedura seguita, mentre per una precisa individuazione della metodologia occorre riferirsi al —manuale per la compilazione delle schede delle unità cartografiche“ disponibile presso l‘ERSAL.

La definizione della permeabilità in particolare rappresenta un parametro di complessa definizione che deve essere valutato in campagna osservando le principali caratteristiche del suolo che influenzano la velocità di infiltrazione dell‘acqua (tessitura, porosità, struttura etc.), e non pare necessario riportare per esteso le categorie occorrenti a tale determinazione. Il valore indicato assieme al giudizio qualitativo rappresenta la stima della velocità di infiltrazione che gli Autori del metodo (USDA) ritengono di poter associare alla caratteristiche pedologiche individuate, e non il risultato di misure appositamente eseguite.

I valori di pH e C.S.C. che vengono utilizzati nella procedura sono i più altri tra quelli riscontrati entro i 100 cm.

PARAMETRI Classi di capacità PERMEABI LI T PROFONDI T DELLA CLASSI GRANULOMETRI CHE ph e C.S.C. protettiv (velocità in (in meq/100 gr) a FALDA m/sec)

ELEVATA Bassa >100 cm Argillosa, argillosa limosa, >5 argilloso-franca, limoso grossolana, franca, argilloso scheletrica, più 10-6 ó10-8 tutte le classi fortemente >10 contrastanti in cui il primo termine sia argillosa o argilloso limosa

Franca grossolana e franco MODERA Moderata 50-100 cm con 4,5-5,5 permeabilità bassa scheletrica, più tutte le classi TA fortemente contrastanti in cui il > 100 cm con 10-5 ó10-6 primo termine non sia argillosa o 5-10 permeabilità moderata argilloso limosa

BASSA Elevata <50 cm con Sabbiosa, sabbioso scheletrica, < 4,5 permeabilità bassa frammentale più tutte le classi fortemente contrastanti in cui il 10-4 ó10-5 < 100 cm con primo termine sia sabbiosa, <5 sabbioso scheletrica o frammentale permeabilità moderata

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Nell‘analisi realizzata dall‘ERSAL i suoli del territorio di Cornegliano Laudense presentano una capacità protettiva da ELEVATA a MODERATA in funzione dell‘abbondanza della frazione sabbiosa nel profilo, e dei correlati valori di permeabilità e di C.S.C.

Il giudizio espresso dall‘ERSAL è riportato nell‘ultima colonna della tabella presentata nella tavola 2.

5 Idrografia e idrologia

Il reticolo idrografico di maggiore importanza, quasi tutto rientrante nel —reticolo minore“ ai sensi della d.g.r. 01 agosto 2003 n° 7/13950, è illustrato nella tavola 3, che riporta il percorso del canale Muzza e dei derivatori secondari e terziari, le denominazioni in uso e secondo il codice regionale SIBITER, le portate concesse per le acque estive ed invernali e la lunghezza complessiva dei cavi con dati forniti dal Consorzio di Bonifica Muzza Bassa Lodigiana.

Utilizzando tali informazioni sono state calcolate le lunghezze dei canali entro il territorio comunale, che assommano a circa 30,7 Km, ed è stata elaborata una stima della superficie bagnata occupata dal percorso delle acque irrigue, che risulta essere di circa 205.000 m2.

Per ottenere una prima valutazione della ricarica della falda prodotta dalla presenza di acqua nei canali, si può fare riferimento alla una relazione proposta da Cosby et al, 1994 riferita nella pubblicazione SSR 31 dell‘ERSAL (Cremonese centrale):

Il valore della permeabilità dei terreni in condizioni di saturazione è valutata sulla base dei soli dati relativi alla percentuale di sabbia (S) e di argilla (C) come segue:

^(-0,6+0.0126*S-0.0064*C) Ksat in cm/giorno = 60.96*10

Il valore di C desumibile dai dati analitici esposti nella pubblicazione ERSAL SS30 per i suoli delle U.C. varia dal 3 al 40 % , con valore medio del 13% . Tenuto conto però che i canali scorrono a profondità superiori a quelle di accumulo dell‘orizzonte argillico, pare adeguato stimare mediamente una percentuale di argilla del 10% . La percentuale di sabbia analogamente ottenuta dai dati ERSAL oscilla tra il 28 ed il 73 % con media del 46% . In questo caso sembra presumibile che negli strati inferiori del suolo siano presenti le maggiori quantità di sabbia e pare quindi opportuno stimare il parametro S = 50% .

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Utilizzando i dati sopra riferiti si giunge al valore di Ksat = 56,4 cm/giorno.

Considerando un gradiente idraulico unitario si ottiene una stima della ricarica di 205.000 * 0,564 = 115.000 m3/giorno , pari a 1,34 m3/sec.

Valori dello stesso ordine di grandezza si ottengono utilizzando una stima riferita nella pubblicazione —Catasto delle acque irrigue della provincia di Cremona“ dell‘ing. Bruno Loffi, che suggerisce di valutare le perdite per canali medi e grandi in 10ó15 litri/s per Km. Con riferimento alla rete esaminata nel territorio di Cornegliano Laudense, si ottiene il valore di 0,3 ó 0,45 m3/sec.

In conclusione la ricarica della falda per effetto della sola presenza delle rogge pare considerevole, e se come elemento di paragone si considerano i probabili consumi di acque sotterranee per uso domestico ed industriale (ipotizzando 500 litro al giorno per abitante si ottiene un consumo di circa 11 litri/sec), se ne ricava che localmente il bilancio idrogeologico è assolutamente positivo, e ciò giustifica l‘elevato livello della falda freatica riscontrato in tutta l‘area di Cornegliano Laudense, ed in genere nelle aree prossime al Canale Muzza.

Il Canale è per portate, lunghezza ed estensione del territorio servito la più importante derivazione irrigua dell'Adda e tra le più importanti d'Italia; si sviluppa a partire dal Comune di Cassano d'Adda dove una briglia sommergibile di circa 400 m di lunghezza e con portata stimabile in circa 450 m3/s, intercetta le acque dell'Adda e le dirige nella Muzza. Da qui con una serie di stramazzi si ottiene una portata massima utile di 112 m3/sec. per i periodi da Giugno ad Agosto ed una minima di 65 m3/s nel periodo da Ottobre a Marzo.

Il tracciato del canale Muzza si snoda su un percorso di circa 39 Km, fino alla frazione Tripoli nel Comune di Massalengo, attraversando il territorio di 15 comuni e sottendendo un comprensorio di 55,000 ha; dalla frazione Tripoli fino alla confluenza in Adda (18,2 km) diventa un colatore delle acque irrigue.

Il dislivello complessivo superato è di 40,80 m (dai 115,50 m s.l.m. di Cassano ai 74,70 m s.l.m. di Tripoli) con una pendenza pari all'1„ , assorbita per il 50% con i salti delle levate.

L'ampiezza dell'alveo al ciglio varia considerevolmente passando dai 50 m di Cassano ai 20 m in prossimità del manufatto terminale di Tripoli.

Da Tripoli alla confluenza in Adda, la Muzza defluisce fra profonde scarpate alte fino a 10 m, con un andamento spesso tortuoso e meandreggiante, assumendo un importante valenza naturalistica per i territori che attraversa, in netto contrasto con il tratto a monte di Tripoli dove negli anni dal 1984 al 1989 sono stati eseguiti lavori di regolazione e

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In particolare in territorio di Cornegliano Laudense è stato dismesso il fascio di rogge parallele che sulla cartografia IGM del 1921 occupavano una larghezza di circa 70 m su entrambi i lati del canale. I cavi sono stati progressivamente eliminati dai proprietari, ed attualmente sono ridotti ad una fascia di circa 20 metri di larghezza per una lunghezza di poco più di 1000 metri nella parte centrale del tratto.

Il Canale Muzza percorre 4.302 m nel territorio comunale di Cornegliano Laudense, presenta profondità di circa 2 metri ed una sezione di circa 40 m2. In tale tratto alimenta 3 derivatori secondari in sponda sinistra per una portata totale estiva concessa di 19,4 m3/s (18,5 m3/s nel solo Derivatore Cà del Bolli), e due in sponda destra, il cavo Marte che preleva 3,9 m3/s e da luogo dopo un breve tratto urbano a 5 derivatori terziari, ed il Padernino che preleva 0,4 m3/s ed irriga la parte settentrionale del confinante territorio di Massalengo.

Delle restanti rogge si segnala in particolare la roggia Crivella, che deriva le proprie acque dalla Codogna Bassa 3,1 Km a NNW dall'ingresso in territorio comunale e percorre il suo tratto terminale parzialmente intubata attraversando l‘abitato di Muzza Sant‘Angelo per poi riversare le proprie acque nel Derivatore Cà del Bolli, e la roggia Codogna bassa che forma il canale di maggiore lunghezza ed estensione complessiva in territorio di Cornegliano Laudense, derivando le proprie acque dallo scaricatore Belgiardino ,4,6 Km a NNW dall'ingresso in territorio comunale.

6 Aspetti idrogeologici

6.1 Caratteristiche generali e stratigrafia dei pozzi

Gli elementi descritti nel capitolo dedicato agli aspetti strutturali, delineano la cornice nella quale si individua la presenza ed il moto delle acque sotterranee.

La successione di terreni prevalentemente sabbiosi attribuiti alle fasi glaciali giacciono, come detto, su sedimenti più fini formatisi in ambienti di transizione (litoranei e deltizi), e presentano una porosità primaria mediamente di circa il 25% , che viene saturata dall‘acqua proveniente dalle piogge e dall‘irrigazione, infiltratasi attraverso gli strati più superficiali.

L‘acquifero che caratterizza la Pianura Padana, è sostanzialmente costituito da un monostrato di sabbie e ghiaie, localmente compartimentato da livelli lentiformi semipermeabili detti anche —acquitards“. In corrispondenza di tali livelli possono avvenire

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Lo spessore di questo complesso di corpi acquiferi, dal quale si emunge l‘acqua per i vari usi, è condizionata dalle strutture del substrato marino in precedenza descritte.

Secondo quanto esposto dall‘IRSA 11, — ...la coltre alluvionale assume potenze di poche decine di metri lungo gli assi degli alti strutturali (Villanterio, Chignolo Po), mentre raggiunge i 70 - 80 m in corrispondenza degli interposti bassi strutturali (Villanova Sillaro, Ossago). Per quanto attenuate , le predette deformazioni del substrato si ripetono negli strati basali della sequenza continentale. In tutto il sottosuolo della Bassa Lodigiana la litologia dominante delle alluvioni è caratterizzata da ripetute ed irregolari alternanze di strati sabbiosi ed argillosi. A questa regola fanno però eccezione, anche in questo caso, le fasce sviluppatesi ai lati delle aste fluviali attuali e antiche (fiume Adda, fiume Serio e subordinatamente fiume Lambro)

Gli acquiferi sotterranei racchiusi in seno ad orizzonti sabbioso-grossolani sono piuttosto modesti - sia come numero che come consistenza - in corrispondenza delle dorsali sepolte di Villanterio-Codogno e di Bascapè-Caviaga. Divengono invece relativamente più cospicui in prossimità dell‘Adda.“.

