RIVISTA DI CULTURA DEL TERRITORIO Luglio 2012 Anno 4 Numero 2 issn 2036-8283 13 N. 13 Luglio 2012

furlane Tiere

Cjamp di pire piçule a Rivarote di Teor, Jugn 2012. Probabilmente è l’unica coltivazione di Triticum monococcum nella nostra Regione.

Esse di Raveo e sidro della Carnia.

In copertina: Il falciatore in pausa, fotografi a di Tarcisio Baldassi, Buja, 1952. Pubblicità per Grado nella rivista La Panarie, 1927. 2 •

Quindi, se l’acqua non va lasciata Terra ricca di più fi umi, solo ai poeti, non per questo deve essere considerata solo un puro e di chiare fontane fattore economico, una merce di scambio, o un semplice composto chimico-fi sico, e vonde. Il suo Il , terra quantunque fred- fi ume da interventi ritenuti stra- uso coinvolge necessariamente da, ricca di belle montagne, volgenti di un equilibrio naturale tutte le sfere dell’umano vivere e e più fi umi, e chiare fontane consolidato e di un paesaggio dell’umano sentire: da alimento (Decameron, giornata X, novel- irripetibile. indispensabile (lo stesso uomo è la V) si trova compreso fra due E si pensi alle rivendicazioni di formato per oltre il 70 per cento splendide acque: il Timavo e la Li- alcuni anni fa da parte delle po- di acqua) a simbolo del sacro. Il venza (la Liquenza chiude con polazioni e delle amministrazioni passaggio attraverso l’acqua co- perpetuo fonte, se ci è concesso ricadenti nel Consorzio Acque- stituisce la purifi cazione per ec- di citare anche il “nostro” Erasmo dotto del Friuli Centrale, storica cellenza, tanto che anche i primi di Valvasone). Ma i fi umi non sono e benemerita aggregazione che cristiani di – i Terapeuti solo liquidi confi ni: il Taglia- aveva portato l’acqua potabile in – pare si ritirassero in solitudini mento l’interseca e parte dice una vasta plaga asciutta dell’alta rurali presso Mons et fons aquae Erasmo riferendosi alla Patria pianura friulana, pianura che fi no vivae, e a riprova di ciò, presso sua, che è anche la nostra. agli anni Cinquanta dello scorso le acque di risorgiva o del Ta- Le acque hanno ispirato poeti e secolo doveva approvvigiornarsi gliamento, si ritrovano le ancone scrittori, e non rammentiamo qui attraverso medioevali pozzi fre- devozionali dedicate a Sante Sa- i versi del Petrarca di cui si usa e atici. Ebbene, vi fu un’autentica bide, testimonianze di un culto si abusa; non possiamo sottacere, levata di scudi quando il Consor- di matrice giudaico-cristiana pro- però, come i loro aspetti econo- zio rischiò di essere svenduto, veniente – pare – addirittura da mici siano stati spesso fonte di spersonalizzandosi in una aggre- Alessandria d’Egitto. dissidi fra persone e fra comunità gazione con altre multiutility, Vi sono poi gli aspetti non quanti- rivierasche, fra comunità e nobili. perdendo così di fatto il controllo fi cabili e non monetizzabili come Sembrano quasi un serial televi- sul nostro “oro bianco”; e ciò lo svago. Ampi tratti del Taglia- sivo le lunghe lotte degli abitanti solo per un’infatuazione causata mento, d’estate, divengono fre- di Buja contro i Savorgnan per i dall’enfasi che veniva artatamen- quentate spiagge che hanno molti diritti di pesca nella Ledra... te posta su fantomatiche migliori dei vantaggi dell’Adriatico senza E queste lotte non sono registra- performances economiche, tutte averne gli svantaggi. Lo stesso di- bili solamente dalla storia. Anche peraltro da verifi care. casi per il Natisone, l’Arzino e cor- oggi l’utilizzo dell’acqua, che il La produzione di energia elet- si d’acqua di minor ampiezza, ma buon Dio ha elargito ai Friulani trica con l’acqua, poi, fa ancora frequentatissimi, come il Palâr; con una certa dovizia, assume discutere: perchè se è vero che è per non dire del Lago di Cavazzo spesso nella nostra Regione i energia cosiddetta “pulita”, non e del Lago di Barcis. tratti di palesi contrasti. Si pensi per questo è priva di risvolti am- L’uomo civile tende a dominare ad esempio alla clamorosa rivolta bientali spiacevoli (si veda Tiere la natura e l’ambiente in ogni suo delle popolazioni rivierasche del furlane n. 6 del 2010). Vi è anche aspetto, e questo concetto non è Medio Tagliamento contro le fa- chi, facendo un parallelo con così esteso, spettacolare e para- migerate “casse di espansione”, altre fonti energetiche, sarebbe digmatico in nessun altro campo che ha visto i Comuni in prima propenso a chiedere delle royalty come nella gestione delle acque. fi la nel difendere il “proprio” per le popolazioni locali. Il misticismo tecnologico si è • 3

ma è certo che le acque sono una Questo numero della rivista è in componente fondamentale della buona pare dedicato alle acque in bellezza della nostra Regione. un’ottica storico-naturalistica ma, E qui la mano pubblica, bisogna nel nostro piccolo, vorremmo con- ammetterlo, non sempre ha agito tribuirvi, il lettore forse gradirà, con i criteri della bioingegneria, con un’altra citazione letteraria: ma ha troppo spesso privilegiato quelli del movimento terra, con Nessuna cosa più mirabile al una visione geometrica inadatta mondo di quel lucido orizzonte all’uopo. Non possiamo trasforma- che fugge all’occhio per mille re l’ecosistema umano in una me- tinte diverse sulle sponde del gamacchina idraulica. Modifi care Tagliamento, quando il sole scriteriatamente, quando non di- imporporando il proprio let- struggere, i corsi d’acqua, è stato to cambia in tremulo argento Il Tagliamento a Ospedaletto, un attentato alla nostra identità, i molti fi li d’acqua scorrente a monte della presa del Consorzio ma anche al nostro futuro. Non come rete per le vaste ghiaje Ledra-Tagliamento. possiamo continuare a spendere del torrente; ed ogni sassolino sbizzarrito alla grande nella soldi per richiamare turisti nella ed ogni crespolo d’onda man- manipolazione delle acque con nostra Regione e far vedere loro da una luce tutta sua [...]; e le progetti avveniristici, ma talvolta manufatti cementizi. praterie s’allargano d’ognin- devastanti. Dove la nostra Amministrazione torno come il cielo si sprofonda Riteniamo che il tentativo di do- regionale ha sempre operato bene nell’alto; e lunge lunge si schie- minio integrale dell’ambiente crei è nell’ambito della pesca sportiva, rano illuminate dal tramonto delle false certezze nella società offrendo un servizio a centinaia le torri dei radi paeselli donde civile. Dovremo sempre di più, in- di persone che sono mosse da si parte un suono di campane vece, convivere con l’idea di come questa passione. Anche qui, per così affi ocato per la vastità e sia indispensabile preservare quanto diffi cilmente quantifi cabi- per la distanza, da sembrare certi margini di libertà all’acqua e li, vi sono dei risvolti economici, un coro di voci nè celesti nè agli ecosistemi naturali in genera- vi è un indotto. terrene [...] e la pianura e l’aere le. Nessuno vuol tornare ai tempi In Friuli non c’è petrolio e si sente interposto assumono tali colori in cui le nostre nonne attingevano dire che è una Regione priva di che mai non saranno ritratti l’acqua nei pozzi, e nessuno vuole ricchezze naturali; e le acque che con verità che dal pennello di restituire le plaghe agricole della cosa sono? Innanzitutto rammen- Dio. Bassa Friulana bonifi cata alle tiamo che tocje fâ cun ce che si paludi primigenie, ma riteniamo à, secondariamente suggeriamo Non è diffi cile qui riconoscere la si debba rifi utare l’ideologia della ai Friulani, sempre così tranquilli, splendida penna di Ippolito Nievo, antropizzazione ad ogni costo e che bisogna difendere ciò che si lo scrittore che in queste “gra- favorire, invece, un approccio am- ha avuto dal buon Dio (per for- ve” aveva trovato il suo Infi nito, bientale più dolce, mantenendo tuna qui qualche esempio non quell’immensità, quell’infi nito si- tante porzioni di paesaggio che, è mancato) e, soprattutto, far lenzio che sono tanta parte dell’a- grazie all’acqua, si sono formate e passare un concetto che viene nima friulana. che grazie all’acqua mantengono tradotto con un verbo più abusa- tratti di amenità impagabili. to dei versi del Petrarca, ma che L’assessore regionale alle Risorse Sul concetto di “bellezza” pae- ancora deve messere un atto: va- rurali, agroalimentari e forestali saggistica si potrebbe discutere, lorizzare. Claudio Violino 4 • INDICE

Tiere furlane Il paesaggio del Friuli RIVISTA DI CULTURA DEL TERRITORIO Autorizzazione del Tribunale di 6 secondo Micossi n. 14/09 R.P. del 19/06/2009 Regione Autonoma Friuli - Venezia Giulia Direzione centrale Risorse rurali, Gianfranco ELLERO agroalimentari e forestali

Luglio 2012 - anno 4 - numero 2 [email protected]

Direttore responsabile Christian Romanini [email protected]

Comitato di redazione Gabriella Bucco, Christian Romanini, Angelo Vianello, Pietro Zandigiacomo

Coordinamento editoriale Enos Costantini

Hanno collaborato a questo numero - Benvenuto Castellarin ([email protected]) - Giosuè Chiaradia - Paola Cigalotto ([email protected]) - Renato Cosma - Enos Costantini ([email protected]) - Renato Duca ([email protected]) 18 31 - Gianfranco Ellero ([email protected]) - Stefano Fabian ([email protected]) - Alessandro Fadelli ([email protected]) L’impronta - Damiano Lazzarini ([email protected]) - Jessica Leone dell’acqua ([email protected]) - Maria Alberta Manzon Vacche, tori nell’Isontino - Maurizio Puntin ([email protected]) e nel - Alfi o Scarpa e vitellini ([email protected]) nelle tradizioni popolari - Claudio Violino Monfalconese ([email protected]) del Friuli Occidentale Renato DUCA, - Michele Zanetti ([email protected]) Giosuè CHIARADIA Renato COSMA - Stefano Zanini ([email protected])

Referenze fotografi che Quando non diversamente indicato le fotografi e sono dell’autore dell’articolo. Enos Costantini pagg. 50, 85, 88, 90, 91, 92, 95, 96.

Ricerche iconografi che: Gabriella Bucco, Enos Costantini. 41 54 Si ringrazia per la collaborazione: Il Presidente della Fondazione CRUP Lionello D’Agostini.

Stampa: La Tipografi ca srl., Basaldella di Campoformido Chiare, Nomi slavi Certificato PEFC Questo prodotto fresche... è realizzato con materia prima di acque da foreste gestite in maniera sostenibile e e rabbiose da fonti controllate nella pianura PEFC/18-31-389 www.pefc.it Usi, abusi e pericoli delle acque di Polcenigo friulana Chi riproduce, anche parzialmente, i testi Alessandro FADELLI Maurizio PUNTIN contenuti in questo fascicolo è tenuto a citare la fonte. • 5 67 74

Èssis di Raviei Aghe di bevi Biscotti buoni, semplici, facili da preparare ta la Basse e tipicamente carnici Benvenuto CASTELLARIN Jessica LEONE 79 88

I magredi Una ricchezza naturalistica e culturale del Friuli Il Tagliamento a Gemona Stefano FABIAN Michele ZANETTI 97 107

La Livenza... siccome fi ume reale La prime lûs Paola CIGALOTTO, 1812 - 2012: i due secoli della Filarmonica di Bertiolo Maria Alberta MANZON Damiano LAZZARINI

Mario Micossi, Artegna antiqua, ricordo, acquaforte - acquatinta. 8 •

Gianfranco ELLERO Il paesaggio del Friuli secondo Micossi

Mario Micossi, il più grande pa- avevo visto, e Lui ridendo rispose: “sono molto onorato – dichiarò in esaggista che il Friuli abbia mai “Sì, sì, lo so: qualche volta la natu- un’intervista – se qualcuno vuol avuto, era convinto che l’artista ra mi imita!”. defi nirmi artista friulano: tale io dovesse essere epifanico, cioè Mario Micossi era un grande pae- sono per nascita, per attaccamen- rivelatore, e quindi capace di do- saggista che non temeva di essere to affettivo ed emotivo alla mia cenza, per consentire ai fruitori defi nito “provinciale” quando qua- regione, per il lungo ininterrotto delle sue opere di passare dal si tutti si dedicavano all’astratto, colloquio con il paesaggio del “guardare” al “vedere”. all’informale, all’action painting, Friuli e i suoi oggetti”. È interessante leggere, al proposi- alla visual art, alla land art, alla Mto, quanto scrisse Earl R. Mac body art, all’arte povera e ad altre Le esperienze internazionali Ausland nel volume Gourmet’s “specialità”, perché – diceva – i Mario Micossi (Artegna 1926 - France, nel quale l’artista di frequenti contatti con il mondo Gemona 2005), precoce pittore e Artegna era stato chiamato a artistico internazionale lo aveva- instancabile disegnatore, si pre- interpretare con graffi ti oggetti, no guarito dal complesso di non sentò sulla scena friulana subito ambienti o situazioni che Ronny apparire provinciale, ed era fi ero dopo la fi ne della seconda guerra Jaques aveva ritratto con fotogra- della sua appartenenza etnica: mondiale: il suo nome appare, fi e. Micossi – scrisse – con la sua intelligenza è stato capace di illu- minare i misteri che rimangono al di là della ripresa fotografi ca (in lingua originale: illumines the mysteries that lie beyond the camera’s grasp). Io stesso imparai da Lui a vedere le montagne del Friuli, che fi n da bambino avevo guardato da Udi- ne o dalla pianura. E in un tardo pomeriggio d’inverno, andando verso la sua casa di Artegna, vidi con emozione un tramonto “alla Micossi” sulle Prealpi Giulie. Seduto accanto alla fi amma del focolare descrissi poi quello che Mattino a Gemona con Tagliamento, acquaforte-acquatinta. • 9

Il Tagliamento presso Versuta, acquaforte-acquatinta. infatti, fra quelli degli artisti par- Hitchings, curatore della Boston Dopo la prima mostra alla Weyhe tecipanti a una rassegna allestita Public Library, “uno dei pochi Gallery di New York nel 1964, a Tricesimo, per la “Settimana maestri moderni dell’acquatinta”, espose alla Kovler Gallery di Chi- della Friulanità”, nel settembre rivelandosi capace – scrisse il cri- cago nel 1965, e altre quattro vol- del 1946. tico del Christian Science Moni- te alla Wakefi eld Gallery di New Egli seguì poi un percorso esi- tor – di usare “nelle incisioni una York negli anni seguenti. E ancora stenziale e artistico che lo portò orchestrazione di toni e di masse a Boston, New Haven, Tucson, lontano: dapprima a Roma, poi come in pittura”. Non era quindi Los Angeles, e alla Boston Public negli States, e in Friuli ricompar- un pittore che talvolta incideva, Library nel 1991. ve negli anni Sessanta: era partito ma un incisore che talvolta dipin- Durante i soggiorni americani, pittore e ritornava incisore. Fu geva, all’acquerello. nei mesi autunnali di ogni anno, Sorini, lo stampatore di Manzù, Il primo a raccontare in Friuli i il New Yorker gli riservava una incontrato casualmente a New successi americani dell’artista barchessa al Metropolitan, af- York nel 1960, a rivelargli la sua arteniese fu Isi Benini su “Mes- fi nché potesse cogliere dal vivo vera natura artistica, e Mario si saggero ” del 21 novembre e da vicino maestri, cantanti e applicò con grande passione alle 1961: “Fu bocciato in disegno il strumentisti, stupendamente ri- diffi cili tecniche incisorie, fi no giovane friulano che compone co- tratti in graffi ti che venivano poi a diventare, secondo Sinclair pertine del New Yorker”. riprodotti a corredo delle recen-

La stretta del Tagliamento a Pinzano, acquaforte-acquatinta. 10 •

sioni. E talvolta veniva inviato per mondo, dall’Albertina di Vienna missioni speciali, per esempio alla alla Stuttgart Staats Galerie, dallo Casa Bianca durante la presiden- Stockolm National Museum al za Clinton. Fogg Museum at Harvard Univer- E del prestigio conquistato sity, dalla Libreria del Congresso nell’ambito del settimanale appro- alla Smithsonian Institution di fi ttò il 16 agosto 1976 per illustra- Washington, eccetera. re ai lettori americani, in una me- morabile intervista, il signifi cato Il ritorno in Friuli della parola “Friuli” e l’entità dei Mario Micossi trascorreva lun- danni prodotti dal terremoto. Fu ghi periodi negli Stati Uniti, ma quello il primo passo per muovere non era emigrato in America. Ad si dedicò dapprima all’interpreta- alla solidarierà anche i grandi Artegna ritornava spesso “per ri- zione e alla rappresentazione dei artisti americani (De Kooning, caricare le batterie” soleva dire, e segni della civiltà contadina del Lichtenstein…), che donarono per ripartire. Friuli, combinando in armoniche opere ora in mostra nella Galleria Il paesaggio friulano era la sua composizioni alcuni oggetti- d’Arte moderna di Udine. fonte primaria di ispirazione e simbolo (castelli e borghi sulle La sua attività negli Stati Uniti la palestra privilegiata per i suoi colline, chiesette campestri, fi lari e la sua collaborazione al The occhi e per la sua mano. Ma non si di gelsi, covoni di granoturco…), New Yorker gli procurarono accontentava di emozioni, posto poi produsse vedute “geologiche” larga fama al di fuori dei confi ni che profonde e continue erano le dell’intera regione, che richia- europei e attirarono sulle sue sue meditazioni sulla storia della mano alla mente i versi scritti da incisioni l’interesse dei direttori nostra regione. Erasmo di Valvasone nel 1598: delle principali collezioni del All’inizio della parabola artistica “Giace la patria mia tra il monte

Paesaggio alto friulano, acquaforte-acquatinta. • 11

Mattino a Versuta, acquaforte-acquatinta. e ’l mare / Quasi theatro ch’abbia diare il Natisone, nel 1960. Avevo mere il terrore delle popolazioni fatto l’arte, / Non la natura…”. notato, guardandomi in giro, che stanziali all’approssimarsi delle Infi ne, inserendo in quei paesaggi spesso nella stessa famiglia friu- invasioni. Gli incubi delle comuni- presenze e simboli dei Longo- lana trovi volti latini e nordici, ca- tà latine sono ancora presenti in bardi, riuscì a fondere, surrea- ratteri mediterranei e germanici. alcune leggende friulane”. listicamente, il suo amore per il Intuivo la storia guardando i friu- La storia dei Longobardi, che paesaggio antropizzato con il suo lani, e la storia ha sempre destato offriva all’artista nuovi stilemi for- interesse per le radici storiche in me un grande interesse… Mi mali, e gli consentiva richiami fra della nostra regione. affascinavano, forse per retaggi presente e passato remoto (nella “L’interesse per i Longobardi – letterari, ma credo anche per que- Historia Langobardorum di disse in un’intervista concessa a stioni formali… Ho visto i Longo- Paolo Diacono ritrovava la nativa La Panarie nel 1990 – è sorto in bardi da latino, ma ho adoperato Artegna con il nome di Artenia), me quando ho cominciato a stu- il linguaggio barbarico per espri- divenne pertanto il leit-motiv

La Versa a Versuta, acquaforte-acquatinta. 12 •

Mattino a Mels, acquaforte-acquatinta. della sua arte incisoria negli anni tinta è una sonata per violino, l’in- Le opere defi nitive erano prece- Sessanta, e le sue opere si riem- cisione longobarda diventa un trio”. dute da un lungo iter, che andava pirono di cavalieri schierati sulla L’inserimento in un riconoscibile dalle stenografi che rappresenta- sponda sinistra del Tagliamento, paesaggio di fi gure umane e og- zioni su graffi to, create a caldo, di fi bbie zoomorfe, di volti con la getti simbolo aveva una fi nalità en plein air, replicate spesso in croce sulla fronte, di vescovi in eminentemente estetica, ma acquerelli di piccolo formato di- volo sospesi sulle Alpi e le Prealpi voleva essere anche un richiamo pinti “sul campo”, ai più meditati Giulie (sarebbero riapparsi fra storico al ducato longobardo, e pastosi rifacimenti a matita o le rovine di Gemona e Venzone, governato, abitato e difeso dalle in carboncino eseguiti in studio, nelle opere ispirate dal terremoto migliori “fare” di quel popolo, che per approdare infi ne, ma talvolta del 1976). alla regione diede l’unità e il nome dopo qualche anno, alle varie È interessante notare che per re- defi nitivo: fu quello il solido calco fasi dell’incisione all’acquaforte e alizzare le “incisioni longobarde”, della , culla della all’acquatinta. così Lui le chiamava, ricorreva a lingua e della civiltà regionale. Ciò signifi ca che ogni incisione una tecnica che, tramite i rilievi Si concluse, così, il primo grande era preceduta da decine e decine della carta, esaltava alcune zone o ciclo narrativo della sua produ- di schizzi, prove, rifacimenti, di- tratti e le drammatizzava. zione fra gli anni Sessanta e Set- latazioni, eseguiti con varie tecni- “Le incisioni longobarde – disse tanta. che, di solito a matita o in graffi to. nella citata intervista – sono ot- Era il disegno, soleva dire, che tenute con una tecnica molto più Il processo produttivo consente il controllo dell’intero complessa, perché l’acquatinta si Qual era l’iter che consentiva a ciclo compositivo. sposa con i rilievi e le zone sature Micossi di passare dalla visione La prima fase, emozionale, era di colore. Diciamo che se l’acqua- all’incisione? eseguita sul campo in pochi mi- • 13

Veduta da Savorgnan verso il Cuarnan, acquerello. nuti, perché en plein air “esiste di Artegna), per poi passare, con 1970. In quell’occasione l’artista lo stimolo del paesaggio e la re- lavoro da certosini, all’acquatinta, presentò un’emozionante serie di azione personale allo stimolo da coprendo le parti metalliche che graffi ti e incisioni che destarono parte del vero artista”. dovevano essere protette dalla molta ammirazione, perché pre- La seconda fase, in studio, era corrosione dell’acido, e così di sentavano una nuova chiave lirica lunga (mesi e talvolta anni), ra- seguito per ripetute immersioni, e interpretativa di paesaggi d’ogni zionale, meditativa, perché l’arti- asciugature, riimmersioni, veri- giorno. sta doveva passare per un “lavoro fi che al torchio, in attesa della Due anni più tardi si ripresentò al di riorganizzazione dell’immagine prova defi nitiva, per la quale Mi- “Segno grafi co” di Riva Bartolini, fi no allo spasimo” per eliminare cossi sceglieva il turchese, l’unico dove avrebbe tenuto altre cinque particolari superfl ui, far emergere colore, a suo giudizio, capace di mostre personali fi no al 1984. senza preoccupazioni di propor- rivelare il risultato ottenuto con Nel 1986 decise di aprire al pub- zionalità gli oggetti portanti, crea- tanto impegno e fatica. blico per due giorni la sua casa- re contrasti tonali, “con l’aggiunta Era un artista artigiano, Micossi, atelier di Artegna, pazientemente della diabolica diffi coltà di essere che si vantava di controllare l’in- ricostruita dopo il terremoto del lirici lavorando a un’immagine tero processo incisorio, fi no alla 1976, e si trattò di un evento me- rovesciata”. stampa e la colorazione al torchio. morabile, ripetuto altre sei volte Quando fi nalmente l’immagine fi no al 2002. contraria era pronta per essere Le mostre in Friuli Ormai Micossi godeva di vasta po- trasposta sulla lastra, iniziava La prima mostra personale di polarità anche in patria (nel senso una specie di lotta fra l’artista e Mario Micossi in Friuli fu accolta di Patria del Friuli) e si andava l’acido dell’acquaforte (giorni o nella galleria “Il Ventaglio”, in via affermando anche al di fuori dei settimane di clausura nella casa Aquileia a Udine nell’autunno del confi ni regionali. 14 •

Udine e le Alpi Giulie, acquerello.

Nel catalogo della mostra-omag- votive, dai monumenti illustri originale dalla lirica Fevràr: Si gio, che il Centro friulano Arti alle umili case contadine: sì, Mi- jodèvin lontans/ i borcs sot i plastiche allestì nella Galleria del cossi, pittore colto, ha dipinto la mons clars. Girasole di Udine nel 2005, un vera essenza storica e umana del Del Friuli Micossi conosceva non paio di settimane dopo la morte Friuli, non soltanto la sua natura solamente la geologia e la geogra- dell’artista, scrivemmo testual- fi sica. E in questo fu davvero epi- fi a, ma anche la storia e la lingua, mente: “le incisioni ispirate dal fanico: produsse opere che per per lui nativa, che talvolta emer- paesaggio urbano e rurale del essere integralmente apprezzate ge in calce alle incisioni tramite Friuli, da Aquileia a Udine, da richiedono anche una lettura in i toponimi originali (Mels, Pers, Villa Manin alla natìa Artegna, da “ipertesto”. Si pensi, ad esem- Jôf Fuart…) per un tocco aggiun- Colloredo di Monte Albano a Ge- pio, alla bellissima incisione: “Il tivo di poesia. mona, da Forgaria a Osoppo, da fi ume Tagliamento a Versutta di Versuta a Valvasone, da Moggio Casarsa”, eseguita verso la metà I grandi cicli narrativi a Rosazzo a Cividale, dal Taglia- degli anni Novanta (presentata Il tempo creativo di Mario Micossi mento al Natisone allo Stella… dal Centro friulano Arti plastiche fu scandito da altri grandi cicli compongono una grande opera all’Intart di Lubiana nel 2003), narrativi, che procedevano paral- lirica, un poema in forme e colori, che ritrae un luogo cantato da leli all’infi nita sinfonia friulana. quale il Friuli non ha mai avuto; e Pier Paolo Pasolini. Non si tratta Già negli anni Sessanta l’artista non solo per l’elevata qualità com- quindi di una semplice veduta di fu attratto da paesaggi degli Sta- positiva e tecnica delle immagini, paesaggio, ma anche di una cita- tes e da vedute urbane di New ma anche per le citazioni storiche zione letteraria”. York, che generarono incisioni e ambientali che contengono, dai Oggi, sfogliando il canzoniere intitolate Lexington Avenue, fi lari di gelsi alle biche di gran- pasoliniano, possiamo renderla Carnegie Hall…, talvolta curio- turcale, dai castelli alle chiesette palese, quella citazione, in lingua samente “invase” da motivi tratti • 15

Il Castello di Udine, graffi to. dalla storia friulana: si pensi alla della catena dell’Himalaya e del stre nella casa-atelier di Artegna. processione di vescovi longobardi Tibet, che assieme ai paesaggi del Ma fi no ai suoi ultimi giorni sul Verrazzano Bridge! Friuli riempirono le ultime mo- continuò a ricreare paesaggi del Il secondo ciclo “parallelo” fu quello della Campagna romana e toscana, fra l’Alto Lazio e la Ma- remma etrusca, e delle vedute di Roma, che era stata la sua culla formativa ai tempi dell’Accademia di Belle Arti: si trattava di una produzione ispirata dagli amatis- simi Poussin e Lorrain, che consi- derava suoi modelli in aggiunta a Corot e Monet. Si dedicò poi allo studio delle Prealpi Giulie (“Le più belle mon- tagne del mondo se non ci fossero le Dolomiti”), frequentate e stu- diate da sud e da nord, paralle- lamente alle Dolomiti, con esiti esposti alla mostra personale di Villach nel 1995. Affrontò, infi ne, con apposite spedizioni in alta quota, i temi L’Isonzo a Saga, acquaforte-acquatinta. 16 •

Il Mangart da ovest, acquaforte-acquatinta.

Il Jôf Fuart da Valbruna, acquaforte-acquatinta. • 17

Friuli all’acquaforte-acquatinta, in acquerello o in graffi to, e tal- volta anche a ritrarre volti tipi- camente friulani, sicché di Lui si può dire ciò che fu scritto di Pasolini: trascorse la vita a ricor- dare il Friuli. E a comunicare agli altri le sue, talvolta recondite, bellezze e originalità, storiche e culturali.

Donne a Meduno, graffi to.

Verso Ponza Grande e il Mangart, graffi to.

Bibliografi a

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Giosuè CHIARADIA

Un universo dimenticato Vacche, tori e vitellini nelle tradizioni popolari del Friuli Occidentale

In tanteta famiglie del Friuli Occi- ti), ma non mancano quelli che anche il toro. Tenere un toro, ddentaleent – come dovunque, quanto hanno dato cifre più basse (12-15 addetto alla fecondazione delle mmenoeno nel mondo padano – la mesi) e quelli che affermavano la mucche che gli venivano accom- mmuccaucc era l’asse attorno al quale necessità di un’età più avanzata pagnate e sottoposte, e quindi rruotruotavauota gran parte dell’economia (20, 25 e anche 30 mesi). C’è una alla riproduzione, era possibile Idomestica: dava la forza motrice spiegazione plausibile per que- solo a certe condizioni: anzitutto per trainare a casa il carro del sta oscillazione: dipendeva dalla ci voleva una famiglia benestante, fi eno; produceva il letame, che era struttura fi sica della bestia, dalla di grossi contadini, in grado di in assoluto il miglior concime per sua razza, dall’alimentazione più coltivare una proprietà suffi ciente l’orto e il campicello; scaldava la o meno energetica, e infi ne da per almeno una dozzina di muc- stalla, che d’inverno era l’ambien- scelte del proprietario in base alle che, e quindi seguire una stalla di te meno freddo di tutta la casa sue necessità e al calendario dei dimensioni rispettabili; poi ci vo- (sicché i vecchi vi trascorrevano suoi lavori. Per queste ragioni, in leva in famiglia qualcuno – e cioè le giornate, e i giovani di sera vi questi ultimi decenni l’età della il boèr/boâr/bovâr – in grado di capitavano in cerca di una mo- prima fecondazione s’è abbassata seguire costantemente da vicino rosa); forniva il latte per vivere notevolmente, anche se la media il toro, sempre sospet- e per fare formaggio in casa o in – come s’è detto sopra – s’attesta toso di estranei e latteria; e infi ne, circa una volta intorno ai 18 mesi, un po’ prima o talora anche all’anno, partoriva un vitellino, un po’ dopo. del bo- che per la famiglia era una festa Dopo la nascita del primo vitelli- varo perché sistemava molti debiti. no – di solito in autunno – dopo una gestazione di poco più di La fecondazione nove mesi, si lasciavano passare i Per fare un vitellino, ovviamen- tre o quattro mesi dell’allattamen- te, ci voleva la fecondazione to, dopo i quali si procedeva ad della mucca da parte del toro, una nuova fecondazione; sicché a che in paese qualcuno allevava partire dai due-tre anni la mucca a tale scopo, e al quale la mucca avrebbe partorito un vitellino doveva essere a tempo debito all’anno o quasi (ogni 12-14 mesi). accompagnata. La prima volta, la giovenca aveva circa 18 mesi: Il toro la cifra risulta da una media tra i Naturalmente – l’avverbio è d’ob- dati forniti da tanti informatori, bligo – l’indagine sulle tradizioni ed è la risposta più frequente popolari del Friuli Occidentale Il toro mansueto in una vignetta tratta (oltre la metà degli interpella- in questo campo ha riguardato dall’almanacco Strolic furlan del 1949. 20 •

stesso (gli informatori di San latteria (ad esempio ad Aviano o a allevarlo con le altre mucche, ché Martino di Campagna d’Aviano Cordenons). la solitudine lo innervosiva); ma hanno precisato che l’alleva- Da quando cominciava il suo la- poteva insospettirsi, imbizzarrir- mento d’un toro corrispondeva voro, che si sarebbe protratto per si, inferocirsi, specialmente se era a quello di due fi gli, in tempo e anni, un toro poteva fi nalmente di colore bigio o nero (Caneva) e preoccupazioni e, fi no ad un certo diventare una fonte di reddito, nelle pause di monta (Ronche di momento, in totale gratuità, cioè anche se il ricorso alle sue pre- Sacile), diventando pericoloso per senza alcun riscontro economi- stazioni non era poi molto costoso il peso della sua mole notevole, co); infi ne, ci voleva una specifi - per il contadino allevatore. per l’istinto che lo porta sempre ca licenza da parte di superiori Sulla sua pericolosità tutti gli a caricare, per la punta delle sue autorità (dall’Ispettorato dell’A- informatori sono stati concordi: corna e per la frusta potente del- gricoltura all’Unione Allevatori) non è che di per sé il toro fosse la sua coda. Un toro di Sequals, soprattutto per tutte le garanzie pericolosissimo, era anche mite, sfuggito alla custodia, fece il dia- connesse all’integrità della razza. riconosceva il suo addetto, ne volo a quattro in un cortile prima Alle due prime condizioni, soprat- sentiva la voce che lo chiamava di essere di nuovo catturato; a Se- tutto alla prima, era possibile ov- per nome, ne gradiva le carezze, drano di San Quirino qualcuno fu viare con la soluzione delle gestio- amava vivere in tranquillità in un ferito da un colpo della sua coda; ni societarie di stazioni di monta box tutto suo dove potersi muo- a Vito d’Asio un toro scappato al taurina da parte di cooperative, vere con una certa libertà (altri custode rincorse a cornate una magari promosse tra i soci d’una hanno dichiarato che era meglio bambina vestita di rosso, che si

