Provincia di Piano Territoriale di Coordinamento

Allegato F3 L’agricoltura in provincia di Caserta

Dicembre 2009

L’AGRICOLTURA IN PROVINCIA DI CASERTA Utilizzazione dei suoli ed attività imprenditoriali

L’agricoltura, come noto, si basa sullo sfruttamento del suolo e sull’organizzazione delle diverse attività compatibili con lo stesso e con le condizioni ambientali.

Vengono, allora, fornite le note più salienti del comparto agricolo risultanti dall’esame del territorio e delle attività imprenditoriali espletate nella provincia di Caserta.

A) I SUOLI DELLA PROVINCIA DI CASERTA

Per comodità sono state analizzate le diverse zone costituenti il territorio provinciale. a) Complesso vulcanico di Roccamonfina

Comprende la caldera ed i versanti con quote sul livello del mare da metri 30 a metri 1.000 e si estende su una superficie di kmq. 275.

La caldera ha fondo pianeggiante e dolcemente acclive con versanti interni molto ripidi, a profilo regolare, e versanti esterni ripidi o moderatamente ripidi, solcati da profonde incisioni radiali.

Il suolo è impegnato prevalentemente a colture forestali ed agricole con boschi cedui castagnali, con castagneti da frutto, noccioleti, arboreti da frutto, orti arborati, seminativi.

Relativamente ai suoli si possono distinguere:

• versanti alti e caldera suoli ripidi da moderatamente profondi a profondi su depositi da caduta di ceneri ricoprenti lave a tessitura moderatamente grossolana o media con disponibilità di ossigeno buona; suoli da pianeggianti a moderatamente inclinati; molto profondi, a tessitura media o moderatamente fine, con disponibilità di ossigeno buona.

• versanti medi e bassi suoli da moderatamente ripidi a ripidi, da moderatamente profondi a profondi, su depositi da caduta di ceneri; a tessitura moderatamente grossolana, con buona disponibilità di ossigeno; suoli moderatamente ripidi, profondi su depositi da caduta di ceneri, a tessitura media con buona disponibilità di ossigeno.

b) Pianura pedemontana del Roccamonfina

Suoli molto profondi, da pianeggianti a molto inclinati, a tessitura media o moderatamente fine, su depositi da caduta di ceneri ricoprenti strati ignimbritici, con disponibilità di ossigeno buona.

Nelle aree non urbanizzate sono ampiamente diffuse le colture orticole ed industriali di pieno campo, colture legnose permanenti e promiscui, arborei da frutto specializzati, noci, noccioleto, orti arborati e vitati.

c) Terrazzi alluvionali dell’alto e medio corso del fiume

Suoli da pianeggianti a molto inclinati, profondi, su depositi alluvionali antichi terrazzati, a tessitura moderatamente fine, con disponibilità di ossigeno buona o moderata, ghiaiosi in profondità.

Suoli pianeggianti, molto profondi, su depositi da caduta di ceneri, a tessitura moderatamente grossolana in superficie, moderatamente fine in profondità, con buona disponibilità di ossigeno.

Suoli da pianeggianti a moderatamente inclinati, su depositi alluvionali recenti; a tessitura moderatamente fine o fine, con disponibilità di ossigeno buona o moderata.

Suoli da molto inclinati a ripidi, da superficiali a moderatamente profondi, pietrosi, su depositi alluvionali antichi terrazzati, a tessitura moderatamente fine o media, con disponibilità di ossigeno buona; molto ghiaiosi.

d) Pianura pedemontana dei Monti Massico, Maggiore e Tifatini

Suoli da pianeggianti a dolcemente inclinati, molto profondi, su depositi da caduta di ceneri e pomici ricoprenti il tufo grigio campano e localmente il tufo giallo; a tessitura media in superficie, moderatamente fine in profondità, con buona disponibilità di ossigeno.

L’uso dominante del suolo è agricolo, con colture legnose permanenti (frutteti specializzati, noccioleti, vigneti), orti e seminativi arborati ad elevata complessità strutturale, colture industriali, colture ortive da pieno campo ed in colture protette.

e) Pianura alluvionale del basso corso del fiume e Volturno

• fondo valle e pianura alluvionale del fiume Garigliano Suoli pianeggianti, molto profondi, su depositi alluvionali attuali; a tessitura moderatamente fine o fine, con disponibilità di ossigeno buona o moderata.

• fondo valle alluvionale del fiume Volturno Suoli pianeggianti, molto profondi, su depositi alluvionali recenti ed attuali, a tessitura media o moderatamente fine, con disponibilità di ossigeno buona o moderata. Suoli pianeggianti, profondi, pietrosi su depositi alluvionali attuali, a tessitura moderatamente grossolana o media, con disponibilità di ossigeno buona o moderata, ghiaosi.

• aree della pianura alluvionale del fiume Volturno prossima all’asta fluviale Suoli pianeggianti, molto profondi, su depositi alluvionali attuali; a tessitura da moderatamente grossolana a moderatamente fine, con buona disponibilità di ossigeno.

• aree bordive della pianura alluvionale del fiume Volturno

2 Suoli pianeggianti, molto profondi, su depositi alluvionali frammisti a materiali tufacei o ignimbritici; a tessitura media, con disponibilità di ossigeno buona. Suoli pianeggianti, profondi, su depositi alluvionali frammisti a materiali tufacei o ignimbritici; a tessitura moderatamente fine o fine, con disponibilità di ossigeno moderata o imperfetta.

• pianura alluvionale del canale dei Regi Lagni Suoli pianeggianti, molto profondi, su sedimenti alluvionali con strati intercalati di pomici e ceneri da caduta, a tessitura media in superficie, moderatamente fine in profondità, disponibilità di ossigeno moderata. Suoli pianeggianti, molto profondi, su sedimenti alluvionali con strati intercalati di pomici e ceneri da caduta, a tessitura moderatamente grossolana, con disponibilità di ossigeno buona o moderata.

L’utilizzo agricolo produttivo è a seminativo con colture cerealicole e foraggere; si rinvengono ordinamenti arborei e promiscui con vigneti ed orti arborati e vitati.

B) LE ATTIVITÀ AGRICOLE PRATICATE

In provincia di Caserta la quasi totalità delle aziende con terreni ha superficie agricola utilizzata (S.A.U.).

La forma di utilizzazione dei terreni, in termini di superficie investite, risulta così distribuita, relativamente alle coltivazioni più rappresentative:

seminativi 37%, frutteti 20%, boschi 22,5%, prato/pascolo 12,5%.

Per quanto attiene ai seminativi si osserva che:

ƒ trovansi maggiormente presenti in collina (52%), mentre in pianura sono rappresentanti per il45% ed il rimanente risulta essere presente in montagna;

ƒ il 30% è rappresentato da cereali in genere (granturco, avena, orzo, ecc.); il 7% è rappresentato da frumento; l’8,5% da colture ortive; il 42% da colture foraggere avvicendate a colture industriali (tabacco) ed altre.

Per quanto riguarda, invece, le colture legnose agrarie si constata che:

ƒ si riscontra una presenza collinare del 63%, in pianura del 34% ed il rimanete nella montagna (3%).trovansi maggiormente presenti in collina (52%), mentre in pianura sono rappresentanti per il45% ed il rimanente risulta essere presente in montagna;

ƒ il 10,5% rappresenta la coltivazione della vite; il 30,5% rappresenta le coltivazioni dell’ulivo; il 56,5% rappresenta la coltivazione di altre essenze fruttifere;

ƒ la coltivazione della vite è concentrata maggiormente in zona collinare (73%) così come l’olivo (80%), mentre la coltivazione dei fruttiferi ricade sia in collina (53%) sia in pianura (47%).

La provincia di Caserta è interessata considerevolmente da intensivi allevamenti riguardanti soprattutto bovini, bufali ed ovini.

L’allevamento dei bovini è concentrato in zone collinari (75%), quello bufalino in pianura (80%) e l’ovino tra collina (49%) e montagna (37%).

Significativo appare ancora l’allevamento dei caprini con 4.448 capi distribuiti tra la collina (70%) e la montagna (25%).

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L’allevamento avicolo, infine, è rappresentato nell’ambito della provincia da pochi allevamenti a carattere industriale e da una miriade di allevamenti a carattere puramente familiare.

Nell’ambito territoriale provinciale si rinvengono prodotti frutticoli tipici di particolare pregio che vengono qui appresso ricordati sommariamente e successivamente analizzati:

• mela annurca campana la maggior parte della produzione si concentra nell’area maddalonese, aversana e teanese.

• castagna del vulcano di Roccamonfina la produzione abbraccia nove comuni dell’alto casertano, nella fascia compresa tra i fiumi Garigliano e Volturno; qui l’ampio cratere del vulcano di Roccamonfina garantisce una produzione di notevole pregio.

• percoca napoletana varietà di pesca a polpa gialla consistente, molto saporita, presente nelle aree frutticole più vocate: aversana, teanese, carinolese, fino a e .

La coltivazione della vite ha dato la possibilità di produrre vini straordinari come Falerno del Massico, Asprinio di , .

L’Asprinio di Aversa è uno dei vini campani più famosi ed un prodotto fantastico, onirico: questo clone di greco è da sempre il vino dell’aversano, conservato e spumantizzato nelle grotte di tufo scavate per procurarsi il materiale da costruzione della propria abitazione. La tradizione delle vigne ad alberata è unica.

C) SISTEMA AGRO INDUSTRIALE E FORESTALE

In estrema sintesi, la provincia di Caserta possiede una sistema agro-industriale e forestale così conformati.

Il sistema agro-industriale casertano è un componente di rilievo dell’economia provinciale e regionale e manifesta luci ed ombre la cui origine è lontana nel tempo: ad una serie di caratteristiche strutturali ed economiche deboli del suo apparato produttivo, contrappone alcuni elementi distintivi basati su un ampio paniere di prodotti; di cui alcuni oggetto di tutela con marchio comunitario o nazionale.

La provincia di Caserta, infatti, ha una serie di prodotti a denominazione riconosciute o in via di riconoscimento, che vengono qui ricordati.

• filiera vitivinicola DOC: Falerno del Massico, Galluccio, Asprinio di Aversa. ITG: Terre del Volturno, Roccamonfina.

• filiera zootecnica-lattiero casearia Mozzarella di Bufala Campana (D.O.P.), Caciocavallo del Matese, Scamorza del Matese, Pecorino del Matese, Pecorino di Laticauda Sannita, Caciotta caprina del Matese, Caso Peruto, Ricotta di pecora del Matese, Cacio Conciato Romano, Caciocavallo silano (D.O.P.).

• filiera zootecnica-carni IGP: Carne di Bufala Campana e Carne del suino nero Casertano.

• filiera olivicola

4 DOP: Colline Caiatine, Terre Aurunche.

• filiera frutticola ed orticola IGP: Melannurca Campana, Castagna del vulcano di Roccamonfina, Kaki napoletano, Patata novella campana, Ciliegia della Recca.

Di seguito vengono riportate le caratteristiche salienti dei prodotti appena citati.

VINI

Il vino e la , un connubio antichissimo testimoniato dai più grandi scrittori classici e dai numerosissimi reperti archeologici che documentano la presenza della vite e la eccellente qualità dei vini prodotti.

Senza dubbio il territorio campano è stato uno dei primi e più importanti centri di insediamento, coltivazione, studio e diffusione della vite e del vino del mondo. I migliori vini dell’antichità, decantati da Cicerone, Plinio, Marziale, Tibullo … come il Falerno, il Greco, il Faustiniano, il Caleno, considerati i “Vini degli Imperatori” trovano in Campania la loro area di elezione. In provincia di Caserta, oltre al citato Falerno del Massico, hanno avuto il riconoscimento della D.O.C., l’Asprinio di Aversa ed il Galluccio.

Ö Falerno del Massico Del Falerno hanno scritto Plinio, Orazio, Cicerone, Marziale una D.O.C. ante litteram, divenuta definitivamente tale, dopo circa duemila anni di storia. Cinque comuni dai cui vigneti viene prodotto oggi: , Cellole, , e Sessa Aurunca, tutti a ridosso del vulcano spento di Roccamonfina e del massiccio calcareo del monte Massico. Proprio le caratteristiche pedoclimatiche sono alla base dell’eccellenza di questo vino, prodotto nei tipo Rosso, da uve Aglianico e Piedirosso con 12,50° alcolici; Bianco da uve Falangina vinificate in purezza e Primitivo.

Ö Asprinio di Aversa Da ventuno comuni situati nell’area dell’antica Liburia nasce il “vino più alto d’Italia”. Le viti raggiungono i 15 metri di altezza arrampicandosi ai pioppi che fanno da tutori; il paesaggio qui è caratterizzato proprio dalle grandi barriere verdi, cariche di grappoli spesso disposte ai margini degli appezzamenti, dove, al momento della vendemmia si possono vedere inerpicate altissime scale. Lo stesso disciplinare mira a tutelare questa forma di allevamento storica, prevedendo che in etichetta possa comparire la dicitura “alberata” o “vigneto ad alberata”, se il vino deriva appunto dalle tipiche alberate aversane. Il gusto dell’Asprinio di Aversa è deciso, secco, acidulo; la contenuta gradazione alcolica ne fa un vino leggero ed elegante. Crescenti apprezzamenti va riscuotendo la versione spumante, che si caratterizza per la spiccata tipicità, conferitagli dal vitigno e dal sistema di coltivazione.

Ö Galluccio La più giovane D.O.C. della provincia nasce tra le colline del gruppo vulcanico di Roccamonfina. La base ampelografica è costituita essenzialmente da vitigni autoctoni di grande pregio come l’Aglianico per il Rosso e Rosato e la Falangina per il Bianco. Il Galluccio Rosso, se di gradazione non inferiore ai 12° e sottoposto ad un periodo di invecchiamento di almeno due anni, di cui uno in botte, può portare in etichetta la specificazione “Riserva”. Il Galluccio Bianco ha colore giallo paglierino con ricchi riflessi dorati ed un sapore delicato e fruttato; il Rosato si riconosce per il colore rubino intenso ed il gusto pieno e deciso.

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Esistono ancora dei programmi di recupero dei vitigni autoctoni in provincia di Caserta, così distinti:

• vitigni con iter di iscrizione terminato Casavecchia n. Pallagrello b. Pallagrello n.

FORMAGGI

Dal contesto territoriale multiforme della provincia di Caserta sono nati molti e diversi prodotti caseari che costituiscono un patrimonio storico ed economico.

In molti casi i formaggi sono reperti storici “viventi”, testimonianza di invasioni, guerre, rivolgimenti politici (cacio conciato rimano, mozzarella, pecorino laticauda).

Prima di individuare e descrivere i prodotti della trasformazione del latte è necessario uno sguardo ad alcuni animali che sono alla base dei prodotti tipici: la bufala mediterranea italiana, la pecora Laticauda, la bovina Podalica.

a) La Bufala Mediterranea Italiana Il latte è utilizzato in via esclusiva nella caseificazione della mozzarella di bufala campana D.O.P. La popolazione di questo animale, oggi presente in tutto il piano campano, nel Sud pontino ed in rari altri allevamenti d’Italia è stato riconosciuto come tipo genetico autoctono, con la dicitura Bufala Mediterranea Italiano, al fine di distinguerlo da altri bufali, mediterranei adattati in altri ambienti.

b) La Bovina Podolica Trae origine dal Bos primigenius o Uro, che sarebbe giunta in meridione da oriente 6.000 anni or sono. Il latte di questa bovina è impiegato in purezza nel caciocavallo podalico e, originariamente, nella mozzarella nella mortella. Il prodotto di questa lattifera è anche utilizzato nel caciocavallo e nella scamorza del Matese, ove si unisce al latte della Bruna Alpina.

c) Pecora Laticauda Ovvero pecora dalla “coda larga”. È un tipo genetico autoctono che si è formato da incroci causali tra una pecora africana, la Berbera ed altri ovini del ceppo appenninico. L’animale si presta, per la sua resistenza alle avversità atmosferiche, ad un pascolo stanziale e non transumante. Rustica, la Laticauda vive tra i monti a cavallo tra le province di Benevento, Caserta ed Avellino. In questo territorio fornisce il latte in via esclusiva per la caseificazione del Pecorino del Matese.

Ö Mozzarella di Bufala Campana (D.O.P.) È oggi, fra i formaggi, la D.O.P. più importante della regione. È un formaggio fresco a pasta filata, prodotto nella pianura umida e costiera. Al taglio, se il prodotto è fresco e fragrante, compare una solcatura di siero, dal tipico profumo dei fermenti lattici vivi del latte intero di bufala.