La successione stratigrafica locale di interesse idrogeologico può essere definita solo disponendo di adeguate informazioni provenienti dalla perforazione di pozzi per acqua o di indagine geognostiche non superficiali. A tale proposito si precisa che ha avuto esito negativo la ricerca di stratigrafie relative ai pozzi privati condotta presso l‘Ufficio Ecologia della Provincia di Lodi, gli Uffici Provinciali del Genio Civile e l‘ARPA, mentre non risultano disponibili presso l‘U.T. comunale documenti relativi ad indagini geognostiche profonde eseguite territorio.

Le informazioni relative ai pozzi privati fornite dal Sistema Informativi Falda della Provincia di Milano, Settore Suolo e Sottosuolo e Industrie a Rischio, con documento dell‘04/09/02 sono contenute nella seguente tabella, dove Cod. Pozzo è il numero univoco attribuito al singolo pozzo dal SIF.

L‘uso e la profondità provengono dalle informazioni fornite dai proprietari dei pozzi e non sono in alcun modo verificate. Nella tabella si utilizza il seguente codice: P= potabile; C = civile domestico; I = industriale; A = agricolo - zootecnico. Tutti i pozzi segnalati come attivi nel documento SIF sono riportati nella tavola 3, comprendendo anche un piezometro posto in

11 I.R.S.A. - C.N.R.: (1981) : Indagine sulle falde acquifere profonde della Pianura padana. Q uaderni dell’Istituto di Ricerca sulle Acque, 28 (II), Rom a.

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COD_POZZO UTILIZZATORE LON LAT STATO USO PROFONDI INDIRIZZO T ' 980210008 PRIVATO 1537033 5015787 Attivo A 20 C.NA CAMPOLUNGO 980210009 PRIVATO 1536640 5015808 Attivo ACP 56 C.NA FABIA 980210010 PRIVATO Cementato STRADA STATALE 235 980210011 PRIVATO Cementato STRADA STATALE 235 980210012 PRIVATO 1537333 5014968 Attivo A -- C.NA PAPINETTA 980210013 PRIVATO 1537370 5014982 Disuso C.NA PAPINA 980210014 PRIVATO Cementato C.NA OSPITALA 980210015 PRIVATO 1538330 5014854 Disuso C.NA SISTINA 980210016 PRIVATO 1538347 5014977 Attivo A -- C.NA CORNEGLIANO VIA 25 APRILE 980210017 PRIVATO 1538018 5015277 Attivo ACP 15 C.NA MELESA 980210018 PRIVATO 1538015 5015250 Disuso C.NA MELESA 980210019 PRIVATO 1538674 5014710 Attivo A 20 C.NA ARMAGNA - POZZO 1 980210020 PRIVATO 1538893 5014292 Attivo A 20 C.NA BELVEDERE 980210021 PRIVATO 1538992 5013934 Attivo A 28 C.NA SOUINTANA 980210022 PRIVATO 1537602 5014945 Disuso C.NA BOSSA 980210023 PRIVATO 1536543 5014714 Attivo A 20 C.NA SËSMONES 980210024 PRIVATO Cementato SS..235 980210025 PRIVATO Attivo C.NA CAMPOLUNGO 980210026 PRIVATO 1537624 5015290 Attivo A -- C.NA CESARINA 980210027 PRIVATO 1539120 5013952 Attivo CP 20 VILLA SQUINTANA 980210028 PRIVATO 1539095 5013902 Attivo CP 30 VILLA SQUINTANA 980210030 PRIVATO 1536688 5014344 Attivo ?? VIA SANT'ANGELO 1 (PIEZOMETRO) 980210031 PRIVATO 1538675 5014724 Attivo A 20 C.NA ARMAGNA-POZZO 2 980210032 PRIVATO 1535795 5015265 Attivo I 30 LOC. SESMONES

Tabella 1

I pozzi privati in territorio comunale sono in totale 24, di cui 14 attivi: la profondità media stimata è di 25 m, compresa tra un minimo di 15 ed un massimo di 56 m. Solo 1 pozzo presenta profondità > 30 m, e da ciò si può dedurre che la porzione superficiale dell‘acquifero freatico presenta condizioni di produttività e di qualità sufficienti per il soddisfacimento della maggior parte delle esigenze espresse dal territorio.

In assenza di dati stratigrafici dei pozzi privati, le uniche informazioni utilizzabili per l‘individuazione delle caratteristiche degli acquiferi locali provengono dai due pozzi pubblici al servizio dell‘acquedotto di Cornegliano Laudense posti in località C.na S. Antonio in territorio di Pieve Fissiraga, circa 1000 m a SW del confine comunale occidentale, e dei pozzi 92 e 93 di San Martino in Strada (pozzi cluster) posti 400 m ad est della C.na Squintana, 60 m oltre il confine sud orientale del comune. Le stratigrafie e i dati di collaudo dei pozzi sono riportate nell‘allegato 4.

Le stratigrafie dei pozzi di C.na S. Antonio individuano terreni esclusivamente sabbiosi e ghiaiosi fino alla profondità di -44 m (pari 34 m sul livello mare), che presentano una frazione più grossolana (ghiaia con sabbia) a partire da œ19 m.

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Il tratto inferiore, attraversato con il solo pozzo 1 fino alla profondità di 76,5 m, risulta costituita per il 47,5 % da sabbie grigie e per il 52,5% da argilla azzurra e cenere, denotando una sensibile variazione dell‘ambiente di sedimentazione.

Il pozzo 1, analogamente al pozzo 2, risulta finestrato esclusivamente nella successione più superficiale (tra 36 e 43 m), e presenta valori di portata specifica di 5,8 l/s * m , contro gli 11,6 ó 12,8 l/s*m del pozzo 2, allineandosi con quelli medi della zona (5 - 7 l/s m, IRSA, 1981,cit.). I livelli piezometrici statici rilevati in fase di collaudo ( -2,8 m nel pozzo 1 e œ2,6 m nel pozzo 2), sono entrambi compatibili con i livelli locali dalla prima falda, e confermano l‘assenza di isolamento idraulico percepibile dall‘osservazione delle stratigrafie.

Il pozzo 92 di San Martino in Strada risulta finestrato in tre tratti tra i œ80 ed i œ110 m. al disotto di una estesa bancata di argilla posta tra œ53 e œ77.5 m, probabilmente correlabile con l‘intervallo argilloso posto all‘analoga profondità nel pozzo 1 di C.na S. Antonio. Il pozzo 93 filtra un acquifero ancora più profondo, formato da tre alternanze di sabbie da fini a grossolane con argille grigie e grigio verde nell‘intervallo nel tratto da œ 128,5 a œ 172 m. Entrambi i pozzi filtrano acquifero profondo, e presentano un livello statico di collaudo rispettivamente di 6,53 e 6,62 m , sensibilmente differente da quello della falda freatica che si stima localmente intorno ad 1 m di profondità.

Una prima stima della trasmissività (T) è ottenibile mediante il metodo di Cassan12 (1980) impostando la risoluzione dell‘equazione

ln so/Jorp = so 2p T/Q + ln so 2p T/Q

con metodo numerico, analogamente a quanto indicato in una recente pubblicazione della Provincia di Milano13. dove: - Jo rappresenta il gradiente piezometrico; - rp è il raggio del pozzo in corrispondenza delle finestre; - sp è l‘abbassamento in m di livello misurato nel pozzo durante il collaudo per varie portate Q in m3/s.

Il risultato del calcolo conduce a T = 8,0 ì 10-3 m2 /s per il pozzo 1, mentre nel pozzo 2 T = 1,5 ì 10-2 m2 /s.

I valori individuati sono nel primo caso uguali e nel secondo circa il doppio di quello medio (8*10-3 m2/s) riferito nella citata pubblicazione della Provincia di Milano (2000) per l‘acquifero tradizionale nella porzione meridionale della stessa. In particolare la trasmissività del pozzo 2 designa la buona produttività della porzione superiore

12 Cassan M .(1980) : Les essais d’eau dans la reconaissance del sols – Ed Eyrolles, Paris. 13 SIF- Provincia di M ilano (2000) : le risorse idriche sotterranee nella Provincia di M ilano. , volum e II° - Stato qualitativo della acque.

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6.2 Morfologia della falda superficiale

Per ottenere un aggiornamento ed un dettaglio adeguato alla scala del piano, ad ottobre 2002 è stato effettuata un sopralluogo presso tutti i 14 pozzi privati segnalati sul territorio comunale dal documento del SIF.

Nel sopralluogo si è però verificata l‘impossibilità materiale di utilizzare i pozzi privati, generalmente adibiti ad uso zootecnico e civile, per il controllo del livello freatico, in buona parte perché si tratta di pozzi battuti completamente chiusi in testa, mentre in altri casi non è stato possibile effettuare verifiche per la presenza di pesanti lastre praticamente inamovibili.

La configurazione delle isopiezometriche è stata quindi realizzata con i soli dati ricavati nell‘esecuzione delle 8 prove penetrometriche in data 02/10/2002, e riguarda esclusivamente le aree di potenziale espansione urbanistica intorno al centro abitato di Muzza e del Codognino. Per la restante superficie del territorio comunale si è provveduto ad una distinta ricostruzione delle isopiezometriche, ampiamente interpretata, definita sulla base della morfologia della superficie topografica, tenuto conto di alcuni dati rilevati in epoche differenti nei territori limitrofi (località S Alberto a Lodi, abitati di San Martino in Strada e Massalengo)

Nei fori di 4 prove penetrometriche sono stati collocati altrettanti micropiezometri che hanno consentito di eseguire successive letture, che si intendeva arricchire con i dati dei pozzi privati in modo da delineare l‘andamento delle isopiezometriche in tutto il territorio, ma la citata infruttuosità dell‘indagine ha obbligato a limitare la ricostruzione al rilievo del 02 ottobre 2002.

Una misura successiva, effettuata il 24 ottobre nei micropiezometri e riportata nell‘allegato 1, ha evidenziato piccole escursioni , con decrementi di -3 cm in Pz 2 , 3 e 4, e di -24 cm in Pz1. Non è stato possibile eseguire ulteriori misure durante i mesi invernali, previste per individuare un valore significativo dell‘escursione stagionale, perché tre dei 4 micropiezometri sono stati divelti nel mese di novembre 2002. Nel solo Pz 2 conservato è stata effettuata una misura il 14 gennaio 2003 riscontrando la sostanziale permanenza del livello di ottobre.

Si sottolinea che la necessità di utilizzare assieme ai dati dei micropiezometri anche le letture effettuate in data 02 ottobre nei fori non strumentati delle Cpt 1,3,6 e 8, (resasi necessaria per l‘assenza di rilievi nei pozzi privati) introduce possibili errori dovuti alla non completa stabilizzazione dell‘acqua nel foro che si manifesta nei minuti appena successivi all‘estrazione delle aste.

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Nella parte di ricostruzione fondata su dati rilevati, si individua chiaramente a partire da nord un‘area di alimentazione tra le cascine Fabia e Campolungo, con flusso in direzione sud e gradiente idraulico di circa il 4 „ , che si attenuta in corrispondenza dell‘abitato di Codognino dove assume valori di 1,3 ó1,6 „ . Si denota che l‘elevato gradiente della porzione più settentrionale potrebbe essere frutto di un errore di lettura (dell‘ordine dei 10-20 cm) dell‘unico dato rilevato presso la prova penetrometrica Cpt 6, circostanza che comunque non modifica il quadro generale di flusso sopra delineato.

