Distanti ma vicini Laboratorio di scrittura Volume realizzato nell’ambito del progetto organizzato dal Comune di Ravenna Assessorato al Decentramento LAVORI IN COMUNE Una settimana di volontariato per la mia città

Distanti ma vicini Laboratorio di scrittura

Hanno partecipato:

Sara Barattini, Sara Bardella, Sibilla Bissoni, Giulia De Mare, Kiara Hamiti, Dragush Kurti, Filippo Mazzotti, Caterina Mengozzi, Niko Ndoka, Margherita Neri, Ambra Prioretti, Giada Prioretti, Giorgia Rocca, Pavel Scarpellini.

Tutor: Anita Guardigli, Carla Scala Associazione Asja Lacis

Coordinamento a cura degli Operatori e Operatrici Culturali del Territorio

Ravenna, luglio- agosto 2020

2 “Distanti ma vicini”

Questo laboratorio di scrittura creativa e personale, nato per fare di necessità virtù rispetto alle politiche di contrasto al covid-19, si è rivelato in realtà un’ esperienza dai risultati sorprendenti. Come spesso accade in tanti ambiti della vita anche questa volta, nel cercare di reinventarci per dare corpo alla volontà del mantenimento del distanziamento fisico a fronte del mantenimento della vicinanza sociale, abbiamo capito di aver costruito una situazione davvero interessante che meritava di essere documentata.

Le ragazze ed i ragazzi che hanno partecipato hanno avuto la possibilità di esprimersi nella più completa libertà. Ne è uscito uno sguardo sincero, sentito e profondo sul mondo, su temi universali, ma anche sul vissuto, sul presente e sulle sfide quotidiane.

Insomma, basta leggere poche righe per capire che alla tanto inseguita distanza fisica sopravanza una grande partecipazione emotiva. Come nelle più belle storie, questo tentativo dell'Amministrazione Comunale di provare un nuovo modo di avvicinare le ragazze e i ragazzi alla scrittura, all'immaginazione poetica, all'ascolto della voce propria e altrui, restituisce un successo insperato anche se inseguito tenacemente.

Gianandrea Baroncini Assessore al Decentramento Comune di Ravenna

3 Introduzione

Questo volume raccoglie gli scritti che sono stati prodotti durante i laboratori di scrittura “Distanti ma vicini”. Gli autori e le autrici sono ragazzi e ragazze che hanno scelto di trascorrere una settimana delle vacanze estive, sperimentandosi con la scrittura attraverso un laboratorio svoltosi in modalità videoconferenza, a distanza appunto. I partecipanti e le partecipanti sono stati guidati dalle tutor, esperte in scrittura autobiografica, ad esprimere pensieri, emozioni, ricordi, esperienze, che qui restituiamo al piacere della lettura. Diversi sono stati i temi trattati, dai ricordi d’infanzia alle foto di viaggio, passando anche dal vissuto prima e dopo il lockdown dovuto alla pandemia. La situazione anomala vissuta durante la chiusura delle scuole ha cambiato la nostra quotidianità, costringendo tutti all'isolamento. Il gruppo ha potuto dar voce ai cambiamenti vissuti nelle relazioni e nella frequentazione dei luoghi della città che sono venuti a mancare. Il percorso autobiografico dà la possibilità alle esperienze di spaesamento di essere ascoltate per farne memoria e contribuire ad una elaborazione.

4 Ambra Ogni “tic-tac” è un secondo della vita che passa, fugge e non si ripete. E in essa c’è tanta intensità e interesse che il problema è solo saperla vivere. Frida Khalo

Claude Monet, Ninfee, 1914.

Il giardino lacustre

Durante un giorno d’estate, stavo camminando senza meta, con la testa avvolta da pensieri irrealizzabili ma piacevoli. Arrivata ad un lago la mia attenzione venne catturata da bellis- sime ninfee che con delicatezza erano appoggiate su uno specchio d’acqua scuro, senza fine. Loro candide e indifese, la

5 luce del sole riflessa donava un aspetto diverso quasi aureo. Parevano felici di stare a galla, non temevano lo sprofonda- mento nel lago. Guardando meglio mi accorsi di una ninfea sommersa dall’acqua. Stava lottando per la sua sopravvivenza. Non aveva voglia di affogare quindi cercava di resistere. Era una combattente. Aveva deciso di accogliere l’acqua tra i suoi petali, pur sapendo che non sarebbe stata una buona idea. Aveva bisogno di soddisfare l’esigenza della sua più cara ami- ca, perché lei è generosa. Vive grazie all’acqua e si sente sem- pre in debito con lei. Per una volta voleva renderla felice. Però l’acqua si è approfittata della sua generosità e ora voleva por- tarsela con sé nel fondo sassoso di quel lago. Prima di riprendere il mio cammino mi sono soffermata su un’ altra ninfea. Era immatura e non era ancora sbocciata. I suoi petali erano piccoli e sottilissimi. Vicino a lei una ninfea adulta, quasi sfiorita, la supportava e le spiegava come sarebbe diven- tata fra un paio di giorni. I petali sarebbero cresciuti e final- mente alla luce del sole sarebbe fiorita sprigionando un grade- vole profumo. A questo racconto la piccola ninfea si sentiva entusiasta, aveva fretta di diventare grande, non vedeva l’ora che quell’ importante momento arrivasse. Però era anche im- paurita, non voleva abbandonare la spensieratezza dell’adole- scenza. Non voleva abbandonare quei sogni irrealizzabili ma piacevoli che con difficoltà si sarebbero verificati nel futuro.

Evocazioni

Un oggetto molto significativo per me è una pallina di Natale che mi hanno regalato i miei nonni qualche anno fa durante

6 questa festività. Mentre tiravo fuori dalla scatola quella picco- la, fragile pallina che rappresenta un uccellino rosso mi erano tornati in mente dei ricordi della mia infanzia. I Natali passati, mentre facevo l’albero dai miei nonni, ero sempre affascinata da alcune palline bizzarre. Rappresentavano degli uccelli buffi però molto morbidi dato che erano dotati di piume vere. Ogni anno quando le tiravo fuori dalla scatola mi facevo rac- contare la storia di queste da mio nonno. Gliele aveva regalate suo padre quando era un bambino. Lui è molto legato ancora oggi a queste palline e ogni volta che mi racconta quella storia si commuove. Penso che vedendo quanto ci tenessi a quel racconto abbia deciso di regalarmene una. Ho apprezzato molto questo gesto e sono certa che quella pal- lina non potrà mai mancare su un rametto del mio albero di Natale.

Faccio a modo mio quando …

Faccio a modo mio quando le situazioni che mi impongono i miei famigliari o amici mi sembrano non adatte a me. Quando non sono d’accordo con un’opinione e non voglio sottometter- mi a quella solo per fare felice una persona alla quale tengo.

Faccio a modo mio perché sono consapevole del tipo di donna che in futuro vorrei diventare.

Faccio a modo mio e non mi faccio condizionare dagli altri per- ché ho intenzione di costruire il mio futuro basandomi sulle mie scelte e decisioni.

7 Emozione

Non sono una persona che si arrabbia spesso, mi ritengo una ragazza calma e pacata. Cerco di evitare i litigi perché li ritengo futili. L’unico motivo, secondo il mio parere, per il quale è ne- cessario litigare è quando i tuoi amici, famigliari e persone im- portanti per te non ti ascoltano. Se ne fregano della tua opi- nione e dei tuoi consigli. Questo mi fa imbestialire. Ognuno di noi ha un’ opinione diversa su un determinato ar- gomento e credo che tutti debbano avere il diritto di essere ascoltati.

Luoghi importanti della mia città

Savarna è il paese dove . In realtà non ci trascorro molto tempo dato che la scuola e i luoghi che frequento si trovano quasi tutti a Ravenna. Durante il periodo di quarantena però sono stata obbligata a frequentare questo luogo più spesso dato che i miei genitori mi proibivano di raggiungere la grande città. Fortunatamente ho degli amici a Savarna e insieme ab- biamo deciso di dare una possibilità al nostro paesino. Un po- meriggio infatti abbiamo preso le nostre biciclette e abbiamo cominciato a girare per il paese alla ricerca di luoghi speciali nei quali costruire bei ricordi. Il primo luogo è un parco non molto grande, dotato di due al- talene, uno scivolo e un tavolo con delle panchine. Quel luogo è diventato subito speciale. L’abbiamo chiamato “il parco delle storie”. Seduti su quelle panchine ci raccontiamo le novità, le nuove avventure e le giornate della nostra vita che non abbiamo passato insieme. Ridendo, mangiando snack,

8 ascoltando canzoni e ballando come matti, abbiamo reso quel posto unico: un luogo dove ritirarsi nelle giornate noiose per renderle speciali. Il secondo luogo non è un posto dove fermarsi a parlare ma solo una tappa da ammirare. Noi la chiamiamo “la casa dei fe- stini”. Gli è stato assegnato questo nome perché è la tipica casa che si vede nei film americani durante le feste. È una ca- setta non tanto grande, con i muri esterni color mattone. Una grande finestra ti permette, quando le tende sono aperte, di ammirare l’interno. È la nostra casa dei sogni. Ogni volta che facciamo un giro in bici per il paese ci passiamo sempre davan- ti e cominciamo a fantasticare su feste e belle giornate che potrebbero trascorrere al suo interno. L’ultimo luogo, ma non per importanza, è una casetta di legno che si trova sull’argine del fiume. È una di quelle casette che il comune costruisce per far riposare gli atleti esausti dopo aver finito il loro percorso. Noi però non abbiamo mai incontrato nessuno. Andiamo lì solo durante le giornate di pioggia per ri- pararci, scelta non molto intelligente perché per raggiungerla bisogna passare su strade non asfaltate che ricoprono di fango le nostre biciclette. Però è in quei momenti, mentre stai facen- do una pazzia, che ti senti realmente vivo. Quindi ne vale la pena.

Luoghi importanti della mia infanzia

Fortunatamente la mia infanzia l’ho trascorsa con i miei nonni. Durante le estati, mentre i miei genitori erano al lavoro, oltre ad uscire con i miei amici e frequentare il CRE (Centro Ricreati-

9 vo Estivo) ho passato molto tempo con i miei nonni e mi sono divertita un sacco.

Il mare: ho trascorso giornate intere al mare con i miei nonni materni. Mi divertivo un mondo a fare i castelli di sabbia, cat- turare i granchi con il retino, fare i numerosi bagni e mangiare quei deliziosi panini al prosciutto crudo che mia nonna ogni mattina preparava con cura. Finalmente, sulle 10:30, dopo tanta fatica a costruire quei castelli era giunta l’ora del bagno: il momento che preferivo. L’acqua limpidissima e fredda mi fa- ceva scivolare via il calore di quella giornata calda d’estate. Non dimenticherò mai la faccia affaticata ma felice di mio non- no che ci prendeva in braccio per farci fare i tuffi e le sue innu- merevoli risate alla vista delle nostre facce schifate quando per sbaglio toccavamo con un piede un’ alga. Non dimentiche- rò mai anche il sorriso di mia nonna mentre ci guardava prepa- rare le polpette di sabbia che successivamente avrebbe finto di mangiare. Io e mia sorella adoravamo giocare al ristorante. Mi ricordo che ogni mattina mettevamo dentro la borsa del mare i nostri piattini e forchettine di plastica che dopo avrem- mo usato per servire le nostre polpette.

L’orto: un altro luogo dove ho passato numerose ore della mia infanzia è una casetta di legno in campagna circondata da un enorme giardino dove i miei nonni paterni coltivano la frutta e la verdura per tutta la famiglia. Che belle quelle giornate tra- scorse arrampicata all’albero di ciliegio, tra il raccogliere e so- prattutto il mangiare, ascoltando i racconti interessanti sull’infanzia di mio nonno e soprattutto vederlo soddisfatto per il mio lavoro. Un altro bel momento è quando aiutavo mia

10 nonna a cucinare. Con le mani in pasta mentre lei aggiungeva lentamente la farina per fare l’impasto delle tigelle, che suc- cessivamente avrei mangiato con grande gusto, farcite di stracchino, mortadella e prosciutto, intorno a quel tavolo enorme dove sedevano tutte le persone che mi volevano bene.

La canzone simbolo della quarantena

La quarantena, che brutto periodo da ricordare, credo che sia stato l’unico periodo nel quale mi sono sentita realmente sola. Avevo perso il contatto umano con i miei nonni e i miei amici. Odiavo il fatto che non potessi vederli e abbracciali, parlare con loro anche degli argomenti più sciocchi, superflui che fino a quel momento avevo ritenuto normali. Odiavo il fatto che mi fosse stata portata via la mia quotidianità cosa che ritenevo essenziale. In quel momento il mio unico desiderio e bisogno era quello di sentire voci differenti, diverse da quelle dei miei genitori che udivo in ogni momento. Per soddisfare il mio bisogno ho iniziato ad ascoltare musica, musica molto differente da quella che ascoltavo in autobus prima di andare a scuola. Ora la cercavo con voci tranquille, profonde, musica con testi significativi, testi che ti raccontano una storia, che raccontano la verità. Quindi ho lasciato da par- te la mia playlist di musica trap e ho iniziato ad ascoltare musi- ca indi. La canzone che ho scoperto e che si è stampata subito nella mia memoria è “futuro” degli Psicologi. È una canzone molto profonda e mi piace perché è scritta da ragazzi come me. Che

11 provano e hanno provato le mie stesse emozioni e sono riusci- ti, hanno avuto il coraggio di condividerle.

Testo: Prima mi volevi e dopo mi volevi morto Il mio mondo è l'Inferno, se vuoi ti ci porto Qua i ragazzini giocano a Gomorra E i genitori a darsi addosso Ogni sabato sera in piazza seduti per terra Qualche amico è lontano e qualcuno è in una caserma E mi hai lasciato perché starmi vicino ti uccide Conservo il sangue che hanno perso le nostre ferite L'autobus non passa, Roma che è una gabbia Io vorrei parlarti, ma ti vedo distratta Mia madre che ormai non mi guarda più in faccia Mi sdraio sopra un marciapiede e spero sia sabbia All'occupazione della scuola ci sentivamo un po' tutti a casa In fondo siamo un taglio generazionale Siamo fatti d'acqua e adesso tira un temporale E il futuro ci spaventa più di ogni altra cosa E la fine ci spaventa più di ogni altra cosa Il fallimento ci spaventa perché i vincitori Sono gli unici che scriveranno la storia E non mi dire di calmarmi che non è cosa Il problema dei ragazzi non è la droga Non ti aspettare che ti porti una rosa Ti porto il mio cuore a metà ed il mio sangue che cola La televisione non trasmette valori Siamo cresciuti con le botte alle manifestazioni E il mio bagaglio culturale non lo riempie la scuola Ti ho vista all'Orientale che piangevi sola Se ti penso troppo penso al '68 Vestita un po' di niente con fantasmi addosso Vorrei rispecchiarmi in qualche quadro che non conosco Però poi mi conosco E siamo barboni e libellule, però pe' strada

12 Un cane randagio all'incrocio della Magliana Il tempo che in fondo a te non ti ha mai cambiata In giro non ti vedo più, su dimmi dove sei andata E casa tua è un manicomio, mi sembra di essere a casa E se non ti rispondo, non mi fare un'altra chiamata Passavi ore nei treni per un sabato in centro E tu eri un sogno, ma mi sono svegliato sudando freddo E il futuro ci spaventa più di ogni altra cosa E la fine ci spaventa più di ogni altra cosa Il fallimento ci spaventa perché i vincitori Sono gli unici che scriveranno la storia E non mi dire di calmarmi che non è cosa Il problema dei ragazzi non è la droga Non ti aspettare che ti porti una rosa Ti porto il mio cuore a metà ed il mio sangue che cola

Mi sento libera quando…

Mi sento libera quando sono stesa sul mio lettino al mare. Li- bera da qualsiasi pensiero negativo che a volte, durante il gior- no, compare come una goccia di inchiostro nero che imbratta una pagina di quaderno bianca. Mentre sono stesa, ascolto il rumore del vento che con gran potenza sbatte contro l’ombrellone creando una piacevole sinfonia. E mentre guar- do il cielo mi concentro sul calore dei raggi del sole che pene- tra nelle mie ossa e mi fa sentire rilassata.

Mi sento libera quando non ho orari da rispettare. Libera di poter portare a termine le mie commissioni senza aver l’ansia di arrivare in ritardo.

13 Mi sento libera quando prendo il traghetto che mi porta da Marina di Ravenna a Porto Corsini. Mi sento libera perché dopo una camminata faticosa sotto il sole finalmente trovo un attimo di sollievo. Finalmente la brezza marina mi rinfresca il viso e l’odore di mare mi riporta alla mente la stupenda gior- nata che ho passato insieme ai miei amici.

Mi sento oppressa quando…

Mi sento oppressa quando la mia professoressa di inglese non è soddisfatta di me, quando invece di spronarmi e supportar- mi mi guarda delusa e con parole non tanto gentili mi demora- lizza. Quando non dà importanza all’ impegno che ci metto a studiare la sua materia ma dà peso solo ai risultati e a delle piccolezze superficiali.

Mi sento oppressa quando stravolgo la mia quotidianità; quan- do non mantengo l’ordine nella mia vita. Mi sento disorientata e persa. Ho bisogno di avere degli orari, delle commissioni da svolgere tutti i giorni alla stessa ora, se no penso di aver perso tempo.

La canzone che mi fa sentire libera - “Domenica” di Coez

Vorrei fosse domenica Andare in bici senza mani Una risata isterica E sconvolgere i tuoi piani E volare senz'elica Senz'elica con te Vorrei fosse domenica Niente stadio né partite

14 Una coda patetica Su questa statale andare Volare senz'elica Senz'elica io e te È come se fossimo bambini Come se fossimo destini Che si corrono accanto Con le mani nel vento Come fosse domenica con te, con te Vorrei fosse domenica Tu coi piedi sul cruscotto Io il braccio che penzola L'orologio sotto al sole che scotta E ripenso alla mia vita senza te Vorrei fosse domenica E tua madre fosse meno, un po' meno nevrotica E tuo padre oggi bevesse soltanto acqua tonica Io e te a ridere È come se fossimo bambini Come se fossimo destini Che si corrono accanto (che si corrono accanto) Con le mani nel vento (con le mani nel vento) Come fosse domenica con te, con te Vorrei fosse domenica Vorrei fosse domenica E stringi la giornata fra le dita Che tra poco è già finita Così è la vita Così è la vita È come se fossimo bambini Come se fossimo destini Che si corrono accanto (che si corrono accanto) Con le mani nel vento (con le mani nel vento) Come fosse domenica con te, con te Come fosse domenica con te (Che si corrono accanto) con te (Con le mani nel vento)

15 Come fosse domenica con te, con te Come fosse domenica con te (Che si corrono accanto) con te (Con le mani nel vento) Come fosse domenica con te, con te

Lo stupore

Ho cercato la definizione su internet di stupito per capire me- glio quale fosse il suo significato: [dal lat. stupēre] essere pre- so da stupore; meravigliato, sorpreso. Esempio: restò stupito e senza parole.

“Restò stupito e senza parole” questa frase si è immediata- mente stampata nella mente e la definizione mi ha fatto ri- flettere molto. Io vengo in continuazione stupita quando, ad esempio, ammi- ro la natura che mi circonda, il panorama. Ma soprattutto ven- go sorpresa dall’atteggiamento delle persone, sia in positivo che in negativo. Infatti non si può mai prevedere la loro reazio- ne ad una frase detta o da un gesto imprevisto.