Ö Caciocavallo del Matese

6 Formaggio a pasta filata, prodotto con latte bovino crudo ed intero, deve il suo nome alla tecnica di asciugatura, che ne impone la sistemazione a coppie legate a cavallo di una pertica. L’area di produzione è l’intero territorio del Matese. Infatti, l’intera area collinare e montana del Matese è da considerarsi un’area crù: è qui che i bovini pascolano allo stato brado su pascoli spontanei che garantiscono al caciocavallo del Matese un sapore caratteristico. I pascoli sono ricchi di graminacee, leguminose, piante aromatiche ed officinali che contribuiscono ad esaltare, in fase di stagionatura, il sapore di questo formaggio. Non ci sono particolari prevalenze di razze bovine nella produzione del latte destinato al Caciocavallo del Matese, anche se alcune realtà produttive hanno puntato sulla Bruna e sulla Podolica, ottenendo caciocavalli dalle caratteristiche peculiari.

Ö Scamorza del Matese Formaggio a pasta filata, prodotto con latte bovino crudo intero, deve forse il suo nome al termine “scamozzare” (togliere la testa), operazione effettuata nella fase della formatura. L’area di produzione è l’intero territorio del Matese. Infatti, l’intera area collinare e montana del Matese è da considerarsi un’area crù: è qui che i bovini pascolano allo stato brado su pascoli spontanei che garantiscono alla scamorza dal Matese un sapore caratteristico. Pure per questo formaggio non vi sono particolari prevalenze di razze bovine anche se alcune realtà produttive hanno puntato sulla Bruna e sulla Podolica.

Ö Pecorino del Matese Formaggio di origine antichissima è legato indissolubilmente all’omonimo territorio di provenienza, dove la transumanza ha scandito da sempre i tempi e le regole dell’organizzazione sociale ed economica. È prodotto con latte crudo di pecora intero. Il Matese montano e collinare, con pascoli bradi e semibradi, può essere considerato un’unica importante area crù. Qui i pascoli spontanei garantiscono il necessario legame fra prodotto e territorio e ne differenzino il sapore dagli altri pecorini campani. Le greggi sono costituite da popolazioni miste, dotate di elevata rusticità. Allo stato vi è una tendenza a produrre pecorino ottenuto da latte di una sola razza, per lo più di Laticauda ed, in tal caso, si assiste ad un fenomeno di ulteriore tipizzazione.

Ö Pecorino di Laticauda Il Pecorino di Laticauda prende il nome dalla razza Laticauda, il cui latte viene utilizzato per la produzione di tale formaggio. Il territorio di produzione, che ricade nelle provincia di Avellino, Benevento e Caserta, corrisponde all’area di allevamento della razza. La produzione di tale pecorino si concentra per lo più nella zona collinare interna, dove è ancora consistente la presenza di pascoli aziendali. La produzione di Laticauda, pur attraversando tre province ed oltre 100 comuni, si presenta fortemente omogenea. Nonostante ciò non mancano aree crù, dove l’altitudine maggiore, attraverso una flora di pascoli, più diversificata, conferisce al formaggio una maggiore ricchezza di aromi. Il latte utilizzato proviene esclusivamente da pecore Laticauda allevate in piccoli allevamenti a carattere poderale e viene trasformato prevalentemente in azienda. I pascoli naturali sono costituiti da essenze selezionatesi nel tempo e molto aromatiche.

Ö Caciotta caprina del Matese È un formaggio legato al territorio più accidentato ed aspro del Massiccio del Matese, dove da sempre un pugno di allevatori sfrutta i pascoli più impervi e meno generosi, grazie alla naturale capacità della capra ad adattarsi. Questo formaggio è ottenuto dalla lavorazione a crudo del latte intero di capra. Le aree crù sono i territori vocati dei comuni di , , , e .

7 Il pascolo è ricco di essenze arboree ed arbustive spontanee. Elemento importante di diversità è il caglio del capretto, ottenuto secondo antiche tecniche pastorali.

Ö Caso Peruto Rappresenta una variante originale delle diverse caciotte caprine prodotte, da sempre in Campania dai pastori e destinate generalmente ad un consumo familiare. Il nome deriva da un profumo pungente di muffa che tende a svilupparsi sulla superficie del formaggio, da cui il nome di “formaggio perso”. Si produce a Sessa Aurunca ed alcuni comuni vicino a , tutti compresi nell’area del vulcano spento di Roccamonfina e del Monte Maggiore. Le frazioni interne di Sessa Aurunca, sono da considerarsi aree crù: qui si passa dalle assolate e dolci colline alla zona montana dominata dal Roccamonfina, assicurando al pascolo una flora particolarmente varia ricca di erbe aromatiche ed officinali. Sicuramente un elemento forte di caratterizzazione di questo formaggio è l’uso del caglio vegetale, che conferisce al prodotto un aroma piacevole, pronunciato, ma poco caprino; caratteristiche per le quali è particolarmente apprezzato da parte di chi si rivolge all’alimentazione vegetariana.

Ö Ricotta di pecora del Matese È un prodotto fresco ottenuto dal siero del latte di pecora che viene nuovamente riscaldato una volta separato dalla cagliata del pecorino del Matese. Si produce in tutto il territorio del Matese, più specificatamente le aree crù sono da considerarsi tutte quelle all’interno delle quali ricadono le aree collinari e montane del Matese, che grazie ai loro pascoli, conferiscono al prodotto particolari bontà. Il pascolo, in questo caso, rappresenta il principale fattore di diversità. Il territorio di produzione, grazie all’altitudine, è ricco di essenze profumate, che conferiscono alla ricotta del Matese sapore ed aromi caratteristici. Le greggi sono costituite da popolazioni miste, dotate di spiccata rusticità, derivanti da incorsi remoti e causali.

Ö Cacio Conciato Romano Questo formaggio vanta una tradizione antichissima, sopravvissuta al rischio di estinzione grazie agli sforzi di qualche illuminato casaro che ha recuperato la tradizionale tecnologia tramandata da tempo immemorabile. L’origine del nome ”romano” è poco chiara, in qualche modo attribuita al passaggio di Romani e delle legioni di Cesare nella vicina . Il termine “conciato” si riferisce invece, con chiarezza, alla particolare tecnica di lavaggio e di conciatura delle caciotte. L’area tradizionale di produzione coincide con quella dei comuni della Comunità Montana del Monte Maggiore. Si utilizza latte di pecora e di capra crudo, filtrato e fatto coagulare a temperatura ambiente, con caglio in pasta di capretto. Questo formaggio ovicaprino ha un’area più crù nel di ; qui in una zona pascoliva demaniale di alto pregio, scorre il fosso Pisciariello alle cui limpide acque si abbeverano le capre e le pecore. I pascoli sono ricci di timo selvatico, che, mangiato soprattutto dalle capre e usato nella concia, conferisce al formaggio la sua tipicità. Inoltre, la stagionatura nei vasi di coccio, consente al formaggio un processo di rifermentazione anaerobico ed il loro sapore diventa più marcato e deciso. Altro elemento distintivo è il caglio di capretto, prodotto in azienda da animali lattanti.

Ö Caciocavallo silano (D.O.P.) È prodotto in molte aree del meridione (dal Matese ala Calabria) con lievi diversificazioni nella tecnica di produzione e nella prima del prodotto finale. In provincia di Caserta la sua produzione si concentra, in particolare, nelle aree interne. L’alimentazione del bestiame è legata soprattutto alla utilizzazione di risorse tabulari ed è estremamente variabile. Tale variabilità influenza notevolmente le caratteristiche organolettiche del formaggio prodotto.

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FILIERA ZOOTECNICA

Ö Suino nero Casertano Era una razza assai pregiata ed importante per la varietà della sua area di diffusione dove ancora oggi si trovano diversi allevamenti, soprattutto “poderali”. La razza è rustica, ottima pascolatrice frugale e precoce, dotata di spiccata attitudine per l’ingrasso e suscettibile di una buona resa di macello in carne e grasso. Eccettuati gli individui destinati e sottoposti all’ingrassamento, ed i porcellino sino a poco dopo lo svezzamento, tutti gli altri vivono, si può dire, esclusivamente con quello che trovano pascolando l’intero anno sui campi o lungo le strade o nei burroni, nei boschi, nei querceti e nei castagneti, cibandosi di erbe, di radici e di tutto quanto possono trovare grufolando nel terreno. Alla sera, al ritorno nei porcili, non ricevono generalmente che un beverone in crusca molto allungata che non sempre concorre a togliere completamente la fame. È insomma, il maiale del povero che si alleva con poca spesa fino al momento in cui si sottoporrà all’ingrassamento (Pitaro, 1953). A causa delle piccole dimensioni della popolazione, la variabilità genetica è piuttosto bassa: uno degli obiettivi principali, per la salvaguardia di questa razza autoctona, è l’adozione di programma di gestione per l’accoppiamento, in grado di aumentare la variabilità genetica.

Ö Carne di bufalo campana La carne bufalina rispetto a quella vaccina, contiene meno grasso di infiltrazione (è presente invece una grande quantità di grasso di copertura, facilmente separabile dal magro) e meno colesterolo (fino al 50%), è più tenera, per un minore presenza di idrossiprolina, più succosa, per una maggiore capacità di ritenzione idrica. La carne di bufala proveniente da animali correttamente allevati presenta inoltre, rispetto a quella di manzo e vitello, un minore contenuto di colesterolo, lipidi e residuo secco ed un maggior contenuto in ferro e proteine. Sin dai primi anni '60 autorevoli Istituti Universitari e di ricerca, hanno condotto studi sulle attitudini alla produzione carnea del Bufalo mediterraneo allevato in Italia. Tali ricerche hanno dimostrato che il grasso presenta maggiori contenuti di acido stearico ed oleico, neutri nei riguardi della colesterolemia umana, nonché di acido linoleico che, in quanto polinsaturo, può agire efficacemente nella riduzione della colesterolemia stessa. Il contenuto di colesterolo del grasso intramuscolare bufalino è risultato nettamente inferiore a quello di diverse altre razze vaccine. La carne bufalina è in ogni caso più tenera di quella delle altre specie allevate. A differenza di quanto avviene da tempo negli Usa, ed in alcuni Paesi europei come la Francia, in Italia l'impiego della carne alternativa non ha mai incontrato le preferenze dei consumatori. Tra queste carni viene inserita anche quella bufalina, nonostante la consistente presenza di allevamenti bufalini nelle aree tradizionali legate alla produzione della mozzarella di bufala campana. Tra le varie cause vanno inserite sia la scarsa attenzione verso la produzione che verso la valorizzazione del prodotto carne di bufala. Attualmente stiamo assistendo ad una sorta inversione di tendenza dell'allevamento bufalino, che prevede sia l'allevamento di animali da destinare alla produzione di carne sia la produzione di animali da destinare alla vendita per allevamento. La carne di bufala presenta caratteristiche nutrizionali, organolettiche e chimiche molto simili a quella della carne vaccina. L'area di produzione tipica è coincidente con quella della denominazione d'origine protetta Mozzarella di bufala campana (DOP) ed interessa la Campania, il basso Lazio nonché la Puglia ed il Molise.

OLI

9 In provincia di Caserta sono in fase di istruttoria, per conseguire la D.O.P., n. 3 oli, che, per i loro gusti definiti e tipici, densi dei sapore e dei profumi E delle aree di provenienza, si contrappongono ad un prodotto industriale dal gusto uniforme ed anonimo.

Ö Colline Caiatine L’olio Colline Caiatine deriva dalla trasformazione delle olive della varietà Caiazzana per il 65%; possono concorrere le cultivar Corniola, Frantoio, Leccino in misura non superiore al 35%. L’area di produzione delle Colline Caiatine coincide con l’areale di coltivazione della varietà Caiazzana, da cui deriva. Si tratta quasi di un enclave, che comprende solo quindici comuni per una superficie territoriale complessiva di 398,65 kmq., con epicentro il comune di .

Ö Terre Aurunche L’olio Terre Aurunche deve intendersi dalla lavorazione di olive della varietà Sessana (localmente nota come Cicinella, Licinia, Olivastro, Olivo da Olio e Sessanella) per non meno del 60%. È ammessa la presenza di Corniola, Itrana e Tonacella per un massimo del 30%. La zona di produzione dell’olio extravergine di oliva Terre Aurunche comprende 17 comuni, dominati dal vulcano di Roccamonfina che con le sue eruzioni, ha fortemente condizionato la natura dei terreni. Questi costituiti di pozzolane e sabbie, miste a pomici, particolarmente ricchi di microelementi, sono estremamente vocati alla coltivazione delle vite e dell’olivo ed alla produzione di oli e di vini di pregio. Nella zona l’olivo occupa una superficie di oltre 6.000 ettari, pari al 70% della provincia di Caserta.

Ö Terre del Matese L’olio Terre del Matese deriva dalla trasformazione delle olive della varietà Tonde per almeno il 65%, nonché Frantoio e/o Leccino in misura non superiore al 35%. L’area di produzione comprende il territorio di diciotto comuni, quasi tutti compresi nell’omonimo Parco Regionale del Matese. L’area si sviluppa lungo il versante Casertano del Matese, che per quasi 50 km. Sovrasta il medio corso del Volturno tra Capriati e . La felicissima esposizione verso mezzogiorno e la natura calcareo-dolomitica dei terreni realizzano condizioni estremamente favorevole alla coltivazione dell’olivo, che colonizza l’intera fascia pedemontana fino a quote insolitamente elevate.

ORTOFRUTTA

La storia delle tante produzioni orticole e frutticole espresse dal territorio casertano è talmente vasta che occorrerebbero interi volumi per trattarla, specie se si volessero descrivere, accanto alle qualità intrinseche, anche le diverse correlazioni di natura colturale, storica, artistica ed ambientale che caratterizzano ciascun prodotto.

Vengono, comunque, ricordati e descritti solo alcuni prodotti tipici della provincia.

Ö Melannurca Campana (I.G.P.) La Mela Annurca è autentico e perenne simbolo della melicoltura regionale di cui continua a rappresentare il fiore all’occhiello: si tratta di una varietà molto antica tanto da essere riconoscibile addirittura in alcuni affreschi pompeiani della Casa dei Cervi ad Ercolano. L’Annurca è coltivata in tutte le province della Campania, anche se esistono zone razionalmente vocate dove si concentra la maggior parte della produzione: Le aree ove si

10 concentra la maggior parte della produzione sono: l’area giuglianese-flegrea, la maddalonese, l’aversana, la teanese, la valle Caudina-Telesina ed il Taburno. A rendere questa mela una realtà del tutto particolare contribuiscono, oltre alla sua antichissima tradizione, alcune tecniche specifiche adottate per produrla. Uno degli aspetti che più esaltano la tipicità della “regina delle mele” consiste nell’arrossamento a terra in cosiddetti “melai”, visto che l’Annurca al momento della raccolta è ancora in gran parte di colore verde e la sua caratteristica colorazione rossa sarà il risultato dell’azione combinata dei raggi solari e delle abili mani che periodicamente rigirano le mele, distese su terreni appositamente preparati per accogliere, esponendo via via alla luce la parte dei frutti meno colorata.

Ö Castagna del vulcano di Roccamonfina (I.G.P.) L’I.G.P. abbraccia nove comuni dell’Alto Casertano, nella fascia compresa tra i fiumi Garigliano ed il Volturno. Qui l’ampio cratere del vulcano di Roccamonfina garantisce una produzione di notevole pregio: i terreni circostanti infatti, essendo particolarmente fertili e ricchi dei principali elementi minerali, conferiscono al prodotto caratteristiche qualitative eccezionali. Il resto lo fa la felice esposizione che determina un prezioso anticipo nella maturazione dei frutti. Le principali varietà coltivate nella zona, sono la Tempestiva, la Napoletana, la Pacenta e la Lucida che, da sole o consociate valorizzano e caratterizzano le diverse contrade rurali, da Roccamonfina a Conca, da Marano e Teano. La Tempestina o Primitiva o Precoce di Roccamonfina è la cultivar più diffusa negli impianti della zona. Negli ultimi anni, grazie al favorevole trend di mercato, la castagna del vulcano di Roccamonfina ha visto aumentare le superfici coltivate, con un conseguente incremento della produzione che dai circa 14.000 q.li del 1990 ha superato i 20.000 q.li di cui un genere la metà è destinata, in proporzioni più o meno uguali alle industrie di trasformazione ed al consumo fresco mentre l’altra metà prende la via dell’esportazione.