Il ruolo del canale Muzza pare sostanzialmente neutro nella porzione nord occidentale del territorio compresa tra la C.na Sesmones e l‘allevamento ittico, mentre in corrispondenza dell‘abitato della Muzza i dati individuano chiaramente un ruolo drenante dei terreni a NNE del canale ed alimentante di quelli a SSE. Le isopiezometriche assumono in tale contesto una configurazione prossima a quella delle isoipse (v. Tavola 1), e tale aspetto nelle aree centrali del lodigiano lontane dai grandi assi di drenaggio (depressioni oloceniche dei fiumi Adda e Lambro) pare costituire il motivo principale di controllo delle isopiezometriche.

Nella porzione più orientale dell‘abitato della Muzza i dati piezometrici individuano un andamento piuttosto anomalo che si è tentato di interpretare come zona di transizione tra l‘area dove il canale esercita un ruolo drenante, e quella posta ad ESE dove si ritiene che il canale alimenti la falda anche nella fascia immediatamente a nord dello stesso (a sud, in territorio di Massalengo, il ruolo alimentante del canale è stata accertato in altro lavoro per tutto il tratto fino alla località Tripoli).

Esternamente all‘area circa compresa tra le prove penetrometriche, l‘andamento delle isopiezometriche delineato è frutto di sola interpretazione, e come detto è stata elaborato tenendo conto della morfologia e di alcuni dati rilevati in epoche differenti esternamente al territorio comunale. In particolare è da segnalare che circa 900 m a NE del confine comunale in località C.na Marescalca, fino all‘anno 1963 era attiva una stazione freatimetrica dell‘Ufficio Idrografico del Po (l‘ubicazione riportata nella tavola è approssimativa, con imprecisione di circa 50 m). Nei dati in possesso dello scrivente, dal 1961 al 1963, si evidenzia una soggiacenza media annua di 8,79 m dal riferimento a quota 79,6, ed un intervallo di oscillazione 1,76 m, definito tra una soggiacenza minima di 8,13 m a settembre 1961 ed una soggiacenza massima di 9,89 m ad agosto 1963. Tale informazione, confermata dai valori di soggiacenza rilevati dallo scrivente nel 1996 circa 150 m a NW, induce a ritenere che, diversamente da quanto ipotizzato nella tavola, la porzione nord orientale del territorio comunale, ossia l‘area a sud e sud ovest della C.na Marescalca, possa essere interessato da una falda freatica con gradiente in direzione NE di circa il 3,5 „ che determina soggiacenze > 2 m, fino a circa 3,5 m nella parte più nord orientale del territorio.

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In mancanza di accertamenti specifici si è ritenuto opportuno mantenere una interpretazione più cautelativa (che ha in particolare effetto nel calcolo dell‘indice SINTACS di vulnerabilità della falda) adottando il criterio generale di complanarità della falda con la superficie topografica.

Minori dubbi pone la ricostruzione della falda nella porzione di territorio a sud dell‘abitato di Corengliano, dove l‘andamento ipotizzato trova buona concordanza sia con le indicazioni bibliografiche sia con i dati di soggiacenza rilevati dallo scrivente in territorio di San Martino in Strada. L‘ipotesi di locale alimentazione della falda da parte del canale Muzza pare innanzitutto suffragata dalla quota di scorrimento dell‘acqua nel canale Muzza, sia a monte sia a valle dell‘incile del derivatore Cà del Bolli in località Priora. Nel primo caso un profilo longitudinale del canale elaborato dal Consorzio di Bonifica Muzza (Il canale Muzza, gennaio 1992) indica quote del pelo libero di 75,45 m. s.l.m., a fronte di terreni generalmente a quote inferiori a 75 m s.l.m., mentre nel secondo caso le quote del pelo libero a valle di un salto determinato dall‘edificio idraulico si attestano su quote di 74,80 nel tratto di monte e 74.70 in corrispondenza dello sbarramento della località Tripoli, a fronte di terreni posti tra 74,80 e 73,80 m s.l.m. nell‘area compresa tra le C.ne Scquintana, Passerina e la località Tripoli.

Dalla ricostruzione della superficie morfologica e dell‘andamento delle isopiezometriche è stato possibile costruire le curve isobate della prima falda almeno nella porzione di territorio interessato dai dati rilevati. La soggiacenza della prima falda, ovvero lo spessore dei terreni non saturi, mostra valori massimi di circa 2 m che formano un —duomo“ di forma ellittica disposto intorno alla S.P. 186, che declina in modo approssimativamente simmetrico in tutte le direzioni con gradiente di circa il 3„ . L‘anomalia rappresentata dalla forte depressione intorno alla C.na Cesarina è determinata da distorsione al limite dell‘area di calcolo, causata dall‘assenza di dati significativi e dalla concomitante riduzione delle quote del terreno.

Le oscillazioni freatiche possono essere descritte dai dati di soggiacenza rilevati presso il citato pozzo n° 1 di C.na S. Antonio, resi disponibili dall‘Ufficio Geologico del CAP di Milano ed illustrati nella tabella e nel grafico seguenti.

GEN FEB MAR APR MAG GIU LUG AGO SET OTT NOV DIC 1993 4,21 3,8 3,82 3,18 1994 3,78 3,97 4,26 3,6 3,37 3,28 3,5 4 1995 3,88 4,1 4 4,18 4,27 4 3,86 3,53 3,45 3,6 3,88 4 1996 3,95 3,66 3,85 4,43 4,08 3,94 3,78 3,7 3,53 3,7 3,8 3,7 1997 3,47 3,98 4,45 4,51 4,35 4 3,68 3,9 1998 3,95 4,2 4,55 4,63 4,45 3,7 4,05 1999 4,2 4,5 4,6 4,55 3,9 3,63 3,8 2000 4,1 4,3 4,5 4,3 4 3,4 3,7 3,8 3,9 2001 3,8 4 4 4,2 4,2 4 3,7 3,9 4

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2002 4,1 4,4 4,7 4,5 4,4 3,7 3,7 3,6 3,8 3,7 2003 3,5 3,5 3,8 4,1 4,4 4,3

Tabella 2

Pozzo di PIEVE FISSIRAGA & CORNEGLIANO - cod 001 V G R O T T R G B U C A A T I I O E G P E U N D N O S A L G M A M F

E

G )

. 2 m . l

. 1993 1994 s

1995 1996

m 2,5 1997 1998 1999 2000 4

4 2001 2002 ,

7 media 2003

7 3 (

. c . p

l

a 3,5 d

m

n i

4 a z n e

c 4,5 a i g g o

S 5

grafico 6 : oscillazioni freatiche nel pozzo CAP n° 1 di Pieve Fissiraga - Cornegliano Laudense

Si osserva innanzitutto un andamento estremamente regolare negli anni e lo stretto legame delle fluttuazioni con la stagione irrigua. L‘escursione media annua è di 0,93 m, compresa tra un minimo di 0,5 m nel 2001 ed un massimo di 1,1 m osservato negli anni 2000 e 2002. I singoli valori mensili risultano relativamente dispersi nei mesi da gennaio a marzo, con differenze di soggiacenza comprese tra 0,7 ed 1 m, mentre risultano strettamente distribuite intorno alla media nei mesi di luglio e agosto, con differenze di livello pari a 0,3 m. Questa circostanza pare ragionevolmente attribuibile alla predominanza dei fattori climatici nei mesi invernali, mentre nei mesi estivi il fattore irrigazione determina un apporto relativamente costante in tutte le annate. Data la scarsa estensione temporale della serie disponibile non pare conveniente sviluppare ulteriori analisi statistiche, che rischiano di indurre valutazioni fuorvianti.

E‘ importante rilevare che nel periodo di lettura dei livelli freatici presso i piezometri, ad ottobre 2002, i livelli nel pozzo si collocavano quasi in coincidenza con i valori medi della serie esaminata per lo stesso mese. Da ciò consegue che vi è buona probabilità che i valori individuati con il rilievo nei piezometri siano rappresentativi dei livelli medi di ottobre, e ciò permette di stimare i valori massimi attesi nel territorio di Cornegliano Laudense ipotizzando un incremento di 40 cm, pari alla differenza tra la soggiacenza media di ottobre, 3,58 m, e quella minima della serie (3,18 m ad ottobre 1993).

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Si osserva infine che il territorio di Cornegliano Laudense risulta appartenere alla classe 1 —Aree in equilibrio“ , di cui all‘allegato 1 della deliberazione G.R. Lombardia n°5666 del 01/12/1995.

6.3 Considerazioni sulla vulnerabilità della falda freatica all‘inquinam ento

6.3.1 PREMESSA

Il bene pubblico rappresentato dalle acque sotterranee, non essendo direttamente osservabile, è spesso misconosciuto e quindi scarsamente o per nulla tutelato, pur costituendo una componente quotidiana dell‘alimentazione.

In sede di revisione di P.R.G. la predisposizione di una carta che fornisca indicazioni sulla vulnerabilità del primo acquifero ha il duplice scopo di introdurre tale parametro tra gli argomenti da esaminare ai fine di valutare l‘opportunità degli interventi sul territorio, e di costituire una suddivisione di massima sulla quale incentrare più mirate indagini per progetti specifici.

Una fra le più esaurienti definizioni che vengono date di vulnerabilità all'inquinamento di un acquifero, o meglio, dell'acqua di falda contenuta e fluente entro un acquifero è la seguente: la suscettibilità specifica dei sistemi acquiferi, nelle loro diverse parti componenti e nelle diverse situazioni geometriche ed idrodinamiche, ad ingerire e diffondere, anche mitigandone gli effetti, un inquinante fluido o idroveicolato tale da produrre impatto sulla qualità dell'acqua sotterranea, nello spazio e nel tempo (CIVITA 199414). Tale definizione esprime la vulnerabilità intrinseca del sistema idrogeologico, cioè quella dipendente dalle sole caratteristiche naturali: climatologia, pedologia, geologia, idrogeologia.

La sovrapposizione della vulnerabilità intrinseca con la distribuzione delle infrastrutture, attività o usi del suolo che hanno rapporto con l'utilizzo dell'acqua sotterranea (centri di pericolo, punti di prelievo, preventori e riduttori di inquinamento) e con la mappatura delle aree di falda contaminate, permette di definire la vulnerabilità integrata di un'area, che costituisce uno strumento tecnico di supporto alla pianificazione territoriale ed alla gestione delle emergenze idrogeologiche, che si è cercato di definire in prima approssimazione con l‘analisi che segue e con la redazione della tavola 4 di sintesi.

La redazione di una carta della vulnerabilità intrinseca costituisce comunque il primo e fondamentale passo per la definizione della vulnerabilità integrata, che potrà essere di volta in volta aggiornata con le più puntuali conoscenze sulle caratteristiche

14 CIVITA M . (1994) - Le carte della vulnerabilità degli acquiferi all'inquinam ento: teoria e pratica. Pitagora Ed. Bologna.

