II territorio montuoso e boscoso del di Scheggia e Pascelupo è stato abitato fin dalla antichità dagli , popolo che in queste zone trovò la collocazione ideale del Tempio per il culto della divinità agreste, Iovis-Penninus. Di questa divinità e del suo tempio si trovano menzioni: in una lapide conservata nel museo di Verona rinvenuta nei pressi di Scheggia nel 1700; nella sezione 3° della "Tabula - Peutingeriana"; nel poema di Veduta della Città Claudio Claudiano in onore di Onorio e in altre citazioni di studiosi. Il nome più antico dell'odierna località di Scheggia è "Ad Ensem", legato alle vicende della strada consolare Flaminia, con il suo passo (metri 632 slm), uno dei più agevoli fra quelli appenninici. Fu presto "mutatio" (stazione postale) e conobbe un certo sviluppo testimoniato dal ritrovamento di numerosi resti, epigrafi, cippi funerari, necropoli ecc. La Statio Romana "Ad Ensem" dovette subire la sorte di altre località fortificate nell': durante le cruenti lotte che si svolsero fra bizantini e goti (538-552 d.C.) fu rasa al suolo e le sue genti disperse nei "luci" (boschi sacri), che nei secoli passati erano stati luoghi di culto del popolo umbro. Probabilmente dopo il 571 d.C. i bizantini su queste rovine costruirono un nuovo insediamento per arginare le incursioni longobarde, di questo insediamento i Codici Umbri assegnano la rovina circa nell'anno 840 d.C. La riedificazione di quello che sarà poi il Castello può essere collocata all'inizio del secolo XI. Gli abitanti del territorio risentendo ancora l'influsso bizantino e della sua lingua, chiamarono il nuovo centro con vocabolo greco: Schiza (biforcazione di vie), da cui Scheggia. II vocabolo Scheggia appare per la prima volta in un diploma di Federico Barbarossa, in data 8-11-1163, che attesta il suo sviluppo sotto la protezione dell'Impero Germanico. Scheggia agli inizi del 1300, era di libera appartenenza della Badia di Fonte Avellana. Nell'anno 1384 passò, come , sotto la giurisdizione dei Montefeltro. II Papa Innocenzo X con breve datato 3-11-1648 insigniva in perpetuo il Castello di Scheggia della dignità di "Terra". L'occupazione dell'Esercito Italiano nel 1860 mise fine al dominio della Chiesa sulla provincia Urbinate. Nella ripartizione delle regioni ordinata dal Governo della nuova Italia, Scheggia fu assegnata all'Umbria, alla quale era appartenuta sin da tempi remotissimi. II capoluogo, Scheggia, è servito da tre assi viari: la S.S. Flaminia che la collega con il Lazio e le ; la S.S. Arceviese che la collega con le Marche e la Provinciale Eugubina che la collega con Gubbio (12 km.) e (50 km.). La stazione ferrovia ria più vicina è quella di (km. 18), con la quale è collegata da alcune corse di autobus. Altre linee di autotrasporti la collegano con Gubbio, Perugia, Roma e Rimini.

Porta Medievale del Castello

Nel nostro territorio sono disseminati resti di un passato glorioso che ci danno la misura del lungo tempo in cui questi luoghi vennero individuati e prescelti per insediamenti abitativi fin dal lontano passato. Sono stati ritrovati reperti archeologici risalenti al periodo preromano e romano, alcuni di questi sono conservati presso I'Antiquarium comunale che dovrà essere risistemato nella costruendo Casa del Parco. A Scheggia sono da segnalare la Torre Civica trecentesca e l'unica porta che si è conservata dell'antico Castello; la Chiesa di Sant'Antonio Abate del 1665; la Chiesa Parrocchiale del 1535, dedicata ai santi Filippo e Giacomo che sono rappresentati in due pregevoli pale del pittore . Sempre nella parrocchiale sono da segnalare l'immagine della Mater Misericordiae in Venerazione, posta sopra l'altare maggiore;

Mater Misericordiae in Venerazione Chiesa Parrocchiale S.S. Filippo e Giacomo la Madonna del Rosario attribuita al pittore Pierangelo Basili, morto nel 1603, che si trova sopra il secondo altare laterale alla sinistra di chi entra. Altro quadro da segnalare è quello della Crocifissione e Santi, realizzato dalla mano del pittore Carlo Brozzi, databile nel 1658, che si trova sopra il primo altare sulla destra per chi entra. La Chiesa di Monte Calvario, che domina l'abitato di Scheggia, dedicata alla Madonna Addolorata, dove è presente un pregevole Crocifisso Ligneo del 1500. Nella Chiesa di Isola Fossara, si può ammirare un artistico Fonte Battesimale tutto tondo in pietra rosa, con l'effige degli avellaniti, che si trovava nella Badia di Sitria. La Badia di Sitria, fondata nell'anno 1000 (vistabile con richiesta ai Frati di Fonte Avellana), ha linee romanico-gotiche ed è ad una sola navata con presbiterio elevato, nel mezzo del quale c'è un bell'altare gotico con la mensa sorretta da quattordici colonnine; entrando nella cripta si può notare che tutto il presbiterio poggia su un'unica colonna con capitello corinzio, a lato sinistro della cripta si può ancora visitare la cella dove San Romualdo si fece rinchiudere volontariamente trascorrendovi alcuni mesi di penitenza e digiuno. La Badia di Sant'Emiliano in Congiuntoli lungo la S.S. Arceviese che porta a e poi alle Grotte di Frasassi, fondata nel 1143, è attualmente suddivisa in una parte visitabile pubblica, che è la Chiesa, ed una privata formata dall'edificio monastico e dal campanile. Le chiavi sono reperibili presso gli stessi proprietari. La chiesa è a due navate asimmetriche, con pregevoli monofore, il numero di divisione tra le due navate poggia su elegantissime colonne esagonali. Sopra l'altare maggiore era presente un affresco della Crocifissione, che ora è conservato presso il Museo di . L'Eremo di San Girolamo di Monte Cucco che si trova presso Pascelupo ed è visitabile soltanto da piccoli gruppi maschili e su espressa richiesta agli eremiti che ora lo abitano; si trova sopra l'abitato di Pascelupo ed è composto da un corpo principale più una serie di celle e casupole di eremitaggio che ne rappresentano la parte più antica inglobate nella roccia calcarea che sovrasta il luogo. E' sicuramente uno degli eremi più spettacolari della nostra zona, paragonabile a quelli del Monte Athos o del Tibet. Spostandoci lungo la statale Flaminia in direzione Fano, al kilometro 215, si può ammirare l'opera ardita del Ponte a Botte, detto la Gran Botte d'Italia, la cui altezza di metri 85, rappresentò un vero rinnovamento dell'ingegneria costruttiva; sorge nei pressi della Piaggia dei Bagni, dove si presume fosse ubicato il Tempio di Giove Appennino. E' da segnalare anche la piccola Pieve di Monte Fiume, che si trova ai piedi dell'Orrido della Foce ai piedi del Ponte a Botte.