Ö Kaki Napoletano Di assoluto pregio mercantile, nonché contraddistinta da produttività elevata e costante, fornisce frutti di pezzatura grossa, buccia di colore giallo arancio, polpa arancio-bronzea croccante, sapore ottimo grazie all’elevato grado zuccherino ed una discreta attitudine ad usi industriali. L’area di elezione del Kaki Napoletano è rimasta sostanzialmente quella di origine e comprende la zona flegrea, acerrana e vesuviana, in provincia di Napoli; la zona maddalonese-cancellese in provincia di Caserta.

Ö Patata novella campana Precocità di maturazione e peculiari caratteristiche organolettiche qualitative che la rendono particolarmente valida per il consumo fresco, hanno fatto guadagnare alla patata novella di Campania una fama indiscussa sui principali mercati e presso i consumatori. La coltivazione della patata primaticcia riveste da tempo un ruolo di grande rilievo nella provincia di Napoli ed in quella di Caserta (maddalonese, litoraneo domizio, agro sessano) e nel salernitano. Di assoluto pregio mercantile, nonché contraddistinta da produttività elevata e costante, fornisce frutti di pezzatura grossa, buccia di colore giallo arancio, polpa arancio-bronzea croccante, sapore ottimo grazie all’elevato grado zuccherino ed una discreta attitudine ad usi industriali. L’area di elezione del Kaki Napoletano è rimasta sostanzialmente quella di origine e comprende la zona flegrea, acerrana e vesuviana, in provincia di Napoli,; la zona maddalonese-cancellese in provincia di Caserta.

Ö Ciliegia della Recca

11 Il ciliegio è spesso coltivato in consociazione con altre arboree od altre erbacee e raramente in impianti specializzati; si rappresenta, per certi versi, il segno distintivo della tradizionale azienda contadina locale. La cultivar più pregiata è la Della Recca che prende nome da una località nei pressi di Marano (contrada Recca) ed è caratterizzata da un albero di alta vigoria e portamento assurgente, costantemente produttivo. La maturazione, medio-tardiva, si colloca nella prima-seconda decade di giugno e la buona resistenza alle manipolazioni, associata ad una altrettanta elevata resistenze alla spaccatura dei frutti ne fanno un prodotto adatto alla trasformazione industriale. Il particolare pregio mercantile di questa vecchia cultivar napoletana ha determinato nei decenni scorsi una sua diffusione anche in altri ambienti cerasicoli campani. In provincia di Caserta la cultivar è presente maggiormente nella zona di Sessa Aurunca, Carinola e Teano.

Il sistema forestale è rappresentato per lo più da cedui.

D) PRINCIPALI TIPOLOGIE AZIENDALI DELL’AGRICOLTURA IN PROVINCIA DI CASERTA – CARATTERISTICHE STRUTTURALI ED ECONOMICHE

In provincia di Caserta esistono circa 40.800 unità aziendali che insistono su una Superficie Aziendale Agricola Totale (S.A.T.) di Ha 153.80.00 circa e Superficie Agricola Utilizzata (S.A.U.) di Ha 107.40.00 circa.

Per la quasi totalità (94%) si tratta di aziende a conduzione diretta, in particolare con sola manodopera familiare (81%) e di ditte individuali (99%); solo 135 sono società o cooperativa.

In particolare si possono individuare le seguenti tipologie aziendali

a) familiari con coltivazioni industriali; b) piccole ed intensive; c) medio piccole ad alta produttività; d) professionali e zootecniche e) medio-grandi, intensive zootecniche f) familiari, non professionali con ordinamenti misti.

Qui di seguito viene riportata la descrizione delle caratteristiche strutturali ed economiche di ogni tipologia. a) familiari con coltivazioni industriali

Hanno dimensione piccola (in media 2 Ha di S.A.U.) con ordinamento colturale orientato prevalentemente in seminativi ed, in particolare, nelle coltivazioni industriali.

Tale tipologia è presente in quasi tutti i comuni della provincia con maggiore concentrazione nei territori di , Portico, Capua, , , , , , , , .

La S.A.U. è destinata a colture industriali con la prevalenza del tabacco (75%); non mancano S.A.U. investite a foraggere (9%) e legnose (16%) da frutto.

12 L’analisi dei dati economici evidenzia l’elevata se non esclusiva dipendenza del valore della produzione realizzata dagli aiuti comunitari diretti (84% della produzione lorda vendibile).

Questa situazione evidenzia, inoltre, l’elevata sensibilità economico-produttiva della tipologia aziendale alle condizioni stabilite dalla relativa OCM per i sussidi.

Le mutate condizioni per il riconoscimento delle sovvenzioni comunitarie derivanti dalla riforme della PAC, sicuramente determinerà per queste aziende degli sconvolgimenti economici e strutturali: la nuova OCM tabacco prevede, oltre al confluire degli aiuti nel premio unico aziendale disaccoppiato della effettiva produzione previsto dalla revisione di medio termine, anche una riduzione degli importi complessivi dei premi storici fino ad una percentuale del 50%, da destinare comunque al settore.

La riforma, dunque, provocherà necessariamente uno scossone al settore, con forti riduzioni dei ricavi delle vendite da parte delle aziende. Tali riduzioni possono esser recuperate dalle aziende se apportano mutamenti produttivi rivolti o ad un miglioramento della qualità del tabacco offerto, che consente di riscontrare prezzi di mercato più elevati; oppure riconvertendo completamente il proprio ordinamento produttivo verso altre coltivazioni, le quali consentono di mantenere il premio e di aumentare il ricavo di mercato.

Nel caso del tabacco, tale ultima eventualità ha degli effetti anche sul resto della filiera produttiva con possibili necessità di riconversione che nel breve termine non sono certo indolori.

Ben vero che le aziende di tale gruppo non presentano una specializzazione molto spinta nella produzione del tabacco, destinando parte della S.A.U. anche ad altre coltivazioni e, pertanto, gli agricoltori hanno già delle competenze tecniche in altri settori produttivi e conoscenze di mercato che consentono loro di approcciare in maniera meno drammatica i cambiamenti imposti dalle nuove regole. b) aziende piccole ed intensive

Si localizzano nella zona costiera della provincia e segnatamente nei territori di Sessa Aurunca, Cellole, Mondragone, , Cancello ed Arnone, e Francolise.

Questo gruppo è caratterizzato dall’elevata redditività della terra e dall’alta intensità del lavoro impiegato in azienda, a cui si associano ordinamenti colturali orticoli con la presenza di attività zootecnica: da una parte aziende specializzate in orticoltura e dall’altra aziende zootecniche di contenute dimensioni.

La tipologia, articola da un punto di vista strutturale, si caratterizza per una S.A.U. media piuttosto bassa, pari ad 1,6 Ha, quasi esclusivamente alla coltivazione di ortaggi sotto serra, alla quale si associa un impegno lavorativo molto consistente pari ad oltre 9 unità lavorative annuali.

La situazione economica conferma l’alta professionalità ed intensività di questa tipologia aziendale: essa pur essendo di piccole dimensioni presenta un capitale investito pari a 98.000,00 Euro ad ettaro di S.A.U. ed una redditività della terra e del lavoro decisamente elevata. c) aziende medio-piccole ad alta produttività

Presentano ordinamenti produttivi intensivi, quali orticoli e frutticoli, assicurandosi una redditività della terra e del lavoro superiore alla media provinciale.

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Esse sono localizzate in pianura ed in collina litoranea.

La buona qualità della risorsa terra è legata sia alla localizzazione sia all’elevata incidenza della S.A.U. irrigata.

Analizzando le caratteristiche riportate dalle aziende di questo gruppo si è evidenziata una grossa variabilità della dimensione media aziendale: la dimensione media, in termini di S.A.U., non raggiunge nemmeno un ettaro nella maggiore parte e con dimensione decisamente più elevata nella minor parte. d) aziende professionali e zootecniche

Sono localizzate in quasi tutto il territorio provinciale.

Nell’ara pianeggiante hanno una presenza consistente nei comuni di Sessa Aurunca, Castel Volturno, Cancello ed Arnone, e Vitulazio, in montagna si concentrano soprattutto nei comuni di gallo Matese e .

Questo gruppo, composto da aziende zootecniche, è uno dei più numerosi della provincia comprendendo circa 3.400 aziende.

Ogni unità ha una dimensione media di circa 7 ettari la cui superficie è destinata soprattutto a seminativi estensivi come i cereali e le foraggere.

Le aziende di montagna e collina interna sono di dimensioni più piccole, circa 5,7 Ha, ed ha una dotazione di animali pari a circa 18 unità soprattutto bovine, mentre le aziende di pianura presentano una dimensione al di sopra della media, paria a circa 11 Ha di S.A.U. e circa 80 unità di bestiame, soprattutto bufalino. e) aziende medio-grandi, intensive, zootecniche

Sono aziende in numero limitato (196 unità) con caratteristiche omogenee tra loro.

Presentano una dotazione media di animali consistente, pari a circa 100 unità ad azienda, rappresentate sia da bovini sia da bufalini. La superficie è essenzialmente utilizzata per le coltivazioni a supporto della attività zootecnica (foraggere, cereali e prati, pascoli permanenti). La maggior parte delle aziende è localizzata in pianura o collina litoranea e presenta un impegno lavorativo mediamente elevato che coinvolge sia la famiglia del conduttore sia la manodopera extra-aziendale, denotando una professionalità elevata. f) aziende familiari, non professionali con ordinamenti misti

È il gruppo più numeroso in assoluto (più del 60% delle aziende della provincia) e contiene le caratteristiche medie del comparto: la dimensione S.A.U. si aggira intorno ai 2,6 ettari, utilizzata per ordinamenti colturali misti (equamente distribuita tra seminativi e legnosi).

All’interno di questo gruppo è possibile differenziare ulteriormente le aziende a seconda della loro localizzazione.

Le aziende di montagna e collina interna hanno una S.A.U. media di 3 ettari, utilizzata soprattutto per seminativi (cereali e foraggere) ed in parte per le legnose (frutta a guscio, olivo ed, in minima parte, vite) con una discreta presenza anche di boschi.

14 Tali aziende sono localizzate nei territori comunali di , Castello Matese, Gioia Sannitica, Alife, San Gregorio Matese, , Valle Agricola e .

Da una prima analisi economica si evince che le aziende di questo tipo realizzano delle performance economiche molto al di sotto di tutte le altre tipologie.

Nella seconda tipologia derivata da questo gruppo, le aziende di pianura e collina litoranea, presentano la stessa S.A.U. media di quelle di montagna (sui 2 Ha) ma con una maggiore concentrazione produttiva nelle coltivazioni frutticole, nei cereali e nelle foraggere.

I comuni maggiormente interessati da tale tipologia sono: Castel Volturno, Cancello ed Arnone, Grazzanise, , San Tammaro e Capua.

Questa tipologia realizza risultati economici più confortanti rispetto alla media provinciale.

15 RELAZIONI TRA ATTIVITÀ AGRICOLE E FORESTALI E LE RISORSE NATURALI DEL TERRITORIO PROVINCIALE – CONDIZIONI SOCIO- ECONOMICHE DEI TERRITORI RURALI

Appare necessario introdurre alcuni elementi di riflessione sul profilo, assi differenziato, che assume il territorio regionale in ordine alle sue componenti urbanistiche, infrastrutturali, economiche-produttive, socio-demografiche ed ambientali.

Sotto tale aspetto appare quanto mai evidente lo squilibrio tra le aree di pianura e quelle collinari e montane interne, che ha dato origine, in letteratura alla ben nota metafora della “polpa e dell’osso”, che fotografa scenari e dinamiche produttive a due velocità, ma non solo: a territori caratterizzati da densità abitative tra le più alte d’Europa si contrappongono aree nelle quali è in corso, ormai da decenni, un forte processo di desertificazione demografica; la dotazione infrastrutturale appare fortemente squilibrata, e così pure la possibilità di accedere a servizi essenziali da parte delle popolazioni e delle imprese.

Il quadro, tuttavia, appare ben più complesso, in considerazione della riconosciuta presenza di una pluralità di contesti locali – ognuno dei quali connotato da caratteri distintivi specifici – che suggerisce di superare il dicotomico rapporto tra aree di “polpa” ed aree di “osso”. Occorre riflettere sui diversi scenari che, dal punto di vista sociale, si manifestano nei sistemi territoriali, con particolare riferimento agli aspetti demografici, alla fruibilità dei servizi essenziali per la famiglia, alle opportunità di accesso nel mercato del lavoro, in generale, di induzione sociale.

Una attenta ed articolata lettura del territorio provinciale, nel contesto di quello regionale, restituisce un’immagine diversificata nella quale i diversi frammenti appaiono diversi l’uno dall’altro, in un quadro difficilmente riconducibile ad una visione univocata.

Tale diversità deve essere adeguatamente valutata in sede di programmazione degli interventi di sviluppo, in relazione alle caratteristiche distintive ed ai punti di forza e di debolezza che definiscono fabbisogni specifici, ai quali occorre rispondere in modo mirato.

Pertanto, l’intervento in favore dello sviluppo rurale va differenziato e graduato sul territorio in funzione delle specificità e delle vocazioni territoriali.

A tale uopo nel Programma di Sviluppo Regionale 2007/2013, in armonia con le direttive del Programma di Sviluppo Nazionale, sono state individuate, a livello regionale, delle macroaree di riferimento omogenee nell’ambito delle quali sono state incluse aree casertane.

MACROAREA A2

In questa macroarea è incluso il “Sistema Urbano Caserta ed Antica Capua” facente parte delle Aree urbanizzate con forti preesistenze agricole e diffuse situazioni di degrado ambientale.

Si presenta con un sistema agricolo fortemente condizionato dalla crescente urbanizzazione.

Per quanto riguarda gli ordinamenti colturali, prevalgono nettamente le colture cosiddette “intensive”.

16 Il comparto più rappresentato è quello ortofrutticolo, mentre i prodotti di qualità oggetto di tutela attraverso marchi comunitari sono la Melannurca I.G.P. ed il vino Asprinio di Aversa D.O.C.. Altri prodotto di notevole interesse sono le pesche; va rilevata, inoltre, la diffusa presenza di coltivazione tabacchicole.

La superficie irrigata ed irrigabile ha subito, nel corso del decennio una notevole flessione, mentre tra i sistemi di irrigazione prevalgono nettamente lo scorrimento e la infiltrazione.

Il carico di bestiame risulta inferiore alla media regionale, benché in aumento, nel periodo temporale considerato (ultimi 10 anni), con predominanza di ovicaprini ed avicoli.

MACROAREA B (aree ad agricoltura intensiva e con filiere produttive integrate)

Ricade in questo contesto la Bassa Valle del Volturno e Litorale Domitio.

Si tratta di una area che conserva vaste proporzioni di territorio ad uso agricolo.

I seminativi sono presenti su circa il 63% della S.A.U., mentre i prati ed i pascoli permanenti rappresentano poco meno del 7%.

L’allevamento bufalino rappresenta una delle attività principali: è una attività con elevato tasso di crescita, giustificato dai redditi conseguenti alla forte affermazione sui mercati della Mozzarella di Bufala Campana, tutelata da un marchio di qualità comunitario (D.O.P.).

Si riscontra, inoltre, la presenza del vino D.O.C. Falerno.

Dal punto di vista ambientale, la crescita esponenziale dell’allevamento bufalino a cui si continua ad assistere, può comportare notevoli problemi in relazione alla effettiva capacità di carico del territorio, con particolare riferimento alla gestione delle deiezioni.

Nonostante la presenza di situazioni di forte degrado ambientale, dovute in particolare allo smaltimento ed all’abbandono illecito dei rifiuti, ma anche ad una gestione non sempre corretta dei rifiuti degli allevamenti, l’area presenta ancora delle caratteristiche paesaggistiche di rilievo: accanto ad un paesaggio rurale fortemente caratterizzato dalla presenza dei Regi Lagni e dell’allevamento bufalino ancora sporadicamente di tipo semibrado con la presenza dei tipici caramoni, sono presenti aree umide di notevole pregio naturalistico tra cui il fiume Volturno (sito nella rete di Natura 2000) e l’Oasi di Variconi, che costituisce uno dei siti RAMSAR presenti in Campania.

MACROAREA C (aree con specializzazione agricola ed agro-alimentare e processi di riqualificazione dell’offerta)

Ricade in questa area la zona del Monte Maggiore.

In questa area le aree agricole e quelle forestali raggiungono valori notevoli: si tratta, quindi, di un ambito in cui la urbanizzazione non ha ancora assunto le dimensioni che caratterizzano le aree costiere e di pianura.

La S.A.U. rappresenta poco più del 40% della superficie territoriale: le colture intensive rappresentano il 34% della S.A.U. con una prevalenza delle colture arboree rispetto ai seminativi.