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6.3.2 GENERALIT ‘ SUL METODO SINTACS

Fra i numerosi metodi parametrici esistenti per la determinazione della vulnerabilità intrinseca, in Italia15 si è adottato il sistema parametrico a punteggi e pesi S.I.N.T.A.C.S.16 perché è un metodo ampiamente conosciuto a livello internazionale ed è quello che più si adatta alle realtà idrogeologiche, climatiche e di impatto che si riscontrano sul territorio italiano; grazie alla strutturazione a parametri e pesi è possibile distinguere diverse situazioni idrologiche e di impatto, e fornire una valutazione indicativa del grado di vulnerabilità di un sito, consentendo comparazioni tra situazioni anche molto diverse fra loro, in modo da offrire indicazioni facilmente interpretabili alle Pubbliche Amministrazioni.

Il metodo adottato consiste essenzialmente nella valutazione quantitativa, trasformata in un punteggio crescente da 1 a 10 in funzione dell'influenza sulla vulnerabilità, di 7 parametri d‘ingresso, e in una serie di pesi moltiplicatori, diversi per ogni fattore considerato, che consentono di amplificare l‘importanza da dare ai parametri nei vari ambienti. La sommatoria dei prodotti dei punteggi per i pesi determina l‘indice di vulnerabilità, variabile da assai elevato (Ee) fino a bassissimo (BB).

I sette fattori considerati da SINTACS sono:

Soggiacenza della falda (sia freatica che confinata) Infiltrazione efficace Non saturo (effetto di autodepurazione del -) Tipologia della copertura (presenza di suolo) Acquifero (caratteristiche idrogeologiche del -) Conducibilità idraulica dell‘acquifero Superficie topografica (acclività della -)

Si osserva che nel metodo può essere riconosciuta una consistente ridondanza dei parametri considerati, (es. fattori S ed N; I, N e T ; A, C) che sono tra loro fortemente interdipendenti. Tale aspetto è esplicitamente ammesso nel metodo DRASTIC17, da cui il SINTACS discende, ed è giustificato dalla natura stessa del metodo, che ha lo scopo di costituire uno strumento di facile utilizzo, nel quale i parametri introdotti non derivano da specifiche e rigorose indagini (costose), ma da quanto è facilmente disponibile (negli

15 D.L. 152/99, allegato 7, parte A: Zone vulnerabili da nitrati : 16 Realizzato in Italia nell'am bito del CNR-GNDCI (Consiglio Nazionale delle Ricerche - Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche, CIVITA, 1994). 17 DRASTIC - United States Environm ental Protection Agency, ALLER et al., 1987-: costituisce il m etodo principale sul quale è stato sviluppato SINTACS

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Stati Uniti) e che forma una —comprensione soggettiva del mondo reale in una specifica area“.

In pratica si suddivide il territorio con un immaginario reticolo e per ogni cella si valuta il valore di ogni singolo parametro trasformandolo in punteggio mediante grafici forniti dal metodo18. Successivamente si moltiplica il punteggio per coefficienti (pesi - Wn) il cui valore varia in relazione all‘ambiente in cui si opera (rocce fessurate, carsismo, pianura irrigua, aree esondabili, pianure a scarso impatto antropico). Nel nostro caso è stata usata escusivamente la serie di pesi per la pianura irrigua —Impatto Normale - IR“, “.

Le dimensioni delle celle del reticolo sono in funzione della scala alla quale si vuole produrre il risultato finale, ed alla disponibilità di dati significativi: nel nostro caso si è scelta una maglia di 250 m di lato che consente di ipotizzare un prodotto in scala 1:25.000.

La valutazione della vulnerabilità all'inquinamento per l‘area indagata è relativa al primo acquifero, inteso come primo livello incontrato dal piano-campagna (non considerati riporti, suoli o livelli eluviali) di almeno 0,5 m di spessore con conducibilità idraulica alla mesoscala superiore a 1 x 10-6 m/s. Il meccanismo di contaminazione ipotizzato per la valutazione della vulnerabilità è un'infiltrazione verticale e puntuale dell'inquinante dal piano-campagna al tetto del primo acquifero.

Peraltro, in molte aree della pianura alluvionale la vulnerabilità del primo acquifero può essere estesa a tutto il sistema acquifero, date le interconnessioni idrauliche fra il primo ed i livelli sottostanti.

6.3.3 I FATTORI DELLA VULNERABILIT

Per ciascuno vengono forniti un breve commento su come influenzano la vulnerabilità, le modalità di acquisizione ed il criterio di scelta della scala di punteggi.

Soggiacenza (S) Rappresenta la profondità della superficie piezometrica della falda libera rispetto al piano campagna. A parità di condizioni idrogeologiche dell‘insaturo, da essa dipende il tempo di transito e quindi la durata delle azioni di autodepurazione e attenuazione fra le quali in particolare l‘azione ossidante dell‘atmosfera.

Per la determinazione della soggiacenza media di ogni singola cella si è utilizzato l‘andamento delle isoipse raffigurate nella tavola 1 e delle isopiezometriche della tavola 3.

18 Le operazioni di valutazione e calcolo sono state eseguite utilizzando le correlazioni ed il software disponibile nella seguente pubblicazione: Valutazione e cartografia autom atica della vulnerabilità degli acquiferi all’inquinam ento con il sistem a param etrico SINTACS R5 : Q uaderni di tecniche di protezione am bientale n° 72 . M assim o Civita & M arina De M aio (2000) – Pitagora Editrice Bologna.

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Per quanto riferito nel capitolo precedente, l‘assunzione nel calcolo dei valori rilevati ad ottobre 2002 corrisponde bene alle esigenze di rappresentatività richieste dal metodo. Il limite di tale ricostruzione, come più volte detto, è dovuto alla scarsa estensione dell‘area supportata da misure, conseguente all‘assenza di dati dai pozzi privati.

Poichè che nel territorio la soggiacenza è costantemente di pochi metri, la porzione di grafico che nel metodo SINTACS esprime il legame soggiacenza/parametro S nell‘intervallo da 0 a œ8 m è stata trasformata in una funzione logaritmica (-2,3952Ln(x) + 11,106) imponendo che per valori di soggiacenza Ç 1,5 m , S = 10. In tal modo si è automatizzato il calcolo diminuendo fortemente le possibilità di errore per la lettura diretta del grafico.

I valori di S ottenuti variano assai poco in tutto il territorio, da 10 a 9,4 e non discriminano quindi in modo significativo le celle nel calcolo dell‘Indice finale.

Infiltrazione efficace (I)

Riguarda il trascinamento in profondità dei contaminanti e la loro diluizione, nell‘insaturo e nella zona di saturazione. Il parametro dipende da fattori meteorologici (piovosità e temperatura), antropici (pratiche irrigue) e da fattori geomorfologici e idrogeologici che vengono conglobati nel cosiddetto indice di infiltrazione (c). Quest‘ultimo viene determinato in base alle caratteristiche del suolo oppure, in assenza di un suolo significativo, in base alla litologia superficiale.

Per determinare c si è utilizzato un apposito diagramma fornito con il Metodo, che lo pone in relazione con le tessiture dei suoli, individuate nella citata pubblicazione dell‘ERSAL SSR 30 per le varie Unità Cartografiche. Dal valore di c si è poi stimato il valore dell‘infiltrazione efficace ipotizzando una precipitazione media annua di 850 mm, trasformando i valori ottenuti (compresi tra 118 mm nelle U.C. 13, 21, 22 e 138 mm nelle U.C. 11, 14, 16, 19) in punteggi SINTACS mediante l‘apposito grafico, a sua volta linearizzato nella funzione =infiltrazione efficace*0,0388+0,5 che lo assimila nel tratto 50- 200 mm.

Non saturo, effetto di autodepurazione (N)

La zona insatura è quella compresa tra la base del suolo e la zona satura dell‘acquifero ed in essa avvengono gli spostamenti prevalentemente verticali dell‘acqua. Nel caso di acquiferi artesiani, si prende in considerazione l‘intervallo tra la base del suolo e la base del livello confinante superiore. All‘interno dello spessore insaturo fattori fisici (filtrazione e dispersione in particolare) e chimici (reattività chimica dei minerali componenti e processi di bio-degradazione e volatilizzazione in particolare) operano in sinergia favorendo processi di attenuazione.

Tale parametro è di incera determinazione per la carenza di dati stratigrafici che consentano di discriminare all‘interno della gamma di punteggi, da 3 a 6, attribuiti dal Metodo alla tipologia —alluvioni medio fini“, che adeguatamente descrive l‘insaturo in

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Uniformando i dati delle prove Cpt con le informazioni sui substrati pedologici, si è stabilito di attribuire il punteggio SINTACS di 6 alle celle che ricadono nella U.C. 11, 13, 14 e 16, di 5 nell‘area dell‘U.C. 19 ed infine di 4 nell‘area dell‘U.C. 22.

Nell‘area urbanizzata di Muzza Sant‘Angelo, dove le delineazioni pedologiche non sono state espresse, le superfici sono attribuite rispettivamente all‘U.C. 21 a nord del canale Muzza e all‘U.C. 14 a sud.

Tipologia della copertura, suolo (T)

Il suolo riveste un ruolo importante nella mitigazione dell‘impatto, particolarmente nei confronti di un inquinamento di tipo diffuso (agricolo, zootecnico ecc.): al suo interno si esplicano processi di filtrazione, di biodegradazione, assorbimento/adsorbimento e di volatizzazione. Il fattore prende in esame la porzione superiore della zona vadosa (zona insatura), caratterizzata da significativa attività biologica, in genere estesa entro i primi 100 cm. Molto dipende dal grado di plasticità delle argille, poiché in presenza di argille poco plastiche e di terreni fini si ha il minore potenziale di inquinamento, mentre in presenza di argille plastiche secondo gli Autori del DRASTIC —sebbene le fessure formate con la siccità si rigonfino appena l‘argilla viene idratata, è documentata la capacità degli inquinanti di muoversi rapidamente prima (che si esaurisca) l‘iniziale bagnatura.“

Per la valutazione del parametro è stato possibile utilizzare un grafico indicato dal Metodo nella versione 5, che fornisce direttamente il punteggio SINTACS sulla base dei soli parametri Argilla+Limo in % e Sostanza Organica in % .

Tali valori sono stati individuati utilizzando le descrizioni di dettaglio della Unità Tassonomiche (pedon di riferimento) dei suoli presenti nella citata pubblicazione dell‘ERSAL SSR 30. Dalla somma dei valori percentuali di limo grossolano + limo fine +argilla di ogni singolo orizzonte A e B per lo spessore degli orizzonti stessi, si è ottenuto un valore che diviso per lo spessore totale del suolo fornisce la media pesata della frazione fine. Analogamente si è effettuato il calcolo per la S.O. , ottenendo in conclusione il seguente prospetto:

U.C. % pesata % pesata VALORE ARGILLA + LIMO S.O. SINTACS 11 28,1 0,87 8,3 13 71,7 1,23 6,2

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14 50,2 1,04 7,3 16 46,1 1,40 7,5 19 53,2 0,98 7,2 22 73,4 0,85 6,3

caratteristiche dell‘Acquifero (A)

Si considera acquifero la zona di saturazione all‘interno di un determinato complesso idrogeologico, e si prendono in considerazione i processi (dispersione, diluizione, assorbimento, reattività chimica) che avvengono al di sotto della superficie piezometrica. Il parametro descrive quindi il comportamento di un contaminante liquido o idroveicolato quando, dopo aver superato le due «linee di difesa» costituite dalla copertura e dall‘insaturo, ha raggiunto la zona satura e viene a mescolarsi con l‘acqua sotterranea per defluire verso i punti di recapito.