Erano bestie longeve

La vita media di una mucca oggi s’è accorcia- non rendeva più e conveniva sostituirla; e adesso ta, l’eccessiva produzione di latte e il carattere la cifra degli anni è praticamente dimezzata, il ri- “forzato” dell’alimentazione della mucca da latte, cambio delle mucche da latte avviene a circa 5-6 hanno avuto come conseguenza la necessità di anni, anche meno. Nel corso di quella quindicina un ricambio molto rapido delle bestie della stalla, d’anni di vita media – di cui si diceva – una mucca ogni cinque o sei anni; un tempo una mucca si faceva in tempo di partorire mediamente una de- godeva almeno un decennio, ma con tendenza a cina di vitellini. S’andava anche oltre: un allevatore raggiungere i 14-15 anni; anzi, quasi la metà degli di Travesio ricordava d’aver avuto un premio al intervistati ha precisato che s’andava oltre, tra i 15 12° parto d’una sua mucca; informatori di Cor- e i 20 anni (e allora si chiamava carbona, bestia denons, Meduno, Pasiano, Somprado di Aviano, dalla carne molto legnosa, ma di grande calma e Sacudello e Belvedere di Cordovado hanno dato docilità nel lavoro). Un’informatrice di Barbeano per normale – anche se non frequente – il caso di Spilimbergo ha citato il caso di una sua mucca di 12-15 vitellini; Franca Spagnolo di Barbeano di (una Modenese, acquistata dal mercantin Pietro Spilimbergo, proprietaria della Modenese di 20 Pascutto di Pozzo di San Giorgio) che superò i 20 anni di cui s’è detto sopra, ebbe da lei 17 vitellini! anni; e a Caneva qualcuno ricordava una mucca La media, comunque, era intorno alla decina, un che aveva raggiunto i 21 anni. tempo oltre, oggi un po’ meno; anzi la media in La vita media d’una mucca, però, si aggirava sui quest’ultimi decenni è scesa a 9, 8, 7, 6, 5 vitellini 14-16 anni; poi subentrarono altre logiche, di red- nel corso della vita che s’è andata via via abbre- ditività, per cui intorno alla decina d’anni la mucca viando. • 21

con una seconda catenella tra quattro a Cordovado (si ricordano quella principale e il naso, dove quelli delle famiglie Zuccolo e alle narici era fi ssato un anello Cristante); almeno tre a Meduno, (s’ciara, s’ciona, tanaia, tanae); con precise aree di competenza la catena del collo veniva talvolta (quello dei Vanin per Sottomon- protetta con una robusta tela di te, Ciago, Mizzeri e Costa Bassa; sacco, perché, se si incattiviva, la quello dei De Stefano per Riomag- Al è lât a marcjât / e al si è cjatât bestia non si lacerasse la carne; giore, Costa Alta, San Martino; premiât: il segno zodiacale si trasforma in un’aspirazione dei bravi allevatori. in caso di spostamento si poteva quello dei Mincin per il capoluo- Dall’almanacco Strolic furlan del 1935. bendarlo con un sacco, e all’anello go); a Pasiano ce n’erano cinque del naso si agganciava una sbarra o sei, al solito uno per frazione salvò oltre un muretto; il custode di più di un metro, in modo da (si ricorda quello della famiglia Natale Guardian di Caneva, du- dominarlo facendolo soffrire alle Rosalen a Cecchini); a Polceni- rante una mostra bovina in piaz- narici, che erano il suo punto più go erano almeno due (uno nella za, dovette fuggire per non essere debole. Certi tori particolarmente frazione Coltura); a Pordenone incornato; un abitante di Ronche irascibili venivano guidati alla parecchi; a Sacile una decina; a di Sacile ne riportò la frattura di mucca facendo scorrere l’anello San Quirino almeno sei divisi in qualche costola; a Cecchini di Pa- del naso lungo un cavo fi sso tra la due stalle; a Sequals quattro in siano un toro dei Rosalen sfuggito greppia e il luogo della monta. due famiglie; a Spilimbergo al- al controllo distrusse un pagliaio; La stalla del toro e la famiglia meno una decina (tra i quali due- a Meduno un toro incornò ripetu- che lo accudiva rendendosene tre della già ricordata famiglia tamente un mercante di Vivaro, garante, avevano nei paesi del Sartori di Barbeano); a Travesio fortunatamente senza gravi con- Friuli Occidentale dove s’è svolta cinque o sei (divisi tra le famiglie seguenze. A Chions e a Barbeano la presente ricerca una certa rino- Del Colle, Magrin, Cargnelli detti di Spilimbergo avvennero i due manza, da trasmetterne il nome Sinic e Deana detti Göf); a Vito episodi più tragici: a Chions un nelle tradizioni popolari locali. Ad d’Asio-Anduins almeno due (uno toro schiacciò contro la greppia esempio ad Aviano c’erano alme- della famiglia Gerometta) e un al- il boèr che non ebbe scampo; a no sei tori (nella frazione di San tro della famiglia Pasqualis e via Barbeano, negli anni Trenta del Martino di Campagna si ricorda dicendo. C’erano almeno cinque secolo scorso, una domenica sera, quello della famiglia Tommasini); tori per comune, in media; poi la un toro ritenuto mitissimo scara- ad Azzano Decimo altrettanti, fecondazione artifi ciale ha cancel- ventò nella greppia il proprietario uno per frazione; ad Arzene un lato questa fi gura dal panorama Giovanni Sartori e lo incornò ri- paio (si ricorda quello della fami- della zootecnica locale, confi nan- petutamente, tanto che egli morì glia Ros); a Caneva cinque o sei dola nel mondo delle leggende. qualche giorno dopo per la gravità (quelli di Natale Guardian a Ca- delle lesioni interne… neva, di Cio Cao e di Nadal Ciban La scelta dei tempi Allora si capisce perché bisognava a Stevenà, del Negus S’ciop nei S’è cercato di chiarire se, almeno che la stessa persona lo alimen- Canevon, di Serafi no Bessega a nelle piccole stalle, c’era un tem- tasse bene; si avvicinasse a lui Fiaschetti); a Casarsa ce n’erano po preferito – in via di massima – sempre con estrema cautela; lo almeno cinque; a Castelnovo un per aspettare la nascita d’un vitel- tenesse – almeno un tempo, dicia- paio (quello di Vincenzo Bassutti lino. Alcuni allevatori non hanno mo oltre mezzo secolo fa – sempre e quello dei Cognei); almeno tre dato alcuna precisazione: non legato, e non solo con una robusta a Chions (dei Liut e degli Zuc- c’erano periodi preferiti, andava- catena fi ssata alla greppia e al chetto/Thuchet); due a Cimolais; no bene tutti (così, ad esempio, gabbiotto della monta, ma anche almeno sei a Cordenons; tre o a Borgomeduna e a Comina di 22 •

Pordenone, Chions, Polcenigo, il vitellino nato tra il tardo autun- Puoi di Cordovado, San Giovanni no e i primi mesi dell’inverno era di Casarsa, Sedrano di San Qui- fortunato per diverse ragioni. Ad rino, Sesto al Reghena). Ma altri esempio, secondo Nella Di Silve- hanno dato risposte abbastanza stro che ha raccolto le informa- precise, anche se discordanti: la zioni relative a Meduno, in questa maggioranza ha dimostrato una stagione era a disposizione la cul- decisa preferenza per la primave- tura buna, il fi eno migliore del ra, tra marzo e maggio, non solo primo sfalcio, il più adatto a una e non tanto per la mitezza della corretta alimentazione e, quando temperatura, quanto soprattutto la bestia era ben infenada, la perché la mucca avrebbe avuto a produzione di latte era maggio- disposizione l’erba fresca per fare re e la bestia meno soggetta ai più latte, e lo svezzamento del disturbi intestinali causati dall’a- vitellino sarebbe stato più facile limentazione verde, che possono Le vacche erano adibite anche ai (così, più o meno, s’è risposto a provocare gravi dissenterie; inol- trasporti agricoli. Disegno tratto Arzene, Belvedere e Sacudello tre, il contadino, non più impe- dall’almanacco Stele di Nadâl del 1962. di Cordovado, Castel d’Aviano, gnato nei lavori della campagna, Cecchini di Pasiano, Cordenons, aveva più tempo a disposizione da contrastanti: alcuni informatori Fratte di Azzano, Giais di Aviano, dedicare agli animali. Gli infor- sospendevano i lavori pesanti già Pasiano, Ronche di Sacile, San matori di Somprado e Castello di dal 2° o 3° mese di gravidanza Martino di Campagna di Aviano, Aviano hanno sottolineato il fatto (ad esempio: a Castelnovo); altri Sclavons di Cordenons, Sequals, che le mucche destinate al lavoro categoricamente dal 5° o 6° mese Travesio, Toppo e Usago di Trave- dovevano necessariamente parto- (come a Barbeano di Spilimbergo sio, Villanova di Prata). rire tra autunno e inverno. A Bar- e a Chions); altri sospendevano Ma s’ha la sensazione che si tratti beano di Spilimbergo e a Caneva tutto al compimento del 7° mese di considerazione abbastanza è stato fatto notare che il vitello (così ha risposto la maggioranza recente, conseguenza dell’avven- nato d’inverno avrebbe trovato dei contadini interpellati); ma to del trattore e in genere della l’erba fresca giusto al momento non mancavano contadini che motorizzazione agricola, che dello svezzamento. facevano lavorare le mucche fi no nel giro di qualche decennio ha all’ 8° e al 9° mese, sospendendo spodestato buoi e vacche dal la- La gestazione e il parto il loro impiego solo due o tre set- voro dei campi, sicché la nascita Una mucca sana e normale, du- timane prima del parto previsto del vitellino – possibile in tutte rante i nove mesi della gravidanza (così in Comina di Pordenone, le stagioni – è diventata conve- non aveva bisogno di alcuna cura Fratte di Azzano, Sedrano di San niente in primavera, per poter particolare: certamente si usava- Quirino, Somprado di Aviano). contare sull’erba fresca sia per la no alcune attenzioni, si controlla- Per non dire di quella vacca dei madre che, a tempo debito, per il va se mangiava e beveva regolar- Bessega, a Ronche di Sacile, che vitellino. mente, le si riservava il foraggio partorì sotto il giogo dello scalàr Secondo gli informatori più atten- migliore, si cercava di lasciarla di fi eno, e il carro portò a casa ti alle tradizioni consacrate da se- tranquilla, si faceva in modo anzitutto madre e fi glio fortuna- coli di passato, come – nel nostro che durante i lavori dei campi tamente salvi; o di quella vacca caso – quelli di Anduins-Vito d’A- facesse tutto con calma. Per degli Spagnolo di Barbeano che, sio, Aviano, Barbeano di Spilim- quanto riguarda i lavori, i risultati trascinando un carro di paglia, bergo, Caneva, Meduno, Travesio, dell’indagine sono stati piuttosto per lo sforzo imprevisto all’in- • 23

gresso di un portone, partorì settimane tra la luna nuova (scur presente il caso commovente prematuramente senza alcuna de luna) e il plenilunio. Sicché della mucca che si arrangiava da dilatazione e purtroppo morirono intorno ai nove mesi bisognava sola a partorire, a tranciare con madre e fi glio. Si ha l’impressione tenere la bestia e la luna sotto i denti il cordone ombelicale, a che anche le mucche madri d’un continuo controllo: eppure tutte leccare e asciugare il neonato e tempo sottostessero alle stesse le persone interpellate nel corso perfi no a dargli il primo latte. Ciò mute regole di molte donne madri della presente indagine sulle accadeva per bestie piuttosto an- di meno d’un secolo fa: lavorare tradizioni popolari, avevano ben ziane, in particolare d’una certa fi no ai limiti dell’impossibile e poi partorire nella stalla o magari sul campo durante i lavori. Rigoroso era invece l’arresto della mungitura: al 7° mese tutti smettevano di mungere un latte sempre più scarso e sempre meno buono, fi no a dislatàr la bestia. Non c’era molto altro da fare: un po’ di vino se la mucca dava par- ticolari segni di debolezza (Pasia- no), qualche salasso all’avvicinar- si del parto (Ronche di Sacile), di tanto in tanto un po’ di sale di cui la bestia è golosa; molto diffuso un bevaròn rinfrescante di ac- qua, farina, semola, segale, semi di lino bolliti (Arzene, Aviano, Belvedere di Cordovado, Corde- nons, Fruinz di Vito d’Asio, Polce- nigo, Ronche di Sacile, Sclavons di Cordenons). E tener sempre d’occhio la bestia, a mano a mano che si avvicinava la data. Il contadino allevatore la sapeva: aveva scritto sul muro, o sulla porta della stalla, o su una tavo- letta, o sul lunario all’ingresso della cantina, la data dell’avve- nuta fecondazione, e dopo 280 giorni, cioè nove mesi e una settimana circa, la mucca avreb- be partorito. Ma c’era la storia Libretto divulgativo edito negli anni Sessanta dal REDA, Ramo editoriale degli di quel “circa”. E poi bisognava Agricoltori, Roma. Pubblicazioni come questa, pur utili e ben fatte, non circolavano controllare la luna, perché i par- molto nelle nostre campagne. Il “sapere” relativo alla conduzione del parto era spesso appannaggio di “praticoni” forti di lunga esperienza e di grande manualità: ti avvenivano quasi sempre in pur dotati di conoscenze eminentemente empiriche ottenevano buoni risultati cressi/cressent, cioè nelle due anche in situazioni diffi cili. 24 •

razza, e solitamente durante la notte: Quante ‘olte che se à catà ‘l vedhelèt in giro par la stala! ricordava un allevatore sacilese, e per l’allevatore era la più bella del- le sorprese; ma poteva succedere anche sul prato (come a Ronche di Sacile e a Villanova di Prata); e a Castel d’Aviano si ricordava il caso d’una mucca che scomparve da una malga e, dopo essere stata nascosta per un paio di settimane, comparve giù in paese con il suo bel vitellino. Vacca con edema post partum, 1957. Fotografi a di Tarcisio Baldassi. E poi, tra i primi segni di nervosi- smo della madre (che si coricava ma non prima dei 17-18 anni), di tempo, che veniva praticata sen- e si rialzava senza trovar pace) vicinanti e di qualche anziano za conoscenze genetiche e cure e la nascita del vitellino, poteva esperto. razziali. Poteva presentarsi il caso trascorrere un intervallo assai Per primi di solito uscivano gli del parto podalico, il vitellino pre- variabile, specialmente per le pri- zoccoletti anteriori, che venivano sentava gli zoccoletti posteriori e mipare (le primarole) che costi- prontamente afferrati e legati a quindi la testa era dall’altra parte: tuivano un problema ed esigevano laccio con dei cordini fi ssati all’al- in tal caso veniva afferrato per l’aiuto da parte dell’uomo. Il parto tra estremità a un piolo, in modo le zampe posteriori, dopo aver poteva durare da un’ora (talvolta che, assecondando le contrazioni cercato di mettergli la codina in anche meno) a quattro o cinque dell’animale, quegli “ostetrici” mezzo; si cercava poi di ungere ore, in media due o tre. Ma quan- rusticani potessero agevolmente il corpo con del grasso di maiale do le cose non andavano tutte per tirare. Anzitutto si liberava la cotto (saìn), oppure con olio, in il verso giusto, si andava avanti testina, dopo di che, piano piano, modo da facilitarne l’espulsione anche tutto il giorno, o tutta la il corpo, e il vitellino usciva com- che, ovviamente, per la madre era notte; ci sono parti che si sono pletamente. diffi coltosa, e il vitellino correva protratti anche per 24 ore, perché Ma non sempre le cose andavano il rischio di inghiottire del liqui- il travaglio variava da mucca a proprio per il verso giusto, e allo- do amniotico e di annegare. Per mucca, da una gestazione all’al- ra bisognava ricorrere a rimedi e affrontare questo diffi cile parto, tra, dipendeva dalla grossezza sistemi empirici. Erano da impu- che veniva defi nito revèrs, si del vitellino, dalla sua posizione, tare – si fa per dire – alla madre poteva anche chiamare in aiuto nonché dall’età e dalla razza della i tempi troppo lunghi, l’insuffi - qualche anziano particolarmen- bestia. E un po’ da quante volte si ciente dilatazione, la poca forza te esperto nel voltar il nassent correva dal parroco per una bene- di spingere (alla quale si cercava (Ronche di Sacile). dizione. di porre rimedio dando alla par- Altri casi diffi cili – quando il na- Normalmente, se la bestia non era toriente del pane imbevuto nel scituro si presentava con le zam- in grado di partorire da sola, o se vino); ma i problemi più gravi pe non appaiate, una verso l’usci- comunque faticava a sgravarsi, riguardavano il nascituro. Poteva, ta naturale e l’altra al contrario, interveniva l’uomo ad aiutarla: ad esempio, essere troppo grasso o con la testa rovesciata verso il prima lui da solo, poi con l’aiuto e troppo grosso, magari a causa basso, o comunque mal sistemato dei familiari (i maschi di casa, della fecondazione naturale d’un – venivano affrontati tentando di • 25

girare il vitellino per consentirne a) si ripuliva e asciugava il neona- d) bisognava controllare il cordo- l’uscita; in tali casi, che sono stati to, quasi dovunque con paglia ne ombelicale, tagliarlo se era raccontati da diversi informatori asciutta e foglie, magari con troppo lungo, annodarlo, strin- (Barbeano di Spilimbergo, Castel- una manciata di fi eno, e poi – gerlo con due dita, controllare novo, Puoi di Cordovado, Sclavons soprattutto se faceva freddo che non sanguinasse, disin- di Cordenons, Villanova di Prata), – riparandolo con una coperta fettarlo con tintura di iodio, la bestia veniva condotta sul prato o un sacco; o almeno con un po’ di aceto e rovesciata, con la collaborazione b) bisognava pulire la bocca dal e sale: tutto ciò – secondo gli d’una dozzina di vicinanti, mentre liquido amniotico (bave, Cec- informatori – aveva anche lo qualche persona pratica cercava chini di Pasiano) ed evitare scopo di far circolare il sangue, di raddrizzare il nascituro. che soffocasse e, ad attivare sia evitare le infezioni, costringere Il penultimo rimedio era il pate- la respirazione che l’ingestione, la bestiola a respirare. ravegloria a San Floriano, con si metteva attorno e dentro la A questo punto la nuova creatura, voto di una candela da portare bocca del neonato un po’ di magari con un po’ di sale sul man- in chiesa la domenica seguente, sale grosso, o acqua e sale, o to (Cordenons, Fratte di Azzano), anche se il parto andava male. zucchero e sale (Castelnovo, doveva essere messa vicino alla L’ultimo era (se c’era) il vete- Cecchini di Pasiano, Corde- testa della madre, che l’avrebbe rinario (vetrinari/vitrinari/ nons, Fratte di Azzano, Medu- leccata, ripulita, asciugata minu- vintrinari): il ricorso alla sua no, Sesto al Reghena, Toppo e ziosamente, riconoscendola come professionalità costituiva, nella Usago di Travesio); propria (Anduins, Arzene, Aviano, società preindustriale, un diffi cile c) nelle orecchie si versava un Barbeano di Spilimbergo, Chions, caso di coscienza, era la soluzione bicchier d’acqua per pulirle, ma Cimolais, Comina di Pordenone, estrema che avrebbe dimezzato anche per svegliare la bestiola e Cordenons, Fratte di Azzano, Pol- l’utile costituito dalla nascita del farla respirare, talvolta unendo cenigo, Ronche di Sacile, San Gio- vitellino. all’acqua un po’ di sale e di ace- vanni di Casarsa, Sedrano di San to (Castelnovo, Chions, Fratte Quirino, Sequals, Sesto al Reghe- Le prime cure di Azzano, Sesto al Reghena); na, Villanova di Prata). Ma s’ha la Se il parto era stato diffi cile e il neonato presentava problemi di respirazione, si cercava di liberare dal muco le vie respiratorie, anche sollevandolo e appendendolo a testa in giù a una scala, per fargli sputare il liquido eventualmente ingerito e stimolare l’affl usso di sangue al cervello, massaggiando il costato, muovendo alternativa- mente e ritmicamente le zampette anteriori per ristabilire la respira- zione fi no a normalizzarla. Se il parto era stato normale, c’era ugualmente una serie di piccole operazioni da fare prima di brindare all’aumento della fa- I gemelli alle prese con le tettarelle (cjucj), luglio 1959. Fotografi a di Antonietta miglia: Baldassi. 26 •

sensazione che, proprio nell’arco di tempo considerato nella pre- sente indagine – intorno a poco dopo la metà del secolo scorso – si sia verifi cato su quest’ultimo par- ticolare un grande cambiamento: un comportamento naturalissimo e multimillenario – come quello di far conoscere e affi dare alla madre la sua creatura – sia stato proprio nel corso di quei decenni prima messo in dubbio e conte- stato e limitato a pochi minuti (stando attenti che la leccata del- la madre non tocchi il punto de- licato dell’ombelico) e poi triste- mente rifi utato, per non correre il rischio che la madre dedichi tutto il suo latte al fi glio e rifi uti quindi la mungitura che l’uomo sta at- tendendo ansiosamente. Già oltre Distribuzione di sale pastorizio. Questo integratore entrava spesso nei beveroni mezzo secolo fa c’erano allevatori che si somministravano alla madre subito dopo il parto. L’immagine è presa da una che non facevano nemmeno avvi- vecchia pubblicità, priva di data, per questo prodotto. cinare il vitellino alla madre per questa ragione. di Spilimbergo, Chions, Stevenà della placenta (ad esempio a Comunque, dopo due o tre ore di Caneva): ciò – spiegò l’attenta Meduno, Sclavons di Cordenons, il vitellino si rizzava in piedi: ed informatrice di Barbeano – affi n- Somprado di Aviano). Non ho era l’ora di mettergli al collo il ché essa non continuasse a spin- invece trovato traccia locale del- delicato collare di legno detto gere per liberarsi della placenta la tradizione – altrove viva fi no cjaneva/cjaniva/cjanive/cjavi- in maniera eccessiva, provocando a un passato recente – dell’uso na/cjavine/scjaneve nella parte anche la fuoriuscita dell’utero (la della ruta (Ruta graveolens) per alta della provincia, canaola/ mari). La completa eliminazione sollecitare la fuoriuscita della canavola/canagola nella parte della placenta (cura, a Meduno) placenta dopo il parto, prima che bassa, verso il Livenza. Esso, con andava tenuta attentamente sotto si formassero pericolose infezioni un cordino o una catenella, era controllo, perché l’espulsione del interne: è probabile che la ri- fi ssato alla greppia, in modo che il sacco amniotico non era facile e, schiosità di tale pianta, che, oltre vitellino imparasse che quella era se qualche brandello di esso fosse a facilitare la digestione e regola- la sua cova/coa, soffi ce di paglia rimasto nella madre, avrebbe po- rizzare il ciclo mestruale, poteva asciutta. tuto provocare serie infezioni. a dosi elevate diventare abortiva Anche per la madre c’erano at- A tale scopo c’era la tradizione di e perfi no letale, abbia rimosso tenzioni speciali che le erano mungere poco dopo il parto un dalle tradizioni popolari il suo riservate subito dopo il parto. po’ di latte per farlo bere, oltre uso, più in là del ramoscello nella Quasi dovunque c’era la tradizio- che al vitellino, alla mucca stessa, bottiglia di grappa. ne di farla levare subito in piedi nella convinzione che ciò avreb- Molto più diffuse erano le tradi- (ad esempio ad Aviano, Barbeano be favorito l’espulsione regolare zioni relative alla somministrazio- • 27

ne di alimenti e bevande a scopo do altri alcune ore dopo, anche da Stevenà di Caneva a Villanova energetico: una specie di polenta perché si aspettava che la bestia di Prata e Cecchini di Pasiano di vino nero e crusca o semola o si fosse completamente liberata (sue storpiature – probabilmente farina di mais, con un pugno di della placenta e che il vitellino per incomprensione – sono il suca sale, veniva data alla mucca su- avesse fatto la prima poppata; raccolto a Polcenigo e il late de bito dopo il parto (ad esempio ad comunque, mediamente avveniva suca proveniente da San Martino Arzene, Chions, Fratte di Azzano, entro un’ora o due dal parto. È in- di Campagna di Aviano). Meduno, Pasiano, Polcenigo, San teressante a questo proposito una Questo latte, che la mucca madre Giovanni di Casarsa); e se la be- raccomandazione proveniente da produceva in quantità variabile stia era particolarmente debilitata Ronche di Sacile: l’allattamento da 1-2 a 5-6 litri a seconda delle da un parto travagliato, si poteva del neonato e la mungitura del sue condizioni fi siche, alla mun- somministrarle con una robusta superfl uo dovevano avvenire non gitura era grasso, denso, perfi no bottiglia un forte caffè ben zuc- oltre le due ore dal parto, altri- cremoso, imbevibile, d’un colore cherato (Meduno). In tutti i paesi, menti ‘l late ghe va par la vita e oscillante – secondo i pareri – tra poi, era diffusa la tradizione del ghe taca la paralisi, la perde le il giallino e il verdiccio, ma ric- beveròn/bevaròn, che doveva fa- gambe dadrìo. chissimo di sostanze nutritive per vorire l’inizio della lattazione: ac- Il primo latte, come risaputo, era il neonato, cui veniva sommini- qua, un pugno di sale pastorizio, chiamato in latino colostra (fem- strato o direttamente dai capez- e poi una serie di ingredienti a di- minile) o colostrum (neutro), da zoli (tet, tetis) della madre, o tra- screzione delle disponibilità e del- cui derivano sia l’italiano colostro mite una tettarella di gomma, ma la stagione, come farina di mais che il friulano cajostre, sia tutta sempre cominciando con cautela (o di segala, o di orzo), semola o una serie lessicale del Friuli Oc- (potendo anche scatenare una crusca, cruschello di frumento, cidentale comprendente, oltre a dissenteria che poteva essergli patate e chicchi di mais lessi, colostro (raccolto a Arzene, Bel- fatale). Con queste caratteristiche semi di lino, zucca, il tutto secon- vedere e Puoi e Sacudello di Cor- persisteva alcuni giorni, quattro o do alcuni bollito assieme, secondo dovado, Castello e Pieve di Avia- cinque, ma continuava a non esse- altri rimestato un quarto d’ora in no, Sedrano di San Quirino, San re gradito, soprattutto al casaro: acqua ben calda. E questo due o Giovanni di Casarsa, Travesio), era lui, infatti, che, analizzando tre volte al giorno, per quattro o anche cognostra (Cimolais), co- attentamente il latte una decina cinque giorni, o per una decina stre (Anduins), caiostro (Chions, di giorni dopo il parto, stabiliva o più se la bestia aveva qualche Fratte di Azzano), caiostra (Top- se e quando si poteva conferire problema, e la famiglia invece non po e Usago di Travesio), caostra quel latte assieme a quello degli ne aveva. A ciò erano ovviamente (Cordenons, Giais di Aviano, Ma- altri soci della latteria, ciò che da aggiungere fi eno del migliore, niagolibero, Meduno, Roveredo in solitamente avveniva a circa due acqua a volontà che non costa Piano), calostro (San Giovanni di settimane dal parto. Ma c’erano niente e, se era la stagione, erba Casarsa, Sequals), cjavostra (Ca- anche le ragioni del vitellino, o del fresca, in particolare spagna stelnovo). Oltre a questo tipo, si piccolo capitale che rappresenta- (erba medica). usano anche prin lat (Cordenons, va: se si voleva venderlo dopo un Maniagolibero), poiché è il primo mese e mezzo intorno al quintale, Il primo latte dopo mesi, e lat zerf (Barbeano allora restava piuttosto poco da Tra le prime cure della bestia di Spilimbergo, Maniagolibero) mungere e da portare in latteria. che aveva appena partorito c’era con riferimento al suo colore gial- Diverso era il discorso per la fa- anche la ripresa della mungitura, liccio; ma fra tutti il termine più miglia: mediamente quel latte era che secondo alcuni doveva avve- strano è sluca, diffuso lungo il giudicato bevibile e adatto al con- nire subito dopo il parto, secon- confi ne occidentale della Livenza sumo familiare intorno ai dieci- 28 •

quando la caostra cominciava ad facendo bollire e poi raffreddare alleggerirsi, si poteva spannarla, il lat zerf, si otteneva qualcosa dopo averla fatta raffreddare per di indefi nibile che lei chiamava circa 12 ore, raccogliendo con un ricotta-formaggio, di nome ca- apposito mestolo il cjapiel (la iostra. A Travesio, infi ne, se ne panna affi orata) e versandolo in ricavava perfi no un budino, così una piccola zàngola (pigna) o come nel vicino Bellunese si usa- un fi asco, dove lo si sbatteva un va fare un budino detto matarel quarto d’ora fi no a diventar burro, e perfi no una torta di lat vert. separandosi dal latticello (batu- da), che poteva poi essere consu- L’allevamento mato assieme al latte scremato o e la destinazione aggiunto al siero dato ai maiali. Appena il vitellino mostrava di Ad Aviano e a Ronche di Sacile si reggersi in qualche modo in piedi, faceva cagliare il latte ricco di co- veniva aiutato (anche prendendo- lostro e se ne ricavavano piccole lo in braccio, o reggendolo sulle formelle di formaggio piuttosto ginocchia) ad avvicinarsi alla magro (detto scasot, oggi si di- mammella della madre, che qui In posa col vitellino (Archivio Egidio Tessaro). rebbe casatella), che però in po- viene chiamata quasi ovunque chi mesi diventava immangiabile luvri (sing. masch.), con le va- dodici giorni, anche se qualcuno per eccessiva durezza. Ad Arzene, rianti luvre (Aviano, Polcenigo, aspettava la quindicina e altri an- Castelnovo, Roveredo ne facevano Fratte di Azzano), luvro (Chions, ticipavano. Il problema, più che di una ricotta, ed era l’unica volta San Martino di Campagna d’A- qualche giorno, era di trovare un che si tratteneva forzatamente in viano), luro (Cecchini di Pasia- utilizzo di questo bendidio: dopo casa del latte a tale scopo; così no, come nel Trevigiano), lure la parte prelevata dal vitellino, a Barbeano di Spilimbergo, dove (Cimolais), lova a San Vito al restava altro latte che nessuno Franca Spagnolo ricordava che, Tagliamento; si discostano dalla accettava di buttare via (sapeva di bestemmia, nella società prein- dustriale che ci ha preceduto), alcuni lo giravano al maiale (oltre che, inizialmente, alla mucca stessa), e altri infi ne cercavano di utilizzare in qualche modo. A parte qualche caso di gente che lo beveva quasi subito, sui quattro-cinque giorni, giudican- dolo buonissimo previa bollitura con un po’ di sale (Anduins, Castelnovo, Fanna, Ronche di Sacile, Sequals), c’erano altri che avevano escogitato diversi modi per riciclarlo. Ad Arzene, Aviano, Meduno, Spilimbergo, Travesio, dopo due-tre giorni dal parto, Vitella di sangue Pinzgauer e allevatore vestito a festa (Archivio Egidio Tessaro). • 29

Un bel parto trigemino di Pezzata Rossa. Fotografi a di Tarcisio Baldassi. succitata serie la teta/tete/tetina re?). Ciò per una settimana, il passaggio dall’alimentazione a (Caneva, Cordenons, Pasiano, San mattino presto, poi alle 11.00, base di solo latte (fi no al terzo Giovanni di Casarsa, Sequals), la a metà pomeriggio e alla sera: mese) a quella mista e infi ne a sgherba (di Erto), la sgarba (di ma molti informatori ritenevano quella adulta di erba e fi eno. Stevenà e Caneva). Gli si met- piuttosto eccezionali le quattro Facendo un discorso necessa- tevano in bocca via via a turno i poppate quotidiane, che quanto riamente generale (e generico), quattro capezzoli, che qui vengo- prima venivano ridotte a tre d’u- questo passaggio richiedeva una no chiamati tet (sing. e plur., raro na quindicina di minuti o meno gradualità di qualche mese. Per il plur. teti a Cecchini e a Chions) (alle 6.00, alle 13.00, alle 19.00 o stabilire almeno un punto fi sso, lungo il confi ne occidentale della più tardi), fi no alla terza-quarta facendo la media fra i dati raccol- provincia; tetul/tetui nella fascia settimana di vita, con tendenza a ti – anche parecchio discordanti della transizione (ad esempio a eliminare la poppata meridiana. – direi che un bovino diventava Cordenons e a Sedrano di San A questa prima fase dell’allatta- capace di alimentarsi da adulto a Quirino) e infi ne teta/tete e tetes/ mento seguiva una seconda, con base di fi eno intorno ai tre mesi tetis nella parte friulanofona del due pasti al giorno, mattina e e mezzo, cioè a un centinaio di Friuli Occidentale. Così per un sera, ma la durata di questa fase giorni di vita. Tra la fi ne dell’al- paio di giorni; poi si arrangiava da era molto soggettiva, da uno a lattamento e questi cento giorni, solo a capire quand’era il tempo e, quattro-cinque mesi: dipendeva c’era un periodo variabile in cui il una volta liberato, andava da solo dal sesso del vitellino (ad esem- latte s’andava via via riducendo, a tetâr, dando di tanto in tanto pio, i maschi si vendevano appena affi ancato e poi sostituito da altri una simpatica ma decisa testata raggiungevano il quintale, in 40 alimenti, tra i quali in primo luogo alla mammella della madre, ciò giorni), dallo scopo dell’alleva- farinacei (farina di mais, di orzo, che nel Canevese si dice truscàr mento, dalle esigenze dell’alle- semola o crusca di frumento) (dal tedesco drücken = preme- vatore, dalla durata del graduale asciutti o stemperati in latte o in 30 •

semplice acqua, un bevaròn, un suf (s dolce) e cioè una polentina molto liquida, con qualche patata lessa dentro, un po’ di polenta o di pan bagnato; poi qualche pu- gno di erba tenera, medica della più fi ne, la spagna, con insieme un po’ di semola; e infi ne, con molta delicatezza e attenzione, fi eno buono, del migliore, il meno legnifi cato, per qualcuno quello del secondo sfalcio, il riesin, per altri quello del terzo, l’ardeliva o il muiart… Poi vennero trionfanti i latti in polvere e i mangimi, e noi a mangiare una carne che a volte fa schifo. Si diceva che i tempi dell’alleva- mento e le destinazioni della gio- vane bestia dipendevano da pa- recchi elementi di giudizio. Se si trattava di un vitellino maschio, la sorte che lo aspettava era la ven- dita. Anzi già a tre-quattro setti- mane un vitellino poteva essere Bovini all’asta, 1968. Fotografi a di Tarcisio Baldassi. avviato al macello, perché dal suo stomaco si ricavava il prezioso La vendita avveniva solitamente so era parzialmente diverso: il caglio indispensabile per fare il nella stalla stessa, senza inter- proprietario poteva decidere di formaggio, purché non avesse mediari o tramite mediatori: tenerla e farla crescere per pren- ingerito altro che latte materno. erano i macellai, gli allevatori e dere il posto della madre non più D’altra parte diventare tori da ri- i mediatori di solito a farsi vivi. redditizia (la carbona, che tal- produzione era una sorte che toc- Non c’era un’età prestabilita per volta veniva macellata in casa per cava a pochissimi vitelli genetica- la vendita, dipendeva dalle scelte slongar i salà, cioè mescolare la mente privilegiati; diventare buoi del proprietario e dalle richieste sua carne migliore a quella del da lavoro, dopo un’operazione del del mercato che, ad esempio, un maiale per aumentare il nume- cjastrin che a tre mesi bloccava tempo privilegiava il vitello gio- ro dei preziosi salami); oppure, lo sviluppo sessuale del vitello, è vane, mentre oggi preferisce la se le dimensioni della stalla lo cosa che non si usa più da mezzo carne rossa del manzo. Certo una consentivano, sarebbe andata secolo; la macellazione in casa volta si vendevano in grande mag- ad aumentare il numero dei capi di bovini maschi o femmine, con gioranza vitelli di 40-50 giorni, dell’azienda; ma di solito, alme- vendita della carne tra vicinanti e cioè d’un quintale; meno spesso no un tempo, si vendeva appena conoscenti, è cosa cessata subito di 90-100 giorni; pochi allevavano possibile, anche a 30-40 giorni, dopo l’ultima guerra; non restava bestie di oltre tre mesi (manzi, ad allevamenti rivolti alla produ- che vendere il vitello o a macellai vitelloni). zione di latte o a beccherie che ne o ad allevatori specializzati. Se era una femmina, il discor- avrebbero fatto carne. • 31

Renato DUCA, Renato COSMA L’impronta dell’acqua nell’Isontino e nel Monfalconese

L’IsonzoL’Isonzo fi umeum vagabondo LL’Isonzo,’Isonzo, ha ccostruito la pianura, l’ha ampliataampliata e modifi cata nel cor- so deidei mimillennmillenni,llenn ne ha modellato la porzione mermeridionale con ripetute Lvariazioni di foce, concorre a ren- derla fertile da inizio Novecento alimentando reti irrigue di super- fi cie e pluvirrigue, che la mano previdente dell’homo faber ha saputo costruire ed adeguare nel tempo. Il fi ume cede e riceve acque un po’ ovunque, con un gioco sotter- raneo di perdite e di acquisizioni, tanto che esiste un suo consisten- te apporto verso il Carso e dal Carso verso la falda isontina. Que- sta, infatti, si spinge ad ovest fi n nella piana di Buttrio e ad est, a valle di Gorizia, fi ltra verso il Val- lone di Doberdò, interessando i la- ghetti di Doberdò, Mucille, Pietra Rossa, Sablici, il bacino del Lisèrt ed il sistema idrico del Timavo. L’Isonzo venne defi nito dai con- temporanei il fi ume più giovane d’Europa, perché conosciuto col termine Sontius solo dal IV secolo, anche se l’indicazione di Ponte Sonti riportata dalla Tabu- L’Isonzo a Villesse. Nel disegno di Alfi o Scarpa due barcaròi. L’idrografi a monfalconese all’inizio dell’Ottocento con indicazione dei mulini. Elaborazione cartografi ca di Alfi o Scarpa. • 33

la Peutingeriana (III o IV secolo), l’Isonzo riceve lungo la sponda nonché i rinvenimenti di una destra le acque di alcuni affl uen- iconografi a del fi ume databile al ti minori: il torrente Piumizza II secolo (1923, località Mainizza (Peumiza), che ha origine nel di Farra d’Isonzo) e di un manu- Collio sloveno (Goriska Brda) fatto votivo in pietra riferibile al dalla confl uenza in località Pos- Sabionanti al lavoro alla foce dell’Isonzo I-II secolo (1989, S. Pier d’Isonzo) sabotino di due piccoli ruscelli e (disegno di Alfi o Scarpa). inducono ad una datazione ante- scarica a fi ume poco a monte del riore. Il fi ume fu anche chiamato ponte di Piuma, sotto l'abitato de collettore urbano la Grapa, Istro e Isnitz dai Tedeschi; Isunz, di San Mauro; il torrente Piuma venne disposta la copertura di Usinch, Lusinch, Usinz, Lu- (Rio Potok), che nasce dalle pen- taluni tronchi d'alveo, iniziando sinz, Usint, Lisùn, e Lusint dai dici collinari di Oslavia (Collio go- da Via San Gabriele (già Via del Friulani; Lisonzo, Lisontium, riziano) da alcune sorgenti e che, Camposanto) e proseguendo per Lisonzio e Lisonco dalle genti dopo aver attraversato il Parco Riva del Corno e poi in zona Bor- venete, Lisòns dai Bisiachi; Socˇa regionale Piuma-Isonzo, scarica go Piazzutta, verso la cosiddetta o “Acqua bianca” dagli Slavi. con alveo “a canyon” nell’Isonzo, Valletta del Corno. Non solo. I numerosi spostamenti immediatamente a valle del citato Ancora più a valle, a ridosso di foce da occidente ad oriente, ponte di Piuma; il torrente Groi- dell'abitato di Savogna-Castel avvenuti nell’arco degli ultimi na, che ha origine nelle pendici di Rubbia, scende a fi ume, in spon- undici secoli, hanno guadagnato San Floriano ed Oslavia e scende da sinistra, il Vipacco (Fluvius all’Isonzo anche il singolare ap- lungo il Vallone delle Acque (Val- Frigidus, Wippach, Vipava), un pellativo di “fi ume vagabondo”. lone dell’Acqua), ove riceve il corso d’acqua generato da nume- Quel lungo vagare, dovuto all’o- contributo di sorgenti, rigagnoli rose sorgenti carsiche “di contat- stacolo costituito dai depositi e ruscelli minori, quindi scarica to” e “di trabocco”, provenienti alluvionali estesi lungo la destra a fi ume di fronte alla traversa di dalla zona del monte San Lorenzo idrografi ca ed alla maggiore pen- derivazione di Straccis. nell’altipiano del Nanos in Slove- denza del fondo sottomarino alla Più a valle, in sponda sinistra, nia. Nel paese di Vipacco il fi ume sua sinistra, provocò il graduale l'Isonzo riceve il contributo del riceve il contributo del rio Mocil- mutamento della fascia litora- torrente Corno, corso d’acqua che nik, quindi via via le acque degli nea monfalconese e gradese e la nasce in Slovenia, a monte dell’a- affl uenti Hubel, Branica, Liak e creazione di nuove terre, di cui il bitato di Nova Gorica, nell’ambito Vertoibizza, prima di confl uire Lido di Staranzano-Cona, l'Isola collinare del Kronberg, e scorre al con andamento meandriforme Morosini (S. Canzian d’Isonzo), ed piede del colle della Castagneviz- molto marcato nell’Isonzo. il Fossalon (Grado), sono l’esem- za, del bosco Panovitz (Cameral Da ultimo, in sponda destra, nelle pio più evidente. I corsi d'acqua Wald Panovitz) e lungo la vec- adiacenze di Romans, l'Isonzo Tiel, Primero, Averto, Isonzato, chia contrada Prestau (Pristava). riceve il contributo del torrente Sdobba, Quarantia, Brancolo, e Sottopassata Piazza de Amicis, il Torre del quale è tributario il Jadinaz, ora in parte scomparsi o torrente incrocia Via Seminario torrente Judrio (Judri, Idrija, profondamente modifi cati, hanno in contrada Piazzutta e scarica Juditrer), che nasce dalle pen- costituito nel tempo i vari rami di le acque alquanto inquinate a dici del Colovrat di Canale (Col- foce del fi ume. fi ume, poco a valle dell’abitato di laurato, Kanalski Kolovrat) e Straccis. Nel 1885, a fronte del che, dopo aver lambito il margine Gli affl uenti dell’Isonzo pesante inquinamento per scari- occidentale del Collio, giunge Al suo sbocco in pianura a valle chi e rifi uti provenienti da canali nella piana cormonese, al limite di Salcano, in territorio italiano, di scolo della città, tra cui il gran- occidentale della provincia di 34 •

Idrografi a e mulini della pianura isontina, del Judrio e del Vipacco. Elaborazione cartografi ca di Alfi o Scarpa. • 35

al sito del Molino di Frata l'al- veo è stretto e pieno di cespugli, che obbliga ad alzarsi l'acqua in tempo d'inondazione, questa si spande per la corte del Moli- no e continua a scorrere per il fosso sotto il riparo….