Ad esempio la scorsa domenica sono rimasta sbigottita dall’atteggiamento di ragazzi dei quali non conoscevo nemme- no il nome. Ero in centro a Marina di Ravenna, verso le 10:30 e camminavo tranquillamente in compagnia delle mie amiche. Mi ricordo che stavamo parlando e i nostri discorsi spensierati e superficiali sono stati interrotti da fischi inopportuni e fasti- diosi, seguiti da urla. Improvvisamente tra di noi è sceso il si- lenzio e il panico. Io e una mia amica ci siamo scambiate uno sguardo inorridite dal comportamento scortese e maschilista e

16 solo con gli occhi siamo riuscite a comunicare. Nessuna aveva più voglia di parlare. Desideravamo solo allontanarci da quel posto. Quindi con consapevolezza e atteggiamento maturo ab- biamo velocizzato il passo e abbiamo raggiunto un luogo illu- minato e frequentato da persone delle quali non conoscevo il nome, ma in quel momento, ci facevano sentire protette.

L’oggetto importante della mia camera

Finalmente sono tornata a casa dopo una lunga e stancante giornata di scuola. Ho un forte mal di testa perché tanti pen- sieri stanno circolando nella mia mente. Vorrei fermare tutto per un secondo, quindi decido di appoggiare lo zaino pesante e colmo di libri vicino alla scrivania e senza pensarci una volta, mi butto sul letto. Chiudo gli occhi per un secondo e finalmen- te tutte le ansie e le preoccupazione scompaiono. Finalmente sono tranquilla e ho ricuperato la calma che avevo perso due ore prima durante l’interrogazione di storia. Riapro gli occhi e comincio ad analizzare, lentamente ogni sin- golo oggetto contenuto nella mia stanza. Il mio sguardo si sof- ferma sull’oggetto che uso più spesso: la mia piastra. Ogni mattina, prima di andare a scuola sento il bisogno di li- sciarmi i capelli. I miei, mossi naturali, sono ingestibili e terribi- li. Mi ritorna alla mente l’odore dolciastro del prodotto che ap- plico sui capelli per evitare di bruciarli e il mio viso soddisfatto quando ho terminato il lavoro. Grazie alla piastra riesco a sen- tirmi più a mio agio intorno ai miei amici; mi sento meno in di- sordine e più curata. Ormai nessuno ci fa più caso. Si sono abi- tuati a vedermi liscia e questo per me è un bene.

17 Il campo di papaveri

Mauro Bosi Ph

Mi piacerebbe un sacco rivivere quella speciale giornata estiva passata in mezzo ai campi con mia madre. Il sole stava per tra- montare, la temperatura si era abbassata e le zanzare erano quasi scomparse del tutto quando decidemmo di andare a fare una camminata in mezzo ai campi. Ricordo le spighe di grano che emettevano un piacevole fruscio quando erano accarezza- te dal vento e i papaveri rossi, che spuntando inaspettatamen- te dall’erbacce, abbellivano gli argini dei canali. Mia mamma mi insegnò un banale gioco, per evitare che mi annoiassi, con i boccioli non ancora sbocciati dei papaveri. Gioco che a quel tempo, tenendo conto della mia giovanissima età, trovavo af- fascinante. Il gioco consisteva nell’indovinare di che colore sa- rebbe stato il papavero all’interno del bocciolo verde. Quante

18 risate e quante volte ripetei quella sciocca frase che accompa- gnava l’indovinello “vino bianco o vino rosso?”.

Le mie piccole manie

Io non sopporto il disordine. Vedere gli oggetti appoggiati non al loro posto usuale mi dà fastidio. Sento il bisogno subito di sistemarli. Trovo che una stanza in disordine, oltre ad essere brutta da vedere, sia anche più dispersiva.

La colazione, il pranzo e la cena per me sono momenti molto importanti e per questo devono essere preparati con cura. Non tollero quando per la fretta la tavola non è bene apparec- chiata e quando la cucina è in disordine. Infatti prima di seder- mi a mangiare faccio sempre la lavastoviglie per fare scompa- rire le pentole sporche che si trovano in disordine nel lavello. Trovo che sia un momento speciale durante il quale potersi ri- lassare e raccontare finalmente alla famiglia come è andata la giornata.

I miei valori

Essere onesta e non mentire Aiutare un amico quando ha bisogno Non tradire la fiducia delle persone a cui tengo Essere fedele

19 I luoghi della mia vita

Chiusa nella mia stanza, sono circondata da un silenzio assor- to. Stesa sul letto, annoiata, aspetto con ansia l’arrivo del po- meriggio seguente; stanca di fissare l’orologio attaccato sulla prete bianca, decido di accendere il telefono e di riguardare accuratamente le foto scattate a paesaggi, luoghi speciali, per riportare alla mente i bei ricordi legati a quelli. La prima foto cattura il soggiorno dei miei nonni, un luogo dove mi sento al sicuro e dove mi sento realmente desiderata. Al centro dell’immagine compare un tavolo di legno apparec- chiato con cura. Nel quale, in precedenza, mia nonna ha pre- parato con maestria l’impasto soffice e elastico della pizza. Ora questa si trova nel forno. Un forno antiquato ma ancora adat- to ad adempiere al suo compito. La mia famiglia seduta su se- die semplici ma molto comode comincia ad avvertire l’odore dolce e gustoso della pizza ormai cotta. La seconda foto sulla quale mi soffermo cattura il luogo nel quale mi reco quando sono stanca di tutto e di tutti. Un luogo dove è semplice ritrovare la calma, dove è semplice ritrovare me stessa. Un luogo dove poter riflettere sul futuro e ricordare il passato. Stesa su quella panchina usurata dalla pioggia, con lo zaino sotto la testa che funge da cuscino ammiro il cielo, ascolto il vento e mi rilasso protetta dal sole. Circondata da al- beri che mi nascondono posso essere finalmente me stessa senza dover fingere per paura di deludere le aspettative che hanno inventato le persone alle quali tengo.

20 La parola che rappresenta per me la quarantena - Imprigio- namento

Durante la quarantena la mia casa era diventata una vera e propria prigione. Mi sentivo rinchiusa dentro le spesse mura delle camere, nelle quali trascorrevo tutte le mie giornate. Mi immaginavo le finestre e le porte sbarrate da spesse griglie di ferro, impenetrabili e pesantissime. Però il pensiero che mi ha fatto andare avanti è stato che finita la mia prigionia final- mente sarei uscita e avrei visto il mondo, fuori da quelle mura, in modo molto diverso; come se lo rivedessi per la prima volta.

Il laboratorio lavori in comune

Quest’anno ringrazio molto il Comune di Ravenna perché, no- nostante l’emergenza del covid-19, è riuscito ha portare avanti il bellissimo progetto “Lavori in Comune”. Questa decisione mi ha fatto capire che possiamo farcela; mi ha fatto capire che in- sieme, con la nostra forza di volontà e le necessarie precauzio- ni possiamo sconfiggere il virus. L’attività che ho scelto mi è piaciuta molto. È stato gradevole poter scrivere di se stessi senza paura di essere giudicati per il proprio modo di scrivere. È stato anche piacevole condividere le proprie emozioni e il modo di vedere il mondo con gli altri compagni. Il laboratorio mi ha anche aiutato a ritrovare il rap- porto umano che avevo perso durante il lockdown.

21 Filippo L’unica vera saggezza è sapere di non sapere nulla. Socrate

Claude Monet, Un viale del giardino di Monet, 1901\2.

Il giardino antico

Il giardino antico è sempre un luogo in cui rilassarsi senza pau- ra che qualche persona venga a disturbarti, in questo periodo soprattutto questo tipo di giardino si trova raramente. Quando entri dal cancello vedi tutte le piante curate ben di- stribuite e piantate secondo un certo modo, dopo cinque mi- nuti capisci che lì in quel luogo, puoi spassartela senza alcun problema, senza alcun pensiero.

22 Quando io penso a un giardino io penso subito a questo, nel giardino antico si possono trovare molte specie di fiori dietro ai quali si trova, o si dovrebbe trovare, una villa molto antica ma ben tenuta, il giardino serve a questo. Dare alla casa un tocco di colore grazie al quale si può ammira- re la casa tutto d’un fiato, ad esempio nella foto si può ammi- rare una grande strada, in essa ai lati sono stati inseriti molti fiori ognuno del proprio colore. In alto c’è una pianta rampicante utile soprattutto per nascon- dere la casa, infatti non è molto alta, si vede solo l’ingresso. Queste case per me sono fatte per rilassarsi, anche per andare in vacanza, spassarsela con gli amici o altro. Io penso che queste case siano meravigliose e che un giorno possa averne una anch’io.

Evocazioni

Il mio primo windsurf è speciale per me perché con esso mi sono divertito, me la sono spassata, riuscendo anche a rom- perlo. Di lì nasce una vera passione che neanche io sapevo di avere anche se riuscivo a sentire grazie ai miei amici e a mio padre che viene con me, e anche grazie a mia madre. Ogni volta che cado mia madre mi fa le foto. Da quando ho preso quella tavo- la con quella vela io mi sento bene, libero senza stress di tor- no. Con esso ho battuto tutti i miei amici, tranne mio babbo che ogni volta che vado più forte di lui diventa invidioso e ten- ta di prendere la mia mia roba dicendo che vuole provare an- che se non ci riesce. Tutte le volte che vado o torno da questo divertimento io mi sento come un riccone con la Ferrari dato

23 che tutte le persone che passano per la spiaggia si fermano a guardarmi o a scattarmi una foto.

Un’emozione

Un ricordo di un’emozione forte potrebbe essere quando l’anno scorso ma anche la prossima settimana vado in monta- gna. Lì provo una grande euforia perché faccio fare un po’ di fatica ai miei genitori soprattutto in salita, ma anche perché dal mio appartamento si vede un paesaggio che lascia senza parole. Tutti gli anni cambia sempre qualcosa, in ambito cicli- stico ma anche turistico, andare in montagna è sempre una sorpresa. Dopo la montagna di solito vado al Lago di Garda, quando lo vedo dalla strada sono felicissimo, non vedo l’ora di andarci.

Luoghi dell’infanzia

Asilo/scuola Quando andavo a scuola pensavo sempre alla ricreazione e alla prof che ci faceva fare 30 minuti di giardino per conto no- stro, anche se poi durava anche un’ora. La scuola era molto grande, si trova in via Faentina, era “La Torre”, mi portava mia mamma ogni giorno. Parco giochi Quando ci andavo con gli amici mi divertivo molto, giocavo tutto il tempo senza pause, l’unica pausa era per mangiare o fare merenda. Non c’era un luogo preciso, a volte andavo al fagiolo, altre invece in altri giardini, ci andavo soprattutto in bici.

24 Piazza del Popolo In Piazza del Popolo ci andavo soprattutto con amici e genitori per farci un giro e per vedere anche se c’erano novità o no. La Piazza del Popolo è un luogo in cui tutti si possono incontra- re, infatti ogni volta che dovevo andare a cena con degli amici dei miei genitori ci ritrovavamo sempre lì. Io ci andavo in bici in piazza, è un luogo molto grande, pieno di vita. Una giornata che ero in giro per farmi una passeggiata ho no- tato che c’era una via nascosta tra due case, ci sono entrato e ho scoperto una parte vecchia della città, un luogo che non pensavo esistesse, si trova vicino casa mia ed è un giardino.

Testo Le Canzoni di Jovanotti Sorridendo ti verrà da piangere A pensare a quante volte nei momenti d’oro Stavi pensando ad altro in un altro luogo con un altro tempo proprio ora che ti sto guardando dentro a questo angolo di questo mondo dove le canzoni sono spiriti come da ragazzi siamo stupidi e ci piacciono le cose sbagliate che poi forse sono quelle giuste

Mi sento libero

Mi sento libero quando pratico windsurf in mezzo al mare, lì mi trovo in un silenzio assoluto che solo io posso rompere, alla velocità di una scheggia. Mi sento libero quando sono sulla vetta di una montagna ad ammirare il paesaggio magnifico di montagna che mi fa sentire quanto essa mi mancasse.

25 Mi sento libero quando vado in bici in mezzo alle campagne. Ogni volta trovo qualche nuovo ciclista che tenta la strada, lo saluto e subito ho un nuovo amico con cui andare in giro.

Un oggetto speciale

Un oggetto per me speciale è un surf appeso al muro con at- taccati degli adesivi degli anni ‘70. Ogni volta che lo guardo mi fa pensare alle onde che sbattono sulla battigia. Quando penso a questa immagine penso anche, dopo cinque minuti, ai miei amici che praticano surf con me, ai quali io per- sonalmente ho insegnato, difatti quest’anno l’istruttore vuole prendermi come insegnante. Questo surf ogni giorno mi dà una sensazione come di essere al mare pronto per divertirmi. È una tavola blu, più o meno delle grandezze reali di un surf, l’unica differenza è che questo porta dei ricordi con sé.

Una foto evocativa

Mauro Bosi Ph

26 Io ho scelto la foto delle due case di campagna perché mi ri- corda la storia dei nostri bisnonni che hanno fatto la guerra; queste case distrutte donano pace e tranquillità, ma anche si- curezza. In queste case completamente avvolte dalla natura si percepi- sce anche la tradizione di allora, una tradizione quasi scompar- sa a causa della tecnologia ma è anche grazie ad essa che si può ricordare. Queste abitazioni sono completamente desolate, lontane da tutto, ma è questo il bello di queste case.

Mi sento oppresso

Un momento in cui mi sento oppresso è quando i miei genitori non mi ascoltano. Quando devo dire qualcosa i miei non mi ascoltano e fanno di testa loro, soprattutto nell’ambito del surf ed in quello informatico. Un altro momento potrebbe essere quando non posso uscire di casa soprattutto in questo periodo, che ho voglia di stancar- mi e sfogarmi, che ho molta voglia di andare in bici, continua- mente senza sosta. Mi sento oppresso quando la prof di disegno mi dice che non sono capace e a me viene rabbia. L’ultimo momento, ma non meno importante, è quando sono al mare ma non posso andare in spiaggia perché la sera devo andare a cena con gli amici dei miei genitori.

27 Piccole manie

Una mia piccola mania è spingere i miei genitori a fare qualco- sa che non hanno voglia di fare, ad esempio andare in bici: far- si le biciclettate è una cosa che a me piace tantissimo e loro non ne hanno voglia. Un’altra piccola mania è quella di smontare le cose: io voglio vedere come sono fatte per poi provare a costruirmene una per conto mio, esempio computer. L’ultima mania, anche se non è proprio una mania, è quella di leggere o ascoltare tutti i messaggi che mi arrivano, ma inten- do proprio tutti perché così mi sembra di essere sempre nel contesto di cui stanno parlando.

Considero valore

Considero valore ogni cosa che esiste nel mondo, ogni forma di vita, cose, oggetti. Considero valore un oggetto che possiedo da molto tempo, sperando che valga qualcosa. Considero valore la natura, la natura in generale, quella che porta avanti la vita nel mondo, quella che ci incuriosisce di più, quella che ci fanno studiare, vedere in TV. Considero valore il vento che porta avanti le vele.

7 luoghi

Un luogo sicuro protettivo per me è il mio studio, dove lavoro tutti i giorni seduto sulla mio poltrona pronto a partire verso lo spazio.

28 Un luogo che mi spaventa è passare sotto un ponte, mi viene sempre in mente che in qualunque momento possa cadere so- pra di me. Un luogo lontano per me è l’appartamento al mare, quando sono in quella casa mi sento lontano da ogni stress, non è una casa grande ma è un luogo molto ospitale. Un luogo immaginario sarebbe un’isola in mezzo al mare, mol- to grande, in cui ci sono solo io, i miei genitori, e i miei amici se voglio, ci deve sempre essere vento ma non troppo piste cicla- bili all’ombra. Un altro luogo può essere la casa in montagna, è un luogo na- scosto perché è coperto interamente dalle case accanto, esso è anche un luogo della scoperta perché ogni volta che faccio una passeggiata scopro sempre qualcosa di nuovo che non avevo mai visto prima.

Faccio a modo mio

Faccio a modo mio quando devo giocare con i miei amici dal telefono o da PC, più in specifico quando devo stare in squa- dra con qualcuno e devo capire la tattica degli altri, in questo caso parto da solo e faccio tutto da solo. Infatti, a me piacciono molto gli sport in cui sei tu che decidi cosa fare dove e quando farlo. Ho praticato pallanuoto per due anni ma non mi è piaciuto sin dall’inizio perché dovevo fare sempre quello che dice l’allenatore, invece nel windsurf e nella bici l’allenatore non c’è e spetta a te decidere cosa fare. In queste discipline sono molto bravo infatti.

29 Persone

Noi tutti siamo delle persone, buone o cattive che sia, però du- rante questo periodo nel quale dovevamo stare tutti a casa, certe persone uscivano lo stesso portando il virus per tutto il mondo, creando una pandemia che ancora si sta verificando. Le persone devono rispettare le regole come tutti fanno, non infischiandosene e fare quello che pare loro, non mi sembra giusto. Adesso in Italia i casi sono scesi drasticamente e tutte le attivi- tà stanno riaprendo e noi possiamo uscire, con la mascherina ma possiamo. Speriamo che finisca tutto al più presto e che torni tutto alla normalità. L’unico lato positivo di questa qua- rantena sono i rulli per la bici, che ho usato disperatamente.

Una vacanza in montagna

Queste vacanze per me sono molto belle, più che impegnative sono rilassanti per me, sento come se le montagne mi dicesse- ro di non fare niente. Questa foto rappresenta Mazzin di Fassa. In mezzo a quelle case, alberghi e chiese si trova il mio appartamento, dietro ad esso si trovano ovviamente delle montagne che però hanno una forma particolare. Quella centrale ha la stessa forma del monte di San Marino cioè liscia da una parte e scoscesa dall’altra. In questa località tutti ci conosciamo, ma è facilissi- mo perdersi in questo paesino. Esso è unito da una sola strada che le congiunge tutte. Ho scelto questa foto perché mi ricor- da tantissimo le tradizioni e tutti i bei momenti che ci ho pas- sato. In questo momento in montagna ci sono 12 gradi e guar-

30 dando questa foto mi fa sentire quel freddo che ti fa stare bene.

Io ero, io sono, io sarò

Io ero un bambino molto timido, pieno di sogni da esaudire, si- lenzioso e non parlavo mai. Adesso sono un po' più aperto, mi esprimo forse bene e ho talmente tanti amici che quando mi chiamano, mi chiamano in mille. Da adulto spero di essere migliore ma lo stesso con molti ami- ci, vorrei diventare ingegnere informatico, lavorare alla Sam- sung ed avere la bici dei miei sogni, speriamo bene. Un’altra cosa è che da quando ero bambino ad adesso sono cambiato molto, ora dico molte più cazzate ma per fortuna me ne accorgo e la maggior parte delle volte me le tengo per me, soprattutto a scuola.

31 Il laboratorio di Lavori in Comune

Questo progetto mi è piaciuto molto, mi ha fatto scrivere cose che a scuola non avrei mai scritto. Per me è innovativo perché gli anni scorsi ho fatto dei progetti completamente diversi da questo, più manuali. Quest’anno invece sono riuscito intanto a migliorarmi nello scrivere, poi a conoscere nuove persone, le loro paure, manie, luoghi preferiti, ecc. Per me è stato molto divertente ed entusiasmante scrivere su questi argomenti e leggerli ad alta voce a tutti. Scrivere dei miei ricordi, ad esempio, mi ha fatto ritornare a quando ero piccolo, ai ricordi d’infanzia. Questo progetto “Lavori in Comune” non l’ho scelto per i cre- diti ma per poter usare il mio tempo che se no avrei impiegato per giocare tutta la mattina.