Le caratteristiche che descrivono l‘acquifero al fine della valutazione della vulnerabilità sono analoghe a quelle considerate per il parametro N, ed è determinante la lunghezza del percorso che le particelle contaminanti devono seguire, funzione delle porosità, del grado di cementazione e di addensamento dei clasti.

Per le alluvione medio-fini gli Autori indicano un intervallo di punteggio variabile da 6 ad 8, ed in un esempio di applicazione del Metodo riferito allo studio di un tratto di pianura presso Torino, specificano il punteggio di 6 per alluvioni sabbioso œ argillose, di 7 per alluvioni sabbiose, e di 8 per alluvioni prevalentemente ghiaiose.

Le stratigrafie dei pozzi per acqua potabile presenti nel territorio limitrofo a quello di Cornegliano Laudense mostrano la predominanza, nei primi 40 m dal p.c., di litotipi sabbiosi con presenza subordinata di ghiaia di piccole dimensioni, e sulla base di tali informazioni pare opportuno assegnare all‘aerea un punteggio SINTACS = 7. La carenza di dati stratigrafici non consente di operare alcuna discriminazione tra varie porzioni del territorio, ma osservando i caratteri sedimentologici e strutturali generali precedentemente delineati, pare altresì probabile che le variazioni presenti risultino realmente contenute, e comunque tali da non determinare variazioni di punteggio.

Conducibilità idraulica (C)

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La conducibilità idraulica è la capacità di spostamento attraverso il mezzo saturo dell‘acqua di falda e quindi anche di un contaminante che non ne alteri troppo le caratteristiche di densità.

L‘unica informazione locale è data dalla stima della trasmissività condotta sulle prove di collaudo del pozzo 2 di località C.na S. Antonio (Pieve Fissiraga): T = 1,556 ì 10-2 m2/s. (v. § 6.1), che presenta le finestre nella sola porzione superficiale dell‘acquifero.

Il valore del coefficiente di permeabilità è stato ricavato mediando due procedimenti differenti. Nel primo si è calcolato K (m/s) dividendo il valore di T per lo spessore dell‘intervallo acquifero, posto pari a 41 m, ed ottenendo K = 3,78 10-4 m/s

Nel secondo caso si è applicata una relazione riportata in Celico (1986)19 , ripresa da Castany (1967), per pozzi incompleti e valida per falde freatiche e confinate.

K = Qlog10(a l/rp) / (2,73 l so); con a = coefficiente che vale 0,66 se il filtro non raggiunge il substrato, e varia tra 1,32 ed 1,60 se il filtro è attestato sul substrato impermeabile: nel nostro caso si è ritenuto che i filtri fossero collocati in prossimità del substato e si è scelto un valore intermedio di a =1,46; l = lunghezza (m) del tubo-filtro che impegna parzialmente l‘acquifero. Il valore ottenuto è di K = 7,09 10-4 m/s.

Il valore medio è quindi di K = 5,44 10-4 m/s, che mediante il grafico indicato dal Metodo consente di individuare un punteggio SINTACS = 8.

acclività della Superficie topografica (S)

L‘acclività incide sulla vulnerabilità intrinseca perché da essa dipende la velocità di spostamento e la quantità d‘acqua piovana che, a parità di precipitazione, è soggetta a ruscellamento. SINTACS attribuisce punteggi elevati alle celle con debole pendenza media, bassi alle aree a forte pendenza. Tutto il territorio di Cornegliano Laudense appartiene alla classe con acclività da 0 a 2% e quindi il punteggio è costantemente = 10.

6.3.4 VALORI DELL‘INDICE DI VULNERABILIT E RELATIVA RAPPRESENTAZIONE

La vulnerabilità intrinseca si ottiene determinando per ogni cella la sommatoria dei

7 parametri ciascuno moltiplicato per il proprio peso. I SINTACS = S Ws + I Wi + N Wn + TWt + A Wa + C Wc + S Ws.

L‘indice ottenuto viene normalizzato (INO), così da ottenere una scala di valori da 0 a 100 così definita :

19 Celico P. (1986) : Prospezioni idrogeologiche, vol 1°, Ed. Liguori, Napoli.

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BB molto basso 0-24 B basso 25-35 I colori utilizzati sono quelli indicati dal metodo M medio 36-49 A alto 50-69 E elevato 70-79 Ee molto elevato 80-100 Il risultato ottenuto è espresso dalla figura seguente e dalla successiva tabella che contiene tutti i dati di ingresso e calcolati.

A B C D E F G H I J K L M N O 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Grado di vulnerabilità della falda (freatica) BB molto basso B basso M medio A alto E elevato Ee molto elevato

Figura 8 : esito dell‘elaborazione con SINTACS in scala 1:40.000 circa

In sintesi buona parte del il territorio comunale presenta un grado elevato di vulnerabilità, che si attenua ad —alto“ in corrispondenza delle superficie interessata da suoli più fini accompagnati da substrati limo argillosi maggiormente espressi.

La tabella seguente contiene tutti i dati introdotti e calcolati con i criteri precedentemente esposti

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DATI DI INPUT VALORI CALCOLATI CLA COORD S I N T A C X PESI S1 I1 N1 T1 A1 C1 X1 I NO SSE A5 10 5 6 6,7 7 8 10 ir 50 26 24 33,5 21 16 20 70 E B5 10 5 6 6,5 7 8 10 ir 50 26 24 32,5 21 16 20 69 A B6 10 6 6 7,5 7 8 10 ir 50 29 24 37,5 21 16 20 73 E C1 10 6 4,5 7 7 8 10 ir 50 28 18 35 21 16 20 69 A C2 10 6 4,5 7 7 8 10 ir 50 28 18 35 21 16 20 69 A C3 10 5 4 6,5 7 8 10 ir 50 26 16 32,5 21 16 20 66 A C4 10 5 4 6,3 7 8 10 ir 50 26 16 31,5 21 16 20 65 A C5 10 5 5 7 7 8 10 ir 50 26 20 35 21 16 20 69 A C6 10 5 6 6,5 7 8 10 ir 50 26 24 32,5 21 16 20 69 A C7 10 5 6 7,5 7 8 10 ir 50 26 24 37,5 21 16 20 71 E C8 10 5 6 7,3 7 8 10 ir 50 26 24 36,5 21 16 20 71 E D1 10 6 5 7,2 7 8 10 ir 50 29 20 36 21 16 20 70 E D2 10 6 5 7,2 7 8 10 ir 50 29 20 36 21 16 20 70 E D3 10 6 5 7,2 7 8 10 ir 50 29 20 36 21 16 20 70 E D4 10 5 4 6,3 7 8 10 ir 50 26 16 31,5 21 16 20 65 A D5 10 5 4 6,3 7 8 10 ir 50 26 16 31,5 21 16 20 65 A D6 10 5 4 6,3 7 8 10 ir 50 26 16 31,5 21 16 20 65 A D7 10 5 6 6,5 7 8 10 ir 50 26 24 32,5 21 16 20 69 A D8 10 6 6 7,3 7 8 10 ir 50 29 24 36,5 21 16 20 72 E D9 10 6 6 7,3 7 8 10 ir 50 29 24 36,5 21 16 20 72 E D10 10 5 6 6,5 7 8 10 ir 50 26 24 32,5 21 16 20 69 A E1 10 6 5 7,2 7 8 10 ir 50 29 20 36 21 16 20 70 E E2 10 6 5 7,2 7 8 10 ir 50 29 20 36 21 16 20 70 E E3 10 6 5 7,2 7 8 10 ir 50 29 20 36 21 16 20 70 E E4 10 6 5 7,2 7 8 10 ir 50 29 20 36 21 16 20 70 E E5 10 5 4 6,3 7 8 10 ir 50 26 16 31,5 21 16 20 65 A E6 9,8 5 4 6,3 7 8 10 ir 49 26 16 31,5 21 16 20 65 A E7 9,8 6 4 6,3 7 8 10 ir 49 29 16 31,5 21 16 20 66 A E8 10 6 6 7 7 8 10 ir 50 29 24 35 21 16 20 72 E E9 10 6 6 7,3 7 8 10 ir 50 29 24 36,5 21 16 20 72 E E10 10 6 6 7,3 7 8 10 ir 50 29 24 36,5 21 16 20 72 E F1 10 6 5 7,2 7 8 10 ir 50 29 20 36 21 16 20 70 E F2 10 6 5 7,2 7 8 10 ir 50 29 20 36 21 16 20 70 E F3 10 6 5 7,2 7 8 10 ir 50 29 20 36 21 16 20 70 E F4 10 6 5 7,2 7 8 10 ir 50 29 20 36 21 16 20 70 E F5 10 5 4 6,8 7 8 10 ir 50 26 16 34 21 16 20 66 A F6 9,4 6 4 6,3 7 8 10 ir 47 29 16 31,5 21 16 20 66 A F7 9,4 6 4 6,3 7 8 10 ir 47 29 16 31,5 21 16 20 66 A F8 9,8 6 6 7 7 8 10 ir 49 29 24 35 21 16 20 71 E F9 10 6 6 7 7 8 10 ir 50 29 24 35 21 16 20 72 E G2 10 6 5 7,2 7 8 10 ir 50 29 20 36 21 16 20 70 E G3 10 6 5 7,2 7 8 10 ir 50 29 20 36 21 16 20 70 E G4 10 6 5 7,2 7 8 10 ir 50 29 20 36 21 16 20 70 E G5 10 6 5 7,2 7 8 10 ir 50 29 20 36 21 16 20 70 E G6 9,8 6 4 7,3 7 8 10 ir 49 29 16 36,5 21 16 20 69 A G7 9,4 6 4 7,3 7 8 10 ir 47 29 16 36,5 21 16 20 68 A G8 9,4 6 6 7,3 7 8 10 ir 47 29 24 36,5 21 16 20 71 E G9 10 5 6 6,2 7 8 10 ir 50 26 24 31 21 16 20 69 A H5 10 6 5 7,2 7 8 10 ir 50 29 20 36 21 16 20 70 E H6 10 6 6 7,3 7 8 10 ir 50 29 24 36,5 21 16 20 72 E H7 9,8 6 6 7,3 7 8 10 ir 49 29 24 36,5 21 16 20 72 E H8 9,4 6 6 7,3 7 8 10 ir 47 29 24 36,5 21 16 20 71 E H9 10 6 6 7,3 7 8 10 ir 50 29 24 36,5 21 16 20 72 E I4 10 6 5 7,2 7 8 10 ir 50 29 20 36 21 16 20 70 E I5 10 6 5 7,2 7 8 10 ir 50 29 20 36 21 16 20 70 E I6 9,6 6 5 7,2 7 8 10 ir 48 29 20 36 21 16 20 70 E I7 9,8 6 6 7,3 7 8 10 ir 49 29 24 36,5 21 16 20 72 E I8 10 6 6 7,3 7 8 10 ir 50 29 24 36,5 21 16 20 72 E I9 10 6 6 7,3 7 8 10 ir 50 29 24 36,5 21 16 20 72 E J3 10 6 6 8,3 7 8 10 ir 50 29 24 41,5 21 16 20 75 E J4 10 6 6 8,3 7 8 10 ir 50 29 24 41,5 21 16 20 75 E J5 9,6 6 5 8 7 8 10 ir 48 29 20 40 21 16 20 71 E J6 9,8 6 5 7,3 7 8 10 ir 49 29 20 36,5 21 16 20 70 E J7 9,6 6 6 7,3 7 8 10 ir 48 29 24 36,5 21 16 20 72 E J8 9,8 6 6 7,3 7 8 10 ir 49 29 24 36,5 21 16 20 72 E J9 9,8 6 6 7,3 7 8 10 ir 49 29 24 36,5 21 16 20 72 E J10 10 6 6 7,5 7 8 10 ir 50 29 24 37,5 21 16 20 73 E K3 9,8 6 6 8,3 7 8 10 ir 49 29 24 41,5 21 16 20 74 E K4 9,4 6 6 8,3 7 8 10 ir 47 29 24 41,5 21 16 20 73 E K5 9,4 6 6 8 7 8 10 ir 47 29 24 40 21 16 20 73 E K6 9,7 6 5 7,2 7 8 10 ir 48,5 29 20 36 21 16 20 70 E K7 9,4 6 5 7,2 7 8 10 ir 47 29 20 36 21 16 20 69 A K8 9,7 6 6 7,3 7 8 10 ir 48,5 29 24 36,5 21 16 20 72 E K9 10 6 6 7,3 7 8 10 ir 50 29 24 36,5 21 16 20 72 E K10 10 6 6 8 7 8 10 ir 50 29 24 40 21 16 20 74 E