Roje dei tempi andati e altre acque nel Monfalconese Il quadro idrografi co del Terri- torio monfalconese è stato ca- Mulino sul Judrio a Visinale; a destra la chiesa di San Giorgio. ratterizzato nel tempo non solo dall’Isonzo e dal Timavo, ma pure Gorizia. A suo tempo alimentò scende a valle toccando i villaggi da corsi d’acqua minori, molti dei un gran numero di mulini, di cui di Cosana e Vipulzano, sbocca quali non esistono più, sacrifi - due (Trussio e Visinale di Sot- in pianura a monte di Capriva, cati al superiore interesse dello to) sono in qualche modo tutt’ora dopo aver ricevuto le acque di sviluppo urbano, della bonifi ca attivi. numerosi rivoli minori e dei tor- idraulica ed igienico-sanitaria, da Il Judrio è un corso d'acqua cosid- renti Oblino, Barbacina, Blanchis, estesi interventi di sistemazione detto di “demarcazione politica”. Trebes, Bratinis, Cristinizza, Bi- fondiaria e di appoderamento, Infatti, all'estinzione della casata sinta. Il Versa è un corso d'acqua nonché dall’insediamento di real- comitale goriziana (12 aprile piuttosto breve, ma da sempre ad tà industriali e nautico-balneari. 1500, conte Leonardo), il tronco alto rischio esondazione, come Eccone un breve cenno, in se- inferiore del suo corso segnò il segnalato anche dall'autorevole quenza. confi ne tra gli Arciducali e la Re- ingegnere goriziano Giannantonio La Roggia di Sagrado risulta at- pubblica di Venezia. Tale confi ne, Capellaris nei suoi Diari del 1774: tiva già nel XVI sec. assieme al spostato più ad est sull'Isonzo du- rante l'occupazione napoleonica, venne nuovamente riposizionato lungo il torrente a seguito della Restaurazione (1814) e consoli- dato seguendo la porzione d'alveo più settentrionale, quale frontiera tra Austria-Ungheria ed Italia dal 1866 al 1918. Torrente totalmente italiano dalla fi ne della Grande Guerra al 1947, nel successivo periodo e fi no al 1991 costituì la demarcazione tra Jugoslavia e Italia e dal 1991 quella tra Italia e Slovenia. Suo affl uente principale è il tor- rente Versa, che nasce nel Collio Sistemazione idraulica del torrente Versa (1930, Archivio storico Consorzio Bonifi ca sloveno, tra San Martino e Quisca, Pianura isontina – Fototeca). 36 •

Mulino di Sagrado, come emerge Il Brancolo è stato tributario dello terminale furono assegnati da da un documento imperiale del 27 Sdobba fi no al decennio 1870-80; subito caratteri di navigabilità aprile 1556. Questa Roja nasceva poi, in seguito alla congiunzione nella previsione del collegamento in sponda sinistra dell’Isonzo, ai di quest’ultimo con la Quarantia (peraltro mai effettuato) dei baci- piedi della Chiesa di S. Nicolò, nei ed alle modifi cazioni intervenu- ni di Panzano con l’idrovia Litora- pressi delle odierne opere per la te nell’asta fl uviale comune, ha nea Veneta, attraverso il sistema derivazione del Canale irriguo-in- messo foce defi nitiva nella Qua- Sdobba (Isonzo)-lsonzato-Laguna dustriale Dottori. Attraversati con rantia stessa. Oggi il Brancolo di Grado e Marano-Lignano- andamento alquanto tortuoso gli praticamente non esiste più per Venezia. abitati di Sagrado e di Fogliano e, le numerose varianti e mutila- Il Fiumicino-Cavana, vestigia lambita la periferia settentrionale zioni imposte al suo alveo, nel dell’antica ramifi cazione di foce di S. Pietro, la roggia restituiva le volgere degli ultimi settant’anni, isontina, fi no a circa ottant’anni acque al fi ume, a monte di Casse- dall’esecuzione della bonifi ca fa scaricavano insieme nell’Adria- gliano. integrale, dalla regolazione dello tico e i loro alvei contornavano La Roggia di Turriaco, formatasi Sdobba-Quarantia e da lavori di una vasta plaga palustre dal in epoca più tarda di quella sagra- sistemazione agraria. Tracce del- signifi cativo toponimo di Serra- dina (XVII sec.), era alimentata la sua asta terminale sono ancora glio. Alla loro foce, soprattutto da una lama d’acqua dell’lsonzo vagamente identifi cabili, poco dalla parte della Cavana, l’azione in località Boschetti, sotto l’abi- a monte dello scolmatore delle del mare sulle acque defl uenti for- tato di Basegliano (Bosean), nei piene isontine (la “diga”), tra le mò una piccola insenatura, nella pressi di Cassegliano, e, dopo un località Zenchiei di Staranzano e quale trovavano riparo fi no ad breve percorso caratterizzato da Sette Maschi di S. Canziano. inizio Novecento le barche dei pe- un’ampia conversione verso orien- Il suo nome resterà per sempre scatori monfalconesi, denominata te, smaltiva le acque a fi ume in legato alla bonifi ca omonima ed Porto Cavana ed anche Porto di zona Manarutti, a monte dell’o- impropriamente, per prolungato Pilo secondo Cintio Frangipane, dierno ponte ferroviario della uso popolare, al grande collettore Magistrato civile del Dipartimen- linea -Venezia. di raccolta delle sue acque (Ca- to di Passariano (relazione dell’11 Per secoli essa ha alimentato nale Principale I), al cui tronco settembre 1806 al Ministro napo- l’importante Mulino di Turriaco, situato a metà del suo corso, di- sattivato e ripristinato più volte. Il fi ume Brancolo traeva origine dalla confl uenza in un’unica asta fl uviale di numerosi corsi di risor- giva della plaga tra S. Canziano e Staranzano, quali: la Roggia di S. Canziano, che alimentava l’importante e plurisecolare Mu- lino del Rondon, abbattuto nel 1817 dalle Autorità austriache su istanza della popolazione locale; le Sorgenti del Gorgat; la Roggia Jadinaz con il Mulino di Sdobba; la Roggia Riva di Cop; la Roggia Cartolina commemorativa dell’inaugurazione delle opere irrigue monfalconesi di Bistrigna col mulino omonimo. (Archivio storico Consorzio Bonifi ca Pianura isontina – Fototeca). • 37

La piana del Lisèrt, il canale Locavaz con il mulino Moschenizza e la nuova statale per Monfalcone nel 1932, al tempo della bonifi ca del Lisèrt (Archivio storico Consorzio Bonifi ca Pianura isontina – Fototeca). leonico dell’Interno). la produzione della soda (1911) to e Novecento a supporto dello Il Canal Panzano (Fiume della della Società Adria Werke e di al- sviluppo socio-economico di Mon- Posta) era un grosso fi ume di tri insediamenti industriali. falcone e del suo hinterland. risorgiva situato nel cuore della La Roggia Sardotsch, così chia- La costruzione del Canale Va- Palude della Posta (corrispon- mata dal nome del proprietario lentinis, conseguenza diretta dente al sito degli insediamenti del mulino omonimo, funzionante dell’imponente operazione irri- Fincantieri-Ansaldo e della Zona per molti decenni alle sorgenti guo-idroelettrica avviata nel 1873 industriale Schiavetti), origina- della roggia stessa, era un corso da avveduti imprenditori agricoli to dalla confl uenza, più o meno d’acqua di modeste dimensioni, del Territorio col concorso fi - all’altezza del terzo bacino di caratterizzante la Palude della Ri- nanziario dell’Amministrazione Panzano, della Roggia di Pan- saia (ora sito dell’ampio insedia- austriaca, fu il risultato, pur tra zano (ora Roggia Schiavetti) con mento della Cartiera del Timavo), alterne vicende e rapporti talvolta la Roggia di Monfalcone (ora le cui portate da molti decenni stridenti, di una effi cace azione Roggia S. Giusto), che nasceva sono tributarie dell’acquedotto di sinergica tra il Comune di Monfal- a settentrione del borgo monfal- Trieste e la parte residua di esse cone ed il Consorzio Acque dell’A- conese di S. Michele in località va nel Locavaz, il grande collet- gro Monfalconese (oggi Consorzio Pozzale, ai piedi del colle carsico tore di raccolta di tutte le acque di Bonifi ca Pianura isontina), un della Gradiscata. risultive dell’area Lisert-Tavoloni- esempio di fattiva collaborazione Le Rogge Rosega e Molinat era- Risaia-Moschenizza, che a sua tra soggetti pubblici operanti con no due vecchi corsi d’acqua che, volta confl uisce al mare assieme funzioni istituzionali diverse nel solcando ad oriente la Palude al fi ume Timavo. medesimo ambito. della Posta, confl uivano quasi L’opportunità di realizzare un affi ancate nel Golfo di Panzano. I Canali collegamento diretto della Città Le due Rogge, oggi, non esistono Il Canale navigabile “Eugenio di Monfalcone col suo mare tra- più perchè sacrifi cate anch’esse Valentinis” ed il Canale irriguo- mite un’idrovia di idonee carat- al preminente interesse dello svi- industriale “Antonio Dottori”, il teristiche prese corpo alla fi ne luppo monfalconese: l’una, tra il primo aperto all’esercizio il 30 dell’Ottocento, quando i tecnici 1904 ed il 1908, per far posto allo settembre 1907 ed il secondo il 25 comunali verifi carono la fattibilità scavo del Canale navigabile E. Va- giugno 1905, vanno collocati tra di trasformazione in navigabile lentinis; l’altra, in seguito alla co- le opere più qualifi canti eseguite dello scarico di sicurezza del struzione dello stabilimento per nei decenni a cavallo tra Ottocen- Canale Dottori, allora in fase di 38 •

ultimazione, dal salto della cen- Mare, con epigrafe dettata dallo fi anti”. Secondo lo storico Jacopo trale idroelettrica di Porto (si- storico Attilio Hortis (1850-1926), Filiasi (1750-1829), Timavo sareb- tuata, come oggi, all’incrocio tra che, onorando il benemerito pri- be parola di derivazione etrusco- Via Verdi e Viale S. Marco-Viale mo Cittadino (alla cui memoria euganea con signifi cato di “diste- O. Cosulich) fi no al mare (Golfo venne intitolata la via d’acqua), sa d’acqua”. Alquanto controversa di Panzano), utilizzando il tronco esaltava quell’opera pubblica, e dibattuta nei secoli fu anche terminale della Roggia Rosega, signifi cando emblematicamente, la determinazione del numero adeguatamente risistemato ed anche per le generazioni future, delle sue bocche o fonti (sette o attrezzato. che essa “… congiunge ai mari, nove?), senza peraltro giungere La realizzazione della nuova ope- apre alle navi la città di Monfal- ad una conclusione certa, data la ra fu fortemente voluta e tenace- cone…”. mancanza nell’antichità di dati mente portata avanti dal Podestà Il Canale Dottori, costruito per obiettivi sullo stato dell’idrografi a del tempo conte Eugenio Valen- un uso irriguo-idroelettrico, ha sotterranea. tinis, autorevole e lungimirante origine a Sagrado, con edifi cio Il discorso sul Timavo va esteso al amministratore della cosa pub- di presa e derivazione in sponda Lacus Timavi, altrettanto cele- blica monfalconese (1899-1911), sinistra dell’Isonzo e si sviluppa brato e ripetutamente menzionato la cui famiglia vantava profonde per quasi 12 chilometri (dislivello da storici e geografi . Esso corri- radici nel Territorio. Egli era con- complessivo di oltre 17 metri), spondeva grosso modo all’attuale vinto che la presenza di un ‘porto attraversando gli abitati di Sagra- bacino del Lisèrt, che si apre sulla canale’ nelle adiacenze della do, Fogliano, Redipuglia, Ronchi destra della statale per Trieste, Città, unita ad importanti infra- e Monfalcone, prima di scaricare appena fuori dell’abitato di Mon- strutture, avrebbe calamitato le acque residue nel citato Canale falcone, tra il fi ume, il mare, e la nuovi insediamenti manifatturieri Valentinis, in corrispondenza del zona dei Cantieri Navali. Lisert ed industriali, arrecando benefi ci sesto ed ultimo salto idraulico, deriva dal latino desertum, ter- concreti all’intero circondario ed quello di “Monfalcone Porto” (gli mine con il quale i Romani usa- alla stessa realtà agricola locale altri cinque sono ubicati a: Foglia- vano indicare le aree prossime ai in fase di decollo con l’avvento no, Redipuglia, Ronchi, San Polo, confi ni, i Limes; nel Medio Evo dell’irrigazione. Monfalcone Anconetta). il nome fu volgarizzato in Liser- I lavori, avviati il 27 novembre tum, successivamente in Desert, 1904 con una cerimonia pubblica Il sacro Timavo ed i suoi quindi in Lisèrt. caratterizzata da larga partecipa- ambiti Il Lacus era un ampio bacino zione di autorità e popolo, furono Sin da tempi remotissimi il Ti- lagunare, protetto dalle insidie ultimati il 30 settembre 1907 e mavo ha acceso la fantasia ed ha del mare da due isolotti di natura da quella data il Canale fu “… suscitato grande curiosità con il calcarea detti Insulae clarae (da costantemente utilizzato all’uso mistero del suo corso sotterraneo claris, aggettivo attribuito dalle pubblico…”. e l’incertezza del suo nome. È un genti delle coste dell’Asia Mino- A ricordo dell’evento, il 26 dicem- fi ume ampiamente celebrato dai re ad Apollo clario, portatore bre 1909 venne solennemente classici e dai contemporanei, ma di luce e di civiltà), chiamate in scoperto sulla facciata laterale solo dopo il I secolo è stato indica- epoca contemporanea isole della del Municipio (quella prospiciente to con la dizione Timavo (prima Punta o Amarina e S. Antonio: l’odierna Via S. Ambrogio), ove fu Eridano, Istro, Euganeo, An- un porto naturale che i Romani fa ancora bella mostra di sé, un tenoreo). Per diversi speleologi seppero adeguatamente attrezza- bassorilievo celebrativo dell’arti- esso è il “Fiume senza stelle” e re ed arricchire con il complesso sta Ferruccio Patuna (1886-1954) per gli abitanti dell’area delle dei bagni termali e dei connessi raffi gurante la Terra che sposa il grotte è il “Fiume delle cavità sof- servizi ricreativi. Il tutto arti- • 39

colato nella mansio, delineata con grande rilievo nella Tabula Peutingeriana (Mansio Fonte Timavi) e le cui preziose vestigia sono ancor oggi ben visibili, par- ticolarmente a nord della stazione di sollevamento dell’acquedotto triestino G. Randaccio. L’approdo al Timavo (S. Giovanni di Duino) venne utilizzato anche dai Monfalconesi per moltissimi secoli, fi no alla caduta del Patriar- cato aquileiese: con la defi nitiva acquisizione del Territorio di Monfalcone da parte della Repub- blica di Venezia nel 1420 (“dedi- zione” alla Serenissima 14 aprile Il mulino di Pietra Rossa agli inizi del Novecento (disegno di Alfi o Scarpa). 1420, doge Tomaso Mocenigo), esso rimase prerogativa dei traffi - ad est, il Monte Arupacupa ed il delle fornaci di laterizi Miniussi ci degli Imperiali, mentre i Vene- Monte Debeli a sud, la strada Do- & Clemente, ormai abbandonate, ziani attivarono una struttura di berdò-Jamiano ad ovest. Ai tempi ma un tempo attive nella fascia carico-scarico delle merci lungo della Serenissima era indicato orientale dell’abitato di Selz, an- la sponda destra del Fiume dei come il Lago vecchio e ricadeva tica frazione di Ronchi. Già noto Bagni (da cui Porto dei Bagni), in territorio austriaco: nei suoi nel XIV secolo (… prope mizilas in località S. Antonio, nei pressi pressi passava, con andamento seu gurgitem de Selzo…, 1382), delle Terme. Tale approdo decad- rettilineo, il confi ne tra la Repub- la sua presenza nella Valle Mucile de, tra il XVIII ed il XIX secolo, blica di Venezia e gli Imperiali. Le venne ribadita dallo storico Can- in seguito alla più comoda collo- sue acque sono legate ad apporti ciano Colombicchio in una carto- cazione delle attività specifi che e restituzioni sotterranee con il grafi a del 1616 con l’indicazione di alla foce della Roggia Rosega, su Vipacco, il Timavo e col sistema le Mosille acque. cui poi è sorto l’attuale complesso isontino, mentre i suoi terreni, Il suo bacino imbrifero si divide portuale Monfalconese. essenzialmente torbosi, da tempo in tre comparti (Muzila, Gorgo non vengono utilizzati per gli usi e Gorghet), e alimenta tutt’ora le Laghi nel Monfalconese agricoli. sorgenti della Roja di Monfalcone Un’attenzione particolare meri- Il Lago è una straordinaria oasi (Roggia Tullio nel primo tratto, tano alcuni ambiti naturalistici naturalistica, un’area protetta poi Roggia S. Giusto nel rimanen- rappresentati da quattro laghetti che, assieme allo specchio lacuale te), sottopassando il colle carsico carsici (Doberdò, Mucille, Pie- di Pietra Rossa, costituisce una della Gradiscata, ai cui piedi si tra Rossa, Sablici) e dalla fonte “Riserva regionale naturale”, ge- estende il nuovo insediamento termale presente nella piana del stita dalla Comunità del Carso, ospedaliero monfalconese (non a Lisèrt (Terme romane). ove si rinvengono importanti caso la località veniva identifi cata Il Lago di Doberdò è un ampio elementi di biodiversità animale e nell’Ottocento col signifi cativo bacino carsico compreso tra il vegetale. toponimo di Le Fontane). Monte Castellazzo a nord, la stra- Il Lago Mucille viene facilmen- Il Lago Pietra Rossa, delineato in da del Vallone (SS. 55 dell’Isonzo) te confuso con le cave d’argilla quasi tutte le vecchie cartografi e 40 •

del Monfalconese, corrisponde communem.te, che le case del note e sfruttate in epoca romana, alla depressione delimitata dal molino siano dell’Imperio, et nel periodo veneto-austriaco e Monte Cosich, Monte Debeli e la ruota di fora appartenga al fi no allo scoppio della seconda Cima Pietrarossa, a cavallo tra stato Veneto…. guerra mondiale, esse possiedo- la plaga delle Mucille e la lunga Il Lago Sablici è il più esteso tra i no riconosciute qualità terapeu- estesa del Sablici. laghi del Territorio. Un tempo se- tiche. Il Lago, la cui denominazione de- parato dalla sottostante Valle del- Passati i fasti della latinità, i se- riva dal colore rossastro dei cippi la Moschenizza (Locavaz) da una coli bui delle invasioni barbariche in pietra posti al confi ne tra il ter- sella piuttosto elevata, ora le sue e dell’oblio del periodo patriarca- ritorio della Serenissima e quello acque, convogliate in un colletto- le, le Terme furono ripristinate degli Imperiali, ha un emissario re centrale, vengono fatte defl uire ed aperte all’uso pubblico nel che ora defl uisce attraverso una nel suddetto Canale Locavaz, at- 1433 dal podestà di Monfalcone condotta nella sottostante Valle traverso una condotta in roccia. I Francesco Nani, come ricordava Sablici, mentre un tempo vi sfi o- suoi terreni sono essenzialmente una lapide commemorativa posta rava tramite il canale di carico di torbosi e da tempo non utilizzati in epoca asburgica nell’atrio del un antico mulino andato distrutto per gli usi agricoli e, nonostante fabbricato, poi andato distrutto. nel corso della Grande Guerra. l’impatto della sede autostradale Dopo alterne vicende, nel 1797 Quel mulino, tra il XV e XVIII che lo incide, esso conserva i ca- vennero acquisite in arrenda secolo, fu oggetto di ripetute ratteri di importante zona umida. (appalto-affi tto) da taluni privati, controversie, perché collocato sul i quali vi fecero erigere un picco- confi ne austro-veneto: il rustico Acque termali lo stabilimento dotato dei neces- ricadeva in territorio degli Impe- Il Territorio monfalconese vanta sari servizi di supporto. Nel 1856, riali, mentre le ruote si trovavano fonti termali calde (circa 40 gra- il gestore del tempo commissionò in territorio della Serenissima, di) localizzate nell’area dell’am- accurate analisi chimiche delle come risulta da un documento del pio bacino del Lisèrt, ad oriente acque termali allo scienziato 27 luglio 1637: … però dicono dell’abitato di Monfalcone. Già Luigi Chiozza di Scodovacca, erede di una delle famiglie della borghesia mercantile triestina, condiscepolo di studi di Luigi Pasteur, uno dei padri della mo- derna microbiologia. Le Terme costituiscono uno dei cardini della storia di Monfalcone e del suo hinterland, un patri- monio che, oggi, viene opportu- namente riportato all’originaria destinazione a benefi cio della Co- munità attraverso radicali lavori di ristrutturazione e di bonifi ca idraulico-ambientale, grazie ad una feconda sinergia tra il Co- mune di Monfalcone, il Consorzio per lo Sviluppo industriale, il Consorzio di Bonifi ca Pianura Foce dell'Isonzo. isontina ed un partner privato. • 41

Alessandro FADELLI Chiare, fresche... e rabbiose Usi, abusi e pericoli delle acque di Polcenigo

Molte città e molti paesi sul no- stro pianeta hanno un lungo e stretto legame con le acque fl uviali e marine, da Roma a Montréal, da Parigi ad Alessan- Mdria d’Egitto, da New Orleans a Londra, fi no a una miriade di villaggi sparsi in tutto il mondo. Pare superfl uo ripercorrere qui le ragioni storiche che hanno da sempre portato l’uomo là dove l’acqua abbonda, sia essa dolce o salata: si sa che l’acqua è fonte di vita, consente di vivere, coltivare, allevare, lavare, ma anche di spo- starsi, viaggiare, conoscere, con- quistare, arricchirsi. Nel suo pic- colo, anche Polcenigo deve molto alle acque: che sarebbe infatti il nostro comune pedemontano sen- za la Livenza (preferiamo usare il femminile, seguendo l’uso antico e dialettale), amplissimo, ma placido fi ume secondo il luogo- tenente veneziano della Patria del Friuli Francesco Michiel (1535), senza le suggestive sorgenti del Gorgazzo e della Santissima, senza l’Artugna sassoso, senza gli La Livenza con alcuni suoi affl uenti minori a sud-ovest di San Giovanni in un disegno tratto da un catastico dei conti Manin della fi ne del Settecento o dei innumerevoli torrenti, torrentelli primissimi dell’Ottocento (proprietà prof. Mario Cosmo, Polcenigo). e rivoli di risorgiva, dal Ruals 42 •

alla Fontaniva, dal Rui de Brosa sfruttato la forza delle acque per santuario della Santissima Trinità alla Mena, dal Rugo di Range al ottenere energia motrice, e pure a Coltura – che meriterebbe un Fossal, dalla Valle di Sant’Antonio le piccole centraline idroelettri- lungo discorso a parte. Nonostan- allo Schiavozit, che l’attraversano che, edifi cate nel Novecento a Pol- te questa pur notevole “screma- in ogni direzione? cenigo e a San Giovanni e presto tura”, ci restano comunque da Oltre all’aspetto puramente pae- sparite: lo possiamo fare perché vedere diversi altri usi, anche se saggistico, che incantava in pas- ne abbiamo già ampiamente scrit- in maniera forzatamente curso- sato molti pittori (primo fra tutti to (Fadelli 2001), e perciò, riman- ria, e scoprire poi alcuni dei tanti il sacilese-veneziano Luigi Nono, dando senza indugi a quel libro, intrecci che le acque hanno pro- e poi Maria Ippoliti Sbrojavacca siamo esonerati dal ritornarvi dotto nel tempo con la vita quoti- e Vittore Antonio Cargnel, per ancora sopra, senza per altro po- diana e, perché no, anche con la citarne solo alcuni attivi fra Otto ter aggiungere particolari novità. morte dei Polcenighesi. e Novecento) e che continua ad Tralasciamo anche la navigazione attirare qui i turisti come carta fl uviale, dato che non sembra che Acqua da bere moschicida, ci sono mille altri fi li la Livenza sia mai stata utilizzata Innanzitutto, c’è l’approvvigio- che collegano Polcenigo con l’ac- a tale scopo nel tratto iniziale del namento idrico per le necessità qua nei secoli passati. suo percorso, dalle sorgenti fi no umane. In attesa dei primi acque- L’antico insediamento paleolitico a Sacile, a causa a quanto pare di dotti, una diffi cile conquista di del Palù, al confi ne con Caneva, insuperabili salti nel suo corso. fi ne Ottocento, l’acqua necessaria ad esempio, era anfi bio, un po’ Lasciamo da parte pure la fl uita- per bere, lavare, lavarsi e per i terrestre e un po’ lacustre. Una zione del legname del Cansiglio, o tanti usi domestici bisognava an- minuscola Venezia nostrana, comunque delle montagne locali, dare a prendersela in passato con come ha detto un archeologo, i effettuata sulla stessa Livenza, non poca fatica ai pozzi, alle fon- cui abitanti per più secoli prende- visto che si tratta di un argomen- tane o direttamente ai corsi d’ac- vano il meglio dall’acqua e dalla to interessante, ma ancora da qua, armati di secchi e arconcello terra, si spostavano ora con im- verifi care nella sua effettiva entità (thampedon, altrove in Friuli barcazioni ora a piedi, pescavano e nella sua esatta cronistoria, buinç) in genere affi dati alle nei bassi fondali paludosi, cac- con la doverosa qualità e il giusto donne di qualsiasi età. Le acque ciavano gli animali che numerosi numero di fonti documentarie a potabili locali erano considerate giungevano ad abbeverarsi e al sostegno (ma ricordiamo almeno addirittura buonissime negli Atti contempo coltivavano e allevava- la risina o risena di Coltura, un preparatori del catasto austria- no animali domesticati sulla vici- ripido canale artifi ciale che servi- co del 1826, ma le varie e disa- na terraferma. va a trasportare il legname dalla strose epidemie ottocentesche di Ma lasciamo tempi così lontani montagna giù fi no alla Livenza, tifo e soprattutto di colera, che alle attenzioni degli archeologi e recentemente sistemato e rivalu- vedevano proprio nell’acqua uno veniamo invece a epoche più vi- tato dal GR.A.PO., il benemerito dei principali veicoli d’infezione, cine a noi. Accertata la presenza gruppo archeologico locale). dimostravano invece l’esatto di tanta acqua a Polcenigo, vanno Ancora, non si parlerà nemmeno contrario. Solo la realizzazione cercati gli usi che nei secoli i Pol- del rapporto fra acque, folklore e dei vari acquedotti delle frazioni, cenighesi ne fecero. Accantonia- religiosità, sia “uffi ciale” che po- iniziati non senza problemi e ri- mo subito i tanti opifi ci idraulici polare, formato da una fi tta rete tardi dopo il 1885, di nuovi pozzi (mulini, folli da panni, segherie, di leggende, di credenze e di riti: artesiani, di pompe e fontane, battiferro) che per centinaia d’an- un tema ampio e complesso – ba- nonché di appositi lavatoi pubblici ni, almeno dal XIII secolo e fi n sti pensare ai culti profondamente collocati fuori dell’abitato (que- quasi al termine del XX, hanno radicati intorno alle sorgenti e al sti ultimi costruiti in Via Sega a • 43

Bosser a chiedere al Comune l’autorizzazione per praticare al- cune escavazioni a Coltura per scoprire una nuova vena d’acqua potabile (e ricevere un’opportu- na gratifi cazione economica se l’operazione fosse andata a buon fi ne, cosa che a quanto pare non avvenne). Grazie comunque al nuovo acquedotto, che pescava dalla Livenza alla Santissima, Col- tura migliorerà la sua situazione, ma solo a partire dai primissimi anni del Novecento: l’inaugura- zione dell’importante manufatto avvenne infatti nel 1903. Anche Polcenigo e San Giovanni avevano però a volte problemi di approvvi- gionamento idrico, come si evince da vari documenti comunali di fi ne Ottocento-inizi Novecento, infarciti di proteste e di accora- te petizioni provenienti dai due centri. Se Polcenigo, Coltura, Range, Gorgazzo e San Giovanni aveva- no i loro crucci, particolarmente sfortunata era La Mont, ossia Mezzomonte: sulla scarpata mon- Ragazza di San Giovanni di Polcenigo che attinge acqua con un thampedon, tana dove l’alpestre borgo s’era altrove in Friuli detto buinç (foto metà anni Trenta). sviluppato, a circa 400 metri di quota, le sorgenti erano infatti po- Polcenigo dopo il 1894), permise, e poi nel 1897 scarseggiavano di che, instabili e scarsissime d’ac- anche se lentamente, di far dimi- acqua, data anche la chiusura del- qua. Gli abitanti dell’antica Nuvo- nuire e poi sparire le epidemie. la fontana del Doi risultata infetta lone (così era detto il paese nel La disponibilità di acqua non era dopo una disastrosa epidemia Medioevo) erano perciò costretti però sempre soddisfacente, se ad di colera. I Colturani potevano a seguire altre strade per procu- esempio quelli di Range presenta- così a buon diritto lamentarsi nel rarsela. La prima era la raccolta vano nel 1887 istanza al Comune 1886 del fatto di essere costretti dell’acqua piovana nelle lame, per avere più acqua potabile; ad andare ogni giorno a prendere ossia in quelle cavità naturali o l’anno dopo era addirittura neces- l’acqua lontano, alla Santissima o più spesso artifi ciali, col fondo sario trasportare il prezioso ele- al Gorgazzo, con una fatica così accuratamente rivestito d’argilla mento con botti nella frazione di grave da non poterla durare a o comunque impermeabilizzato, Coltura per le esigenze quotidiane lungo. La ricerca di acqua buona che servivano per trattenere il degli abitanti, che ancora nel 1892 e sana spingeva nel 1889 Pietro prezioso liquido sceso dal cielo 44 •

e che hanno lasciato molteplici sentieri montani che collegavano uno scherzo del destino... – in tracce non solo nella toponoma- il paese alla sottostante pianura, una cisterna presso Mezzomon- stica mezzomontina, ma anche come l’impervia mulattiera detta te attingendo dell’acqua). a Coltura e perfi no in pianura, a Ristoca, per andare ad attingere La pressoché totale dipendenza San Giovanni. Nelle lame, come acqua al Gorgazzo, ma anche a dei Mezzomontini dalle lame, dal- attestano i documenti sei-sette- Polcenigo, a Budoia, a Dardago. le cisterne e dalla pianura durò a ottocenteschi, si abbeveravano Quanto deve essere stata dura lungo – se ne discuteva animata- sia gli uomini che il bestiame: la e pericolosa la discesa e soprat- mente in consiglio comunale nel vasca serviva per beverar e tior tutto la risalita per quei ripidi 1879, nel 1882, nel 1893..., senza acqua tanto per l’uso d’animali viottoli, col peso dei secchi colmi, però trovare soluzioni – per ces- come per le loro proprie perso- lo lasciamo all’immaginazione sare solo nel 1975, quando venne ne, si legge nel contratto d’affi tto dei lettori e all’atto di morte della fi nalmente inaugurato il mo- di una lama a Mezzomonte nel ventunenne Maddalena Zanchet, derno acquedotto che giungeva 1762. Gli animali a volte vi scari- sgraziatamente ed innaverti- fi n lassù: peccato che ormai La cavano però anche le loro deie- tamente caduta nel profondo Mont nel frattempo si fosse quasi zioni, e altri inquinanti naturali della valle chiamata Picolin nel interamente spopolata dei suoi (topi, insetti, vegetali, ecc.) vi po- 1829 per oggetto di estrar acqua oltre settecento abitanti, emigrati tevano fi nire in ogni momento. I da portura (Maria Mezzarobba altrove in cerca di una vita mi- nostri antenati non erano schizzi- Alfi er invece mancò ai vivi nel gliore, comprendente anche una nosi come noi, ma di certo la loro 1833 per annegamento – quasi maggior disponibilità idrica. salute non poteva dormire sonni tranquilli, minacciata com’era da questa scarsa igiene nel consumo idrico. Spesso perciò a Mezzo- monte (ma a onor del vero talvol- ta pure in pianura) scoppiavano casi singoli o epidemie di malattie gastroenteriche anche mortali, in particolare nei caldi mesi esti- vi: la causa era frequentemente, per non dire sempre, la cattiva qualità delle acque raccolte nelle lame, che – come si scriveva nel 1826 – erano di inferior qualità e sovente pregne di parti ete- rogenee (che eufemismo!). Le poche lame di Mezzomonte, lega- te com’erano alle precipitazioni atmosferiche, risultavano spesso asciutte o insuffi cienti ai bisogni della popolazione: era perciò necessario tentare altre vie per rifornirsi d’acqua. Uomini e don- ne, soprattutto queste ultime, scendevano allora per gli scoscesi Bovini che si abbeverano alla fontana a Coltura (foto primi anni del Novecento). • 45