32 Giada Siamo fatti della materia di cui son fatti i sogni; e nello spazio e nel tempo d’un sogno è racchiusa la nostra breve vita. William Shakespeare

Il giardino labirinto

Gian Carlo Calma, Il labirinto della vita.

Sono qui, solo, immerso tra i miei pensieri. Seduto sopra una panchina sulla cima di una collinetta osservo dall’alto il geo-

33 metrico paesaggio che mi circonda ed immagino di essere un viandante che si avventura tra quelle vie intrecciate. Perso sono, perso tra le mie riflessioni, preoccupazioni e insicurezze sul futuro imminente. Vago senza sapere dove vado cercando solamente una via d’uscita da questo mio stato di disorienta- mento e paura. I muri del labirinto, ammassi di foglie legate tra loro da secchi rami, mi deviano la strada che cerco di percorrere e mi ingan- nano, facendomi prendere vie secondarie, che allungano il mio percorso, e provocandomi un senso di inquietudine e agi- tazione. Improvvisamente tra quel fogliame perfettamente disposto noto una persona che come me è persa nell’immensità e nella maestosità della natura e dei suoi pensieri. Essa come un lam- po di luce lunare che aiuta i viaggiatori persi nel buio della notte mi conforta e mi ricorda che non sono solo. Infatti tutti hanno la loro uscita da trovare e un labirinto da percorrere. La vita è così, piena di insidie, insicurezze e prove che però vanno vissute e superate, non arrendendosi e disperandosi davanti alla prima difficoltà. La propria strada va trovata e percorsa ognuno con i propri tempi e le proprie capacità perché sola- mente in questo modo si può raggiungere la felicità, l’appaga- mento e l’orgoglio per se stessi.

Evocazioni

Ero sdraiata sulla sabbia calda in riva al mare, sotto un’ombrel- lone a righe bianche e blu. Il rumore delle onde che sbatteva- no sulla battigia violentemente mi riportavano alla mente la mia infanzia specialmente quando passavo interi giorni a co-

34 struire castelli di sabbia. I gabbiani che volavano liberi nel cielo creavano danze incantevoli e il vento fresco che mi accarezza- va il viso alleviava il caldo afoso di quella giornata d’agosto. Leggevo un libro d’avventura e ad ogni pagina che finivo mi addentravo sempre di più nella trama intrigata e piena di im- previsti scritta accuratamente dall’autore. Ero rilassata, felice e in uno stato di pace che nessuno avrebbe potuto disturbare.

Stupore

Lo stupore è un’emozione che provo di frequente. Non ci vuo- le tanto a stupirmi, tutto ciò che non è ordinario ma particola- re e bizzarro mi fa provare questa sensazione. Ho imparato ad essere sorpresa sopratutto dopo quel periodo lunghissimo di quarantena. La prima volta che sono uscita tutto mi sembrava diverso, nuovo, cambiato. Grazie alla reclusione tra i muri di casa mia, adesso apprezzo e noto meravigliosi doni che la na- tura e l’uomo ci fornisce e che prima trovavo scontati o per- fino non consideravo. Girando per le vie di Ravenna murales che rappresentano figure non del tutto comprensibili e scritte dalle calligrafie ricercate mi fanno provare stupore e curiosità. Quando ne incontro uno per strada senza esitare mi fermo ad osservarlo e cerco di comprendere ciò che l’artista voleva co- municare e rappresentare tramite l’uso coscienzioso delle bombolette spray.

Un oggetto

Tutti gli oggetti che mi circondano sono importanti per me in quanto mi riportano alla mente le più svariate esperienze,

35 emozioni e stati d’animo. In particolare però sono legata alla collana che indosso. Essa è semplice, un lungo filo color noc- ciola con un ciondolo argentato a forma di stella. Mi è stata re- galata per il mio quindicesimo compleanno e da quel giorno la indosso ad ogni occasione importante in modo che poi, riguar- dandola, mi ricorda tutto ciò che ho visto e provato. Ad esem- pio se la rigiro tra le mani mi torna alla mente una festa, dove c’erano tutti i miei amici più cari. In quell’occasione mi sono divertita a ridere, parlare e immaginare il mio futuro in com- pagnia.

Una canzone che ascoltavo quando eravamo in quarantena

La canzone che mi ricorda il lockdown è “Fiori di Chernobyl”. Durante quei giorni vuoti, dove non potevo uscire, vedere nes- suno di diverso dai miei genitori e mia sorella, ascoltavo all’infinito questa canzone che a mio parere rifletteva peculiar- mente le mie emozioni e i miei stati d’animo. La mia parte pre- ferita e quella che trovavo più significativa è la seguente “Por- tami in alto come gli aeroplani saltiamo insieme, vieni con me. Anche se ci hanno spezzato le ali cammineremo sopra queste nuvole. Passeranno questi temporali anche se sarà difficile. Sarà un giorno migliore domani.” Ascoltando questa canzone mi immaginavo di essere in posti per me cari e importanti. A volte perfino mi sono commossa e questo ha fatto riflettere e notare quanto le parole e il messaggio da esse espresso possa essere potente, efficace e profondo.

Una canzone che mi fa sentire libera - Spigoli di Carl Brave, Mara Sattei e the Supreme Ricordi, eri leggera, una libellula sotto la cera

36 Ti ho persa ed era palese Eri gocce di pioggia dentro una bufera Siamo la scia di una stella cometa Come una droga, ma solo l'ascesa Una forchetta che infilza la presa Ti tengo la mano, tu molli la presa Sogno che mori e t'allungo alla vita Più ti vorrei fuori più resti decisa A tornare di nuovo ma sei fuori moda Non pijo la -, ché ci vai arrota Borderline, allungo il gin col lime E anche uno sputo di Sprite Chi nasce tondo può avere gli spigoli Ti ho abbracciata e so' pieno di lividi E siamo soli a parte il cane A parte il quadro, quello orrendo, di tua madre La camicia sa di fumo, di catrame Siamo attaccati ma mi manchi come il pane Non sopporto te, ehi Quando metto a posto me Spigoli, mi incastro ancora Nella testa ancora Pensa un po' al perché Non sopporto te, ehi Quando metto a posto me Spigoli, mi incastro ancora Nella testa ancora Pensa un po' al perché Guardo il giorno, controluce Specchi appesi, facce stufe Vetri scuri, stelle chiare Luci accese, magnitudine Di sette giorni, ne ho già persi quattro Per accontentarmi di ogni mia abitudine Poi penso al mondo, come ritagliarlo Non lasciare i bordi sulle cose stupide La testa mia in galleria, passa

37 Ed è sempre pura follia C'ho nodi in gola di mio e basta Ma sembra una sartoria Gli stessi spigoli in cui io sbatto Dentro la mente un fare distratto Sotto la giacca il mio cuore infranto Vicino all'anima mia Gli stessi spigoli in cui io sbatto Dentro la mente un fare distratto Sotto la giacca il mio cuore infranto Vicino all'anima mia Se sto con ho, senza mi accorgo Di star bene senza tutta 'sta merda intorno Brotha, chiama ganja se l'acqua sfora sopra il bordo Se rispondo, oh-oh-oh Non mi espongo, oh-oh-oh Strilliamo ooh, ehi Un clacson nelle mie orecchie Come si sente il torto, oh, eh E wow, wow, wow, uh-uh Ultimamente stavo giù Per sapere cosa fare chiedo solamente alla mia moon Non sopporto te Quando metto a posto me Spigoli, mi incastro ancora Nella testa ancora Pensa un po' al perché Non sopporto te, ehi Quando metto a posto me Spigoli, mi incastro ancora Nella testa ancora Pensa un po' al perché Non sopporto te, ehi Quando metto a posto me Spigoli, mi incastro ancora Nella testa ancora Pensa un po' al perché

38 Spigoli, sì, spigoli mi (Sto correndo, sto correndo) Cambiano i connotati (spigoli dividono) Spigoli, sì, spigoli mi (sto correndo, sto correndo) Cambiano i connotati (spigoli mi levano te) Non sopporto te, ehi Quando metto a posto me Spigoli, mi incastro ancora Nella testa ancora Pensa un po' al perché Non sopporto te, ehi Quando metto a posto me Spigoli, mi incastro ancora Nella testa ancora Pensa un po' al perché

Mi sento libera quando...

Mi sento libera quando sono immersa nella natura, soprattut- to durante quelle intere giornate passate a camminare per bo- schi, sentieri intriganti e pinete dal fresco profumo tra il canto armonico degli uccelli e le risate dei miei compagni di avventu- re. Mi sento libera quando stesa sul letto ascolto musica dal ritmo delicato ma ritmato. Grazie a quella melodia mi perdo a pen- sare e a fantasticare sul mio futuro, viaggiando con la mente in luoghi sperduti, spiagge tropicali e città ricche di vita e movi- mento. Mi sento libera quando le onde alte del mare si scontrano con il mio corpo, rinfrescandomi e donandomi un senso di sollievo dai raggi violenti di una calda giornata d’estate.

39 Un oggetto nella mia stanza

Tutto ciò che è accuratamente disposto sulla mia scrivania ha un significato importante per me in quanto mi riporta alla mente vivaci e piacevoli ricordi. Ma l’oggetto che mi fa sorri- dere mentre lo osservo e analizzo è una bottiglietta ormai vuo- ta di profumo. Essa di per sé non mi stimola nessun ricordo ma quando con un movimento veloce le tolgo il tappo di vetro cri- stallino e mi spruzzo sui polsi quelle poche gocce rimaste di quell’essenza dolce ma speziata mi tornano alla mente una va- langa di ricordi che ho associato a quell’odore a me tanto gra- dito. Le mattine stancanti ma produttive a scuola, i pomeriggi passati a studiare in compagnia degli amici, le serate in risto- ranti e locali affollati, i momenti in cui volevo solo sentirmi più attraente e femminile. Quanto una fragranza, un odore, un suono, un gusto può farti ricordare. È incredibile come la men- te associ esperienze, avventure ed emozioni a tutto ciò che ci circonda. Essa capta, rielabora, collega ciò che viviamo e dopo aver fatto queste operazioni con cura e diligenza chiude ciò che ha creato in un cassetto del suo ampio deposito come un’immensa biblioteca ricolma di libri.

Il campo di grano

Molte volte mi sono lamentata del fatto che vivo in campagna, ho sempre pensato fosse più comodo e piacevole abitare a Ra- venna fra negozi, ristoranti, monumenti e strade trafficate. Ma, nel momento finale del lockdown ho saputo apprezzare la natura che mi circondava facendo camminate o andando in bi- cicletta sola o in compagnia. Il vento tra i capelli, i raggi del

40 sole che sfiorano delicatamente la pelle, il rumore delle ruote delle biciclette sulle strade sterrate, le spighe dorate di grano che smosse da un leggera corrente si muovono velocemente come il mare in burrasca che inghiottisce per mezzo delle onde, infuriate, il sole ormai rosso pronto a tramontare mi hanno fatto cambiare parzialmente idea e adesso gradisco vi- vere isolata tra i campi e gli alberi da frutto.

Mi sento oppressa quando...

Mi sento oppressa quando mi vengono posti dei limiti, non mi viene concesso di uscire, mi viene vietato di vivere nuove esperienze e di provare nuove emozioni. Questa sensazione me la fanno provare i miei genitori che giustamente svolgono il loro ruolo, imponendo la loro autorità per farmi crescere correttamente, con valori e rispetto. Questo ha fatto riflettere e notare quanto le parole e il messaggio da loro espresso può essere potente, efficace e profondo.

Le mie piccole manie

La tavola deve essere perfettamente apparecchiata. Odio il di- sordine, soprattutto quando si parla di bicchieri cristallini, piatti di bianca ceramica, posate leggere d’acciaio e tovaglie dalle decorazioni romagnole. Secondo me i pasti sono mo- menti di condivisione e rilassamento in quando durante questi ci si può staccare dai pensieri, preoccupazioni, ansie lavorative godendosi in compagnia piatti gustosi accuratamente prepara- ti. Per questo tutto deve essere disposto ordinatamente, servi- to seguendo un ordine preciso e gustato con piacere e disin-

41 voltura in modo da godersi ed assaporare completamente il banchetto preparato. Non esco senza essermi preparata con cura. Doccia, piastra, mascara, vestiti stirati, profumo; queste sono le cose che devo fare prima di una serata con gli amici, un pomeriggio al mare o una cena in famiglia. Questa accurata preparazione non la fac- cio per gli altri ma solamente per me stessa perché così mi sento più sicura e mi godo l’uscita divertendomi, ridendo e non pensando a come sono esteriormente.

I miei valori

Considero valore l’amore per il prossimo, il rispetto per chi ci circonda e per la natura, l’onestà, l’umiltà e riconoscere i pro- pri sbagli, correggendoli, diventando così una persona miglio- re.

42 43 44 I luoghi emotivi

I luoghi possono essere diversi, vari, disparati, sia dal punto di vista visivo che da quello sentimentale. Un luogo può farti sen- tire protetto, al sicuro, accettato; un altro farti sentire strano, spaventato e un altro ancora in pace ed in armonia. Queste percezioni dipendono solamente da noi, dalle emozioni, paure e stati d’animo che colleghiamo ad un determinato luogo. Un luogo che da piccola consideravo sicuro erano le braccia di mia madre che con delicatezza mi avvolgevano in un caloroso abbraccio. Mi ricordo che quel gesto anche se di per sé banale ed abituale mi rassicurava e mi dava forza per affrontare sfide personali, paure ed insicurezze. Al contrario un luogo che mi spaventava era la mia casa, quan- do la notte calava, l’oscurità aumentava e i raggi lunari entra- vano faticosamente dalla finestra quasi serrata formando, scontrandosi con i mobili, ombre simili a figure mostruose. In quel momento la paura dentro di me accresceva e solamente sotto le soffici e colorate coperte del mio letto trovavo ristoro, pace e tranquillità da quel sentimento che mi faceva tremare come una foglia, ancora per poco attaccata all’albero nativo, in una giornata ventosa d’autunno. La casa dei miei nonni invece mi ha sempre trasmesso ospitali- tà. Gli oggetti d’antiquariato che aumentano giornalmente, il forno sempre acceso che sforna deliziose torte e focacce, ll gi- radischi che fa risuonare in quelle piccole stanze canzoni dalla melodia antica, il televisore che riproduce all’infinito i soliti film western tutto questo insieme al sorriso dei miei nonni e

45 alle parole romagnole di cui non sempre comprendo il signifi- cato mi fanno sentire ben voluta, richiesta e accolta.

Il luogo lontano

Il luogo in cui vivrò sarà lontano, distante, diverso dalla città, dalla regione, dal paese in cui sono nata e crescita. l’Italia è bellissima per le sue tradizioni, città, patrimoni ma penso sia li- mitante dal punto di vista lavorativo e per le ambizioni e sogni che spero si avverino nel mio futuro.

Il luogo immaginario

Molto spesso stesa sul letto mi perdo a viaggiare in posti deso- lati, meravigliosi, immaginari. Luoghi abilmente descritti da au- tori, luoghi ripresi da videocamere, luoghi catturati e poi resi fotografie, luoghi che probabilmente non visiterò mai. Eppure anche se consapevole di stare solo immaginando vivo nuove avventure, viaggi e scoperte, girando come fossi un regista film dalla trama intrecciata, complessa e insolita.

Il luogo nascosto

Dopo una lunghissima e faticosa camminata finalmente arri- viamo. Ne è valsa la pena. Il paesaggio è magnifico e anche se siamo stanche e doloranti ne apprezziamo ugualmente la ma- gnificenza. Ci sediamo sotto una casetta ricavata da assi lavo- rate in legno e finalmente ci fermiamo ad osservare il tramon- to che è ormai incombente. L’argine del fiume è ricoperto da

46 uno strato di erba secca, bruciata dal sole cocente di fine giu- gno, l’acqua è scura, fangosa, il fondale sassoso. Il vero spetta- colo però è il cielo colorato, armonico, spettacolare. I suoi co- lori anche se sfumati si distinguono notevolmente e sembrano quasi abilmente dipinti da un pittore astrattista che con veloci e irregolari pennellate trasforma una tela bianca in un’opera d’arte. Questo è il nostro luogo nascosto, sicuro, protetto. Quanti tramonti abbiamo visto, quanti tramonti ancora vedre- mo e quante risate e racconti condivideremo in questo posto a noi così caro e che ricorderemo come il luogo della nostra adolescenza.

Faccio a modo mio

Faccio a modo mio quando sono me stessa, quando sto con persone che non mi giudicano, quando non mi interessa il pa- rere degli altri e quando sono sicura di riuscire nell’intento. Faccio a modo mio quando non vengo ascoltata, aiutata o compresa. Faccio a modo mio quando voglio sentirmi più responsabile e autonoma.

Le parole del lockdown

Malinconia, solitudine, angoscia, caos: sono queste le parole che riassumono il mio lunghissimo periodo di quarantena cau- sato dal COVID-19. Ciò che mi fa sentire viva, allegra, radiosa è il rapporto con gli altri e proprio questo mi è stato tolto duran- te il lockdown. In quei giorni bui, tristi, depressi l’unica cosa che mi allietava era vedere i volti dei miei compagni di classe,

47 anche loro sconvolti dall’assurda esperienza che mai avremmo pensato di vivere. Lo studio mi ha salvato da quel vortice di pensieri negativi, paure, angosce che i telegiornali, i social e la mia mente creavano e condividevano. Penso di non essermi mai analizzata così nel profondo, in quelle serate fredde, rico- perta da un piumone pesante che mi faceva sentire oppressa, reclusa, in trappola. Ho scoperto i miei difetti, le mie paure, le mie insicurezze. Mi sono data tempo, le ho affrontate e ho cercato di migliorarmi sia interiormente che esteriormente. Temevo che quel giorno tanto atteso dove finalmente potevo riabbracciare amici e famigliari non sarebbe mai arrivato, ma quando il Ministero della Salute ha annunciato il messaggio da tutti desiderato ho iniziato di nuovo a sorridere, vivere, spera- re.

Il viaggio

Colonne imponenti di bianco marmo, parchi dal verde profu- mo, strade trafficate, statue di bronzo ed oro lucente, chiese dalle coloratissime vetrate, vie strette e intrecciate, tutto que- sto è Roma, capitale d’Italia e città dalle splendide meraviglie, monumenti e musei. L’aria che si respirava era intrisa di storia, ricordi ed importanti avvenimenti. Respirando quell'ossigeno sono riuscita a ricostruire la città e a vederla con gli occhi di un’innocente ragazza vissuta nel periodo del suo massimo splendore e sfarzo. Carri trainati da cavalli affaticati, bancarel- le ricche di ogni alimento, soldati armati da spessi scudi, lun- ghe lance ed elmi perfettamente lustrati caratterizzati da pen- nacchi color rosso intenso. Osservando il Colosseo mi sono im- maginata seduta, su un massiccio scalino di quell’enorme co-

48 struzione circolare, ad osservare i giochi, le lotte, le corse di cui Roma vantava la grandiosità. Molti altri edifici ho visitato, e quando mi ci addentravo ricostruivo tramite la mia immagina- zione e le mie conoscenze storie e vicende che avrebbero po- tuto succedere durante quell’età così remota. In nessun’altra città mi è capitato di immergermi totalmente nei suoi usi e co- stumi dell’antichità e per questo ho amato quei pochi giorni di permanenza in cui insieme ai miei famigliari ho vissuto come un’attrice delle ricostruzioni presenti nei documentari di Al- berto Angela l’antica quotidianità di quella città così meravi- gliosa.