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L3 9,7 6 6 8,3 7 8 10 ir 48,5 29 24 41,5 21 16 20 74 E L4 9,4 6 6 8,3 7 8 10 ir 47,2 29 24 41,5 21 16 20 73 E L5 9,6 6 6 8,3 7 8 10 ir 47,8 29 24 41,5 21 16 20 74 E L6 10 6 5 7,2 7 8 10 ir 49,9 29 20 36 21 16 20 70 E L7 9,6 6 5 7,2 7 8 10 ir 47,8 29 20 36 21 16 20 70 E L8 9,8 6 5 7,3 7 8 10 ir 49,2 29 20 36,5 21 16 20 70 E L9 10 6 6 8 7 8 10 ir 50 29 24 40 21 16 20 74 E L10 10 6 6 8,3 7 8 10 ir 50 29 24 41,5 21 16 20 75 E M7 10 6 5 7,2 7 8 10 ir 50 29 20 36 21 16 20 70 E M8 10 6 5 7,2 7 8 10 ir 50 29 20 36 21 16 20 70 E M9 10 6 6 8,3 7 8 10 ir 50 29 24 41,5 21 16 20 75 E M10 10 6 6 8,3 7 8 10 ir 50 29 24 41,5 21 16 20 75 E N8 10 6 5 7,2 7 8 10 ir 50 29 20 36 21 16 20 70 E N9 10 6 6 8,3 7 8 10 ir 50 29 24 41,5 21 16 20 75 E N10 10 6 6 8,3 7 8 10 ir 50 29 24 41,5 21 16 20 75 E N11 10 6 6 8,3 7 8 10 ir 50 29 24 41,5 21 16 20 75 E O8 10 6 5 7,5 7 8 10 ir 50 29 20 37,5 21 16 20 71 E O9 10 6 6 8,3 7 8 10 ir 50 29 24 41,5 21 16 20 75 E O10 10 6 6 8,3 7 8 10 ir 50 29 24 41,5 21 16 20 75 E O11 10 6 6 8,3 7 8 10 ir 50 29 24 41,5 21 16 20 75 E O12 10 6 6 8,3 7 8 10 ir 50 29 24 41,5 21 16 20 75 E

Nel complesso il risultato pare qualitativamente accettabile, benché sconti una insufficiente caratterizzazione dei parametri N, A e C, e costituisce un‘importante primo tentativo di analisi completa del fattore vulnerabilità, che potrà essere adeguatamente perfezionate acquisendo dati significativi sull‘acquifero superficie mediante prove di emungimento in pozzi.

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7 Aspetti geotecnici

L‘esame delle caratteristiche geotecniche del territorio è stato effettuato, nelle aree interessate da potenziali sviluppi edilizi, mediante l‘esecuzione di 8 prove penetrometriche statiche con punta meccanica Begemann - standard Cpt - spinte a profondità di œ7,2 dal piano campagna nelle prove n°2 e 6 e œ7,8 m nelle rimanenti. Un‘ulteriore ed analoga prova penetrometrica, eseguita nel 1998 per una costruzione privata nell‘area commerciale e artigianale del Codognino, è stata fornita dai committenti dell‘indagine, ed è distinta negli allegati e nelle tavole con la sigla —Tecnopali S1“.

Nei fori delle prove penetrometriche Cpt 2, 4, 5 e 7, sono stati posati micropiezometri aperti (Pn) costituiti da tubicini in plastica di 2,5 cm di diametro, microfessurati trasversalmente per circa 1 m dalla base, che hanno consentito di elaborare le curve isopiezometriche illustrate nella tavola 3.

L‘obiettivo della caratterizzazione geotecnica a piccola scala è principalmente quello di individuare la presenza di eventuali aree, di significativa estensione, che possono rivelarsi particolarmente problematiche per la realizzazione di interventi edilizi, sia per la presenza di terreni con scarsa capacità portante o fortemente compressibili, sia per la rilevante variabilità laterale delle caratteristiche meccaniche.

Nel caso in esame le indagini disponibili non hanno evidenziato la presenza di terreni con caratteristiche concretamente sfavorevoli per la realizzazione di interventi edilizi di dimensioni analoghe a quelli attualmente presenti in territorio comunale, ed in generale è emersa una rilevante somiglianza dei profili litostratigrafici, particolarmente a NW della SS 235. La falda è dovunque superficiale, rilevata a quote comprese tra 0,6 e 2,1 m dal p.c., con oscillazioni stagionali comprese entro il metro. Conseguentemente si devono supporre costantemente presenti le problematiche ad essa connesse, relative principalmente all‘esecuzione di opere in sotterraneo.

Occorre rimarcare che la minima distanza reciproca tra le verticali di prova è stata mediamente di circa 300 m, variando da un minimo di 150 a ad un massimo di 600 m e quindi, come già accade per indagini di maggiore dettaglio, dal punto di vista statistico il campione di volume esaminato è del tutto irrilevante. Le definizioni di unità geotecniche, le correlazioni tra di esse ed i conseguenti azzonamenti per un verso si fondano sull‘assunto che esista una buona continuità laterale nei depositi sedimentari, ma per l‘altro ciò costituisce l‘obbiettivo della ricerca, che non può essere dimostrato ricorrendo all‘ipotesi di partenza senza incorrere in affermazioni tautologiche.

La cartografia prodotta deve quindi essere osservata tenendo ben conto che non rappresenta la realtà quale è, ma solo una sua interpretazione, ed i valori indicati possono utilmente servire da guida per la previsione delle indagini di dettaglio necessarie per la

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Le singole prove sono riportate e interpretate sotto il profilo litostratigrafico e geotecnico negli allegati, ai quali si fa rimando per gli aspetti di dettaglio, mentre di seguito si descrivono i caratteri comuni che consentono di delineare una grossolana suddivisione in ambiti del territorio.

La successione litostratigrafica individuata con le prove penetrometriche risulta costantemente formata da un intervallo superficiale, esteso fino alla profondità di 2ó4 m dal piano campagna, generalmente di medio-bassa consistenza e litologia piuttosto variabile. In questo tratto sono presenti sabbie sciolte, in particolare nella parte inferiore dei profili delle Cpt 1 e 2, strati di 20ó60 cm di sabbie e sabbie limose di densità da sciolta a densa con limi argillosi sovraconsolidati nei profili delle Cpt 4, 5, 6 ed —S1 Tecnopali“, talora come alternanze dei profili delle Cpt 3 , 7 e 8.

In tutti i profili, ad eccezione forse della Cpt 5, è presente nella parte inferiore del primo metro dal p.c. uno strato limo argilloso sovraconsolidati di buona consistenza (0,6 < c u <1,2), che per posizione geometrica e costante diffusione pare associabile all‘orizzonte pedologico B di accumulo di argilla illuviale che caratterizza gli alfisuoli riconosciuti nell‘area.

Nel caso delle Cpt 4 e 8 i depositi coesivi della parte superiore del profilo presentano uno spessore di circa 1 m, mentre nelle Cpt 3 e 7 formano alternanze con sabbie prevalentemente dense, delineando in entrambi i casi la presenza di depositi limo argillosi anche nella porzione superficiale del deposito sedimentario di origine.

A profondità superiori a quelle di seguito indicate in tabella, si rinviene costantemente la presenza di substrato rigido formato in prevalenza da sabbie dense e molto dense per le quali è possibile stimare valori di resistenza al taglio f‘ rispettivamente di 33ó35° e > 35°.

S1 Cpt n° 1 2 3 4 5 6 7 8 Tecn.

Profondità substrato rigido dal 2,8 4,8 3,4 2,4 3,2 2,4 2,4 2,6 4,0 piano campagna in m.

In questo tratto sabbie di media densità sono presenti con frequenza rilevante solo nei profili delle prove Cpt n° 4, 5 e 7, mentre sono praticamente assenti intervalli con sabbie sciolte o molto sciolte o intervalli coesivi. Nel complesso i terreni posti a profondità superiori a quanto indicato in precedenza costituiscono nel territorio un corpo sedimentario continuo, caratterizzato da elevata rigidezza (il modulo di deformabilità si stima indicativamente compreso tra 250 e 600 Kg/cm2), che forma il substrato praticamente

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Si denota che l‘unica prova penetrometrica spinta oltre i 7,8 m di profondità, pur confermato l‘andamento sopra delineato fino a tale quota, ha individuato nel tratto compreso tra œ7,6 e œ8,0 m un intervallo coesivo poco sovraconsolidato, seguito da sabbie di media densità fino a œ10 m.

Con i dati sopra discussi si è provveduto a rappresentare graficamente un‘ipotesi di andamento delle isobate del tetto del —substrato rigido“, con isolinee distanziate di 0,5 m.

Un ulteriore elaborazione dei dati ha consentito di suddividere l‘area esaminata in relazione alla litologia prevalente presente sotto il pieno di posa di fondazioni ed al carico ammissibile, ipotizzando la realizzazione di fondazioni superficiali continue di 0,5 m di larghezza B posate alla profondità di 0,5ó0,7 m dal piano campagna, che si ritiene possano rappresentare adeguatamente la tipologie utilizzate per edifici civili di modesta entità.