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Si tratta di un territorio prevalentemente collinare con valori paesaggistici e naturalistici notevoli.

La struttura produttiva appare abbastanza diversificata e, sebbene l’agricoltura svolga ancora un ruolo di primo piano nella formazione del PIL locale, una consistente quota della forza lavoro trova occupazione nei settori extragricoli.

Riguardo al profilo produttivo agro-alimentare il territorio è specializzato nei comparti vitivinicoli, olivicolo, della frutta.

In particolare si concentrano in quest’area gli areali produttivi della produzione I.G.P. Mellanurca Campana.

MACROAREA D1 (aree a forte valenza paesaggistica-naturalistica, con potenzialità di sviluppo integrato)

La presenza sul territorio di due parchi naturali regionali: Roccamonfina e la porzione casertano del Matese, è la prima testimonianza dell’elevata valenza paesaggistico- naturalistico della macroarea.

Si tratta di un territorio prevalentemente montano, fortemente caratterizzato dalla presenza delle aree forestali, anche di grande pregio, che costituiscono oltre il 40% della superficie territoriale.

Nell’area del Parco di Roccamonfina, la presenza diffusa di castagneti da frutto costituisce la principale peculiarità paesaggistica di questo antico sistema vulcanico.

Secondo i dati censuari, la S.A.U. della macroarea rappresenta poco più del 40% della superficie territoriale, mentre la superficie agricola totale (S.A.T.) supera abbondantemente il 70%.

Anche se l’agricoltura presenta una struttura piuttosto debole, svolge, tuttavia, un importante ruolo di presidio ambientale, sociale e culturale di sviluppo nell’ottica di una valorizzazione in chiave turistica nel territorio. È oggetto di tutela la D.O.C. Galluccio, tra i vini.

18 MIGLIORAMENTI DELLA COMPETITIVITÀ DEL SETTORE AGRICOLO E FORESTALE

Nel campo agro-industriale e forestale della provincia emerge uno scenario nel quale numerosi punti di forza, in grado di proiettare tutto il comparto sui mercati extra-regionali, si contrappongono a diffusi caratteri di marginalità e di debolezza che ostacolano la competitività delle filiere provinciali.

Ciascuna area territoriale e ciascuna filiera produttiva presentano specifici punti di forza e di debolezza che vengono appresso ricordati.

PUNTI DI FORZA

ƒ Capitale umano connotato da un patrimonio culturale e tradizionale, differenziato per area;

ƒ forte propensione alla specializzazione sia in alcuni settori a bassa tecnologia, sia in quelli a tecnologia alta o medio-alta;

ƒ elasticità del sistema produttivo;

ƒ consistente e diversificata presenza di produzioni agricole ed agro-alimentari sia tipiche che di qualità;

ƒ diffusa presenza sul territorio regionale ed, in alcune aree, anche una buona integrazione territoriale di filiera;

ƒ aumento dell’occupazione nell’industria alimentare;

ƒ buona propensione all’esportazione per i prodotti dell’industria agro-alimentare;

ƒ incremento delle aree forestali;

ƒ incremento dell’offerta agrituristica.

PUNTI DI DEBOLEZZA

ƒ Processi di urbanizzazione e competizione sull’uso di suoli;

ƒ diffusi fenomeni di degrado ambientale e paesaggistico;

ƒ in alcune aree, bassi tassi di scolarizzazione e livelli di istruzione nel settore agricolo inadeguati ad assecondare le dinamiche dei mercati;

ƒ forte processo di sensibilizzazione del settore agricolo e forestale;

ƒ perdita di occupazione nel settore agricolo e forestale;

ƒ ridotta diminuzione delle aziende agricole e forestali in termini economici e di superficie;

19 ƒ necessità di riconversione produttiva a seguito della riforma delle OCM (specie grano duro e tabacco);

ƒ struttura dei costi delle aziende agricole che non consente una competizione sui prezzi dei prodotti;

ƒ frammentazione produttiva e scarsa diffusione dell’associazionismo;

ƒ elevato numero di attori coinvolti nei processi di commercializzazione;

ƒ debole integrazione di filiera e scarsa concentrazione dell’offerta;

ƒ debolezza contrattuale degli operatori agricoli rispetto agli operatori della trasformazione e commercializzazione;

ƒ carenze infrastrutturali (trasporti, logistica, reti informatiche).

OPPORTUNITA’

ƒ Maggiore attenzione dei consumatori verso la salubrità, la qualità e la tipicità dei prodotti agro-alimentari;

ƒ possibilità di fare leva sulla consistente presenza di forza lavoro qualificata, che deriva soprattutto dal consolidamento delle abilità produttive, storicamente radicate;

ƒ disponibilità di strumenti di sostegno per investimenti tesi al miglioramento della qualità delle produzioni agro-alimentari;

ƒ sviluppo competitivo attraverso il sostegno alla cooperazione agro-alimentare ed ai nuovi modelli societari in agricoltura.

MINACCE

ƒ Concorrenza sui mercati internazionali di prodotti agricoli;

ƒ intensificarsi di processi di urbanizzazione e di conflittualità dell’uso del suolo;

ƒ contrazione delle forze lavoro in alcuni settori chiave;

ƒ mancanza di norme comuni su agricoltura integrata.

Gli scenari territoriali e di mercato appena sommariamente richiamati mostrano la complessità e le debolezze dei settori dell’agricoltura, della silvicoltura e della trasformazione alimentare provinciale, pur tuttavia sono da ricordare le enormi potenzialità di ulteriore sviluppo di prodotti di alta qualità e di elevato valore aggiunto, determinate dalla crescente e diversificata domanda espressa da ampi segmenti di mercato.

Tale quadro impone un forte impegno per assicurare un sostegno al miglioramento delle condizioni di competitività delle aziende agricole e silvicole e, nel complesso, delle filiere agro-alimentari regionali.

Gli obiettivi vengono raggiunti attraverso:

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• Promozione dell’ammodernamento e dell’innovazione nelle imprese e dell’integrazione delle filiere

L’agro-alimentare casertano deve essere modellato concentrando le risorse sulla ristrutturazione e la modernizzazione del settore dal punto di vista tecnico ed organizzativo per migliorarne la competitività e la sostenibilità ambientale sia attraverso interventi diretti sulle strutture aziendali, sia attraverso una riqualificazione delle risorse umane, sia attraverso iniziative mirate a rafforzare il capitale sociale e le reti relazionali tra gli operatori delle filiere, in una logica ispirata alla integrazione.

Rientrano in tale ambito anche le azioni finalizzate alla riconversione produttiva dei settori in crisi, con specifico riferimento alle produzioni tabacchicole.

• Consolidamento e sviluppo della qualità della produzione agricola e forestale

Bisogna diffondere l’introduzione di processi di adeguamento delle produzioni (sistemi di qualità comunitari, nazionali e regionali) per migliorarne gli standard qualitativi, al fine di consentire l’adozione di strategie di marketing basate sulla differenziazione produttiva e correggerne o rafforzarne il posizionamento competitivo sui mercati nazionali ed internazionali.

• Potenziamento delle dotazioni infrastrutturali fisiche e telematiche

Riguarda il miglioramento delle condizioni di contesto in grado di produrre esternalità positive nei confronti degli operatori delle filiere agro-alimentari, agro- energetiche, delle bioplastiche vegetali, in generale, biotecnologiche, migliorando il grado di attendibilità di territori rurali.

Ambiti di particolare interesse sono rappresentati dalla gestione delle risorse idriche ad uso irriguo (con specifico riferimento agli interventi mirati alla riduzione degli sprechi, necessari per il miglioramento delle funzionalità degli schemi e dell’efficienza dei metodi di distribuzione) e non irriguo, dalle infrastrutture per la diffusione di tecnologie dell’informazione e della comunicazione, dagli interventi nella logistica e da quelli destinati a favorire migliori condizioni di accesso e mobilità.

• Miglioramento delle capacità imprenditoriali e professionale degli addetti al settore agricolo e forestale a sostegno del ricambio generazionale

Si intende porre l’accento non solo sulle singole risorse umane, ma anche sul consolidamento del capitale relazionale e di fiducia quale indispensabile elemento per la valorizzazione integrata delle produzioni delle filiere agro-alimentari regionali.

21 STUDIO DI CONSULENZA TECNICA STRANGES P i a z z a V a n v i t e l l i n. 4bis - 8 1 1 0 0 C A S E R T A Tel. & Fax 0823.228034 – 0823.323826 - e-mail: [email protected]

RISERVE REGIONALI IN PROVINCIA DI CASERTA

In provincia di Caserta ricadono due riserve regionali:

- Lago di Falciano - Foce del Volturno e Costa di Licola

A) RISERVA NATURALE REGIONALE LAGO DI FALCIANO

Geograficamente è compresa: - tavoletta I.G.M. F 171 I S.E. Sessa Aurunca - carta geologica italiana F 1.75 - estensione Ha 12 - comune Falciano del Massico - corsi d’acqua Rio Fontanelle e Rio Formia - lago Lago Carinola - cima principale Monte Massico - altezza s.l.m. 20 m.

La Morfologia ha un andamento subpianeggiante e caratteristica è la Piana di Carinola che si estende in un’ampia fascia intorno al lago; questo è situato a margine del Monte Massico, presenta fondali sabbiosi e limosi e rappresenta una parte della bonifica dei Regi Lagni.

L’area è circondata, in gran parte da terreni coltivati in genere a pioppeti. Sono presenti due fasi climatiche nettamente distinte: una estiva calda e asciutta ed una invernale a temperatura mite ma con abbondanti precipitazioni. Il lago è ubicato a Sud del rilievo del Monte Massico ed è allineato con altre due depressioni – la Fossa Annunziata e la Fossa Barbata - lungo una direttrice Sud-Ovest – Nord Est.

Gli studiosi sono concordi nel considerare le fosse in oggetto come effetto di fenomeni vulcanici secondari e cioè attività vulcaniche non accompagnate da emissione di lava, ma come risultato di eruzioni esclusivamente gassose.

La zona lacustre risulta essere circondata da campi coltivati; le sponde del lago, invece, presentano la tipica vegetazione igrofila costituita da salici (Salix alba) e pioppi (Populus alba), ma si trova anche la Cannuccia (Phragmites australis), il Papavero cornuto (Glaucium flavum), la Lisca maggiore (Typha latifolia) e la Salicornia europea (Salicornia europea).

Per quanto riguarda la vegetazione idrofila, cioè le piante che vivono nell’acqua, si registra la presenza della Lingua d’acqua (Potamogeton natans), la Lattuga ranica (Potamogeton crispus), l’Erba vescica (Utricularia vulgaris) e la Salicaria (Lythrum salicaria).

L’eutrofizzazione del lago, la drastica riduzione della portata del Rio Fontanelle, con il conseguente abbassamento delle acque e la maggiore concentrazione di rifiuti tossici, hanno portato alla moria dei pesci di cui un tempo era fornito il lago.

Sono comunque ancora presenti la carpa, la tinca, il persico ed un gran numero di pesci gatto.

STUDIO DI CONSULENZA TECNICA STRANGES

Da uno studio effettuato alla fine degli anni ottanta la popolazione degli uccelli risulta essere costituita da più di ottanta specie di cui, almeno la metà, nidificanti; tra questi la folaga (Fulica atra), la gallinella d’acqua (Gallinella chiloropus), l’Airone Cenerino (Ardea cinerea), il Martin Pescatore, il Truffetto (Tachybaptus ruficollis), Tarabusino (Ixobrychus minutus), Gazzetta (Egretta garzetta) e molti altri. Fra i numerosi rapaci presenti è da segnalare il ritorno del Falco di palude (Circus aeruginosus), dopo molti anni di assenza.

Tra i mammiferi, oltre alla Faina (Martes faina), il Riccio europeo (Erinaceus europaeus), la Volpe (Vulpes vulpes), la Donnola comune (Mustela nivalis) è presente una vera rarità, il Mustiolo etrusco, il mammifero più piccolo d’Europa.

B) RISERVA FOCE DEL VOLTURNO E COSTA DI LICOLA

Geograficamente è compresa: - tavoletta I.G.M. F 171 II S.E. Castel Volturno F 184 IV N.O. Lago Patria F 184 IV S.O. Marina di Cuma - carta geologica italiana F 171 Gaeta e F 184 Napoli - estensione Ha 1.540 - comune Castel Volturno - corsi d’acqua Volturno e Regi Lagni - lago Lago Patria - altezza s.l.m. 0 m.

La Riserva si estende tra l’estuario del fiume Volturno, lungo il litorale domizio, fino alla pineta di Licola ed è caratterizzata da sedimenti alluvionali sabbiosi ed argillosi, passando dall’ambiente tipico di foce all’ambiente salmastro retrodunale di piccoli stagni costieri (paludi dei Variconi).

La costa, nell’ultimo secolo, è stata soggetta a forti fenomeni di erosione perché, in nome dell’urbanizzazione di tipo turistico, in particolare nell’area a Sud della foce del Volturno (Pinetamare), ampi cordoni dunali sono stati completamente distrutti per la realizzazione delle opere portuali e di difesa della zona costiera.

Questo ha profondamente modificato l’ambiente litoraneo ed il suo regime, poiché il modo foraneo, realizzato a difesa del canale di ingresso alla darsena principale, fa da ostacolo ai sedimenti trasportati dalla foce del Volturno per mezzo delle correnti costiere, causando un rapido accrescimento della spiaggia di sopraflutto ed un altrettanto rapido arretramento della spiaggia di sottoflutto.

Per fronteggiare l’erosione dell’area furono realizzate imponenti opere di difesa e solo a partite dal 1989 la spiaggia mostra chiari segni di stabilizzazione.

Il clima, tipicamente mediterraneo temperato, presenta piovosità concentrata nei periodi autunnale ed invernale e massima nei mesi di ottobre (117,3 mm.) e dicembre (118,3 mm.); i minimi di piovosità si registrano durante il periodo di aridità estiva che qui si protrae da metà maggio agli inizi di settembre con valori minimi medi di 3,2 mm. del mese di luglio.

La Riserva si estende dall’estuario del fiume Volturno, lungo il litorale domitio sino alla pineta di Licola ed è caratterizzata da diverse emergenze naturalistiche: - la pineta di Castel Volturno

2 STUDIO DI CONSULENZA TECNICA STRANGES

- le zone umide della foce del Volturno e degli stagni costieri dei Variconi - il lago Patria e costa Licola (in provincia di Napoli)

Si tratta di territori già precedentemente vincolati: sia gli stagni dei Variconi sia il lago Patria sono stati tutelati come Oasi di Protezione della Fauna, rispettivamente dalle Province di Caserta e di Napoli, mentre la punta di Castel Volturno è Riserva Naturale Statale.

Riserva Naturale Statale di Castel Volturno

È stata istituita con D.M. Agricoltura e Foreste del 13 luglio 1997. si estende per 268 ettari ed interessa il territorio comunale di Castel Volturno con la presenza di corsi di acqua del fiume Volturno e Regi Lagni.

La Riserva è situata sulla sinistra orografica del fiume Volturno ed insiste su una fascia pianeggiante costituita da sedimenti sabbiosi di origine alluvionale quaternari (fiume Volturno), sostituiti, verso il mare, da depositi transizionali e marini, con rilievi dunali di recente formazione intercalati da depressioni interdunali.

Il titolare domitio presenta una diversificazione ecologica piuttosto spinta: dal mare all’entroterra si succedono, prima le dune di sabbia (vere e proprie difese dei litorali marini), poi la macchia mediterranea ed infine la pineta di recente impianto antropico.

Le dune rappresentano uno dei paesaggi più caratteristici e dinamici esistenti al mondo, ma anche un ambiente piuttosto inospitale dove le specie che sono riuscite ad affermarsi sono quelle dotate di una serie di adattamenti.

Le specie più abbondanti, lungo le dune, sono, infatti, le terofite, tipiche delle zone a forte deficit idrico nel periodo estivo. Si tratta di specie crassulenti, dotate di spine, con foglie ricoperte di uno strato peloso o di colore chiaro, tutti adattamenti per ridurre l’evaporazione di acqua o respingere l’intensa luce solare. Inoltre, si trovano anche specie alofite, in grado di poter sopravvivere in ambienti fortemente ventosi (brezze marine), con elevata salinità e con suolo sabbioso (altamente permeabile ed incoerente).

Le dune rappresentano un ecosistema da preservare per la presenza di specie vegetali che, con il loro apparato radicale, sia superficiale sia profondo, formano una sorte di rete che compatta il suolo contrastando quindi i fenomeni di erosione del litorale da parte del mare.