Il laboratorio di Lavori in Comune

É stato piacevole, divertente, costruttivo scrivere ed esporre i propri sentimenti, stati d’animo ed emozioni attraverso testi, mappe ed elenchi che narravano, descrivevano, se stessi attra- verso luoghi. Ho appreso e consolidato il mio stile di scrittura che dai pochi scritti assegnati a scuola non era emerso. Ho ascoltato attentamente gli elaborati dei miei compagni e tra- mite questi li ho conosciuti meglio emotivamente e caratterial- mente. Ho apprezzato il fatto di non essere giudicata ne valu- tata e per questo mi sono espressa senza paura, vergogna e ti- more. Il clima che si è creato durante le videoconferenze era di supporto, interesse e condivisione e questo mi spronava a dare il meglio in tutti gli scritti che dovevano poi essere letti ad alta voce. Durante queste mattine mi sono divertita imparan- do ad essere me stessa e condividendo le mie esperienze.

49 Sara Se il rumore del mare sovrasta quello dei pensieri sei nel posto giusto. Antonicot, Twitter Il giardino urbano

Edward Hopper, Pennsylvania Coal Town, 1947.

Grande o piccolo che sia, chi ha la fortuna di averlo, dovrebbe apprezzarlo quotidianamente. Il giardino è un po’ come la cornice della nostra dimora e i suoi colori entrano subito in contrasto con quelli dell’intonaco delle mura, come in dipinto. Il giardino urbano è uno spazio verde, personale e riservato; È il primo ed ultimo luogo sul quale mi soffermo durante le mie giornate: la mattina all’apertura delle inferriate lo osservo dall’alto ed è come se tutto quel verde illuminato dai primi raggi di sole, mi urlasse un enorme buongiorno. Mezz’ora

50 dopo il tramonto sono di nuovo affacciata e con lo sguardo, mi impegno ad osservare oltre il buio, quel mio posto felice. Nei mesi estivi la chiarissima luna riesce quasi a sostituire il lampione al centro del giardino regalandomi il tempo per poterlo ammirare più a lungo. Quando ho bisogno di dedicare tempo a me stessa o prendere decisioni, molto spesso scelgo di scendere in giardino: rifletto stendendomi sull’amaca e iniziando ad ascoltare tutti i rumori della natura e osservando scrupolosamente ogni singola pianta come se fosse una nuova arrivata. Il giardino è per me un ambiente rilassante che trasmette continuamente pace dei sensi e tranquillità.

Il giardino di Sara

51 Considero valore…

La salute, la pace della mente, la gioia, la serenità, la passione, la fiducia, il rispetto, l’istruzione, l’esperienza, la crescita per- sonale.

7 luoghi

Il mio luogo sicuro e protettivo si trova a pochi passi da casa mia. Solitamente impiego una decina di minuti ad arrivarci, ci vado sempre da sola, non mi sento di condividerlo con nessu- no, anche se si tratta di un luogo completamente pubblico. Sono gli argini di due fiumi che scorrono dietro le mie vie. Per arrivarci è opportuno percorrere una strada sterrata con ripida salita finale. Una volta in cima vedo tutti. Riconosco ogni edifi- cio particolarmente alto, colorato e imponente, della città. Questo effetto mi dà un senso di controllo, di sicurezza e di potere. Mi reco in questo luogo quando ho bisogno di pensa- re, di trovare del tempo per prendere scelte e decisioni. Il fat- to di dover subito affrontare una salita mi ricorda le difficoltà a cui devo andare incontro. Il lungo cammino sull’argine rappre- senta invece il mio periodo di riflessione che si conclude poi percorrendo la discesa, che riesce a farmi lasciare alle spalle i dubbi e le paranoie precedenti.

Il luogo che più mi mette spavento è rappresentato dalle stra- de desolate della notte: mi trasmette insicurezza, timore e pri- vazione di libertà.

52 Definisco Roma come luogo lontano, perché fisicamente lo è, e perché non ho ancora trovato l’opportunità di poterla visita- re. L’ho sempre vista virtualmente e l’idea di poterla scoprire in prima persona mi trasmette tantissime emozioni.

Casa mia è il luogo più ospitale che io conosca. Non è sconta- to. Trovarsi bene all’interno della propria dimore significa an- che trovarsi bene con tutte le figure che la abitano. Ospitalità significa condivisione, cordialità, comprensione e rispetto, ca- ratteristica che riesco subito a cogliere entrando in casa mia.

Il giardino è proprio il luogo della scoperta perché è proprio lì che ritrovo me stessa quando ne ho bisogno. Rifletto e penso all’infinito circondata dalla mia piccola foresta verde.

Ripropongo come luogo nascosto il luogo dove mi posso senti- re sicura e protetta:la strada sterrata parallela allo scorrere dei fiumi.

Considero luogo immaginario qualsiasi luogo in cui vorrei esse- re, quando la mia mente inizia a viaggiare. Riesco sempre a percepire le persone e tutti i particolari che vorrei definissero quei luoghi, creando così una bellissima curiosa sensazione.

I luoghi dell’infanzia

Casa dei Nonni è sempre stata come una seconda dimora per me, e per i primi anni della scuola elementare aveva assunto quasi un ruolo primario. Era la casa dove tutto era concesso,

53 non esisteva il monosillabo ''no''. Ogni giorno era un’esperien- za: dalla cucina con la nonna fra teglie e pentole, fino all’orto di casa o al tavolo della cucina, con le carte da briscola già ben disposte, da parte del nonno. Devo a loro una grande metà della mia crescita, in quegli anni un po’ bizzarri ed impegnativi grazie alla loro presenza mi sono sempre sentita trattata come le principesse raccontate nei miei libri.

Casa dei Nonni – Mi ricorda l'infanzia, la spensieratezza e la li- bertà più assoluta. Parco delle bici – Quando lo frequentavo mi sentivo adulta, era un piccolo parco allestito con cartelli e segnali stradali in miniatura, mi impegnavo a rispettarli e ricordo che mi per- mettevo anche di rimproverare chi invece non seguiva le rego- le illustrate, che caratteraccio! Mare – Al mare ci andavo sempre con la mia mamma, aveva- mo il nostro ombrellone e quando non voleva essere disturba- ta i castelli di sabbia uscivano sempre male, ma quando poi le facevo pietà, a fine giornata chiunque poteva osservare l'impero di sabbia che eravamo riuscite a costruire.

Il primo luogo che ha catturato da subito la mia attenzione e suscitato stupore dentro di me, è stato il “pistino” nel quale ho svolto per i miei primi anni di sport, l'attività ciclistica. Tantissi- me magliette colorate che sfrecciavano su e giù per quelle stradine recintate, seguivano le indicazioni di un signore anzia- no, che a primo impatto sembrava intendersene. Quel luogo ha fatto sì che coltivassi la mia passione per diversi altri anni, senza mai dimenticare questa mia prima indimenticabile im- pressione, dettata da stupore e curiosità.

54 Mi sento oppressa quando...

Non riesco a trovare il tempo da dedicare a me stessa. La ri- tengo una cosa fondamentale e durante le mie giornate sento il bisogno di avere più di un momento da dedicare alla mia persona. E da quando gli impegni cominciano ad accumularsi ed a riempirmi le giornate spesso non riesco a vivermi quei momenti per me essenziali, che mi trasmettono tranquillità.

Foto stimolo

Henri Cartier – Bresson, Francia, 1932.

Questa foto ha particolarmente catturato la mia attenzione per via del ciclista, che sembra passare di sfuggita tra le picco- le strade di un borgo cittadino. È una foto dinamica, il ciclista

55 sta scendendo in velocità e viene catturato dal fotografo che non sembra lo stesse aspettando. Il movimento dello sportivo e la staticità del fotografo, rendono lo scatto particolare e ina- spettato. La fotografia mi ricorda i miei giri in bici tra borghi e colline quando vengo osservata dagli abitanti.

L’oggetto della mia camera

L’oggetto che mi sta più a cuore all’interno della mia stanza mi è stato regalato dalle mie migliori amiche per il mio 18º com- pleanno, si tratta di un filo illuminato dal quale pendono una dozzina di foto formato Polaroid rappresentanti momenti più belli e indimenticabili passati con loro; avendole davanti agli occhi ogni qualvolta che mi siedo alla mia scrivania ho modo di rivivere quei momenti uno per uno, rivivendo le stesse emo- zioni che provavo in quegli istanti.

Mi sento libera quando...

Inizia l’estate e passo le giornate al mare in compagnia di tutti i miei amici: a giocare, prendere il sole, a chiacchierare. Ballo, che sia in discoteca, nella mia cameretta, quando mi muovo a ritmo di musica mi rilasso e non penso niente. Quando al termine di una salita, dopo gli ultimi attimi di fatica, riesco ad apprezzare il panorama che ho conquistato e a go- dermene ogni piccolo particolare.

La canzone che mi fa sentire libera – L’estate addosso di Jo- vanotti

56 Sibilla

Conserva l’amore nel tuo cuore. Una vita senza amore è come un giardino senza sole dove i fiori sono morti. La coscienza di amare ed essere amati regalano tale calore e ricchezza alla vita che nient’altro può portare. Oscar Wilde

Il giardino labirinto

Questo è un luogo che mi ha sempre affascinato, sia come luo- go reale ed esistente sia come luogo mentale ed inconscio. Ci si può perdere all’interno dei corridoi di siepi, si può guarda- re il cielo e ricordarsi subito dopo che ci si trova in quel labirin- to oppure, se si è fortunati, si troverà l’uscita con immensa soddisfazione. Da piccola, mentre scrutavo un labirinto in un enorme giardi- no di una città che non ricordo mi sentivo attratta e spaventa- ta da quel senso di ignoto che mi trasmetteva. Dopo pochi anni andai in gita con la scuola in un enorme parco in collina dotato di labirinto e, ovviamente, mi ci avventurai con qualche amico e trovammo subito l’uscita. Nel momento in cui tornai a casa mia e mi misi a letto la mia mente cominciò a viaggiare e mi ritrovai a riflettere sul fatto che l’uscita di quel labirinto in realtà poteva essere stata la porta su un’altra dimensione in cui non mi ero ancora resa conto di essere entrata, poi scacciai quel pensiero dalla testa e mi addormentai tranquilla. Quando divenni più grande mi ricordai di quel momento e ri- flettei sul fatto che ora mi intimorisce di più il labirinto che si trova nella mia mente e in quelle altrui, provo la stessa sensa-

57 zione di attrazione e spavento ma rivolta alle alte siepi del labi- rinto del cervello e alla paura di trovare vie di fuga fittizie e non realmente vere. Un vero giardino della mente e non per me deve avere un labi- rinto, quest’ultimo rappresenta la vera essenza del luogo, rap- presenta l’enigma e il mistero all’interno di un luogo che può essere tranquillo e normalmente ricolmo di vegetazione. Il la- birinto per me è iconico, è un posto straordinario in cui mi sono persa tante volte e in cui poche volte ho trovato davvero la via d’uscita. Scrutare un grande giardino labirinto è come osservare un’ani- ma sconosciuta, ti sembra di comprendere cosa stai guardan- do, ma finché non la esplorerai, non ti renderai conto di quan- to sia difficile risolvere l’enigma.

Evocazione

All’età di 8 anni andai a Roma con mio babbo e mi ricorderò per sempre cosa provai nel momento in cui vidi il Colosseo per la prima volta, magari potrà sembrare banale a molti, ma nella mia piccola mente di allora quello era come un sogno. Avevo sempre visto quel monumento esclusivamente nelle foto di ri- viste e in TV e lì, per la prima volta, ho capito che esisteva dav- vero e che io ero piccolissima rispetto ad esso. Posso ancora sentire sulla pelle quell’eccitazione e quel fascino che provai quando lo vidi, quell’enorme colosso era dinnanzi a me e io cominciai ad immaginarmi tutte le epoche che aveva vissuto e tutte le persone che lo avevano guardato, mentre io avevo solo 8 anni e non avevo ancora visto nulla di che.

58 Ovviamente decisi di disegnarlo come faccio con qualsiasi cosa che mi attrae da quando ho ricordo, decisi di riempire un tac- cuino quasi totalmente di disegni di ogni angolazione del Co- losseo, mi misi a disegnare addirittura alcune rocce che si tro- vavano lì vicino per non dimenticare nulla. L’emozione di allora era veramente forte ma sopratutto stra- na, si trattava esattamente di quel brivido che si prova quando si vede qualcosa che si ammira per la prima volta. Ieri ho ritrovato quei disegni e guardandoli mi sono ricordata di tutto e sulle mie labbra si è dipinto un sorriso.

Mappa affettiva dei luoghi di Ravenna

Ravenna oltre ad essere la città in cui vivo è anche una città che amo da morire. Trovo che Ravenna sia della giusta misura e della giusta bellez- za e io mi ci trovo davvero benissimo.

59 Se dovessi stilare un elenco o una mappa dei luoghi della mia città che porto nel cuore sicuramente comincerei da piazza San Francesco e piazza Caduti, questi sono luoghi che conosco come il palmo della mia mano e in cui ho passato e passo tutt’ora tantissimo tempo, sono belli in qualsiasi stagione e si- tuazione e quando mi siedo sui muretti del portico poco dopo il bar Palumbo in piazza San Francesco sosterei lì per ore e ore. Andando avanti passerei a via Tombesi dall’Ova, la strada dove si trova il liceo artistico Nervi, la mia scuola. Nel pezzo di stra- da proprio davanti al liceo ho innumerevoli ricordi meravigliosi e potrei raccontare mille aneddoti legati a quel luogo. Poi proseguendo sicuramente un posto d’onore ce l’ha la Dar- sena, dove mi perdo a guardare l’acqua del canale e dove pas- so tante serate in compagnia dei miei amici, ma anche borgo san Rocco dove mi piace camminare d’estate quando tutti sono al mare e andare insieme a qualcuno al ristorante di su- shi Butterfly che si trova proprio lì.

60 Avrei altri mille luoghi di Ravenna a cui sono affezionata ma scelgo di concludere citando gli ultimi due davvero importanti per me, ossia due giardini: quello piccolissimo in cui una volta c’era una specie di tetto in cui i ragazzi salivano proprio accan- to a porta Adriana e quello interno della biblioteca Classense. Ho citato il primo per il semplice fatto che almeno 10 minuti ogni volta che esco devo farci un salto, indipendentemente da con chi io sia. Quel luogo per me è estremamente rilassante e pur essendo piccolo e quasi sempre parzialmente chiuso per dei lavori rimane sempre davvero unico. Mentre il giardino in- terno della Classense per me è molto affascinante ed estetica- mente bello da osservare, amo prendere un buon libro e stare lì per ore a leggerlo appollaiata su un muretto oppure amo an- darci con qualche amico a chiacchierare e scherzare.

Mappa dei luoghi dell’infanzia

Nella mia infanzia ho avuto la fortuna di viaggiare ed esplorare tanto grazie ai miei genitori e ai miei nonni, perciò una mappa dei luoghi davvero importanti della mia infanzia risulterebbe davvero ampia e varia; per questo ho scelto di elencare solo quelli a cui sono legata affettivamente in modo realmente for- te. Parto da un paesino di montagna che si trova in provincia di Belluno chiamato Alleghe. Questo posto per me significa tanto, quando ero piccola i miei nonni e i loro amici ci andavano ogni estate portando con loro me e i miei cugini; ricordo le passeggiate per i sentieri in mez- zo ai boschi, le funivie che portavano sulle cime delle monta- gne da cui speravo sempre di poter vedere una marmotta o

61 uno stambecco e poi l’hotel che ormai era sempre quello da anni e in cui ho lasciato dei ricordi speciali. Un altro luogo degno di essere citato è sicuramente la vecchia casa dei miei nonni paterni a Madonna dell’Albero dove ho dei ricordi della mia primissima infanzia e di mia zia incinta di mio cugino che ora ha appena compiuto 12 anni e poi per finire cito il bagno Passatore a Lido di Dante dove ho passato tutte le estati fino ai 13 anni e dove tutt’ora ho amici conosciuti davve- ro tanto tempo fa.

Stupore

In passato mi stupivo davvero facilmente anche per le cose più banali, tratto credo comune tra praticamente tutti i bambini. Primo tra tutti i brividi di stupore e sorpresa credo ci sia la pri- ma volta che vidi il Colosseo però subito dopo penso ci sia la prima volta in cui andai sull’enorme ruota panoramica di Mira- bilandia. Avevo circa 6 anni e mi trovavo nel parco divertimenti con mia madre, ricordo che ero abbastanza delusa perché per via della mia età non potevo accedere a tantissime attrazioni, allora mia madre decise di propormi di andare sulla ruota e io accet- tai. Quando ormai eravamo dentro la cabina io già sentivo un fre- mito di emozione dentro di me ma lo stupore più forte e gran- de fu quando raggiungemmo l’apice del giro e potei osservare per qualche minuto i dintorni di Ravenna da un’angolazione davvero d’eccezione. Fu lì che pensai per la prima volta a quanto io fossi piccola ri- spetto a tutto il resto, ero come una briciola nell’universo e

62 questo mi fece sentire strana e stupita dalla grandezza del mio pensiero. Quando scesi dalla ruota ero frastornata per via della visione di quel panorama che non avevo mai visto prima e ovviamente decisi di tirare fuori il mio quaderno per disegnare quello che ricordavo.

Considero valore

Considero valore dire grazie e buona giornata agli sconosciuti e buon lavoro ai negozianti, quando qualcuno insomma dice una parola buona e gentile a favore di persone a cui in realtà non è neanche legato. Considero valore il bacio e il tocco della persona amata, l’abbraccio a un amico che non vedevo da tempo e le parole dolci sussurrate di notte guardando la luna e le stelle. Considero valore tutte le emozioni che ci rendono umani, an- che le più brutte come il rancore, la malinconia e l’ira, perché senza di loro le emozioni più belle non avrebbero lo stesso va- lore. E poi considero valore ogni forma d’arte che per me è la base della vita, è di valore la pittura, la musica, la scultura, il cinema che tanto amo , il teatro, ma anche altre altri tipi d’arte: quella di saper amare, quella di saper perdere, quella di saper pian- gere e quella di saper urlare. In sintesi per quanto mi riguarda se una persona esiste la con- sidero valore, ognuno può sbagliare certo, ma per me il più grande valore è saper credere e sperare sempre in qualcosa di meglio e non ridursi mai al punto di diffidare di tutti fino a rin- negare se stessi.