Il calcolo, riportato in dettaglio negli allegati, sono stati effettuati ricorrendo a relazioni semplificate proposte in BOWLES J.E.: Fondazioni progetto e analisi - ed. Italiana McGrow-Hill-1991, ed ha condotto ai risultati riassunti dalla seguente tabella:

S1 Cpt n° 1 2 3 4 5 6 7 8 Tecn. Carico ammissibile 2 1,2 1,3 2,8 2,2 1,4 1,9 2,0 2,0 1,7 medio in Kg/cm

La distinzione riportata in carta deriva in buona parte dalla presenza di depositi superficiali di limi argillosi sovraconsolidati, collocati appena sotto la quota di fondazione ipotizzata.

I valori stimati in presenza di terreni coesivi appaiono moderatamente elevati, compresi tra 1,9 e 2,8 Kg/cm2 a causa del notevole contributo al carico limite dato dalla resistenza non drenata (c u), ma occorre sottolineare che in presenza di tali terreni il carico ammissibile deve essere primariamente definito mediante la valutazione dei cedimenti indotti.

In assenza degli stessi, dove prevalgono terreni a comportamento incoerente, i valori di carico ammissibile sono compresi tra 1,2 e 1,4 Kg/cm2, ad eccezione dell'area della prova penetrometrica S1 Tecnopali dove è presente a partire dalla profondità di 0,8 m metro dal piano campagna un intervallo di circa 1 metro di sabbia limosa densa.

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8 Conclusioni e Classi di fattibilità

In tutto il territorio esaminato ed interessato da possibili interventi attuativi, non si sono evidenziate condizioni di problematicità tale da rendere sconsigliabile l‘edificazione. La caratterizzazione geotecnica effettuata mediante le prove penetrometriche ha consentito di distinguere aree dove nei primi 1,0ó1,5 m, entro i quali generalmente sono posate le fondazioni dirette, prevalgono terreni coesivi, da quelle caratterizzate da depositi sabbioso- limosi. Mediante l‘applicazione di alcune semplici relazioni con i dati delle prove penetrometriche statiche (BOWLES J.E , 1991), si è formulata una prima stima del carico 2 ammissibile (qa in Kg/cm ) per fondazioni superficiali continue posate alle profondità di œ 0,5 , -0,6 e œ0,7 m dal p.c, e caratterizzate da una larghezza B=0,5 m. I risultati del calcolo, riferito negli allegati, evidenziano che a causa del notevole contributo al carico limite dato dalla resistenza non drenata (c u), le aree che presentano in superficie depositi 2 coesivi sono caratterizzate da valori più elevati (1,9 Ç qa Ç 2,7 Kg/cm ), mentre dove prevalgono litologie sabbioso limose i carichi ammissibili sono compresi tra 1,2 Ç qa Ç 1,7 Kg/cm2; in ogni circostanza i valori individuati non prefigurano condizioni problematiche per l‘esecuzione degli edifici ordinari.

Considerando che a profondità comprese tra œ2 e œ4 m circa dal piani campagna è presente un substrato —rigido“ formato da sabbie dense e molto dense che pare omogeneamente diffuso nel territorio (v. tav.2), e che l‘indicazione cartografica sugli strati superficiali è ampiamente interpretativa, non emerge alcun motivo per utilizzare i parametri —carico ammissibile“ o —litologia superficie“ per differenziare ai fini del regolamento urbanistico il territorio comunale.

L‘aspetto più rilevante, peraltro comune a tutto il territorio di Cornegliano Laudense ad esclusione, forse, della porzione a NW dell‘abitato di Cornegliano, è dato dalla presenza di una falda freatica superficiale che durante i rilievi effettuati ad ottobre 2002 è stata osservata a profondità comprese tra œ0,6 e -2,1 m dal piano campagna, come illustrato negli allegati e nella ricostruzione delle isobate della tavola 3. Tali misure, come rappresentato nel capitolo 6, fotografano la soggiacenza della falda in una porzione limitata del territorio ed in un unico momento, poiché la distruzione dei micropiezometri ha impedito la prosecuzione delle misure in periodo invernale e primaverile. Data l‘assenza di ulteriori misure nei pozzi privati, risultati tutti inaccessibili per tale verifica, il risultato conseguito appare scarsamente utilizzabile per la previsione dei livelli massimi della falda da assumere come riferimento per gli interventi edilizi, ed obbliga ad accreditare un‘ipotesi cautelativa circa i possibili incrementi di livello che possono caratterizzare l‘area durante il periodo irriguo, da maggio a settembre. I dati storici relativi alle escursioni stagionali, discussi al paragrafo 6.2, suggeriscono un ragionevole innalzamento massimo del livello freatico di circa 40 cm rispetto a quanto rilevato, ma occorre tenere conto che in ambiti ristretti (singola costruzione o piano di zona) i livelli possono dipendere da fenomeni strettamente locali, quali l‘entità dell‘irrigazione, la permeabilità verticale dei terreni (v

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In conclusione date le incertezze sopra espresse, nell‘area urbana e di espansione edilizia pare impossibile distinguere in modo tecnicamente fondato zone significativamente caratterizzate da differente soggiacenza (come riportato nella tavola 3), e per la definizione di uno strumento regolamentare si ritiene appropriato assumere l‘ipotesi che in tale perimetro la falda possa presentare ovunque una soggiacenza minima di 100 cm.

Dal punto di vista pratico la presenza di una falda superficiale determina indubbie problematiche esecutive, e la necessità di adottare soluzioni progettuali per impedire l‘allagamento delle opere in sotterraneo, ma sotto il profilo geotecnico comporta solo limitate e prevedibili conseguenze, concernenti una moderata diminuzione del carico ammissibile nelle aree dove prevale il comportamento incoerente del terreno posto immediatamente sotto la quota di posa delle fondazioni. Di tale aspetto dovranno tenere conto i progettisti delle opere con i normali accorgimenti di calcolo, considerando anche che in presenza di terreni coesivi è molto probabile che scavi condotti fino alla profondità superiori a quella del livello piezometrico non intercettino l‘acqua, mantenuta confinata (lievemente in pressione) dal sovrastante deposito poco permeabile.

Di maggiore rilevanza invece è la possibile contaminazione della falda che l‘esecuzione di fognature, serbatoi interrati, scarichi e movimenti terra in genere possono determinare. Sotto questo profilo la presenza di depositi fini nella porzione superficiale del profilo può determinare sensibili differenze pratiche, ma a causa della già citata impossibilità di valutare l‘effettiva continuità laterale dei depositi presenti nei primi 1,5 m, e del fatto che le opere di fondazione comportano comunque l‘asportazione almeno parziale di tale copertura, pare opportuno adottare per tutto il territorio esaminato criteri di omogenei di tutela.

Per le ragioni anzidette tutta l‘area esaminata è stata collocata nella classe 3° di fattibilità, che ai sensi della normativa regionale vigente corrisponde ad aree nelle quali:

— la fattibilità presenta consistenti limitazioni. La classe comprende le zone nelle quali sono state riscontrate consistenti limitazioni alla modifica delle destinazioni d‘uso dei terreni per condizioni di pericolosità/vulnerabilità individuate.“

Le prescrizioni di seguito formulate hanno il sostanziale obbiettivo di indicare le procedure tecniche minime da adottare in presenza di interventi edilizi al fine di realizzare la maggiore tutela delle acque sotterranee.

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AREE NON CLASSIFICATE: la porzione di territorio posto a nord, nord est ed est degli abitati non è stato caratterizzata sotto il profilo geotecnico dal momento che nelle previsioni di piano è interamente agricola. Considerata la relativa omogeneità riscontrata nelle aree indagate che si ritiene, di massima, possa proseguire in tali porzioni di territorio, al fine esclusivo di tenere conto di possibili interventi edificatori ai sensi della L.R. 93/1980, si prescrive l‘adozione di tutti i provvedimenti previsti le aree poste nella classe 3a successivamente illustrata, escludendo in ogni caso l‘ipotesi semplificativa prevista ai punti C3, D3 ed E3 del D.M. 11 marzo 1988 per le —zone già note“.

CLASSE 3 a

In tutto il territorio appartenente a tale classe ed individuato graficamente nella tavola 5, la progettazione di interventi edilizi di qualunque natura dovrà avvenire assumendo l‘ipotesi di falda presente, almeno alcuni mesi dell‘anno, alla profondità di œ1,0 m dalla quota naturale del piano campagna (considerata in assenza di riporti o depressioni artificiali), fatto salvo il diverso esito di accertamenti che dimostrino su base statistica l‘assenza di tale pericolo con tempi di ritorno di almeno 30 anni.

La realizzazione di opere o interventi che comportino scavi a profondità non superiori ad 1,0 m dal piano campagna, l‘accertamento delle caratteristiche geologico tecniche dei terreni secondo le modalità definite nel D.M. 11 marzo 1988 —norme tecniche riguardanti le indagini sui terreni e sulle rocce, la stabilita' dei pendii naturali e delle scarpate, i criteri generali e le prescrizioni per la progettazione l'esecuzione ed il collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di fondazione“ e la successiva circolare ministeriale del 24 settembre 1998, potrà avvenire anche adottando l‘ipotesi semplificativa prevista ai punti C3, D3 ed E3, del citato D.M., il quali specificano che —nel caso di modesti manufatti che ricadono in zone già note, le indagini in sito ed in laboratorio sui terreni di fondazione possono essere ridotte od omesse, semprechè sia possibile procedere alla caratterizzazione dei terreni sulla base di dati e di notizie raccolti mediante indagini precedenti, eseguite su terreni simili ed in aree adiacenti. In tal caso, dovranno essere specificate le fonti dalle quali si è pervenuti alla caratterizzazione fisico-meccanica del sottosuolo. “

In presenza di opere che comportino scavi o posa di manufatti a profondità superiori ad 1,0 m dal piano campagna, e comunque in caso di scavo sotto il livello freatico se rinvenuto a quote superiori nel corso di indagini preliminari, il rilascio della concessione edilizia dovrà essere subordinata effettuazione di indagini puntuali estese alla parte del sottosuolo influenzata, direttamente o indirettamente, dalla costruzione del manufatto, escludendo l‘ipotesi semplificativa prevista ai punti C3, D3 ed E3 dal citato D,M, 11/3/88 per le —zone già note“, e ad una valutazione di compatibilità che definisca il pericolo di contaminazione della falda freatica e determini le modalità di attenuazione del rischio.

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In relazione a quest‘ultimo aspetto, nella documentazione di progetto in particolare dovranno essere precisate:

- modalità e tempi di eventuale abbattimento del livello freatico ed una valutazione delle possibili interferenza con le strutture di fondazione degli edifici limitrofi;

- procedura previste per la mitigazione del rischio di dispersione di inquinanti durante le fasi di lavorazione;

- elenco dei materiali e prodotti utilizzati per l‘esecuzione delle opere in sotterraneo.

In caso di interventi che possano prevedere l‘utilizzo di miscele di bentonite, polimeri, resine acquose e silicato di sodio dovrà essere dettagliatamente illustrata la modalità di utilizzo e la quantità di prodotti impiegati. In tale occorrenza l‘Ufficio Tecnico comunale potrà richiedere la realizzazione di un monitoraggio sulla qualità delle acque di falda che consenta di definirne le caratteristica prima e successivamente l‘intervento.