A ridosso delle dune trovasi la macchia mediterranea sempreverde di tipo litoraneo. In particolare si distingue una “macchia bassa”, prospiciente al mare, costituita da specie quali il Rosmarino (Rosmarinus officinalis), la Fillirea (Pistacia lentiscus), l’Erica arborea, il Lentisco (Pistacia lentiscus), lo Stracciabraghe (Smilax aspera), il Mirto (Myrtus communis), il Ginepro coccolone (Juniperus oxycedus) ed “una macchia alta”, comprendente, invece, specie quali il Leccio (Quercus ilex), il Pino marittimo (Pinus pinaster), il Corbezzolo (Arbutus unedo), il Lanterno (Rhamnus alaternus).

Alla zona di macchia mediterranea segue la pineta di recente impianto antropico: essa è sorta in seguito ad una programma di rimboschimento a Pino d’Aleppo (Pinus halepensis), Pino domestico (Pinus pinea), Pino marittimo (Pinus pinaster) ed Eucalipto (Eucaliptus sp.) avviato nel 1955, anno in cui la Riserva è divenuta demaniale.

Il litorale domitio, purtroppo, è caratterizzato da un avanzato stato di degrado ambientale: in passato il territorio era soggetto a frequenti tagli ed incendi per far posto a pascoli intensivi e per la produzione di legna, oggi, a questi fattori di disturbo, va ad aggiungersi il

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dilagante e distruttivo abuso edilizio. Le attività antropiche hanno determinato, pertanto, la riduzione delle aree naturali a piccoli lembi di vegetazione.

La fauna della Riserva di Castel Volturno si diversifica in base agli ambienti vegetazionali sopra descritti.

La zona delle dune è caratterizzata da particolari condizioni di salinità e temperature che la rendono un ambiente inospitale per la maggior parte delle specie animali; è possibile osservare soltanto alcuni granchi e molluschi marini, che vi giungono portati dalle mareggiate.

Gli anfibi sono rappresentati da varie specie, in particolare dal Rospo smeraldino (Bufo viridis).

Gli uccelli sono numerosi soprattutto negli arenili poco frequentati dall’uomo e nei periodi delle migrazioni.

Zone umide della Foce del Volturno e degli Stagni costieri dei Variconi

Secondo le convenzioni di RAMSAR, con il termine “zona umida” sono indicati quegli ambienti, naturali e/o artificiali, caratterizzati dalla presenza di acqua sia essa dolce, salmastra, salata, corrente o ferma.

Le zone umide della Riserva Naturale sono rappresentate dalla foce del Volturno, ossia un estuario caratterizzato da terreni alluvionali di tipo sabbioso o argilloso e dagli stagni costieri dei Variconi, ossia piccoli stagni salmastri originatisi in seguito all’accumulo di sabbia e detriti trasportati dalle correnti marine. In queste zone la vegetazione arborea è costituita in prevalenza dalle cosiddette specie “igrofile” che per crescere, necessitano di terreni umidi, rappresentate da pioppi, salici, ontani. La vegetazione erbacea, invece, si presenta molto più varia e può essere divisa schematicamente in due gruppi di piante: le specie igrofile, con radici sommerse e fusto aereo, e le specie idrofite che hanno radici, fusto e foglie completamente sommerse (oppure foglie galleggianti). Tra le prime si trovano la cannuccia di palude (Phragmites australis), la Tifa (Typha latifoglia), i Giunchi (Juncus compressus, J. acutus) e gli Iris gialli detti anche Spadoni (Iris psedacorus). Tra le piante sommerse, invece si trova la Salicornia (Salicornia europea), la Tramericia africana (Tamarix africana) oltre che le Ninfee (Nymphaea alba, Nuphar lutea), il Ranuncolo d’acqua (Ranunculus aquatilis) e la Lenticchia d’acqua (Lemma minor).

C’è da segnalare, inoltre, la presenza di alcune piante rare tipiche degli ambienti umidi come l’Aster tripolium ed alcune specie di Limonio (Limonium vulgare).

Infine, i brevi tratti di macchia mediterranea, sono costituiti da Cisto rosso (Cistus incanus), Erica (Erica arborea), Alterno (Rhamnus alaternus), Mirto (Myrtus communis) e Lentisco (Pistacia lentiscus).

Le zone umide rappresentano siti di eccezionale importanza ed ideali per la nidificazione di diverse specie di uccelli, sia stanziali sia migratori. In particolare, questi ultimi, provenienti da differenti latitudini tra la primavera e l’autunno, scelgono questi ambienti, lungo la loro rotta, come tappe ospitali e sicure per la nidificazione e la sosta.

Nell’area dei Variconi, pertanto, la componente faunistica più importante è rappresentata dagli uccelli come il Gufo di Palude (Asio flammeus), il Pettazzurro (Liscivia svecica), il Tarabuso (Botaurus stellaris), il Cavaliere d’Italia (Himantopus himantopus), la Cicogna nera (Ciconia nigra), l’Albanella reale (Circus cyaneus), il Fenicottero (Phenicopterus ruber).

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Tra i mammiferi presenti in queste zone c’è da segnalare la Volpe, il Rinofolo minore e maggiore ed il Riccio.

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OASI PROVINCIALI

A) BOSCO DI SAN SILVESTRO

La tenuta di San Silvestro è uno dei siti borbonici in Terra di Lavoro censiti nella “carta topografica delle reali cacce di Terra di Lavoro e loro adiacenze” del 1784 di G.A. Rizzi Zannoni.

Era parte integrante delle “Reali Delizie” annesse alla Reggia di Caserta, insieme al sito di San Leucio, al Parco Reale ed al Giardino Inglese.

Il sito comprende il bosco tra le colline di Montebriano e Montemayulo e fu scelto per la sua posizione, quale naturale fondale scenografico alla cascata della Reggia.

Come altri siti reali, San Silvestro era destinato ad attività agricole, venatorie e ricreative, secondo la moda della vita agreste delle corti europee del Settecento.

Topograficamente il Bosco di San Silvestro si estende dal parco vanvitelliano (in prossimità della cascata) della città di Caserta alle due colline contigue di Montebriano e Montemajulo, a loro volta parti integranti di Monte San Silvestro.

Dalla collina di Montebriano si diparte la cascata artificiale che alimenta le fontane del Parco della Reggia Vanvitelliana.

Il substrato roccioso è costituito da calcari semicristallini bianchi del Cretacico inferiore nella zona della cascata, mentre verso la parte bassa, andando verso il parco Vanvitelliano, si trovano calcarei detritici del Cretacico superiore.

L’Oasi di San Silvestro é in prevalenza un bosco ceduo sempreverde costituito per circa il 70% da Lecci (Quercus ilex) cui si associano altre essenze arboree quali la Farnia (Quercus robur), il Castagno (Castanea sativa), l’Acero (Acer campestre), il Carpino nero (Ostrya carpinifolia) ed alcune specie rampicanti come l’Edera (Hedera helix) che contribuiscono a rendere più rigoglioso il piano arboreo del bosco.

Sono presenti, inoltre, diverse specie non autoctone come il ciliegio (Prunis avium), le conifere (Pinus pinaster, Pinus pinea, Pinus radiata, Pinus canariensis) e l’Ippocastano (Aesculus hippocastanum).

Tra queste specie non autoctone c’è da segnalare la presenza di uno splendido roseto rampicante, diverse siepi di Bosso (Buxus sempervirens) e sgargianti fioriture di Iris selvatici bianchi e viola, nel giardino sul lato Sud del Casino Borbonico.

Dove il bosco si dirada prevalgono l’olivo ed arbusti tipici della macchia mediterranea tra cui il Mirto, la Fillirea, il Lentisco, il Lanterno, il Pungitopo, l’Alloro, il Viburno, il Biancospino, il Corbezzolo.

Oggi, purtroppo, essendo i daini in numero troppo elevato per unità di superficie, il bosco ha subito una notevole riduzione nella varietà di specie del sottobosco con predominanza, quindi, di specie erbacee tossiche non gradite agli ungulati.

La biodiversità del Bosco di San Silvestro, come detto, è stata messa a dura prova dalla scriteriata introduzione di alcune coppie di daini provenienti dalla Toscana. Questi ungulati, in

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assenza di un antagonista naturale, si sono riprodotti indisturbati e, per la presenza del muro di cinta che ne impedisce la diffusione, hanno raggiunto densità di molto superiori alle capacità di carico del bosco.

È andata, così, distrutta la vegetazione più bassa, portando alla completa scomparsa di quelle specie che vivono e si riproducono nel fitto sottobosco, come per esempio, molte specie di passeriformi che trovano nella vegetazione più fitta l’habitat ideali per cibarsi e riprodursi.

Il bosco conserva la presenza dei più comuni mammiferi della fauna campana, quali la faina, la donnola, il tasso, con la sua tana dalle molteplici entrate.

Caratteristica la presenza di una numerosa popolazione di ghiri (Glis glis) che abita le secolari querce e di notte anima la vita del bosco.

Gli uccelli sono molto numerosi: facilmente avvistabili la Ghiandaia (Garrulus glandarius), simbolo di questa Oasi ed il Picchio verde (Picus viridis) ed il Picchio rosso maggiore. Nei mesi più caldi è facile avvistare l’Upupa (Upupa epops). I rapaci sono rappresentati da una coppia di poiane, da una colonia di gheppi e dai rapaci tipici del bosco (Sparviero, Astore).

B) MONTE MASSICO

Il gruppo Il gruppo del Monte Massico è una catena di rilievi che partendo dalle pendici del vulcano di Roccamonfina arriva alla costa tirrenica con direzione N.N.E. – S.S.O.

Il gruppo confina a nord con il vulcano di Roccamonfina, ad Est con la pianura del fiume Volturno, a Sud con il Mar Tirreno e ad Ovest con la pianura del fiume Garigliano.

Dal punto di vista strutturale e morfologico si può dividere in due parti: una costituita quasi esclusivamente da rilievi calcari dolomitici; il suo insieme è caratterizzato da una tettonica a faglie. La seconda parte è costituita prevalentemente da terreni fliscioidi terziari. Il rilievo del Monte Massico è circondato da materiali piroclastici grigiastri e giallastri sul tipo del tufo campano e da depositi alluvionali.

La zona è caratterizzata da una fitta macchia mediterranea, formata da Lecci che si alternano al Carpione nero, alla Roverella ed all’Acero Farnia. Molto ampia è la presenza del Corbezzolo.

Nel sottobosco, oltre al Mirto, Lentisco, Alloro e Pungitopo, sono presenti molte felci ed una ricca varietà di funghi.

Fra i mammiferi, più comuni, è possibile osservare la volpe, la donnola oltre al raro tasso.

Molto consistente è la popolazione del cinghiale; tra i roditori si trovano il Ghiro, il Quercino, il Moscardino. Gli uccelli sono presenti in gran numero: la Ghiandaia, il Picchio verde ed il rosso maggiore e l’Upupa. Tra i rapaci diurni si rinvengono la Poiana, il Gheppio, lo Sparviero ed il raro Nibbio bruno; fra i notturni si annoverano: la Civetta, il Gufo comune, l’Allocco, il Barbagianni e l’Assiolo (unico rapace notturno che raggiunge la regione dopo aver trascorso l’inverno in Africa).

C) LE MORTINE

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Si tratta di una lanca fluviale artificiale lungo il fiume Volturno, creatasi in seguito alla costruzione di uno sbarramento per produzione idroelettrica dell’ENEL “Presa Volturno” realizzata negli anni 50.

L’oasi è un bosco fluviale di notevole importanza costituito prevalentemente da una rigogliosa vegetazione di tipo igrofila. Tra le specie arboree si rinviene l’Ontano nero, il Pioppo bianco, il Pioppo nero, il Salice bianco ed il Salice rosso e talvolta anche il Salice eleagnos.

Tra le specie arbustive, invece, abbondano i canneti e la lisca maggiore.

Le Mortine è un ecosistema fluviale di grande importanza che si estende lungo il corso del fiume Volturno, caratterizzato dalla presenza di una lussureggiante vegetazione igrofila e di ambienti lacustri che permettono la frequentazione di una avifauna acquatica di pregio, soprattutto nei mesi invernali e durante le migrazioni.

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I CONSORZI DI BONIFICA IN PROVINCIA DI CASERTA

Premessa

La bonifica è un settore fondamentale per la conservazione, la valorizzazione e la tutela del territorio regionale, nonché per una utilizzazione razionale delle risorse idriche per uso agricolo e per la salvaguardia dell’ambiente rurale.

Le prime opere di risanamento idraulico in Campania furono intraprese già nel 1539 dal viceré Don Pedro di Toledo ed interessarono la piana del Volturno, mentre il suo successore Pedro Fernandez de Costa nel 1610 realizzò la grande opera di bonifica con la creazione dei Regi Lagni che ha costituito fino ad oggi una delle più classiche bonificazioni del Mezzogiorno.

Successivamente agli interventi del Governo Borbonico, che fece costruire molte vasche di laminazione per ridurre o annullare il rischio idraulico, la bonifica idraulica continuò e nel 1924 fu l’anno zero perché si realizzarono opere in tutta la regione, dalla piana del Sele alla piana di Alife, dall’Agro Sarnese Nocerino al Vallo di Diano, non trascurando zone interne quali l’Ufita o la Valle Telesina.

La bonifica oggi

La Regione Campania, ai fini di un ordinato assetto del territorio e delle sue risorse, promuove ed attua, attraverso i Consorzi di Bonifica Integrale presenti sul territorio, la salvaguardia dell’ambiente rurale, la tutela del territorio e la razionale utilizzazione delle risorse idriche per uso agricolo. Tali attività sono disciplinate dalla L.R. 25/02/2003 n. 4 che reca “Nuove norme in materia di bonifica integrale”, un nuovo strumento normativo attraverso il quale il Settore Regionale competente ha inteso perseguire i propri obiettivi mediante il rilancio delle attività dei Consorzi, procedendo: - alla riorganizzazione delle funzioni dei Consorzi, al riordino dei relativi comprensori ed al risanamento finanziario; - all’attuazione del P.O.R. 2000-2006 - Misura 1.4 “Gestione delle risorse idriche in agricoltura”; - al finanziamento degli interventi pubblici di bonifica relativamente alla manutenzione delle opere.

Con D.P.G.R. n. 764 del 13/11/2003 sono stati individuati 7 comprensori di bonifica secondo la seguente aggregazione: a) Volturno - Garigliano con una estensione di Ha 222.853 comprendente i perimetri dei Consorzi Aurunco, Volturno, Conca di Agnano, Paludi di Napoli e Volla e Stagni di Marcianise, i quali nel loro insieme andranno a costituire il Consorzio di II grado; b) Medio Volturno - Calore con una estensione di Ha 194.837 comprendente i perimetri dei Consorzi Sannio Alifano e Valle Telesina.

Con l’attuazione del P.O.R. Campania 2000-2006 - Misura 1.4, l’Amministrazione Regionale ha dato un ulteriore impulso al rilancio dei Consorzi, varando un programma di investimenti con l’obiettivo principale di ammodernare l’ormai obsoleto sistema di irrigazione esistente sul territorio regionale.

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Relativamente alla manutenzione delle opere ed alla loro trasformazione, l’Amministrazione Regionale ha promosso la propria attività mediante interventi, ritenuti di vitale importanza per il miglioramento dell’efficienze della rete idrica su tutto il territorio regionale interessato, nonché per la salvaguardia del territorio da eventi avversi.

Essi possono essere raggruppati nei seguenti interventi: - trasformazione delle canalette a cielo aperto in tubazioni interrate con conseguente aumento della superficie coltivata e minore consumo di acqua; - trasformazione dei canali in terra battuta con opere di ingegneria naturalistica volte ad una maggiore salvaguardia dell’ambiente ed al contenimento dei costi di gestione; - meccanizzazione dell’irrigazione attraverso l’introduzione del telecontrollo, ovvero la trasformazione dei vecchi impianti di irrigazione, ormai obsoleti, in impianti moderni dotati di centralina elettronica a scheda.

In provincia di Caserta operano i seguenti consorzi: ƒ Consorzio di Bonifica Aurunco che interessa anche la provincia di Latina; i comuni casertani sono rappresentati da Sessa Aurunca e Cellole; ƒ Consorzio di Bonifica del Volturno, sorto dalla fusione di 5 consorzi preesistenti.

CONSORZIO DI BONIFICA AURUNCO

Detto consorzio è stato costituito con Regio Decreto dell’8 ottobre 1925 come Consorzio speciale di bonifica denominato Pantano di Sessa con l’espressa funzione di bonificare l’area di pantano di Sessa Aurunca, sita a ridosso della fascia costiera.