Irrigare e coltivare terreni in marcita, ma senza dub- forse su iniziativa dei soliti conti L’acqua era poi indispensabile bio i conti di Polcenigo promos- di Polcenigo o degli altrettanto per le coltivazioni: in questo caso sero questa peculiare forma di onnipresenti conti Fullini. Si però tutto o quasi era affi dato coltivazione nei loro possedimenti tratta di un argomento per ora alle precipitazioni, spesso troppo appena fuori il centro poco sopra pochissimo conosciuto e mal do- abbondanti o al contrario insuf- nominati, forse a partire dall’Ot- cumentato, sul quale possiamo fi cienti, raramente giuste per le tocento, forse anche prima: man- soltanto affermare che la pianta esigenze delle piante. Di irrigazio- cano in ogni modo per ora docu- fu coltivata sicuramente nella ne che sfruttasse le acque natu- menti certi. È in ogni caso indubi- zona umida nei pressi della chie- ralmente presenti non si ha infatti tabile che dietro la realizzazione sa di San Rocco fuori Polcenigo, traccia certa fi no al termine del delle marcite ci siano stati una nella località Pradussel, dove an- Settecento: nel 1793 sono i conti robusta presenza di capitale, dato cora quarant’anni fa si potevano Fullini a chiedere alla Serenissi- il costo dei lavori e degli impianti facilmente scoprire alcune piante ma, ottenendola, la necessaria e iniziali, e una serie di conoscenze di riso inselvatichito. Non a caso non scontata autorizzazione per tecniche e agronomiche non in- ai primi dell’Ottocento più d’uno utilizzare le acque di alcune ac- differenti, entrambe mancanti ai dei mulini polcenighesi disponeva que sorgenti (lo Schiavozit, l’Ac- popolani. Le marcite polcenighesi – così certifi cano i Sommarioni quarollo del Bodegan, l’Acqua vennero tenute in perfetto ordine napoleonici – di un’apposita pesta delle Buse e la Dozza Codera) e conservazione e attivamente da riso, segno inequivocabile che per l’irrigazione ad uso di prato utilizzate fi no a pochi decenni fa in loco c’era la materia prima da naturale di otto loro terreni posti (in taluni casi fi no agli anni No- lavorare. La nuova coltivazione a sud-ovest di San Giovanni, ver- vanta del Novecento), poi, con la so Ranzano e Nave. progressiva crisi dell’agricoltura e Anche a Polcenigo comunque è dell’allevamento bovino, sono sta- stato a lungo praticato il siste- te pressoché abbandonate, anche ma delle marcite, soprattutto in a causa dei costi e delle fatiche un’ampia zona a ovest del centro richiesti per la costante manuten- e intorno al colle di San Floriano, zione delle canalizzazioni e delle tra le località Livenza, San Rocco, paratie che ne permettono l’esi- Pradussel e Musil. Qui si sono stenza. Oggi diversi canali sono sfruttate le acque del Gorgazzo così ostruiti o privi di chiuse e e del Gorgazzetto, un suo antico non hanno più la necessaria cura, ramo artifi ciale, per inondare in ma ne resta qualche esempio ben maniera controllata decine di conservato nell’ambito del Parco prati attraverso una serie di cana- rurale di San Floriano, ai piedi lizzazioni realizzate ad arte con dell’omonimo colle, utilizzato ora un attento studio delle pendenze, soprattutto per scopo dimostrati- fornite di chiuse e paratoie con le vo e didattico. quali regolare il fl usso idrico, al Se tutte le coltivazioni erano fi ne di ricavarne più tagli d’erba legate all’acqua, una lo era più nel corso dell’anno. Chi e quando di tutte: quella del riso. E pro- abbia introdotto la pratica delle prio questa pianta anfi bia fu marcite a Polcenigo resta per ora “provata” a Polcenigo, con tutta La zona delle marcite in località Musil oscuro: forse furono proprio i probabilità tra la fi ne del Sette- a San Giovanni, all’interno del parco Fullini a trasformare alcuni loro cento e gli inizi dell’Ottocento, rurale di San Floriano. 46 •

non ebbe però successo duraturo, forse perché il terreno e il clima non erano adatti, oppure perché, come altrove, si riscontrò una crescita della malaria, che nelle risaie trovava facilmente esca e che indusse dunque ad abbando- narle; sicché se ne perdono ben presto le tracce, mentre i mulini sostituiscono in fretta alle peste da riso quelle da orzo o comun- que da cereali. Un ultimo contributo, seppur indiretto, portato dalle acque Scorcio del sito archeologico-naturalistico del Palù di Livenza, a cavallo fra i comuni alla coltivazione era costituito di Polcenigo e Caneva, dichiarato nel giugno del 2011 “Patrimonio dell’Umanità” dal largo utilizzo dei fanghi, ac- dall’UNESCO. curatamente raccolti nei fossi e nei torrenti locali e poi utilizzati l’asciugamento del Palù, autore nei relativi contratti (per altri casi come prezioso concime nei campi di una grande bonifi ca che, una rinviamo ancora al nostro libro e nei prati, a soccorrere il sempre volta ultimata, aveva permesso sugli opifi ci idraulici locali). C’è troppo scarso letame animale, un defl usso delle acque stagnanti poi traccia di un’antica peschiera, secondo quanto ci testimoniano e fatto sparire palude e malaria probabilmente anch’essa dei conti gli Atti preparatori del 1826 già (oltre che un antichissimo mulino di Polcenigo e ora scomparsa, si- citati. in località Livenza, sfruttante un tuata subito a sud della chiesa di Un caso particolare era poi costi- piccolo salto d’acqua purtroppo Coltura, oltre la strada Pedemon- tuito dal Palù, ampia zona palu- eliminato dai lavori), felicemente tana, dove già nel Cinquecento si dosa che in tempi lontani aveva sostituiti da ubertosi campi. rinviene il signifi cativo toponimo ospitato, come s’è detto, un vil- Peschiera (era alimentata forse laggio preistorico, e che poi aveva Trute, gamberi e lamprede dalla vicina fontana detta del per secoli costituito – come tutte Un altro uso delle acque polce- Doi?). E c’è notizia anche di un’al- le paludi, del resto – sia una risor- nighesi di cui ci rimane qualche tra peschiera, più tarda, in Pra sa che un pericolo. Aveva sì offer- testimonianza è l’allevamento di Bazarin (l’attuale località Prada- to erba, strame e legna (e anche pesci in peschiere, ancor oggi del rin a San Giovanni): l’informazio- non pochi dissidi sul loro utilizzo, resto praticato con successo in ne ci è fornita, suo malgrado, dal sia interni alle tre comunità pol- zona. Alcune peschiere si trovava- tredicenne Girolamo Pilot, che nel cenighesi che esterni, ad esempio no in passato nei pressi dei muli- 1825 muore annegato nell’acqua con quelle budoiesi comprese nel ni, come quella esistente nel 1612 della peschiera forse a causa del feudo), ma anche sottratto prezio- e fi no almeno alla metà del Sette- mal caduco (epilessia) del quale sa terra alle coltivazioni più pre- cento accanto al cosiddetto mo- secondo il parroco soffriva. giate, quelle cerealicole, e accolto lino di Livenza: grazie ad esse i Abbiamo parlato di allevamento la zanzara anofele, portatrice del- mugnai potevano pagare ai conti di pesci, e dunque facciamo qual- la malaria (e qualche caso della giusdicenti, proprietari degli edifi - che cenno alla pesca in generale. tremenda malattia s’era così veri- ci molitori, parte dell’affi tto annuo Le fredde e limpide acque dei fi cato in zona). Questo fi nché nel in natura sotto forma di trute, fi umi e dei torrenti polcenighesi, 1837 si costituì un consorzio per come più volte si trova pattuito Livenza e Gorgazzo in testa, • 47

abbondavano in passato di crosta- sua pubblicazione con giustifi cato precisione a San Giovanni, fi no cei (gamberi di fi ume) e di pesci orgoglio le acque del paese natio, ai giorni nostri, pur con un certo pregiati e prelibati, tanto che nel ricche di trotta che si pesca ridimensionamento negli ultimi 1556 i Sacilesi vennero proprio a tutto l’anno, e viene spedita in anni. Polcenigo a rifornirsi di truta dai parecchie città d’Italia; ricorda- I conti di Polcenigo detenevano conti locali per far bella fi gura con va poi che in quell’anno se n’era poi ab antiquo – quantomeno dal un ospite di altissimo lignaggio, pescata una di ben dodici chili. Duecento – lo jus piscandi, il di- nientemeno che la regina di Po- Soltanto un paio d’anni più tardi il ritto di pesca sulle acque del loro lonia Bona Sforza, di passaggio medico e naturalista polcenighese contado, ed era una prerogativa per la città liventina. A metà del Gian Andrea Curioni (1807-1883) che non mancavano mai di riba- Settecento si ricordava Polceni- ricordava in una sua curiosa dire nelle periodiche richieste di go, in una sorta di enciclopedia opera manoscritta, il Romito di reinvestitura del feudo che rivol- geografi ca dell’epoca, come di bar, che i fi umi e torrenti locali gevano a Venezia durante il lungo un luogo nel quale si pescava la erano ricchi di pesci pregiati e dominio del leone marciano, a più saporita e squisita qualità ospitavano il temolo, la tinca, il partire già dal Quattrocento. Que- sì di trotte come di lamprede luccio, l’anguilla, la lampreda, il sta facoltà esclusiva di pesca negli dell’intero Friuli, primato ribadito gambero, lo squallo, il barbio e il anni immediatamente prima del in vari altri libri usciti tra la fi ne marsione, oltre che ovviamente 1671 era stata però indebitamente del XVIII e la prima metà del XIX l’immancabile trota. L’allevamen- venduta dalla gastaldia di Cane- secolo. Ancora nel 1877 l’ingegner to proprio di trote proseguirà va (che non ne era proprietaria!) Pietro Quaglia magnifi cava in una nel territorio comunale, per la agli illustrissimi signori veneziani Marin e Marco Tiepolo: tale so- pruso aveva provocato le vibranti proteste dei conti polcenighesi, che si vedevano così privati di un loro importante diritto. Col tempo (e con le opportune lagnanze) il diritto usurpato tornò comunque ai gelosi giusdicenti locali, che lo esercitarono fi no alla caduta della Serenissima, quando lo persero insieme a tanti altri privilegi or- mai anacronistici.

In lotta con le acque Non è da credere che i rapporti dei Polcenighesi con le loro ac- que siano stati sempre pacifi ci: al liquido elemento non piace, né qui né altrove, essere trattenuto, piegato, domato; come un cavallo selvaggio si divincola, s’imbiz- zarrisce, si muove in maniera Fitto reticolo di corsi d’acqua di risorgiva a San Giovanni in un disegno acquerellato scomposta e imprevedibile. Così a mano nel catastico dei Manin (proprietà prof. Mario Cosmo, Polcenigo). almeno pare all’uomo, in realtà 48 •

l’acqua ubbidisce a poche e salde regole: banalmente, va dall’al- to verso il basso e, non avendo forma propria, tende a occupare ogni spazio possibile. Ha sempre fatto in questo modo, come si vede nelle zone dove la presenza umana è assente o minima, cre- ando laghi, paludi, zone golenali, lagune, delta. Ma l’uomo vorrebbe che l’acqua fosse stabile, control- labile, prevedibile, come la terra Il torrente Gorgazzo (quasi in secca) appena passata la piazza principale di (ma anche la terra riserva spesso Polcenigo in una cartolina viaggiata nel 1923 (proprietà Gianfranco Martello, sorprese!). Vorrebbe usarla senza Ronche di Fontanafredda). pagar dazio, prendere e non dare. L’acqua non ci sta, e allora comin- tanto inondazioni, straripamenti, l’Artugna, il Rujo di Brosa, che ciano i problemi. E problemi li alluvioni o esondazioni che dir si passa per mezzo al capoluogo causò spesso anche a Polcenigo: voglia, che si abbattevano in par- comunale e reca molto danno come scrisse giustamente nel ticolare sui borghi pedemontani ai fabbricati e agli edifi zi, il 1877 l’insigne geografo friulano di Coltura e Range, dove conver- Fossal, il Rualf (Ruals), la Mena Giovanni Marinelli, in visita da gono vari torrenti montani, senza e la Valle di S. Antonio, che queste parti, le copiose acque lo- comunque trascurare Polcenigo, precipitosamente discendono cali costituiscono accanto ad un dove infi erivano il Gorgazzo e il con violento corso dai monti vantaggio, anche un danno ed Rui de Brosa, e nemmeno San vicini, così che sboccano sulle un pericolo. Giovanni, che pur lontana dai terre migliori della Comune, e Da noi s’incrociano infatti negati- monti doveva da parte sua pati- per mezzo l’abitato del misero vamente l’aspetto geomorfologico re le stravaganze dell’Artugna e villaggio di Coltura, recando del territorio e il clima: il primo di vari altri piccoli ma insidiosi danni e rovine alle campagne vede montagne che scendono ripi- rui (in queste due frazioni del e agli abituri di quegli infelici. damente verso il piano con la pre- resto l’ultima inondazione, pur se Parlando dei torrenti, i delega- senza di stretti canaloni, il secon- parziale, risale a pochissimi anni ti comunali affermano poi che do annovera Polcenigo tra le zone fa, sempre per colpa degli stessi hanno un corso rapidissimo e più piovose del Friuli (un tempo corsi d’acqua che infi erivano nel seco trascinano ghiaja, sassi era la seconda località della regio- passato). e grossi macigni. Tutti questi ne per piovosità, dopo la zona di Al proposito la situazione de- corsi d’acqua scorrono sopra un Tolmezzo). Così, in occasione di scritta negli Atti preparatori piano superiore agli adiacenti piogge persistenti, oppure brevi del catasto austriaco del 1826 ci terreni non sussidiato da ve- ma abbondanti, i torrenti monta- pare chiara e valevole anche per i run argine, e conseguentemen- ni, in genere del tutto secchi per secoli precedenti e per larga par- te all’evvenir della più picciola gran parte dell’anno, in poche ore te dei due seguenti. Scrivevano alluvione straripano dall’ordi- si trasformavano (e si trasforma- allora sconsolatamente i delegati nario ristretto lor letto e vanno no talvolta ancor oggi) in corsi polcenighesi: Moltissimi sono i a spargersi nelle aderenti sotto- gonfi d’acqua che non riusciva a torrenti che attraversano que- poste campagne; di conseguenza essere accolta da alvei ristretti e sto territorio comunale, fra i i torrenti locali cagionano danni poco incavati. Ne risultavano per- quali i più considerabili sono rifl essibili a diretti per • 49

corrosioni, per rotte, per inonda- tus per montanam, distrutto a Prenan e in Pianta dolza, erano zioni e le loro acque o aportano causa delle montane. Nel 1521 coperti dalla ghiaja condotta inghiajamenti alle terre sovra due campi a San Giovanni, uno dal Rualf (cioè il Ruals). Passan- le quali scorrono, o volendo in Cal sacolana e l’altro al Grun do alle strade, troviamo per esem- esser benigne si limitano a delle piere, appaiono destruti pio che nel 1776 a San Giovanni trascinar seco tutta la miglior dal torrente Artugna. Una pezza una stradina campestre in Ba- terra di quella campagna che di terra in Costa de Range ap- ianin era stata rovinata da un ha la fatalità di riceverla in suo pariva nel 1648 la maggior parte rugo, mentre un’altra in località seno. Affermazioni poco diverse ingravata dal rujo chiamato la Drio le piante era stata dirroca- erano fatte una quarantina d’an- Costa de Rangie, mentre un’altra ta dall’Artugna. ni più tardi, nel 1868, quando si in località Sorboler a Coltura non Ma non solo campi, prati e strade scrisse che l’intera Pedemontana poteva essere misurata dai periti erano distrutti o danneggiati dal- liventina contava numerose acque agrimensori poiché ruvinata le acque: anche le costruzioni ri- torrenziali, che per la nuda e dall’impeto delle acque. Nel 1758 sentivano del nocivo effetto delle scoscesa costa alpina irrompo- un terreno in località Le spesse esondazioni o delle frane provoca- no nelle valli soggiacenti, da a Coltura era gerato dal scolo te dalle precipitazioni che ingros- dove cariche di terre e ghiaje si dell’acqua delle montagne, e savano i corsi d’acqua montani. disperdono nei sottoposti piani, due anni dopo un campo in Ronc, Di nuovo qualche esempio tratto minacciando di gravi danni situato a Polcenigo nei pressi del dalla documentazione esamina- e i campi e l’abitato. Ai torrenti Gorgazzo, era assai svalutato ri- ta: alla fi ne del Cinquecento una elencati nel 1826 il volume del guardo al danno continovato rovina grandissima, precipitata 1868 aggiunge poi il Torrente di dell’acque del suddetto torrente dai monti in seguito alle piogge, San Francesco (o Grave), che in tempo di brentane. Ancora, aveva soltanto sfi orato il santuario passa pericolosamente vicino al nel 1812 due campi a Coltura, in e il retrostante convento france- santuario della Santissima, il Tor- rente del Maso e quello dei Dori- ghi, che scendono sopra Coltura, e il Rugo di Range nell’omonima località: tutti pronti a passare in poco tempo da pietraie asciutte a devastanti collettori d’acqua pio- vana. Così i torrenti locali, si sosteneva nel 1808, spessissimo disalve- ano, corrodono le sponde e fanno perire li terreni contigui. Infi niti appaiono pertanto nella documentazione storica i casi di terreni e strade invasi dalle acque, ricoperti da fanghiglia e sassi, resi incoltivabili (i campi) e intransitabili (le strade). Nel mucchio, scegliamo solo qualche caso esemplifi cativo: nel 1409 un La confl uenza fra la Livenza e il Gorgazzo in un disegno nel catastico dei Manin terreno a Coltura risulta destruc- (proprietà prof. Mario Cosmo, Polcenigo). 50 •

scano della Santissima Trinità, nei sormontata fi n dal XVI secolo, e villa di Coltura era stata violente- pressi delle sorgenti della Livenza, forse anche da prima, da un gran- mente colpita dalle acque calate senza arrecarvi un pur minimo de orologio e ora scomparsa. L’an- da’ monti vicini sotto forma di danno o travaglio, il che era sta- no dopo, una casa in Coda forada furiose brentane che avevano to preso da tutti per un vero e pro- a Polcenigo (nell’attuale Cortivon provocato danni gravissimi et prio miracoloso intervento divino. dietro il municipio) si presentava irreparabili nelle case e cor- Nel 1738 l’irruento Rui de Brosa dirocata dall’acqua e con il cor- tivi di molti particolari, con aveva addirittura demolito la por- tile ingravato dal torrente Rug- ingeramento d’una grosa parte ta d’accesso a Polcenigo venendo gio, ossia dal solito Rui de Brosa, dei pochi campi et pradi, con da San Giovanni, quella detta col quale confi nava a sud. esterminio dei semenati, con dell’orologio o delle ore, perché Nell’ottobre del 1756 la povera escavacioni delle strade, con animali, instrumenti rurali e mobili via straportati e perduti e con una dona sepolta sotto le rovine, tanto che il paese era ridotto il tutto inaccessibile et in pericolo evidentissimo di re- star abbandonato, con gli abitan- ti raminghi: così si lamentavano lacrimevoli e suplichevoli (e magari un tantino esagerando) i disgraziati Colturani con il Pren- cipe Serenissimo, sperando che si muovesse a pietà e compas- sione verso il suo popolo affl ito e angustiato con improbabili aiuti o esenzioni fi scali. E l’elenco di distruzioni e disgrazie potrebbe continuare a lungo, fi no al Nove- cento, a dimostrazione della dif- fi cile convivenza dei Polcenighesi con le loro capricciose acque. Ancora nel 1941, per la precisione il 12 giugno, giorno del Corpus Domini, Coltura rischiava di nuovo grosso per colpa del clima e di un suo torrente, la Mena, pur previdentemente imbrigliata da una canalizzazione con argini già dal 1905. In quel giorno di fi ne primavera e già di guerra, secondo una cronaca dell’epoca, una tromba d’acqua, formatasi Antiche case del Borgo di Slas (o Borgo di sopra) lungo il corso del Gorgazzo, non sulla montagna che sovrasta lontano dal centro di Polcenigo. il paese, scoppiava sul letto del • 51

torrente Mena che scende ri- Inutili difese pari, briglie e pennelli piccoli pido lungo il pendio montano, Come si reagiva alle inondazioni, e grandi per contenere le acque rompendone gli argini. Così, alle erosioni e alle devastazioni? disalveate, usando terra, crode, accompagnata da uno spaventoso Innanzitutto, lamentandosi con i legna; e poi cercare di tenere il rumore, una vera valanga di conti giusdicenti, che però inter- più possibile sgombri i letti dei acqua, di materiale roccioso e venivano raramente e soltanto torrenti da alberi, arbusti e pietre sassoso e di abeti sradicati si quando la faccenda li toccava affi nché non fermassero e devias- abbatté in pochi istanti sulla direttamente (vedi più avanti). sero l’impeto delle acque quando borgata inondando le case, pa- Peggio ancora andava con la scendevano le rovinose brenta- recchie delle quali poste ai lati lontana Repubblica di Venezia, ne e montane. Si spiega così ad del torrente corsero anche serio inutilmente invocata come s’è esempio la presenza nel 1752 di pericolo di essere travolte. Men- visto dai Colturani, ma sorda a un muro per riparo dell’acqua tre il parroco suonava a martello richiami e suppliche provenienti in un terreno in località Pradu- le campane della chiesa, com’era da zone così distanti e a situazioni lin, a pochi passi dalla sorgente d’abitudine in caso di calamità, locali che non avevano in fi n dei del Gorgazzo, o altri ripari sul l’acqua raggiunse oltre mezzo conti conseguenze negative sulla Rui de Brosa in centro a Polceni- metro d’altezza ed in molti quar- laguna, unica vera e grande pre- go citati qualche anno più tardi. tieri più bassi anche parecchi occupazione dei magistrati della Non c’era però un progetto com- metri, cosicché in molte case la Serenissima. Vista l’inutilità delle plessivo e razionale di protezione gente dovette precipitosamente lamentele, non rimaneva allora dalle acque: come si affermava rifugiarsi nei piani superiori. che rimboccarsi le maniche, os- nel 1808, ogni proprietario di In molte abitazioni l’acqua fi ltra- sia ricostruire il distrutto come terreno si procura la difesa. va attraverso i muri e scendeva possibile e, a scopo preventivo, Per il loro elevato costo, i lavori come un diluvio lungo le canne erigere, tenir in conzo e rifare di arginatura e di protezione di dei camini e attraverso le fi ne- di continuo argini artifi ciali, ri- case e campi potevano essere così stre, molte delle quali avevano ceduto. Per fortuna il fenomeno fu di breve durata e quindi le acque poterono gradatamente ridiscendere, lasciando però notevoli danni, stimati oltre le centomila lire, agli argini del torrente, ai campi e alle case, soprattutto per l’ingente mole di materiale precipitato dalla montagna ed accumulatosi un po’ dappertutto, che fu poi stimato in circa 1.500 metri cubi. Per buona sorte non ci furono vittime né fra le persone né fra i preziosi bovini, ma un notevole numero di animali da cortile perì Il centro di Polcenigo in una cartolina dei primi anni Cinquanta; appena sotto il nell’acqua o schiacciato dall’in- giardino sul pendio collinare di Palazzo Scolari-Salice (a sinistra, in primo piano) gente materiale trascinato giù e prima dei palazzi sulla destra, scorre, non visibile nell’immagine, il piccolo ma dalla montagna. pericoloso Rui de Brosa, causa in passato di tante inondazioni. 52 •

realizzati soprattutto (o soltanto) dai pochi ricchi possidenti e dagli enti religiosi. Per esempio, Otta- viano Manin, conte di Polcenigo e potente Procuratore di San Marco a Venezia, aveva benevolmente donato nel 1669 un suo terreno al convento francescano della San- tissima, avvertendo però i frati di costruirsi riparo, acciò l’acqua che in tempi di gran pioggie scorrono dal monte con grande veemenza, non possino danifi - care (come minacciano) detto Lavandaie sul Gorgazzo in centro a Polcenigo in una cartolina viaggiata nel 1909 loro convento. Qualche anno (proprietà Gianfranco Martello, Ronche di Fontanafredda). dopo, nel 1695, il frate guardia- no del convento, padre Mario da rovinose materie in grandissi- incessantemente con la sua cor- Venezia, prendeva infatti accordi ma copia, si erano infrante con- rente le zone vicine alle chiese di con un muratore per costruire tro le mura della clausura, ossia San Rocco e di Ognissanti (ora una rosta, o sia riparo del tor- il robusto muro che racchiudeva il Madonna della Salute): ecco dun- rente detto le Grave (il Torrente brolo conventuale, abbattendone que la confraternita che spende di San Francesco, come s’è det- una parte e penetrandovi, fi nendo 29 lire nel 1790 per far portare to), poiché esso causava grave poi anche nell’orto del convento, tredici carri di crode per l’arzere danno et pregiuditio al conven- che restava così inondato e rovi- (argine); altre 40 lire nel 1793 e to stesso. nato da sassi e ghiaia; abbattuto nel 1794 per ristauro del riparo Non s’era sbagliato il buon frati- anche un altro pezzo di muro a diffesa del cimiterio (quello cello, giacché nel 1756 il convento della clausura, le acque e i detriti presso San Rocco); ancora 15 lire fu di nuovo, come già alla fi ne infi ne sboccarono a traverso nel 1796 in travi per far pali nel del Cinquecento, sfi orato da una della pubblica stradda nella vi- riparo di legno; infi ne, 32 lire grande frana, staccatasi dai monti cina Livenza, mentre una lingua nel 1800 per altre crode per il sovrastanti. Così la didascalia di franosa minore si era fortunosa- riparo. un particolareggiato disegno co- mente arrestata a pochissimi me- Nel novembre del 1714 i fratelli evo, illustrante il fatto, descrive tri dal convento e dalla foresteria. don Antonio e Michele Gorgazzi il mancato disastro: il 13 ottobre Forse fu proprio un’altra frana (proprio così: Gorgazzi!), appar- 1756 sulla corona di monti so- provocata dalle acque a segnare, tenenti a una ricca famiglia della vrastante il santuario si era for- di lì a meno di cinquant’anni, la borghesia locale, chiedono al mato con rumore orribilissimo defi nitiva scomparsa dell’edifi cio conte Pietro Paolo di Polcenigo un tremendo turbine d’acque; conventuale, già uffi cialmente di poter appogiar et ingrosare le acque poi discenderono per soppresso da Venezia nel 1769 e un pezzo del muro che circonda alvei diversi impetuosamente poi acquistato all’asta dai conti di il loro cortile e una tezza, situati con moltitudine di maccigni, Polcenigo. fuori delle porte di Polcenigo, dirupi, sassi e ghiare, sormon- La Scuola (confraternita) di San muro che era stato rovinato nel tarono il loro alveo consueto, Rocco era dal canto suo impegna- passato giorno di San Rocco dal dopo averlo colmato di sassi e ta in una lunga e costosa battaglia torrente detto il Ruggio (il solito di ghiare e, conducendo seco contro il Gorgazzo, che erodeva Rui de Brosa!), alla qual rotura • 53

si haveva detto torrente fatta anch’essi conti di Polcenigo – era negli anni successivi a difesa strada non più stata et sbocava un rinomato scienziato e grandis- delle abitazioni); lavori che as- nel torrente deto il Gorgazzo, simo esperto di idraulica. Intorno sorbivano in continuazione soldi sopra il quale sono detti edifi ci; al 1825, stando agli Atti prepara- comunali e destavano costanti chiedono il permesso proprio al tori stesi l’anno seguente, furono preoccupazioni ai sindaci e alle conte perché il muro in questione nuovamente i conti di Polcenigo, giunte dell’epoca, pur non risul- era stato incorporato dal nobile stanchi delle continue inondazio- tando mai defi nitivi. polcenighese con il rimanente ni che danneggiavano anche le del muro rimasto in piedi a loro case, a guidare ulteriori la- preservatione del di lui mollino vori di sistemazione del Gorgazzo e di tutti gli edifi ci seguenti. e soprattutto del pericolosissimo Nel Settecento i nobili giusdicenti Rui de Brosa, che minacciava di avevano realizzato grandi lavori abbattere e squassare gli edifi zi di sistemazione delle acque, ve- e la massima parte del caseg- ramente spaventose in tempi di giato di questo paese. Più volte piene, versate dal Gorgazzo e nelle carte comunali superstiti si Bibliografi a dal Rujo e trascorrenti per mez- parla poi tra fi ne Ottocento e inizi zo al paese (così in un libro del Novecento di lavori di arginatura, R. Bortolini – D. Zambon, Alle sorgenti del 1868); sistemazione che, si sostie- pulizia degli alvei e difesa di vario Livenza. Documenti per conoscere e per tutelare il paesaggio, Rassegna tecnica ne, vuolsi dovuta allo Zendrini, genere condotti sul Gorgazzo, sul- del Friuli – Venezia Giulia, XLII (1991), 3, il quale – se fosse stato, come la Mena, sul Fossal, sull’Artugna e pp. 30-34. pare, proprio il famoso Bernardi- soprattutto sul sempre pericoloso A. Fadelli, Storie polcenighesi, Polcenigo, no (1679-1747), in cordiali rappor- Rui de Brosa (ad esempio quelli 2003. ti tra l’altro con i Manin, divenuti realizzati nel 1891-1894, più altri A. Fadelli, Storia di Polcenigo, Pordenone, 2009. A. Fadelli (a cura di), Girava un tempo la ruota… Opifi ci idraulici a Polcenigo dal Medioevo al Novecento, Polcenigo, 2001. A. Fadelli (a cura di), Polcenigo. Studi e documenti in memoria di Luigi Bazzi, Polcenigo, 2002. G. Marinelli, Una visita alle sorgenti del Livenza e al Bosco del Cansiglio e un’ascesa al Cimon della Palantina (Monte Cavallo), Torino 1877, rist. anast. a cura di M. Baccichet, Sacile, 1991. F. Metz – A. Fadelli, La chiesa e il convento francescano della Santissima Trinità a Coltura in un inventario del 1769, Atti dell’Accademia “San Marco” di Pordenone, 7/8 (2005-2006), pp. 123-168. P. Quaglia, Statuto ed ordinazioni di Polcenigo, Udine, 1877. Sacile e suo distretto, Udine, 1868. E. Varnier, Verbali di deliberazione del consiglio comunale di Polcenigo dal Gli opifi ci idraulici (mulino e poi centralina idroelettrica) sul Gorgazzetto appartenenti 1877 al 1904. Indice degli argomenti, alla famiglia Massignani in una cartolina dei primi del Novecento. Polcenigo, 2006. La Platìscje a nord di Sterpo in comune di Bertiolo. Fotografi a di Stefano Zanini. • 55

Maurizio PUNTIN Nomi slavi di acque nella pianura friulana

UnaUna delledelle piùpiiùù sisicurec acquisizioni acqua, dipendiamo strettamente cepibile nei documenti superstiti. dedegligli studi toponomasticitotopon è quella da questo elemento e ciò sarebbe Per esempio da un secolo all’altro dedellalla straordinariastraorrddina conservati- già suffi ciente per giustifi care un capitava che la roggia chiamata vvitàità dei nominom dedei corsi d’acqua. valore quasi magico dei nomi dati nel sec. XVII a San Canziano Pa- Si specifi specificspecifica ca ulteriormente ulter “corsi anticamente alle acque di una toch (in sloveno ‘corso d’acqua’) Ud’acqua” medio-grandi e dunque terra. I grandi idronimi poi sono fosse nel secolo successivo cono- non i laghi e quasi tutti i fi umi di patrimonio di grandi regioni e sciuta solo col nome generico di piccola portata. Si tratta di una vengono tramandati da vari livelli Roggia di San Canziano, perché costante osservata in molte gran- sociali ed istituzionali. Natural- ormai una buona parte dei con- di regioni del mondo; anche dove mente questi nomi antichissimi tadini discendeva da immigrati importanti idronimi sembrano non restano immutati, vengono a cui non sempre si riusciva a rifl ettere la situazione linguistica sottoposti alle regole fonetiche tramandare questi nomi. In al- attuale (o un suo stadio arcaico), delle varie lingue che si avvicen- tri casi un ruscello prendeva la come per esempio nella Polonia dano nelle regioni ed è per questo denominazione da un contadino centro-orientale, ciò deriva dal che spesso è molto diffi cile tro- che possedeva o che solo lavora- fatto che quelle zone sono state vare un’etimologia convincente va i campi vicini; in altri ancora abitate da popoli slavi fi n da epo- che trovi il consenso di tutti gli riusciva più comodo indicare che remote. Comunque in tutta studiosi. Il discorso cambia per un’acqua col nome di una realtà Europa i grandi nomi dei fi umi i laghi che, col tempo, hanno antropica e sociale della zona. Ed (o idronimi) derivano da sostrati assunto quasi sempre il nome di ecco le varie Roggia della Chie- spesso di remota antichità. Nel una località importante (se non al sa, roggia della Comunità, rog- nostro Friuli provengono quasi presente nel passato) situata sulle gia del Mulino, roggia Macilâr tutti dal sostrato prelatino; fa loro rive. (‘dei macereti’), canale dei Masi eccezione per esempio il Degano I corsi d’acqua medio-piccoli (da mansi), roggia Novâi (‘dis- che, col senso di “fi ume princi- seguono il destino della micro- sodamenti’), roggia Ortenis (da pale” (friulano deàn dal latino toponomastica che ha una grande cognomi come Arten), ecc. Fre- decanus ) del Canal di Gorto variabilità nel tempo. Questa quenti anche i nomi di acque che potrebbe aver sostituito un nome nomenclatura veniva tramandata rifl ettevano realtà naturalistiche: più antico e prelatino, forse il a livello popolare e capitava che i vari Rafelèt (‘rio delle felci’), celtico *Gort. È impossibile qui variasse perfi no col cambio di Nojâr (‘del noce’), ecc. fare anche soltanto una sintesi di conduzione di alcuni masi da un Questo per quanto riguarda questa che potremo chiamare una gruppo familiare ad un altro. Nel l’ambiente linguistico romanzo ‘costante toponomastica’. Monfalconese (o Bisiacaria) que- maggioritario da sempre nella Noi siamo fatti letteralmente di sta evoluzione è ancora ben per- pianura friulana, rappresentato 56 •

dai dialetti friulani, che conti- forti gruppi morlacchi e croati sultavano deserti e spopolati: le nuano sostanzialmente il latino nell’Istria spopolata dalle epide- cosiddette pustòtis, termine che aquileiese e concordiese. Fanno mie, nella più totale indifferenza entrerà nel friulano. Il fatto che eccezione alcuni dialetti veneti alla lingua da essi parlata. queste zone fossero sparpagliate che continuano in gran parte Prescindendo ora dal problema a macchia di leopardo risulterà l’evoluzione come si è svolta (par- della datazione delle immigrazio- esiziale dopo qualche secolo per tendo da un fondo comune con ni slave, diamo per scontato che la sopravvivenza della lingua Aquileia) fra Venezia e Padova nel gruppi slavi si stabilirono nelle originaria. Certi lavori fatti in co- basso medioevo e che è poi stata zone aperte e nei villaggi che ri- mune, la frequentazione dei mer- importata diacronicamente in diverse località costiere regionali, nel corso di complessi e ripetuti eventi immigratori. Ma nella bas- sa pianura e nel medioevo non fu sempre così; ci furono periodi in cui clan di pastori e di agricoltori slavi colonizzarono a macchia di leopardo diverse aree di queste terre. Abbiamo avanzato l’ipotesi che i primi ingressi siano avvenuti in epoca altomedievale, ad opera di gruppi pastorali slavo-alpini (dagli slavisti si defi nisce slavo- alpina, o paleoslovena, la lingua parlata approssimativamente fi no al sec. X dagli antenati degli sloveni, prima del defi nitivo di- stacco di questa lingua dallo slavo comune altomedievale. Alcuni toponimi sembrerebbero avva- lorare questa ipotesi (Pradigoi, Visco, Persereano e Passariano, ecc.). Non ci sono testimonianze per questo periodo, come non ce ne sono di chiare per il periodo successivo (secc. X-XIII), perché alle autorità civili e religiose non interessava minimamente la que- stione della lingua dei popolani chiamati a colonizzare una terra. Bastava che fossero ligi alla reli- gione uffi ciale, che lavorassero e che pagassero i vari censi. Ancora in età moderna (secc. XVI-XVII) Venezia favorì l’immigrazione di La Belizza a Torsa. Fotografi a di Stefano Zanini. • 57

cati, i matrimoni misti alla fi ne qualche nome di acque minori, to è stato sempre continuativo determineranno il lento passaggio delle zone delle risorgive e di e privo di rotture storiche come al friulano di queste comunità. Di quelle immediatamente più a sud. fu il caso di tante zone della pia- loro ci restano centinaia di micro- Nel Friuli collinare (a parte la nura. In quest’area troviamo un toponimi agrari che ora emergono zona prealpina orientale dove lo idronimo sicuramente sloveno, nel corso dei vari studi toponoma- sloveno si è mantenuto fi no ad ed è il torrente Patoc di Rive stici che si stanno facendo in tanti oggi) la toponimia slava è quasi d’Arcano, legato non al toponi- comuni della pianura. Ma insieme assente, forse perché si tratta di mo principale che è un prediale ai toponimi si è fi ssato anche una vasta area dove il popolamen- celto-latino bensì al vicino borgo di Raucicco /Raucìc, fondato con tutta probabilità da un clan slavo; la base del nome è forse lo sloveno ròv /-óva ‘fosso, alveo di fi ume’, con l’aggiunta del suffi sso -ik. Incontreremo ancora questi nomi, in genere slavi, con il suffi sso -ik (intatto nella dizione friulana), a differenza della diffusa serie che nella tradizione scritta ha fi nali in -icco /-igo (Ciconicco, Bicinicco, Lucinico ecc.) e che la dizione friulana in -ì /-îs /-ins rimanda per certo ad una bimillenaria trafi la celto-latina (-icum /-isio ecc.).