La autorizzazione all‘installazione degli impianti stradali di distribuzione di carburante, oltre al rispetto delle norme del decreto 20 ottobre 1998, è subordinata alla effettuazione di indagini di cui al citato D,M, 11/3/88 ed alla realizzazione di un monitoraggio dei gas interstiziali nel non saturo (Gas Soil Survey) per definire la situazione di —bianco“ del sito, prima dell‘installazione dell‘impianto, ed a successivi controlli biennali da predisporre in funzione delle dimensioni e tipologie dei serbatoi interrati.

Per la realizzazione di tubi interrati, e segnatamente di fognature, si fa rimando alle prescrizioni contenute nel decreto del ministero LL.PP. del 12 dicembre 1985 —norme tecniche relative alle tubazioni“.

Per le opere di ristrutturazione sugli edifici che prevedono la modifica del funzionamento strutturale delle fondazioni, il progetto dovrà essere accompagnato da una relazione geologica e geotecnica che valuti l'alterazione dei carichi indotti sul substrato di fondazione nel caso che la variazione degli stessi sia superiore al 20% rispetto a quella originaria.

CLASSE 3b

Tale sottoclasse è istituita per il recepimento di uno specifico decreto prefettizio che trova attuazione in parte del territorio di Cornegliano Laudense, formulato in prima istanza il 24 luglio 1957 e sostituito da ultimo con il decreto in data 05 agosto 1996. L‘atto prevede modalità di monitoraggio di alcune aree della porzione centrale del lodigiano finalizzato a prevenire condizioni di rischio connesse all‘accumulo di gas metano negli strati superficiali manifestatisi in modo rilevante fino agli anni ‘70. Attualmente il fenomeno pare fortemente attenuato, e l‘ultimo rilevo tecnico eseguito dall‘AGIP a giugno 1999 mediante l‘analisi di risentimenti osservabili con foto aeree sulla vegetazione coltivata —Studio delle anomalie ambientali correlabili ad emersioni di metano nella zona di Cornegliano Laudense œ Caviaga

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(Lodi) œ interpretazione assistita al calcolatore di foro aeree all‘infrarosso in falso colore“, Crema (Cr), individua unicamente —anomalie ambientali scarsamente significative ed anomalie ambientali scarsamente significative“.

Poiché l‘area sottoposta alle disposizioni del decreto prefettizio interessa sia porzioni di territorio —non classificate“ sia collocate in classe 3a, gli interventi da realizzare entro il perimetro individuato come classe 3b saranno sottoposti alle prescrizioni specificamente previste per il territorio entro il quale l‘intervento ricade, nonché a quelle derivanti dal citato decreto prefettizio, di cui si stralciano i punti significativi:

art. 3 I Comuni di …Cornegliano Laudense… potranno chiedere in occasione del rilascio di concessioni edilizie per l‘edificazione di nuove costruzioni e per la realizzazione di pozzi artesiani ad uso potabile e/o industriale da compiersi entro il perimetro delle aree individuate e descritte all‘art. 2 [cartografia in scala 1:10.000], il parere dell‘Ufficio Nazionale Minerario per gli Idrocarburi e la Geotermia di Bologna, ai sensi e per gli effetti delle norme di Legge in materia. Tali nulla osta saranno rilasciati con prescrizioni di opere cautelative, qualora si constatasse , attraverso il rilevamento tradizionale di tipo tecnico-manuale, effettuato su richiesta del sopracitati comuni da parte della Società AGIP S.p.A., presenza di gas nelle immediate vicinanze o nelle fondazioni.

Art. 4 La Società AGIP S.p.A. provvederà in ogni caso, a sue spese e a sue cure, ad effettuare, con cadenza quinquennale, il telerilevamento aerofotogrammetrico corredato dal complementare rilevamento sulle aree indicate, secondo le modalità dettate dall‘ottenimento della necessaria base di punti di monitoraggio diretto ed invierà una approfondita relazione tecnica, comprendente l‘analisi dei rilevamenti compiuti, all Ufficio Nazionale Minerario per gli Idrocarburi e la Geotermia di Bologna, segnalando immediatamente ogni eventuale anomalia constatata ed indicando altresì i provvedimenti consequenziali adottati.

Art.5 Il presente decreto potrà essere modificato in relazione alle variazioni delle situazioni.

Classe 3c - fasce di rispetto dei corsi d'acqua. In attesa della definizione del reticolo idrografico minore e delle relative norme di polizia idraulica, che il Comune deve determinare ai sensi della d.g.r. 01 agosto 2003 n° 7/13950, nella carta della fattibilità è stata individuata una preliminare fascia di rispetto dei canali in applicazione alle norme del R.D 523/1904 (T.U. sulle acque), collocandola nella classe 3 di fattibilità. Tale norma, operante sino all'individuazione del reticolo idrografico minore, all'art. 96 vieta l'edificazione fino alla distanza di 10 m dai corsi d'acqua pubblici, intendendo come tali, ai sensi della L 36/94 e del DPR 18 febbraio 1999 n° 238, sostanzialmente tutte le risorse idriche ad eccezione degli scarichi fognari. Inoltre sui corsi d'acqua sopra individuati vige il divieto di tombinatura ai sensi dell'articolo 41 del dlgs 152/99. La fascia di rispetto individuata corrisponde ad una porzione di territorio compresa entro una distanza di 10 m per parte dal ciglio dell'alveo inciso. Poiché le sezioni dell'alveo sono state misurate solo in pochi punti, indicati nella carta dell'Idrografia (tavola 3), la rappresentazione può talora non essere rigorosamente fedele alla realtà. Nella cartografia sono inoltre stati trascurati quei corsi d'acqua che costituiscono derivazioni di ordine inferiori ai terziari, principalmente ad uso delle singole aziende agricole, che a rigore però rientrano nelle fattispecie considerate dalla normativa.

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Classe 3 d: l'area risulta definita dalla superficie circostante la zona di tutela assoluta entro il raggio di 200 m dall'opera di captazione (pozzi 92 e 93 di San Martino in Strada), all'interno della quale, come previsto dall'art.5, comma 4 e 5 del decreto legislativo 258/2000 :

"Comma 5 …in particolare sono vietati l'insediamento dei seguenti centri di pericolo e lo svolgimento delle seguenti attività: a) dispersione di fanghi ed acque reflue, anche se depurati; b) accumulo di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi; c) spandimento di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi, salvo che l'impiego di tali sostanze sia effettuato sulla base delle indicazioni di uno specifico piano di utilizzazione che tenga conto della natura dei suoli, delle colture compatibili, delle tecniche agronomiche impiegate e della vulnerabilita' delle risorse idriche; d) dispersione nel sottosuolo di acque meteoriche proveniente da piazzali e strade; e) aree cimiteriali; f) apertura di cave che possono essere in connessione con la falda; g) apertura di pozzi ad eccezione di quelli che estraggono acque destinate al consumo umano e di quelli finalizzati alla variazione della estrazione ed alla protezione delle caratteristiche quali-quantitative della risorsa idrica; h) gestione di rifiuti; i) stoccaggio di prodotti ovvero sostanze chimiche pericolose e sostanze radioattive; l) centri di raccolta, demolizione e rottamazione di autoveicoli; m) pozzi perdenti; n) pascolo e stabulazione di bestiame che ecceda i 170 chilogrammi per ettaro di azoto presente negli effluenti, al netto delle perdite di stoccaggio e distribuzione. E' comunque vietata la stabulazione di bestiame nella zona di rispetto ristretta. Comma 6: Per gli insediamenti o le attività di cui al comma 5, preesistenti, ove possibile e comunque ad eccezione delle aree cimiteriali, sono adottate le misure per il loro allontanamento: in ogni caso deve essere garantita la loro messa in sicurezza. Le regioni e le provincie autonome disciplinano, all'interno delle zone di rispetto, le seguenti strutture od attività: a) fognature; b) edilizia residenziale e relative opere di urbanizzazione; c) opere viarie, ferroviarie ed in genere infrastrutture di servizio; d) le pratiche agronomiche e i contenuti dei piani di utilizzazione di cui alla lettera c) del comma 5." L‘attuazione degli interventi o delle attività elencate all‘art.5, comma 6, del d.lgs. 258/00, deve seguire i criteri e le indicazioni contenute nel documento —Direttive per la disciplina delle attività all‘interno delle aree di rispetto (art. 21,comma 6 del d.lgs. 152/99 e successive modificazioni)“, approvato con d.g.r. 10 aprile 2003, n° 7/12693, pubblicato sul B.U.R.L. Serie Ordinaria n°17, del 22 aprile 2003.

Classe 4 : Le superfici inserite in tale sottoclasse sono costituite dagli alvei di piena del reticolo idrografico. All‘interno di tali superfici sono consentiti soli interventi di manutenzione ordinata e straordinaria finalizzati al mantenimento delle corrette condizioni di deflusso delle acque.

Classe 4 a : (istituita con recepimento parere ARPA di Lodi) Il perimetro inserito in tale sottoclasse riguarda una piccola area di proprietà della Soc. Liviana s.r.l. posta a NE dell'abitato di Cornegliano Laudense inserita nell'anagrafe regionale dei siti da bonificare al n° 1880. Per tutta l'estensione della superficie è temporaneamente proibita l'esecuzione di scavi e di edificazioni fino al rilascio da parte della Provincia di Lodi del CERTIFICATO DI AVVENUTA BONIFICA. Successivamente, fatte salve le eventuali prescrizioni dell'Ente, l'area risulterà assoggettata alle specifiche della sottoclasse 3b.

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9 Indici dei grafici e delle figure

IINDIICE DE II G RAFIICII grafico 1 :diagramma climatico di Peguy ...... 8 grafico 2 temperature in stazioni varie ...... 9 grafico 3: precipitazioni mensili a Sant‘Angelo Lodigiano 1993-1997...... 11 grafico 4: precipitazioni critiche a Lodi...... 13 grafico 5 : precipitazioni critiche a Cornegliano Laudense secondo il PAI...... 13 grafico 6 : oscillazioni freatiche nel pozzo CAP n° 1 di Pieve Fissiraga - Cornegliano Laudense ...... 37

IINDIICE DE LLE FIIG U RE Figura 1: individuazione area di studio nel territorio provinciale ...... 2 Figura 2 : territorio comunale rappresentato su una carta delle province di Lodi e Crema del 1818...... 3 Figura 3 : stralcio del foglio geologico 60 œ Piacenza scala 1:100.000, riprodotto in scala 1:50.000:...... 4 Figura 4: Carta di inquadramento geologico strutturale (da C.N.R., Structural Moldel of Italy , 1991),con modifiche.16 Figura 5: sezione strutturale della pianura orientata circa SSW œ NNE; sezione n° 5, AGIP 1996...... 16 Figura 6: schema strutturale : da A.G.I.P. , 1957...... 18 Figura 7: movimenti verticali del suolo dal 1897 al 1957 in mm. (Arca, Beretta œ 1985)...... 19 Figura 8 : esito dell‘elaborazione con SINTACS in scala 1:40.000 circa...... 45

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