63 I luoghi secondo il mio punto di vista

Parlare e riflettere sui luoghi per me è motivo di stimolo e in- teresse anche perché io dò tanta importanza ad essi. Ho tanti luoghi nel mio cuore che considero sicuri però il più sicuro, cadendo anche un po’ nel banale, è casa mia. Abito a Ravenna in un piccolo appartamento con un grandissi- mo balcone pieno di piante, il mio condominio è talmente im- merso nel verde che dal di fuori si notano più i fiori e gli alberi che il palazzo in sé. Amo vivere nella mia casa odierna perché per me è perfetta e mi sento completamente a mio agio al suo interno, inoltre è a due passi dal centro e quindi è comodissima per poter uscire e andare ovunque, sia a piedi che in bicicletta. Sono molto legata alla mia casa tanto da volerle bene come ad una persona, ma è ovvio che esiste anche un luogo che si an- tepone alla casa in cui mi sento sicura, ossia il luogo che trovo più spaventoso. Sto parlando di un luogo che in realtà non esiste ma che si tro- va nella mia mente in tutti i momenti in cui sono triste e afflit- ta. Non riuscirei a giudicare spaventoso nessun luogo reale in quanto cerco sempre di captare tutti i dettagli di dove mi trovo trovando sempre lati positivi e, non avendo paura del buio, dell’altezza, dei cimiteri o cose del genere, tendo a vedere sempre il bello in quello che è attorno a me, trovando l’unica vera paura nei pensieri che si annidano nella mia mente quan- do il mio umore è estremamente malinconico. Un luogo lontano che invece vorrei visitare e addirittura dove vorrei abitare è New York oppure New Orleans dove per me ri-

64 siedono le culture musicali e artistiche migliori, sogno la costa est degli Stati Uniti da sempre mentre credo che la costa ovest sia sopravvalutata e superficiale. Un luogo ospitale invece per me è il Grinder, cioè un bar poco lontano dal liceo Classico a Ravenna, lì mi sento benissimo e inoltre è frequentato da tanta gente dell’artistico tra cui molti miei amici che è divertente incontrare casualmente quando mi reco lì con qualcun altro.

65 È come se entrassi nel mio ambiente quando mi trovo lì, ci sono le persone giuste in contemporanea alla musica giusta e anche all’arredamento giusto. Per concludere questo tour all’interno dei miei luoghi perso- nali voglio parlare del luogo nascosto e di quello immaginario che a volte possono coincidere. Trovo personalmente che un luogo non possa essere mai real- mente nascosto se esiste veramente. Questo l’ho capito bene quando andavo alle medie e insieme ai miei amici avevamo fondato il nostro luogo nascosto in mezzo a degli alberi isolati in campagna. Noi credevamo che fosse solo nostro e sconosciuto al resto dell’universo, ma un giorno andammo lì come facevamo spes- so e trovammo tutte le nostre sedie di tronchi distrutte e tutti i nostri disegni attaccati agli alberi stracciati al suolo. Qualcuno o qualcosa aveva scoperto il nostro posto segreto profanando la nostra intimità. Da quel momento in poi preferisco nascondere le cose più care e i segreti in un luogo immaginario nella mia mente dove so per certo che nessuno le ruberà o rovinerà.

Le mie piccole manie

Personalmente non ho tante manie, né piccole né grandi, ma qualcuna ce l’ho come credo un po’ tutti. Quando sono in giro ho la piccola mania di mettere sempre in borsa un blocco, una matita e qualche colore, a volte esage- rando vado anche con qualche amico ai giardini pubblici con gli acquerelli e ci mettiamo a dipingere qualsiasi cosa ci venga in mente. Faccio questo per catturare attraverso la matita e il

66 foglio dei momenti e dei volti, così nel mentre è come se archi- viassi accuratamente anche i ricordi, e poi amo sfogliare i miei blocchi finiti sia recenti che più datati cercando di ricollegare tutti quei disegni a dei momenti precisi. Sicuramente ho anche la piccola mania a volte inconsapevole di lasciare sempre qualcosa in disordine, odio l’ordine e mi mette ansia, ed è per questo che nei miei spazi privati preferi- sco il disordine dove in realtà io trovo il mio ordine mentale. La mia terza piccola mania è abbastanza semplice e meno complicata delle altre due ma per me è essenziale, ossia che quando mi concentro in qualsiasi tipo di attività nella mia ca- mera ho bisogno di accendere delle candele, infatti ne ho tan- tissime. Le fiamme delle candele creano un’atmosfera perfetta per fare ogni cosa: sono estremamente rilassanti e credo che dav- vero aumentino la mia concentrazione mentre disegno, leggo, guardo un film, telefono a qualcuno oppure qualsiasi altra cosa.

Un oggetto importante

Come oggetto importante della mia camera ho scelto di de- scrivere una semplice tazza che funge da porta matite posta sulla mia scrivania. Quella tazza mi fu regalata da mio babbo per Natale tre anni fa e da allora non ha mai cambiato posizione né utilizzo, sin da subito l’ho riempita di matite che uso quotidianamente per di- segnare e mi ci sono affezionata.

67 Sulla superficie di quella tazza c’è un gatto nero con gli occhi azzurri perché il mio animale preferito nonché quello che ho sempre posseduto è il gatto e mio babbo lo sapeva bene, men- tre tutto il resto della superficie esterna ed interna è bianco. In realtà non è una tazza con una forma speciale, anzi è nor- malissima e anche un po’ banale se vogliamo, quello che mi lega di più ad essa infatti è il legame affettivo a cui la ricollego nonostante mi piaccia molto anche il disegno che si trova nella parte davanti. Avere quell’oggetto sempre in vista e sempre lì da molto tem- po ormai è diventato come parte della routine e le mie matite non hanno mai conosciuto una casa diversa da quella. A volte ho pensato di cambiarla e di acquistare un vero porta matite magari anche più capiente e di bell’aspetto però mi sono resa conto che non importa quanto un altro oggetto con la stessa funzionalità possa essere bello o oggettivamente più funzionale, io preferirò sempre quella tazza che pur essendo piccola e di contorno in confronto a tutti gli altri elementi che compongono la mia stanza, avrà sempre un posto speciale nel mio cuore e nell’anima della camera.

Un campo di grano

Nell’immagine osservo un campo di grano che si interrompe con dei rigogliosi cespugli e alberi da cui fanno capolino delle vecchie case apparentemente abbandonate, il tutto contorna- to dal cielo azzurro limpido. Questa immagine ha riportato subito alla mia mente un ricor- do davvero bellissimo e che credevo perso.

68 Fino all’età di 13 anni io ho vissuto in un piccolo paese chiama- to Mezzano e lì ovviamente mi divertivo ad andare in giro nei campi con i miei vecchi amici, in cerca di avventura e di nuove scoperte e argomenti di cui poter parlare. Spesso cercavamo delle case abbandonate isolate e nel pieno dei pomeriggi primaverili o estivi decidevamo di entrarvi per esplorare le vecchie camere abbandonate, con i mobili di- strutti e innumerevoli graffiti sui muri. Spesso quando entravamo in una casa abbandonata si trattava di un’abitazione che un tempo era stata una villa per persone benestanti e questo era deducibile dall’aspetto delle stanze e dei vecchi mobili lasciati a marcire negli angoli più disparati. Mi ricordo che una volta mentre camminavo in una stanza di questa villa caduta in disgrazia notai un grosso buco nel muro da cui entrava incurante una lussureggiante pianta di edera che ormai aveva preso il sopravvento su tutta la stanza, da quell'apertura faceva capolino ancora un po’ di luce e si intra- vedeva una piccola nuvola nella distesa limpida del cielo. Io mi soffermai a guardare questo insolito squarcio e pensai alle probabili preoccupazioni dei vecchi proprietari se avessero sa- puto che la loro bella casa sarebbe finita così, però poi riflettei sul fatto che la natura stava prendendo il controllo di quella casa abbandonata completamente dagli uomini. L’edera dominava la maggior parte dell’abitazione e io mi sen- tivo come un’estranea che entrava in un ambiente dominato da altre forze e per questo volsi le spalle alla casa uscendo e raggiungendo i miei amici, guardai per l’ultima volta l’ingresso, non ci tornai mai più.

69 Viaggio ad Amsterdam

Nella prima settimana di settembre 2019 sono stata in viaggio ad Amsterdam e anche nel territorio circostante insieme ai miei cugini, è stata un’esperienza unica. Era la prima volta che viaggiavo per andare in quella città, ma più in generale era anche la prima volta che mi recavo in Olan- da. Quella città ormai ha guadagnato un posto d’onore all’interno del mio cuore per via di innumerevoli motivazioni. Amsterdam è una città estremamente aperta da un punto di vista mentale, rispetto all’Italia pare di stare ad anni luce di differenza ed è questo uno dei principali motivi che mi hanno spinta ad amarla.

70 Già dal primo pomeriggio che abbiamo trascorso lì ho comin- ciato a guardarmi intorno con cura e abbiamo cominciato ad entrare in qualche negozio e, ovviamente, io ho scelto di farmi un bel giro in uno stretto negozietto vintage di vestiti anni ‘70 di seconda mano, ossia una delle mie passioni. Lì ho acquistato una maglietta e ho scambiato due chiacchiere con il proprietario scoprendo che Amsterdam era stata giudi- cata la città più sicura in ambito europeo nel 2019 e questo mi ha lasciato positivamente sorpresa. L’apertura mentale della città che ha legalizzato la prostituzio- ne in primis, la cannabis e e anche altri tipi di droghe però in modo molto controllato togliendo potere alla criminalità ha alimentato solo il buon senso e anche la sicurezza della città. Nei giorni successivi abbiamo esplorato davvero bene il posto in cui eravamo e la foto, che si ricollega a questo testo, l’ho scattata proprio nel canale principale che attraversa Amster- dam, quest’ultima infatti è attraversata in molti punti da canali percorribili con dei battelli e con innumerevoli ponti delle più disparate forme. È incredibile come ogni angolo di quella città racchiuda detta- gli particolari e unici, negozi stravaganti e interessanti e risto- ranti che in Italia non avevo mai visto, come quello di ramen in cui siamo stati una sera in cui c’erano tantissimi condimenti per il ramen e in cui c’erano dei gatti che camminavano tra i tavoli e che ti si saltavano sulle gambe. Un giorno decidemmo di spostarci dalla grande città per fare una gita in treno in un paesino che si sostenta grazie ad un enorme fabbrica di cioccolato e che è composto da mulini a vento e piccole casette che sembrano fatate.

71 Quel luogo era estremamente tipico e diverso da Amsterdam, però l’ho apprezzato ugualmente perché ho scoperto molti lati della tradizione olandese visitando il museo dei formaggi e quello degli zoccoli di legno e dei costumi tradizionali. Quel viaggio mi ha lasciato tanto nel cuore però in particolare mi è piaciuto l’ambiente generale, composto da persone vesti- te in modo bellissimo e stravagante come piace a me e sopra- tutto apertissime mentalmente e dai luoghi magici della città e dei dintorni.

Io sono, io ero, io sarò

Molte volte mi sono chiesta chi sono io, certo conosco il mio nome e il luogo in cui vivo però non sento di conoscere vera- mente la vera me. A volte mi sono guardata allo specchio riflettendo sul fatto che io non sarò mai uguale al secondo prima e quindi mi sono chiesta qual era la vera differenza tra il passato e il presente se quest’ultimo in pratica si rinnova sempre trasformandosi pe- rennemente in passato. Quando ero piccola ero più inconsapevole di me stessa ma for- se era per questo motivo che ero più serena, crescere mi ha fatto scoprire che i dubbi nella mia mente sono tanti e che spesso per colpa della mia sensibilità penso troppo. Il futuro invece lo vedo come uno spazio ignoto delimitato da una linea impenetrabile che mi permette solo di immaginarlo e non di vederlo. Il futuro per me è estremamente precario come un’utopia o una rotta ignota.

72 Io ero quella che sono e quella che diventerò, certo imparerò e ho imparato tante cose crescendo, però allo stesso tempo mi sento eternamente ingenua e bisognosa di apprendere di più. Mi dipingo come una ragazza che vuole solo vivere al massimo ed esplorare ogni cosa, i luoghi, i tempi e anche le emozioni. Nel mio futuro ipotetico vorrei grandi e profonde emozioni e sentimenti, come quelli che ho ora, perché per me è importan- tissimo amare ed essere amati anche incuranti del dolore che si potrebbe provare e che ho provato anche io per prima. Il presente è l’unico momento sicuro in cui bisogna vivere al massimo lasciandosi trasportare dalle nostre personalità e dai nostri istinti perché il passato svanisce in fretta e il futuro po- trebbe anche non esserci concesso. Come recita una canzone a me cara io dico “non credere in nessuno diventa quello che sei”, questa frase per me è un mantra ed è quello in cui credo. Concludo dicendo che per me è essenziale avere del caos den- tro di me per potere alimentare la mia creatività a sua volta alimentata dalle emozioni che provo sempre amplificate. Io ero una bambina sensibile e intelligente e queste qualità le ho preservate unendole all’esperienza accumulata, mentre spero di diventare ancora più consapevole di me e di ciò che circonda la mia mente in futuro.

73 Giulia

Il giardino labirinto

Mi ritrovai quindi a dover affrontare prove non del tutto normali per poter arrivare a salvare Beatrice, la mia amata. Il problema fondamentale si poneva quando, al compimento di queste sfide, la bella svaniva e come aria si diffondeva nel paesaggio. Più gli anni passavano, e più la mia forza diminuiva. Non ero più giovane come una volta, ed i mostri che mi si ponevano durante il mio percorso diventavano sempre più forti, ed io sempre più debole. Un giorno però, gli dèi decisero di sottopormi ad una prova diversa, ad una prova del tutto nuova per me. Era estate e mi ritrovai di fronte un labirinto fatto di grandi foglie verdi tutte aggrovigliate tra loro. Pensai subito che sarebbe stato un gioco da ragazzi, che avrei potuto distruggere quell'ammasso di piante ed arrivare alla fine in un batter d'occhio. Vi entrai e con una forte spinta cercai di bucare quel grosso muro naturale ma fu un tentativo vano poiché era come roccia, non si muoveva neppure. Decisi così di cercare la strada d'uscita, ma era praticamente impossibile; le stradine erano tutte uguali e creavano confusione, e soprattutto erano veramente tantissime. Ero distrutto e senza pensarci ho urlato che avrei preferito combattere contro dei mostri, invece che risolvere un difficilissimo labirinto. Gli dèi mi sentirono ed io non feci in tempo ad alzare gli occhi da terra che venti mostri enormi e dall'aspetto invincibile mi si fiondarono davanti. Provai comunque a combattere contro di

74 loro ma mi spinsero via con una sola mano. Cosa dovevo fare? Ero confuso e allo stesso tempo avevo paura, la stessa sensazione che quel posto mi trasmetteva. Mi nascosi ed iniziai a pensare a Beatrice, al suo bel viso, alle prove precedenti, tutte inutili e vane. Ebbi un'illuminazione. In tutte le sfide avevo sempre usato la violenza per uccidere i mostri ed in tutte, al solo tocco della mia amata ella svaniva. Forse dovevo usare la forza della mia mente. Andai dai mostri e ad alta voce gridai che non avevano nessun potere su di me poiché erano frutto della mia immaginazione. I mostri iniziarono a svanire e con loro anche il labirinto. Beatrice apparì davanti a me; cercai di abbracciarla e lei ricambiò... ci ero riuscito, ero riuscito a superare la sfida e ad avere indietro la mia amata. Capii che per risolvere i problemi non è necessaria la violenza ma bensì la ragione.

Luoghi di città che mi sono più vicini

Il primo luogo è un campo di grano a Ravenna. E' immenso riempito con qualche balla di fieno. Per me è importante perché ci vado spesso con una persona alla quale tengo molto Il secondo è il parchetto dietro alla scuola "Ricci-Muratori". Sono presenti molte giostre come altalene o scivoli e mi ricorda molto la mia infanzia. Di solito non è molto affollato, infatti quando sono triste mi piace passare il tempo lì. Il terzo posto è il centro di Ravenna; è sempre pieno di negozi e gelaterie e mi piace andarci con la mia migliore amica. Mi trasmette felicità e mi ispira.

75 La mia camera

La mia è una camera molto piccola ma ben ricca di emozioni. Verso il fondo è presente un letto a castello colorato di blu che per me è il colore della tristezza. Infatti quando ho bisogno di sfogarmi preferisco stendermi sul letto e piangere e magari ascoltare un po' di musica con le cuffiette. Dalla parte opposta del letto ci sono due scrivanie, la mia e quella di mia sorella. La mia è caratterizzata da diversi colori: verso la sedia è di un verde acceso poiché mentre disegno sento felicità ed energia, mentre verso il muro è colorata di rosso; infatti quando mi capita di essere molto arrabbiata lancio gli oggetti e molto spesso finiscono in quel lato della scrivania. Il centro della stanza è giallo come la gioia che provo quando in quel punto, stesa sul tappeto, gioco con i miei due gatti. La finestra invece la coloro di verde acqua perché guardando fuori inizio a perdermi nei miei pensieri.

La mia esperienza del lockdown

Sicuramente il periodo del lockdown, dove siamo stati tutti costretti a rimanere nelle nostre case, non è stato affatto semplice. All'inizio di tutto ero stupidamente felice, pensavo solo alla chiusura delle scuole e non mi rendevo minimamente conto della gravità della situazione. Alla TV ed in casa si parlava solo ed esclusivamente di questo maledetto Coronavirus, ed ogni volta che gli infetti e le vittime aumentavano, aumentava con loro anche la mia ansia.

76 Non stavo bene, mi sentivo continuamente oppressa ed in un certo senso osservata. Molte volte mi capitava di rattristarmi e di buttarmi giù di morale e forse l'unica cosa che mi distraeva erano le video lezioni online, poiché distoglievano la mia attenzione da ciò che stava accadendo e per un attimo riuscivo a sentirmi più sollevata. Mi mancavano molto i miei famigliari ed i miei amici; pensavo a loro continuamente ed a volte mi rendevo conto di quanto fossi fortunata ad essere nata in questa realtà elettronica... infatti, quel senso di vuoto e di solitudine riuscivo in parte a colmarlo grazie alle video-chiamate. E' stato un periodo brutto, che però, è riuscito a fortificarmi sotto alcuni aspetti. Grazie ad esso i momenti in famiglia erano aumentati e tutte le sere io, i miei genitori ed i miei fratelli ci riunivamo in cucina per fare giochi da tavolo come "Monopoli", "Uno", "Tris" e così via. Dato che avevo a disposizione decisamente molto più tempo, ne ho approfittato per coltivare la mia passione più grande: il disegno e sono molto migliorata. Questo percorso mi ha fatta anche molto riflettere su me stessa ed ho preso una decisione che ha un po' cambiato la mia vita. Ho smesso con gli allenamenti di ginnastica ritmica che mi accompagnavano ormai da nove anni a questa parte ed un po’ mi dispiace, ma so che, ho fatto la scelta più giusta per me. Questo periodo quindi non è stato del tutto negativo, diciamo che una minima parte mi ha aiutata a crescere e maturare; ma spero con tutto il mio cuore che non capiti mai più.

77 Mi sembra giusto anche ringraziare tutti i dottori che giorno dopo giorno hanno lottato contro il virus che, si è portato con sé molte vite, sogni e speranze. Grazie a questa esperienza ho capito che la libertà è una cosa preziosa, bellissima e di tanto valore.