Nel Friuli Occidentale Cominciamo un elenco che non sarà certo esaustivo (certi nomi sono scomparsi defi nitivamente) con le estreme propaggini slave sulla destra del Tagliamento. Il tratto torrentizio a monte del corso d’acqua, che è denominato a valle Fiume, è conosciuto ad Arzene come Rupa (dallo slove- nio rúpa ‘buca, fossato, incavo prodotto dalle acque’). Una forma diminutiva di rupa, Rupiza ven- ne attestata alla fi ne del medioevo ad Aurava (in friulano Dogràva, dallo sloveno dobrava ‘selva’), poco più a nord di Arzene. Più ad occidente ci sono certo alcuni rari Il Tomarésc in comune di Varmo. Fotografi a di Stefano Zanini. toponimi indicativi di presenze 58 •

già presente in un’attestazione del X secolo. Per giustifi care la formazione di un nome simile ci vuole del tempo e questo fatto (insieme ad altri) fa pensare che piccoli gruppi di pastori slavi sia- no passati nelle pianure friulane già in età altomedievale (P 2009), forse fra i secoli VIII e IX.

Nel Codroipese Passando sulla riva sinistra del Tagliamento troviamo subito una strana triade che già il Desinan aveva individuato come tradu- zioni romanze di vecchi nomi sloveni. Presso Codroipo l’Aghe Blancje, l’Aghe Nere e l’Aghe Lu- sint sono nomi senza corrispon- denze in friulano ed invece con tantissime in regioni slavofone, con i classici Bela voda, Cˇrna voda (voda ‘acqua’) e Bistrica. Anche a sud di Talmassons tro- viamo una roggia Belizza, una forma diminutiva della prece- dente Bela (voda). Rimanendo nel Codroipese abbiamo ancora quattro o cinque idronimi di deri- vazione slovena: la roggia Seluset che è un probabile diminutivo ro- Il Brodiz nasce nel parco della villa Colloredo-Mels di Muscletto; l’immagine è stata manzo del vicino top. slov. Salose presa presso Romans di Varmo. Fotografi a di Stefano Zanini. (da *Za – loze ‘dietro il bosco’) e un’Acqua Morava del sec. XVII slave, come Topaligo e Schiavoi Portogruarese, da più studiosi è che trova corrispondenza in un (1341 Sclavoy) di Sacile, ma non stata avanzata l’ipotesi slava per vicino nome di campagne, lis Mo- sono mai stati attestati idronimi l’idronimo Loncón, collegandolo raulis. Nel vasto dominio slavo di tale adstrato linguistico in chiaramente coi toponimi della esistono come è noto molti nomi queste zone. Il Rio Schiavozit serie Lónca (Codroipo, Cormons) del genere, fra cui due grande fi u- di Polcenigo infatti è molto pro- che conservano traccia nella -n- mi (Morava) in Cechia ed in Ser- babile che derivi da una forma delle antiche vocali nasali slave. bia; ma nella Bassa lo ritroviamo diminutivale di un friulano occi- L’esito attuale sloveno si vede come denominazione di antichi dentale *sclauòz ‘tortuoso’, un nella voce loka ‘prato umido’ (CD prati ad Aiello (Moravizza) e a semantema che ritornerà a Mon- 477). Da notare in Loncon il suf- Monfalcone nel sec. XVI (Muri- falcone nel Locavaz. Più a sud, nel fi sso accrescitivo romanzo (-on), vischia). Per questo nome sono • 59

state formulate due fondamen- tali ipotesi, una slovena con un signifi cato agrario specializzato (‘prato di buona qualità’) ed una slava antica indicativa di ‘scuro’ (nell’idronimia ‘acque scure’). In questo secondo caso si rimande- rebbe ad una base slava comune che ha confronti in molte lingue indoeuropee. A Codroipo scor- rono le rogge chiamate di Pas- sariàn e Persereàne, dal nome del villaggio vicino, Passariano, e questo potrebbe derivare da un paleosloveno *Preserjane ‘gente stabilita presso la palude’ (*syr-), con tanti confronti in Slovenia e altrove in regioni slave. Viene menzionata poi un’acqua di nome Patoco (sec. XVII; MBC 88, 99, 124), da una variante dialetta- le occidentale dello sloveno pôtok ‘fi ume, roggia’. Ma come idroni- mo o come toponimo (in terreni rivieraschi) lo ritroviamo un po’ dappertutto, a Rivignano, a Teor, a Castions di Strada, a Fauglis, a Sevegliano (come antico nome di sorgente), a San Canzian d’Ison- zo, ecc. A Romans di Varmo esiste pure una forma diminutiva, il Il Cragno (Cràin o Cragn) ricalca in parte il tracciato dello scomparso fi ume Patucùt, e nel vecchio friulano di Varamus; scorre nei comuni di Varmo, Rivignano, Teor e Palazzolo dello Stella e Sdraussina (Sagrado) il termine confl uisce nello Stella in quest’ultimo comune. Fotografi a di Stefano Zanini. era ancora vivo come indicatore dei valloncelli carsici. che un castello una cortina (o ta- rifl etterà un friulano tàmar ‘re- A sud di Codroipo, nel territorio bor), di cui resta solo la traccia cinto a stecconata’ (di esclusiva di Varmo, troviamo diversi idroni- toponimica. In zona il nome di un diffusione alpina e prealpina); mi minori che ricordano corso d’acqua, Sclaunico, dipen- piuttosto lo sloveno támar che ha l’adstrato sloveno medievale. Co- dente da una vecchia località di lo stesso signifi cato (derivando minciamo con la roggia di Belgra- Belgrado (1507 Sclavonich; MBC dal sostrato carniolino), ma può do, da un classico e diffuso 123) sembra confermare la forte giustifi care una vecchia formante toponimo slavo, con noti confronti presenza ‘slava’ in quest’angolo locativa slovena -išcˇe. La forma in Istria, in Dalmazia e in Serbia. di Friuli. La vicina roggia Ta- non palatalizzata si spiegherà con La curtem de Belgrado maresca /Tomarèsc (MBC 135) le solite ricostruzioni latinizzanti dell’anno 1184 doveva essere più con quel suffi sso diffi cilmente o italianizzanti dei documenti. 60 •

Evidentemente l’acqua scorreva (‘pieno di isolotti fl uviali’), con di Rivignano scorre un’acqua de- in prossimità di un grande recinto una base otok che ritroveremo nel nominata Brodiz e a San Canzian per il bestiame di un villaggio. Cervignanese e nell’Isontino con d’Isonzo un tratto (forse meno Altra roggia di Varmo è la Tòssi- gli idronimi Natòc e Latoch. Nella profondo) della roggia di San na (MBC 137) che doveva nel me- stessa zona la roggia Bròdiz al- Canziano o Potoch fu conosciuto dioevo rinchiudere nel suo alveo ludeva sicuramente ad un ‘guado’ nel sec. XVI anche come Brodez. una o più isolette: il nome con- (sloveno brod + suffi sso diminu- Un etnico potrebbe celarsi in- tinua infatti lo sloveno otócˇena tivo; MBC 35-6); anche ad Ariis vece dietro il nome del canale Cragno (MBC 51), dall’antica denominazione della Slovenia centrale (dall’oppidum celtico di Carnium, divenuto poi Kranj in sloveno). Come nel caso del cognome Cragnolin, potremmo vederci degli indizi per capire da quale regione particolare venisse- ro almeno alcuni dei coloni slavi del medievo. Va detto però che, a giudicare dalle forma antiche (Craij, Chrai), sussiste la pos- sibilità di un altro slavismo, kraj ‘margine, riva’, di alta frequenza nella toponomastica slovena. Come abbiamo visto per il caso del termine pustòt ‘terreno ab- bandonato’, ci furono diversi prestiti fra le due lingue, prima dell’estinzione di una delle due. Macìle / mazìla da slov. mocˇila come denominazione delle pozze o dei tratti di fi ume in cui si ma- cerava la canapa ed il lino, passò anticamente in friulano ed ecco gli idronimi Macilâr (con suffi sso collettivo romanzo) a sud di Lon- ca e di Talmassons, il toponimo Mazzilis di Joannis e il nome di una palude presso Selz (Ronchi dei L.), le Muzìle. Un caso di idro- nimo dove si suppone una fusione di elementi slavi e romanzi è la Puroia di Bertiolo se da un loca- tivo sloveno po- e il friulano roe La Puroia / Puròe scorre nel comune di Bertiolo e confl uisce nello Stella presso ‘roggia’ (voce passata fra l’altro a Sterpo. Fotografi a di Stefano Zanini. molti dialetti sloveni occidentali). • 61

Nei nomi delle rogge Puìc, Pu- riconoscimento quasi ovvio dello del dominio sloveno, a Duino, si licìc e Luvìc, rispettivamente di slavismo, ma una grande incer- rintracciano anche forme dialet- Bertiolo, Flambro e Rivignano, si tezza sul signifi cato. Ora con tali più vicine alla nostra: cerklja. prospettano da tempo degli slavi- l’intervento di Pavle Merkù abbia- Di quale chiesa si trattava? Diffi - smi, prova ne sia il tipico suffi sso mo un’etimologia defi nitiva per cile dirlo, anche perché non cono- intatto in friulano. Nel primo caso l’idronimo e per il simile nome sciamo il corso più antico di la base potrebbe essere la stessa della loc. Platischis di Taipana. quest’acqua. che nell’idronimo sloveno Pivka Si tratta di nomi (nel caso nostro Di grande diffusione sono i topo- (anticamente Pewk), da collegare Platišcˇe) che indicano una ‘parte nimi Dolina e Mlaka; il primo al verbo piti ‘bere’, nel secondo staccata da una unità originaria’, è divenuto di dominio pubblico polje ‘campo’, con formante di- per esempio un pezzo di un gran- dopo la I guerra sul Carso e at- minutiva (*Poljica-). Nel terzo de ceppo, un ‘pezzo’ di una ruota torno a Gorizia e dopo che è pas- ipotizziamo che si celi il nome sla- (i ‘quarti’), ecc. In toponomastica sato nella terminologia comune vo alpino *Lubik-, attestato nella corrispondono grosso modo ai geografi ca e geologica. Ma oltre forma femminile in Stiria nel sec. friulani Part, Lis Parts, Partida, che in Slovenia anche in Friuli XII (Livbicha); cfr. il cogn. croa- ecc. La roggia Platisce ha preso esistevano diversi toponimi sparsi , to Lubich /Lubic. dunque il nome dai terreni cir- per le pianure e indicanti sempre A Flambruzzo (o Flambro infe- costanti. Restando nella zona di delle ‘bassure’ (base slovena dol); riore nei documenti) anche il top. Bertiolo era un tempo attestata nella zona di Rivignano anche il Isernicco /’Zarnìc mostra il suf- la roggia Casineglatto, nel cui nome di una roggia, la Dolina / fi sso suddetto. In zona c’è una pic- primo elemento riconosciamo un Dulìne. Il secondo, mlaka (slove- cola roggia omonima che, come il toponimo medievale, Silva voca- no, ‘prato con sorgenti’), sta alla “Gorgo della Èsare” di Bagnaria ta la Casina (1430, S. Vidotto; base dell’idronimo Almache di Arsa, potrebbe alludere ad un STC), dallo sloveno kozína ‘che Talmassons (MBC 23, 54) e, pro- grande stagno di risorgiva (dallo ha a che fare con le capre’. Oscura babilmente, del nome di un canale sloveno jezero ‘lago’). invece è la seconda parte che non di Ialmicco e Visco, il Milleacque Resta un mistero il valore seman- si sa nemmeno se si presentasse (poi reinterpretato con classica tico originario della roggia Bol- così legata a *Casine-; a parere paronomasia), nonché di innume- zacco /Bolzàc di Bertiolo, anche di chi scrive la fusione appartiene revoli toponimi sparsi nella Bassa se lo slavismo appare diffi cilmen- agli adattamenti romanzi seriori, Friulana (Aiello, Ruda, Tapoglia- te eludibile, considerando pure la quando è scomparso il dialetto no, Visco) e nella Bisiacheria. somiglianza della base col nome slavo parlato in zona. Per un Originata un tempo dalla con- della località Bonzicco /Bunzìc *glat-/*clat- si possono solo far fl uenza di diversi ruscelli e fon- di Dignano (da cui anche un co- ipotesi che però lasciano il tempo tanili, a sud di Flumignano, la gnome friulano). Entrambi sono che trovano: per es. lo sloveno Velicogna è una grande roggia nomi antichi e hanno le formanti klad(a) ‘ceppo’ o hlad ‘fresco’. che, assieme alla più piccola Veli- intatte, come in tutti i toponimi Ad Ariis di Rivignano la roggia cuza, contengono la base slovena slavi del Friuli e a differenza, va Cerclizza /Sarclìsse, che confl u- veli(k) ‘grande’. Velikonja è pre- ripetuto, dei toponimi celto-latini isce nello Stella (MBC 41, 121), sente ancora oggi nell’onomastica che in duemila anni hanno subito rappresenta un caso di un certo slovena goriziana; il particolare modifi che rilevanti e riconoscibili interesse. Il nome è un adatta- suffi sso aveva in origine valenza con studi specifi ci. mento friulano di un diminu- accrescitiva. In pratica è una clas- Anche sull’etimo del nome della tivo sloveno di cerkva ‘chiesa’, sica doppietta toponimica (come roggia Platisce di Bertiolo c’è *cerkvica, con epentesi di liqui- Arzene/Arzenutto, Medea/Me- stato fi n dall’inizio degli studi il da. Ma all’estremità occidentale deuzza, ecc.). Nel caso idronimico 62 •

Lo Zarnìc presso Flambruzzo di Rivignano. Fotografi a di Stefano Zanini. abbiamo, dall’aggettivo sloveno altre ipotesi, come per esempio Pasiano di Pordenone (MBC 51). velika, una forma aumentativa lo sloveno zeléna (-voda ‘acqua Il terzo è un misterioso Blugu- (come nel friulano grandòne) verde’), presente nell’idronimia gni, fra Precenicco e Marano, che con formante slovena ed una di- slovena (Bezlaj 1961). potrebbe spiegarsi bene con un minutiva, con formante romanza Fra Ronchis di Latisana e Prece- antroponimo slavo documentato -ùze (come nel friulano gran- nicco ci sono solo tre casi dove si fra Slovenia, Carinzia e Friuli; è dùte, grandùçe). ipotizza seriamente la presenza la stessa base (*blag-) che trovia- di slavismi. Uno è il Leonischis mo nel toponimo Biauzzo /Blaùz Verso le Basse di Ronchis che può rifl ettere un (ant. Blaguz) e nel cognome Continuando la nostra rassegna toponimo misto, *Alnišcˇe con Blagogna, più volte attestato nel ci spostiamo verso le Basse dove un latino alni ‘ontani’ + forman- Monfalconese. La forma attuale troviamo un bel fi ume di risorgi- te slava, ma anche un Lanišcˇe maranese (Bragugni) è una va, il Zellina; forse dal nome del- ‘campo di lino’, con tanti con- evidente paronomasia. Non deve la zona dove poi sorse il villaggio fronti in Friuli (Crauglio, Oleis, meravigliare l’emergere di no- omonimo (Zellina / ’Zilìne), che Carso, ecc.). menclatura slava ai confi ni della i coloni sopravvenuti trovarono Il secondo è la roggia Cragnizza laguna; in passato a Marano è ‘deserta’ (sloveno celína). Ma da uno sloveno krnica ‘sorgente, documentato il cognome sloveno la sonora iniziale della dizione fossa’, il termine che G. Frau ha Scof (nonché il toponimo Gra- friulana (in genere molto conser- ipotizzato nei due toponimi Cor- nisches, ecc.) e poi va sempre vativa) richiede di non escludere nazzai e Cornizzai di Varmo e di tenuto presente che si tratta della • 63

storia di una vecchia fortezza, in (dallo sloveno otok ‘isola’; MP Goricizza di Codroipo e Guriz- cui c’era di tutto, anche certa- 1997, 29) riveste la massima im- zizza di S. Canzian d’Isonzo. Non mente il “villaggio di pescatori”, portanza, poiché rafforza e con- lontano dalla Gurissizza scorre una realtà che è prevalsa special- ferma una delle due ipotesi che una roggia il cui nome, slavo, è mente negli ultimi secoli (MBC sono state avanzate per il nome un unicum in Friuli: il Precapò. 31; P 2010, 235). germanico del castello, Stras- L’idronimo si è modifi cato per la Nell’antico territorio di Gonars souve, Strassau nei documenti secolare pronuncia romanza e si (ora di ) scendeva antichi: il primo elemento è scon- possono oggi solo fare delle ipote- approssimativamente da una tato (germanico Strasse ‘strada’, si. La forme originarie potrebbero terra chiamata Patoc la roggia quella Aquileia-Virunum) e per i essere ricostruite, *pri-kopovo, Savoje che ha un nome di etimo secondi si era pensato ai tedeschi oppure *Prekopovo: nel primo controverso. Potrebbe in teoria hau ‘esbosco’ o au /ouwe ‘isola’. caso dopo la particella locativa appartenere al sostrato prelatino Ma il fatto della presenza nella to- pri ‘vicino’ verrebbe identifi cato (cosa rara per questi idronimi ponimia locale dello sloveno otok l’appellativo sloveno kópa ‘catasta minori), ma anche e più facilmen- e del friulano isule e la constata- (legna)’, ‘bica (fi eno, frumento)’. te per motivi storici rimandare zione facilmente riscontrabile an- Per la seconda proposta si guar- all’adstrato slavo. Scorreva infatti cora oggi dei resti di isole fl uviali derebbe all’appellativo sloveno presso un villaggio, ora scompar- nell’area castellana fa pendere, a prekòp ‘canale’ (cfr. il verbo so, chiamato Preseicho (la zona parere di chi scrive, la bilancia a prekopováti ‘scavare fossi per dell’attuale Villaggio Roma di epo- favore del tedesco au. portare acqua a mulini o per ar- ca fascista) di verosimile fonda- Da Strassoldo spostandoci verso ginare incendi’). Cfr. la località zione slava e potrebbe continuare Joannis (dal nome di persona slo- Prekopa ad ovest di Celje in Slo- voci slovene come zavòj (-ója) veno *Juvanicˇ) troviamo un’ac- venia. Toponimi apparentemente ‘grande curva di un fi ume’ o un qua di confi ne fra i due paesi, il simili, per la base kop-, sono un diminutivo di závod (*zavodje) Pussianich /Pussiànic, sicura- Capodich del sec. XIV presso ‘riserva forestale’. mente slavo, ma di etimo incerto: Medea (oggi Topadìc), Kaponig- Da un’area di grandi paludi e bo- forse da un antroponimo (cfr. lo (bach) nel Osttirol (Lienz), zona schi come era quella fra Gonars sloveno pušcˇâvnik ‘colono solita- con antica toponimia slovena. Il e Tor di Zuino passiamo ad un rio, eremita’). passaggio della -o- delle voci slo- famoso bosco del Cervignanese, il In territorio di Joannis è facilmen- vene ad -a- del toponimo friulano Pradiziolo, di cui per fortuna re- te riconoscibile, anche dai profa- (*prekop- > Precap-) è normale siste ancora oggi un bel tratto. Ai ni, l’idronimo Gurissizza, da un e si inquadra probabilmente nei margini di questo bosco scorreva doppio diminutivo dell’appellativo fenomeni cosiddetti di akanje, la roggia Possèca, con tutta evi- geografi co sloveno góra ‘monta- sparsi a macchia di leopardo sul denza dallo sloveno poseka ‘taglio gna’, dunque lievi elevazioni della territorio sloveno, per cui per es. nel bosco’ (MP 1997, 30). Anche pianura che talvolta potevano potok diviene in alcuni dialetti (e a non molta distanza da Aquileia nascondere antichissimi insedia- in friulano) patòc, mocˇíla passa fra i contadini impegnati nel di- menti, come nel caso dei toponimi al friulano come macìle ‘rivo, gor- sboscamento c’erano, come si può Tòmbe, Tùmbula, Gumìle (fre- go o sorgente usati come mace- vedere, coloro che parlavano friu- quenti nel medio Friuli). Qui in- ratoio per canapa e lino’, ecc. Ma lano e quelli che parlavano forme fatti ne è stato scoperto uno anni anche nel friulano questo passag- arcaiche di sloveno. fa da Lucio Stel. Non occorre dire gio può avvenire indipendente- Nella vicina zona dello storico ca- che di toponimi simili ce ne sono mente ed è attestato per esempio stello di Strassoldo il toponimo e a bizzeffe in aree di colonizzazio- in un idronimo come Cormôr che idronimo Natoc / Roje Lotòc ne slava: per restare in regione diviene spesso Carmôr/Carmò 64 •

nella dizione dialettale; nel nome Novacco, Moravizza) Aiello conta il Latoch che, similmente al Na- delle località Cortona di Ruda, nel anche due idronimi risalenti a tòc di Strassoldo, continua lo slo- dialetto locale Cartòna, l’antico questo adstrato medievale. Il pri- veno otok ‘isola’ ed è il nome anti- nome di luogo sloveno *Topoljani mo è la roggia Brischis /Brìscjis co della parte a valle della Roggia che passa a Tapoiàn (Tapoglia- che ha corrispondenze frequenti dei Prati. Dopo il sec. XVI il nome no), ecc. in Friuli, Slovenia e Carinzia: in Latoch scompare dai documenti A sud-est dell’abitato di Joannis regione ad es. Brišcˇe (Pulfero), e viene rimpiazzato da un altro, si rintraccia una piccola roggia Brišcˇe (Trieste), Brische (Medu- di etimo complesso, che prima di nome ‘Sobresc (XIII sec. Oso- na), Brischis (Aiello, Malisana). indicava solo le terre rivierasche: briç), probabilmente dallo slove- La ricerca etimologica di questo Acroniho, documentato nel 1527; no zobrêž ‘parte bassa di un vi- nome rimane aperta e le proposte la roggia Accronica sembra avere gneto’. C’è una remota possibilità avanzate si possono suddividere una base *corona, ma attraverso che alla base ci fosse lo zoonimo in due fi loni: quello che guarda una mediazione slava. slov. zôber ‘bisonte’ (+ suffi sso). all’antica antroponimia slovena, Ad Alture c’è ancora la piccola Questi animali vivevano effetti- *Briš, *Brih (+ formante locativa roggia Vòngul che nel catasto del vamente in età longobarda sulle -išcˇe), presente in varie forme 1811 formava un forte angolo a montagne sopra Gorizia (Paolo pure in altre lingue slave (es. sud del villaggio: derivava infatti Diacono, Hist. Lang. II, 8). I vari Briševo, Brihova, Brisko, Bezlaj da uno slavo arcaico ogulu ‘ango- toponimi della serie Turjak sono I 88-9); l’altro, valido solo per il lo’, con molti paragoni non idroni- anch’essi testimonianza della pre- Friuli romanzo, che guarda ad mici (es. monte Vogu). senza dei grandi ungulati: in re- un possibile etnico slavo-friulano gione abbiamo il Turriaco monfal- Briška / Brìscje ‘originario della Cristinizza conese che però ha più legami fi si- zona Brda / Collio’. Si noti che Passando il Torre consideriamo ci con i monti goriziani attraverso questo nome, in versione aggetti- un corso d’acqua che scende dal il grande Isonzo che assicurava vizzata, è rifl esso per esempio nel Collio, forse l’unico nella parte certo in età altomedievale una nome di un carro leggero friulano, friulana che porti una denomi- foresta continua lungo quasi tutto la brìscje, chiamata nell’alto Friu- nazione slovena, la Cristinizza. il suo corso. Per Joannis questa li anche guriçàne, proprio perché Secondo il Desinan ha una certa ipotesi presenta troppe diffi coltà era nota la sua provenienza dal importanza storica in quanto ri- ma esiste, se si vuole mantenerla, Goriziano sloveno. corderebbe il “battesimo” di genti una tradizione nei popoli antichi Il secondo idronimo è la roggia slave della zona in età altomedie- dei nomi blasonici per cui un clan Còviza, nome derivato chiara- vale (D 1993, 35); evidentemente slavo o forse il suo capo poteva mente da un antroponimo, for- rifl ette secondo lo studioso il ver- portare un soprannome alludente matosi in età medievale dal nome bo krstiti ‘battezzare’. al famoso bue selvatico. Si pensi, latino cristiano Iácobus, con il per fare un solo esempio, all’anti- classico suffi sso patronimico –icˇ Ultraisontium ca schiatta nobile degli Auersberg (Jakovicˇ ‘fi glio di Giacomo’). Passando l’Isonzo entriamo nello che avevano il blasone con un bi- Sarà stato il nome di un conta- storico Ultraisontium o Territo- sonte (o un uro). dino e di un mugnaio che aveva rio di Monfalcone (popolarmente A differenza di Joannis, che per il centro delle sue attività presso Bisiacarìa) dove lo sloveno riuscì qualche secolo deve esser stato quest’acqua. a resistere almeno fi no alla prima un villaggio interamente slavo- A sud-ovest di Aiello c’è un altro metà del sec. XVI, mentre nelle fono, Aiello ha toponimia mista paesino con toponimia mista, Al- aree della Bassa friulana che ab- col nome principale latino. Oltre ture in comune di Ruda. Vi emer- biamo più sopra esaminato si era a diversi nomi di luogo slavi (es. gono almeno due idronimi sloveni: già estinto quasi sicuramente fra i • 65

comunità contadine medievali (P 2010, 165). Nella zona dove scorreva l’antica Sdobba si incontravano pure due toponimi della serie slovena otok (che abbiamo già incontrato a Co- droipo, Strassoldo e Alture); uno era il Latoch del sec. XVII, una isoletta boscosa fra piccoli corsi d’acqua a sud-ovest di S. Canzia- no e l’altro era l’antico nome slo- veno dialettale della grande Isola (oggi Isola Morosini), Attoc, usato Il vecchio corso della Sdobba, localmente Sdoba vecja, a Isola Morosini. dalla gente sancanzianese fi no al sec. XVI. Del nome antico della secc. XIII e XI V. abbondante acqua di risorgiva Roggia di San Canziano, ossia il Fino al 1500 la Bisiacarìa era che non manca in questa zona. La Patoch, abbiamo già detto. Nelle un’area mista dove c’erano vil- roggia medievale Sdobba /Sdòba - vicinanze c’erano ancora dei pic- laggi a maggioranza slovena ed [1261 in Sdoba una barcha cum coli rivi sorgentiferi chiamati Ca- altri con popolazione soprattutto hominibus IV; 1265 in Sdoba … licci (bisiaco Roièi dei Calìci), romanza. Nei nomi di acque si in Lisonzum; 1275 investitura dallo sloveno kalìcˇ ‘pozza, risor- rifl ette questo fatto storico come unius molendini in fl umine giva’. Poteva avere la medesima è emerso dalle ultime ricerche. Sdobe (STC); 1448 in zopolo origine anche la roia dei Vi sono molti nomi della serie che dicti domini in fl umine Sdobe Clici di Staranzano, chiamata nel viene dallo sloveno mlaka ‘pozza, (Codice Contarini 46); 1563 Sdo- sec. XVI anch’essa genericamente prato umido’ (Amblacha, Amla- ba f. (Carta Ligorio); 1648 Sdob- Patoch. In questo caso però è che, Malacha, Malacha di bio F. et Porto (Carta Sanson); plausibile anche lo sloveno klêcˇ S. Iacomo, Melacche, Mlacha, 1663 Sdobbio f. et porto (Carta ‘banco di sabbia’. ecc.) o dallo sloveno studenec Bleau)] - rappresentò il confi ne Nel grande bosco di Isola (1489 ‘sorgente’ (Studensi di Pieris), fra i beni dell’Abbazia di Moggio nemore abbatis Mocii ‘bosco più che nelle altre zone della all’Isola Morosini ed i boschi co- dell’abate di Moggio’), circondato Bassa, dove pure non mancava- munali o privati di S. Canziano e dalle acque della Sdobba e dell’I- no: es. Malachia a Sevegliano, fu anche per secoli uno dei due sonzo, scorreva anche la roggia Amblacha a Visco, Lamblacha scali, assieme al fi ume di S. Anto- Cladiza, in pratica il corso a valle a Tapogliano. E vi sono alcuni nio (o dei Bagni), del Territorio. confl uente nell’alveo isontino idronimi di cui il più importante è L’idronimo si spiega con uno slo- dell’attuale Mondina di Fiumicel- certamente la Sdobba che fi no al veno *iz-dobe, che rifl etterebbe lo, chiamata Cladiza dai sancan- sec. XV era un semplice fi ume di il fi tonimo dob ‘quercia’: forse nel zianesi; il nome deriva forse da risorgiva come i vicini Fiumisino senso di ‘fi ume che scende da un *Hladica ‘la fresca’ o dallo slove- e Cavana, ma dopo la grande al- querceto (cfr. anche i toponimi no kláda ‘ceppaia’, per la presen- luvione del 1500, ricevendo la cor- Dobia e Dobichie fra Staranzano za di antichi e grandi boschi (P rente principale isontina, divenne e Ronchi), o da una zona dove 2010, 43, 62, 115, 125, 145). per tutti l’Isonzo, mentre il vec- esisteva una grande quercia pluri- L’ultima acqua che chiude così chio alveo sopravvisse col nome secolare’: gli antichi alberi erano idealmente ai confi ni orientali del di Isonzato o Isonzo Vecchio, con molto importanti per le nostre Friuli il nostro percorso storico è 66 •

il Locavaz fra Monfalcone e Du- ino, che ebbe nel medioevo anche un nome romanzo, Pontecla. Raccoglieva le acque della roggia delle Fontanelle e di quella chia- mata “di Pietrarossa”, in sloveno Mošcˇenica o Pološko. L’idronimo è composto dall’aggettivo lokàv ‘sinuoso’ con il suffi sso denomina- tivo -ac (-az).

Stratifi cazione idronimica con apporto slavo Come si è detto all’inizio, i nomi delle acque (o idronimi) sono forse il settore più affascinante della toponomastica, proprio Un romantico corso d'acqua nella Bassa. Disegno di Luigi Bront per l'almanacco per la sua eccezionale stabilità, Avanti cul brun! del 1941. attraverso sconvolgimenti vari e mutamenti di registro linguistico. es. Corno, Degano) e del friulano trascurabile la presenza slava o In Friuli abbiamo una stratifi ca- specialmente per i piccoli corsi slovena, perché si trattò di pasto- zione paragonabile a quella delle d’acqua, con nomi dati dai conta- ri e contadini che si affi ancarono altre regioni italiane, con resti dini durante il medioevo. Manca ai nostri nei ripopolamenti e nei di lingue sconosciute (forse non quasi del tutto un apporto ger- dissodamenti medievali e lascia- indoeuropee, ad es. Chiarsò), del manico, forse perché mancò una rono anch’essi i loro tipici nomi a venetico (ad es. Livenza, Celli- immigrazione di elementi popola- corsi d’acqua piccoli e medi della na), del celtico (ad es. Meduna, ri, come ci fu invece in Carinzia. pianura, soprattutto di quella Tagliamento, Tiel), del latino (ad Ma, come abbiamo visto, non è centro-orientale.