CONSORZIO DI BONIFICA VOLTURNO

L’intero comprensorio consortile è parte del complesso territoriale denominato “Bacino Nord Occidentale della Campania (art. 2, L.R. 07/02/1994, n. 8).

Il Consorzio opera su terreni vallivi in destra e sinistra Volturno, facenti parte dei bacini imbriferi Regia Agnena – Maltempo e Savone – Lanzi, interamente inclusi nel perimetro consortile ed i secondi di quello dei Regi Lagni e dei Camaldoli – Quarto.

L’intero comprensorio consortile interessa le province di Avellino, Benevento, Caserta e Napoli.

I comuni della provincia di Caserta, sono: , Aversa, Bellona, , Casigliano, Cancello Arnone, , Capua, Marinaro, Carinola, , , , , , Caserta, Castel Volturno, Cervino, , Curti, Falciano del Massico, Francolise, , , Grazzanise, Gricignano d’Aversa, , , Maddaloni, Marcianise, Mondragone, Orta di Atella, , , , , Recale, Roccamonfina, , San Cipriano d’Aversa, San Felice a Cancello, , , , , San Tammaro, Santa Maria a Vico, , Santa Maria la Fossa, Sant’Arpino, Sparanise, , Teano, , Trentola-Ducenta, , e Vitulazio.

CONSORZIO DI BONIFICA DEL SANNIO ALIFANO

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Detto consorzio a seguito dell’ultima classificazione operata dalla Regione Campania (L.R: n. 4 del 25/02/2003 e D.P.R. n. 764 del 13/11/2003) si sviluppa nelle province di Caserta, Benevento ed Avellino.

In provincia di Caserta ricadono i seguenti comuni: , Alife, , Baia e Latina, , Caiazzo, Capriati al Volturno, Caserta, , Castel di Sasso, , Castello Matese, , , , Fontegreca, , Gallo Matese, Gioia Sannitica, Letino, , , , Piedimonte Matese, , , , Prata Sannita, , , , , , Rotondi, , San Gregorio Matese, San Potito Sannitico, Sant’Angelo d’Alife, Teano, , e Valle Agricola.

Le attività del Consorzio

Il Consorzio deve gestire, progettare, eseguire e gestire opere ed infrastrutture atte a garantire e sviluppare la bonifica idraulica, l’irrigazione, nonché ogni altra opera pubblica finalizzata alla difesa del suolo, ad un equilibrato sviluppo del territorio, all’uso plurimo dell’acqua, alla tutela e alla valorizzazione degli ordinamenti produttivi e dei beni naturali.

Gli obiettivi che si deve porre il Consorzio sono: il miglioramento della qualità ambientale del territorio, la prevenzione dagli inquinamenti, il contenimento dei danni ambientali diretti; la promozione e lo sviluppo degli accordi di pianificazione, degli accordi di programma, degli impegni contrattuali espliciti ed impliciti, riguardanti l’assetto e la progettazione del territorio, nel quadro dello sviluppo sostenibile.

Per quanto riguarda la difesa del suolo, il Consorzio deve porsi l’obbiettivo di adeguare l’attuale rete scolante alle maggiori quantità d’acqua provenienti dalle varie aree urbanizzate negli ultimi decenni, nonché alle attuali realtà sociali per le quali non sono più sopportabili, come un tempo, allagamenti solo parziali durante gli eventi di piena. Il territorio, un tempo ad esclusiva destinazione agricola, risulta oggi in più punti urbanizzato, con una diffusione di insediamenti sparsi (che non trova pari in altre regioni d’Italia) dove anche un allagamento di poche ore può produrre danni confrontabili con i costi delle necessarie infrastrutture idrauliche: l’impegno del Consorzio deve essere quello di restituire alla agricoltura ed all’economia delle zone ad alta intrusione di acqua marina con estendimento della rete irrigua in dette zone e di ammodernare le infrastrutture irrigue alimentate dal fiume Volturno e Garigliano mediante la sostituzione delle reti obsolete con tubazioni nuove per ridurre le perdite d’acqua, aumentare la superficie coltivabile, migliorare la flessibilità aziendale, eliminare eventuali vincoli interpoderali e contenere i costi di esercizio.

Relativamente al Consorzio di Bonifica Aurunco, è stato posto l’obiettivo di: • estendere ulteriormente le aree irrigue del comprensorio e di trasformare la restante parte della rete irrigua pelo libero in un sistema maggiormente flessibile e rispondente alle esigenze di coltivazione con una rete tubata in pressione e sistema di distribuzione a domanda, conseguendo in tale modo, anche e soprattutto, un uso della risorsa idrica;

• in sinergia con le parti sociali e gli enti territoriali locali, realizzare un porto turistico ecologico, utilizzando un esistente canale di bonifica ed annessa rete di colatori a ridosso della foce del fiume Garigliano;

• eseguire la sistemazione idraulica ambientale, non solo di pianura ma pure collinare, con l’ampliamento del proprio comprensorio ed offerta del proprio servizio anche a quei terreni che, data la loro localizzazione, non rientravano nella programmazione delle attività di intervento del Consorzio.

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I PARCHI NATURALI REGIONALI IN PROVINCIA DI CASERTA

Ricadono nel territorio provinciale casertano tre parchi naturali provinciali: Parco Regionale di Roccamonfina e Foce del Garigliano, Parco Regionale del Matese e Parco Regionale del Partenio.

A) PARCO REGIONALE DI ROCCAMONFINA – FOCE DEL GARIGLIANO

È stato istituito con L.R. n. 33 dell’1/09/1933, D.P.R.G. n. 5571 del 02/06/1995 e D.G.R. n. 61 del 12/02/1999.

Secondo l’inquadramento geomorfologico, il vulcano spento di Roccamonfina ricade completamente nella provincia di Caserta ed è riportato al 100.000 Cassino (160), Isernia (161), Gaeta (171); esso è compreso tra le valli dei fiumi Garigliano a Nord-Ovest e Volturno a Sud-Est ed è circondato dai rilievi carbonati mesozoici di Presenzano (Monte Cesina) e di Rocca d’Evandro (Monte Camino) a Nord, di Suio (Monte Maio) ad Ovest, di Mondragone (Monte Massico) a Sud e di Pietramelara (Monte Maggiore) ad Est.

Il Roccamonfina, con una superficie di circa 450 kmq., rappresenta, per dimensioni planimetriche, il quarto vulcano italiano, mentre per altitudine (m. 1006) è il quinto dopo l’Etna, il Vulture, il Vesuvio e l’Amiata.

Completamente separato dal vulcanismo ernico, cioè dal più vicino apparato vulcano della provincia magmatica romana, il Roccamonfina non presenta rapporti stratigrafici diretti neppure con i prodotti dei Campi Flegrei e del Vesuvio.

Il Parco Regionale Si estende per circa 9.000 ettari e ricade nei territori comunali di Sessa Aurunca, Teano, Roccamonfina, Galluccio, Conca della Campania, Marzano Appio e Tora e Piccilli.

Lo stesso è sovrastato dall’apparato vulcanico del Roccamonfina costituito da una cerchia craterica esterna larga mediamente 6 chilometri definita, nei punti più alti, dal Monte Santa Croce (1.005 m. slm) e dal Monte Lattani (810 m. slm) e da alcuni coni vulcanici con profilo a cupola semisferica, quali Monte Atano (Casi - Teano), Colle Friello (Conca della Campania), Monte Ofelio (Sessa Aurunca).

Rocce dalle forme curiose e uniche ricordano la passata attività vulcanica dell’area, oggi ricoperta da coltivazioni di castagni, uliveti e vigneti.

Lo sviluppo rigoglioso del castagno è stato favorito, nel tempo, dalla composizione mineralogica dei suoli lavici del Roccamonfina, ottimale per le esigenze nutrizionali di questa specie.

Nei castagneti è possibile ammirare le splendide fioriture primaverili di crochi, ranuncoli, primule, orchidee, anemoni e viole.

Fiori, piante ed animali sono i veri guardiani di questi luoghi: la ricca avifauna di montagna comprende esemplari quali il cuculo, il picchio, la civetta, l’allocco ed il gufo comune, mentre nella parte collinare troviamo il merlo e il corvo. Il Parco ospita esemplari rarissimi e di grande interesse, come l’airone rosso e i più comuni gufi di palude, falchi pescatori e cicogne bianche.

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Testimonianza della funzionalità dell’ecosistema dell’intera area e del suo stato di salute è la presenza di una fauna ornitica, che comprende numerose popolazioni nidificanti di poiana e gheppio, predatori ai vertici delle reti alimentari.

I boschi del vulcano di Roccamonfina costituiscono un rifugio ideale per gli animali: qui, infatti, la volpe, il cinghiale, il tasso, la faina, la lepre e molteplici altre specie di piccoli mammiferi vivono isolati e al sicuro.

Il fiume Garigliano attraversa il Parco e scava il suo letto, tra i terreni vulcanici del Roccamonfina ed i terreni calcarei dei Monti .

Oltre al Garigliano i due corsi d’acqua più importanti del territorio sono il Fiume Savone ed il Fiume Peccia.

Ad amplificare la bellezza di questi luoghi, lungo il corso dei fiumi, concorrono ruderi d’antichi mulini e frantoi che dallo scorrere veloce ed inarrestabile dell’acqua traevano l’energia per azionare le pesanti macine di pietra lavica.

Tracce di archeologia industriale sono visibili, poi, nelle vicinanze delle sponde del Savone, con i resti delle “ferriere”, piccole fabbriche che hanno lavorato il ferro fino all’epoca borbonica, testimoniando che l’acqua abbia da sempre contribuito alla vita delle popolazioni del Parco. Si possono visitare, nell’ambito del Parco, i molti borghi presenti, luoghi caratteristici e carichi di sapori e tradizioni popolari, paesini in cui la vita scorre ancora serena ed in modo semplice.

Un parco, comunque, che custodisce e svela la storia e le tradizioni di persone che conducono la propria vita ancora a stretto contatto con una natura incontaminata e rigogliosa, gustandone appieno la vera essenza.

Il Roccamonfina è il più antico apparato vulcanico della Campania, assomigliante strutturalmente al Vesuvio, ma di gran lunga superiore per dimensioni, con un diametro di oltre 15 km.

L’attività vulcanica, cessata da più di 50.000 anni, ci ha lasciato le forme tipiche di coni, domi, crateri, rocce uniche e di composizione molto varia (tefriti, basaniti, leuciti, tufi, ignimbriti, latiti, basalti) a testimonianza di una complessa attività.

In passato erano celebrate le virtù salutifere delle abbondanti sorgenti di acque termali e minerali, in prossimità delle quali vi erano luoghi di culto frequentati fino da età preromana, come San Paride, dove la basilica medievale sorge su una cisterna più volte ricostruita nel corso dei secoli.

Oggi dell’attività vulcanica rimangono le nutrite sorgenti termali che sgorgano prevalentemente alla destra idrografica del fiume Garigliano, le numerose fumarole presenti sulla sua riva sinistra e le sorgenti di acque minerali.

La flora

Sulle pareti dell’edificio vulcanico di Roccamonfina, alle quote più elevate, il paesaggio vegetale è caratterizzato dalla presenza d’estesi castagneti nei quali si rinvengono numerosi e maestosi esemplari secolari.

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Lo sviluppo rigoglioso del castagno è stato favorito anche dalla composizione mineralogica dei suoli lavici del Roccamonfina, sub acidi e poverissimi di calcio scambiabile, ottimale per il soddisfacimento delle esigenze nutrizionali di questa specie.

Dal punto di vista ecologico, una economia agraria centrata, in gran parte, sulla coltivazione estensiva del castagno si caratterizza per gli effetti positivi di presidio e manutenzione continua del territorio, per gli impatti contenuti connessi ad apporti di fertilizzanti ed acqua praticamente nulli.

Nel periodo autunnale il sottobosco è popolato da numerose specie di funghi soprattutto porcini (Boletus edulis) ed ovoli (Amanita caesarea) di elevato pregio commerciale.

Alle quote più basse, insieme alle specie tipiche della macchia mediterranea ed alla roverella (Quercus pubescens), che spesso si trova in associazione con gli alberi di leccio (Quercus ilex), ancora una volta è evidente l’intervento dell’uomo cui sono dovute le ampie superfici coperte dalla vite e dall'ulivo.

Le sponde del fiume Garigliano, interne alla perimetrazione del Parco, presentano la copertura vegetale arborea tipica di questi ambienti con specie igrofile, quali pioppi e salici, che danno vita a strette fasce di foresta a galleria. Nella zona di foce sono presenti canneti e specie psammofile tipiche degli ambienti dunali con una pineta di rimpianto a pino marittimo (Pinus pinea).

Se la flora arborea ed arbustiva è piuttosto omogenea, il sottobosco diviene, durante il periodo primaverile, un’esplosione di colori con crochi (Crocus vernus), bucaneve (Galanthus nivalis), primule (Primula sp.), anemoni (Anemone sp.), viole (viola sp.) e, sul finire della stagione primaverile, fanno la loro comparsa le orchidee (Orchis sp.).

La fauna

Nei boschi del vulcano di Roccamonfina i mammiferi più diffusi sono la Volpe (Canidi vulpes), il Cinghiale (Sus scrofa), il Tasso (Meles meles), la Faina (Martes foina), la Lepre (Lepus capensis) e numerose specie di micromammiferi.

Tra la fauna ornitica è da segnalare la presenza di popolazioni nidificanti di Poiana (Buteo buteo) e Gheppio (Falco tinnunculus) che, quali predatori posti ai vertici delle reti alimentari, con la loro presenza testimoniano lo stato di funzionalità dell'ecosistema. Altri uccelli da segnalare sono l’Upupa (Upupa epops), il Picchio verde (Picus viridis), l’Averla piccola (Lanius collurio).

Anche i corsi d’acqua del Parco Regionale presentano popolamenti faunistici di rilievo, sia con riferimento alle specie ittiche – Alborella (Alburnus alburnus), Lampreda marina (Petromyzon marinus), Lampreda di fiume (Petromyzon fluviatilis) – che alle numerose specie d’uccelli che si possono osservare presso la foce del fiume Garigliano, quali la Nitticora (Nycticorax nycticorax), la Garzetta (Egretta garzetta), l’Airone rosso (Ardea purpurea), la Sgarza ciuffetto (Ardeola ralloides), l’Airone bianco (Egretta alba) unitamente al Martin pescatore (Alcedo atthis ispida).

Le acque

Il territorio del Parco è caratterizzato dall’abbondanza di acque sia sotterrane sia superficiali. Il rilievo del Roccamonfina si erge a spartiacque fra tre differenti fiumi che drenano le

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acque verso il mar Tirreno: il bacino idrografico del Volturno (circa 32 kmq), il bacino idrografico del Fiume Savone (circa 32 kmq) ed il bacino idrografico del Fiume Garigliano (circa 47 kmq).

Il reticolo idrografico è caratterizzato da canali generalmente rettilinei che discendono dalle pendici del cono vulcanico. I due corsi d’acqua più importanti del territorio, dopo il fiume Garigliano, sono il fiume Savone ed il fiume Peccia.

L’area è attraversata da diversi corsi d’acqua minori (fossi o rii) che offrono situazioni sceniche di notevole impatto tra le spettacolari cascate sul Fosso Maltempo e da sorgenti che sgorgano dalle rocce, tratti incassati e ponticelli in pietra per l’attraversamento. A circa due km. di distanza dall’abitato di Marzano, in direzione opposta alla Via Latina, incassato in un vasto imbuto si trova il Lago delle Corree: la sua origine e la sua conformazione sono di natura tipicamente vulcanica. Esso rientra nella categoria dei crateri, che dopo l’estinzione vulcanica, convogliano delle acque e diventano laghi.

Siti archeologici

Il sito archeologico più importante del territorio di Roccamonfina è rappresentato dal recinto delle “Mura Megalitiche” di Monte La Frascara, denominato in età medioevale “Orto della Regina” e da quello di Monte Santa Croce.

Queste antiche mura traggono la loro particolarità dalla posizione e dal ruolo d’elemento emergente entro un più articolato sistema insediativo che si sviluppa nell’area del vulcano e che risponde ad una volontà di conquista di uno spazio difficile.

In diversi studi è stata formulata l’ipotesi che le mura megalitiche di Monte Santa Croce e di Monte La Frascara rientrassero in un vero e proprio sistema difensivo sannitico, costituito da cinte fortificate in opera poligonale, di cui sono state ritrovate tracce anche nei territori limitrofi.