Luogo chiuso di Ravenna

Con questa esperienza sul Coronavirus mi sono resa conto di quanto valore ha per me la scuola in sé, e più in particolare la mia classe. Una cosa che mi piaceva di questa, era il fatto che era una stanza non molto grande, d'inverno col freddo la presenza dei miei compagni e dei prof. riusciva a scaldarla interamente. Forse un aspetto che non mi garbava del tutto erano le scale. Ogni volta contavo gli scalini e non vedevo l'ora di arrivare alla fine, all'ultimo piano, nella mia classe. Le scale mi facevano sentire un'atleta che riusciva a superare un'imponente montagna anche se affaticata dal grosso peso dello zaino. E' proprio in quel posto, poi, che è nata un'amicizia immensa: quella tra me e la mia migliore amica. A volte penso che se non ci fossimo incontrate a scuola, probabilmente non ci saremmo mai prese in considerazione. Quindi per me quella struttura piena di cultura ed amore per il sapere ha un grande significato e rimarrà per sempre in un posto nel mio cuore.

78 Viaggi belli

Il primo mio viaggio bello è stato in Croazia in una città che si chiama Opatija. Ci sono andata con la mia famiglia ed i miei zii ed è stata un'esperienza unica perché non eravamo ospiti in un Hotel, bensì in una casa dove sul balcone si poteva ammirare la Luna specchiarsi nell'acqua del mare. Un secondo viaggio che mi è rimasto nel cuore è stato quello a Cattolica; non molto per il posto, ma per le persone che ho conosciuto. Mi ero molto affezionata all'animatore della spiaggia, il quale ha chiesto a me e mia sorella di fare con lui uno spettacolo di ballo la sera. Il terzo è sicuramente quando viaggio per andare a Carpi, a trovare i miei nonni e cugini. Vedere i loro sorrisi mi riempie sempre il cuore.

Viaggi brutti

Un viaggio che non mi è particolarmente piaciuto è quando siamo in andati in Croazia per una seconda volta insieme ai miei nonni. Ha piovuto tutto il tempo e siamo stati costretti a rimanere in casa.

Cosa mi piace della mia città

Io penso di essere perdutamente innamorata di Ravenna. E' completa nella sua semplicità e non voglio e non ho intenzione di trasferirmi in un'altra zona quando sarò grande.

79 Prima di tutto, mi piace il fatto che Ravenna abbia una storia importante: è riuscita ad apparire agli occhi di tutti diventando capitale per ben tre volte. E' veramente molto conosciuta come città per via dei suoi mosaici che risalgono a tanti anni fa. Se si visita il centro è come trovarsi in un piccolo labirinto di case e negozi che riescono ad attirare l'attenzione per quanto bella è la loro strutturazione. Il particolare che di questo posto più mi attira è la strada del centro; è costruita in pietra ed è divisa in tre strisce. Le due laterali sono marroni e sono più rialzate rispetto a quella centrale che è bianca e liscia e serve per avvantaggiare il passaggio delle biciclette. Un'altra pagina di storia di Ravenna è un castello: "La Rocca". Se si guarda da fuori si può notare sin da subito la sua struttura imponente che nasconde tra i suoi mattoni color oro tante vicende passate. Per entrare al suo interno bisogna attraversare un ponticello. Un altro aspetto che mi colpisce tantissimo della mia città sono le rotonde. Ce ne sono tante ed ognuna di loro ha caratteri propri; alcune possono avere piante, altre fontane, altre statue. A volte dò un soprannome alla mia città, la chiamo "la città giovane". Sin da piccola Ravenna mi ha sempre dato l'idea di divertimento. In effetti qualcosa da fare si trova sempre dato che è ricca di piscine, di parchi, c'è il mare e c'è anche un parco divertimenti che si chiama "Mirabilandia": il più grande d'Europa. D'estate vedo in giro sempre molti turisti italiani e non, e sempre rimango soddisfatta e penso a quanto io sia fortunata a vivere in una città così unica.

80 Cosa vorrei nella mia città

Ho sempre pensato che a Ravenna non mancasse proprio nulla, che fosse completa. Quando ero piccola mi piaceva tantissimo girare per la città con i miei genitori, ed ogni volta mi incantavo a guardare i suoi più piccoli particolari. Adesso che sono un po’ cresciuta e che posso anche uscire da sola un particolare sempre mi salta all'occhio: la strada. Ecco, questo è un aspetto che cambierei di Ravenna. Molte di esse sono rovinate e quando giro in bici ogni volta, anche se sono sul marciapiede, prendo le buche e sobbalzo. Poi trovo che sia un po’ complicata da imparare a girare. Tutte le volte che decido di uscire devo stare con qualcuno perché, anche se abito qui da 12 anni ormai, non riesco a memorizzare le vie e di conseguenza le strade; ma forse questo è solo un mio problema.

81 Sara

Il giardino labirinto

Questo giardino mi è saltato subito all’occhio. Mi ha suscitato molta curiosità e mosso l’interesse. Sembra un giardino molto più “oscuro” rispetto agli altri, molto più semplice a prima vista, raffigurante un uomo di spalle che guarda dall’alto verso il labirinto davanti a sé. Oltre il labirinto l’orizzonte è coperto dai cespugli, e sopra dal cielo nuvoloso. L’atmosfera è abbastanza cupa, ma tranquilla, mi sembra quasi di averla già sentita in un sogno. Suscita anche un po’ di paura e soggezione, messa dall’individuo sconosciuto che osserva dall’alto tutti i movimenti. Il labirinto è pericoloso ed enigmatico, una volta entrati è molto difficile trovare la strada di uscita; quello che mi attira sarebbe appunto provare ad affrontarlo senza perdersi, come una specie di sfida solo per scoprire cosa si trova in fondo. Mi piacerebbe sapere che cosa ci sia oltre i cespugli, che sembrano il limite del labirinto, e anche che cosa si trova al centro, coperto dalla testa dell’uomo. Se fossi lì dentro, vorrei provare a percorrere tutte le strade, trovare tutti i passaggi e cercare di uscire, anche se una volta entrata, probabilmente, perderei la testa in fretta. La solitudine, in questo caso, non mi fa paura. Questo giardino mi fa pensare anche alla sensazione, che potrebbe suscitare, una persona intrappolata dentro il labirinto, persa, che non sa più dove andare e ovunque vada

82 torna sempre al punto di partenza. Sicuramente porterebbe alla pazzia, alla stanchezza, ma è comunque un ambiente curioso. Se provassi a interpretarlo, probabilmente lo paragonerei ai pericoli e alle difficoltà che le persone devono affrontare per raggiungere uno scopo: ti puoi perdere, puoi esaurire la pazienza e le speranze, ma l’uscita è sempre lì, spetta a te capire come raggiungerla e scoprire cosa si trova oltre. Spesso ti trovi da solo in queste situazioni, ma devi imparare ad affrontarle per arrivare alla fine. La soddisfazione a quel punto annullerà la fatica degli sforzi e la paura.

I luoghi dell’infanzia

Parco della Pace: mia mamma mi ci portava spesso quando uscivo da scuola alle elementari, mi piaceva salire sui giochi e parlare con gli altri bambini. Il giardino di mio nonno: dove passavo molto tempo da piccola a giocare col cane e costruire fortini con gli oggetti che trovavo in giro. Il luna park a Carrara: mi divertivo tanto sulle giostre, quasi sempre andavo con mia cugina, con la quale ho perso i contatti

Luoghi importanti della città

Il ponte vicino alla Faentina: mi mettevo spesso seduta sotto il ponte con una persona importante, a passare il tempo e vedere i treni attraversare le rotaie. Il ponte è colorato e coperto di graffiti e l’atmosfera è speciale.

83 La Darsena: vado spesso lungo la darsena con la mia migliore amica, e il sabato sera a mangiare col mio gruppo di amici. La panchina nel parchetto: circondata dal verde, è dove andavo sempre con il mio ragazzo e ci siamo baciati per la prima volta. Ci abbiamo scritto i nostri nomi sopra.

Durante il lockdown

All’inizio non ci ho dato peso. Quasi nessuno gli dava peso. Pensavo che il tanto discusso Coronavirus non arrivasse mai a Ravenna, e che fosse tutto quanto allarmismo. Poi è arrivato il lockdown, a Febbraio. Il 26 febbraio, un paio di giorni dopo l’ordinanza, io ero fuori con il mio ragazzo. Proprio in quel giorno ci eravamo messi insieme ufficialmente, e qualche ora prima di tornare a casa mia mamma mi chiamò, dicendomi che dovevo tornare a casa, subito, che non potevo più stare fuori. Io, scossa, dovetti tornare a casa e quella fu l’ultima volta che lo vidi per mesi. La quarantena è stata davvero dura per me: lontana da amici, dal mio ragazzo, dai nonni, lontana dalla vita di sempre. Poi sono arrivate le lezioni online, per cercare di riavvicinarsi alla scuola, e alle abitudini della vita normale. Ovviamente nulla è stato più come prima, le lezioni online per me erano “strane”, all’inizio complicate e stressanti, quasi più di prima. Non potersi più vedere di persona, toccarsi o parlare, per me era destabilizzante. Mi mancava il contatto con le persone, mi sentivo sola e spaesata.

84 Passavo tutto il giorno coi miei familiari, in casa, a fare sempre le stesse cose. Era diventata una routine che si ripeteva continuamente, le giornate erano tutte uguali e non si trovava nulla da fare se non stare al computer, al cellulare, al cellulare, al computer. Durante il lockdown mi sono resa conto di aver dato molte cose per scontate in passato: per me andare a scuola era una vera scocciatura, ma alla fine anche quella mi è mancata. Pensavo che uscire in centro fosse una cosa banale, che si potesse fare sempre, quando si voleva. E invece tutto mi mancava. Mi mancava Ravenna. La quarantena, però, ha avuto anche qualche aspetto positivo. Mi sono presa un pochino di tempo per me stessa, ho iniziato ad allenarmi con la chitarra e ad ascoltare molta più musica, scoprendo nuovi artisti. Abbiamo provato tutti a mantenere i contatti con gli amici tramite videochiamate, che ogni tanto facevo anche io, nonostante l’approccio fosse molto diverso rispetto a quello di persona. Ho cominciato a dipingere, un po’, ho dato spazio a tutte quelle cose che avrei voluto fare ma per cui non ho avuto mai il tempo. Quando le restrizioni hanno cominciato ad allentarsi, ero quasi spaventata ad uscire. I media e la televisione premevano molto sull’argomento Coronavirus, mettevano sempre in guardia e parlavano di morti e contagi, incutendo timore e spargendo paura. Visitai per primi i miei nonni, poi il mio ragazzo, i miei amici, e da lì la vita cominciò a tornare piano piano più normale, con i suoi limiti.

85 Anche adesso mi sto ancora riabituando, e nonostante la quarantena sia stata dura e lunga per tutti, la vedo come un’esperienza che mi ha aiutato a pensare e crescere un po’.

Viaggi

Carrara: viaggio spesso a Carrara per visitare la mia famiglia. E’ la mia città preferita; mi piacciono le sue statue di marmo, il mare da una parte e la montagna dall’altro. Roma: sono stata a Roma più volte, e la più bella per me è stata in gita in terza media coi miei amici. Abbiamo fatto un sacco di cose, anche stupide, ma ne è valsa la pena. Di Roma mi hanno colpito l’arte, la cultura, i paesaggi e anche la movida. Croazia: in Croazia ho avuto una vacanza fantastica, purtroppo il viaggio è stato spiacevole a causa di un piccolo incidente: ingoiai per sbaglio una moneta, incastratasi nell’esofago, e mi mandarono all’ospedale urgentemente per rimuoverla. Trento: è stato un bel viaggio ma la montagna non faceva per me, c’era troppa calma e troppa pace a cui non sono abituata.

Luogo immaginario

E’ un luogo che ho visto nei miei sogni. Si tratta di un palazzo, stretto, su più piani. I muri sono pallidi, la struttura è decadente e situata in un quartiere malfamato. In ogni piano c’è un vicino, ed ogni vicino ha personalità molto diverse. E’ sempre molto affollato e rumoroso. Nei sogni mi capita spesso di entrare in questo luogo, percorrendo piani e

86 piani di scale per raggiungere il tetto. Da lì, però, tutti i rumori e le luci vengono annullati e non vedo più la città sottostante, come se il tetto fosse un luogo a parte circondato da nuvole e vuoto.

Luogo sicuro

La mia camera da letto. Quando voglio un po’ di pace mi rifugio lì, chiudo la porta e accendo la musica e lascio che tutto quello che sento in quel momento mi scorra addosso: mi stendo nel letto e mi rilasso, lontana da tutto e tutti, sola con le mie cose. Mi sento protetta e al sicuro.

Luogo che mi spaventa

Un luogo che mi mette paura è il sottopassaggio. Non tanto per la gente, ma per l’atmosfera, soprattutto di notte, quando tutto prende una piega insolita e il passaggio sembra più lungo e scuro del solito. C’è molto silenzio lì sotto, è distaccato dall’ambiente fuori, e quando lo percorro accelero sempre il passo e ho spesso l’impressione di essere osservata.

Luogo lontano

La mia casa a Carrara. E’ una casina piccola, con 4 stanze, giusto l’indispensabile per restare qualche giorno. Nel complesso è abbastanza modesta, non mi lamento. La cosa che preferisco di più di quel posto, è il giardino, un vecchio

87 pezzo di ferrovia abbandonato, attorno al quale è cresciuta un’aia immensa. Fa quasi paura, ma l’atmosfera mi piace un sacco.

Luogo della scoperta

C’è una zona lontana in Darsena dove sono arrivata con una mia amica in bici dopo un lungo giro senza meta. Giriamo sempre in bicicletta senza una tappa precisa e questo ci porta a scoprire nuove parti della città. Da quel punto la visuale è bellissima, e nonostante l’abbiamo scoperto per caso, adesso è uno dei nostri posti preferiti.

Luogo nascosto

E’ un luogo in mezzo al verde, totalmente coperto e nascosto da occhi indiscreti. Non è mai affollato, solo poche persone passano di lì, per fare un giro col cane ogni tanto. Seguendo il percorso di fianco alle rotaie, c’è un parco fuori dal centro, dove si è circondati solo da alberi e zanzare. Quello è il mio luogo nascosto.

Luoghi interni

Feltrinelli: dove vado a rovistare fra libri, cd e vinili con i miei amici, spesso ci sediamo al piano di sopra a leggere e a parlare. E’ un posto tranquillo, di solito poco affollato e ci vado spesso quando è possibile. Scuola: è un luogo che mi sta molto a cuore. Ci sono molti spazi della scuola che amo, il principale è il piano terra,

88 accanto ai banchi vicino alla biblioteca, dove mi rifugio coi miei amici durante la ricreazione. Parliamo della giornata, ridiamo e condividiamo il cibo delle macchinette.

Cosa mi piace della mia città

Della mia città amo molte cose. Prima di tutto, è una città molto semplice, grande ma non troppo, e abbastanza modesta. Di Ravenna amo l’arte in giro per i viali, i mosaici e le chiese e i monumenti. Mi piacciono le stradine in centro, girarci in bici o a piedi. Mi piace percorrere via Cavour, sempre piena di gente e di negozi. Mi piace la città di notte, illuminata dalla luna e dai lampioni, mi piace soprattutto durante il week end quando c’è molta più movida. Amo anche i posti meno conosciuti e frequentati, dei quali Ravenna abbonda, i parchi e i prati e il verde. Mi piace la Darsena, passeggiare con gli amici lungo il canale, sedersi sopra il muretto a parlare. Mi piacciono i graffiti ed i murales di tutta la città, i disegni sui muri dei palazzi e nel sottopassaggio. Di Ravenna amo i giardini pubblici e quelli della Rocca, la tranquillità di certe giornate. Amo le scuole e gli edifici, i turisti, la gente seduta ai tavolini dei bar e sulle panchine, le gelaterie e le librerie e anche la stazione. Amo Ravenna.

89 Cosa vorrei nella mia città

Ravenna è una bellissima città, non le manca niente ma forse su qualcosa può ancora migliorare. Una cosa che si può migliorare, secondo me, sarebbe la pulizia. E’ un problema di tutte le città, ma è sgradevole comunque trovare rifiuti per strada e in giro. Desidererei qualche centro di aggregazione in più per i ragazzi, dove ci possiamo incontrare e passare il tempo, stringere amicizie e conoscere persone.

90 Mi piacerebbe anche che ci fossero più eventi cittadini, come concerti o spettacoli nelle piazze, e che siano rivolti a diverse fasce d’età, siccome molte occasioni di incontro e spettacoli teatrali sono dedicati ad un pubblico più adulto. Non credo che siano un’utopia, e neanche richieste impossibili. Sono piccole idee che potrebbero rendere Ravenna più piacevole di quanto lo sia già.

91 Margherita

Un racconto su Ravenna

Ravenna offre molte possibilità di divertimento e anche esperienze culturali. Alcuni dei nostri posti preferiti dove possiamo stare con gli amici si trovano in centro a Ravenna o a Marina di Ravenna. In particolare in centro a Ravenna i luoghi che frequentiamo di più sono piazza Kennedy, la Darsena e varie gelaterie e locali. In piazza Kennedy la sera si trovano molti ragazzi della nostra età perché è stata restaurata da poco ed offre la possibilità di stare insieme a chiacchierare. Alla Darsena si possono svolgere diverse attività, ad esempio girare per mercatini, fare aperitivi, cenare all’aperto e fare attività sportive. In centro ci sono varie gelaterie che ci piacciono, la nostra preferita è Papilla. Spesso ci piace andare anche a Marina di Ravenna, nella giornata si può andare in spiaggia e la sera si possono fare dei giri in centro fino al molo o per locali. A Ravenna ci sono anche vari monumenti interessanti ad esempio San Vitale, il Mausoleo di Teodorico, il Battistero degli Ariani e Sant’Apollinare. Secondo noi Ravenna è una bella città in cui vivere e da visitare, è a misura d’uomo.

Luoghi d'infanzia

Casa mia perché invitavo le mie amiche e giocavamo con le bambole insieme.

92 Parco Fagiolo perché ci andavo qualche volta dopo la scuola a giocare con i miei amici e stavo bene. Casa dei nonni a Rimini perché c'erano anche i miei cugini e insieme ci divertivamo molto a giocare a racchettoni o con la palla.

Luoghi a Ravenna

Darsena: ci vado spesso con le mie amiche a fare le foto e magari a volte ci fermiamo a mangiare una pizza in un locale lungo il canale. Parco Fagiolo: ci vado con il mio cane la sera ascoltando la musica e mi trasmette molta serenità e pace, poi a volte mi faccio accompagnare anche da alcuni amici e ci fermiamo a parlare in una panchina e magari andiamo a prendere un gelato. Marina di Ravenna: ci passo molti pomeriggi con i miei amici, ci facciamo il bagno nel mare e poi giochiamo a racchettoni o a beach-volley. La sera invece facciamo un giro al molo e andiamo a prendere un bombolone alla crema in un forno buonissimo lì vicino.

Cosa mi piace della scuola La cosa che più mi piace della scuola è vedere i miei amici tutti i giorni, uscire dalla classe durante il cambio d’ora e andare a prendere qualcosa da mangiare o un caffè al bar della scuola. Poi mi piace stare dieci minuti in più all’uscita da scuola a parlare con i miei amici di quello che è successo in classe o altro. Infatti tutto questo mi è mancato nella didattica a

93 distanza e non vedo l’ora di potere rifare queste cose a settembre.

L'estate a Ravenna

Quest’estate mi sto divertendo molto con i miei amici, stiamo organizzando molte serate fra cui alcune a Punta Marina in una casa di vacanze. Una serata che mi è piaciuta molto è stata una festa da un amico per il suo compleanno dove ci siamo divertiti molto. Siamo stati nel suo giardino, in centro a Ravenna, abbiamo ballato, parlato e mangiato. C’era una torta deliziosa e tanta pizza, poi siamo andati in casa e abbiamo guardato un film. Poi si è fatto tardi e siamo dovuti tornare a casa.