Bibliografi a e fonti

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Benvenuto CASTELLARIN Aghe di bevi ta la Basse Cruda, indigesta, nocevole e disdicevole, dal sapore disgustoso e produce grande elmintiasi

UnaUna notanota villvillottallotta friulana recita: JoiJoi ce buinono l’l’agoa frescjo di Lu- dario e Rigulât.Rigguulât Volìn toli uno botaçobotaço parr puartâloppua a Cividât. SeSe l’acqua chec spillavasp (e spilla ancora) dai Piani di Vas a 1260 m s.l.m., a Ludaria in comune di Rigolato era così buona da meritarsi una citazione in una dettagliato questionario, le cui ri- canzone popolare friulana, l’ac- sposte analizzavano le diverse si- qua da bere nella Bassa friulana tuazioni ambientali, socio-econo- era altrettanto buona? E dove era miche e le pratiche agrarie in uso attinta? Un’adeguata risposta alle nei singoli comuni censuari. due domande la possiamo trovare Nello specifi co le Nozioni negli Atti preparatori per la for- hanno preso in esame diversi mazione del Censo Stabile del aspetti come ad esempio, le 1826-27. Questi, depositati presso monete, i pesi e le misure in uso risposte sulla qualità dell’acqua l’Archivio di Stato di Venezia, allora, la posizione del comune, che serviva per l’uso dell’uomo e contengono una serie di norme, di la natura dei terreni, i prodotti degli animali e dove questa era istruzioni, che dovevano servire agrari principali, il sistema di attinta. ai periti estimatori, coadiuvati da lavorazione dei terreni e i relativi Si è inteso qui, quale esempio delegati comunali, per la compi- affi tti, le strade, le case coloniche, lazione del nuovo catasto, entrato i pascoli, i boschi, il bestiame, ecc. nella sua fase operativa nel 1826. Nel capitolo Acque, i periti dove- Sopra: Ronchis 1922, Frutate cul All’interno di questi atti assumo- vano, oltre ad enumerare i corsi buinç. Da una fotografi a di Paul Scheuermeier, depositata presso no una particolare rilevanza le d’acqua presenti nel territorio l’Istituto di Filologia romanza Nozioni Generali Territoriali, un comunale indagato, dare delle dell’Università di Berna (Svizzera). 68 •

Pesante, cruda, indigesta o di cattiva qualità a: Campomolle, Driolassa, Gorgo, Latisana, Tal- massons, Titiano, Torsa, Volta; Di pessima qualità, nocevole [nociva], disdicevole a: Muzzana, Palazzolo, Pertegada, Piancada, Precenicco, Ronchis. In più della metà dei comuni pre- si in esame, l’acqua è attinta nei Intestazione di lettera del 24 agosto 1888 del Premiato Laboratorio Meccanico di fi umi o rogge; questi sono: Ariis, Scarsini Rinaldo - Rivignano (Latisana): Rivignano, li 24 Agosto 1888. Onorevole Chiarmacis, Gorgo, Latisana, Signor Sindaco, l’altro giorno ò ricevuto lettera del Municipio di Ronchis onde Madrisio, Muzzana, Palazzolo, presentare il fabisogno per l’applicazione di una pompa di applicarsi in Cotesto Comune per uso della Poppolazione... (Archivio comunale Ronchis). Pertegada, Piancada, Pocenia, Precenicco, Ronchis, Titiano, Volta. delle risposte che diedero allora Salubre o nocevole La presenza di sorgenti (risor- i periti, prendere in esame una Secondo le risposte date dai periti give) si riscontrano a: Bertiolo, zona della Bassa friulana che l’acqua per uso dell’uomo e degli Camino, Driolassa, Madrisio, Ri- va da Camino al Tagliamento a animali è classifi cata: vignano, Sivigliano, Talmassons, Latisana e da Varmo a Pocenia. I Buona o salubre a: Bertiolo, Teor, Varmo. Comuni censuari, ossia quelli per Camino, Madrisio, Pozzecco, Rivi- I pozzi (non è specifi cato il tipo, cui era stata formata una map- gnano, Sivigliano, Teor, Varmo; immaginiamo aperti con vera pa catastale nel primo catasto Discretamente o passabilmente e carrucola), sono segnalati a: napoleonico, che comprendono buona a: Ariis, Chiarmacis; Bertiolo, Camino, Campomolle, questa zona sono: Ariis; Bertiolo Poco salubre a: Pocenia, Prece- Chiarmacis, Pocenia, Pozzecco, con Sterpo; Camino di Codroipo nicco; Ronchis. (al Tagliamento), con S. Vidotto, Gorizzo, Pieve di Rosa, Glaunicco; Campomolle; Chiarmacis; Drio- lassa con Rivarotta; Gorgo di La- tisana; Latisana con Latisanotta; Madrisio con Canussio; Muzzana (dal 1876 “del Turgnano”); Pa- lazzolo (dal 1876 “dello Stella”); Piancada; Pocenia; Pozzecco con Virco; Precenico con Pescarola; Rivignano; Ronchis con Frafore- ano; Sivigliano con Flambruzzo; Talmassons con Flambro; Teor; Torsa con Rovereto (e Paradiso); Villa di Varmo con Belgrado, Cor- nazzaglio (Cornazzai), S. Marizza di Sopra, S. Marizza di Sotto e Anno 1888: pompe idrauliche a stantuffo della ditta “Premiato Laboratorio Gradiscutta; Volta (Latisana). Meccanico di Scarsini Rinaldo”, Rivignano (Latisana). (Archivio comunale Ronchis). • 69

Per uso dell’uomo e de’ bestiami Risposte per esteso raggruppate per similitudine: Ariis: L’acqua del Stella e del ca- nale Brodiz, serve tanto per uso dell’uomo che per i bestiami, e sono discretamente buone. Bertiolo: Servono per l’uso dell’uomo e del bestiame le ac- que che si tengono nei pozzi a poca profondità nelle rispettive case, e quale delle sorgenti nel- Latisana, anno 1910. Donne con i secchi e l’arconcello attorno alla fontana di Piazza Garibaldi. Cartolina edita dalla ditta Paolini & Guerin di Latisana (da Tisana, la parte inferiore del territorio, numero unico per il 55° Congresso della Società fi lologica friulana, Udine 1978). tali acque sono buone, troppo frigide però nell’estate. Camino: Le acque che servono per uso dell’uomo e de’ bestia- mi sonvi le sorgenti ed alcuni pozzi d’acqua sorgenti, è sono buone. Campomolle: Le acque sorgenti raccolte in alcune cisterne o pozzi posti nelle corti degli abi- tanti servono per uso dell’uo- mo; queste sono pesanti e crude [‘pesanti allo stomaco perché cariche di sostanze calcari o gas- sose’ (NP)] e quindi di cattiva qualità; quelle poi delle fosse stagnanti vicine all’abitato ser- Latisana, anno 1914. Donne con i secchi e l’arconcello attorno alla fontana di vono per uso del bestiame. Piazza Garibaldi. Cartolina edita dalla ditta Paolini & Guerin di Latisana (da Tisana, Chiarmacis: Le acque che servo- numero unico per il 55° Congresso della Società fi lologica friulana, Udine 1978). no per uso dell’uomo sono quel- le di due pozzi esistenti in pa- sempre cattiva, nell’estate per sono le Roie della Levada e Ra- ese; per uso de’ bestiami quelle essere stagnante e nelle altre voncli, le quali sono provenien- della Roia del Molino che sono stagioni per troppo spesso esse- ti dalle paludi di Castions di passabilmente sane e buone. re torbida. Strada, e questi sono di pessi- Driolassa: Le acque sorgenti del Madrisio: Le acque del torrente ma qualità perchè scolano dai proprio territorio servono per Tagliamento servono per uso fondi paludosi. uso dell’uomo e delle bestie e delle bestie quelle delle cister- Palazzolo e Piancada: Per uso sono pesanti ed indigeste. ne sorgenti servono per uso dell’uomo e degli animali ser- Gorgo e Latisana: L’acqua che dell’uomo, sono buone. vono le acque del fi ume sempre serve ad uso dell’uomo e de- Muzzana: Le acque che servono nocevoli e perché risentono del gli animali è quella del fi ume per uso delli uomini e bestiame fl usso del mare e per la poca 70 •

privati e per l’uso degl’animali di quella dei fossi e in tempo di grandi siccità anco di quella del Tagliamento. Queste acque che servono all’uso degl’ani- mali in tempo di pioggia sono nocive perché facili ad intorbi- dirsi. Talmassons: Le acque di questo territorio […], sono tutte di ac- qua sorgente cruda e che tanto pel bestiame che per l’uomo nella stagione estiva si procura Intestazione di lettera del 17 luglio 1944 della ditta Fratelli Benedetti di Palazzolo di guardarsi, per gli animali dello Stella (Archivio Giuliano Bini, Palazzolo dello Stella). di farli imbeverare con acqua alquanto riposata e per l’uomo loro rapidità e perché in esso mini e delle bestie vi è il fi ume coretta con aceto ed altro. scolano le acque provenienti Stella, non solo per altro nocive Torsa: Le acque che servono per dai terreni, dai cortili etc. ren- agli uomini essendo la loro na- uso dell’uomo e dei bestiami dendole per tal maniera pesan- tura alquanto pesanti per esse- non sono preferibili perché non ti e di sapore fangoso. re vicine al fl usso del mare. pure e di molto pesanti conte- Pertegada: Per l’uso dell’uomo e Rivignano, Sivigliano, Teor e Var- nente delle particelle di terra e degli animali servono le acque mo: Le sorgenti del proprio ter- prive affatto di magnesio. del Tagliamento, disdicevoli ritorio servono pell’uso dell’uo- Volta: Le acque per l’uso alla salute; in tempo di piena mo e delle bestie, e sono buone. dell’uomo e così del bestiame per le torbide che seco traspor- Ronchis: L’acqua che serve all’u- sono quelle del Tagliamento. È tano e in qualunque altro tem- so degl’uomini si ritrae d’ordi- di cattiva qualità specialmente po per la loro mescolanza con nario dalli pozzi comunali e in estate a causa del poco mo- quelle del mare. Pocenia: Le acque per l’uso de- gli abitanti si ritraggono dai pozzi esistenti in Comune, le Tal Tiliment quali sono poco salubri e per Antico è l’uso di servirsi dell’acqua del fi ume Tagliamento per ab- gli animali servono quelle delle beverare gli animali, in modo particolare cavalli e buoi. Il 22 aprile roggie e le piovane. del 1671, infatti, Domenico Menichino, già abitante a Fraforeano, Pozzecco: In Pozzecco per l’uso morì dopo essere andato a condur a bever un cavallo al Taglia- dell’uomo si hanno le acque di mento, a causa del cavallo il quale, impauritosi, lo aveva trascinato due pozzi alla profondità di fi no a farlo morire (Archivio di Stato di Udine, fondo congregazioni passi otto circa [un passo corri- religiose soppresse, b. 224). Ancora nel settembre del 1895, un’or- spondeva a 1,70 m], la cui manu- dinanza del sindaco di Ronchis, per evitare epidemie di dissente- tenzione si ritiene a carico del ria, vietava: di lavare [la biancheria] nel Tagliamento a monte del comune e sono salubri: manca- luogo ove si attinge l’acqua per bere e per gli usi domestici (Archi- no in caso di grandi siccità. vio comunale di Ronchis, b. anno 1895). Precenicco e Titiano: Le acque che servono per uso degli uo- • 71

relazione, sotto forma di estratto la torba a grande profondità stampato a Milano, è depositata per il eccessivo abbassamen- presso la biblioteca comunale di to di questi terreni, ma alle Udine, fondo Picc. 721, n. 29861, infi ltrazioni. Si noti poi che con il titolo: Relazione sulle con- l’analisi non tenne calcolo dei dizioni igieniche e sanitarie microscopici esseri vegetali e del Comune di Ronchis di Lati- minerali, infusori, funghi e sana durante l’anno 1894, per il muffe che popolano a miriadi dott. Francesco Marani, medi- acque di simil genere, le quali co-chirurgo e uffi ciale sanitario anche senza essere causa di di Ronchis, Milano, 1895. infezioni violente, pure procu- Il dott. Marani nell’inchiesta tratta rano catarri gastro-intestinali, anche della qualità delle acque diaree, dissenteria e special- potabili le quali non rispondono mente verminazione. neppure lontanamente a quan- Il medico-chirurgo afferma poi to vuole la igiene. Egli, dopo aver che nella più parte delle case di illustrato quali caratteristiche di Ronchis sonvi pompe abissine limpidezza e di genuinità, secondo [pompe a stantuffo azionate a il Laboratorio municipale di Mila- mano], le quali danno un’ac- no, doveva avere l’acqua potabile, qua chimicamente e batterio- afferma che tali requisiti mancano logicamente cattiva. Il sapore alle acque potabili di Ronchis. disgustoso di queste acque e la Egli ricorda che già nel 1800 la grande elmintiasi [malattia do- Frontespizio della Relazione sulle condizioni igieniche e sanitarie del Regia Stazione sperimentale agra- vuta alla presenza e allo sviluppo Comune di Ronchis di Latisana durante ria di Udine ebbe ad esaminare nell’uomo e negli animali di vermi l’anno 1894, per il dott. Francesco due pozzi pubblici, e che erano parassiti] che producono nei Marani, medico-chirurgo e uffi ciale in paese considerati come i mi- bambini ed adulti dimostrano sanitario di Ronchis (Biblioteca comunale di Udine, fondo Picc. 721, gliori per qualità di acque. ampiamente il suesposto. n. 29861). La relazione ci disse che le Nel settembre del 1894 la Regia acque di questi pozzi furono Stazione sperimentale di Udine vimento del fi ume, il quale ri- trovate torbide e con sedimenti esaminò l’acqua di una pompa di sente anche del fl usso delle non contenenti materie organiche proprietà privata. Il risultato delle lontane maree. e minerali, fra cui fu trovato analisi furono che quell’acqua, a l’ossido ferroso. Oltre a cloruri differenza di tutte le altre, si po- Acque potabili e sanità: il caso dette acque diedero all’analisi teva considerare come non nociva di Ronchis solfati e composti ammoniacali. alla salute, la quale però non sod- Nel 1894 il dott. Francesco Ma- Fu quindi ammessa l’ipotesi disfava ancora l’igiene e per il rani, medico-chirurgo e uffi ciale che queste attraversino nel sapore disgustoso che ha (forse sanitario del comune di Ronchis, suolo strati di torba oppure si- per l’abbondanza di sali mine- fece un’inchiesta sulle condizioni ano esposte ad infi ltrazioni di rali) e perché troppo vicina ad igieniche e sanitarie in quel co- letamai. un locus comodus [latrina]. mune di Ronchis. Inchiesta che Si noti però che le acque delle In base alla relazione dell’analisi gli servì per una relazione che fu pompe e dei pozzi di Ronchis chimica la Regia Prefettura di pubblicata nel Corriere Sanita- non devono la loro cattiva qua- Udine consigliava la chiusura di rio del 1895. Una copia di questa lità agli strati torbosi, essendo questi pozzi e nel medesimo tem- 72 •

Ronchis, 23 febbraio 1922. Sulla destra del lavatoio pubblico (lavadôr), una piccola vasca che serve per abbeverare gli animali: il laip di beverà li bestis o beveradôr. Fino a non molto tempo prima qui esisteva uno stagno nel quale si faceva il bucato e si abbeveravano gli animali. Fotografi a di Paul Scheuermeier, depositata presso l’Istituto di Filologia romanza dell’Università di Berna (Svizzera). po esortava il comune di Ronchis genti di Rivignano. Le ragioni fu possibile ottenere alcun getto a rendere più agevoli le viuzze per cui non se ne fece niente le d’acqua, e quella poca che si che menano al Tagliamento, af- spiega lo stesso Marani: Ma come estrasse con la pompa aspiran- fi nchè la popolazione si potesse succede di ogni buona proposta te, era di pessima qualità, fan- servire dell’acqua del fi ume, che debba accontentare molti, gosa e carica di gas palustre. come quella, date le attuali cir- sempre per quel benedetto, tot Il dott. Marani evidenzia che il costanze, che presentava mag- capita tot sententiae, si fi nì per tentativo che a primo aspetto giore garanzia per l’igiene. Due non fare nulla: l’acquedotto arri- starebbe a convalidare l’opinio- anni prima la Prefettura di Udine verà a Ronchis solo nel 1965! ne del professore Pirona, cioè sollecitava la creazione di un ac- Nel corso del 1894 fu effettuato che nella Bassa Friulana, tra lo quedotto consorziale tra i comuni un tentativo di trovare acqua Stella ed il Tagliamento, il sot- di Latisana, Ronchis e Precenic- potabile per mezzo di un pozzo tosuolo sia formato da materie co, alimentato dalla buonissima artesiano, ma alla profondità di depositate dagli straripamenti acqua potabile dalle fonti risor- una cinquantina di metri non per i ripetuti cangiamenti di • 73

alveo del Tagliamento. sita del Medico Provinciale per Afferma poi che la natura, emi- prendere provvedimenti igie- nentemente torbosa, del sotto- nici). L’Ileo -tifo, che sappiamo suolo di Ronchis, è condizione entrare nell’organismo per lo sine qua non perchè quivi non più col mezzo di acque potabili trovasi buona acqua potabile impure, non è molto frequente (Pirona). La più parte di fatti in Ronchis. dei pozzi abissini di Ronchis Altra malattia che si riscontra danno un’acqua torbida, sedi- con una certa frequenza, che mentosa, di color rossastro in dipende dalle acque sedimen- ispecie con l’ebollizione e con- tose e calcaree, specie quella tenente molto ossido ferroso per del Tagliamento è la calcolosi cui quel caratteristico sapore vescicolare. Un prete rabdomante: si chiamava ferruginoso. Non parlo dei ni- Fin qui la parte della relazione don Ettore Valoppi, era originario di trati che si debbono trovare in del dott. Francesco Marani sulle Gradisca di Sedegliano e fu parroco di Carbona (S. Vito al Tagliamento) gran quantità per la decompo- acque potabili e sanità a Ronchis. a cavallo degli anni Venti-Trenta sizione delle materie organiche Il quadro che ne esce è abbastan- del Novecento. Fu un rabdomante del terreno. Ciò non toglie però za desolante; a farne le spese famosissimo, attivo in quasi tutte le regioni italiane ed anche in Africa. che anche in questa zona non saranno in modo particolare i Per tale merito di rabdomanzia fu si possa avere buona acqua neonati, i bambini e le persone fatto Cavaliere della Corona d’Italia e potabile, almeno batteriologica- più deboli: nel 1894, stante i re- nominato monsignore (foto Archivio parrocchiale di Fraforeano). mente parlando. gistri parrocchiali delle morti, su Scrive infi ne che, in seguito all’uso delle acque impure, si 27 decessi si ebbero ben 10 al di osservano a Ronchis molti casi sotto di un anno. Oltre alla citata di diarrea, catarri intestinali relazione il dott. Marani, nella e dissenteria. (Quest’anno poi sua funzione di Medico condotto nei mesi di Luglio e Agosto e Uffi ciale sanitario, sollecitò più 1895, imperversò la dissenteria volte le autorità comunali affi nché sanguigna a forma epidemica, provvedessero a migliorare la talchè si rese necessaria la vi- qualità dell’acqua potabile e con essa anche la salute degli abitanti di Ronchis.

Bibliografi a

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Jessica LEONE Èssis di Raviei Biscotti buoni, semplici, facili da preparare e tipicamente carnici

TuttoTutto ebbeebbe ininizio nel non lon- tanissimonis 11923,92 quando Emilio BBonanni,onanniona , titolaretitol del piccolo pani- fi ciociioo ddii RaRaveoveo / Raviéi, formulò la ricetta di quesquesti rinomati biscotti Tdalla caratteristica ed inconfondi- bile forma ad “esse” ed incomin- ciò a produrne modeste quantità per i clienti del suo piccolo pa- nifi cio di Raveo, in Val Degano. Bonanni seppe sfruttare sapien- temente quei pochi ingredienti di facile reperibilità, quali il burro, le uova, la farina e lo zucchero, per creare un biscotto buono, genuino e duraturo, aspetto fon- damentale in un’epoca in cui non venivano utilizzati conservanti e, soprattutto, non erano ammessi sprechi. Evidentemente il loro sapore incontrò appieno il gusto di molti, tant’è che in breve tempo le Esse cominciarono a compari- re, con qualche piccola variante, anche presso altri forni della Val Tagliamento (localmente Cjanâl di Petéc): i Pivotti e i De Marchi

Una volta raffreddate le Esse possono essere conservate a lungo, se conservate correttamente. L’ideale è sistemare i biscotti in scatole di latta, in questo modo non risentiranno Per i più piccoli, ma non solo, niente di meglio di un bicchiere di latte fresco per dell’umidità mantenendo a lungo la accompagnare questi biscotti: il latte è un alimento sano e completo che si sposa loro fragranza. benissimo con la maggior parte dei biscotti secchi. 76 •

ad Enemonzo, i Nassivera a Forni di Sotto e i Fachin a Priuso di Socchieve. Per moltissimi anni la formatura delle Esse è stata eseguita da abili e sapienti mani mentre oggi, per ovvie ragioni, ogni operazione viene compiuta meccanicamente. Chi ha avuto il grande privilegio di assaggiare le Esse prodotte artigianalmente, con l’eccellente burro locale, rimpiange ancora quel sapore unico di proustiana memoria, un sapore nitido ed in- delebile, almeno nei ricordi.

Ingredienti pochi, ma buoni È risaputo che un prodotto pre- parato in casa con ingredienti freschi e con le dovute accortez- ze, è di gran lunga superiore alla versione industriale dello stesso. Provare per credere. Le Esse sono biscotti molto semplici, forse proprio per questo è ancor più im- portante che i pochi ingredienti di partenza siano di eccellente

La massima qualità degli ingredienti è fondamentale per la riuscita di una ricetta. La tecnica e la manualità si possono affi nare con il tempo e l’esercizio, ma a nulla valgono se non sono abbinate a materie prime freschissime e di alta qualità. Per le Esse sono necessari pochi e semplici ingredienti – burro, uova, zucchero, farina, vaniglia e lievito – ed è importante che siano scelti con la massima cura.

Nonostante possa sembrare il contrario, è semplicissimo dare la forma a questi biscotti; basterà dare ad ogni pezzetto di impasto una forma ad “esse”, il resto lo farà la cottura in forno. • 77

qualità, il burro su tutti. È anche vero che oggi il buon burro di una volta non esiste quasi più, per motivi legati principalmente all’alimentazione delle bestie e alla tecnologia di produzione. In Italia, dove ormai il burro è diventato un sottoprodotto del formaggio, sono quasi scomparsi i produttori che ancora preparano il vero burro a partire da panne riposate. In più, come se tutto ciò non fosse abbastanza, il burro vie- ne ottenuto quasi esclusivamente da affi oramento, e non più da centrifugazione, con conseguente perdita nelle caratteristiche orga- nolettiche.

La ricetta La ricetta che segue è il frutto di diverse prove e del riadattamento di una ricetta tratta da Mangia- re e ber friulano di Giuseppina Perusini Antonini (Franco An- geli Editore, 1970). L’aggiunta di bicarbonato d’ammonio (meglio noto come ammoniaca per dol- ci), agente lievitante utilizzato soprattutto nel passato, ma re- peribile in tutte le farmacie, è il segreto che permette di perfezio- nare la consistenza del biscotto rendendolo più leggero e del tutto simile all’originale. La vaniglia naturale, da non confondere con la vanillina di sintesi, dona alle Esse un profumo molto delicato ed inconfondibile. Le Esse sono già perfette gustate da sole o con il latte, ma si prestano molto bene ad essere accompagnate con del Perché ostinarsi a servire vini dolci per accompagnare biscotti e dolciumi di ogni buon vino bianco secco o, addirit- genere? Le Esse, mediamente dolci e burrose, si sposano indubbiamente meglio con vini bianchi secchi che controbilanciano la dolcezza e sgrassano il palato. tura, con del sidro frizzante, pro- Per un abbinamento diverso dal solito, ma anche per restare nel territorio carnico, dotto anch’esso in Carnia. provate a servire questi biscotti con del buon sidro secco. 78 •

La ricetta: Esse di Raveo per 25 biscotti

Ingredienti:

1 uovo a temperatura ambiente 100 g di burro a temperatura am- biente 100 g di zucchero semolato 200 g di farina “00” per dolci 1/4 di cucchiaino di bicarbonato d’ammonio i semi prelevati da mezza bacca di vaniglia un pizzico di sale

Procedimento:

Montare il burro morbido con lo zucchero, la vaniglia, il sale ed il bicarbonato d’ammonio, fi no ad ottenere un composto soffi ce e cremoso. Incorporarvi un po’ per volta l’uovo, precedentemente sbattuto con una forchetta, e con- tinuare a lavorare fi no ad amal- gamare bene il tutto. Unire tutta la farina ed impastare piuttosto velocemente fi no a quando non sarà assorbita, in modo da non scaldare eccessivamente l’impa- sto. Non appena sarà omogeneo Le Esse preparate con le proprie mani possono diventare un graditissimo regalo: e compatto, appiattirlo legger- sarà suffi ciente sistemarle in una una semplice scatolina e completare il tutto con mente, avvolgerlo con pellicola e un nastrino. lasciar riposare in frigorifero per almeno due ore, in modo da per- teglia rivestita con carta forno ed FontiFonti mettere al glutine di distendersi appiattire leggermente con il pal- e al burro di solidifi care. Finito mo della mano. Cuocere in forno Castagnaviz Mario, Carnia il tempo di riposo riprendere statico preriscaldato a 170°C per agroalimentare, Chiandetti Editore, Reana del Rojale, 1991. l’impasto, dividerlo in circa 25 circa 15 minuti, o fi no a quando pezzi e lavorare ciascun pezzetto i biscotti non avranno assunto Nuovo cibario del Friuli-Venezia Giulia, ERSA - Agenzia regionale per lo Sviluppo in modo da ottenere un cilindro, un colore ben dorato. Sfornare, rurale, 2008. a cui va successivamente data la trasferire su una griglia e lasciar tipica forma ad “esse”. Sistemare raffreddare completamente. Con- Perusini Antonini Giuseppina, Mangiare e ber friulano, Franco Angeli Editore, ben distanziati all’interno di una servare in una scatola di latta. Milano, 1970 (diverse edizioni successive). • 79

Stefano FABIAN

I magredi Una ricchezza naturalistica e culturale del Friuli

I pratip stabili di pianura, ancora le superfi ci magredili della nostra orientale di ambienti sub-steppici rerelativamentel diffusi fi no agli Regione. un tempo molto più diffusi anche ananni Settanta del secolo scorso, Le praterie dei magredi sono un altrove, come le brughiere lom- ssonsonoon diventati una vera rarità per- habitat che qualifi ca in modo pe- barde e le “campagne” bresciane, ché, ormai, l’aratro domina sovra- culiare la Regione Friuli-Venezia oggi praticamente scomparse. Ino e quasi tutti i terreni sono stati Giulia, sviluppandosi ai margini trasformati in seminativi. ed in stretta contiguità, con gli Tre fasce Fra i prati stabili di maggior rilie- alvei dei principali torrenti e fi umi Le superfi ci a magredo più pe- vo vi sono certamente i magredi. alpini come il Tagliamento, il Cel- culiari, ampie e caratteristiche Si tratta di formazioni erbacee di lina-Meduna, l’Isonzo, il Torre ed della Regione, ma anche della tipo steppico la cui aridità non è il Natisone lungo tutta l’alta pia- penisola italiana, si trovano con- determinata, come avviene nelle nura. Quelle attuali sono ciò che centrate all’interno del Sito di steppe dell’Europa continentale, rimane di un paesaggio steppico Importanza Comunitaria “Magre- dalla scarsità delle precipitazioni, molto più ampio che anticamente di del Cellina”. quanto piuttosto dalla estrema si sviluppava senza soluzione di Immaginando di spostarci dal permeabilità del suolo sassoso continuità su gran parte dei depo- che caratterizza tanta parte siti alluvionali formati da questi dell’alta pianura friulana: i bota- corsi d’acqua; si possono anche Sopra: i prati stabili del Dandolo in nici defi niscono “steppe edafi che” considerare come la prosecuzione primavera. 80 •

punto in cui scorre il corso d’ac- qua verso la periferia si incon- trano schematicamente tre fasce corrispondenti a tre diversi stadi di evoluzione della vegetazione Oh, suoi ben iò magredile: il greto, il magredo Chel fantassùt descòls primitivo, il magredo evoluto. Il greto è un ambiente che appare ch’al ziva in grava per lo più privo di vegetazione a fâ penàcius! strutturata, perché caratteriz- Penàcius blancs, zato più che altro dalla presenza penàcius ros, di singole piante “pioniere”, poco colòur del sièl esigenti ed adattate a colonizzare verts, zai le ghiaie molto mobili dei fi umi. panàcius viola. Si tratta di condizioni ambien- tali estreme a causa dell’elevata Mari, permeabilità del terreno in cui indulà èlu mai all’alluvionamento si alternano chel fantassùt descòls più frequenti situazioni di totale ch’al ziva in grava assenza d’acqua ed assoluta sicci- a fâ penàcius? tà a seconda delle fasi di magra o di piena dei torrenti. Tali condi- zioni sono rese ancora più severe a causa della totale assenza di suolo fertile e dell’elevata escur- sione termica sia stagionale che Questi versi, che appartengono ad una delle più note poesie scritte giornaliera. Oltre alle formazioni dal cordenonese Renato Appi (1923 - 1991), con poche ma effi caci erbacee, presenti in forma di steli pennellate ci portano dentro al paesaggio dei magredi, ai ricordi di e cuscinetti, vi attecchisce anche un fantassùt diventato adulto la cui nostalgia verso un mondo che una caratteristica vegetazione non c’è più rimanda a quel gioco fatto col lin di stria (nella foto), legnosa, in cui domina il salice con quei penàcius che al tramonto rifl ettono i colori caldi e can- ripariolo (Salix elaeagnos), tipi- gianti della luce del sole e con esso quello del particolare ambiente ca delle aree golenali. dei prati magri. Spostandoci verso la periferia si Questa pianta è nota anche come ciufèt. incontrano le prime formazioni Ciufa ciufet cola iù drèt recita una fi lastrocca che gli anziani, allora di vero magredo che qui è ben bambini, canticchiavano quando andavano a giocare nei magredi: visibile nei sui stadi più primitivi. “si raccoglievano i penàcius e si univano alla base gli steli forman- La vegetazione erbacea appare do un mazzetto che veniva fi ssato con la calce e, lanciato in aria, un po’ più strutturata, ma ancora scendeva a terra dritto come un paracadute”. Modi di divertirsi del tutto discontinua. La trama molto diversi rispetto a quelli di oggi… tramandati di padre in fi - delle zolle erbose e delle piante glio, allo stesso modo dei tanti racconti, aneddoti e proverbi, riti, a crescita prostrata si presenta credenze, modi di dire e di fare che mantenevano vivi i valori della in forma di un reticolo di vege- cultura contadina e rinsaldavano l’antico legame con la terra e la tazione a maglia molto larga. natura. Tuttavia, man mano che ci si • 81

pone in posizione più decentrata que fl uvioglaciali scendevano ver- Il nome rispetto all’alveo, le lacune ghia- so la pianura con straordinaria Il termine magredo, un veneti- iose tendono a chiudersi sempre energia, alimentate dalla fusione smo derivato dalle voci del friu- più ed i ciuffi d’erba ad infi ttirsi delle enormi calotte glaciali in lano locale magrèit o magrêt o fi no a fare assumere ai magredi fase di scioglimento. La loro ca- anche magredis, allude ai terreni la fi sionomia di un vero e proprio pacità erosiva era tale da permet- sassosi e alla natura dei prati ma- prato arido. tere il trasporto di ingenti quan- gri che su di essi si sviluppano. La fascia più esterna ed al riparo tità di materiali rocciosi grosso- Magri perché costituiti da una dalle periodiche alluvioni è infi ne lani, strappati dalle montagne. copertura di erbe selvatiche e occupata dalle praterie seminatu- Una volta raggiunto lo sbocco radi arbusti, adattati a vivere su rali che caratterizzano i magredi delle valli alpine verso la pianura, di un suolo talmente permeabile più evoluti. La costituzione di un questi materiali arrotondati e le- da essere incapace di trattenere primo strato superfi ciale di suolo vigati in forma di ciottoli e ghiaie quelle abbondanti precipitazioni maggiormente maturo, il cui sta- venivano depositati a spaglio, alla che rendono il Friuli la regione dio terminale è rappresentato dal stregua di quanto faceva l’agri- più piovosa d’Italia. terreno ferrettizzato, favorisce coltore con i semi, determinando Il nome comune si è fatto nome l’affermazione di un cotico erboso la formazione di ampie e piatte proprio e indica luoghi abitati; ad di tipo continuo. Là dove l’uomo strutture a ventaglio chiamate es. Magredis di Povoletto, Borgo interviene con leggere concima- conoidi di deiezione. Magredi in comune di Spilimber- zioni e sfalci periodici, la situazio- Il continuo lavorio dei fi umi ha go, Magredi in comune di Trave- ne ben presto può evolvere verso portato poi alla deposizione di sio, Borgo Magredo in comune di la formazione di prati stabili nuovi strati di materiale grosso- Sesto al Reghena, Borgo Magreez polifi ti con presenza di specie più lano e i magredi si trovano sui in comune di Varmo. Come to- esigenti e buone foraggere. terreni alluvionali più recenti. ponimo compare anche nelle L’ambiente dei magredi è quindi condizionato sia dalla naturale dinamica dei corsi d’acqua che dall’attività dell’uomo che, in epoche più recenti, ne ha persi- no favorito il mantenimento e la conservazione attraverso il pa- scolo e lo sfalcio.

L’origine I Magredi, quale elemento pa- esaggistico caratterizzante gli ambienti naturali dell’alta pianu- ra friulana, trovano spiegazione soprattutto nella presenza degli imponenti fenomeni glaciali che nell’ultimo milione di anni coin- volsero l’Arco alpino e prealpino. Al termine di ogni fase fredda, quando lentamente si innalzava la temperatura, le abbondanti ac- I prati del Dandolo, un esempio di magredo evoluto. 82 •

tavolette dell’Istituto geografi co Abbandonate le valli montane, risorgive, dove i sostrati ghiaiosi militare: Magredi a Camino al i torrenti si fanno più pigri per lasciano gradualmente il posto ai Tagliamento, Lestizza e Codroipo l’improvviso calo della pendenza limi e alle argille, la pianura resti- (due volte), Magredo (due volte a e per il contemporaneo allarga- tuisce l’acqua con gran generosità Montereale Valcellina), Bosco Ma- mento degli alvei non più canaliz- in una rete di rivoli, rogge ed olle gredi a Sequals, Fattoria Magredi zati nelle gole prealpine; possono immerse in una vegetazione che, a Travesio e, poi, i vari Magredi di così vagare liberamente lungo il all’opposto dei magredi, appare Barbeano, di Cordenons, di San primo tratto di greto che caratte- verde e lussureggiante. Giorgio della Richinvelda, di San rizza l’alta pianura. Qui formano Quirino, di San Foca, di Tauriano, un’intricata rete di canali a bracci La vita si adatta di Vivaro... (da Cinausero B., Den- intrecciati e di anse che si rende Le vastissime grave di claps sono tesano E., Dizionario topono- visibile soprattutto in occasione di per sé dei luoghi inospitali ed mastico, Ribis, 2011). delle più abbondanti precipitazio- estremi. La superfi cie ampia, ni; per la restante parte del tem- aperta e povera di umidità sem- Una questione idrologica po le acque vengono rapidamente bra una sorta di grande specchio È proprio l’acqua che scompare assorbite dai depositi alluvionali che amplifi ca e rifl ette gli effetti fra i sassi, paradossalmente, il su cui si sviluppano i magredi. mutevoli del tempo e dell’atmo- miglior fi lo d’Arianna che bisogna L’ossatura principale di questa sfera. Così anche le conseguenze seguire per comprendere la natu- architettura è rappresentata dai dell’escursione termica sono più ra di ambienti superfi cialmente conoidi del Cellina-Meduna e del rilevanti ed evidenti che altrove: aridi come i magredi. L’acqua, Tagliamento. Si tratta di quando d’inverno calano le tene- prima di venire inghiottita all’in- ampie aree alluvionali che nel- bre il freddo si avverte più gelido, terno del materasso di ghiaia che le foto satellitari risultano così e, mancando i diaframmi dell’alta costituisce l’alta pianura, compie imponenti da rendersi visibili su vegetazione, l’ambiente privo di un lungo percorso che inizia nella scala nazionale come estesi segni ostacoli è maggiormente esposto cornice delle Alpi e delle Prealpi biancheggianti nella pianura. alle folate sferzanti della bora o orientali. Più a valle, lungo la fascia delle della tramontana; d’altra parte persino la calura estiva appare, qui, più soffocante rispetto a quella delle circostanti campa- gne. D’inverno i magredi appaiono brulli come le steppe dell’Europa orientale, mentre in piena estate ricordano il paesaggio bruciato dei deserti di pietra. La percezio- ne di questo ambiente, quindi, cambia notevolmente a seconda del momento in cui ci troviamo a visitarlo. Anche la particolare ecologia de- gli organismi che attecchiscono sulle ghiaie mobili ed instabili dei greti fl uviali evidenzia l’aspetto inospitale ed estremo di questi La steppa magredile. Fotografi a di Antonio Cordenons. ambienti. Qui, infatti, soprav- • 83

vivono solo le specie che sono capaci di mettere in atto partico- lari adattamenti, come avviene ad esempio per gli organismi che colonizzano le rocce nude; perché anche se tondi e levigati dall’azione delle acque, i ciottoli dei greti rimangono pur sempre dei frammenti rocciosi. I primi ad incrostarne la superfi cie sono i microscopici licheni che nei magredi appaiono quasi sempre come macchie nere che spiccano sul fondo bianco del calcare di cui sono fatti nostri sassi. Oltre ai licheni non deve stupirci se, sulla superfi cie arida del terreno, fra gli spazi lasciati liberi fra un Fioriture sui magredi evoluti. Fotografi a di Sergio Vaccher. ciottolo e l’altro, troviamo anche numerosi cuscinetti di muschi: alle correnti grazie ai loro rami dell’Europa centrosettentrio- d’aspetto rinsecchito per gran fl essibili. Inoltre se questi, come a nale; parte dell’anno, dopo ogni abbon- volte succede, dovessero spezzar- - specie caratteristiche del baci- dante precipitazione primaverile si e staccarsi dalla pianta madre no mediterraneo; si gonfi ano all’improvviso dive- sotto l’impeto di una “montana”, - specie di origine alpina: i tor- nendo soffi ci e vellutati al tatto e darebbero origine a nuovi indivi- renti alimentano un fl usso di color verde brillante alla vista. dui più a valle data la grande ca- continuo di piante che normal- Sono proprio questi organismi pacità che possiedono di emettere mente vegetano a quote più primitivi che offrono il principale prontamente nuove radici. elevate e che per fl uitazione, e fondamentale contributo alla cioè per continuo trasporto da costituzione di un primo strato di La ricchezza fl oristica monte verso valle dei semi ad sottilissimo humus fertile. Questo Sono molti i fattori che favorisco- opera delle acque, provocano prepara la strada all’ingresso di no l’elevata concentrazione di en- la costante rigenerazione delle altre specie più esigenti, fra cui tità fl oristiche di questi ambienti. plantule nelle aree esondabili. molte piante che si sviluppano I magredi, in effetti, costituiscono Questo originale ed interessan- con andamento prostrato dando il punto di sovrapposizione di tissimo fenomeno è chiamato luogo a cuscinetti striscianti e a almeno quattro principali areali “dealpinismo”; formazioni a spalliera che contri- di specie, ciascuno gravitante su - si riscontra infi ne la presenza di buiscono a stabilizzare le ghiaie. una diversa zona geografi ca d’in- un gruppo di specie endemiche, Ci sono poi le piante che hanno fl uenza: cioè di entità botaniche tipiche apparati radicali capaci di pene- - specie centroeuropee ed orien- ed esclusive di un territorio trare fra i sassi instabili continua- tali originarie delle regioni ristretto, che è probabilmen- mente rimaneggiati dall’azione steppiche distribuite su di un te il più interessante, poiché delle piene. Alcune, come i salici territorio che comprende in comprende alcune piante che (Salix elaeagnos), risultano par- particolare la penisola balca- vivono soltanto nei magredi ticolarmente adatte a resistere nica, l’Anatolia e buona parte e nei territori circostanti. Le 84 •