La cinta “dell’Orto della Regina”, posta a quota 928 m. sul livello del mare, non è molto estesa ma è caratterizzata da un andamento poligonale irregolare, con lati e angoli disuguali. Le mura, il cui perimetro misura circa 180 m., racchiudono un’area di circa 2.500 mq. e sono costruite in modo tale da delimitare la sommità della vetta del Monte La Frascara.

A ridosso delle mura della città antica di Sessa Aurunca si trova l’imponente struttura di un altro teatro romano risalente al I secolo a.C.. Gli scavi, iniziati da Amedeo Maiuri negli anni ‘20, si sono conclusi solo da pochi anni portando alla luce quasi integralmente l’intero monumento.

Prodotti tipici

La zona del Parco è legata da sempre alla coltivazione del castagno: è molto conosciuta, infatti, la castagna di Roccamonfina, detta anche Tempestiva o Precoce di Roccamonfina per la precocità di maturazione (fine agosto – prima decade di settembre), che consente di arrivare sul mercato in un periodo in cui la concorrenza è pressoché inesistente. Per questa castagna è in corso l’istruttoria per il riconoscimento del marchio I.G.P. con la denominazione Tempestiva del Vulcano di Roccamonfina. Si ricordano anche la Lucente, detta anche Lucida, la Marzatica e la Napoletana detta anche Riccia Napoletana.

Particolare interesse si deve dare alla coltura del ciliegio, soprattutto alla Ciliegia Nera, di forma a cuore leggermente allungata.

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Ad accompagnare le prelibate pietanze, i tradizionali vini I.G.T. Roccamonfina e D.O.C. Galluccio.

Nel territorio riveste importanza anche l’olivicoltura: le varietà principali sono la Tonna (Tonda), leggermente tondeggiante e l’Olivella, più piccola della precedente ma con buona resa.

B) PARCO REGIONALE DEL MATESE

Il Parco Regionale del Matese è stato istituito il 12 Aprile 2002, per salvaguardare uno dei più grandi ed importanti massicci di natura calcarea e dolomitica presenti nella regione Campania.

È geograficamente compreso: - tavoletta I.G.M. F 161 III S.E. Pratella F 161 III N.E. Capriati al Volturno F 161 II N.O. Gallo F 161 II S.E. Piedimonte Matese F 161 III S.O. Sant’Angelo d’Alife F 162 III S.O. Cusano Mutri F 173 IV S.o. Cerreto Sannita - carta geologica italiana F 161 Isernia F 162 Campobasso F 173 Benevento

Si estende per 33.326,53 ettari e costituisce una delle zone di maggiore interesse naturalistico e ambientale dell'Appennino centro-meridionale caratterizzato, con la configurazione dei rispettivi versanti, il territorio della Campania.

Ricadono nell’ambito territoriale del Parco i comuni di: Ailano, Alife, Capriati al Volturno, , Fontegreca, Gallo Matese, Gioia Sannitica, Letino, Piedimonte Matese, Prata Sannita, Raviscanina, S. Angelo d'Alife, S. Gregorio Matese, S. Potito Sannitico, Valle Agricola, in provincia di Caserta e Cerreto Sannita, Cusano Mutri, Faicchio, Pietraroja, S. Lorenzello, in provincia di Benevento.

Nell’ambito territoriale del Parco operano le Comunità Montane del Titerno e del Matese.

Il Matese è un massiccio montuoso a cavallo tra Campania e Molise, delimitato dall’alto corso del Volturno a Sud-Ovest e dal suo affluente Calore a Sud, dal Tammaro ad Est, dal Trigno e dal Biferno a Nord.

La morfologia del massiccio è costituita da rilievi di altitudine piuttosto elevata, i Monti Miletto, La Gallinola ed il Mutria, con dorsali minori parallele e separate dalle valli. Alla base della dorsale più alta, dominata dal Monte Miletto, si estende il bacino montano del lago del Matese.

La natura calcarea delle rocce del Matese fa si ché le acque meteoriche, penetrando nel suolo, diano luogo alla formazione di bicarbonato di calcio che, essendo molto solubile, scompare abbastanza presto, dando così luogo alla formazione di fessurazioni, che con il protrarsi del fenomeno formano cunicoli e gallerie dove scorrono fiumi sotterranei.

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La flora

Tutta l'area presenta una eccezionale valenza naturalistica: i rilievi sono ammantati di faggete che coprono i versanti alle quote più elevate, soprattutto nel versante orientale.

Magnifici boschi di faggio vengono attraversati dalle strade che salgono da San Gregorio Matese verso i valichi di Bocca della Selva e della Selva del Perrone. Altre foreste più silenziose si stendono intorno al Monte Janara, a Sud del lago del Matese. All’interno delle faggete compaiono il tasso, l’acero riccio, l’acero montano, l’agrifoglio ed il sorbo.

Più in basso, domina il bosco misto che spesso si interseca con i castagneti modellati dall'uomo, e con le leccete che risalgono dal piede del massiccio specialmente nei quadranti più caldi dell'area.

Le essenze prevalenti sono dunque la Roverella (Quercus pubescens), il Cerro (Quercus cerris), il Carpino nero (Ostrya carpinifolia), il Castagno (Castanea sativa) e, nei versanti più assolati la Macchia mediterranea.

Nel sottobosco fioriscono numerose specie di Orchidee selvatiche del genere Orchis.

Le rupi, ed in particolare quelle di vetta, ospitano una interessante flora ricca di endemismi e specie rare; si tratta, in generale, di specie che denotano affinità con i popolamenti dei pascoli e delle rupi elevate dell’Appennino centrale, come le Sassifraghe, tra le quali la rara Saxifraga porophylla, le Primule montane (Primula auricola), le Viole dei pascoli rupestri (Viola pseudo gracilis, V. eugeniae, V. aetnensis ssp.).

Molto rappresentati sul Massiccio sono i prati e pascoli di quota e le praterie aride che spesso ospitano interessanti entità fieristiche mediterranee spontanee che qui trovano il loro limite settentrionale di espansione.

Notevole, infine, la presenza nel territorio del comune di Fontegreca di una vasta cipresseta spontanea, con gli alberi che raggiungono i 30 m. di altezza.

La fauna

Eccezionale è il patrimonio faunistico: i rilievi sono frequentati dal Lupo (Canis lupus) e dal Gatto selvatico (Felis silvestris); alle quote inferiori dominano, invece, i boschi misti in cui sono frequenti Astori (Accipiter gentilis), Sparvieri (Accipiter nisus), Colombacci (Columba palumbus) e Poiane (Buteo buteo), che non di rado si spingono verso le pareti rocciose, regno di rapaci come il Lanario (Falco biarmicus), l'Aquila reale (Aquila chrysaetos)

Nei boschi è particolarmente frequente il Picchio rosso minore (Dendrocopos minor). La fauna alta che sorvola questi ambienti in primavera è costituita, tra gli altri, da Nibbio reale (Milvus milvus) e Pellegrino (Falco peregrinus).

La presenza di specchi d’acqua fa sì che il birdwatching possa essere molto fruttuoso per la presenza di nidificanti come Svasso maggiore (Podiceps cristatus), Tarabusino (Ixobrychus minutus), Moretta tabaccata (Aythya nyroca) e Germano reale (Anas platyrhyncos).

Cultura e tradizioni

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Il Matese rappresenta anche un patrimonio di storia, tradizioni e leggende, molte delle quali vivono tuttora come espressione del folklore locale, strettamente connesso alla quotidianità della vita contadina e pastorale.

Nei borghi, perfettamente conservati, in cui si vive in una condizione di grande tranquillità e serenità e nel contempo, si avvertono le asprezze, le difficoltà e le solitudini della vita montana, è possibile camminare a piedi attraverso stradine in pietra che trasudano di storia: la storia della transumanza della pastorizia, la storia dei briganti successiva alla unità d'Italia, la storia fatta dai cicli della natura.

Prodotti tipici

La gastronomia matesina è rimasta tipicamente contadina e fedele ai prodotti che essa produce.

Gli allevamenti bovini, caprini ed ovini danno luogo al prodotto locale per eccellenza: il formaggio.

Ottime, poi, sono le carni di agnello e di capretto; l’allevamento suino produce ottimi prosciutti, capicolli, salsicce ed il tipico insaccato di Castello Matese Cazzùntontulu.

Chi ama la natura non può non tener conto della spontanea crescita di prodotti selvatici alla base della preparazione delle maggior parte delle pietanze matesine: fragoline di bosco, la maggiorana, l’origano, le castagne ed i funghi, tra cui i virni ed i pregiatissimo porcini gustati in tanti modi durante la Sagra di Funghi di Cusano Mutri.

I versanti pedemontani producono un eccellente olio di oliva.

C) PARCO REGIONALE DEL PARTENIO

Il Parco Regionale del Partenio è stato istituito, sulla base delle previsioni normative della Legge Regionale n. 33/93, con Deliberazione della Giunta Regionale della Campania n. 1405 del 12 aprile 2002. La superficie del Parco è di circa 14.870,24 ettari e comprende, in tutto o in parte, 22 Comuni appartenenti a quattro province (Avellino, Benevento, Caserta e Napoli).

La provincia di Caserta è rappresentata dai comuni di Arienzo e San Felice a Cancello.

18 Bacino mbrifero del fiume Lete Tabella n. 1 superficie agricola non superficie agricola utilizzata (S.A.U.) - Ha Totale n. comune utilizzata (S.A.U.) - Ha seminativi frutteti prato/pascolo colt. legnose boschi S.A.U. n.u. altra Ha 1 Ailano 491,14 162,66 81,08 19,27 207,92 84,54 39,21 1.085,82 2 Capriati al Volturno 297,26 172,75 202,03 0,64 336,83 59,85 18,20 1.087,56 3 Ciorlano 602,48 57,82 561,69 0,00 595,06 45,41 62,51 1.924,97 4 Fontegreca 121,86 161,16 250,64 0,00 367,38 36,75 17,65 955,44 5 Prata Sannita 311,77 141,84 162,93 0,00 213,25 38,20 10,99 878,98 6 Pratella 630,47 78,47 186,83 62,03 853,95 114,54 40,59 1.966,88 Totali 2.454,98 774,70 1.445,20 81,94 2.574,39 379,29 189,15 7.899,65 in percentuale 31,1% 9,8% 18,3% 1,0% 32,6% 4,8% 2,4% 100,0%

Le principali colture praticate nella zona sono così distribuite (Ha): cereali in genere 889,24vite 123,81 frumento 110,98olivi 615,92 colture ortive 49,72agrumi 0,07 colture foraggere 1.079,09fruttiferi 31,40 altre 325,95altre 3,50

Le aziende agricole con allevamenti di animali da reddito sono rappresentate come appresso: aziende n. bovini 164con capi n. 6.261 bufalini 3con capi n. 581 suini 291con capi n. 458 ovini 263con capi n. 3.078 caprini 44con capi n. 661 equini 58con capi n. 101 avicoli 602con capi n. 12.934 Totali 1.425Totali 24.074 Alle falde dei Monti del Matese Tabella n. 2 superficie agricola non superficie agricola utilizzata (S.A.U.) - Ha Totale n. comune utilizzata (S.A.U.) - Ha seminativi frutteti prato/pascolo colt. legnose boschi S.A.U. n.u. altra Ha 1 Castello Matese 59,32 33,90 839,28 0,16 431,22 100,55 75,19 1.539,62 2 Gallo Matese 107,17 0,00 1.126,90 0,00 473,76 5,89 0,19 1.713,91 3 Letino 43,36 0,00 844,76 4,95 1.307,01 0,27 13,12 2.213,47 4 San Gregorio Matese 167,55 2,55 2.506,87 0,00 2.046,85 15,41 6,94 4.746,17 5 Valle Agricola 220,93 7,28 931,68 3,78 2.101,11 42,60 80,41 3.387,79 Totali 598,33 43,73 6.249,49 8,89 6.359,95 164,72 175,85 13.600,96 in percentuale 4,4% 0,3% 45,9% 0,1% 46,8% 1,2% 1,3% 100,0%

Le principali colture praticate nella zona sono così distribuite (Ha): cereali in genere 97,21vite 11,12 frumento 37,03olivi 30,64 colture ortive 6,27fruttiferi 1,92 colture foraggere 367,71altre 0,05 altre 90,11

Le aziende agricole con allevamenti di animali da reddito sono rappresentate come appresso: aziende n. bovini 111con capi n. 1.798 bufalini 121con capi n. suini 231con capi n. 334 ovini 86con capi n. 13.674 caprini 31con capi n. 1.122 equini 121con capi n. 407 avicoli 237con capi n. 4.819 Totali 818Totali 22.175

Pagina 1 Pianura Alifana Tabella n. 3 superficie agricola non superficie agricola utilizzata (S.A.U.) - Ha Totale n. comune utilizzata (S.A.U.) - Ha seminativi frutteti prato/pascolo colt. legnose boschi S.A.U. n.u. altra Ha 1 Alife 1.397,97 212,66 103,68 2,33 833,62 51,20 64,47 2.665,93 2 Baia e Latina 898,88 85,99 169,73 11,89 536,57 10,47 83,47 1.797,00 3 Gioia Sannitica 1.261,67 341,46 761,69 8,67 1.947,50 120,51 976,29 5.417,79 4 Piedimonte Matese 591,37 289,28 664,08 0,05 1.931,60 384,35 65,88 3.926,61 5 Pietramelara 469,96 81,03 121,20 22,94 571,44 21,14 59,97 1.347,68 6 Pietravairano 1.715,06 169,96 307,15 15,11 315,95 57,01 121,91 2.702,15 7 Raviscanina 604,84 256,18 617,81 17,52 900,22 14,90 46,78 2.458,25 8 Roccaromana 318,93 134,92 28,29 0,00 1.138,45 124,34 12,00 1.756,93 9 Sant'Angelo d'Alife 1.013,23 333,16 485,12 13,01 838,78 73,30 19,10 2.775,70 10 San Potito Sannitico 464,38 156,12 458,15 2,25 927,39 44,63 64,88 2.117,80 11 Vairano Patenora 1.212,49 424,60 19,39 180,36 558,67 253,39 58,40 2.707,30 Totali 9.948,78 2.485,36 3.736,29 274,13 10.500,19 1.155,24 1.573,15 29.673,14 in percentuale 33,5% 8,4% 12,6% 0,9% 35,4% 3,9% 5,3% 100,0%

Le principali colture praticate nella zona sono così distribuite (Ha): cereali in genere 2.938,87vite 506,83 frumento 690,86olivi 1.411,48 colture ortive 117,11agrumi 60,55 colture foraggere 5.820,82fruttiferi 436,11 altre 381,12altre 70,39

Le aziende agricole con allevamenti di animali da reddito sono rappresentate come appresso: aziende n. bovini 601con capi n. 9.334 bufalini 30con capi n. 1.803 suini 738con capi n. 1.258 ovini 120con capi n. 3.738 caprini 29con capi n. 157 equini 30con capi n. 55 avicoli 1.176con capi n. 43.934 Totali 2.724Totali 60.279 Pianura di Caiazzo e rilievi circostanti Tabella n. 4 superficie agricola non superficie agricola utilizzata (S.A.U.) - Ha Totale n. comune utilizzata (S.A.U.) - Ha seminativi frutteti prato/pascolo colt. legnose boschi S.A.U. n.u. altra Ha 1 Alvignano 2.053,74 219,55 303,94 12,85 299,52 39,65 87,55 3.016,80 2 Caiazzo 1.288,01 394,23 243,82 5,68 234,05 71,92 64,22 2.301,93 3 Castel Campagnano 684,83 311,22 33,14 0,41 151,10 23,42 24,22 1.228,34 4 Dragoni 592,14 101,64 465,48 5,82 542,61 1,46 7,83 1.716,98 5 Ruviano 1.192,14 263,23 129,65 2,51 423,35 11,84 140,02 2.162,74 Totali 5.810,86 1.289,87 1.176,03 27,27 1.650,63 148,29 323,84 10.426,79 in percentuale 55,7% 12,4% 11,3% 0,3% 15,8% 1,4% 3,1% 100,0%

Le principali colture praticate nella zona sono così distribuite (Ha): cereali in genere 2.119,10vite 474,83 frumento 458,62olivi 690,87 colture ortive 19,32agrumi 5,94 colture foraggere 3.180,16fruttiferi 106,88 altre 33,62altre 11,35