94 Caterina

Il giardino sotterraneo

Paul Klee, Paysage aux oiseaux jaunes, 1923.

In questo quadro è rappresentato un giardino sotterraneo con piante ed uccelli gialli. I colori sono principalmente scuri e cupi a parte per il giallo e il bianco. Nel quadro c’è abbastanza armonia e mi trasmette tranquillità. Mi piace che vengano utilizzate linee curve e tratti morbidi. Questo quadro mi era

95 stato fatto vedere alla scuola materna per un’attività, quindi mi fa anche ricordare la mia infanzia ed i bei momenti passati.

Luoghi d’infanzia

Il mio giardino, ci giocavo con mio fratello tutti i pomeriggi e mi divertivo molto. Parco di scuola, dove giocavo con i miei amici durante la giornata. Casa di una mia amica, dove passavamo il tempo insieme e giocavamo dopo la scuola, mi svagavo e mi divertivo molto.

Luoghi a Ravenna

Casa di una mia amica; passiamo tanti pomeriggi insieme facendo chiacchiere e studiando, qui mi diverto e passo sempre delle belle giornate.

96 Piazza Kennedy; spesso di sera io e miei amici ci troviamo in Piazza Kennedy per stare assieme e fare dei giri in centro. Ho tanti bei ricordi con i miei amici più stretti legati a questo posto che mi rendono felice. Casa al mare dei nonni; vado abbastanza spesso a trovare i miei nonni e mi fa sempre piacere stare con loro e fare delle passeggiate al mare. Quando sto con loro mi rilasso e questo luogo mi trasmette molta tranquillità.

Cosa mi piace della scuola

Una delle cose che mi piace di più della scuola è vedere i miei amici. In particolare un momento che mi piace molto è quello dell’ingresso e dell’arrivo in classe quando ancora non c’è il professore. In quel momento chiacchieriamo e i più assonnati vanno a prendere un caffè. Chiacchieriamo di tante cose in quel momento, per esempio mi piace quando parliamo dei sogni che abbiamo fatto la notte precedente. Un altro momento che mi piace è l’intervallo perché possiamo girare liberamente per la scuola.

L'estate a Ravenna

Quest’estate mi sto divertendo molto, esco spesso con i miei amici e passiamo tante belle serate in compagnia in centro a Ravenna e altre volte a Marina di Ravenna. L’altra sera sono andata al compleanno di un mio amico, eravamo in tanti e siamo stati tutti insieme nel suo bellissimo giardino. Abbiamo ballato e mangiato tutti insieme dei dolci molto buoni ed ho anche rivisto delle persone che non vedevo

97 da tanto tempo e con cui ho passato una bellissima serata. Abbiamo fatto anche dei giochi di società ed ho anche conosciuto nuove persone con cui ho trascorso la serata. Finita la festa siamo tornati a casa tutti insieme e sono stata molto contenta di aver passato una bella serata con i miei amici più cari.

98 Kiara

Luoghi di Ravenna

Casa di una mia amica. Questo è uno dei miei posti preferiti a Ravenna, perché ci ho passato dei bellissimi momenti da quando sono arrivata in Italia. Mi aiutava a studiare e a capire meglio la lingua. La Darsena. In questo posto ho tanti bei ricordi con le mie amiche. Lì abbiamo fatto tante foto bellissime e abbiamo ascoltato tanta bella musica Casa di mio zio al mare. Anche in questo posto ho tantissimi ricordi sia con i miei zii che con i miei cugini. Abbiamo passato tantissime serate fuori a mangiare il gelato e a raccontarci i momenti in cui stavamo insieme da piccoli.

Cosa mi piace della scuola Il mio momento preferito di quando sono a scuola è l’intervallo. Nella mia scuola ci sono due intervalli da 10 minuti ogni due ore. È il momento in cui noi della classe riusciamo a socializzare e a parlare tra di noi. A volte vado a trovare anche i miei amici che non sono della mia stessa classe. Passiamo del tempo al bar a mangiarci qualcosa oppure nell’atrio dove c’è la maggior parte degli studenti. È veramente un bel momento per parlare tra di noi e magari raccontarci di come prosegue la giornata. Ci sono anche altri momenti dove possiamo parlare tra di noi, per esempio le ore di laboratorio dove possiamo

99 anche confrontarci sulle nostre prove. In generale sono questi i momenti che mi piacciono di più delle giornate a scuola. Luoghi cari dell'infanzia Casa mia in Albania, perché c'erano i miei nonni che mi facevano sentire la principessina di casa. Casa di nonna a Tirana, perché c'erano i miei cugini che vedevo alcune volte e ci divertivamo tantissimo facendo un sacco di giochi. Il parco vicino a casa mia, perché ci andavo quasi tutti i giorni con le mie amiche ed ero tanto felice.

L'estate a Ravenna

Quest’estate io e la mia classe abbiamo fatto la cena di classe il 15 di luglio a Marina di Ravenna in un bagno. Abbiamo deciso di vederci anche il pomeriggio per passare un po’ di tempo insieme dato che non ci vedevamo da 5 mesi. Abbiamo passato il pomeriggio a giocare a racchettoni e a raccontarci del nostro periodo passato in quarantena. Ad un certo punto abbiamo deciso di chiamare una pizzeria e abbiamo ordinato le pizze per tutti e abbiamo mangiato in riva. Dopo cena abbiamo iniziato a giocare e abbiamo fatto anche il bagno. È stata una giornata molto divertente e mi ha fatto molto piacere rivedere i miei compagni di classe.

100 Niko

La scuola a Ravenna

Io faccio la scuola professionale per diventare meccanico. Il primo giorno avevo un po' paura, per fortuna avevo due amici Albanesi. Non ho conosciuto altre persone all'inizio, perché stavo sempre con i miei amici. Dopo due settimane di scuola mi sono abituato e non avevo più paura. I miei professori mi sono piaciuti molto e spero di rivederli presto. Quest'anno ho iniziato uno stage in una officina a Fornace Zarattini. Mi ha presentato il mio professore. Ho potuto fare solo tre settimane di stage perché è arrivato il Coronavirus. Ho imparato cose nuove che mi servono per diventare meccanico e ho conosciuto nuove persone . Ero felice quando ho iniziato lo stage e sono triste perché non ho potuto finire il mese di stage.

Cosa ti piace di Ravenna

Mi piacciono le chiese antiche , anche i mosaici, mi piace fare un giro alla Darsena, a Piazza del Popolo, mi piace piazza Caduti e anche il parco Teodorico mi piace perché è grande . Vado in giro con i miei amici. Non mi piace il traffico e lo smog, mi piacerebbe ci fossero più alberi. Questa è la prima estate che sono in Italia. E sono andato con gli amici al mare. Mi sono divertito con gli amici. Abbiamo anche fatto attività e ci siamo trovati benissimo e sono contento che abbiamo

101 trascorso un'estate fantastica. Resta ancora un mese e faremo ancora meglio. Abbiamo fatto tanti giochi, esempio calcio, nascondino, caccia al tesoro, atletica, judo, piscina, fiume, mare, creazione mobili in legno, camminate in collina, preparazione dolci, cucinato , corsa con i sacchi ,tiro alla fune, cura dell'orto.

102 Dragush

I luoghi cari

Mi piace molto il mio villaggio perché ho trascorso molti bei momenti e ora mi mancano. Mi manca anche la spiaggia di Durazzo perché lì sono stato molto felice con i miei amici e mi mancano molto. Mi manca molto il mio villaggio perché sono cresciuto lì e mi manca il campo di calcio dove ho giocato e mi allenavo con buoni amici. Mi manca il parco dove uscivo ogni giorno. Mi sono divertito molto a scuola in Albania, mi mancano tanto i miei amici con cui giocavamo anche a calcio, a pallavolo e molti altri giochi. Ho fatto nove anni di scuola e l'ho fatta molto bene, e mi manca la scuola e i miei amici. In particolare mi ricordo un'escursione in montagna con la mia classe, abbiamo fatto un picnic e abbiamo visto un posto molto bello e ci è piaciuto molto, abbiamo fatto tutti delle foto di classe e ci siamo trovati benissimo e mi piacerebbe visitare di nuovo quel posto.

103 Pavel

Il giardino lacustre

Claude Monet, Ninfee, 1914.

Erano appena passate le 10:00 e Alex non si era fatto ancora vedere. Le strade erano calde e il cemento nero lasciava intrappolare il caldo in sé, dando quella sensazione di calore in più. Immerso nella lettura del nuovo best seller Love Story, aspettavo che il tempo passasse, lasciando che la mente si liberasse dai

104 pensieri, dandomi la voglia di andare avanti. La prima volta che vidi quel laghetto fu il 1956. In quegli anni avevo appena compiuto 17 anni e la mia vita adolescenziale era molto frenetica. In quel momento non avevo tanti pensieri per la testa, se non per una cosa …. La prima volta che la vidi, stavo tornando a casa dal lavoro. In una vetrina appoggiata su un balcone, era lì che mi osservava. Una tela bianca di tessuto, era appoggiata nella vetrinetta del negozio fai da te.

Emozioni Le emozioni e i mie stati d’animo sono la certezza e il valore di poter andare avanti, di non fermarmi mai e di poter continuare ad andare per la mia strada, pur sapendo di avere delle persone che mi staranno accanto. La rabbia è uno dei piccoli punti deboli che ho, sia per quando so che non riesco a vincere le mie battaglie, e sia quando so di sbagliare ma continuo a voler ragione. Uno dei fattori principali della mia vita è il cambiamento d’umore, come la tristezza, quando penso che nelle situazioni di tristezza e di sofferenza non ci sia nessuno che ti possa capire e aiutare ad affrontare quel piccolo problema che c’è in te o in me, mi fa capire che in tutto ciò non ci sia un perché.

Un risveglio difficile

Erano appena passate le 9:00 quando quel tocco delicato tornò a svegliarmi dolcemente. La sensazione di essere cullato dalle coperte mi ricordava l’infanzia, breve ma forte. Un passato, pieno di difficoltà, tra

105 sguardi falsi di gente…, tra pianti sensibili di un bambino spensierato immerso nel suo mondo. Il risveglio fu difficile, il pensiero di non essere rintanato nelle mura di quella casa, dove ho vissuto per anni, mi dava emozioni che ancora oggi faccio fatica a capire. Qualche secondo dopo mi alzai, lasciai la tristezza alle spalle e mi diressi verso l’ufficio. Le stanze erano grandi e illuminate, il corridoio lasciava quella piccola speranza di fuga la quale finiva al termine della corsa. Il dipinto del ciliegio questa volta sembrava più realistico, i suoi colori, le sue sfumature, e la sua tecnica erano diventati reale. La pioggia batteva sulle finestre lasciando scorgere l’arrivo dell’inverno. La stradina che fuoriusciva verso la strada principale era piena di pozzanghere. In quel millesimo di secondo una lacrima mi scese dalla guancia, lasciando che i ricordi si inoltrassero dentro di me.

Lockdown

Quel giorno le stanze erano illuminate, il sole batteva nelle vetrate delle finestre, lasciando quella sensazione di libertà e vita che tutti noi desideravamo. Mi diressi verso il bagno, la stanza era grande, ricoperta da piastrelle bianche, il pavimento in ceramica aveva quel tema di antico ma allo stesso tempo contemporaneo. Aprii il rubinetto, lasciando scorrere l’acqua, finché non divenne bollente. Mi lavai gli occhi e la faccia, lasciando cadere le gocce d’acqua nel lavabo. Mi asciugai, tornando in stanza. La camera era deserta, l’atro ragazzo dormiva ancora, mentre io … pensavo e ripensavo a quei

106 minuti passati con lei, l’ultimo sguardo, l’ultimo abbraccio, l’ultimo “ti voglio bene”.

Quella volta che ho imparato

3 ... 2 ... 1 Era l’inizio della seconda superiore di grafica, ed io ero seduto nel banco di fronte l’entrata della classe. Le ore non si fermavano e i momenti di confusione tra una lezione e l’altra erano vaghi. Il prof di mate entrò in sala, lasciando spazio alla sua materia. Quel giorno non sapevo che avremmo fatto un test, in realtà nessuno lo sapeva, i minuti passavano e i secondi correvano come se dovessero perdere il treno. Qualche giorno dopo aver compilato il modulo, io e i ragazzi, scoprimmo che nessuno era passato al test. Questo mi fece capire che forse era meglio studiare di più, invece di fare altro.

Quella volta che ho insegnato qualcosa a qualcuno

Sembra come se fosse ieri. Ero in campeggio mentre gli educatori sistemavano la tenda. Io e i ragazzi eravamo seduti sotto un tronco di abete distrutto da una tempesta avvenuta giorni prima. Quel giorno me lo ricordo bene, seduti sotto gli alberi, i ragazzi mi chiesero cosa sapessi fare nell’ ambito natura/montagna. Fu, da quella semplice domanda, che, prendendo solo una semplice corda, mostrai come fare molti nodi. Alla fine di tutto ciò dissi che avevo imparato da piccoli presso gli scout.

107 Un ricordo inaspettato

Il pensiero mi affligge lasciandomi intrappolare da un vortice di compassione. Fuori dal finestrino scorrevo i campi incolti. Gli alberi spogli e morti davano quel tocco di tristezza che solo quella giornata consumava. Katrin era al volante; in quelle ore stetti zitto per tutto il tragitto, non parlai ... pensavo solo a cosa sarei andato incontro. Quando girai la testa in avanti vidi la strada, era trafficata e le macchine e i camion sembravano in quel momento macchinine telecomandate. Quando potei girarmi, la guardai, poi pensai… “Andrà tutto bene, ’’ mi disse, con voce triste lasciando scappare una lacrima.“ Promettimi che quando arriviamo farai il bravo, mamma ti vuole bene, papà pure, anche nonna ” …

Quella volta che mi sono sentito avventuroso

Era un’estate come le altre, o forse no. Era una giornata come le altre o forse no So solo che quel giorno fu uno dei più belli. Io e il mio gruppo siamo andati al Mirabilandia dove in modalità esploratori siamo saliti sulla torre come un razzo e siamo scesi in picchiata come un jet. Un ricordo indimenticabile.

Mi sento libero quando

Mi sento libero quando posso esprimere le mie emozioni e liberarmi dei problemi inutili.

108 La libertà di andare avanti e di concedersi un posto nel mondo dando la possibilità di essere liberi e spensierati. Libertà come sinonimo di felicità, di pensiero e sogni.

Mi sento oppresso quando

Mi sento oppresso quando ho la sensazione di non poter andare avanti, lasciando scorrere la tristezza e la debolezza. Quando non ho la forza di poter andare avanti, perdendo tutte le speranze che sono in me. Tengo tutto dentro di me lasciando emergere la tristezza nell’anima.

Io sarò

Il mio più grande sogno è quello di poter pubblicare la mia autobiografia per far conoscere al mondo intero la mia storia, con l’intenzione di poter andare avanti per la mia strada. (tenendo conto anche di un altro grande sogno, cioè la fotografia).

Il laboratorio di “Lavori in Comune”

Capacità di comprendere e imparare la base della scrittura, dando origine anche all’immaginazione di un testo. Saggezza.

109 Giorgia

Il giardino labirinto

Sono qui davanti, con tante strade e una via d’uscita. Ogni strada è diversa, può essere con ostacoli, ci possono essere sassi, la strada può essere piena d’erba e con qualche fiorellino o semplicemente vuota. Forse la prima preoccupazione è quella di rimanere intrappolati; ma non per me. Il primo pensiero è sapere se hanno significati diversi, se qualche strada ci farà stancare e ci farà tornare indietro. Se potessi scegliere di sapere quale strada ci fa uscire, non la prenderei per prima, quella giusta. Prima proverei le altre per rimanere intrappolata. La via d’uscita è dentro di me e se non la trovo, sfondo il muro.

Evocazioni

07 Settembre 2004, Lugo. Ciao, sono io: Giorgia Rocca. Eh si, sono nata a Lugo il 70/09/2004. Dovevo nascere in acqua, ma la vasca era già occupata. Quando sono nata, la mamma aveva paura. Aveva paura perché avevo il cordone ombelicale attorno al collo e non respiravo. Poi, mi feci sentire. Iniziai a piangere e mia mamma tirò un respiro di sollievo. Quando sono nata, ero brutta…l’ha sempre detto mamma. Ero in una piccola culla con le lenzuola bianche e u cuscino; il cuscino dei sogni. Quel cuscino ce l’ho ancora. Ora è troppo piccolo per una testa grande come la mia; eppure lo uso ancora. E’ il regalo più bello che ho di me.

110 Emozioni

Se dovessi parlare dei miei ricordi, parlerei solo dei ricordi bui. La mia memoria vuole ricordare solo i momenti brutti e cancellare quelli belli. Forse lo fa per farmi ricordare che dai momenti bui, ci si rialza sempre. Era Ottobre, o meglio dire che erano già un po’ di mesi. Le cose che si dicevano erano un po’ contorte e io l’avevo capito. Lui mi mentiva per farmi del male e io decisi di allontanarmi da lui. La sera piangevo in camera, con il cuscino davanti alla faccia per cercare di nascondere il rumore del mio dolore. Il tempo passava e nulla migliorava. Il mio dolore diveniva sempre più rabbia e voglia di giustizia. Mi stettero vicine tante persone e lì capii chi veramente mi voleva bene.

Mappa emotiva dei luoghi dell’infanzia

Piccolo paesino di campagna. Tutti conoscono tutti, tutti sanno tutto di tutti e tutti sanno quello che mi accade, prima ancora che lo sappia io. Mi ci trovo bene, in fin dei conti. Le cose

111 indispensabili ci sono, ma l’importante è che ci siano le persone indispensabili. C’è la Conad dove io e la mia migliore

amica andiamo per fare la spesa prima di un esperimento culinario, la scuola elementare dove ho conosciuto la mia migliore amica, il parco dove io e la mia migliore amica passavamo ogni estate, il tabacchi dove andavamo da piccole a comprare le caramelle e la fontana, la nostra fermata degli autobus di scuola. Il mio piccolo paesino è il ricordo di me e la mia migliore amica e questo mi fa stare bene.

112 La scoperta di un luogo

La mia migliore amica abita a 1 Km di distanza da me. Quando ci sentiamo sole, prendiamo la bici e ci raggiungiamo. Di solito ci incrociamo a metà strada. Ci incrociamo lì perché c’è il nostro posto. Le prime volte che i nostri genitori ci lasciavano andare da sole in bici, ci mettevamo alla scoperta della nostra piccola città. Più che città, paesino. Non c’è molto da scoprire, ma noi ci provavamo. Un giorno scoprimmo questo posto. E’ nascosto e nessuno lo conosce nessuno; un cerchio con attorno gli alberi. Quel posto sa tutti i segreti miei e della mia migliore amica. Ormai è una parte di noi.