condizioni ambientali partico- appare indispensabile per sfug- della pianura padano-veneto- larmente avverse che agiscono gire ai predatori in un ambiente friulana, la vedremo costellata da su queste praterie dall’aspetto aperto e privo di rifugi. Altret- una miriade di piccole luci arti- solo apparentemente dimesso e tanto importante è il senso della fi ciali, soprattutto in corrispon- per buona parte dell’anno brul- vista, supportata dai grandi occhi denza della città e delle altre aree lo, hanno favorito l’adattamento gialli che danno il nome italiano intensamente abitate dall’uomo. e la successiva selezione di una alla specie (in friulano ha i nomi L’unico “buco nero” corrisponde vegetazione e di specie del tutto clame ploe ‘chiama pioggia’, coc all’area dei magredi e dei greti peculiari ed originali per il ter- e durigàt). Del resto anche le del Cellina-Meduna. Essi riman- ritorio locale. uova, deposte direttamente fra i gono fra i pochissimi ambienti di sassi, per colore e forma si con- pianura che ancora non sono stati Il canto degli occhioni fondono perfettamente coi ciotto- contaminati dall’inquinamento Uno dei simboli dei magredi è li delle ghiaie. luminoso: recandosi in questi luo- senz’altro l’occhione, un uccel- L’occhione è una specie legata ghi, nelle notti serene di agosto lo di cui nelle notti di giugno è agli ambienti che si sviluppano lontano dalle luci della città, si possibile ascoltare il canto un po’ al margine dei fi umi come grave, possono ancora osservare bellis- melanconico proveniente in lon- seletti e steppe sassose; appare simi cieli stellati. tananza dalle grave. Esso costitu- ovunque in via di rarefazione ed isce uno dei pochi segnali di pre- i magredi friulani rappresenta- I segni della storia senza di questa specie altrimenti no una delle aree di maggiore La storia e la cultura delle popo- solitaria, sfuggente e timorosa importanza per continuare a ga- lazioni che hanno abitato questi dell’uomo. La sua osservazione rantire l’attuale consistenza delle luoghi sembrano intimamente diviene diffi cile soprattutto a popolazioni italiane. La specie ri- legate alle caratteristiche stesse motivo del piumaggio e delle abi- sulta particolarmente vulnerabile dei terreni magri. Il paesaggio tudini estremamente mimetici ed al disturbo provocato da svariate naturale, con le sue vastissime elusivi. Una strategia questa che attività umane (rally, fuoristra- grave, è diventato parte integran- da, moto da cross, pascolo, escur- te del paesaggio costruito dall’uo- sionismo non regolamentato ed mo: con i sassi raccolti lungo il esercitazioni militari). greto del Cellina e del Meduna Dopo il periodo riproduttivo, da sono stati costruiti i muri delle agosto in poi, gli occhioni ten- abitazioni. L’essenzialità e la soli- dono ad aggregarsi e nei nostri dità della pietra levigata sembra- magredi, a volte, è possibile os- no un rifl esso del carattere stesso servarne gruppi di diverse decine delle popolazioni friulane. Di sas- di individui. È questa una delle so non sono solo le terre magre ragioni per le quali i magredi del che queste genti hanno sfalciato, Cellina-Meduna sono diventati pascolato, dissodato con il sudore una Zona di Protezione Speciale e con il sangue: con il sasso sono ai sensi della Direttiva europea stati eretti i luoghi di culto e gli che si occupa di salvaguardare le spessi involucri che nascondono specie ornitiche minacciate. e custodiscono i segreti del foco- lare. Attorno ad esso si è raccolta L’occhione (Burhinus oedicnemus, in Cieli stellati per secoli la parte più viva ed friulano clame plôe) è divenuto ormai un simbolo dei magredi. Fotografi a di Se guardiamo con attenzione una intima della cultura friulana: la Sergio Vaccher. fotografi a satellitare notturna famiglia, e con essa l’insieme dei • 85

qui la singolare pianta ha eviden- na che passa spesso inosservata temente trovato un habitat dalle e che si riconosce facilmente caratteristiche ecologiche del soltanto in primavera a motivo tutto simili a quelle della puszta del colore giallo sgargiante delle ungherese. Essendo poi specie piccole corolle. Questa curiosa appartenente alla famiglia delle specie fu scoperta soltanto negli Crucifere, di cui fa parte anche anni Settanta del secolo scorso il cavolo, è pianta commestibile, nelle Grave del Pordenonese dal per cui qualcuno suggerisce che noto botanico dell’Università di si tratti in realtà di una sorta Trieste, il professor Livio Poldini. di relitto colturale. In autunno, Costituisce un’altra entità esclu- quando i suoi frutti sono ormai siva dei greti e dei magredi pri- giunti a maturazione, i suoi cespi mitivi con un areale di presenza globosi si disseccano completa- ristrettissimo e concentrato nei mente e si staccano dal terreno. territori di alcuni comuni come Aiutati dalla forma sferica e dalla Montereale, Maniago, Vivaro, S. leggerezza dei fusticini cavi, si Quirino, Cordenons e pochi altri. lasciano trasportare dal vento La sua importanza è quindi enor- rotolando alla stregua di quanto me, e distruggere l’habitat in cui avviene per alcune piante delle cresce signifi ca cancellarla per ... con il sasso sono stati eretti i luoghi di culto: la parrocchiale di Vivaro. praterie e dei deserti. In questo sempre dalla faccia della Terra. modo ne viene favorita la disse- Per questo motivo la pianta è tu- valori radicati alla terra che i no- minazione. telata dalle normative europee ed stri padri sono stati capaci fi n qui Un’altra chicca botanica è rappre- è inserita fra le specie dichiarate di tramandare. sentata da Brassica glabrescens, di “interesse comunitario”. Anche una Crucifera che, non a caso, questa è una delle ragioni per cui Curiosità botaniche volgarmente viene chiamata “Ca- i magredi del Cellina e i loro ha- Nei magredi del Cellina-Meduna volo friulano”. Del cavolo però bitat oltre che Zona di Protezione può accadere che anche la pre- non ha nulla se non la parentela, speciale sono anche un Sito di senza di un fi ore possa celare la dato che si tratta di una piantici- Importanza comunitaria. testimonianza di fatti lontani. Crambe tataria, ad esempio, il cui nome non a caso riecheggia quello dei Tartari, sembra che sia stata portata sin qui attorno all’anno Mille ad opera degli Un- gari. La leggenda vuole che que- ste popolazioni nomadi l’abbiano trasportata involontariamente, probabilmente attraverso i semi attaccati agli zoccoli dei cavalli. Ipotesi, questa, per nulla pere- grina, visto che l’unica stazione in cui è presente in Italia è rap- Cespo di Crambe tataria. Cavolo friulano (Brassica glabrescens). presentata proprio dai magredi: Fotografi a di Sergio Vaccher. 86 •

La biodiversità colturale

Come avvenuto altrove, anche nei magredi la perdita e l’abban- dono di antiche pratiche coltu- Magreit rali come lo sfalcio ed il pascolo stagionale e transumante, uni- Aga strassada li peraulis ta i claps dal magréit. tamente alla perdita di sotto- E cuant ch’al à plovét! specie e di cultivar selezionate Ma dopo ogni plovuda ancia i claps iàn fl urì, localmente, sta portando ad un a basta insinoglâse generale impoverimento gene- par vede cuans colours ch’al à la grava. tico, quello legato alla presenza di habitat seminaturali come i Da Sclis de sorèle prati stabili e i pascoli radamen- di Rosanna Paroni Bertoia. te incespugliati, nonché quello associato alle numerose vecchie varietà colturali. Di tutto questo ci raccontano anche i nostri anziani; sentiamo la testimonianza di Rina Del Zotto e di Graziano Ambroset:

“Nelle terre magre si coltivava principalmente granturco, qual- che piantata di vite, frumento, segale e orzo. Fra i cereali, il granturco era quello che si col- tivava più spesso. Però le produ- I prati del Dandolo al tramonto. In primo piano un cespo di Crambe tataria; zioni non erano quelle di oggi. luccicano i penàcius del lin di stria. Avevamo un tipo di granturco che faceva una pannocchietta molto piccola e di un giallo in- La copertina della pubblicazione I magredi, tenso... più che dorato era quasi ieri, oggi e domani, della Direzione centrale ramato e si chiamava Maran. risorse rurali, agroalimentari e forestali - Da questa qualità di mais, che Servizio caccia, risorse ittiche e biodiversità, Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, in si è coltivata fi no agli anni Cin- collaborazione con la Scuola primaria di quanta, si otteneva una polenta Cavasso Nuovo. È strutturato nei seguenti gialla profumatissima. Poi sono capitoli: Un percorso per conoscere i magredi, Il calendario dei magredi, arrivate le concimazioni, gli Agricoltura e prodotti tipici dei magredi, impianti dell’acqua e le sementi I segni del tempo, La tutela e il futuro dei degli americani ed è fi nito tutto magredi. L’iconografi a è molto ricca, con foto d’epoca e foto attuali, impreziosita dai nel nulla... Questo Maran ce disegni dei bambini di Cavasso. l’ha oggi solo qualche famiglia • 87

Le famiglie Romanin e Bianchet di Villa d’Arco presso Cordenons ritratte nel 1934 mentre si accingono a falciare l’erba magredile(Archivio Giovanni Fantini).

ancora, ma gran parte della gente non si compravano neppure le mivano sotto questa tenda... e si non lo conosce più. La coltivazio- sementi: si conservavano in casa! svegliavano prestissimo, alle 3 - 4 ne non veniva fatta come oggi, ma Anche per l’orto! Noi ad esempio della mattina, per essere già pron- con l’aiuto degli animali. Perché avevamo un angolo che veniva ti quando albeggiava. I bambini una volta veniva fatto pratica- lasciato per mettere due cipolle, aiutavano nella raccolta del fi eno mente tutto a mano! Noi bambini, un poca di cicoria o altro. Lì si rastrellando dopo la falciatura. anche in qualcuno di questi lavori, raccoglievano anche i semi che Si aiutava a “mettere in coda” aiutavamo i genitori: per esempio chiudevamo in sacchetti e depo- il fi eno, come si diceva..., cioè a a zappare che era una attività sitavamo per l’inverno nella val. fare mucchi; per fare questo si meno faticosa e “a dare terra” alle Così si manteneva la biodiversità muoveva il fi eno che, se non c’era piantine di mais, cioè a fare la sar- nostrana: conservando le varietà vento, ricadeva fra l’erba falciata, chiatura mediante la zappa. locali! altrimenti quando il vento soffi ava Nel Dopoguerra fra i tipi di fru- Per fare fi eno si partiva da Corde- e faceva mulinelli nell’aria... lo mento si coltivavano il Sanpastore nons alle nove, accompagnati dal portava in alto, perché era fi ne e il Mentana. Questo aveva un carro trainato dalle mucche con e leggerissimo. Con questo fi eno prolungamento, come una specie l’acqua nelle damigiane per i fal- povero, molto profumato, gustoso di ago... di 2 o 3 cm sopra la spi- ciatori; in genere si arrivava verso e nutriente per le bestie... anche ga... che probabilmente contribui- le undici. Gli uomini si fermavano il latte veniva più buono. Ora le va a proteggerlo dai passeracei. La qui venti, venticinque giorni per mucche non ne mangiano più, resa maggiore l’aveva il Sanpasto- far erba. Sul prato veniva installa- perché nessuno sfalcia i prati dei re. Contro gli uccelli però si utiliz- to un telo che aveva delle borchie magredi e quindi mangiano solo zavano anche gli spaventapasseri. e che faceva da tenda. I genitori erba medica e insilato”. L’acqua si utilizzava solo per i mu- ci invitavano a ripararci perché lini e per l’uso domestico: si anda- stare tutto il giorno sotto il sole va a prenderla col bilanciere fi no era pesante perché nei magredi (Tratto dalla pubblicazione I magredi, ieri oggi e domani redatta dalla alla Roja: fi no al 1953 a San Foca c’erano pochissimi alberi. Biso- Direzione centrale risorse rurali, non c’era l’acquedotto! gnava stare lì a lungo... Gli uomini agroalimentari e forestali - Servizio caccia, risorse ittiche e biodiversità in Si concimava solo con il letame che erano fi ssi per la fi enagione si collaborazione con le Scuola primaria delle mucche. Prima della guerra fermavano anche di notte e dor- di Cavasso Nuovo).

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Michele ZANETTI Il Tagliamento a Gemona

OgniOgni fi ume offroffree di sé aspetti di essi, ciascuno dei molteplici questi stessi termini, pertanto, molteplici,molteplici, quasquaquasis che la sua per- “Tagliamento” che formano il mo- si giustifi ca il fatto che, in questa sonalità,sonalità, il suo esseree via d’acqua saico sequenziale dell’identità fl u- sede, si parli del Tagliamento di perenne,perenne, ill suo esseree fenomeno viale non può esistere senza quelli Gemona. idrogeologicoiidrogeologicdrogeologico ramifira cato e com- che lo precedono a monte e quelli Oplesso, mutino presso ciascuna che lo seguono a valle. E tuttavia Da Braulìns al Cimano delle contrade che si affacciano al ciascuno esprime, appunto, carat- La grande “T” disegnata dal fi ume suo percorso. Quasi che numerose teri che comprendono sia aspetti Tagliamento e dal Fella, suo mag- e diverse siano le storie e la storia peculiari che aspetti condivisi e giore affl uente di sinistra idrogra- che esso racconta attraverso le costanti, strettamente coniuga- fi ca, è una sorta di “impalcatura testimonianze degli uomini. Una, ti gli uni agli altri; siano questi idrogeologica” del territorio friu- mille storie per ciascuna comuni- stessi di natura paesaggistica, lano. Una sorta di spina dorsale tà; una, mille storie legate al suo idrologica, ambientale, ecologica idraulica che costituisce il più essere fonte di vita, di risorse e o naturalistica. importante sistema fl uviale del d’energia e formate da eventi e Se considerata in questi termi- territorio regionale; come tale è il fatti storicizzati dalla memoria ni, l’identità fl uviale può essere più grande apparato dispensatore collettiva e dalle cronache. descritta compiutamente ed ef- della risorsa più preziosa per la Non esiste dunque “un fi ume alpi- fi cacemente soltanto prendendo vita selvatica e per quella umana: no”, ovvero un elemento univoco in considerazione ciascuno dei l’acqua. Occuparsi brevemente del come vuole l’immagine accredita- diversi elementi dell’insieme. In Tagliamento di Gemona signifi ca ta dalla didattica della geografi a, ma numerosi fi umi in uno solo. Tutti che esprimono, uno per cia- scun tratto, i molteplici caratteri del suo essere, secondo una suc- cessione sequenziale che evolve lungo l’intero suo percorso. Ecco allora il Tagliamento di Forni e quello di Tolmezzo; ecco il Taglia- mento di Gemona e di Pinzano, di Spilimbergo, di San Vito e di La- tisana; e poi giù, fi no all’epilogo, fi no al Tagliamento di foce, che è di Bibione e di Lignano. Ciascuno

I monti di Gemona visti dal Tagliamento: sulla sinistra il Cjampon / Ambruséit, sulla destra il Cuarnàn (ottobre 2011). Il greto del Tagliamento dalla sponda di Peonis. 90 •

del Cuarnan e del Chiampon, che culmina con i 1958 metri del Mon- te Plauris, collocato in posizione più arretrata. Sulla sinistra, inve- ce, un massiccio e omogeneo rilie- vo culmina con il Monte Cuar, for- mando una muraglia che è quinta d’orizzonte verso ovest e che sembra, al pari degli altri monti, assorbire e smorzare il riverbero luminoso che emana dal fi ume. La dotazione forestale dei rilievi Il verde cupo del leccio sui dirupi fra Peonis e Cornino emerge nell’uniforme e dell’alveo stesso costituisce marrone della vegetazione in veste invernale (dicembre 2011). quindi la seconda componente per importanza di questo spetta- accentrare l’attenzione su quel da incidere in misura contenuta. colare paesaggio. Fasce di bosco tratto di fi ume che, lasciate le Cogliere il paesaggio “a vista”, ad fl uviale di colore verde ceruleo Prealpi, si affaccia ai grandi oriz- altezza d’uomo, ovvero osservare sulla distesa d’alveo; chiazze di zonti della pianura scivolando sui semplicemente il fi ume dall’argine colore verde cupo sui versanti terrazzi diluviali di ciottoli che che delimita il suo ampio alveo soleggiati di destra idrografi ca esso stesso ha accumulato nelle ghiaioso, signifi ca pertanto per- che sovrastano Cornino e distese fasi interglaciali e nell’ultimo cepire una immagine composta omogenee di verde brillante sulle Postglaciale. Un tratto che si può per i quattro decimi dal cielo, pendici dei monti che sovrastano considerare delimitato dal ponte per cinque decimi dalle sagome Gemona sulla sinistra idrografi ca, di Braulìns a monte e dal ponte del rilievo e per un decimo dalla esprimono in termini cromatici la del Cimano a valle: in tutto circa distesa piatta e chiara dell’alveo natura delle diverse componenti otto chilometri di fi ume. Otto tilaventino. Un’immagine in cui della stessa dotazione forestale chilometri di grave della fascia l’acqua fl uente nelle lame vivaci del paesaggio: pioppeto-saliceti in collinare-prealpina che corrispon- che scivolano sulla ghiaia e che alveo, leccete “verticali” sui dirupi de al Campo di Gemona-Osoppo, formano l’intreccio delle direttrici della destra ed orno-ostrieti sui collocato sulla sinistra idrografi ca. di defl usso idraulico, si percepisce versanti di sinistra. Gli aspetti che interessano questa appena e che, da certe posizioni Tutto questo costruisce il gigan- breve dissertazione sul fi ume sono non si vede neppure. tesco “contenitore paesaggistico” innanzitutto paesaggistici e, nel Osservato dalla grava di Peonis o in cui si inseriscono le opere tratto considerato, il paesaggio dalla grava di Osoppo, il Taglia- dell’uomo, quasi a sancire la sua viene delineato e caratterizzato mento appare sovrastato verso presenza marginale in un conte- dal prevalere di strutture geolo- nord dal grande scoglio roccioso sto che conserva, appunto, una giche e di aspetti geomorfologici del Monte Brancot e del Monte S. elevata naturalità. Ecco allora il e forestali, del tutto naturali o Simeone. L’imponente struttura, profi lo del ponte autostradale che prossimo-naturali. Un paesaggio che s’allunga longitudinalmente, taglia longitudinalmente l’imma- in cui le opere dell’uomo e la loro campeggia con il suo tozzo profi lo gine dell’alveo all’altezza di Gemo- collocazione nel contesto che de- piramidale al centro della stessa na; ecco i profi li industriali delle fi nisce l’immagine del fi ume e dei immagine. Sulla destra dell’osser- centrali a biomassa e quelli delle suoi territori contermini risulta vatore, che è sinistra idrografi ca, ferriere di Osoppo; ecco infi ne i sostanzialmente minoritaria e tale s’innalza poi la sequenza di rilievi paesi: elementi marginali, arroc- • 91

Bassa Pianura friulana. Arido, ma con l’eccezione delle pozze in cui il sedimento fi ne determina effi mere coperture impermeabili del fondale.

Un orto botanico naturale È questo ambiente, apparente- mente inospitale e sicuramente diffi cile, a determinare la dotazio- ne biotica dell’alveo fl uviale; a pla- smarne cioè le comunità viventi Il greto ghiaioso è arido, con l’eccezione delle pozze in cui il sedimento fi ne vegetali, mentre queste ultime de- determina effi mere coperture impermeabili del fondale. terminano infi ne la presenza ani- male. Nel vasto greto ghiaioso del cati su conoidi di deiezione come delle lame di corrente, che aggi- Tagliamento di Gemona si coglie Gemona, Trasaghis e Peonis, o rano i dossi e s’intersecano a for- la presenza di tutte le successioni su modesti dossi collinari come la mare un dedalo di fl uida energia ecologiche che intercorrono fra la stessa Osoppo. acquatica. Ecco le isole rispar- formazione fl oristica pioniera e il miate dall’abrasione delle piene bosco igrofi lo maturo. Distese abbacinanti di ciottoli e in cui il lavoro dell’elemento Il fenomeno, che conferisce a L’ambiente del fi ume, in questo vivente – in questo caso delle questo habitat un interesse par- tratto, è quello di un ampio al- piante – sta costruendo comunità ticolare in termini paesaggistici, veo ghiaioso che, osservato dal viventi di tipo pioniero. Ecco, in- margine, appare di sostanziale fi ne, le fasce di vegetazione fore- monotonia. Distese abbacinanti stale che chiudono l’alveo in una di ciottoli in cui gli accumuli e gli cornice verde, mutevole e fragile, avvallamenti modestissimi non ma al tempo stesso tenacissima e sono suffi cienti a conferire all’in- duttile. sieme una apprezzabile diversità Un ambiente aperto e soleggiato, ambientale. dunque, in cui le forti escursioni La vera natura dell’ambiente d’al- termiche giornaliere sono miti- veo del Tagliamento di Gemona gate dalla ventilazione che per- la si coglie tuttavia percorrendo- corre l’ampia valle del fi ume. Un ne le sterili distese. Affrontando ambiente arido e umido conte- cioè una sorta di esplorazione di stualmente, sterile per l’assenza una realtà che si svela all’osser- di suolo fertile e di forte permea- vatore mano a mano che questi bilità, perché le ghiaie grossolane si addentra nel vuoto apparente non trattengono l’acqua, ma l’as- e nella sua monodimensionale sorbono avide, restituendola alla vastità. Ecco allora che i modesti superfi cie soltanto alcune decine Vedovelle dei prati o vedovelle celesti dislivelli del greto risultano ap- di chilometri più a valle, dove (Globularia punctata). Questa specie si prezzabili; ecco che si riscontra le acque del Tagliamento vanno trova nel Tagliamento di Gemona grazie al fenomeno detto "dealpinizzazione": la presenza di pozze che l’ultima ad alimentare i vasti e ramifi cati è arrivata qui, dalla Carnia, o dal Canal piena ha lasciato isolate e quella sistemi di risorgiva fra Alta e del Ferro, trascinata dalle acque fl uviali. 92 •

cioè risparmiate dall’impatto diretto delle acque di piena. Si formano allora minuscole isole forestali, il cui aspetto insulare è rafforzato dalla distesa di ghiaie candide che le circonda ed i cui destini, generalmente precari, sono legati alla stabilità o al muta- mento delle direttrici di defl usso delle acque. La dotazione fl oristica del Taglia- Vegetazione pioniera di pioppo e salice. Sullo sfondo il forte di Osoppo. mento di Gemona è dunque ca- ratterizzata da piante erbacee an- nuali e perenni, cespugli, arbusti ed alberi selezionati da un habitat in cui il suolo è formato preva- lentemente da ghiaie di diversa pezzatura e da lenti di sedimento sabbioso o limoso di spessore va- riabile e generalmente maggiore nelle fasce esterne. Piante di tipo xerofi lo, ovvero in grado di tolle- rare l’assenza o la scarsità d’acqua in periodi prolungati; ma anche di tipo igrofi lo, ovvero in grado di tollerare la presenza abbondante dell’elemento idrico nelle fasi di piena. Piante eliofi le, in quanto l’ambiente è di tipo aperto e lumi- I colori di novembre sul Tai, affl uente artifi ciale del Tagliamento qui ripreso nella noso e al tempo stesso anemofi le, Gravata di Trasaghis. Il pioppo è di un bel giallo carico mentre il salice rimane verde poiché la ventilazione vi si mani- e qua e là rosseggia l’orniello che mantiene questo colore solo assai fugacemente. festa in modo costante e talvolta Sullo sfondo i lecci fra le rupi che sovrastano la strada per Peonis. sostenuto. Queste caratteristiche, se riferite ecologici e didattici, è comune formata da lame di scorrimento alle piante legnose e dunque agli agli ambienti di grava fl uviale in dell’acqua, ghiaie nude, formazio- arbusti e agli alberi, sono perfet- genere: dal Brenta e dal Piave ve- ni erbaceo-cespugliose pioniere, tamente calzanti con i caratteri e neti, al Tagliamento e al Meduna formazioni arbustive, arbusteti le esigenze ecologiche delle Sali- friulani. Esso conferma il perenne alberati e bosco. cacee, ovvero dei salici e dei piop- lavoro di edifi cazione delle fi to- Accade peraltro – e in questo pi in genere. Sono gli stessi salici cenosi contrapposto a quello di tratto di fi ume lo si può osserva- (Salix elaeagnos, S. purpurea, demolizione delle acque fl uviali, re – che alcune “isole” di ghiaia S. alba, ecc.) e i pioppi (Populus tale per cui spostandosi dall’asse collocate al centro della distesa nigra, P. alba, P. canescens, P. centrale della fascia d’alveo si dell’alveo rimangano escluse dal tremula, ecc.) a caratterizzare percorre appunto una successione fenomeno abrasivo; rimangano infatti la vegetazione forestale • 93

Tagliamento fi ume delle farfalle. A sinistra: Argynnis paphia e Iphiclides podalirius in alimentazione su fi ore di Buddleja davidii; in centro: Macaone (Papilio machaon); a destra: Vanessa del cardo (Vanessa cardui). che si sviluppa nelle fasce laterali fl uviali. Specie come la Biscutella ghiaiose nude, in cui la fauna si dell’alveo, formando boschi o sa- montanina (Biscutella laeviga- limita alla presenza di piccoli vane alberate di densità, sviluppo ta), tipica dei ghiaioni montani, invertebrati interstiziali, si con- e aspetto assai variabile. o come il Garofano di Sternberg trappone la zoocenosi dei lembi di Altre specie arboree e arbustive si (Dianthus sternbergii) e il Li- prato arido, degli arbusteti e dei associano quindi alle formazioni lioasfodelo minore (Anthericum boschi, con una rilevante presen- dei pioppeto-saliceti, in ragione ramosus), diffusi nei prati mon- za di invertebrati e di vertebrati. della loro fase evolutiva e del pro- tani asciutti, come le Vedovelle Dal piccolo ortottero Oedipoda cesso di edifi cazione del suolo fer- celesti (Globularia punctata) e coerulescens, che dispiega le ali tile dovuto appunto allo sviluppo l’Enula aspra (Inula salicina), si membranose azzurre ad ogni volo, del bosco. Presenze che compren- rinvengono con relativa frequenza al vistoso dittero sirfi de Volucella dono elementi igrofi li come l’Olmo nelle formazioni pioniere e nei zonaria, alle farfalle Vanessa del (Ulmus minor) ed elementi xe- lembi di magredo al margine delle cardo (Vanessa cardui), Galatea rofi li come il Pino silvestre (Pi- boscaglie. A queste si affi ancano (Melanargia galathea), Podali- nus sylvestris), il Carpino nero le erbe tipiche dei greti ghiaiosi rio (Iphiclides podalirius) e fi no (Ostrya carpinifolia) e l’Orniello e dei suoli sabbiosi, come il Garo- al grazioso licenide Callophrys (Fraxinus ornus) tra le specie fanino di Dodoneus (Epilobium rubi, gli insetti presenti negli am- arboree; mentre a livello arbusti- dodonaei), dai bei fi ori ciclami- bienti aridi del greto sono nume- vo si osservano l’Olivello spinoso no, o il Camedrio alpino (Dryas rosi. Si potrebbe anzi affermare (Hippophaë rhamnoides), il Li- octopetala). che in questo tratto, anche per gustrello (Ligustrum vulgare), il Ecco allora che la monotonia effetto di una cospicua presenza Ginepro comune (Juniperus vul- apparente del pioppeto-saliceto di Buddleja davidii, meglio co- garis), la Rosa di macchia (Rosa di grava assume una complessità canina), la Vitalba (Clematis vi- inattesa e le formazioni forestali talba) e, nelle depressioni, umide del fi ume appaiono come singolari la Frangola (Frangula alnus). orti botanici naturali. Nelle radure aride della boscaglia fi oriscono cespuglieti di Santo- Il Fiume delle Farfalle reggia montana (Satureja mon- Integra e completa il quadro tana), mentre la stessa dotazione complesso della comunità vivente di specie erbacee presenta aspetti la presenza animale. Anche in di notevole interesse per effetto questo caso l’apparente sempli- del fenomeno di “dealpinizza- fi cazione dell’ambiente e della zione”, dovuto al trascinamento biocenosi vengono smentite da di vita vegetale dalla montagna una ricchezza di specie sorpren- alla pianura da parte delle acque dente. Al deserto delle distese Corriere piccolo (Charadrius dubius). 94 •

Grifone (Gyps fulvus). Osservare questi giganti dell’aria planare sulle distese candide del fi ume di ghiaia procura emozioni che non si dimenticano. nosciuta come “albero delle farfal- que caratterizzata anche dalla le”, un arbusto di origine asiatica presenza di mammiferi di medie ampiamente diffuso ai margini e grandi dimensioni, quali il Ca- dell’alveo, il Tagliamento diviene priolo (Capreolus capreolus), il “fi ume delle farfalle”. la Volpe (Vulpes vulpes) e il Frequenti sono, di conseguenza, Tasso (Meles meles). I paesaggi i predatori insettivori, come i faunistici del fi ume di Gemona, rettili e gli uccelli. Questi ultimi, tuttavia, risultano peculiari per la peraltro, sono rappresentati da presenza di alcune specie di gran- decine e decine di specie migra- di uccelli che un lungo e tenace trici, stanziali e svernanti, tra cui impegno dei naturalisti friulani, una che nidifi ca sulle ghiaie nude e in particolare di Fulvio Genero, deponendo le uova, perfettamente ha consentito di restituire ai ver- mimetiche, su un minuscolo depo- santi montani sovrastanti il lago sito sabbioso. Si tratta del Corriere di Cornino. Si tratta del Grifone piccolo (Charadrius dubius), un (Gyps fulvus), la cui colonia caradriforme che si sposta zam- pettando velocemente al suolo e che si nutre appunto di insetti. Osservato dalla grava di Peonis o dalla grava di Osoppo il Tagliamento appare La fauna dell’alveo, in questo sovrastato verso nord dal grande tratto del Tagliamento, è comun- scoglio rocioso del Monte Brancot. • 95 96 •

riproduttiva appare stabilmente insediata ed i cui voli di ricogni- zione alimentare si svolgono nei cieli del greto tilaventino; ma anche dell’Aquila reale (Aquila chrysaetos), del Nibbio bruno (Milvus migrans) e del Corvo imperiale (Corvus corax), atti- rati dal carnaio allestito presso la Riserva naturale regionale del Lago di Cornino. Osservare questi giganti dell’aria planare sulle distese candide del fi ume di ghiaia, nella luce limpida dei mesi primaverili, procura emo- zioni che non si dimenticano.

Nota Il ponte di Braulìns, che ha ispirato la nota canzone friulana. In riparo sottoroccia la La descrizione proposta in questa rossa chiesetta di San Michele dei Pagani che ospita un bell’affresco duecentesco sede per il Tagliamento di Gemona raffi gurante un San Michele dai tratti bizantineggianti che pesa le anime. è sicuramente approssimativa e come tale del tutto insuffi ciente. È tuttavia ambizione dell’autore aver suscitato qualche interesse soprattutto in coloro che, attraver- sando frettolosamente un ponte sul fi ume o percorrendo le rotabili che lambiscono il margine dell’al- veo, raramente hanno prestato attenzione a questo straordinario giacimento di paesaggio e di natu- ralità.

Fotografi a presa dal Forte di Osoppo nel novembre 2011. Sul greto, nelle isole dalla vita più o meno effi mera, si notano i pioppi nella loro gialla livrea autunnale, mentre i salici, meno percettibili, rimangono verdi. A valle della strada per Peonis, di cui si Il grifone saluta i visitatori della Riserva intravvede il guard-rail, ancora pioppi, ma non mancano i sempreverdi pini e il fugace naturale del Lago di Cornino. Disegno rosso degli ornielli. A monte della strada medesima si entra nell’orno-ostrieto. di Roberta Rigo. • 97

Paola CIGALOTTO, Maria Alberta MANZON La Livenza... siccome fi ume reale

Questo testoo è unu piccolo estratto lo studio ha cercato di leggere i naturale o forzato. Le acque sono di uno studioo condottoccoo dall’Uni- differenti paesaggi fl uviali, le loro un potente dispositivo di trasfor- versitàverrsitàsità didi TriesTriTriesteest su sette fi umi relazioni con l’intorno, gli usi e le mazione dei paesaggi rurali che regionaliegionali (Stella,(Stel(Stella Livenza, Me- pratiche, i caratteri morfologici, attraversano. Leggendo le princi- duna,duna, Cellina,Cellina, Cormor,C Natisone, idrologici e insediativi, gli ele- pali dinamiche di trasformazione Fella).Fella). A partirepartire da una rifl essio- menti percettivi e gli aspetti di ne suii criteriit i di ridelimitazione carattere ambientale. I fi umi sono della fascia di rispetto paesag- una delle componenti più varia- Sopra: "Giace la città di Sacile in un gistica, fi ssata in modo astratto bili del territorio: si allargano, si lieve avvallamento alle sponde del Livenza, distante 63 chilometri da nei 150 metri dalla legge Galasso stringono, si spostano, assumono Udine...". Da Ciconj Giandomenico, in attesa dei Piani paesaggistici, nel tempo forme diverse, in modo Udine e la sua Provincia, 1861. 98 •

tenuto in debita considerazione il ruolo rilevante che, in Friuli, gli ambiti fl uviali giocano nello scandire e nello strutturare il territorio e il paesaggio dell’intera regione. Sono poi le analisi e le valutazioni dei singoli contesti, considerati nella loro evoluzione, che possono contribuire a forma- re un progetto che riconosca e costruisca correlazioni plurime “con e tra” gli elementi materiali e immateriali del territorio, ri- declinando il concetto stesso di paesaggio come tessuto connetti- vo di una pluralità di sistemi e di processi, sia nelle sequenze longi- tudinali che trasversali del corso d’acqua.