Le aziende agricole con allevamenti di animali da reddito sono rappresentate come appresso: aziende n. bovini 769con capi n. 15.684 bufalini 86con capi n. 8.607 suini 871con capi n. 2.021 ovini 165con capi n. 4.542 caprini 46con capi n. 171 equini 63con capi n. 205 avicoli 1.588con capi n. 39.318 Totali 3.588Totali 70.548 Ai piedi ed alle falde del Monte Maggiore, Monte Sant'Angelo e Monte Caruso Tabella n. 5 superficie agricola non superficie agricola utilizzata (S.A.U.) - Ha Totale n. comune utilizzata (S.A.U.) - Ha seminativi frutteti prato/pascolo colt. legnose boschi S.A.U. n.u. altra Ha 1 Bellona 323,47 121,17 8,15 0,00 13,00 45,04 9,99 520,82 2 49,68 121,81 33,89 0,00 20,95 91,52 7,07 324,92 3 Castel di Sasso 369,28 179,37 102,89 0,00 294,53 327,22 31,05 1.304,34 4 Castel Morrone 349,22 219,12 133,55 0,00 78,58 139,81 1,27 921,55 5 Formicola 50,31 122,17 258,96 0,00 669,67 7,52 4,71 1.113,34 6 Giano Vetusto 33,83 132,93 281,13 0,00 179,69 75,68 13,27 716,53 7 Liberi 167,08 41,40 107,40 9,01 538,81 83,78 11,00 958,48 8 Piana di Monte Verna 823,68 58,44 352,61 0,00 50,98 14,53 132,23 1.432,47 9 Pontelatone 395,30 221,38 81,38 35,77 611,01 18,14 26,16 1.389,14 10 Rocchetta e Croce 36,53 99,90 332,49 2,97 403,90 9,87 30,24 915,90 11 Vitulazio 746,02 445,45 95,45 0,15 0,20 28,57 34,63 1.350,47 Totali 3.344,40 1.763,14 1.787,90 47,90 2.861,32 841,68 301,62 10.947,96 in percentuale 30,5% 16,1% 16,3% 0,4% 26,1% 7,7% 2,8% 100,0%

Le principali colture praticate nella zona sono così distribuite (Ha): cereali in genere 966,17vite 340,32 frumento 283,04olivi 691,15 colture ortive 93,97agrumi 38,14 colture foraggere 1.865,73fruttiferi 690,54 altre 133,69altre 2,99

Le aziende agricole con allevamenti di animali da reddito sono rappresentate come appresso: aziende n. bovini 252con capi n. 6.510 bufalini 44con capi n. 3.182 suini 366con capi n. 1.271 ovini 58con capi n. 2.153 caprini 38con capi n. 588 equini 15con capi n. 29 avicoli 379con capi n. 20.048 Totali 1.152Totali 33.781 La zona Sud Orientale: dai piedi del Monte Felino a Caserta Tabella n. 6 superficie agricola non superficie agricola utilizzata (S.A.U.) - Ha Totale n. comune utilizzata (S.A.U.) - Ha seminativi frutteti prato/pascolo colt. legnose boschi S.A.U. n.u. altra Ha 1 Arienzo 53,37 177,59 5,26 0,00 20,91 60,57 11,13 328,83 2 Caserta 272,64 311,02 125,36 0,00 417,59 83,58 31,95 1.242,14 3 Cervino 31,31 211,85 5,28 0,08 10,72 2,63 2,28 264,15 4 Maddaloni 744,57 532,64 0,64 0,00 3,30 45,38 29,00 1.355,53 5 San Felice a Cancello 256,27 226,93 2,38 0,57 77,29 5,24 4,72 573,40 6 Santa Maria a Vico 367,74 239,04 11,10 0,00 55,94 41,77 15,23 730,82 7 142,41 204,32 31,94 8,33 1.222,20 0,00 17,90 1.627,10 Totali 1.868,31 1.903,39 181,96 8,98 1.807,95 239,17 112,21 6.121,97 in percentuale 30,5% 31,1% 3,0% 0,1% 29,5% 3,9% 1,8% 100,0%

Le principali colture praticate nella zona sono così distribuite (Ha): cereali in genere 157,22vite 27,07 frumento 20,68olivi 957,19 colture ortive 301,93agrumi 325,41 colture foraggere 123,78fruttiferi 580,57 * altre 1207,88 altre 7,15 * = la maggior parte della superficie è investita a tabacco

Le aziende agricole con allevamenti di animali da reddito sono rappresentate come appresso: aziende n. bovini 29con capi n. 465 bufalini 00con capi n. suini 22con capi n. 498 ovini 4con capi n. 1.243 caprini 427con capi n. equini 11con capi n. 37 avicoli 106con capi n. 205.481 Totali 176Totali 207.751 Interland capoluogo Tabella n. 7 superficie agricola non superficie agricola utilizzata (S.A.U.) - Ha Totale n. comune utilizzata (S.A.U.) - Ha seminativi frutteti prato/pascolo colt. legnose boschi S.A.U. n.u. altra Ha 1 Capodrise 153,35 0,13 0,00 0,05 0,00 0,33 0,59 154,45 2 Casagiove 57,02 38,36 0,00 0,00 0,00 3,84 4,86 104,08 3 Casapulla 60,07 12,88 0,00 0,00 0,00 1,21 3,20 77,36 4 Curti 53,78 1,73 0,00 0,00 0,00 0,00 0,34 55,85 5 Macerata Campania 483,93 31,97 8,48 0,00 0,00 13,32 15,50 553,20 6 Marcianise 862,46 3,10 4,33 1,64 232,80 41,01 104,63 1.249,97 7 Portico di Caserta 273,66 9,69 1,98 0,55 0,85 3,03 20,80 310,56 8 Recale 199,57 1,42 2,20 1,40 0,00 1,64 5,92 212,15 9 San Marco Evangelista 275,19 1,96 0,00 0,00 0,00 2,14 0,91 280,20 10 San Nicola la Strada 74,01 1,78 1,00 0,33 0,00 0,00 0,00 77,12 11 San Prisco 106,46 166,43 0,00 0,00 91,23 72,80 2,09 439,01 Totali 2.599,50 269,45 17,99 3,97 324,88 139,32 158,84 3.513,95 in percentuale 74,0% 7,7% 0,5% 0,1% 9,2% 4,0% 4,5% 100,0%

Le principali colture praticate nella zona sono così distribuite (Ha): cereali in genere 1.054,10vite 27,18 frumento 182,55olivi 166,77 colture ortive 101,53agrumi 29,21 colture foraggere 282,87fruttiferi 44,11 * altre 978,47 altre 2,18 * = la maggior parte della superficie è investita a tabacco

Le aziende agricole con allevamenti di animali da reddito sono rappresentate come appresso: aziende n. bovini 25con capi n. 2.539 bufalini 6con capi n. 359 suini 51con capi n. 132 ovini 6con capi n. 1.924 caprini 232con capi n. equini 231con capi n. avicoli 222con capi n. 4.222 Totali 314Totali 9.239 Regi Lagni sinistra fiume Volturno Tabella n. 8 superficie agricola non superficie agricola utilizzata (S.A.U.) - Ha Totale n. comune utilizzata (S.A.U.) - Ha seminativi frutteti prato/pascolo colt. legnose boschi S.A.U. n.u. altra Ha 1 Aversa 104,93 97,47 4,30 1,83 0,00 1,92 0,19 210,64 2 Cancello Arnone 3.075,27 58,88 19,07 15,00 12,51 76,46 168,71 3.425,90 3 51,32 90,37 0,00 0,00 0,00 0,32 0,00 142,01 4 Casal di Principe 1.111,26 74,43 7,12 0,00 0,00 2,00 0,00 1.194,81 5 Casaluce 380,03 921,85 136,22 0,00 0,00 0,43 0,00 1.438,53 6 Casapesenna 4,23 2,33 0,00 0,00 0,00 0,02 1,46 8,04 7 Castel Volturno 1.780,41 2,70 165,58 0,00 441,90 5,29 162,57 2.558,45 8 Cesa 7,24 80,29 0,00 0,00 0,00 10,20 0,00 97,73 9 Frignano 157,50 88,97 102,89 0,00 0,00 21,01 1,21 371,58 10 Grazzanise 2.047,49 49,01 209,69 0,00 0,00 5,83 117,57 2.429,59 11 Gricignano d'Aversa 223,70 209,41 0,00 0,00 0,00 9,73 16,17 459,01 12 Lusciano 36,23 374,02 0,00 0,00 0,00 28,37 4,76 443,38 13 Orta di Atella 450,00 111,90 2,90 0,33 0,00 4,61 5,23 574,97 14 Parete 126,80 527,57 8,34 11,74 0,00 21,61 1,04 697,10 15 San Cipriano d'Aversa 20,57 16,73 8,31 0,00 0,00 0,18 0,00 45,79 16 San Marcellino 72,52 90,50 7,40 0,00 0,00 0,13 3,11 173,66 17 Santa Maria Capua Vetere 130,99 3,84 1,98 0,00 0,00 3,42 0,00 140,23 18 Santa Maria la Fossa 1.388,81 60,77 50,32 0,00 0,00 3,19 54,49 1.557,58 19 San Tammaro 950,16 34,55 23,24 1,00 0,00 3,06 8,69 1.020,70 20 Sant'Arpino 61,07 19,49 0,00 0,00 0,00 0,21 1,21 81,98 21 Succivo 214,32 69,09 0,00 0,00 0,00 0,37 0,39 284,17 22 Teverola 28,37 63,37 1,20 0,43 0,00 2,28 0,00 95,65 23 37,97 138,65 0,00 0,00 0,00 12,86 0,08 189,56 24 Villa di Briano 164,69 392,41 3,32 0,00 0,00 9,08 0,00 569,50 25 Villa Literno 1.166,88 160,67 6,82 0,00 0,00 33,97 12,41 1.380,75 Totali 13.792,76 3.739,27 758,70 30,33 454,41 256,55 559,29 19.591,31 in percentuale 70,4% 19,1% 3,9% 0,2% 2,3% 1,3% 2,9% 100,0% Pagina 1 Regi Lagni sinistra fiume Volturno Tabella n. 8

Le principali colture praticate nella zona sono così distribuite (Ha): cereali in genere 4.450,68vite 132,41 frumento 1.253,38olivi 7,58 colture ortive 1.850,62agrumi 26,45 colture foraggere 6.142,45fruttiferi 3.264,13 altre 95,63altre 6,70

Le aziende agricole con allevamenti di animali da reddito sono rappresentate come appresso: aziende n. bovini 81con capi n. 2.664 bufalini 556con capi n. 58.352 suini 69con capi n. ovini 8con capi n. 1.634 caprini 150con capi n. equini 648con capi n. avicoli 117con capi n. 4.856 Totali 775Totali 67.613

Pagina 2 Regi Lagni destra fiume Volturno Tabella n. 9 superficie agricola non superficie agricola utilizzata (S.A.U.) - Ha Totale n. comune utilizzata (S.A.U.) - Ha seminativi frutteti prato/pascolo colt. legnose boschi S.A.U. n.u. altra Ha 1 Capua 1.083,28 403,09 38,86 2,20 1,99 23,37 62,65 1.615,44 2 Carinola 723,10 2.119,05 246,86 94,62 398,87 186,61 30,85 3.799,96 3 Falciano del Massico 651,27 956,99 143,26 58,31 719,00 470,94 32,64 3.032,41 4 Mondragone 893,87 317,37 117,56 1,06 46,15 20,03 39,31 1.435,35 Totali 3.351,52 3.796,50 546,54 156,19 1.166,01 700,95 165,45 9.883,16 in percentuale 33,9% 38,4% 5,5% 1,6% 11,8% 7,1% 1,7% 100,0%

Le principali colture praticate nella zona sono così distribuite (Ha): cereali in genere 731,26vite 152,79 frumento 222,34olivi 652,00 colture ortive 852,31agrumi 67,15 colture foraggere 1.253,90fruttiferi 2.897,36 altre 291,71altre 27,20

Le aziende agricole con allevamenti di animali da reddito sono rappresentate come appresso: aziende n. bovini 44con capi n. 1.291 bufalini 73con capi n. 6.878 suini 27con capi n. 470 ovini 7con capi n. 1.215 caprini 3con capi n. 100 equini 744con capi n. avicoli 40con capi n. 864 Totali 201Totali 10.862 La zona della frutticoltura specializzata e dell'orticoltura protetta Tabella n. 10 superficie agricola non superficie agricola utilizzata (S.A.U.) - Ha Totale n. comune utilizzata (S.A.U.) - Ha seminativi frutteti prato/pascolo colt. legnose boschi S.A.U. n.u. altra Ha 1 Calvi Risorta 292,80 290,33 15,53 2,05 26,93 85,27 22,42 735,33 2 Cellole 1.378,69 321,74 106,32 1,50 0,04 32,87 77,56 1.918,72 3 Francolise 1.752,92 642,13 137,28 12,45 201,77 69,95 131,72 2.948,22 4 Pastorano 710,43 331,92 40,88 0,00 24,87 23,47 36,41 1.167,98 5 Pignataro Maggiore 876,91 440,89 76,83 0,00 17,10 37,31 61,02 1.510,06 6 Riardo 614,43 180,60 21,83 6,91 33,01 2,71 425,62 1.285,11 7 Sessa Aurunca 2.050,90 2.540,28 770,83 12,24 664,20 377,03 78,25 6.493,73 8 Sparanise 467,70 331,19 4,70 10,00 2,00 8,41 23,19 847,19 Totali 8.144,78 5.079,08 1.174,20 45,15 969,92 637,02 856,19 16.906,34 in percentuale 48,2% 30,0% 6,9% 0,3% 5,7% 3,8% 5,1% 100,0%

Le principali colture praticate nella zona sono così distribuite (Ha): cereali in genere 1.873,39vite 397,81 frumento 483,17olivi 2.021,78 colture ortive 1.306,11agrumi 60,80 colture foraggere 3.031,93fruttiferi 2.573,96 * altre 1450,18 altre 24,43 * = la maggior parte della superficie è investita a tabacco

Le aziende agricole con allevamenti di animali da reddito sono rappresentate come appresso: aziende n. bovini 149con capi n. 3.425 bufalini 91con capi n. 13.186 suini 202con capi n. 376 ovini 23con capi n. 1.870 caprini 888con capi n. equini 15con capi n. 99 avicoli 460con capi n. 10.119 Totali 948Totali 29.163 Roccamonfina e dintorni Tabella n. 11 superficie agricola non superficie agricola utilizzata (S.A.U.) - Ha Totale n. comune utilizzata (S.A.U.) - Ha seminativi frutteti prato/pascolo colt. legnose boschi S.A.U. n.u. altra Ha 1 Caianello 293,16 378,15 4,65 24,63 64,47 15,60 51,66 832,32 2 Conca della Campania 153,98 697,76 98,65 8,40 242,19 93,85 30,51 1.325,34 3 Galluccio 217,43 599,12 180,07 0,04 276,77 164,08 29,96 1.467,47 4 Marzano Appio 572,67 681,74 46,51 34,41 200,65 82,04 36,20 1.654,22 5 862,92 520,39 322,89 4,18 2.447,74 94,18 75,45 4.327,75 6 Presenzano 861,67 567,57 95,47 15,52 975,37 22,11 62,58 2.600,29 7 Rocca d'Evandro 1.030,76 281,35 869,37 81,96 601,41 142,13 106,39 3.113,37 8 Roccamonfina 29,58 1.930,19 0,32 0,87 276,32 27,96 35,04 2.300,28 9 128,12 348,44 537,50 0,00 348,21 16,05 24,74 1.403,06 10 Teano 835,20 3.646,85 61,01 86,79 541,65 202,37 132,58 5.506,45 11 Tora e Piccilli 191,97 225,23 4,50 0,00 264,12 106,78 3,29 795,89 Totali 5.177,46 9.876,79 2.220,94 256,80 6.238,90 967,15 588,40 25.326,44 in percentuale 20,4% 39,0% 8,8% 1,0% 24,6% 3,8% 2,3% 100,0%

Le principali colture praticate nella zona sono così distribuite (Ha): cereali in genere 1.984,21vite 625,18 frumento 378,81olivi 2.061,85 colture ortive 139,37agrumi 10,62 colture foraggere 1.039,40fruttiferi 6.934,96 altre 1.635,67altre 244,18

Le aziende agricole con allevamenti di animali da reddito sono rappresentate come appresso: aziende n. bovini 179con capi n. 2.678 bufalini 11con capi n. 1.171 suini 609con capi n. 1.620 ovini 161con capi n. 4.657 caprini 73con capi n. 1.449 equini 69con capi n. 270 avicoli 1.450con capi n. 363.591 Totali 2.552Totali 375.436