Lockdown

“La storia ci insegna.” L’hanno sempre detto tutti e penso che nessuno di noi giovani capisse il vero significato di questa frase. Un giorno arrivò il buio anche sopra le nostre case. Questo buio ebbe il nome di coronavirus, o meglio dire COVID- 19. Le prime volte che si sentiva questo nome scientifico, si aveva un po’ di terrore. Il terrore era portato dalla non conoscenza, da un cambiamento delle nostre vita. Si conobbe più avanti questo terrore: una pandemia. Quando si seppe che questo era un virus mortale, ci furono persone che si recapitarono in ospedale anche senza sintomi e questo fu un intralcio per chi veramente stava male. Lo Stato impose la quarantena. Tutti e tutto il giorno chiusi in casa. I lavoratori con la paura di non riuscire più a tornare a lavorare e gli studenti alla prova con la scuola a distanza. Questa quarantena, fu per tutti come una prigione. Per noi giovani,

113 che di solito uscivamo e tornavamo a casa tardi, fu un modo per rafforzare le amicizie. Si, perché abbiamo imparato che non è la distanza a dividerci. Con la tecnologia, la sera ci ritrovavamo tutti su una piattaforma per fare le videochiamate; mentre la mattina le videochiamate erano tra i compagni di scuola. Le giornate erano sempre uguali e molto noiose. Abbiamo imparato che dobbiamo imparare a guardare di più le piccole cose. Alla fine di tutto, bisognerebbe fare un applauso ai veri eroi di tutto questo: i medici.

Musica del lockdown

Per noi ragazzi, la musica è una via d’uscita. In casa, durante il coronavirus, si cercava un modo per fuggire da quel periodo. La musica era uno di questo. Il brano che ho ascoltato io è “Noi siamo infinito”. Il brano di me e la mia migliore amica. Quando l’ascoltavo pensavo a lei, e questo mi faceva superare i brutti momenti. L’amicizia è un’altra piccola gigantesca salvezza.

Foto del ricordo

Quando ero piccola partecipai a un concorso di fotografia. Mi piace tanto la fotografia perché fa vedere alle persone altri aspetti di un paesaggio o di se stessi. Forse, quella volta riuscii a trasmettere qualcosa anche ai giudici di quel concorso. Sì, perché lo vinsi. Il mio maestoso quadro rappresentava dei cachi con la neve e lo intitolai “Guarda mamma, un albero di Natale”. Non mi aspettavo di vincere, ero piccola e lo facevo per divertimento. Devo ammettere che mi piacque vincere e

114 mi piacque vedere mia mamma felice per una piccola conquista che io avevo dedicato a lei.

Il mio luogo privato

La mia cameretta è il mio mondo. Per molti può sembrare un piccolo mondo, dato che è la stanza più piccola di tutta la casa; ma per me è un mondo gigante. Nel suo piccolo c’è tutto l’indispensabile. Un letto gigante e molto comodo, una scrivania, un comodino, altri mille cassetti che non utilizzo e un armadio con tantissimi vestiti che non metto mai. Tutto ha inizio da lì: le pagine vuote che si riempiono, i testi che interpreto, le canzoni che canto e ballo senza schemi, i voti scolastici che non sempre sono belli, i pianti sopra il letto e le prove dei vestiti prima di un’uscita. Insomma, dentro quella camera c’è tutto ciò che mi rappresenta. Di una cosa, non posso farne a meno: un libro, ma non un semplice libro. Questo libro non ha titolo e non è completo. E’ un libro che mi ha regalato la mia migliore amica, dentro c’è la nostra storia fino ad ora, ci sono le nostre foto e i nostri ricordi. Quando io vado in vacanza lo porto sempre dietro. E’ un porta fortuna. E’ il libro più bello che io abbia mai letto. Un giorno lo completeremo e le pagine di quel libro finiranno, ma non finirà la nostra amicizia.

Quella volta che mi sono sentita apprezzata

Tante volte ci sentiamo fuori luogo, ma quando poi ci sentiamo apprezzati, è una meraviglia. Ognuno di noi si può sentire apprezzato per delle piccolezze. Chi perché viene ascoltato, chi capito e chi si sente a proprio agio perché non viene giudicato.

115 Io mi sento così quando sto con mia cugina. Lei per me, non è solo una cugina. Lei è una sorella mai avuta, lei è una telefonata fatta perché mi sento sola, lei è un posto simile a me, ma lontano da tutti. Quando sono stata male, lei era pronta a porgermi la mano, anche se lo dovrei fare io a lei dato che sono più grande. Mi sento apprezzata con la mia persona.

Ricordi legati ai sensi

La mia stagione preferita è l’inverno. Mi piace guardare la pioggia che scivola sui vetri delle finestre e sentire il rumore che l’accompagna. Mi piace il calore delle coperte che mi coprono e il sapore della cioccolata calda in tazza. Mi piace sentire la compattezza della neve. Mi piace vedere film o sentire canzoni, specialmente durante il periodo natalizio. Mi piace l’inverno perché mi dà amore, nonostante fuori faccia brutto.

Considero valore

Dicono che il valore delle parole è più importante di un gesto; ma le parole prima o poi, se ne vanno e i gesti restano. Dicono che “odiare” è una parole forte, ma vanno in giro a dire “ti amo” come se non significasse nulla. Dicono che quando si guardano allo specchio, non vedono valore in loro. Dicono, ma ogni minimo gesto, possiede valore.

Quella volta che mi sono sentita innamorata

Un giorno non venne a scuola. Non venne neanche il giorno dopo, e il giorno dopo ancora. Durò così per circa 2 settimane

116 e io decisi di scrivergli. Non stava bene, me lo disse in un modo molto vago. Sapevo che lui non stava bene per qualcosa d’importante. Non era tipo di ragazzo che non si presentava a scuola o che rispondeva ai messaggi in modo vago. Quando ritornò a scuola, mi salì uno stato di felicità mai vissuta fino a prima. Capii che non era solo felicità.

Quando mi sono sentita ribelle

Quando sei piccola, vorresti essere grande e quando sei grande, vorresti tornare piccola. Ora, io dico che mi piacerebbe tornare piccola, perché quando si è piccoli si vede il mondo in un lato colorato, si fa attenzione a ogni piccola bellezza; quando si è grandi si perde tutto il lato bambino che c’è in noi. Se la stessa riflessione mi fosse stata fatta a 5 anni, avrei assolutamente risposto che volevo crescere, ma perché? Sì, a dir la verità non so perché da piccoli si risponde così. Forse, perché ci sentiamo troppo piccoli per il mondo. Io, in qualsiasi caso, piccola non mi sentivo affatto. Ero una piccola nana, che correva senza meta e che pensava di riuscire a vivere il mondo adulto con quelle piccole manine. Il mondo divenne molto più grande, quando iniziai a crescere; e quando iniziai a crescere volevo dimostrare a tutti che io potevo farcela. E proprio in quel momento ci fu la mia prima ribellione. Volevo uscire di casa e raggiungere l’orizzonte, e lo feci. Uscii di casa, percorsi tutte le scale e aprii il portone di casa. Lo sbattei e percorsi altri 20 metri. Poi mi fermai e tornai indietro. Sì, ero proprio una ribelle.

117 Quella volta che mi sono sentita responsabile

Ho un fratello. Sono felice e tante volte ho detto che avrei preferito essere figlia unica, ma vogliamo mettere tutte le litigate, tutti i calzini spaiati, tutte le volte che è entrato in camera mia senza bussare, mi mancherebbero queste cose. Oddio, non mi mancherebbero. Scherzo, mi mancherebbe tutto. Per quanto, ogni fratello o sorella, possa odiare tutte queste cose, avere un appoggio nei momenti bui, è sempre bellissimo. Io sono la piccola di casa, anzi no sono in mezzo. La più piccola è la mia cagnolina. Diciamo che tra me e mio fratello, io sono la più piccola (ovviamente di testa sono più grande io, questo mi pare scontato). Non ci crederete, ma abbiamo litigato anche su questo dato di fatto. Perché lui dice che è meglio lui dato che è il grande, ma vi ricordo che prima c’è lo schizzo e poi arriva l’opera d’arte. E anche stavolta ho vinto io. Sono cresciuta tanto grazie a lui, e cresco ogni giorno grazie a lui e crescerò tanto grazie a lui. Lui è un modello da seguire, per me. Ci vogliamo bene, anche se non ce lo diciamo; ma ce lo dimostriamo. Non siamo buoni a dire “ti voglio bene”, ma quando io sto male è il primo che cerca di farmi cambiare umore e quando lui torna a casa tardi, io gli preparo da mangiare. Siamo un duo perfetto. Abbiamo ognuno responsabilità dell’altro, e mai nessuno dei due è rimasto deluso.

Luogo immaginario

Un castello altissimo, con un giardino e un unicorno rosa. Così volevo vivere da piccola. Beh, a chi non piacerebbe essere il

118 protagonista di una di quelle fiabe che ci raccontavano da piccoli. La principessa che incontra la strega e il principe con il cavallo bianco che ci viene a salvare e tutto finisce con un lieto fine. A me basta una casa con la cucina gigante, una sala da pranzo, un soggiorno, un bagno, una camera per gli ospiti, una palestra, una sauna, una piscina idromassaggio dentro la casa, altre due stanze da letto con bagno, una cabina armadio, un cancello gigante che copre il giardino con la piscina e un garage con tre macchine dentro: Porsche, Ferrari e Audi. Chiedo poco, no?

Luogo sicuro/protettivo

La propria camera da letto ci fa sentire sicuri un po’ come quando prima di andare a dormire ti copri con il lenzuolo pensando che se il mostro arriva, non ci vede. La propria camera da letto è un insieme di oggetti utili e inutili. La propria camera da letto è la propria casa. In quella camera da letto ci abiterei per sempre, ma mamma prima o poi mi caccerà che non mi sopporta ora per più di 5 minuti figuriamoci per tutta la vita.

Luogo che mi spaventa

Da piccola ho visto un film: “inside out”. Tante volte mi sono chiesta come sarebbe vivere dentro la mia testa. Io sarei un po’ spaventata. Ho tanti cassetti pieni di tutti i miei pensieri e aprirli mi farebbe paura. Alcuni ricordi ho cercato di dimenticarli, e altri voglio che restino chiusi nei cassetti.

119 Luogo lontano

Ho una zia, la sorella di mia mamma, che abita in Australia. E’ un posto magico per me. Ci sono i canguri e i koala; io pensavo che esistessero solo nei cartoni. E’ un posto lontano, ma che un giorno mi piacerebbe visitare.

Luogo accogliente

I miei nonni si sono trasferiti da Roma per stare con noi. Abitano a circa 6 minuti in bici. Ci andiamo spesso, per mangiare o per salutarli. La loro casa è il mio posto accogliente, perché in fondo è anche casa mia. Quando non so dove andare, prendo le chiavi, la bici e mi dirigo lì. Mi metto sull’amaca e le cuffiette; ma la maggior parte delle volte, arriva il mio cane che mi lecca tutte le mani e il mio piccolo paradiso finisce.

Luogo della scoperta

Pronta con zainetto per i sentieri di montagna, alla scoperta della natura o di qualche casa di legno inabitata. Sento gli uccellini che parlano tra di loro e dopo un po’ la fatica della salita si inizia a sentire, ma ne vale la pena. Alla fine della salita c’è una scogliera con un lago limpido e calmo. Si vedono anche i pesciolini che nuotano, allora prendo la rincorsa e salto dagli scogli. L’acqua è anche calda, e mentre mi immergo, penso: “Che meraviglia la natura”.

120 Luogo nascosto

La mia migliore amica abita in una grande casa di campagna. Ci vado spesso a casa sua. Noi due siamo inseparabili. Prima di camera sua, c’è un balcone che accede al tetto. Noi ogni tanto ci mettiamo lì e cerchiamo di vedere il mondo dall’alto. Ci sdraiamo o stiamo semplicemente sedute, parliamo o ascoltiamo la musica. E’ un posto nascosto perché, anche se siamo visibili, nessuno alza mai lo sguardo per vedere il cielo o gli uccelli sopra gli alberi; e infatti non sanno cosa si perdono.

Una foto di viaggio

Mia zia venne in Italia con mio cugino. Felicissimi decidemmo di andare a fare una vacanza per visitare un po’ di posti. Prima andammo a Pisa dove restammo mezza giornata, poi riprendemmo il viaggio e andammo a Firenze. Arrivati andammo a mangiare in un ristorante e poi la sera visitammo la città. Rimanemmo lì una notte e il giorno successivo, dopo aver fatto un giro, riprendemmo il nostro viaggio. La meta successiva era Roma. Andammo a visitare tutti i nostri parenti e a visitare la città. A Roma ci stemmo per 3 giorni e poi tornammo a casa. Mancava l’ultima tappa. Arrivati a casa, dormimmo e il giorno seguente all’alba viaggiamo verso lo stadio di Torino della Juventus. Mio cugino è un tifoso del calcio e, soprattutto, della Juve. Piacque anche a me. Fu una vacanza veloce, ma divertente. Sono stata insieme a mia zia e mio cugino che non vedo mai e ai miei nonni, non potevo chiedere di meglio.

121 Quella volta che mi sono sentita debole

Ho paura di una cosa: dei litigi. Ho paura perché sento il tono della voce che si alza, sento le lacrime che restano in bilico tra l’occhio e la guancia, ho in mente alcuni momenti e lì mi sento debole. Ho passato un brutto periodo, nel quale ho sofferto in silenzio, nel quale tutti pensavano di conoscere tuttoe nessuno che sapesse mai niente di vero, nel quale io ero sicura di voler stare sola, ma tutti volevano che io andassi dallo psicologo. Ho passato un momento di debolezza che mi ha fatto diventare più forte. Ho passato ciò che ora voglio sia solo passato.

Quella volta che mi sono sentita speciale

La mia mamma mi ha sempre insegnato che il mondo non è tutto bellissimo. Ora vi svelo un segreto, mi piacerebbe diventare ambasciatrice dell’Unicef. Mi accorgo di quanto poco ci vuole per rendere tutto perfetto. Quando i bambini con problemi mi sorridono, io mi metto quasi a piangere. Andare a trovare questi bimbi e poterli aiutare, mi si riempie il cuore di gioia. E’ un dare e un ricevere. Mi sento speciale nel poterli conoscere, ma ogni tanto mi chiedo perché proprio loro e non me.

Quella volta che ho imparato...

Salimmo sul pullman e ci sedemmo. Ovviamente, i maschi fecero a gara per chi doveva andare negli ultimi posti, ma alla fine, lasciarono il posto a noi ragazze. Per arrivare in collina,

122 stemmo in viaggio per circa 2 ore con la musica a palla. Quando siamo arrivati, ci accolse un grande cane; era bellissimo. I professori fecero l’appello e poi ci incamminammo. Mentre camminavamo, la guida ci parlava di serpenti. Diceva di stare attenti che potevamo trovarli; questa cosa non fu molto rassicurante. Poi, mentre parlava ci spiegò che un morso di un serpente non ci uccide, perché la dose del veleno era troppo piccola. Noi tirammo un respiro di sollievo. Nessuno di noi sapeva questa notizie, quel giorno, ognuno, aveva imparato una nuova cosa.

Quella volta che ho insegnato qualcosa a qualcuno

Davanti a casa mia c’è un piccolo parco. Ogni estate ci sono i bambini che giocano e ridono. Io, quando riesco ci vado perché mi fa piacere stare con loro. Ci mettiamo a giocare a carte, a calcio o a pallavolo. Solitamente giochiamo a pallavolo. Io sto con la squadra un po’ più debole. Un giorno, c’era una bambina che si chiamava proprio come me, non sapeva giocare a pallavolo; non riusciva a tirare la palla dall’altra parte. Io l’aiutai e lei, pian piano, iniziò a migliorare. Quando riusciva a tirare la palla dall’altra parte, mi guardava e sorrideva.

Quella volta che mi sono sentita avventurosa

Mi fanno impazzire i film di paura; mi piacciono tantissimo. Di solito li guardo insieme alla mia migliore amica. Ci mettiamo sul divano insieme ai pop corn, che tante volte volano via dai

123 colpi di paura che ci fa venire il film. La cosa bella è che ogni volta che un film ci fa tanta paura, dopo non riusciamo neanche a salire le scale per andare in camera da letto; vogliamo restare ferme dove siamo perché sappiamo che lì non ci mangia nessuno. Ogni volta finisce così e ogni volta che dobbiamo scegliere che film guardare, sempre di paura. Una volta, dopo che avevamo visto un film di paura, sentimmo un rumore strano che veniva da fuori. Panico totale. Decidemmo di fare un piano per sconfiggere qualunque essere ci fosse fuori. Con le torce accese, ci incamminammo fuori. Ci sentivamo le protagoniste di un film dove c’era un’avventurosa avventura. Alla fine, fuori, non c’era nessuno.

Io ero, io sono, io sarò

E’ difficile dire chi eravamo, chi siamo e chi saremo. E’ un po’ come mettersi allo specchio e guardarsi, ma stavolta bisogna guardarsi dentro. Io ero una bambina piena di sogni, io ero una bambina che faceva sempre tutto senza pensarci troppo. Io sono una ragazza piena di sogni, io sono una ragazza che fa sempre tutto quello che vuole, ma che ci pensa due volte prima di agire, io sono una ragazza con i diritti. Io sarò una donna piena di sogni, io sarò una donna che farà tutto ciò che vuole a volte pensandoci, altre volte senza pensarci, io sarò una donna con i diritti.

124 Foto ricordo

Questa è la mia piccola grande famiglia. C’è la mia mamma che per me è tutto. Ha sempre fatto tutto per me e mio fratello e un giorno mi piacerebbe poter fare qualcosa io per lei. Poi c’è mio fratello. Lui è l’uomo di casa, è il mio punto di riferimento o di sfogo, è una parte di me e non sarò mai in grado di ringraziarlo per tutto quello che ha fatto e fa per me. Qui arriva la parte bella, io. Ci sono io, Giorgia. La più sfrenata, la rompi scatole di famiglia…sì l’ammetto, la più furba, la più inaspettata e potrei andare avanti all’infinito. Per ultima, lei: la mia cagnolina. L’unione della famiglia. Lei l’abbiamo adottata in un brutto periodo e grazie a lei, è diventato un periodo bellissimo.

Vivere il laboratorio di scrittura...

Questa è la consegna più brutta che si potesse chiedere, perché quando ti chiedono di scrivere su questo, vuol dire che siamo alla fine. Non sono mai stata brava con gli addii, non

125 sono brava a lasciare andare. Devo solo dire grazie. Sembra tanto scontato e banale, ma è anche poco dire solo “grazie”. Grazie per aver portato avanti quest’arte, grazie per aver avuto il tempo di fermarsi su quest’arte, grazie per avermi fatta crescere sia in modo costruttivo che umano e grazie per avermi fatto esprimere le mie emozioni senza preoccuparmi di chi avevo davanti. Ammetto che quasi quasi piango, misi riempie il cuore di gioia per avermi fatto compagnia in questa avventura e mi si spezza perché qui finisce. In verità, finisce solo l’avventura in compagnia, ma l’avventura da sola continua, grazie a voi. Ora descrivo il laboratorio con le parole immediate e che mi sento adesso, come mi ha insegnato Anita. Questo laboratorio è: arte, emozione, ricordo, saggezza, piccolezza, forte, potere, volere, dimostrazione e amore. Ringrazio Francesca per essere stata con noi, per avermi ascoltata e capita; ringrazio il mio compagno di avventura Pavel che mi ha sempre emozionato e che mi deve regalare il suo libro e ringrazio Anita per avermi emozionato, per avermi travolto, per avermi fatto crescere e anche per avermi supportato e sopportato. Ci rivedremo, ne sono sicura. Ci vedremo, chissà, di nuovo tutti qui…da dove tutto è iniziato.

126 127 La foto in copertina è di Mauro Bosi.

Stampato da Centro Stampa-Comune di Ravenna Novembre 2020

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