La Livenza dal serpeggiante corso Ove l’Alpi Carniche occidentali maggiormente protendonsi verso l’Adriatico, giganteggia il monte Cavallo, e al suo pie- de meridionale scaturisce da un bel laghetto il Livenza, Li- Fig. 1. Il percorso della Livenza. quentia. [...] l’unico tra le tante correnti del Friuli che dalla dell’uso del suolo si è cercato di forma. Ciò non è strano: il Friuli sorgente alla foce serbi tal mas- capire quali sono gli elementi di è costituito da ambiti paesaggi- sa d’acque da non lasciar mai lunga durata che hanno resistito stici che lo suddividono in fasce scoperta alcuna parte del’alveo, nel tempo, quali sono i caratteri pressoché orizzontali dall’ambito ma corra invece a pien letto identitari con i quali confrontarsi, alpino al bordo lagunare. I grandi siccome fi ume reale. Ciò avvie- non solo per la ridelimitazione fi umi, unendo e attraversando i si- ne perché il suo avallamento delle aree di tutela, ma anche per stemi montani, collinari, di pianu- ha minor declivio di ogni altro; un progetto di paesaggio contem- ra e costieri modifi cano in modo lo che pur rilevasi dal serpeg- poraneo. sostanziale i loro caratteri lungo giante suo corso. Il Livenza, Intersecando i differenti punti di il percorso e, connettendo ambiti fi ume perenne, largo, profondo vista assunti nell’analisi, un primo paesaggistici diversi, divengono e incassato, da tempi rimo- esito del lavoro è stato il ricono- elementi primari e strutturali del tissimi fu considerato linea scimento e la descrizione delle paesaggio. Nel riconoscimento militare difensiva, e confi ne diverse tranche di paesaggio fl u- della rilevanza paesaggistica dei naturale di stati: come i suoi viale che ogni fi ume nel suo corso corpi idrici va preliminarmente ponti divennero rocche muni- • 99

te per contrastarne il valico, e soggetto di frequentissimi combattimenti; tanto più che riputavansi le chiavi dell’Italia orientale. Così si espresse Giandomenico Ci- conj nei Cenni storico-statistici sulla città di Sacile che diede alle stampe nel 1847. La Livenza era il principale fi ume navigabile del Friuli; “amplissimo ma placido fi ume”, lo intitola An- tonio De Cillia nella sua bella mo- nografi a I fi umi del Friuli (Paolo Gaspari editore, 2000). Un fi ume anomalo dunque, se confrontato con tutti gli altri corsi d’acqua del nostro territorio regionale che invece si presenta sassoso e pien de torrenti che discendono con grandissima furia dalle Alpe vicine et rovinano tutti i campi d’intorno secondo una relazione di Alvise Mocenigo stilata nel 1561 (Bianco 1994, 51). Non che il Livenza non abbia provocato di- sastri e alluvioni, come sapevano coloro che vivevano nei pressi di Tremeacque, tanto che il suo cor- so meandriforme è stato oggetto di profonde trasformazioni e im- ponenti arginature, da Brugnera in giù, fi no alla confl uenza con il Meduna (fi g. 1). L’immagine della Livenza è, più di tutto, legata a Sacile, che fon- da la sua identità su uno stretto rapporto con il fi ume, sul quale si affacciava un tempo con un porto importante e ora con i par- chi, i giardini e i numerosi ponti Fig. 2. Contesti di paesaggio del fi ume Livenza: dislocati sui fronti antichi lungo 1. Il paesaggio delle sorgenti pedecollinari; il fi ume. Guardare alla Livenza 2. Il paesaggio dei Campi Molli; Il paesaggio urbano di Sacile; 3. Il paesaggio della campagna urbanizzata; signifi ca, per noi, rifl ettere sul 4. Il paesaggio degli argini. ruolo centrale che i fi umi hanno 100 •

avuto nel disegno del territorio naturale e abitato, nella sua strut- tura insediativa e politica, nella sua immagine, e su quale sia la relazione che oggi intrattengono con il paesaggio contemporaneo che attraversano. Percorrendo la Livenza dalle sorgenti alla confl uenza con il Meduna si riconoscono, oltre al tratto urbano di Sacile, quattro diversi contesti di paesaggio, pro- fondamente diversi l’uno dall’altro (fi g. 2).

Fig. 3. Paesaggio delle sorgenti pedecollinari: l’orografi a dei luoghi (dalle pendici Il paesaggio delle sorgenti del Cansiglio, alla zona piana, ai colli ed ai due corsi del Livenza) conforma un pedecollinari: ambiente particolarmente vario sotto il profi lo paesaggistico e di grande interesse dalle sorgenti alla località Fia- naturalistico ambientale. Il complesso sistema di risorgenza dà origine anche ad un’area umida di medie dimensioni. Le buone condizioni di conservazione rendono schetti (fi g. 3) questi luoghi un rifugio importante per diverse specie animali. È la grande varietà di Nel suo primo tratto il fi ume scor- ambienti specifi ci che va salvaguardata, evitando di creare squilibri soprattutto con re nella pianura assolata racchiu- le sistemazioni idrauliche che potrebbero profondamente alterare un paesaggio che sa tra le pendici del Monte Cavallo presenta caratteri di eccezionalità. e la fascia di basse colline moreni- che parallele ai monti (Col Pizzoc, Col delle Razze, Colle di S. Floria- no, Col del Conte). Alla base dei versanti montuosi del Cansiglio sgorgano le due sorgenti carsiche del Livenza: lo specchio d’acqua limpidissima del Gorgazzo (fi g. 4), emblema dell’iconografi a dell’a- rea, e le copiose sorgenti della Santissima (fi g. 5). I due corsi d’acqua si incontrano all’uscita dei colli, subito a sud dell’antico centro di Polcenigo, formando un fi ume di portata ampia e perenne che segue la base delle colline. Questa unità di paesaggio rappre- Fig. 4. Il Gorgazzo è una delle due fonti della Livenza ed è, senz’altro, una delle senta un ambito con i caratteri più potenti immagini dell’iconografi a della pedemontana occidentale. La purezza, dell’eccezionalità, per la presenza i colori, la profondità delle acque di questa risorgiva non ancora totalmente di aree di grande interesse natu- esplorata, sono strettamente connessi con le acque che circolano nella soprastante ralistico ambientale. Nella piana montagna calcarea cretacica la cui salvaguardia è essenziale per la preservazione dell’ambiente del Gorgazzo. Risulta dunque evidente la necessità di considerare del Palù (fi g. 6) i substrati sono la possibile interconnessione tra paesaggi, anche se totalmente diversi nelle loro caratterizzati da conglomerati apparenze. • 101

intercalati con argille e marne e compaiono spesso suoli torbosi. Tutta la zona presenta un intenso e complesso fenomeno di risor- genza formando un’area umida di medie dimensioni che è denomi- nata Acqua Molle. Le buone con- dizioni di conservazione rendono questo sito un rifugio importante per numerose specie animali. Il sito racchiude habitat acquatici ed umidi oggi in forte regressione in tutte le aree planiziali e pe- demontane. Lungo tutto il fi ume si trovano segni di insediamenti Fig. 5. La sorgente “La Santissima” a Polcenigo. antichi prossimi alle rive, che erano luogo di intense attività mercantili: la sorgente della San- tissima, luogo di un insediamento preistorico palafi tticolo di grande interesse archeologico, il centro storico di Polcenigo con il colle del castello, l’architettura sponta- nea rurale di Gorgazzo e Coltura, oltre a diverse aree archeologiche in tutto il territorio di Polcenigo. L’ambito ha una forte connota- zione paesaggistica: la pianura è ricca di acque superfi ciali, di prati, coltivi e macchie boscate ripariali. Si trovano ancora campi di piccole dimensioni, delimitati da ontani e platani; un tempo erano adibiti a “marcite”, parti- colare sistema di foraggicoltura che sfruttava il continuo defl usso d’acqua. I colli, dove un tempo si coltivava anche l’ulivo (vedi Tiere furlane n. 1, 2009), sono tenuti a boschi e viti e costituiscono la quinta visiva del fi ume. Unico ma pervasivo elemento di criticità è Fig. 6. La piana del Palù, area di importanti ritrovamenti archeologici. Frequentata l’espandersi degli insediamenti già dal Paleolitico superiore, è uno dei rarissimi siti in area umida. Nel IV-III millennio a.C. costituì uno dei più importanti villaggi di tipo palafi tticolo dell’Italia Nord- residenziali sulla piana e degli im- Orientale. pianti di itticoltura. 102 •

Il paesaggio dei “Campi Molli”: dalla località Fiaschetti a Saci- le (fi g. 7) Da Fiaschetti, dove il fi ume si stacca della fascia collinare e dove si coglie una vista panora- mica di gran pregio paesaggistico verso la quinta montana, il fi ume ha un alveo che è inciso nell’alta pianura alluvionale: a differenza delle altre zone di alta pianura questa è un’area ricca di acque Fig. 7. Paesaggio dei “Campi Molli”. Nella parte più settentrionale dell’ambito che contribuiscono a costituire un una fi tta rete di corsi d’acqua confl uenti nella Livenza determinarono delle zone umide, un tempo orzaie o campi molli; oggi l’antica policoltura è stata sostituita da paesaggio con una ricca vegeta- coltivazioni a mais e pioppeti. I toponimi conservano la memoria del succedersi zione ed una serie di corsi d’acqua delle forme agrarie. Dopo aver lasciato la zona collinare pedemontana, il fi ume ha che confl uiscono nella Livenza. un alveo profondamente inciso nella pianura alluvionale. Il tratto di naturalità della vegetazione che accompagna le sponde del fi ume è molto sottile. I rilievi montani Un tempo le zone umide giunge- sullo sfondo arricchiscono le visuali panoramiche, ma la vista delle acque del fi ume vano fi no a Polcenigo, prolungan- si può godere solo dai rari punti di attraversamento. do così la fascia delle risorgive della bassa pianura; l’opera di imbrigliamento e di regolamen- tazione delle acque è stata lunga, ma toponimi quali Campo molle / Camoi testimoniano che non solo nella zona bassa delle risorgive, ma anche qui, le acque domina- vano il paesaggio. Le acque di ri- sorgenza hanno una temperatura pressoché costante, tra i 12 °C e i 13 °C, con differenze annuali non superiori a 4 °C . Questo con- sente, nelle marcite, un notevole anticipo nello sviluppo delle erbe, con la possibilità di uno sfalcio anticipato. Oggi la campagna è profondamente trasformata e la coltivazione intensiva (mais, pioppeti) ha sostituito le antiche orzaie. La fascia di vegetazione ripariale che accompagna il fi ume in questo tratto è molto sottile, fatto questo che ne limita molto la Fig. 8. Paesaggio urbano di Sacile. Acque ed architetture: le potenzialità fruibilità paesaggistica e lo rende paesaggistiche della Livenza si esprimono appieno nelle parti centrali della città, dove il fi ume, nei suoi due rami, si integra con le architetture e confi gura visuali di esile come corridoio ecologico. I grande suggestione. fi lamenti di edifi ci che escono da • 103

Sacile verso nord, più densi alla destra idrografi ca, impediscono la vista e il rapporto con il fi ume, dove, accanto alle rive, si trovano diversi edifi ci rurali dismessi.

Il paesaggio urbano di Sacile: dentro la città (fi g. 8) La Livenza attraversa la città di Sacile, dove, al posto attualmente occupato dalla piazza principale, si trovava un antico porto. Ciò Fig. 9. Paesaggio della campagna urbanizzata: le recenti espansioni edilizie rimanda ai diversi ruoli svolti da residenziali e produttive connesse al Distretto del Mobile hanno prodotto una città questo fi ume nel passato: elemen- diffusa dove le placche delle zone artigianali si mescolano alle aree agricole, alle lottizzazioni e ai capannoni isolati, a tratti anche molto vicini alle rive della Livenza. Il to di difesa e di confi ne, ma anche fi ume assume un andamento meandriforme marcato, solo le anse e le aree golenali fi ume navigabile ampiamente sono libere dall’edifi cazione, ma sono coltivate fi no alle sponde; la fascia ripariale utilizzato per i traffi ci mercantili. è discontinua e sottile. La Livenza diventa percettivamente lontana, nascosta dagli insediamenti diffusi lungo la viabilità; la campagna, urbanizzata e fortemente Il valore paesaggistico del tratto riordinata in funzione delle attuali coltivazioni agricole, rende per lo più “invisibile” la di fi ume interno alla città, visibile presenza del fi ume. dai numerosi ponti e protagonista dell’iconografi a tradizionale, è molto alto e costituisce, unita- mente al valore del centro storico, un unicum nella Regione.

Il paesaggio della campagna urbanizzata: dalla fi ne di Sacile al centro di Brugnera (fi g. 9) A sud di Sacile, oltrepassata la ferrovia, il paesaggio muta in modo sostanziale e assume i ca- ratteri della “campagna urbaniz- zata”. Le recenti espansioni edili- zie residenziali e produttive con- nesse al Distretto del Mobile han- no prodotto una città diffusa dove le placche delle zone artigianali si mescolano alle aree agricole, alle Fig. 10. Le “motte” (o “mutere”), piccoli rilevati circolari nel tratto fl uviale tra Sacile lottizzazioni e ai capannoni isola- e Brugnera (Prata di Sopra), assumono un particolare e strano allineamento (per qualcuno una sorta di Stonehenge). I terreni adiacenti al fi ume sono protetti dalle ti, a tratti anche molto vicini alle esondazioni con arginature che fanno intuire con il loro manufatto la presenza del rive della Livenza. Il fi ume assu- fi ume, ma che lo rendono nello stesso tempo invisibile. Gli argini potrebbero però me un andamento meandriforme essere utilizzati per il tempo libero e lo svago, quali percorsi di connessione delle testimonianze storiche presenti: le motte, l’area di reperimento prioritario del fi ume marcato; solo le anse e le aree Livenza, la chiesa di San Giacomo a Brugnera, gli insediamenti di valore storico. golenali sono libere dall’edifi ca- 104 •

zione, ma sono coltivate fi no alle sponde mentre la fascia ripariale è discontinua e sottile. Attorno al fi ume vi sono aree soggette a frequenti esondazioni e aree di bassura soggette a ristagno idri- co. Il punto principale di contatto con il fi ume è il centro di Brugne- ra con la zona dell’antico porto ridisegnata come parco pubblico sulla via centrale del paese. Due aree golenali, le smorte di San Giovanni e di Cavolano (Comune di Sacile) sono destinate ad uso naturalistico, ma il fi ume sembra essere racchiuso dall’edifi cazione lineare lungo le strade: un luogo dimenticato. Tra i cantieri edili si Fig. 11. Paesaggio degli argini: sono per lo più i ponti ed i percorsi sugli argini ad scorgono appena le “motte” (fi g. assicurare la visibilità del fi ume incassato tra alte sponde. 10), piccoli rilevati circolari che in questo tratto fl uviale assumono un particolare e strano allinea- mento (per qualcuno una sorta di Stonehenge).

Il paesaggio degli argini: da Brugnera alla confl uenza con il Meduna (fi g. 11) A valle di Brugnera la Livenza mantiene un percorso marcata- mente meandriforme, con il corso attivo incassato tra alte sponde; nel tratto di Pasiano di Pordeno- ne, presenta scarpate alte 5 m con tratti soggetti a fenomeni erosivi. Numerosi corsi d’acqua dal carat- tere temporaneo, confl uiscono nel fi ume sul lato sinistro e, in caso di forti eventi meteorici, concorrono alle esondazioni. Molte zone di bassura sono soggette a ristagno d’acqua. Il PAI (Piano di Bacino del Livenza) individua vaste aree Fig. 12. I ponti di Tremeacque sono caratteristici ponti gemelli di colore azzurro che di pericolosità idraulica. Questo è si trovano alla confl uenza tra Livenza e Meduna. Costituiscono una singolarità ed un paesaggio di recente formazio- un punto di riferimento del territorio. • 105

ne: nel passato una grossa palude esisteva alla confl uenza tra Liven- za e Meduna, fra Villanova, Ghira- no e Portobuffolè. L’inondazione del 1882 portò alla realizzazione dei grandi argini che delimitano l’area golenale e defi niscono un limite netto e riconoscibile ri- spetto alla campagna urbanizzata circostante, un ambito ristretto accanto al quale l’edifi cazione si stringe in un nastro quasi conti- nuo lungo la strada parallela al fi ume. I robusti argini non sempre sono suffi cienti a proteggere dalle inondazioni gli insediamenti e le Fig. 13. Ambienti naturali del fi ume quali le bassure e le golene rappresentano valori campagne circostanti e il livello paesaggistici signifi cativi in un ambiente di tipo agricolo fortemente riordinato. di pericolosità rimane alto in di- verse zone. Alla confl uenza con punto nodale di contatto con il le case affacciate sull’acqua a Pol- il Meduna, che da Meduna di Li- fi ume, seppur isolato, è il grande cenigo, il parco di San Floriano, venza si spostò nel punto attuale, complesso di Villa Varda, adibito il parco di Sacile, il lungofi ume di si trovano i due Ponti di Treme- a centro culturale ed espositivo e Brugnera e il Parco di Villa Varda. acque, caratteristici ponti gemelli parco pubblico. Più a sud i grandi Luoghi di grande interesse a cui in ferro dipinti d’azzurro (fi g. 12). argini di fi ne Ottocento defi nisco- si associa, come carattere strut- Nella bassa pianura (Pasiano) il no un limite netto e riconoscibile turale del paesaggio, a nord il rap- paesaggio presenta un’alternan- rispetto alla campagna urbaniz- porto visivo tra il fi ume, il Monte za di strutture differenti: campi zata circostante, e il rapporto con Cavallo e i colli pedemontani e, aperti, aree riordinate prive di il fi ume è scarso, ad eccezione dei a sud, la fascia delle imponenti strutture arboree, fi lari e alberi percorsi praticabili sopra gli argi- arginature ottocentesche, note- singoli sono relegati in segmenti ni (fi g. 13). voli dispositivi di percezione del marginali, zone di paesaggio semi Infi ne, dopo aver fatto da confi ne paesaggio. aperto dove permangono tracce tra Veneto e Friuli, la Livenza Recuperare e riconoscere le lun- del paesaggio agricolo antico, più prosegue il percorso fi no a sboc- ghe aste fl uviali come corridoi ricco di siepi, gelsi e altri alberi. care nell’Adriatico a ovest di Ca- ecologici da un lato, e come siste- Il salice bianco e la robinia sono orle (Porto S. Margherita). ma puntale di luoghi pubblici e le specie arboree più frequenti. collettivi connessi da percorsi ci- Le aree di maggiore rilevanza Un progetto di paesaggio a clabili dall’altro, è forse un’ipotesi paesaggistica sono rappresentate grande scala non diffi cile da realizzare, ma che da bassure, golene e scarpate Da riferimento principale del ter- assumerebbe un ruolo strutturale fl uviali. Il paesaggio è però, anche ritorio e luogo di traffi ci, scambi, per un piano paesistico regionale. qui, dominato dall’edifi cazione produzione energetica e lavoro, la Comporterebbe (solo) una modifi - diffusa. Si rileva la perdita della Livenza è oggi un fi ume in gran ca condivisa del punto di vista dal vegetazione igrofi la tipica dei parte nascosto. Pochi sono i punti quale guardare ai fi umi, luoghi paleoalvei che sono in gran parte di contatto ad uso ricreativo-cul- spesso dimenticati, verso i quali si messi a coltura. In questo tratto, turale: la Santissima, il Gorgazzo, espandono solo l’edifi cazione dif- 106 •

Il corso della Livenza presso Motta nella carta di fi ne Settecento del barone Anton von Zach. fusa, le coltivazioni estensive e le abitati, ma non la frequentazione: dem): “le adiacenze dei corsi funzioni poco gradite (discariche, lungo i fi umi, elementi dal carat- d’acqua sono sempre state selvose depuratori, zone industriali, ecc.). tere instabile, venivano lasciate e a maggior ragione dovrebbero In fondo “Boccaccio, quando deve delle fasce incolte destinate a ridiventarlo oggi come risposta al caratterizzare con sintesi fulmi- prato o boscate, fi n dai tempi crescente bisogno di spazi da de- nante la nostra regione, che cosa della centuriazione romana: dicare al riposo e allo svago degli evidenzia? Ma le acque, natural- “sulle sponde dei fi umi i Romani uomini – sempre più stressati – e mente: In Frioli, terra, quan- riservavano alla integrale conser- al rifugio della piccola fauna”. Un tunque fredda, ricca di belle vazione ampi spazi, dichiarati loci semplice ma sostanziale consi- montagne, e più fi umi, e chiare excepi – dotati di carattere sacro glio. fontane… (Decameron, giornata – ma difesi anche laicamente dai X, novella V)” (Raimondo Stras- curatores alvei” (De Cillia 2000, BibliografiBibliografi a acitata citata soldo in De Cillia 2000, 12). 24). In tali fasce si concentravano Gli studi mostrano che il pae- i beni comuni, ad uso promiscuo Bianco Furio, Le terre del Friuli, CIERRE edizioni, Verona, 1994. saggio è mutato molte volte nel delle comunità e quindi, seppur Ciconj Giandomenico, Cenni storico- tempo, attorno ai fi umi, ma che non abitati o coltivati, svolgevano statistici sulla città di Sacile, in questi hanno sempre mantenuto il ruolo di grandi spazi colletti- Monografi e friulane, F.lli Ribis editori, il ruolo di elementi di riferimento vi, dove si svolgevano un tempo Udine, 1847. a grandissima scala e di confi ni molte attività: oltre ai pascoli e ai De Cillia Antonio, I fi umi del Friuli, naturali tra ambiti amministrativi boschi comuni si trovavano porti, Paolo Gaspari editore, Udine, 2000. differenti. La pericolosità, una segherie, mulini, magli e relative costante nel tempo, è stata gestita rogge, cacciatori e pescatori. Le fotografi e sono di Luca Del Fabbro allontanando le costruzioni e gli Afferma Antonio De Cillia (ibi- Machado e Nicola Vazzoler. • 107

Damiano LAZZARINI La prime lûs 1812 - 2012: i due secoli della Filarmonica di Bertiolo celebrati anche grazie al sostegno della Fondazione CRUP

TraTrraa lala fi nene del 1700 e l’inizio del 1800,180000,, nel perperiodoi in cui la do- minazionemininaazione ffrancesera contende il postoosto a quellaquella austriaca, ha inizio lala storiastoria dedellalla banda musicale in terra friulana. Le due potenze che invadono il nostro territo- rio con le loro truppe portano, insieme alle armi e ai soldati, le proprie bande militari, modello ed esempio per le società fi larmo- niche e bandistiche che agli inizi del 1800 cominciano a istituirsi in Friuli. Secondo testimonianze tramandate di padre in fi glio, la Filarmonica di Bertiolo sarebbe nata proprio in quel periodo, nel 1797, l’anno del Trattato di Cam- poformido, quando un gruppo di strumentisti a fi ato di Bertiolo La Filarmonica di Bertiolo nel 1866. suonò a Villa Manin di Passaria- no in occasione della venuta di fi ato e ad arco. erano posti in secondo piano: di Napoleone Bonaparte. Tuttavia La realtà in cui si trovavano i conseguenza la chiesa era uno la prima testimonianza scritta primi musicisti, che erano per- dei luoghi di ritrovo popolari più sull’attività del gruppo di fi ati lopiù contadini e braccianti, non comuni, dove il primo nucleo di risale al novembre 1812: negli era certo facile. All’ombra del suonatori si esibiva. Il repertorio archivi parrocchiali del paese campanile, con una vita regolata di questo gruppo era prevalen- si registra che alla festa di San dalle stagioni agricole e famiglie temente di carattere religioso e Martino, l’11 Novembre, è stato patriarcali, il Friuli ha coltivato il ciò è dimostrato dalla presenza inaugurato l’organo della chiesa culto del dovere, del lavoro, della di partiture e spartiti di musica e per tale solennità durante la vita semplice, della religiosità, sacra per coro, orchestra e orga- Santa Messa i cantori sono stati un forte senso della solidarietà. no rinvenuti nell’Archivio parroc- accompagnati da strumentisti a I momenti educativi e culturali chiale del paese. 108 •

Per il Re e per Garibaldi del luogo, persone benestanti e o il clarìn, e più preziosi come il “La Prime Lûs 1812” deve il in vista, oppure commercianti. A fagotto e il corno inglese. Poi, ver- nome, con cui è conosciuta dal Bertiolo, il primo maestro del nu- so la metà del 1800 si aggiunsero 1960, proprio al fatto di essere cleo originario della Società fi lar- il fl icorno basso o bombardone, stata la prima formazione ban- monica fu Valentino Della Savia, e successivi strumenti a ottone. distica a vedere la luce in terra detto Bilìt, nato nel 1799; oltre a Il Della Savia, essendo economi- friulana. Vari sono i documenti suonare il clarinetto e ad avere camente benestante, nel 1859 che, da diverse fonti, ne segnala- una particolare passione per la chiamò al suo posto di direzione il no l’esistenza già nei primi anni musica, era un abile e avveduto maestro Cristiani, da Udine, che dell’Ottocento. Il nome testimonia artigiano maestro di tessitura, a rimase fi no al 1866. questa longeva tradizione che, capo di una fi orente fabbrica in Quell’anno, che sarà ricordato per in duecento anni di ininterrotta paese. la la storica annessione del Friuli attività, ha reso la banda di Ber- Per il Della Savia, come per gli già veneto all’Italia, sarà anche un tiolo espressione inconfondibile altri suonatori bertiolesi della pri- anno di riferimento per le bande dell’identità culturale locale, l’ha ma ora, non si hanno notizie sicu- locali. Infatti, alla venuta di Vitto- portata a farsi conoscere in Italia re circa la formazione musicale, rio Emanuele II dopo il Plebisci- e negli ultimi anni anche in Eu- ma si sa per certo che diresse la to, tutte le bande della regione, ropa, non solo musicalmente, ma banda fi no al 1858. compresa quella di Bertiolo, si anche con iniziative di notevole I primi strumenti furono quelli trovarono a Udine. Non a caso è interesse per la diffusione della che la natura e l’ingegno dell’uo- conservata ancora oggi nell’archi- musica per banda nei suoi varie- mo potevano dare: i pifferi, i vio della banda una foto, datata gati aspetti. fl auti, le siringhe o i più elaborati 1866, raffi gurante i membri della La costituzione delle prime realtà tromboni, trombette e violini. Filarmonica di allora. Nel 1867 le bandistiche, in genere, aveva soli- Furono usati anche strumenti po- stesse accoglienze furono riser- tamente come promotori i notabili polari come i sivilots, la tìntine vate a Garibaldi con venticinque bande. Al maestro Cristiani subentrò il maestro Davide Mantoani, che diresse la banda fi no al 1890. In seguito la direzione passò al maestro organista Carlo Lotti, fi glio del maestro Giuseppe Lotti, fi no al 1907. Egli insegnò musica, diresse il coro parrocchiale e fu un prolifi co compositore e ar- rangiatore di musica per banda. Nel 1908 il maestro Mantoani riprese la direzione della Banda di Bertiolo fi no al 1927. A questo periodo si riferisce un racconto del sig. Andrea Malisani (Dreùte) il quale vide, durante la ritirata di Caporetto del 1917, molte par- titure e documenti, trafugati dai Processione a Nespoledo, inizi del Novecento. tedeschi, gettati in un fosso lungo • 109

Foto ricordo a Sterpo, primi anni Ottanta. l’attuale via Napoleonica (Stra- propria passione, tanto che oggi maestri di bande, del maestro dalta). Probabilmente questa fu si contano ancora bande estere direttore, è sempre stato fonda- una delle cause della perdita di musicali promosse da friulani mentale, non solo quale leader del una grande quantità di materiale emigrati diversi anni fa. Malgra- complesso, ma anche come istrut- documentario della Filarmonica di le diffi coltà il maestro Pietro tore, educatore, esempio vivente bertiolese. Borsatti riuscì a mantenere unito dello spirito dell’insieme, depo- Se avessimo potuto conservare il gruppo e a dirigere i musicisti sitario dei valori da trasmettere in Friuli tutti gli spartiti antichi o di Bertiolo fi no al 1958 quando la a ciascuno dei bandisti. Dal 1965 buona parte del repertorio tipico Banda fu affi data al maestro Olivo il maestro Mario Macor assunse di ogni compositore delle nostre Grossutti, che si occupò della di- la direzione della Filarmonica e bande, oggi avremmo un patrimo- rezione, dell’insegnamento e della la mantenne fi no al 1985. Comin- nio culturale inestimabile. Pur- trascrizione della musica fi no al ciò a dare valore alla formazione troppo solo dopo il 1976 si è radi- 1965. La gente accoglieva la Ban- musicale degli strumentisti, av- cata la coscienza di conservare il da con euforia ed entusiasmo e, viando stabilmente la scuola di patrimonio documentario. per dimostrare il grande affetto musica con l’intervento di una nei suoi confronti, durante le esi- fi gura carismatica come quella Il ruolo dei Maestri bizioni era solita offrire del buon di Giordano Della Savia. Questi, Il periodo delle grandi guerre vino, cosa assai gradita a molti zelante appassionato di musica fu davvero diffi cile; molti erano bandisti, ma non al Maestro, il fi n da ragazzo, suonatore di fl auto costretti a emigrare, portando quale temeva per il buon risultato traverso e di ottavino, impartì le con sé il proprio strumento e la del “servizio”. Invero il ruolo del basi musicali a diverse centinaia 110 •

di ragazzi dagli anni Sessanta fi no alla metà degli anni Ottanta. Ri- mase attivo e partecipe alle attivi- tà del gruppo fi no alla veneranda età di ottanta anni, trasmettendo carisma ed entusiasmo ai giovani.

Modernizzazione nella tradizione Verso la fi ne degli anni Ottanta, in una società soggetta a rapidi cambiamenti, si rileva un progres- sivo affi evolirsi della tradizionale Cartolina per i primi duecento anni della Filarmonica di Bertiolo. presenza di bande musicali, ma la Filarmonica di Bertiolo si è costantemente adeguata a un servatorio Jacopo Tomadini di sicali ed essendo diventato una mondo in continua evoluzione. Udine, guidò la Filarmonica dal Associazione musicale nel 2006 La comunità si riconosce nella 1985 al 2003, traghettando questo ha approvato un nuovo statuto banda e la sente sua, perché gruppo verso il XXI secolo. Die- societario. Attualmente l’Associa- nella compagine vi è il padre, il de nuovo impulso alla scuola di zione culturale musicale di Ber- fi glio o il parente; ciò favorisce musica e ne rivoluzionò il sistema tiolo “Filarmonica la Prime Lûs l’armonia tra le famiglie, attenua d’insegnamento, dando lustro e 1812” comprende una cinquantina le differenze sociali, fa sì che le motivo d’orgoglio a tutti gli abi- di musicisti non professionisti di generazioni s’incontrino. Solo le tanti di questo paese. varie età, che dedicano parte del classi popolari sono capaci di tan- Dal 2004 la Filarmonica è diretta loro tempo libero alla passione ta costanza nelle prove, di tanti dalla professoressa Chiara Vidoni, della musica. sacrifi ci e di tante rinunce per diplomata in clarinetto nel 2001 costituire e mantenere una banda al Conservatorio statale di Musica Largo ai giovani musicale. “Tartini” di Trieste, e nel 2003 di- Il repertorio che la Filarmonica Se da una parte le bande diminu- plomata in Direzione e Strumen- propone oggi spazia dal genere iscono numericamente, dall’altra tazione per Orchestra di Fiati, classico al sinfonico, dal folk al aumentano qualità e professio- presso il Conservatorio di Maa- leggero, è adattabile sia a esibi- nalità dei musicisti. Quanto più stricht. In questo periodo è diret- zioni esterne e da parata, che ad si evolve la società, altrettanto tore artistico e musicale dell’As- esibizioni in luoghi chiusi da con- crescono la necessità e l’esigen- sociazione, nonché insegnante certo. Il complesso si propone al za di gente preparata e formata. di clarinetto presso varie scuole pubblico secondo le diverse circo- Bisogni, musicalmente parlando, di musica in regione. Ha note- stanze, usando ad esempio la di- cui andò incontro la Banda di volmente migliorato le qualità visa tipica per banda in interventi Bertiolo verso la metà degli anni musicali del complesso bertiolese di rappresentanza, e il costume Ottanta, quando subentrò al ma- con diverse iniziative importanti, tradizionale friulano in altri con- estro Macor, per dare una ventata tanto che oggi la Filarmonica di testi. Nel proprio repertorio ha di novità e modernità, la direttri- Bertiolo può dirsi una delle bande inserito alcuni pezzi dei maggiori ce Manuela Vignando. Cresciuta più rinomate della regione. autori regionali con l’intento di nella scuola musicale bertiolese e Il complesso bandistico, avendo promuovere e trasmettere i valori diplomatasi in clarinetto al Con- ampliato i propri orizzonti mu- della cultura friulana. • 111

Oltre alle attività dirette, l’Asso- ternazionale del Friuli-Venezia vere e valorizzare la Filarmonica ciazione propone e realizza tutta Giulia. Quest’ultimo è in assoluto di Bertiolo che considera un vero una serie di progetti per promuo- l’evento più rilevante e importan- patrimonio storico da sostene- vere la diffusione della musica e te e ad esso l’Associazione dedica re assieme alle sue importanti in particolare della musica per il meglio delle proprie capacità attività. Questa collaborazione, banda a livello amatoriale. In organizzative. Nato nel 1992 come iniziata nel 2004, continua tuttora ambito prettamente didattico, la concorso sperimentale, dal 2000 attraverso il sostegno fi nanziario Scuola di Musica dell’Associazione ha assunto carattere nazionale, ai vari Concorsi che l’Associazio- si è ingrandita elevando gli stan- aprendosi a tutto il territorio ita- ne musicale culturale di Bertiolo dard qualitativi: gli allievi, giova- liano e registrando sempre più organizza, senza dimenticare ni e meno giovani, sono seguiti da ampi consensi, passando dai tre l’importante contributo a favore insegnanti qualifi cati e preparati complessi iscritti nel 1992 fi no a dell’attività concertistica del com- che insegnano inizialmente la raggiungere il massimo di ven- plesso. teoria e il solfeggio e poi lo studio tisette. Il notevole successo del Da parecchi anni, quindi, la Fon- dello strumento musicale. concorso ha portato Bertiolo al dazione CRUP è vicina all’attività Importante funzione della Scuola centro dell’attenzione del panora- della Filarmonica, riconoscendo- di Musica è anche la formazione ma bandistico anche fuori Italia, ne la valenza culturale nell’am- di nuove leve da inserire nella tanto che, nel 2008, è divenuto un bito della Regione e quest’anno, Banda giovanile con lo scopo di evento di carattere internaziona- nell’occasione del bicentenario, ha stimolare i giovani musicisti e le, aprendo le frontiere ai gruppi promosso attivamente la realizza- fornire loro una buona prepara- austriaci e sloveni. Quest’anno si zione del volume sulla storia della zione prima dell’inserimento nella svolgerà la decima edizione. “Filarmonica La Prime Lûs 1812”. Filarmonica. La Banda giovanile esegue concerti in varie occasioni Il sostegno della Fondazione Un patrimonio storico, e già da qualche anno partecipa a CRUP un bene identitario vari concorsi riscuotendo risultati La vocazione alla divulgazione La banda è un autentico bene sto- davvero incoraggianti. della cultura musicale ha sempre rico della comunità: poter godere sostenuto i membri dell’Asso- delle opere dell’ingegno artistico Il concorso bandistico ciazione musicale di Bertiolo. Il dei nostri predecessori è un dono internazionale presidente Silvio Zanchetta, che che ci è dato ed è interesse pri- La spiccata passione dei membri guida da ben quattro decenni la mario della società che tale patri- dell’Associazione per la Banda Banda, ha sempre cercato di in- monio non sia solo conservato, ma e tutto ciò che la circonda, si è fodere questo spirito, riuscendo a anche fatto conoscere e vissuto materializzata, inoltre, nell’orga- farne una realtà sempre più attiva positivamente dalle nuove gene- nizzazione di diversi avvenimenti e radicata. razioni. L’identità della comunità di assoluto rilievo, quali: il con- Tuttavia in questi anni di pro- è veicolata anche attraverso la corso nazionale per ensemble fonde trasformazioni sociali, ma musica delle nostre bande, che di fi ati, aperto a tutti i musicisti soprattutto economiche, si è rive- rispecchia la cultura, le tradizio- professionisti e non professio- lato fondamentale il sostegno di ni, la storia e i legami profondi col nisti; il concorso internazionale Enti ed Istituzioni che riconosca- territorio. La Banda di Bertiolo è di composizione per banda, al no il valore culturale, artistico ed da due secoli l’insegna dell’arte quale possono partecipare solo le educativo della nostra formazione popolare, l’anima di una comunità composizioni originali per banda, musicale. La Fondazione CRUP che si identifi ca con un luogo e di ogni genere e forma musicale; è un esempio fra questi Istituti, un patrimonio culturale ancorato infi ne il concorso bandistico in- attenta a salvaguardare, promuo- alle radici di questa gente. 112 •

È una grafi ca gioiosa quella di Luciano Biban (Venezia 1935 - Udine 1968). Questo manifesto, datato 1967, ne mette in evidenza la capacità di sintesi nella interpretazione dei dati culturali: il Friuli è rappresentato dalle Alpi al mare; le prime sono simboleggiate dal bronzino con stelle alpine inserito nel lettering, il secondo è raffi gurato dalla prua di una barca con due cappelli di paglia. RIVISTA DI CULTURA DEL TERRITORIO Luglio 2012 Anno 4 Numero 2 issn 2036-8283 13 N. 13 Luglio 2012

furlane Tiere

Cjamp di pire piçule a Rivarote di Teor, Jugn 2012. Probabilmente è l’unica coltivazione di Triticum monococcum nella nostra Regione.

Esse di Raveo e sidro della Carnia.

In copertina: Il falciatore in pausa, fotografi a di Tarcisio Baldassi, Buja, 1952.